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che va ricercato e delineato l’elemento soggettivo della partecipazione» 14 . L’esistenza o meno di un accordo preventivo, co- munque, non e ` priva di implicazioni pratiche. Anzitutto, esso e ` indice di una maggiore gravita ` del reato commesso, sia sul piano oggettivo, dimostrando l’esistenza di una forma embrionale di criminalita ` or- ganizzata, sia su quello soggettivo, per la maggiore in- tensita ` del dolo di concorso 15 : dunque il previo accor- do rilevera ` in sede di commisurazione della pena. In secondo luogo, nel caso in cui tale accordo abbia coinvolto almeno tre soggetti e si sia riferito alla com- missione di una pluralita ` di delitti, si pone il problema della distinzione tra il concorso doloso ex art. 110 c.p. e l’associazione per delinquere ex art. 416 c.p. In pro- posito la Cassazione afferma che «il criterio distintivo del delitto di associazione per delinquere rispetto al concorso di persone nel reato [...] consiste essenzial- mente nel carattere dello stesso accordo criminoso; infatti, nel concorso, esso si manifesta in maniera oc- casionale ed accidentale, in quanto diretto alla com- missione di uno o piu ` reati determinati, eventualmente ispirati dal medesimo disegno criminoso, mentre nel- l’associazione e ` diretto all’attuazione di un programma criminoso, volto alla commissione di una serie indeter- minata di delitti con la permanenza del vincolo asso- ciativo tra gli autori, ciascuno dei quali ha consapevo- lezza di essere associato all’attuazione del programma criminoso, anche indipendentemente dalla commissio- ne dei singoli reati programmati» 16 . Annamaria Taboga IL CONCETTO DI PERSONA DELLA FAMIGLIACassazione penale, VI Sezione, 22 maggio 2008 (ud. 29 gennaio 2008), n. 20647 — de Roberto Pre- sidente —Fidelbo Relatore —Baglione P.M. (parz. diff.) — Battirolo, ricorrente. Maltrattamenti in famiglia — Maltrattamenti in fa- miglia o verso fanciulli — Maltrattamenti di una per- sona della famiglia — Famiglia di fatto (C.p. art. 572). Ai fini della configurabilita ` del reato di maltrattamen- ti in famiglia, non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di persona con- vivente more uxorio. Infatti, il richiamo contenuto nel- l’art. 572 c.p. alla «famiglia» deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone fra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarieta ` per un apprezzabile periodo di tempo, com- prendendo questa nozione anche la «famiglia di fatto». (Nella specie, si trattava di una stabile convivenza di fatto dalla quale erano nate due figlie, dando luogo ad una situazione qualificabile come «famiglia di fatto») (1). Omissis. — 4. Ai fini della configurabilita ` del reato di maltrattamenti in famiglia non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di persona convivente more uxorio. Infatti, il richiamo conte- nuto nell’art. 572 c.p., alla “famiglia” deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarieta ` per un apprezzabile periodo di tempo, ricom- prendendo questa nozione anche la “famiglia di fatto”. Una consolidata giurisprudenza di questa Corte richiede soltanto che si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra due persone con legami di reciproca assistenza e protezione (tra le tante, Sez. VI, 24 gennaio 2007, n. 21329, Gatto; Sez. III, 13 novembre 1985, n. 1691, Spanu; Sez. VI, 7 dicembre 1979, n. 4084, Segre). Nella specie risulta l’esistenza di una vera e propria stabile convivenza di fatto tra il B. e la G., durata oltre dieci anni, dalla quale sono nate due figlie, dando luogo ad una situa- zione qualificabile come famiglia di fatto, i cui componenti sono ricompresi nella tutela prevista dall’art. 572 c.p. 5. Passando all’esame dell’altro motivo, deve escludersi l’insussistenza del reato per difetto del requisito della reite- razione delle condotte vessatorie. L’ordinanza impugnata ha messo in chiara evidenza i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, costituiti dalle dichiarazioni della persona offesa che ha riferito di subire da anni episodi di violenza fisica e psicologica da parte del B., sospesi solo da quando lo stesso e ` stato ristretto in carcere per altro reato, per poi riprendere immediatamente in occa- sione dell’ultimo permesso, fino all’episodio del 23 agosto 2007, quando vi e ` stato l’intervento dei Carabinieri, che han- no potuto constatare l’avvenuta aggressione ai danni della G. Si tratta di dichiarazioni che hanno ricevuto conferma non solo da quanto hanno potuto accertare i Carabinieri, ma anche da R.B., figlia minorenne della coppia, che ha confer- mato l’episodio dell’ultima aggressione. Sulla base di questi elementi deve ritenersi che corretta- mente il Tribunale ha ritenuto, allo stato degli atti, sussistenti i gravi indizi per la configurabilita ` del reato di maltrattamen- ti, avendo l’indagato posto in essere una condotta caratte- rizzata da continui e ripetuti fatti vessatori, concretizzatisi anche in vere e proprie aggressioni fisiche. — Omissis. (1) A proposito della «convivenza» quale presupposto dei maltrattamenti in famiglia 1. Il concetto di «famiglia» ex art. 572 c.p. presenta un duplice ordine di interrogativi: occorre domandar- si, in primo luogo, se «famiglia» e ` solo quella «legitti- ma» o anche quella «di fatto»; in secondo luogo, se la norma richiede implicitamente la convivenza fra sog- getto attivo e soggetto passivo. La giurisprudenza ritiene configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno di persona convivente more uxorio, quando si e ` in presenza di un 14 Gallo, op. cit., 206. Insolera, voce “Concorso di per- sone nel reato”, in Digesto Pen., II, Torino, 1988, 475, osserva che l’affermazione secondo cui «e ` solo in riferimento alla per- sona del partecipe che va ricercato e delineato l’elemento sog- gettivo del concorso» e ` un corollario della teoria dell’accesso- rieta `: «nell’autore del fatto principale, il profilo della colpevo- lezza non subira ` mutamenti, ne ´ acquistera ` colorazioni partico- lari. Parimenti irrilevante su quel piano sara ` l’incidenza delle norme concorsuali di disciplina (le circostanze), considerata la loro operativita ` oggettiva. Nel contesto dell’accessorieta `e ` quin- di evidente il perche ´ da un lato, si neghi una peculiarita ` sogget- tiva della partecipazione, dall’altro si riferisca la volonta ` o, quan- to meno, la consapevolezza di cooperare, alle sole figure dei partecipi atipici». 15 In questo senso, v. Tassi, Il dolo, Padova, 1992, 118. 16 Cass., Sez. V, 1 o aprile 1999, Boldrini, inedita. In senso conforme, v. Cass., Sez. VI, 26 giugno 1992, Piastrelloni e altri, in C.E.D. Cass., 213096. Diritto Penale | IL CONCETTO DI PERSONA DELLA FAMIGLIA705 Giurisprudenza Italiana - Marzo 2009

