Simone Ferrari, Disturbi della personalità e infermità di mente

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pimento» 21 , nonche ´ , la necessita ` di sottoporre ad ero- sivo vaglio la soggettivita ` del giudicante nell’accredita- re «quel fatto» come conforme agli schemi legali ri- chiesti per procedere ad intercettazione, contravve- nendo ai moniti della sentenza in commento, sorge la necessita ` del deposito preventivo dei decreti autoriz- zativi. A scanso di ogni equivoco, pur dandosi atto che l’in- serimento di un atto irripetibile nel fascicolo del dibat- timento raffigura una delle piu ´ vistose deroghe al prin- cipio di oralita ` , occorre, tuttavia, sottolineare come, in questa particolare ipotesi, cio ` che paradossalmente rappresenta, nella regola, un momento ostativo alla piena realizzazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova, se confinato nella giusta eccezione, finirebbe per fare delle intercettazioni un meccanismo « controllabile » e « controllato » o comun- que un momento di riequilibrio di quella supremazia propria dell’accusa nella predisposizione del mezzo di ricerca della prova in discorso. Probabilmente, da abbandonare sono tutti quegli schemi obsoleti legati ad aprioristiche impostazioni con cui si tende ad etichettare un particolare istituto nell’uno o nell’altro senso senza ammettere la possibi- lita `, seppur originale ma non troppo peregrina, che l’irripetibilita ` possa colpire anche una situazione im- pressionata nel decreto autorizzativo del g.i.p. (piutto- sto che in verbali o annotazioni della p.g.) avente ad oggetto un fatto storico in continua e potenziale evo- luzione che, una volta soggetto a variazioni temporali, in contesti e con caratteristiche diverse da quelle ori- ginarie, posta l’impossibilita ` di manipolazioni unilate- rali integrative della primigenia motivazione, rende- rebbe l’intera attivita ` captativa inutiliter datum. Da tutto cio ` scaturisce la necessita ` di rinnovare vi- gorose critiche all’impostazione accolta nella sentenza annotata, anche sulla circostanza per la quale ad essere gravemente menomate rimangono tutte quelle regole garanti i «diritti difensivi» di un soggetto almeno fin quando non verra ` garantita la possibilita `, attraverso l’obbligatorieta ` del deposito dei decreti dispositivi le intercettazioni — con la consequenziale discovery — di verificare con un controllo sostanziale successivo la genuinita ` dei decreti stessi, ossia la loro rappresentati- vita ` di quello status quo ante ritenuto, l’unico ed il solo, preventivamente idoneo a legittimare il ricorso ad in- trusioni nella sfera di liberta ` e segretezza delle conver- sazioni. Benedetta Bocchini DISTURBI DELLA PERSONALITA v Cassazione penale,VSezione, 9 febbraio 2006 (dep. 8 marzo 2006), n. 8282 — Foscarini Presidente —Nappi Relatore —Galasso P. M. (conf.). — Scar- pinato, ricorrente. Imputabilita ` — Vizio di mente — Malattie rilevanti per la sua esclusione o riduzione — Disturbi della personalita ` — Inquadramento tra le infermita ` di mente — Condizioni — Idoneita ` a incidere solo sulla capacita ` di volere — Fattispecie (C. p. artt. 85, 88, 89, 90, 625). Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i «disturbi della personalita ` », che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle ma- lattie mentali, possono rientrare nel concetto di «infer- mita ` », purche ´ siano di consistenza, intensita ` e gravita ` tali da incidere concretamente sulla capacita ` di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la speci- fica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale. Ne consegue che nessun rilievo, ai fini dell’im- putabilita ` , deve essere dato ad altre anomalie caratteriali o alterazioni e disarmonie della personalita ` che non pre- sentino i caratteri sopra indicati, nonche ´ agli stati emo- tivi e passionali, salvo che questi ultimi non si inserisca- no, eccezionalmente, in un quadro piu ´ ampio di «infer- mita ` ». (Nella specie — furto di un’autovettura da parte di un soggetto affetto da un «disturbo antisociale della personalita ` » — la Corte di cassazione, sostenendo che non rileva tanto la possibilita ` di ricondurre il disturbo mentale a una precisa classificazione clinica, quanto la sua effettiva incidenza sulla capacita ` di intendere e di volere al momento del fatto, ha ritenuto non contraddit- toria la decisione dei giudici di merito di attribuire al- l’imputato la capacita ` di volere — presente a loro avviso durante il furto — pur riconoscendo l’esistenza degli impulsi alla devianza connessi ai suoi disturbi psichici, tali, pero `, da non escludere la capacita ` di apprezzare le conseguenze della propria azione) (1). Omissis. — L’art. 85 c.p., dopo aver premesso al com- ma 1, che «nessuno puo ` essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui l’ha commesso, non era imputabile», stabilisce al secondo com- ma che «e ` imputabile chi ha la capacita ` di intendere e di volere». Sicche ´e ` esente da pena, ma non da un’eventuale misura di sicurezza (art. 203 c.p.), tanto chi non sia in grado neppure di comprendere il significato sociale delle proprie azioni, cosı ´ come definito dal contesto anche normativo in cui ope- ra, tanto chi, benche ´ comprenda tale significato, non sia in grado di assumere determinazioni conseguenti e di astenersi da azioni che pure egli stesso avverte come socialmente ina- deguate. Il codice prevede talune situazioni tipiche di difetto della capacita ` di intendere e di volere idonee a escludere l’impu- tabilita `. Ma questa elencazione non puo ` essere considerata tassativa, perche ´, ad esempio, il difetto di imputabilita ` puo ` derivare anche dall’assunzione di un farmaco non stupefa- cente, posto che rileva un’incapacita ` anche del tutto tempo- ranea, purche ´ esistente al momento del fatto. La contraria interpretazione di chi ritiene che l’imputabilita ` possa essere esclusa solo nelle ipotesi di incapacita ` tipicamente previste nel codice, finisce per ridurre a «un enunciato retorico» la disposizione normativa dell’art. 85 c.p. Tra le situazioni ido- nee a escludere l’imputabilita ` anche del soggetto di eta ` su- periore ai diciotto anni vanno annoverate le patologie rile- vanti ai fini del riconoscimento di un vizio totale di mente. Stabilisce, infatti, l’art. 88 c.p. che « non e ` imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, ora, per infermita `, in tale stato di mente da escludere la capacita ` d’intendere o di 21 Piziali, Spunti critici in tema di atti «irripetibili», cit., 2147. Diritto e Procedura Penale | DISTURBI DELLA PERSONALITA v 1502 Giurisprudenza Italiana - Giugno 2007

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pimento»21, nonche, la necessita di sottoporre ad ero-sivo vaglio la soggettivita del giudicante nell’accredita-re «quel fatto» come conforme agli schemi legali ri-chiesti per procedere ad intercettazione, contravve-nendo ai moniti della sentenza in commento, sorge lanecessita del deposito preventivo dei decreti autoriz-zativi.

