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Rinuccino Pandolfini da Signa Capostipite riconosciuto della famiglia Pandolfini, una delle più potenti famiglia di Firenze sia nel Medioevo che durante il Rinascimento. La sua data di nascita e di morte è sconosciuta, ma si possono collocare fra il 1130/50 la prima ed il 1210/30 la seconda. Rinuccino ebbe sicuramente un figlio che diventò notaio di nome Pandolfino, frequentando molto probabilmente la Scuola di Notariato che abbiamo ipotizzato in altre pagine. Non siamo a conoscenza di altri figli o figlie di Rinuccino, ma far frequentare la scuola di cui sopra lascia presupporre che la famiglia fosse in condizioni di ricchezza. Ser Pandolfino Pandolfini di Rinuccino di Signa Di lui sappiamo che, figlio di Rinuccino capostipite della Famiglia Pandolfini, ha frequentato una Scuola di Notariato, molto probabilmente quella ipotizzata ed esistente a Signa, diventando Notaio e chiamandosi quindi Ser Pandolfino. Nel 1252 lo troviamo Membro del Consiglio degli anziani del Comune di Signa, e questo ci lascia ipotizzare che sia nato verso la fine del 1200 e morto intorno al 1270. Appartenente al partito guelfo, nel 1260 Pandolfino combattè a Montaperti. Solo a partire dal 1269, ristabilitosi il potere dei guelfi a Firenze, si trasferì in città e cominciò a lavorare come notaio per privilegio imperiale, che venne in seguito concesso anche ai due figli Jacopo e Bertoldo.

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Rinuccino Pandolfini da SignaCapostipite riconosciuto della famiglia Pandolfini, una delle più potenti famiglia di Firenze sia nel Medioevo che durante il Rinascimento.La sua data di nascita e di morte è sconosciuta, ma si possono collocare fra il 1130/50 la prima ed il 1210/30 la seconda.Rinuccino ebbe sicuramente un figlio che diventò notaio di nome Pandolfino, frequentando molto probabilmente la Scuola di Notariato che abbiamo ipotizzato in altre pagine.Non siamo a conoscenza di altri figli o figlie di Rinuccino, ma far frequentare la scuola di cui sopra lascia presupporre che la famiglia fosse in condizioni di ricchezza.

Ser Pandolfino Pandolfini di Rinuccino di SignaDi lui sappiamo che, figlio di Rinuccino capostipite della Famiglia Pandolfini, ha frequentato una Scuola di Notariato, molto probabilmente quella ipotizzata ed esistente a Signa, diventando Notaio e chiamandosi quindi Ser Pandolfino.Nel 1252 lo troviamo Membro del Consiglio degli anziani del Comune di Signa, e questo ci lascia ipotizzare che sia nato verso la fine del 1200 e morto intorno al 1270.Appartenente al partito guelfo, nel 1260 Pandolfino combattè a Montaperti. Solo a partire dal 1269, ristabilitosi il potere dei guelfi a Firenze, si trasferì in città e cominciò a lavorare come notaio per privilegio imperiale, che venne in seguito concesso anche ai due figli Jacopo e Bertoldo.Non è neanche da escludere che sia stato il primo Pandolfini ad avere uno stemma che, secondo il Ceramelli Papiani era : “D'azzurro, a tre delfini d'oro nuotanti l'uno sull'altro”.E’ il caso di evidenziare come anche in questo stemma i colori blu e oro riprendono quelli del Comune di Signa, che abbiamo in altre pagine sottolineato.Ser Pandolfino sicuramente ha a che fare con le famiglie nobili del periodo e cioè gli Adimari, i Nerli, i Giandonati, i Donati, i Mori Ubaldini, i Mazzinghi, i Corsini, i Soderini, gli Strozzi che in quel periodo costruiscono quella che diventerà in seguito Villa Pandolfini. Ser Pandolfino avrà avuto sicuramente quattro figli:Ser Jacopo, Ser Giovanni, Ser Bertaldo e Concordia.

Ser Bertaldo PandolfiniSer Bertaldo, anche lui notaio, proveniente dalla stessa scuola notarile del padre e del fratello a Signa.

