Siria - Cronos

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P rima di tutto Damasco: findall’arrivo, di sera tardi, vengo-

no alla mente gli anni del Liceo, pas-sati sui libri di storia: è una delle cittàpiù antiche del mondo, mai abbando-nata anche dopo due invasioni mon-gole, aramaica all’origine, vi hannodominato gli assiri e i babilonesi, i ro-mani, gli arabi e i turchi e poi i fran-cesi. Traiano la chiamava la Perladell’Oriente e dalla Siria sono venutidue imperatori romani e sei pontefici.Essa è anche al centro della storia dioggi per il conflitto con Israele e ladominazione sul Libano, uno dei luo-ghi caldi del nostro tempo. Ma chi do-mina il pensiero è soprattutto lui,

Saulo di Tarso, San Paolo, l’apostolodelle genti, colui che, qui sulla via diDamasco, ebbe l’incontro decisivo perla sua vita, ma anche per la mia e peril mondo intero. Di lui Cristo si è ser-vito per costruire la Sua storia, la Suagloria nel mondo, per poter giungere,attraverso i secoli, fino a me, perchéanch’io costruissi la mia vita nella Suamemoria e contribuissi alla Sua storiaoggi. Qui si percepisce il cristianesimodelle origini, che resta, pur nella pre-ponderanza dei mussulmani, come se-gno indelebile, ma si vedono anche lesue divisioni, qui c’è la chiesa siriaca,greco ortodossa, armena, caldea emelchita. E la storia della Siria mi fapensare che il cristianesimo potrebbescomparire anche dall’Europa, comeforse sta già avvenendo, se i cristianinon ritrovano una fede viva che nascasì nel loro intimo, ma abbia una por-tata sociale, culturale, cosmica, secon-do l’esempio di S. Paolo.

La finestra nelle mura di Damascoda cui San Paolo è stato calato con una cesta per sfuggire ai suoi persecutori

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La visita ai luoghi di Paolo non delu-de: la Chiesa, dove diciamo la SantaMessa, il secondo giorno, è costruitasulle pietre che, secondo la tradizioneindicano il luogo dell’Incontro; quiPaolo VI ha incontrato il PatriarcaAtenagora, qui è passato GiovanniPaolo II ed entrambi sono raffiguratinelle porte di bronzo; e poi c’è la casadi Anania e la finestra sulle mura, dadove Paolo è fuggito e ha cominciatoil suo viaggio di testimone della fede.La conversione di S. Paolo richiama lamia, non avvenuta una volta per tut-te, ma continua, di ogni giorno, anchedi oggi qui in questo stesso istante, mi

richiama a guardare la realtà, per sco-prire il Suo Volto, qui su queste strade,attraverso queste persone che mi ac-compagnano, molte conosciute e mol-te sconosciute con cui Dio mi invita aistaurare un rapporto per la Sua gloria.In molti ci siamo commossi alla Messadel primo giorno, sulla via di Izra eBosra, nella Chiesa di San Giorgio,forse la più antica nel mondo, in pie-tra nera, restaurata da Guglielmo IIimperatore, giunto qui anch’egli inpellegrinaggio. È bella Damasco? Nonlo so, le guide la definiscono efferve-scente, cosmopolita, a me interessanoi contrasti: la via di Baghdad, un vialemoderno con le palme e begli edifici,la stazione dove arrivava l’Orient Ex-press, la via Recta che taglia tutta lacittà e le strade strette della città vec-chia con il quartiere cristiano, dove

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pranziamo in un bell’edificio che rap-presenta una casa damascena tipica,con il patio e le stanze arredate al-l’orientale, le chiese delle diverse con-fessioni e le immagini della Madonnaagli angoli delle vie e subito accanto, ivicoli che portano alla grande Mo-schea degli Omayyadi, antica catte-drale bizantina, pieni di folla, di caffè,di negozi di tappeti, ceramiche, mobilie tessuti di damasco. Nella moschea èconservata la testa di S Giovanni Bat-tista, davanti alla quale si inginoc-chiano le donne velate e vestite di ne-ro. Anch’io mi sono piegata a terra su-gli immensi tappeti come loro (con lapalandrana verdastra che ci hannofatto indossare). Perché non dovreicredere che qui c’è veramente la testadel profeta? Anche Giovanni Paolo IIha sostato e pregato qui. Per secoli cri-stiani e mussulmani hanno qui chiesto