A scanso di ogni equivoco, pur dandosi atto che l’in-serimento di un atto irripetibile nel fascicolo del dibat-timento raffigura una delle piu vistose deroghe al prin-cipio di oralita, occorre, tuttavia, sottolineare come, inquesta particolare ipotesi, cio che paradossalmenterappresenta, nella regola, un momento ostativo allapiena realizzazione del principio del contraddittorionella formazione della prova, se confinato nella giustaeccezione, finirebbe per fare delle intercettazioni unmeccanismo «controllabile» e «controllato» o comun-que un momento di riequilibrio di quella supremaziapropria dell’accusa nella predisposizione del mezzo diricerca della prova in discorso.

Probabilmente, da abbandonare sono tutti queglischemi obsoleti legati ad aprioristiche impostazionicon cui si tende ad etichettare un particolare istitutonell’uno o nell’altro senso senza ammettere la possibi-lita, seppur originale ma non troppo peregrina, chel’irripetibilita possa colpire anche una situazione im-pressionata nel decreto autorizzativo del g.i.p. (piutto-sto che in verbali o annotazioni della p.g.) avente adoggetto un fatto storico in continua e potenziale evo-luzione che, una volta soggetto a variazioni temporali,in contesti e con caratteristiche diverse da quelle ori-ginarie, posta l’impossibilita di manipolazioni unilate-rali integrative della primigenia motivazione, rende-rebbe l’intera attivita captativa inutiliter datum.

Da tutto cio scaturisce la necessita di rinnovare vi-gorose critiche all’impostazione accolta nella sentenzaannotata, anche sulla circostanza per la quale ad esseregravemente menomate rimangono tutte quelle regolegaranti i «diritti difensivi» di un soggetto almeno finquando non verra garantita la possibilita, attraversol’obbligatorieta del deposito dei decreti dispositivi leintercettazioni — con la consequenziale discovery — diverificare con un controllo sostanziale successivo lagenuinita dei decreti stessi, ossia la loro rappresentati-vita di quello status quo ante ritenuto, l’unico ed il solo,preventivamente idoneo a legittimare il ricorso ad in-trusioni nella sfera di liberta e segretezza delle conver-sazioni.

Benedetta Bocchini

DISTURBI DELLA PERSONALITAv

Cassazione penale, V Sezione, 9 febbraio 2006(dep. 8 marzo 2006), n. 8282 — Foscarini Presidente— Nappi Relatore — Galasso P. M. (conf.). — Scar-pinato, ricorrente.

Imputabilita — Vizio di mente — Malattie rilevantiper la sua esclusione o riduzione — Disturbi della

personalita — Inquadramento tra le infermita dimente — Condizioni — Idoneita a incidere solo sullacapacita di volere — Fattispecie (C. p. artt. 85, 88, 89,90, 625).

Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale dimente, anche i «disturbi della personalita», che nonsempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle ma-lattie mentali, possono rientrare nel concetto di «infer-mita», purche siano di consistenza, intensita e gravitatali da incidere concretamente sulla capacita di intendereo di volere, escludendola o scemandola grandemente, e acondizione che sussista un nesso eziologico con la speci-fica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto direato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbomentale. Ne consegue che nessun rilievo, ai fini dell’im-putabilita, deve essere dato ad altre anomalie caratterialio alterazioni e disarmonie della personalita che non pre-sentino i caratteri sopra indicati, nonche agli stati emo-tivi e passionali, salvo che questi ultimi non si inserisca-no, eccezionalmente, in un quadro piu ampio di «infer-mita». (Nella specie — furto di un’autovettura da partedi un soggetto affetto da un «disturbo antisociale dellapersonalita» — la Corte di cassazione, sostenendo chenon rileva tanto la possibilita di ricondurre il disturbomentale a una precisa classificazione clinica, quanto lasua effettiva incidenza sulla capacita di intendere e divolere al momento del fatto, ha ritenuto non contraddit-toria la decisione dei giudici di merito di attribuire al-l’imputato la capacita di volere — presente a loro avvisodurante il furto — pur riconoscendo l’esistenza degliimpulsi alla devianza connessi ai suoi disturbi psichici,tali, pero, da non escludere la capacita di apprezzare leconseguenze della propria azione) (1).

Omissis. — L’art. 85 c.p., dopo aver premesso al com-ma 1, che «nessuno puo essere punito per un fatto

preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui l’hacommesso, non era imputabile», stabilisce al secondo com-ma che «e imputabile chi ha la capacita di intendere e divolere».

Sicche e esente da pena, ma non da un’eventuale misura disicurezza (art. 203 c.p.), tanto chi non sia in grado neppuredi comprendere il significato sociale delle proprie azioni,cosı come definito dal contesto anche normativo in cui ope-ra, tanto chi, benche comprenda tale significato, non sia ingrado di assumere determinazioni conseguenti e di astenersida azioni che pure egli stesso avverte come socialmente ina-deguate.