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Lo possiamo collocare temporalmente nato intorno al 1240 e morto intorno al 1300. Ser Bertaldo fu Notaio della Signoria del Comune di Firenze negli anni 1285 e 1294 Non si è a conoscenza se avesse avuto figli o se si fosse sposato.Non abbiamo altre notizie su di lui.

Ser Giovanni PandolfiniSer Giovanni, anche lui notaio, proveniente dalla stessa scuola notarile del padre e del fratello a Signa.Lo possiamo collocare temporalmente nato intorno al 1250 e morto intorno al 1315. Ser Giovanni fu Notaio della Signoria del Comune di Firenze negli anni 1295, 1308 e 1313. Giovanni ebbe sicuramente il seguente figlio:Ser Filippo Pandolfini.

Concordia PandolfiniLa ritroviamo moglie di Malatesta da Verucchio detto "Mastin Vecchio" (Verucchio, 1212 – Rimini, 1312) che fu il capostipite della signoria malatestiana di Rimini. Ebbe una robusta discendenza, da due matrimoni, il primo, appunto, con Concordia dei Pandolfini da cui ebbe cinque figli:

Malatestino (m. 1317); Rengarda; Giovanni detto Gianciotto (m. 1304); Paolo (m. 1285) Ramberto.

Si può dedurre che Concordia sia nata intorno al 1220 e morta intorno al 1266; la deduzione nasce dal fatto che in quell’epoca le donne si sposassero sui 13/14 anni e la data di morte si intuisce dal fatto che il Malatesto convolò ad altre nozze nel 1266, molto probabilmente per la morte di Concordia.

Ser Jacopo PandolfiniSer Jacopo, il cui ‘ser’ iniziale sta per notaio, avrà anche lui effettuato gli studi presso la stessa scuola del padre in Signa.Lo possiamo collocare temporalmente nato intorno al 1230 e morto intorno al 1280. Altre notizie non abbiamo.

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Ser Filippo di Ser Giovanni PandolfiniSer Filippo Pandolfini, una volta divenuto Notaio, fu il primo della famiglia che si stabilì a Firenze.Negli ultimi decennî del Trecento era già in vista nella vita pubblica del comune, diventando Priore (1381) e Gonfaloniere (1392). Fu il primo della famiglia Pandolfini ad ottenere questi risultati. Nella Famiglia avremo 28 Priori e 12 Gonfalonieri, da quell’epoca e fino al 1523.Da qui si inizia a costruire una parte dell’albero genealogico con dati certificati.Filippo ha avuto dei figli/e; l’unico nome certo è Agnolo di Filippo Pandolfini (1363-1446).

Agnolo Pandolfini (1363-1446).Agnolo figlio Filippo fu in benemerenza dei suoi servigi decorato della dignità equestre ed uno dei più autorevoli cittadini dei suoi tempi. Fra le molte ambascerie che per la patria sostenne meritano menzione quella a Ladislao Re di Napoli nel 1411 per trattare la pace, e l'altra a Sigismondo Imperatore nel 1433 per placare l' animo di quel monarca irritato coi Fiorentini che gli avevano negato il passo per il loro territorio nel portarsi a Roma per cingervi il diadema Imperiale. Ricoprì la carica di gonfaloniere di giustizia (capo del governo cittadino, aveva come insegna l'arme del popolo, croce rossa in campo bianco, ed era dotato di una propria forza armata) nel 1415, 1420, 1431, e fu ambasciatore della Repubblica a Napoli.Nel dicembre 1416 fu con Agnolo Piero Guicciardini, a fare da mediatore tra Braccio da Montone e i Malatesta. Il 12 febbraio 1424 il Pandolfini. fu mandato, ancora con Guicciardini, presso Braccio da Montone, che assediava L'Aquila, per esortarlo ad aumentare il contingente di soldati messo a disposizione di Firenze e a portarsi urgentemente in Romagna da dove provenivano per Firenze i maggiori pericoli. Il Pandolfini ed il Guicciardini, nonostante la buona accoglienza e le promesse del Fortebracci, non riuscirono a convincere quest'ultimo a muoversi verso la Romagna prima di avere espugnato L'Aquila; la morte del Fortebracci, avvenuta di lì a poco, non gli consentirono di onorare le promesse.