grazie ed aiuto, se non altro è la lorofede che rende questo posto sacro.È come se dovessi pensare che la casadi Loreto non fosse veramente quelladi Maria; la fede di chi ci precede è ilsegno della verità. Davanti alla mo-schea, dalle rovine del tempio di Gio-ve inizia il suq, il grande mercato co-perto dei popoli orientali, da cui ab-biamo preso certamente il concettodei centri commerciali. E c’è il Museo, la cui porta è conside-rata l’inizio dell’arte islamica, ma inrealtà è un miscuglio di elementi gre-ci, hittiti, assiri e romani. Su di essac’è anche la stella di David, che se-condo la guida, non indicherebbe gliebrei, ma sarebbe solo un simbolodella terra. In realtà la porta viene daun palazzo di Palmira. Soprattutto miinteressano le donne, da quelle vesti-te normale, certamente occidentali oIl memoriale di San Paolo ove,

folgorato, cadde da cavallo.

Anche le pellegrine del nostro gruppo per entrare nella moschea, hanno dovuto indossare “la palandrana verdastra”

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Bosra: vi arriviamo il primo gior-no dopo la Messa alla Chiesa

di S. Giorgio. Crocevia delle stradedelle carovane, capoluogo nabateo,cioè di quelle popolazioni che venne-ro da Petra e poi della provincia ro-mana, creata da Traiano e detta diArabia fu una delle città bizantine,all’epoca di Giustiniano, più impor-tanti, ma anche la prima a sottomet-tersi ai mussulmani. Restano il tea-tro, del II secolo, dichiarato dal-l’Unesco patrimonio dell’umanità,perfettamente conservato, perché in-

torno è stata costruita la cittadellaaraba che lo ha salvato anche daimongoli di Tamerlano, dove cantia-mo “O’sole mio” per sentire l’acusti-ca, le rovine delle terme romane, del-l’arco nabateo precedente a quelloromano e della grande basilica del514 che aveva la pianta di S. Vitale aRavenna con le otto colonne, di cuine restano solo due, che portano allacupola, la chiesa dove il monaco Ba-hira incontrò Maometto. Qui i mina-reti furono costruiti quadrati in imi-tazione dei campanili romanici.

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cristiane, a quelle con il velo neroche copre tutto il corpo e anche il vi-so; quasi tutte portano il capo copertoda un foulard attorcigliato intorno adesso. Ma non manca la civetteriafemminile, i lunghi cappotti non so-no solo neri, sono spesso abbelliti distrisce di strass, le giovani hanno qua-si sempre i tacchi alti, e sotto i cap-pottoni o i veli si intravedono vestiticolorati e jeans. Abbiamo visto nel-l’albergo di Damasco ad un ricevi-mento di matrimonio i fastosi abiti da

sera, le scollature e, nei negozi diAleppo, gli indumenti intimi sfavil-lanti di pallettes. I negozi di abiti so-no separati fra uomini e donne instrade e addirittura quartieri diversi,anche la festa di nozze avviene in luo-ghi separati. E sono molto belle, quasisempre ti sorridono con gli occhi e tiguardano con curiosità, come del re-sto faccio io con loro. Durante i no-stri tentativi di curiosare nella ceri-monia di nozze, alcuni di noi hannoconosciuto e conversato con una gio-vane coppia iraniana. Mi colpisce chedopo esserci scambiati i biglietti davisita con gli indirizzi e le mail (a pro-posito il marito mi ha già scritto), ilragazzo al momento di salutarci nonmi ha stretto la mano che io avevoporto, dicendo “sorry is forbidden”.

Cenotafio, nella Grande Moschea di Damasco, ove secondo la tradizione, è custodita la testa di San Giovanni Battista.

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P almira e il deserto: arriviamo aPalmira, la città di Zenobia, la

regina del deserto, la grande oasi sullavia carovaniera che collegava il medi-terraneo all’Eufrate, abitata stabil-mente fin dal secondo millennio A C,dopo molte ore di autobus, che è giànotte. Durante il viaggio tre soste si-gnificative: Seydnaya, che in aramai-co vuol dire Nostra Signora, ove c’èun convento greco ortodosso che con-serva una icona, che si dice dipinta daS. Luca; Maalula, un villaggio dove si

parla ancora l’aramaico, la lingua diGesù e il monastero di S. Sergio eBacco, abbarbicato sulle rocce, maprotetto da una Madonna, posta in ci-ma al monte roccioso a guardia degli

abitanti e il Bagdad cafè, una piccolaoasi beduina in questo deserto che seanche non è il Sahara, è certo desola-to, ove servono te e oggettini. Certo èun posto per turisti, ma è arredato co-me una tenda beduina e serve a darel’idea di quella. Questo è un viaggioricco di segni della Sua Presenza: unastoria cristiana che dura e resiste da se-coli, anche di qui sarà passato S. Paoloe mi piace pensare che anche Marianel suo viaggio, da Gerusalemme a Efe-so, abbia percorso queste strade.