Il codice prevede talune situazioni tipiche di difetto dellacapacita di intendere e di volere idonee a escludere l’impu-tabilita. Ma questa elencazione non puo essere consideratatassativa, perche, ad esempio, il difetto di imputabilita puoderivare anche dall’assunzione di un farmaco non stupefa-cente, posto che rileva un’incapacita anche del tutto tempo-ranea, purche esistente al momento del fatto. La contrariainterpretazione di chi ritiene che l’imputabilita possa essereesclusa solo nelle ipotesi di incapacita tipicamente previstenel codice, finisce per ridurre a «un enunciato retorico» ladisposizione normativa dell’art. 85 c.p. Tra le situazioni ido-nee a escludere l’imputabilita anche del soggetto di eta su-periore ai diciotto anni vanno annoverate le patologie rile-vanti ai fini del riconoscimento di un vizio totale di mente.Stabilisce, infatti, l’art. 88 c.p. che «non e imputabile chi, nelmomento in cui ha commesso il fatto, ora, per infermita, intale stato di mente da escludere la capacita d’intendere o di

21 Piziali, Spunti critici in tema di atti «irripetibili», cit., 2147.

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volere». Sicche qualsiasi infermita, anche fisica, puo risultareidonea a escludere l’imputabilita, ove determini un’incapa-cita d’intendere o di volere, essendo sufficiente la menoma-zione anche di una soltanto delle due facolta. Non hannoinvece rilevanza a norma dell’art. 88 c.p. quelle anomaliedella personalita o del carattere o dei sentimenti che nondanno luogo a un’infermita; ne potrebbero averla in appli-cazione della regola generale dell’art. 85 c.p., comma 1, cherisulta limitata appunto dall’implicita esclusione desumibiledall’art. 88 c.p.

Secondo la giurisprudenza prevalente «solo l’infermitamentale avente una radice patologicao e fondata su causamorbosa puo fare escludere o ridurre, con la — capacita diintendere e di volere, la imputabilita, mentre, a parte gli statiemotivi e passionali che non incidono sulla imputabilita pe-nale in quanto esclusi dell’art. 90 c.p., tutte le anomalie delcarattere, pur se caratteriali e che indubbiamente incidonosul comportamento, non sono idonee ad alterare nel sogget-to le capacita di rappresentazione o di autodeterminazione enon diminuiscono e non escludono la imputabilita perchenon hanno un substrato patologico. Del pari e per lo stessomotivo non sono sufficienti a legittimare il riconoscimento diinfermita mentale neppure parziale, le manifestazioni di tiponevrotico, le “personalita psicotiche o psicopatiche”, le al-terazioni comportamentali prive di substrato organico, an-cor piu se a carattere episodico o sporadico. Non lo e nep-pure la insufficienza mentale, specie di grado lieve e che nongiunga alla oligofrenia ne alla frenastenia, perche l’“ipovo-luzione intellettuale, l’immaturita, non sono sufficienti a sor-reggere l’ipotesi di una alterazione patologica clinicamenteaccertata e provocante uno stato morboso quando non sia digrado tale da non permettere al reo di comprendere i limitidi un’azione lecita ne il disvalore di un comportamentoantigiuridico” (Cass., Sez. 1a, 1o giugno 1990, Petretic,m. 185471, Cass., Sez. 1a, 1o luglio 1989, Corsaro, m. 184179,Cass., Sez. 1a, 23 settembre 1992, Ranucci, m. 192291). Devequindi trattarsi di “malattia di mente” in senso medico-le-gale» (Cass., Sez. 1a, 20 ottobre 1997, Baldini, m. 208929,Cass., Sez. 1a, 4 luglio 1996, Zanatta, m. 205630, Cass., Sez.1a, 3 marzo 1993, Zannoni, m. 194554). Sicche, ove sussista-no tali anomalie non patologiche, «l’eventuale difetto dicapacita intellettiva e/o volitiva che ne deriva rimane priva dirilevanza giuridica» (Cass., Sez. 5a, 19 novembre 1997,Paesani, m. 209681), anche quando si tratti di «persona-lita psicopatiche» (Cass., Sez. 6a, 17 aprile 1997, mariano,m. 210372).

Tuttavia distinguere le anomalie mentali dalle malattie none agevole, considerate le incertezze delle stesse scienze psi-chiatrica e psicoanalitica. E del resto negli ultimi decenni v’estata certamente un’evoluzione verso un concetto piu estesodi malattia mentale, inclusivo di patologie anche a base psi-cologica, come le nevrosi, oltre che a base organica, perche,«se certe psicopatie non sono di per se stesse indicative diuno stato patologico, esse tuttavia possono avere influenzasulla imputabilita allorche sulle anomalie del carattere e del-l’affettivita si innesti o si sovrapponga uno stato patologicoche, pur se inerente alla qualita ed alla gravita della stessapsicopatia, alteri la capacita di intendere e di volere» (Cass.,Sez. 1a, 2 luglio 1990, Salemi, m. 185322, Cass., Sez. 1a, 25febbraio 1991, La Placa, m. 187953, Cass., Sez. 1a, 25 ottobre1994, Aquino, m. 199978, Cass., Sez. 1a, 16 dicembre 1994,Sciume, m. 200687, Cass., Sez. 1a, 11 ottobre 1995, Losio,m. 203651).

Piu di recente le Sezioni unite di questa Corte hanno chia-rito che «ai fini del riconoscimento del vizio totale o parzialedi mente, anche i “disturbi della personalita”, che non sem-pre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattiementali, possono rientrare nel concetto di “infermita” pur-che siano di consistenza, intensita e gravita tali da incidereconcretamente sulla capacita di intendere o di volere, esclu-dendola o scemandola grandemente, e a condizione che sus-sista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa,per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente

determinato dal disturbo mentale. Ne consegue che nessunrilievo, ai fini dell’imputabilita, deve essere dato ad altreanomalie caratteriali o alterazioni e disarmonie della per-sonalita che non presentino i caratteri sopra indicati, non-che agli stati emotivi e passionali, salvo che questi ultiminon si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro piu ampiodi “infermita”» (Cass., Sez. un. , 25 gennaio 2005 Raso,m. 230317).

Si e cosi ribadito che ai fini dell’imputabilita rilevano solole infermita mentali, ma si e precisato che «anche ai disturbidella personalita possa essere riconosciuta la natura di “in-fermita”, e quindi una loro potenziale attitudine ad incideresulla capacita di intendere e di volere del soggetto agente»,a condizione che tra «il disturbo mentale ed il fatto di reatosussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il se-condo causalmente determinato dal primo». Non rileva tan-to la possibilita di ricondurre il disturbo mentale a una pre-cisa classificazione clinica, dunque, quanto la sua effettivaincidenza sulla capacita di intendere e di volere al momentodel fatto di cui si discute nel processo penale.