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che va ricercato e delineato l’elemento soggettivo dellapartecipazione»14.

L’esistenza o meno di un accordo preventivo, co-munque, non e priva di implicazioni pratiche.

Anzitutto, esso e indice di una maggiore gravita delreato commesso, sia sul piano oggettivo, dimostrandol’esistenza di una forma embrionale di criminalita or-ganizzata, sia su quello soggettivo, per la maggiore in-tensita del dolo di concorso15: dunque il previo accor-do rilevera in sede di commisurazione della pena.

In secondo luogo, nel caso in cui tale accordo abbiacoinvolto almeno tre soggetti e si sia riferito alla com-missione di una pluralita di delitti, si pone il problemadella distinzione tra il concorso doloso ex art. 110 c.p.e l’associazione per delinquere ex art. 416 c.p. In pro-posito la Cassazione afferma che «il criterio distintivodel delitto di associazione per delinquere rispetto alconcorso di persone nel reato [...] consiste essenzial-mente nel carattere dello stesso accordo criminoso;infatti, nel concorso, esso si manifesta in maniera oc-casionale ed accidentale, in quanto diretto alla com-missione di uno o piu reati determinati, eventualmenteispirati dal medesimo disegno criminoso, mentre nel-l’associazione e diretto all’attuazione di un programmacriminoso, volto alla commissione di una serie indeter-minata di delitti con la permanenza del vincolo asso-ciativo tra gli autori, ciascuno dei quali ha consapevo-lezza di essere associato all’attuazione del programmacriminoso, anche indipendentemente dalla commissio-ne dei singoli reati programmati»16.

Annamaria Taboga

IL CONCETTO DI “PERSONA DELLA FAMIGLIA”

Cassazione penale, VI Sezione, 22 maggio 2008(ud. 29 gennaio 2008), n. 20647 — de Roberto Pre-sidente — Fidelbo Relatore — Baglione P.M. (parz.diff.) — Battirolo, ricorrente.

Maltrattamenti in famiglia — Maltrattamenti in fa-miglia o verso fanciulli — Maltrattamenti di una per-sona della famiglia — Famiglia di fatto (C.p. art. 572).

Ai fini della configurabilita del reato di maltrattamen-ti in famiglia, non assume alcun rilievo la circostanza chel’azione delittuosa sia commessa ai danni di persona con-vivente more uxorio. Infatti, il richiamo contenuto nel-l’art. 572 c.p. alla «famiglia» deve intendersi riferito adogni consorzio di persone fra le quali, per strette relazionie consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza esolidarieta per un apprezzabile periodo di tempo, com-prendendo questa nozione anche la «famiglia di fatto».

(Nella specie, si trattava di una stabile convivenza difatto dalla quale erano nate due figlie, dando luogoad una situazione qualificabile come «famiglia difatto») (1).

Omissis. — 4. Ai fini della configurabilita del reato dimaltrattamenti in famiglia non assume alcun rilievo la

circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni dipersona convivente more uxorio. Infatti, il richiamo conte-nuto nell’art. 572 c.p., alla “famiglia” deve intendersi riferitoad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazionie consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza esolidarieta per un apprezzabile periodo di tempo, ricom-prendendo questa nozione anche la “famiglia di fatto”. Unaconsolidata giurisprudenza di questa Corte richiede soltantoche si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia purenaturale e di fatto, instaurato tra due persone con legami direciproca assistenza e protezione (tra le tante, Sez. VI, 24gennaio 2007, n. 21329, Gatto; Sez. III, 13 novembre 1985,n. 1691, Spanu; Sez. VI, 7 dicembre 1979, n. 4084, Segre).

Nella specie risulta l’esistenza di una vera e propria stabileconvivenza di fatto tra il B. e la G., durata oltre dieci anni,dalla quale sono nate due figlie, dando luogo ad una situa-zione qualificabile come famiglia di fatto, i cui componentisono ricompresi nella tutela prevista dall’art. 572 c.p.

5. Passando all’esame dell’altro motivo, deve escludersil’insussistenza del reato per difetto del requisito della reite-razione delle condotte vessatorie.