Il suo “Trattato del governo della famiglia” è il testo con cui si riesce a stabilire qualche discendenza.Con molta probabilità, sposando Ginevra Strozzi, ebbe in dote il terreno ed una villa di campagna a Signa, unitamente ad una altra villa chiamata “La Torre” in riva all’Arno e nelle vicinanze del Ponte che all’epoca era spostato rispetto all’attuale.

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Nel 1434 iniziarono i lavori che portarono la vecchia villa agli splendori che vi si riconoscono oggi.Il restauro fu affidato all'architetto Benedetto da Rovezzano. Nel restaurare la villa, venne usata la perfezione e l'armonia della sua architettura lineare, la struttura della loggia fu accattivante, le finestre furono intagliate, ed il resto fu riccamente scolpito in pietra tanto da attrarre in seguito personaggi famosi.Grande amico e consigliere di Cosimo de’ Medici si ritirò in vecchiaia nei suoi possedimenti di Signa, (tra cui la Torre) e vi rimase fino alla morte nel 1446.Le sue spoglie sono conservate nella Chiesa di San Martino a Gangalandi.Sposò Ginevra Strozzi da cui ha sicuramente i seguenti figli:Giannozzo Pandolfini (1396-1456) Carlo Pandolfini (1394-1470)

Carlo Pandolfini (1394 – 1470)Carlo fu deputato oratore a Ferrara a Federigo III Imperatore nel 1451 e dalle mani di quel Monarca ottenne poi solennemente in Firenze il cingolo militare. Nel 1454 andò ambasciatore a Niccolò V, nel 1464 a Paolo II per la sua esaltazione e nel 1480 a Sisto IV per ottenere assoluzione dalle censure fulminate contro i Fiorentini in occasione della congiura de' Pazzi. Per questo motivo ebbe il quartier franco come concessione onorifica, come nel caso di quello, carico di un vaso d'oro con viole al naturale, concesso nel 1464 dal papa Paolo II agli ambasciatori che gli erano stati inviati dalla Repubblica di Firenze in segno di omaggio e riverenza. Si trattava di Luigi Guicciardini, Otto Niccolini, Carlo Pandolfini, Bonaccorso Pitti, Antonio de' Pazzi, Antonio Ridolfi, Guglielmo Rucellai e Tommaso Soderini.E’ stato Gonfaloniere di giustizia nel 1461, 1467 e 1470.Sposato con……..ha sicuramente un figlio con il nome di Meglio che sposerà Alessandra Alessandri ed un altro di nome Domenico che fu Gonfaloniere ne! 1476 e nel 1492, e suo nipote era quel Zanobi che generosamente soccorse di danaro la Repubblica nell' agonia della sua libertà. Tutta la discendenza di Carlo mancò nel 1703 per morte del capitano Piero di Niccolò.

Giannozzo Pandolfini (1396-1456)Giannozzo mostrò molta affezione per Cosimo de Medici, talché fu uno dei cittadini più influenti nei consigli della Repubblica. Fu mandalo ambasciatore ad Alfonso d'Aragona Re di Napoli per trattare con lui la pace nel 1450, e non solo riuscì nel difficilissimo incarico, ma talmente incontrò nella grazia del Re che volle di sua mano