Nel caso in esame i giudici del merito hanno accertato,sulla base di una perizia psichiatrica, che Massimiliano &Scarpinato e affetto da un «disturbo antisociale della perso-nalita»; e questa psicopatia, classificata anche nella lettera-tura psichiatrico - forense, non e censurabile nel giudizio dilegittimita.

Il ricorrente denuncia peraltro una contraddizione nellamotivazione esibita dai giudici dei merito, laddove ricono-scono che egli e determinato a compiere azioni delittuose acausa di disturbi impulsivi della personalita, ma escludonoche tali disturbi incidano sulla sua capacita di intendere e divolere, perche non gli precludono la comprensione del di-svalore sociale dei suoi comportamenti. Sicche parrebbe chei giudici del merito attribuiscano rilievo solo alla accertatacapacita di intendere, ma escludano la rilevanza della puripotizzabile incapacita di volere.

Va rilevato tuttavia che una scissione tra capacita di inten-dere e capacita di volere puo assumere rilevanza solo quandogli impulsi all’azione, pur riconosciuta riprovevole dallo stes-so agente, siano davvero tali da vanificare la stessa capacita diapprezzarne le conseguenze. Infatti la capacita di volere con-siste nella idoneila del soggetto «ad autodeterminarsi in mo-do coerente ai propri valori, controllando gli eventuali im-pulsi incoerenti, mediante “un’efficiente regolamentazionedella propria libera autodeterminazione”» (Cass., Sez. 1a, 1o

giugno 1990, Petretic, cit.).Ed e evidente che l’esistenza di un impulso non puo essere

considerata, come causa da sola sufficiente a determinareun’azione incoerente con il sistema di valori di chi la compie.Sicche non v’e contraddizione nella decisione dei giudici delmerito di attribuire al ricorrente la capacita di volere purriconoscendo l’esistenza degli impulsi alla devianza connessiai suoi disturbi psichici, perche tale decisione si fonda evi-dentemente sul convincimento che al momento del fattoMassimiliano & Scarpinato conservava la capacita di gover-nare i propri impulsi. D’altro canto il ricorrente, che pureevoca suoi furti nei cimiteri come indicativi di azioni deter-minate dalla psicopatia dalla quale e affetto, non ha indicatoalcuna specifica ragione per cui il furto di un’autovetturaparcheggiata sulla strada pubblica debba essere ricollegatoalla psicopatia denunciata. — Omissis.

(1) Disturbi della personalita e infermita dimente

Le Sezioni unite della Corte di cassazione erano re-centemente intervenute asserendo che «ai fini del ri-conoscimento del vizio totale o parziale di mente, an-che i “disturbi della personalita”, che non sempre sonoinquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali,possono rientrare nel concetto di “infermita”, purchesiano di consistenza, intensita e gravita tali da incidere

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concretamente sulla capacita di intendere o di volere,escludendola o scemandola grandemente, e a condi-zione che sussista un nesso eziologico con la specificacondotta criminosa, per effetto del quale il fatto direato sia ritenuto causalmente determinato dal distur-bo mentale. Ne consegue che nessun rilievo, ai finidell’imputabilita, deve essere dato ad altre anomaliecaratteriali o alterazioni e disarmonie della personalitache non presentino i caratteri sopra indicati, noncheagli stati emotivi e passionali, salvo che questi ultiminon si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro piuampio di “infermita”» (nella specie, era stata annullatacon rinvio la sentenza allora impugnata, che aveva er-roneamente escluso il vizio parziale di mente sul rilievoche il disturbo paranoideo, dal quale, secondo le indi-cazioni della perizia psichiatrica, risultava affetto l’au-tore dell’omicidio, non rientrava tra le alterazioni pa-tologiche clinicamente accertabili, corrispondenti alquadro di una determinata malattia psichica, per cui,in quanto semplice «disturbo della personalita», nonintegrava la nozione di «infermita» presa in conside-razione dal codice penale)1.

La giurisprudenza successiva all’intervento delle Se-zioni unite non si e discostata dal principio di diritto daesse affermato.

Cosı, si e ribadito che il disturbo della personalita,di consistenza, intensita e gravita, tale da incideresulla capacita di intendere e volere, a differenza delleanomalie del carattere, puo essere preso in esame an-che se non rientrante nel concetto di infermita men-tale quando si traduca in uno status patologico ingrado di escludere o scemare grandemente la capa-cita: «tale puo essere anche uno stato emotivo e pas-sionale, dovuto allo stress conseguente alla crisi delrapporto coniugale, che determini una compromis-sione della capacita di volere e si associ a uno statuspatologico anche se di natura transeunte»2; «l’infer-mita mentale di cui agli artt. 88 e 89 c. p. e concettopiu ampio rispetto a quello di “malattia mentale” po-tendo in essa rientrare anche i disturbi della persona-lita che per consistenza, rilevanza e gravita siano talida incidere concretamente sulla capacita d’intenderee di volere, proponendosi, quindi, come causa idoneaad escluderla o grandemente scemarla. Al fine di nonallargare eccessivamente il campo della non imputabi-lita, deve trattarsi di un disturbo idoneo a determi-nare (e che abbia, in effetti, determinato) una situa-zione di assetto psichico incontrollabile e ingestibile(totalmente o in grave misura) che, incolpevolmente,rende l’agente incapace di esercitare il dovuto con-trollo dei propri atti, di indirizzarli, di percepire ildisvalore sociale del fatto, di autonomamente e libera-mente autodeterminarsi, e, inoltre, deve essere indivi-duabile un nesso eziologico tra il disturbo mentale e il

fatto-reato che consenta di ritenere il secondo causal-mente determinato dal primo»3; «in linea con quantoaffermato dalle Sezioni unite (sentenza 25 gennaio2005, Raso), ai fini del riconoscimento del vizio totaleo parziale di mente, anche i disturbi della personalitapossono rientrare nel concetto di infermita rilevanteex artt. 88 e 89 c. p., purche pero, da un Iato, siano diintensita tale da escludere o scemare grandemente lacapacita di intendere e di volere e, dall’altro, sianolegati da “nesso eziologico” con la condotta crimi-nosa; in particolare, sotto quest’ultimo profilo, l’ac-certamento del nesso eziologico deve mirare alla veri-fica, non solo che esista un disturbo mentale, ma an-che che tale disturbo abbia condizionato la condottanon in astratto ma in concreto, con un giudizio reale eindividualizzato»4.