L’ordinanza impugnata ha messo in chiara evidenza i graviindizi di colpevolezza a carico dell’indagato, costituiti dalledichiarazioni della persona offesa che ha riferito di subire daanni episodi di violenza fisica e psicologica da parte del B.,sospesi solo da quando lo stesso e stato ristretto in carcereper altro reato, per poi riprendere immediatamente in occa-sione dell’ultimo permesso, fino all’episodio del 23 agosto2007, quando vi e stato l’intervento dei Carabinieri, che han-no potuto constatare l’avvenuta aggressione ai danni della G.Si tratta di dichiarazioni che hanno ricevuto conferma nonsolo da quanto hanno potuto accertare i Carabinieri, maanche da R.B., figlia minorenne della coppia, che ha confer-mato l’episodio dell’ultima aggressione.

Sulla base di questi elementi deve ritenersi che corretta-mente il Tribunale ha ritenuto, allo stato degli atti, sussistentii gravi indizi per la configurabilita del reato di maltrattamen-ti, avendo l’indagato posto in essere una condotta caratte-rizzata da continui e ripetuti fatti vessatori, concretizzatisianche in vere e proprie aggressioni fisiche. — Omissis.

(1) A proposito della «convivenza» qualepresupposto dei maltrattamenti in famiglia

1. Il concetto di «famiglia» ex art. 572 c.p. presentaun duplice ordine di interrogativi: occorre domandar-si, in primo luogo, se «famiglia» e solo quella «legitti-ma» o anche quella «di fatto»; in secondo luogo, se lanorma richiede implicitamente la convivenza fra sog-getto attivo e soggetto passivo.

La giurisprudenza ritiene configurabile il delitto dimaltrattamenti in famiglia anche in danno di personaconvivente more uxorio, quando si e in presenza di un

14 Gallo, op. cit., 206. Insolera, voce “Concorso di per-sone nel reato”, in Digesto Pen., II, Torino, 1988, 475, osservache l’affermazione secondo cui «e solo in riferimento alla per-sona del partecipe che va ricercato e delineato l’elemento sog-gettivo del concorso» e un corollario della teoria dell’accesso-rieta: «nell’autore del fatto principale, il profilo della colpevo-lezza non subira mutamenti, ne acquistera colorazioni partico-lari. Parimenti irrilevante su quel piano sara l’incidenza dellenorme concorsuali di disciplina (le circostanze), considerata la

loro operativita oggettiva. Nel contesto dell’accessorieta e quin-di evidente il perche da un lato, si neghi una peculiarita sogget-tiva della partecipazione, dall’altro si riferisca la volonta o, quan-to meno, la consapevolezza di cooperare, alle sole figure deipartecipi atipici».

15 In questo senso, v. Tassi, Il dolo, Padova, 1992, 118.16 Cass., Sez. V, 1o aprile 1999, Boldrini, inedita. In senso

conforme, v. Cass., Sez. VI, 26 giugno 1992, Piastrelloni e altri,in C.E.D. Cass., 213096.

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rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale edi fatto, instaurato fra due persone, con legami di re-ciproca assistenza e protezione1. In altre parole, talereato non presuppone necessariamente l’esistenza divincoli di parentela, ma sussiste anche nei riguardidel convivente more uxorio, perche anche in tal casoviene a crearsi fra le parti quel rapporto stabile di co-munita familiare che il legislatore ha ritenuto di dovertutelare2.

Piu precisamente, sono da considerarsi membri dellafamiglia, tutelati dall’art. 572 c.p., anche i componentidella famiglia di fatto, fondata sulla volonta di vivereinsieme, di avere figli, di avere beni comuni, di dar vita,cioe, ad un nucleo stabile e duraturo; quest’interpre-tazione dell’art. 572 c.p. e la piu coerente con i principiispiratori del nostro ordinamento, nonche con la realtasociale moderna; del resto, si e notato, l’introduzionedel divorzio e il suo largo utilizzo hanno dimostratoche il matrimonio non e piu un legame indissolubile ehanno eliminato, dunque, il presupposto piu plausibileper una tutela diversificata dei due rapporti3.

Pertanto, agli effetti dell’art. 572 c.p., deve conside-rarsi «famiglia» ogni consorzio di persone fra le qualiintercorra un legame di relazioni continuative e di con-suetudine di vita affini a quello di una normale famiglialegittima4. In sostanza, non sarebbe necessario che sitratti di «famiglia legittima», ma occorrerebbe il requi-sito della convivenza: «il reato di maltrattamenti infamiglia e configurabile anche al di fuori della famiglialegittima, in presenza di un rapporto di stabile convi-venza, come tale suscettibile di determinare obblighi disolidarieta e di mutua assistenza, senza che sia richiestoche tale convivenza abbia una certa durata, quantopiuttosto che sia stata istituita in una prospettiva di

stabilita, quale che sia stato poi in concreto l’esito ditale comune decisione»5; «agli effetti di cui all’art. 572c.p., deve intendersi per famiglia ogni consorzio trapersone tra le quali, per relazioni sentimentali o con-suetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e disolidarieta per un apprezzabile periodo di conviven-za»6.

Sembra nondimeno contrastante con questi principiritenere il reato di maltrattamenti anche in caso di se-parazione e di conseguente cessazione della conviven-za rapporto fra coniugi7: «lo stato di separazione lega-le, pur dispensando i coniugi dagli obblighi di convi-venza e fedelta, lascia tuttavia integri i doveri di reci-proco rispetto, di assistenza morale e materiale nonchedi collaborazione [...] poiche la convivenza non rap-presenta un presupposto della fattispecie criminosa inquestione, il suddetto stato di separazione non escludeil reato di maltrattamenti, quando l’attivita persecuto-ria si valga proprio o comunque incida su quei vincoliche, rimasti intatti a seguito del provvedimento giudi-ziario, pongono la parte offesa in posizione psicologicasubordinata»8.