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armarlo cavaliere a spron d'oro e il privilegio di inserire nello stemma di famiglia il vaso con le tre viole rosse, simbolo del re d'Aragona.Due anni dopo creato commissario generale dei Fiorentini nella guerra contro Io stesso monarca, talmente si diportò che costrinse gli eserciti del Re a sgombrare dal territorio della Repubblica. Fu ambasciatore di obbedienza a Callisto III nel 1455, quindi a Venezia, Milano, Ferrara ed a molti altri Potentati. Esercitò ancora molti governi per la Repubblica cui era tanto accetto che alla sua morte accaduta nel 1456 fu per decreto pubblico onorato di solenni funerali ai quali intervenne la Signoria e vi lesse l' elogio funebre il celebre Giannozzo Manetti. Il sepolcro che racchiude le sue ceneri esiste nel tempio di Badia ed è uno dei più pregiati monumenti della città, opera di Mino da Fiesole. Ebbe diversi figli, tra i quali conviene menzionare:Sposa Giovanna ValoriFigli certi:Niccolò (1440 – 1518)Iacopo Pandolfini 1443- 1502Pandolfo Pandolfini 1424-1465Pier Filippo Pandolfini 1437-1497Priore Pandolfini (? - ?)Battista Pandolfini (1454) – 1511)Sicuramente ha avuto qualche figlia femmina di cui, certamente, Maddalena e Marietta.

Domenico Pandolfini (1444-1510)Figlio di Carlo Pandolfini.Partecipò attivamente alla vita politica come membro dei Dodici Buonomini (1459), dei Priori (1465, 1471), degli Otto di Balia (1472, 1482), dei Gonfalonieri di Giustizia (1476, 1492). Nel 1480 fu ambasciatore presso Sisto IV per chiedere l'assoluzione dalla scomunica comminata nel 1478 contro Firenze, ma in seguito alla caduta di Piero de' Medici nel 1494, a Domenico venne negata la partecipazione alla vita politica di Firenze. Non abbiamo altre notizie di lui, né se fosse sposato, né che avesse avuto figli. Approfondiremo la ricerca non appena possibile.

Francesco PandolfiniFiglio di Carlo (1394-1470).L’unica notizia che siamo riusciti a trovare: è stato Potestà di Lari nel 1510.Anche qui possiamo ipotizzare una nascita intorno al 1450 ed una morte successiva intorno al 1520.

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Meglio PandolfiniDi lui si hanno veramente poche notizie se non quella che era figlio di Carlo Pandolfini e che sposa Alessandra Alessandri.Si può ipotizzare esser nato intorno al 1430 e morto intorno al 1500.

Niccolò di Giannozzo Pandolfini (1440 -1518)Nasce nel 1440 a Firenze da una famiglia patrizia, primo dei cinque figli maschi di Giannozzo Pandolfini e Giovanna Valori. Egli è anche elencato come Pandolfi e come Caponibus.Ha studiato a Bologna.Nei primi anni di vita è Canonico del Capitolo Metropolitano di Firenze, 1461. Chierico della Camera Apostolica, 1462-1474. Scrittore apostolico nel pontificato di Papa Paolo II. Papa Sisto IV lo carica con l'educazione di suo nipote Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II, nominandolo precettore.Viene eletto vescovo di Pistoia il 23 dicembre 1474. Governatore di Benevento, sotto il pontificato di Papa Sisto V; viene confermato da Papa Innocenzo VIII. Abate commendatario di S. Zenobio di Pisa. Sollicitario di lettere apostoliche, 21 Maggio 1513. Sindaco di Papa Giulio II, è stato anche ascritto alla famiglia pontificia. Creato cardinale prete nel concistoro del 1 ° luglio 1517, ha ricevuto il cappello rosso e il titolo di S Cesareo, 6 luglio 1517.Murore il 17 Settembre, 1518 a Pistoia. Trasferito a Firenze e sepolto nella tomba della sua famiglia nella Badia Fiorentina.“Compianto dai Pistoiesi per le molte virtù che lo adornavano e per i benefici che fece risentire alla loro città, e giusta ragione per non credere adulatore e bugiardo il loro pianto si è il decreto pubblico emanato dalla Signoria di doversi ogni anno rammentare il giorno anniversario del suo transito con ufficio solenne, ove da giovane Pistoiese dovesse leggersi il di lui elogio, uso che ha durato in Pistoia fino al cadere del secolo decorso”.