Anteriormente alla citata sentenza delle Sezioni uni-te, si registravano due opposti orientamenti giurispru-denziali.

Un primo e piu recente indirizzo interpretativo ten-deva gia ad allargare la nozione di «infermita menta-le»: «il concetto di infermita mentale recepito dal no-stro codice penale e piu ampio rispetto a quello dimalattia mentale, di guisa che, non essendo tutte lemalattie di mente inquadrate nella classificazionescientifica delle infermita, nella categoria dei malati dimente potrebbero rientrare anche dei soggetti affettida nevrosi e psicopatie, nel caso che queste si manife-stino con elevato grado di intensita e con forme piucomplesse tanto da integrare gli estremi di una vera epropria psicosi. In tal caso — al fine dell’esclusione odella riduzione della imputabilita — e comunque ne-cessario accertare l’esistenza di un effettivo rapportotra il complesso delle anomalie psichiche effettivamen-te riscontrate nel singolo soggetto e il determinismodell’azione delittuosa da lui commessa, chiarendo setale complesso di anomalie psichiche, al quale vienericonosciuto il valore di malattia, abbia avuto un rap-porto motivante con il fatto delittuoso commesso»5.Analogamente, si era deciso che le deviazioni del ca-rattere e del sentimento possono incidere sull’imputa-bilita solo quando su di esse si innesti o si sovrappongauno stato patologico che alteri anche la capacita diintendere e di volere: «quindi le anomalie sia purecostituzionali del carattere e dell’affettibilita, le “ne-vrosi del carattere”, le c.d. personalita psicopatiche,non determinano un’infermita di mente, salvo i casi incui, per la loro gravita, cagionino un vero e propriostato patologico, uno squilibrio mentale incidente sullacapacita di intendere e di volere» (nell’affermare ilprincipio di cui in massima la Corte ha escluso chefosse accoglibile il ricorso per mancata assunzione diuna prova decisiva nel caso in cui il Tribunale nonaveva ritenuto di procedere a perizia psichiatrica risul-

1 Cass., Sez. un., 25 gennaio 2005, Raso, in Dir. Pen. e Proc.,2005, 7, 837, con nota di Bertolino. Secondo Amato,Un’estensione del concetto di «infermita» vincolata ai riscontri sucausa ed effetto, in Guida al Dir., 2005, 17, 72, la scelta dei giudicicontribuisce ad aggiornare il dato normativo con le piu recentiacquisizioni della psichiatria in una materia in cui la valutazionegiuridica non puo prescindere da quella scientifica.

2 Cass., Sez. I, 22 novembre 2005, Volonte, in C.E.D. Cass.,233278.

3 Cass., Sez. I, 31 marzo 2005, A.G., in Riv. Pen., 2005, 1073,con nota di Colombo, Infermita estesa ai gravi disturbi. Unostretto legame tra problematiche mediche, criminologiche e tuteladell’individuo.

4 Cass., Sez. I, 15 giugno 2005, Lopresto, in Guida al Dir.,2005, 35, 104.

5 Cass., Sez. I, 9 aprile 2003, De Nardo, in C.E.D. Cass.,224809; Id., Sez. I, 4 marzo 1997, Chiatti, in Giust. Pen., 1997,II, 568.

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tando dagli atti che l’imputato soffriva di un disturbodella personalita border-line)6.

Segnatamente, alcune pronunce avevano sottolinea-to che lo stato patologico o l’anomalia psichica posso-no anche essere di natura transitoria e non inquadrabilinell’ambito di una precisa classificazione nosografica:«gli artt. 88 e 89 c. p. postulano l’esistenza di una verae propria malattia mentale, ossia di uno stato patolo-gico che incide sui processi volitivi e intellettivi dellapersona oppure di anomalie psichiche che, seppurenon classificabili secondo precisi schemi nosografici,perche sprovviste di una sicura base organica, sianotali, per la loro intensita, da escludere totalmente oscemare grandemente la capacita di intendere e di vo-lere del colpevole. Ne consegue che una condizione diperturbamento psichico transitoria, di natura non pa-tologica, dovuta a una sindrome ansiosa depressiva,non essendo destinata a incidere sulla capacita di in-tendere e di volere, non e in grado di comprometterel’imputabilita dell’imputato»7; «gli stati emotivi o pas-sionali, per loro stessa natura, sono tali da incidere, inmodo piu o meno massiccio, sulla lucidita mentale delsoggetto agente senza che cio, tuttavia, per espressadisposizione di legge, possa escludere o diminuire l’im-putabilita, occorrendo a tal fine un quid pluris che,associato allo stato emotivo o passionale, si traduca inun fattore determinante un vero e proprio stato pato-logico, sia pure di natura transeunte e non inquadra-bile nell’ambito di una precisa classificazione nosogra-fica. L’esistenza o meno di detto fattore va accertatasulla base degli apporti della scienza psichiatrica laquale, tuttavia, nella vigenza dell’attuale quadro nor-mativo e nella sua funzione di supporto alla decisionegiudiziaria, non potra mai spingersi al punto di attri-buire carattere di “infermita” ad alterazioni transeuntidella sfera psico-intellettiva e volitiva che costituisconoil naturale portato degli stati emotivi o passionali di cuisi sia riconosciuta l’esistenza»8; «la nozione giuridicadi infermita rilevante ai fini dell’esclusione della capa-cita d’intendere o di volere deve essere ritenuta com-piutamente integrata nell’ipotesi di accertata “malattiadi mente” in senso medico-legale. Ne consegue che lostato di mente tale da escludere o da scemare grande-mente la capacita d’intendere e di volere deve neces-sariamente essere dipendente da una causa patologicache, quantunque non inquadrabile nelle figure tipichedella nosografia psichiatrica, abbia alterato, sia puretemporaneamente, i processi dell’intelligenza e dellavolonta»9.