Piu in generale, si afferma che la cessazione del rap-porto di convivenza non influisce sulla configurabilitadel delitto di maltrattamenti in famiglia, la cui consu-mazione puo aver luogo anche nei confronti di personanon convivente con l’imputato, quando essa sia unitaall’agente da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filia-zione9.

Come emerge da questa breve panoramica giurispru-denziale, il concetto di «famiglia» viene inteso in sensoampio10, ma si registrano contrasti riguardo alla neces-sita, ai fini della sussistenza del delitto in esame, dellaconvivenza.

1 Cass., Sez. VI, 24 gennaio 2007, Gatto, in C.E.D. Cass.,236757 (nell’affermare tale principio, la Corte ha precisato che,agli effetti del delitto di cui all’art. 572 c.p., deve intendersi come«famiglia» ogni consorzio di persone fra le quali, per stretterelazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenzae solidarieta per un apprezzabile periodo di tempo); Id., Sez. III,3 ottobre 2006, Guazzoni, in Fam. e Dir., 2007, 160, con nota diPittaro.

2 Cass., Sez. III, 13 novembre 1985, Spanu, in C.E.D. Cass.,171979.

3 Cass., Sez. VI, 10 ottobre 2001, V., in Repertorio Foro It.,2002, voce “Maltrattamenti in famiglia”, n. 2.

4 Cass., Sez. VI, 15 maggio 1989, Nesti, in C.E.D. Cass.,184342 (fattispecie in tema di convivenza more uxorio, nellaquale si e precisato che non ha alcuna rilevanza la cessazione deirapporti sessuali).

5 Cass., Sez. III, 8 novembre 2005, Sciacchitano, in C.E.D.Cass., 232904; Id., Sez. VI, 30 gennaio 2003, Romondia, ivi,223826.

6 Cass., Sez. VI, 9 dicembre 1992, Gelati, in C.E.D. Cass.,193274; Id., Sez. VI, 3 luglio 1990, Soru, ivi, 186276: «agli effettidel delitto di cui all’art. 572 c.p. deve considerarsi “famiglia”ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni econsuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solida-rieta» (fattispecie in cui la Cassazione ha ritenuto far parte della«famiglia» nel senso suesposto la zia dell’imputata che convive-va con questa in virtu di un contratto di rendita vitalizia nellaforma del c.d. vitalizio alimentare o contratto di mantenimento,che non ha contenuto meramente economico, ma obbliga ilvitaliziante a provvedere anche alle esigenze dell’altro soggettoe ad assisterlo in caso di malattia).

7 Cass., Sez. VI, 22 settembre 2003, Micheli, in C.E.D. Cass.,227719 (fattispecie relativa a reiterate ed offensive manifesta-

zioni di aggressivita, attuate per lettera o per telefono, tali daobbligare il coniuge separato a cambiare le proprie utenze tele-foniche o a disattivarle); Id., Sez. VI, 18 ottobre 2000, Tourabi,ivi, 218173.

8 Cass., Sez. VI, 26 gennaio 1998, Traversa, in C.E.D. Cass.,210838; Id., Sez. VI, 7 ottobre 1996, De Bustis Ficarola, ivi,206399 (nella specie, il marito separato pure dinanzi a terzipercuoteva abitualmente e minacciava la moglie di ritorsionigravi sul figlio minore); Trib. Rovereto, 26 giugno 2001, in Giur.di Merito, 2002, 788: «il reato di maltrattamenti in famiglia, dicui all’art. 572 c.p., puo essere commesso anche ai danni delconiuge separato, giacche la separazione non fa ancora veniremeno il rapporto di coniugio con i correlativi obblighi di assi-stenza, reciproco rispetto e solidarieta, ed anche in assenza diattuale e perdurante convivenza tra i coniugi».

9 Cass., Sez. VI, 12 ottobre 1989, Cancellieri, in C.E.D. Cass.,183283 (nella specie, l’imputato aveva commesso ripetuti atti diviolenza fisica e morale in danno della moglie anche dopo laseparazione di fatto); Id., Sez. VI, 29 aprile 1980, Musmarra, inCass. Pen., 1982, 90; Id., Sez. III, 3 luglio 1997, Miriani, inC.E.D. Cass., 208444: «Ai fini della configurabilita del reato dicui all’art. 572 c.p., deve considerarsi “famiglia” ogni consorziodi persone fra le quali, per strette relazioni e consuetudini divita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarieta, senza lanecessita della convivenza e della coabitazione. E sufficiente unregime di vita improntato a rapporti di umana solidarieta ed astrette relazioni, dovute a diversi motivi anche assistenziali».

10 In realta, la Corte costituzionale e contraria alla parifica-zione del convivente al coniuge, anche se non si e mai pronun-ciata sul concetto specifico di «persona della famiglia» ex art.572 c.p.: «e manifestamente inammissibile la questione di legit-timita costituzionale degli artt. 307 e 384 c.p., nella parte in cui“non includono nella nozione di prossimi congiunti anche il

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2. Nell’analizzare il primo di questi due profili e cioela nozione di «famiglia», e anzitutto utile volgere losguardo all’oggetto giuridico del reato («reato neces-sariamente abituale proprio»11), poiche viene tutelatonon solo l’interesse dello Stato a salvaguardare la fa-miglia, intesa in senso lato, ma anche, piu specifica-mente, l’interesse del soggetto passivo al rispetto dellasua personalita nello svolgimento di un rapporto fon-dato su vincoli familiari12.