NOTELa Misericordia di Pistoia 1499La città in quel tempo viveva le sue lotte intestine e la peste mieteva vittime innocenti. Il vescovo Niccolò Pandolfini e Francesco d'Antonio Rospigliosi svolsero opera pacificatrice da indurre i Cancellieri a desistere da ogni prosecuzione di lotte

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ed andare incontro ai Panciatichi a porta fiorentina al grido di "misericordia e pace". Alla luce di questi fatti si deduce che proprio in quegli albori del cinquecento deve essere sorta in alcuni cittadini pistoiesi l'idea di fondare una Compagnia di volenterosi pronti ad esercitare la carità cristiana.

Jacopo di Giannozzo Pandolfini (1443 – 1502)Jacopo fu adoperato in molti uffizi della Repubblica.Fu padre di Battista (nato nel 1491) che con il figlio Filippo (1497 – 1559) molto si adoperò per la libertà durante l'assedio nel 1530, talché ambedue alla caduta della città meritarono lo sdegno dei vincitori e la condanna di esilio.La discendenza di Jacopo non giunse al secolo XVII.Non siamo a conoscenza chi abbia sposato, ma sappiamo che ebbe come figlio Battista e non siamo a conoscenza se abbia avuto altri figli/e.

Pandolfo di Giannozzo Pandolfini (1424 – 1465)Fu tra i Priori nel 1454 e nel 1459 e Gonfaloniere nel 1456.A partire dal 1461 si distinse come ambasciatore per la Repubblica di Firenze. Pandolfo erudito in lettere greche e latine nel 1465 andò oratore a Ferdinando Re di Napoli per congratularsi con lui del riacquisto del Regno, e talmente fu grato a quel Re lasciarlo presso di lui in qualità di ambasciatore residente. Fu compiaciuto al Re nel suo desiderio, ma per poco poiché Pandolfo mancò di vita in Napoli nell'anno medesimo, e Vespasiano da Bisticci scrisse la vita ora pubblicata nell' archivio storico chesi pubblica per cura del Sig. Vieusseux. Il Re di Napoli si prese cura dei di lui figli Giannozzo, Francesco, Battista, Giovanni e delle due figlie diventate suore: Suor Lucrezia e Suor Angiolina.

Priore di Giannozzo PandolfiniFiglio di Giannozzo Pandolfini, di lui abbiamo veramente poche notizie.Sappiamo che è stato Vicario di Scarperia nel 1484 e che ebbe sicuramente un figlio di nome Antonio che fu Capitano del Popolo di Livorno nel 1525 e una figlia di nome Costanza che sposa Pietro di Rinieri Dei.

Pierfilippo di Giannozzo Pandolfini

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(1 giugno 1437- 5 settembre 1497) Di Pierfilippo di Giannozzo Pandolfini, troppo prolisso riuscirebbe il riportare le innumerevoli ambascerie alle quali fu destinato, tutte di sommo interesse poiché così conosciuto acutissimo di mente e di somma capacità nel disbrigo dei più intricati affari politici che a lui vennero affidate le più difficili ed importanti missioni della Repubblica.Alessandro VI, cui andò ambasciatore di obbedienza per la sua elezione nel 1492, lo armò Cavaliere a ‘spron d'oro’. Appartenne al Magistrato dei Dieci, che aveva cura delle cose della guerra, nei tempi più critici per la Repubblica, cioè per la guerra con Sisto IV e Ferdinando Re di Napoli e in seguito nella guerra di Pisa, durante la quale fu ancora commissario generale e fece tornare alla devozione della Repubblica diverse castella del contado Pisano. Fecondo oratore, si distinse soprattutto nelle numerose missioni diplomatiche delle quali fu incaricato da Lorenzo il Magnifico.Nel 1478 era ambasciatore a Venezia.Legato al partito dei Medici, era uomo fidato di Lorenzo il Magnifico che lo utilizzava come suo sostituto durante le riunioni degli organi politici fiorentini alle quali non poteva assistere. Nel marzo del 1492, il Magnifico scelse Pandolfini quale consigliere di suo figlio, Giovanni de' Medici, insieme a Francesco Valori.In seguito ad una delle tre ambasciate condotte nel 1492 presso Alessandro VI, Pier Filippo ottenne dal papa il titolo di cavaliere.Fu Vicario di Firenzuola e San Giovanni Valdarno.Ebbe numerosa prole sposando Maria Neroni (1445-14 giugno 1491) da cui si propagarono varie diramazioni della famiglia da alcuni dei suoi figli, cioè Niccolò, Alessandro, Giannozzo, Francesco e Maddalena, della loro discendenza.