Al contrario, un differente e piu restrittivo indirizzointerpretativo sosteneva che le anomalie influenti sullacapacita di intendere e di volere sono le malattie men-tali in senso stretto, cioe le insufficienze cerebrali ori-ginarie e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate

di danni cerebrali di varia natura, nonche le psicosiacute o croniche, contraddistinte, queste ultime, daun complesso di fenomeni psichici che differiscono daquelli tipici di uno stato di normalita per qualita e nonper quantita: «ne consegue che esula dalla nozione diinfermita mentale il gruppo delle c.d. abnormita psi-chiche, come le nevrosi e le psicopatie, che non sonoindicative di uno stato morboso e si sostanziano inanomalie del carattere non rilevanti ai fini dell’appli-cabilita degli artt. 88 e 89 c. p., in quanto hanno na-tura transeunte, si riferiscono alla sfera psico-intellet-tiva e volitiva e costituiscono il naturale portato distati emotivi e passionali»10; «la malattia di mente ri-levante per la sua esclusione o riduzione e solo quellamedico-legale, dipendente da uno stato patologico se-rio che comporti una degenerazione della sfera intel-lettiva o volitiva dell’agente. Ne consegue che la capa-cita di intendere e di volere non e esclusa dal fatto cheil soggetto sia affetto non da infermita mentale insenso patologico, ma solo da anomalie psichiche o dadisturbi della personalita»11; «le anomalie caratterialie le disarmonie della personalita, le quali non sonoconseguenti ad uno stato patologico ma si colleganoad uno sviluppo mentale non molto progredito, noneliminano, ne diminuiscono la capacita di rappresen-tazione e di autodeterminazione e quindi non hannoalcuna incidenza sull’imputabilita»12; «in mancanzadi un’infermita o malattia mentale, o comunque diun’alterazione anatomico-funzionale della sfera psi-chica, le alterazioni di tipo caratteriale e i connessidisturbi della personalita non acquistano rilievo perescludere o ridurre l’imputabilita: l’eventuale difettodi capacita intellettiva e/o volitiva che ne deriva ri-mane privo di rilevanza giuridica»13; «la malattia dimente rilevante per l’esclusione o per la riduzione del-l’imputabilita e solo quella medico-legale, dipendenteda uno stato patologico veramente serio, che com-porti una degenerazione della sfera intellettiva o voli-tiva dell’agente; di conseguenza deve ritenersi sussi-stente la capacita di intendere e di volere in un sog-getto affetto solo da anomalie psichiche o da disturbidella personalita»14; «la capacita di controllo delleproprie azioni va distinta dalla capacita di intendere edi volere, in quanto capacita del soggetto di modularee calibrare la sua condotta in funzione di elementicondizionanti di ordine etico, religioso ed educativoche, afferendo ed integrandosi nel nucleo della perso-nalita del soggetto, lo dotano sia del senso critico chedi quello autocritico, e che agiscono come modulatoridell’istintualita e dell’impulsivita. Ne consegue chel’indebolimento dei freni inibitori, non dipendente daun vero e proprio stato patologico, non incide sullacapacita di intendere e di volere e quindi sull’imputa-bilita»15.

6 Cass., Sez. VI, 17 aprile 1997, Mariano, in Cass. Pen., 1999,2531.

7 Cass., Sez. VI, 12 marzo 2003, Moranziol, in C.E.D. Cass.,226006.

8 Cass., Sez. I, 5 dicembre 1997, Giordano, in Giur. It., 1999,2151.

9 Cass., Sez. I, 4 luglio 1996, Zanatta, in C.E.D. Cass., 205630.10 Cass., Sez. VI, 7 aprile 2003, Spagnoli, in C.E.D. Cass.,

225560; Id., Sez. I, 22 aprile 1997, Ortolina, in Cass. Pen., 1998,1109.

11 Cass., Sez. I, 25 marzo 2004, Egger, in C.E.D. Cass.,227926.

12 Cass., Sez. III, 25 marzo 2003, Simone, in C.E.D. Cass.,225231.

13 Cass., Sez. V, 19 novembre 1997, Paesani, in Giur. It., 1999,374.

14 Cass., Sez. I, 20 ottobre 1997, Baldini, in C.E.D. Cass.,208929.

15 Cass., Sez. V, 23 marzo 2004, P.V., in C.E.D. Cass.,228866.

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In quest’ottica, la giurisprudenza di merito avevaspecificato che il disturbo della personalita, pur inte-grando il concetto di infermita, al pari di qualunquealtra patologia, non e sufficiente per configurare unvizio parziale o totale di mente, i quali sono legati a unacondizione di incapacita dovuta a infermita, e non al-l’infermita di per se stessa considerata16. Del resto, lacircostanza per cui gli autori di un grave episodio de-littuoso abbiano condotto prima, durante e dopo lostesso una normale vita relazionale, senza che su di essaabbia mai prodotto alcun riverbero il disturbo psichicodi cui, a loro dire, sarebbero stati affetti, e incompati-bile con il riconoscimento di un’infermita di mente chepossa in qualche modo aver influito sulla loro capacitadi intendere e di volere17.

Un contrasto giurisprudenziale si rinveniva pure aproposito delle c.d. «reazioni a corto circuito», le qua-li, anche se normalmente riferibili a stati emotivi e pas-sionali non integranti una condizione patologica, pos-sono tuttavia costituire, in determinate situazioni, ma-nifestazioni di una vera e propria malattia che compro-mette la capacita di intendere e di volere, incidendosoprattutto sull’attitudine della persona a determinarsiin modo autonomo, con possibilita di optare per lacondotta adatta al motivo piu ragionevole e, quindi, diresistere agli stimoli degli avvenimenti esterni: tali si-tuazioni devono essere peraltro individuate sulla basedegli schemi logici, normativi e scientifici che valgonoa distinguere lo stato emotivo e passionale dall’infer-mita mentale ..., e valutare di volta in volta, con riferi-mento sia al complessivo stato mentale dell’agente, siaal suo comportamento specifico a fronte dello stimolorispetto al quale ha reagito»18; contra: «la capacita diintendere e volere puo ritenersi esclusa o gravementediminuita solo in presenza di un’infermita mentale chesia conseguenza di un’alterazione patologica insedia-tasi nel soggetto, anche non stabilmente; pertanto, nonrientrano nella categoria di infermita mentale le mani-festazioni di tipo nevrotico, le alterazioni comporta-mentali e i fenomeni propri delle personalita c.d. psi-copatiche, che si manifestino in modo sporadico o epi-sodico, come le c.d. “reazioni a corto circuito”, con-nesse a turbamenti psichici di tipo transitorio e a sem-plici spinte emotive o passionali»19.