Insomma, si intende proteggere il soggetto deboledella famiglia dalle eventuali aggressioni provenientidalla stessa13, lesive della sua «personalita individua-le»14; in quest’ottica, si e scritto che la condotta dimaltrattamenti, essendo posta in essere dai destinataridi obblighi di assistenza che nascono da rapporti fa-miliari e para-familiari, deve essere considerata lesivadel diritto all’assistenza riconosciuto ai soggetti passivi,in quanto i soggetti attivi non si limitano a violare gliobblighi di assistenza (art. 570, 1o comma, c.p.), masottopongono i titolari del diritto di assistenza a mal-trattamenti che li mortificano nel fisico e nel morale15.

Se cosı e, si puo condividere l’opinione secondo cui,date l’imponenza e la rilevanza del fenomeno «famigliadi fatto», la parola «famiglia», non accompagnata daalcuna aggettivazione o da alcuna specificazione limi-tatrice, non evoca piu con univoca certezza un solo tipo

di rapporti, e cioe quelli fondati sul matrimonio16, erichiama piuttosto, insieme alla tradizionale forma difamiglia fondata sul matrimonio, anche quella «di fat-to»17.

Ed e da escludere che si tratti di un’interpretazioneanalogica in malam partem: «l’avvicinarsi sul piano del-la rilevanza giuridica e del costume delle unioni fon-date sul matrimonio e di quelle “libere”, comportandoil riconoscimento anche per queste ultime della qualitadi famiglia, determina inevitabilmente che divenga di-rettamente operante anche rispetto ai cattivi tratta-menti lesivi della personalita individuale dei soggetti diun rapporto familiare fondato sulla unione libera ildettato dell’art. 572 c.p.»18.

Piu in dettaglio, che non vi sia interpretazione ana-logica e confermato dalla scelta del termine «famiglia»in luogo del piu ristretto termine «congiunti», presenteinvece negli artt. 270 ter, 307, 323, 384, 386, 418, 597,649 c.p.; ma non v’e neppure interpretazione estensiva,poiche con essa «non vanno confusi i mutamenti in-terpretativi consentiti dall’ampiezza della formulazio-ne letterale della norma, a cui veniva in precedenzaattribuito un significato piu ristretto»19.

Ad esempio, i cultori del diritto costituzionale defi-niscono la «famiglia» come la primigenia formazionesociale in cui si svolge la personalita dell’uomo20, e nel

convivente more uxorio, oltre il coniuge, finanche separato difatto o legalmente”, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. [...]esistenza, nell’ordinamento, di ragioni costituzionali che giusti-ficano un differente trattamento normativo tra i due casi, tro-vando il rapporto coniugale tutela diretta nell’art. 29 Cost.,mentre il rapporto di fatto fruisce della tutela apprestata dall’art.2 Cost. ai diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali,con la conseguenza che ogni intervento diretto a rendere unaidentita di disciplina rientra nella sfera di discrezionalita dellegislatore» (n. 121/2004); «non e fondata, in riferimento agliartt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimita costituzionale del-l’art. 649 c.p., nella parte in cui non stabilisce la non punibilitadei reati previsti dal titolo XIII del libro II dello stesso codicecommessi in danno del convivente more uxorio. Non e infattiirragionevole od arbitrario che — particolarmente nella disci-plina di cause di non punibilita, quale quella in esame, basate sul“bilanciamento” tra contrapposti interessi (quello alla repres-sione degli illeciti penali e quello del valore dell’unita dellafamiglia, che potrebbe essere pregiudicato dalla repressione) —il legislatore adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondatasul matrimonio, contemplata nell’art. 29 Cost., e per la convi-venza more uxorio: venendo in rilievo, con riferimento alla pri-ma, a differenza che rispetto alla seconda, non soltanto esigenzedi tutela delle relazioni affettive individuali, ma anche quelladella protezione dell’“istituzione familiare”, basata sulla stabi-lita dei rapporti, di fronte alla quale soltanto si giustifica l’affie-volimento della tutela del singolo componente. Ne rileva incontrario la (peraltro non totale) parificazione del convivente alconiuge riguardo alla facolta di astensione dalla testimonianza,operata dall’art. 199 c.p.p., non potendosi far discendere dallanorma cosı invocata dal giudice a quo come termine di raffrontoun principio di assimilazione dotato di vis espansiva fuori delcaso considerato» (n. 352/2000).

11 Petrone, Reato abituale, Padova, 1999, 37; contra G.Leone, Del reato abituale, continuato e permanente, Napoli,1933, 156, per il quale il delitto di maltrattamenti ha caratterecontinuativo ma va compreso nella categoria dei reati complessi.

12 Cass., Sez. VI, 9 novembre 2006, Bel Baida, in Guida Dir.,2007, 9, 87; Id., Sez. VI, 27 maggio 2003, Caruso, in C.E.D.Cass., 226794: «nel reato di maltrattamenti l’oggetto giuridiconon e costituito solo dall’interesse dello Stato alla salvaguardiadella famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche

dalla difesa dell’incolumita fisica e psichica delle persone indi-cate nella norma, interessate al rispetto della loro personalitanello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari».