Marietta di Giannozzo PandolfiniL’unica cosa certa di cui siamo a conoscenza, oltre al fatto di essere la figlia di Giannozzo Pandolfini, è quella relativa al matrimonio con Antonio da Filicaia.Possiamo presuppore che fosse nata intorno al 1435 e morta prima del 1500; non sappiamo se ha avuto altri figli/e.Si ricorda infatti come Antonio da Filicaja, Averardo Salviati e Niccolò Capponi espugnarono Pisa nel 1509 e la annetterono alla Repubblica di Firenze.Ebbero come figlio Antonio da Filicaia.Egli nacque a Firenze il 7 luglio 1455, era figlio di Niccolò di Antonio da Filicaja e Marietta di Giannozzo Pandolfini. Il suo primo incarico lo ebbe nel 1489 essendo tratto come membro dei Dodici Buonuomini per il quartiere di San Giovanni. Fu più volte uno dei Consoli del Mare e proprio durante un suo soggiorno a Pisa

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nell'incarico gli morì la figlia Ersilia che fu sepolta nella chiesa di S. Martino a Chinzia. Gli incarichi di Antonio si infittiscono con la cacciata di Piero de' Medici da Firenze e l'instaurazione del regime repubblicano. Nel 1494 Pisa si ribella al dominio fiorentino e per cinque anni (1495-1499) Antonio da Filicaja fu quasi ininterrottamente a Rosignano con il compito di difendere il tratto di costa che dalla torre di Vada (oggi in comune di Rosignano Marittimo) giungeva fino a Livorno. Nel 1500 fu nominato Commissario di Livorno per difendere la foce dell'Arno da eventuali incursioni pisane. Nel 1501 chiese e ottenne come compenso per i servigi svolti un galeone della Repubblica Fiorentina ancorato nel porto, valutato 60 fiorini d'oro. Nell'estate del 1501, appena prima di tornare a Firenze incontrò il Principe di Piombino (Iacopo IV d'Appiano) che fuggendo verso la Francia incalzato dal Valentino gli affidò in custodia il figlio.Fu poi Capitano di Pistoia e nel 1503 fu per la prima volta de' Priori. Sempre nel 1503 è in Valdichiana come Podestà di Castiglion Fiorentino ma con attribuzioni speciali in rebus bellicis. Qui fece una leva straordinaria per prevenire le razzìe di Miguel Corella, luogotenente del Valentino, in transito verso la Romagna. Gli uomini della Valdichiana, guidati dal Filicaja e da Giovanni Ridolfi, commissario ad Arezzo, riuscirono a sbaragliare le truppe del Corella e a catturarlo.Nel 1504 è per sei mesi dei Dieci di Balia e viene inviato a Livorno per pattuire la condotta al soldo della repubblica di un capitano di galee del re di Napoli cui fu affidato il compito di bloccare la foce dell'Arno. Fu poi di nuovo inviato tantissime volte a Livorno per seguire le opere di fortificazione del porto e per altre faccende belliche lungo la costa, tanto che i Dieci di Balia nel 1508 gli scrivono che aveva ormai acquisito più notizia di quella terra che veruno altro cittadino nostro. Nei primi mesi del 1509 vengono eletti commissari intorno a Pisa dopo una travagliatissima votazione, Antonio da Filicaja, Averardo Salviati e Niccolò Capponi. L'8 giugno dello stesso anno i tre commissari entrano vincitori seguiti dalle loro truppe a Pisa ed i loro nomi, a perpetuo ricordo della loro azione, vengono scolpiti su di una lastra di marmo all'ingresso di Palazzo Pretorio. Da segnalare che nel luglio di sei anni prima, il governo fiorentino aveva inviato Leonardo da Vinci, Gerolamo da Filicaja e Alessandro degli Albizi a studiare come poter deviare il corso dell'Arno per impantanare le zone limitrofe a Pisa. Gerolamo informa il 22 luglio 1503 li Magnifici et Excelsi Domini del governo fiorentino che Alexandro degli Albizi, Lionardo da Vinci con quattro altri sono arrivati nella zona delle operazioni. Leonardo fornisce i progetti per un marchingegno d'escavazione ma non partecipa di persona allo scavo che poi fu abbandonato, non sappiamo se per eccessivo costo, impossibilità, mutate condizioni politiche o che altro.Negli anni che seguirono fu commissario o capitano di molte città. Nel 1517 è inviato ad Arezzo come commissario, nell'ambito della guerra intrapresa dai Medici, di nuovo al potere a Firenze, per impadronirsi del Montefeltro. Annessa questa regione, il governo ne fu affidato allo stesso Antonio, prima come commissario