E i martiri, S Tecla e i soldati roma-ni di Rosada! Che emozione sentire ilPadre Nostro in aramaico recitato daun giovane monaco! Quello che miha colpito di più è però il deserto; qui,nell’apparente desolazione, Dio ti vie-ne incontro ed è facile percepire cheLui solo è e dire “veni Sancte Spiritus,veni per Mariam”. Veni non solo perme, ma anche per i miei compagni di

Iconostasi - con la tenda che separa l’altare dai fedeli secondo la liturgia orientale.

Una grande sorpresa: un treno in pieno deserto.

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viaggio, per la noiosa guida, per il be-duino che ti offre il te e per i due in-glesi che viaggiano in camper da Lon-dra all’Indonesia. Cristo è presentesempre, anche se io sono distratta, masi fa sentire nella domanda di un’ami-ca sulla sofferenza, nel sorriso del be-duino che ti chiede se va tutto bene,nelle riflessioni di Don Italo, nellapresenza di Don Pigini, che solo conlo sguardo ti richiama a non distrarti,che ti ricorda che non sei qui solo daturista, ma sulle orme di Paolo, coluiche è vissuto solo di Cristo risorto.Cristo è presente anche nella bellezzadi Palmira di notte con la luna, nellavisita mattutina alle grandi rovine, ilGrande Colonnato, il tempio di Bel,che testimonia come nessun uomo ab-bia mai potuto fare a meno di un dio,le terme, il teatro, la Valle delle tom-be e l’Ipogeo dei tre fratelli, che ci di-ce della speranza in una vita oltre lavita che in vari modi accompagnaogni uomo, di ogni tempo.

Le Krak des Chevaliers e Hama: daPalmira, passando per Homs, l’anticaEmesa, giungiamo alla fortezza crocia-ta più famosa, esempio stupendo difortificazione medievale che con duecinta di mura, alla fine del deserto,domina una valle fertile; per due seco-li, qui, i cavalieri dell’Ospedale di S.Giovanni in Gerusalemme difesero lapresenza cristiana e il Santo Sepolcro,resistendo al Saladino e cedendo dopomesi di assedio a Baibars, il mameluc-co, nel 1271. Naturalmente scoppiafra i viaggiatori la polemica sulle cro-ciate: la leggenda nera costruita dagli

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Una piccola oasi beduina in pienodeserto: Bagdad Cafè.

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storici illuministi, in chiave anticatto-lica, domina il pensiero di molti. Io ri-tengo che, anche se ci furono altri in-teressi, la preoccupazione dominanteper i cavalieri franchi che lasciarono,a famiglie intere, la ricca Europa pervenire nel deserto, senza sapere se sa-rebbero mai tornati alle spose e ai lo-ro castelli, sia stata il Sepolcro e lafede. Questa fortezza solitaria me loconferma!

Hama e le sue norie ci affascinanosoprattutto la sera, è il venerdì mussul-mano, solitarie le vie del centro, feriteda edifici in rovina, ricordo della re-pressione di una rivolta dei Fratellimussulmani di qualche anno fa. Nontutto è tranquillo anche in Siria! Che

contrasto con gli edifici e le ville chevediamo di giorno, uscendo dalla città!

Aleppo: anche questa è una dellecittà più antiche del mondo; il miopensiero, affascinato dal solo nome diessa, va agli armeni che, nella grandepersecuzione degli inizi del secoloscorso da parte dei Giovani Turchi, lavedevano, per il suo carattere cosmo-polita, come un luogo di salvezza; du-rante la traversata micidiale dell’Ana-tolia, ove avvennero migliaia di mor-ti, soprattutto donne e bambini (gliuomini li avevano uccisi già prima)era un sogno di speranza, poi purtrop-po distrutto per molti. Prima di arriva-re ci fermiamo alle rovine di Apane-ma e di Serjillah. La prima, conosciu-ta fin dal neolitico, fu greca e romana;

Hamah, una delle norie ancora funzionanti: enormi ruote di legno per il sollevamento dell’acqua del fiume all’acquedotto.