13 Cfr. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, VII, To-rino, 1951, 861: «Nella cerchia familiare [...] la prepotenza istin-tiva, la sfrenata irritabilita, l’odio, la gelosia, la stranezza, l’al-coolismo, i vizi sessuali, la vile tendenza a sfogare, in simileambiente sottomesso, l’ira accumulata nelle lotte della vita so-ciale, l’avarizia, l’avidita, il bisogno mal sopportato, e altri sti-moli analoghi, divengono talora causa di bieche persecuzioni, dicontinue vessazioni fisiche o morali, d’un regime di vita tormen-toso e indecoroso, che uno Stato civile non puo tollerare, madeve energicamente reprimere nell’interesse sociale della pro-tezione dei deboli». Pisapia, voce “Maltrattamenti in famiglia overso fanciulli”, in Digesto. Pen., Torino, 1993, VII, 521, haprecisato che oggetto specifico dei reati familiari non sono i benio interessi della famiglia di cui questa sarebbe titolare qualesoggetto passivo, ma i singoli rapporti familiari, attraverso l’in-dividuazione degli obblighi e dei doveri che da essi nascono neititolari dei rapporti stessi.

14 Coppi, Maltrattamenti in famiglia, Perugia, 1979, 252.15 Meneghello, Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli,

in Diritto penale della famiglia a cura di Riondato, Milano, 2002,520.

16 Art. 29, 1o comma, Cost.: «La Repubblica riconosce i di-ritti della famiglia come societa naturale fondata sul matrimo-nio».

17 Coppi, op. cit., 252. Nello stesso senso, Fiandaca-Mu-sco, Diritto penale, parte speciale, Bologna, 2006, II, I, 341;Ruffo, I soggetti del reato di maltrattamenti in famiglia, in Giust.Pen., 1996, II, 600; Monticelli, Maltrattamenti in famiglia overso fanciulli, in AA.VV, I reati contro la famiglia, Milano, 2006,391; contra Manzini, op. cit., 863, per il quale la «famiglia» deveessere considerata in senso giuridico, comprensivo soltanto deiconiugi, dei parenti, degli affini, dell’adottante e dell’adottato;Delogu, Diritto penale, in Comm. Dir. Fam. a cura di Cian,Oppo, Trabucchi, Padova, 1995, VII, 647.

18 Coppi, op. cit., 253.19 Vinciguerra, Diritto penale italiano, Padova, 1999, I,

517.20 Martines, Diritto costituzionale, 11a ed. interamente ri-

veduta da Silvestri, Milano, 2005, 606.

Diritto Penale | IL CONCETTO DI “PERSONA DELLA FAMIGLIA” 707

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linguaggio corrente, «famiglia» e il nucleo fondamen-tale della societa umana costituito da genitori e figli;senza dimenticare che ai sensi dell’art. 16, 3o comma,della Dichiarazione universale dei diritti umani del 10dicembre 1948 «la famiglia e il nucleo naturale e fon-damentale della societa e ha diritto ad essere protettadalla societa e dallo Stato».

Definizioni, queste, che non escludono di per se l’in-clusione della famiglia di fatto nel concetto di «fami-glia». Tale prospettiva valorizza la famiglia come «for-mazione sociale», come estrinsecazione di un dirittoinviolabile dell’uomo ex art. 2 Cost.: in quest’ottica,sarebbe limitativo assicurare tutela penale solo a formegiuridicamente regolamentate di famiglia, cui sembra-no peraltro alludere gli artt. 29-31 Cost.21

Occorre altresı osservare, limitandoci al codice pe-nale e al codice di procedura penale, che si e datorilievo alla «convivenza» negli artt. 600 sexies, 2o com-ma, c.p. (in tema di circostanze aggravanti e attenuantidi alcuni delitti contro la personalita individuale); 609quater, 1o e 2o comma, e 609 septies, 4o comma, n. 2,c.p. (in materia di violenza sessuale); 199, 3o comma,lett. a), c.p.p. (relativamente alla facolta dei prossimicongiunti di astenersi dal testimoniare); 282 bis, 6o

comma, c.p.p. (sulla misura coercitiva dell’allontana-mento dalla casa familiare); 349, 4o comma, c.p.p. (ri-guardo all’identificazione della persona nei cui con-fronti vengono svolte le indagini e di altre persone);681, 1o comma, c.p.p. (circa i provvedimenti relativialla grazia). Al di fuori dei due codici citati, si segnalaancora l’art. 5, legge n. 154/2001, recante “Misure con-tro la violenza nelle relazioni familiari”, che ha equi-parato il convivente al coniuge.

Il concetto di famiglia non va esteso, tuttavia, oltre illimite dei rapporti originati dalle relazioni affettive checostituiscono la sostanza della compagine familiare.Vanno esclusi, quindi, dalle persone della famiglia gliospiti, i frequentatori abituali di una casa, gli amici etutti coloro in genere che sono legati ad una famiglianon dai vincoli affettivi, ma da sentimenti di simpatia,di stima, di rispetto che non possono dar luogo al for-marsi di una famiglia in senso naturale. Del resto,quando questa comunione di vita e spezzata dal venirmeno del vincolo affettivo, come ad esempio nella se-parazione dei coniugi, manca anche la ragione dellatutela22.

3. Veniamo cosı al problema della convivenza, sulquale vi sono pareri discordi anche in dottrina.

Infatti, per la sussistenza del reato di maltrattamenti,v’e chi ritiene «indispensabile» la convivenza23 o, al-

meno, «un’intima continuativa consuetudine di vi-ta»24, chi reputa sufficiente che intercedano «relazioniabituali» fra il soggetto attivo e quello passivo (e con-sidera la convivenza solo un aspetto estrinseco del fattooriginario costituito dal legame affettivo)25, chi quali-fica «persona della famiglia» quella con la quale vi e«famigliarita» e, dunque, «rapporti frequenti»26, chipensa a rapporti — coabitazione e convivenza o, an-che, relazioni morali o materiali, affettive o economi-che — tali, comunque, da consentire l’instaurazione diun «rapporto di supremazia» che permetta la messa inessere dello stato continuativo di vessazioni27 e chiinfine richiede «un rapporto continuativo, anche senon consista precisamente nel convivio»28.