Nel caso in esame i giudici di merito avevano rico-nosciuto che l’imputato era stato indotto a compiereazioni delittuose a causa di disturbi impulsivi della per-sonalita, ma hanno escluso che tali disturbi incidanosulla sua capacita di intendere e di volere. La Cassa-zione, dal canto suo, ha evidenziato che l’esistenza diun impulso non puo essere considerata come causa dasola sufficiente a determinare un’azione incoerente conil sistema di valori di chi la compie: «sicche non v’econtraddizione nella decisione dei giudici del merito diattribuire al ricorrente la capacita di volere pur rico-

noscendo l’esistenza degli impulsi alla devianza con-nessi ai suoi disturbi psichici, perche tale decisione sifonda evidentemente sul convincimento che al mo-mento del fatto l’imputato conservava la capacita digovernare i propri impulsi».

Naturalmente, in una prospettiva di rafforzamentodella difesa sociale, non va dimenticato che l’equipa-razione tra semplice psicopatia e malattia mentale po-trebbe contrastare con gli scopi del diritto penale, per-che i numerosi soggetti affetti da disturbi della perso-nalita, confidando nell’esenzione da pena, saranno in-dotti ad allentare ulteriormente i loro gia deboli freniinibitori.

In punto onere della prova, la sentenza in epigrafe haprecisato che il ricorrente avrebbe dovuto indicarespecifiche ragioni in base alle quali il furto di un’auto-vettura parcheggiata sulla strada pubblica e da ricolle-garsi alla psicopatia denunciata, cosı sottolineandol’importanza, ai fini dell’esclusione dell’imputabilita,del nesso causale tra il reato e il disturbo della perso-nalita.

Infine, qualche rilievo di carattere criminologico.Sulla tipologia e la classificazione dei disturbi mentali

non esiste accordo fra gli specialisti, come pure non v’eaccordo sulle loro cause (se, cioe, abbiano origine or-ganica, psichica o psicosociale) ne esiste una nomen-clatura universalmente accettata. Tuttavia gode di unaparticolare autorevolezza quella proposta dall’Associa-zione Psichiatrica Americana20. Si tratta di disturbi chepresentano un’intensita variabile, con manifestazioniassai differenti, alcuni dei quali provocano in chi ne eaffetto la perdita della capacita di discernimento e/o diautodeterminazione e sono fattori scatenanti la com-missione di reati21.

Nell’ambito dei disturbi mentali si distinguono leanomalie psichiche e le psicosi.

Rientrano fra le anomalie psichiche le deficienze intel-lettive e i disturbi della personalita. Le deficienze intel-lettive sono di due tipi: ritardi mentali (arresto dellosviluppo mentale dovuto a cause congenite, a fattoriambientali o a malattie che impediscono il raggiungi-mento della maturita intellettiva; nelle forme piu graviil portatore e ridotto a condurre una vita vegetativa,mentre le forme piu lievi lo rendono capace di com-mettere — in modo maldestro — dei reati, speciequando al ritardo mentale si associano disturbi del ca-rattere, e lo espongono allo sfruttamento anche perfinalita criminose, ma sempre in ruoli esecutivi o mar-ginali) e demenze (perdita della raggiunta maturita in-tellettiva, provocata dall’eta, dall’arteriosclerosi, datraumi, processi morbosi innescati da alcoolismo, tos-sicodipendenza o altre cause). Ai disturbi della perso-nalita appartengono le nevrosi e le psicopatie. Le ne-vrosi sono stati di sofferenza psichica in conseguenzadei quali il portatore, pur non perdendo il contatto con

16 Ass. Reggio Emilia, 9 ottobre 1998, Berton, in Riv. It.medicina legale, 2000, 285, con nota di Pietralunga.

17 Ass. Foggia, 9 febbraio 2000, Botticelli, in Riv. It. Dir. eProc. Pen., 2000, 1561, con nota di Infante, Il lucido delirio efutile motivo - Note in tema di imputabilita.

18 Cass., Sez. I, 22 aprile 1997, cit., 1109.19 Cass., Sez. VI, 1o aprile 2004, Martelli, in C.E.D. Cass.,

229136.

20 American Psychiatric Association, Manuale diagno-stico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. della 4a ed. americana1994, 1996 e sue revisioni. Per approfondimenti v. Fornari,Trattato di psichiatria forense, 3a ed., Torino, 2004.

21 Vinciguerra, Principi di criminologia, 2a ed., Padova,2005, 113.

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la realta, si relaziona con essa in modo distorto, essen-do affetto da stati di ansia, fobici, di depressione, diossessione, di isteria. Generalmente le nevrosi non sfo-ciano in reati, tranne quando essi costituiscono per ilnevrotico il mezzo, vero o supposto, per liberarsi dallostato di sofferenza (acting-out nevrotico): a questo ge-nere di fenomeno apparterrebbero le cleptomanie. Lepsicopatie sono anomalie del carattere percepibili so-prattutto nel comportamento sociale; possono sfociarein reati di ogni tipo, a seconda della prevalenza diquesto o di quel tratto della personalita. Le manifesta-zioni di psicopatia, che talora si combinano fra loro,sono: l’impulsivita, l’istrionismo o mitomania, la disaf-fettivita, il fanatismo, le perversioni sessuali22.