All’interno Krak des Chevaliers si vede anche il vallo, una tra le variedifese del castello

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Rovine della maestosa Basilica,che contiene i resti della grande colonna, sopra la quale San Simeone visse per tutta la vita(Nella foto l’autrice del presente diario, Paola Olivelli)

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uomini e le donne, anche in quartieridiversi, il suq molto più interessantedi quello di Damasco con vicolettistrapieni di negozietti di oggetti vari,di tappeti, di spezie e una folla multi-colore, le donne con velo o foulard,che si affanna a comprare e poi la citta-della araba. Affascinanti per la lorostoria le rovine del monastero di S. Si-meone lo stilita, costruito dall’impera-tore bizantino intorno alla pietra su cuiviveva il Santo, uno dei primi monacieremiti. Qui anche le pietre trasudano

fede, la bellezza del posto invita allapreghiera, in ricordo di tutti coloro cheper secoli hanno sofferto e pregato qui;lo stesso modo di costruire il monasteroera una catechesi, dal fonte battesimaleposto all’inizio, quasi all’esterno, allabasilica, punto centrale del complesso,con il chiostro, al centro del quale sitrova la pietra del Santo.

Bello e interessante il Pellegrinag-gio in Siria grazie a chi lo ha pensatoe organizzato.

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capoluogo della provincia Syria Se-cunda subì l’assalto dei persiani e do-po grandi terremoti fu ricostruita daGiustiniano; conquistata dagli arabi fupoi unita al principato crociato di An-tiochia da Tancredi e infine riconqui-stata dal condottiero turco Nur adDin, signore di Aleppo e infine daimamelucchi. La sua storia e le sue ro-vine sono affascinanti come quelle diPalmira: l’arco di Antiochia, il cardomaximus e il decumano maximus, ilColonnato. Del suo passato cristianoresta un testo liturgico bizantino.La seconda è una delle molte cittàmorte della Siria, cosi dette perché al-

la fine del VII secolo furono abbando-nate dalla popolazione, la guida diceper siccità o malattia, ma più probabi-le che fosse perché, dopo la conquistaaraba furono tagliate fuori dalle viecommerciali e gli arabi, abitanti deldeserto, non furono più capaci di con-servare le antiche città.

Aleppo ci appare come una cittàpiù viva e moderna di Damasco, an-che se sono aumentate le donne vela-te; qui operò anche Lawrence d’Ara-bia e nella spartizione fatta dagli in-glesi dopo la fine dell’Impero turco,mentre Alessandretta e Antiochia,che sta a pochi kilometri, andaronoalla Turchia, fu assegnata al nuovoRegno arabico. Mi colpiscono i vialicon i famosi pini, i palazzi moderni e inegozi doverosamente distinti per gli

Sosta e pranzo in una tipica casa damascena.

Paola, non sei tu che devi ringraziare noi organizzatori del pellegrinaggio,ma siamo tutti noi ad esserti grati per aver scritto il bellissimo diario,arricchito di spunti che riflettono la tua preparazione culturale e da tutti i particolari che nel corso del viaggio sei riuscita ad evidenziare.Debbo ringraziare molto anche gli amici Belloni Mario, (BELLO’ di Macerata), anche lui storico e ricercatore insieme a Cardinali Fabio (il FARMACISTA di Osimo), nostro fotografo ufficiale,le cui foto abbiamo inserito nell’opuscolo e che sono veramente bellissime.Entrambi mi hanno aiutato a preparare il presente volumetto.Paola, il tuo lavoro sicuramente lo conserveremo e tutte le volte che lo sfoglieremo sarà per noi come rivivere tanti momenti di riflessioni e di spiritualità che abbiamo vissuto insieme in Siria.Debbo infine scusarmi con tutti gli amici del pellegrinaggio per il vergognoso ritardo con il quale trasmetto l’opuscolo, con la speranza tuttavia di essere perdonato perché questo diario, unico nel suo genere, redatto per tutti noi dalla cara Paola Olivelli che non ci stancheremo mai di ringraziare, mi sembra che sia venuto molto bene. Nei prossimi pellegrinaggi che faremo,Paola dovrà sempre essere accanto a noi.

don Lamberto

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Bosra, tearo con un’acusticaeccezionale, ove si sono esibiti anche alcuni dei nostri pellegrinicantando “O sole mio!”.

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Palmira, resti della “Grande cittàcostruita dai Romani tra il primosecolo a.C. e il terzo d.C.

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Il caratteristico SUQ (grande mercato coperto).

Palmira, monumentaleinizio del colonnato.

Palmira, teatro dall’ottima acustica oveun pellegrino francese ci ha dedicatoalcuni brani della “Carmen”.

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Finito di stampare presso la Tecnostampa industria grafica di Loreto

nel mese di Marzo 2011 con sistema digitale