Il dubbio e accresciuto dall’indeterminatezza diespressioni quali «relazioni abituali», «rapporti fre-quenti», «rapporti continuativi», ecc. Cosı, nel caso diun marito che vive e lavora all’estero dal lunedı al sa-bato, torna a casa dalla moglie di domenica e imman-cabilmente la maltratta, siamo in presenza di un «rap-porto continuativo» rilevante ex art. 572 c.p. (postoche nella specie non si ha convivenza)?

Ma, soprattutto, riesce arduo comprendere la ra-gione per la quale la giurisprudenza tratta, come ab-biamo visto, allo stesso modo due situazioni differenti(convivente more uxorio e coniuge separato non con-vivente).

Orbene, dal momento che l’art. 572 c.p. non richiedeesplicitamente la convivenza, bisogna individuare uncriterio in base al quale — trovandosi di fronte al casodella persona della famiglia (legittima o di fatto) nonconvivente con il soggetto passivo — si possa affermarecon precisione se e configurabile, ricorrendone tutti glialtri estremi, il delitto di maltrattamenti.

Cio perche «la ratio dell’art. 572 c.p. porta ad esclu-dere che l’esistenza del rapporto familiare di parentelao di affinita costituisca da solo il presupposto dellacondotta costitutiva, essendo necessario invece che es-so si accompagni ad una effettiva continuita di affetti edi interessi»29: considerazione, quest’ultima, che di-mostra la non condivisibilita della tesi30 che ravvisa ilreato di maltrattamenti in famiglia anche in caso diseparazione e di conseguente cessazione della convi-venza.

A nostro avviso, la nozione di «persona della fami-glia» non va ancorata (solo) alla «convivenza», o a si-tuazioni astratte quali le «relazioni abituali», la «con-tinuita di affetti» o i «rapporti di supremazia», bensı adun qualcosa di concreto: la «casa».

Se si pone mente allo stretto legame «famiglia-casa»(art. 144, 1o comma, c.c.: «i coniugi concordano tra

21 Martines, op. cit., 607: «il vincolo creativo della societanaturale-famiglia ha, evidentemente, carattere legale ed esso epertanto costituzionalmente rilevante nei limiti in cui sia legit-timamente costituito (c.d. matrimonio civile)»; Cuocolo, Isti-tuzioni di diritto pubblico, Milano, 1996, 9a ed., 780: «il ricono-scimento costituzionale della famiglia si limita alla famiglia le-gittima, cioe alla famiglia fondata sul matrimonio».

22 A. Pannain, La condotta nel delitto di maltrattamenti, Na-poli, 1964, 52.

23 Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte speciale, 15a

ed. integrata e aggiornata a cura di Grosso, Milano, 2008, I, 536;de Nigris Siniscalchi, nota a Cass., Sez. VI, 29 aprile 1980,Musmarra, in Cass. Pen., 1982, 92: «solo con la convivenza si

possono creare quei rapporti di forza degeneranti, che sono ilpresupposto del reato di maltrattamenti».

24 Coppi, op. cit., 255.25 A. Pannain, op. cit., 53: «Altrimenti non si capirebbe

perche l’art. 572 non estende la sua protezione a qualsiasi situa-zione in cui un rapporto di convivenza di carattere necessarioleghi tra di loro soggetti in un comune regime di vita».

26 Paterniti, La famiglia nel diritto penale, Milano, 1970, 65.27 Mantovani, Riflessioni sul reato di maltrattamenti in fa-

miglia, in Studi Antolisei, II, Milano, 1965, 249.28 Manzini, op. cit., 863.29 Coppi, op. cit., 256.30 Sanguineti, Diritto penale ragionato, Milano, 2002, 265.

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loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenzadella famiglia secondo le esigenze di entrambi e quellepreminenti della famiglia stessa»), non si puo disco-noscere che: 1) la famiglia e il luogo — anche fisico:casa — degli affetti; 2) sono persone della famiglia(da intendersi sia come famiglia legittima che di fatto)tutte quelle che vivono insieme o godono comunque,ancorche non conviventi, di un libero accesso alla «ca-sa»31.

In sostanza, secondo noi, i comportamenti vessatoridevono avvenire — requisito implicito dell’art. 572c.p. — (prevalentemente) nella casa del soggetto pas-sivo da parte di un familiare convivente o non convi-vente al quale e pero consentito l’accesso alla casa stes-sa: e qui, infatti, che la vittima dovrebbe trovare pro-tezione anziche violenza32 (cosı, ad esempio, non rea-lizzano il delitto in discussione ne il genitore che «mal-tratta» sul luogo di lavoro il figlio — salvo qualificarequest’ultimo «persona sottoposta alla sua autorita» —ne il coniuge legalmente separato che «aggredisce» l’al-tro coniuge per telefono, per e-mail o in occasione diincontri casuali in citta).

La convivenza, si badi, non e neppure necessaria, perl’esistenza del delitto, all’interno della famiglia di fat-to33: si pensi al padre, separato di fatto dalla madre disua figlia, che va a trovare quest’ultima, a casa, duevolte alla settimana, e puntualmente la maltratta: l’il-lecito dell’art. 572 c.p. e, in questo caso, perfettamenteintegrato.