Le psicosi sono disordini mentali che impedisconol’integrazione con la realta e coinvolgono l’intera per-sonalita, non soltanto un settore di essa, come avviene,invece, nelle nevrosi o nelle psicopatie. Le psicosi sonodistinte in psicosi organiche o esogene e psicosi funzio-nali o endogene. Le psicosi organiche o esogene sonoriconducibili ad agenti patogeni noti e alle alterazionianatomiche da essi provocate. Vi appartengono le de-menze senili, le demenze confusionali, le demenzetraumatiche, l’epilessia, le allucinazioni. Oltre che fon-te di gravi psicosi, questi tipi di intossicazione sonofortemente criminogeni, perche molteplici reati sonocommessi sia sotto la loro azione sia per procurarsil’alcool o la droga. Le psicosi funzionali o endogenesono quelle di cui non e nota la base organica, alcunedelle quali si collocano al confine con le nevrosi. Lefigure piu importanti di psicosi endogene sono le schi-zofrenie (caratterizzate dalla disintegrazione della per-sonalita; lo schizofrenico non e di per se pericoloso, mala sua condotta ha margini di forte imprevedibilita), laparanoia (caratterizzata da forme di delirio senza tut-tavia ulteriori disturbi psichici; il paranoico e reso pe-ricoloso dal grado di rigidita delle proprie convinzioni,per quanto esse siano assurde), le psicosi affettive omaniaco-depressive (caratterizzate da un disturbo epi-sodico dell’affettivita) e le psicosi cicloidi (si tratta diquadri patologici psichici rientranti in percentuali di-versificate nella schizofrenia acuta, o nel disturbo ma-niacale o nella depressione con manifestazioni psicoti-che incongrue dell’umore23.

Simone Ferrari

CONTUMACIA E RIMESSIONE IN TERMINI

Cassazione penale, I Sezione, 2 febbraio 2006(dep. 1o marzo 2006), n. 390 — Fazzioli Presidente— Mocali Relatore — Fraticelli P. M. (conf.). —Russo, ricorrente.

Termini processuali penali — Rimessione nel ter-mine — Tempus regit actum — Applicabilita — No-tificazioni — Limiti (C. p. p. artt. 157, 175; D. L. 21febbraio 2005, n. 17, conv. dalla L. 22 aprile 2005,n. 60).

Se l’iter processuale non si e concluso sotto l’egidadella precedente disciplina di rimessione in termini, none possibile l’applicazione della nuova disciplina, giaccheil principio del tempus regit actum assiste la formazionedel singolo atto processuale, ma non spinge la sua effi-cacia a quelli successivi, che ben possono essere discipli-nati da norme di rito nel frattempo sopravvenute (1).

Omissis. — Deve preliminarmente rilevarsi che tantola presentazione della richiesta di rimessione nel ter-

mine, da parte del R., quanto l’ordinanza che l’ha decisa,erano regolate dall’art. 175 c.p.p., nel testo precedente lamodifica legislativa attuata dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17,convertito con modificazioni nella L. 22 aprile 2005, n. 60; vadetto che il giudice dell’esecuzione, verificata l’ammissibilitadell’istanza, si e pronunciato attenendosi all’esegesi giuri-sprudenziale formatasi sul previgente testo normativo. Inproposito, e chiaro che il preteso accordo di informazione,che il R. sostiene essere intervenuto colla sua ex convivente,all’atto della separazione e quindi della variazione del domi-cilio, sarebbe privo di rilevanza nel senso da lui voluto, stantela costante opinione dell’attribuibilita a colpa inescusabile(riguardo, cioe, alla sussistenza del caso fortuito o della forzamaggiore) del soggetto che non ha personalmente e accura-tamente seguito le proprie vicende processuali, la mancataconoscenza di atti propedeutici alla impugnazione di unasentenza (si vedano, ad esempio, Sez. 2a, 11/11/2003, Sulli e11/11/2003, La Spina, che escludono la rimessione nei ter-mini non osservati per negligenza, addirittura, del difensoredi fiducia).

Nella specie, una volta accertato che l’estratto della sen-tenza contumaciale — unico atto sindacabile dal giudicedell’esecuzione dopo il formarsi (ancorche apparente) delgiudicato — era stato notificato nel domicilio dichiarato daldestinatario, correttamente doveva escludersi l’applicabilitadell’art. 175 c.p.p.; il quale, evidentemente, nella sua origi-naria formulazione, valorizzava la conoscenza legale dell’at-to, derivante dall’osservanza delle norme di rito. Il discor-so cambia, pero, col riformato testo di legge, che al comma2 — riguardo alle sentenze contumaciali, quale e quella dispecie — valorizza invece la conoscenza effettiva, escluden-done le conseguenze solo nelle ipotesi di volontaria rinunciaa comparire o di proposta impugnazione.

Il problema che si pone, a questo punto — dovendosidunque investigare sulla effettivita della conoscenza dell’attoo del procedimento — e quello della applicabilita della nuo-va disciplina normativa, tenendo evidentemente conto che sitratta di disposizione avente carattere processuale e non im-plicante dunque il richiamo all’art. 2 c.p. E opinione delCollegio che la risposta debba essere positiva; il generaleprincipio del tempus regit actum, che sarebbe sicuramenteapplicabile ove sulla richiesta del R. si fosse posata una de-cisione irrevocabile (per mancanza o rigetto di impugnazio-ne), non lo e nel caso in esame, giacche la novella legislativae intervenuta nelle more del procedimento di esecuzione ecioe prima che questa Corte si pronunciasse al riguardo delproposto ricorso. L’iter processuale non si e concluso nel-l’ambito del precedente disposto dell’art. 175 c.p.p., il rap-porto di impugnazione non si e previamente esaurito e dun-que le nuove norme processuali regolano la fattispecie dequa, giacche il principio sopra ricordato assiste la formazionedel singolo atto processuale ma non spinge la sua efficacia aquelli successivi, che ben possono essere disciplinati da nor-me di rito nel frattempo sopravvenute, fintanto che la pro-cedura non si esaurisca.

Va a tale riguardo tenuto conto che una recente decisionedi questa Corte (Sez. 1a, 15/06/2005, D’Amico) ha negatoche una richiesta presentata oltre il termine dei dieci giorni,a suo tempo previsto dall’art. 175 c.p.p. e quindi inammis-sibile, possa fruire del termine di presentazione allungato dal

22 Vinciguerra, Principi di criminologia, cit., 113. 23 Vinciguerra, Principi di criminologia, cit., 115.

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