Il criterio del libero accesso (dell’agente) alla casapermette in tal modo di non ricondurre nell’ambitodell’art. 572 c.p. le situazioni che nulla hanno a chevedere con la vita familiare svolgentesi nel chiuso enell’intimo delle nostre abitazioni.

Simone Ferrari

FALSA TESTIMONIANZA

Cassazione penale, VI Sezione, 21 maggio 2008(ud. 15 aprile 2008), n. 20328 — Ambrosini Presiden-te — Matera Relatore — Di Popolo P.M. (conf.) —Scognamiglio in proc. Bonaiuto, ricorrente.

Testimonianza e perizia falsa — Soggetto passivo— Privato danneggiamento — Esclusione (C.p. art.372).

Nel reato di falsa testimonianza, che offende il benegiuridico dell’ordinato svolgimento dell’attivita giudi-ziaria, persona offesa e esclusivamente lo Stato-colletti-

vita e non anche il privato danneggiato dalla falsa testi-monianza quantunque denunciante (1).

Omissis. — Secondo un principio consolidato in giu-risprudenza, nel delitto di falsa testimonianza, che tu-

tela il bene giuridico dell’ordinato svolgimento dell’attivitagiudiziaria, persona offesa e esclusivamente lo Stato-collet-tivita, e cio in base alla considerazione che la fattispeciedescritta dall’art. 372 c.p. non contempla tipicamente altrevittime del reato cui potere riconoscere una posizione qua-lificata rispetto a qualsiasi danneggiato dal reato, ne il privatodanneggiato dalla falsa testimonianza puo dirsi, sia pure im-plicitamente, titolare o contitolare dell’interesse preso inconsiderazione dalla norma incriminatrice, come sopra de-finito. Ne consegue che, essendo la facolta di proporre op-posizione alla richiesta di archiviazione attribuita dall’art.410 c.p.p. esclusivamente alla persona offesa, e non al sem-plice danneggiato dal reato, anche se denunciante, quest’ul-timo non e legittimato a proporre opposizione (Cass. Sez. 6,28-9-1999 n. 2982; Cass. Sez. 6, 20-5-2005 n. 35051; Cass.Sez. 6, 9-11-2006 n. 41341; Cass. Sez. 6, 10-4-2008 n. 27385).

Per le ragioni esposte, allo Scognamiglio non puo ricono-scersi la qualita di persona offesa dal reato e la connessalegittimazione a proporre opposizione alla richiesta di archi-viazione avanzata dal P.M. e a ricorrere in cassazione avversoil provvedimento del GIP che ha disposto in conformita ditale istanza. — Omissis.

(1) La sentenza si pone nella lunga schiera di pro-nunce del giudice di legittimita che ritiene la falsa

testimonianza un reato monoffensivo, individuando,cioe, come unica parte offesa lo Stato-collettivita.

Nel caso, la Cassazione ha dichiarato inammissibile ilricorso avverso l’ordinanza del G.I.P. che, all’esito del-l’udienza camerale, aveva dichiarato, a sua volta, inam-missibile l’opposizione ex art. 410 c.p.p. alla richiestadi archiviazione presentata dal P.M. nel procedimentoper il reato dell’art. 372 c.p.

L’orientamento maggioritario ritiene che il bene giu-ridico offeso dal reato in parola e il normale svolgimen-to dell’attivita giudiziaria, attivita che e compromessaqualora un soggetto nel deporre davanti all’Autoritagiudiziaria renda dichiarazioni mendaci o reticenti, dital che, sostengono dottrina e giurisprudenza concor-di, il soggetto passivo del reato e dunque lo Stato-collettivita, che ha interesse all’ordinato e correttosvolgimento dell’attivita giudiziaria, e non gia la per-sona, alla quale dalla violazione della norma siano de-rivati danni, anche rilevanti, risarcibili sul piano civile1.

In senso difforme rispetto a questo consolidatoorientamento della giurisprudenza si pone un’unicapronuncia della Cassazione, che ha ritenuto il delittodell’art. 372 c.p. diretto innanzitutto contro l’ammini-strazione della giustizia (onde parte offesa principaleva considerato in primo luogo lo Stato), ma che essooffende altresı l’interesse del privato leso dalla testimo-

31 Nei casi piu problematici potra trattarsi di una roulotte, diuna baracca, ecc.

32 Manzini, op. cit., 862: «Nella chiusa, incontrollata e sot-tomessa vita familiare o quasi-familiare e possibile che l’offesaall’incolumita o al decoro della persona provenga non da fattiisolati, ma dal loro complesso o dalla loro reiterazione; il che diregola non puo accadere, per mancanza di rapporti perma-nenti e di soggezione, e per la vigilanza della polizia, nellalibera, civile e presidiata vita esterna della societa contempora-nea».

33 Contra Coppi, op. cit., 255.

1 Piffer, I delitti contro l’amministrazione della giustizia, Pa-dova, 2005, I, 420-421. In giurisprudenza, tra le molte altre, v.Cass., Sez. VI, 20 maggio 2005, n. 35051, P.O. in proc. Boni, inRiv. Pen., 2006, 859; Id., Sez. VI, 9 novembre 2006, n. 41344,D.G.V., ivi, 2007, 1056; Id., Sez. V, 8 novembre 2000, Muriano,in C.E.D. Cass., 217936; Id., Sez. VI, 28 giugno 1999, Gervano-ni, in C.E.D. Cass., 214077. Trattasi di orientamento risalente:infatti, cosı gia Cass., Sez. III, 28 aprile 1953, Ferri, in Riv. Pen.,1953, II, 657 (mot.).

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