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speciale e poi come capitano di San Leo fino al 1522 anno in cui chiese di essere rimosso dall'incarico per motivi di salute. Dopo un semestre come capitano a Pistoia nel 1523 raggiunge finalmente il vertice delle istituzioni fiorentine ottenendo la carica di Gonfaloniere di Giustizia. Morì a Firenze il 17 maggio 1526.

Battista di Giannozzo Pandolfini (1454 – 1511)Visse per lungo tempo a Napoli gestendo attività commerciali sotto la protezione degli Aragonesi. Nel 1490 tornò a Firenze, dove, guadagnatosi il favore di Piero de' Medici, cominciò a ricoprire diverse cariche nel governo della Repubblica. Fu nel 1509 spedito dalla Repubblica ambasciatore al Duca di Ferrara.

Da sottolineare alcune committenze che Battista di Pandolfo Pandolfini diede.

Alla fine del Quattrocento (1494 circa) affidò a Bernardo da Rovezzano una serie di imponenti strutture:

- il portale di accesso su via del Proconsolo con scalinata (distrutta nel 1720),

- un elegante atrio a cinque campate con colonne a capitelli corinzi (terminato entro il 1511), di accesso alla chiesa della Badia;

- la nuova cappella di famiglia, eretta sul luogo dell’antichissima chiesetta di Santo Stefano, dove sappiamo che Boccaccio nell’ottobre 1373 lesse Dante. Il nuovo atrio di Benedetto da Rovezzano si apriva su un cortile rettangolare di fronte ad un altro porticato, con sei campate, volte a crociera e capitelli compositi realizzato nello stesso periodo, ma opera di altro architetto, forse Giuliano da Sangallo. Tra il 1513 e il 1566 venne eretta la contigua cappella Bonsi, intitolata a San Benedetto e già contenente una scomparsa sepoltura con iscrizione.

Morì nel 1511 e lasciò prole in Filippo, Ferdinando, Roberto, Camillo, Pandolfo.

Antonio di Priore di Giannozzo PandolfiniDi lui sappiamo solo che Captano del Popolo di Livorno nel 1525.

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Ferdinando di Francesco PandolfiniFerdinando figlio di Francesco e fratello di Giannozzo, successe a questi, al vescovato di Troja il 13 dicembre 1525, dignità che terminò con la morte nel 1560. Richa Giuseppe fa risalire al 1547 la data della consacrazione della chiesa francescana di Sant’Orsola da parte di Ferdinando Pandolfini, Vescovo di Troia, il quale “avea in questo Convento due nipoti, figliuole di Pandolfo Pandolfini, appellate Suor Lucrezia e Suor Angiolina”.

Pier Filippo di Francesco Pandolfini (1502 – 1560)Nel triennio della repubblica fu uno dei giovani cittadini oratori di parte popolare che parlò alla milizia cittadina (suoi il Sermone sopra l’electione del Gonfaloniere di Giustizia, 1527, e il Discorso alla militia, 1529). Poi passato alla parte ducale, fu un collaboratore di fiducia di Cosimo. Fu il primo dei Pandolfini a diventare senatore nel 1548. Insignito del commissariato di Pistoia nel 1550.Fu capitano, commissario generale delle bande ducali e commissario generale per la guerra di Siena. Fra il 1545 e il ’49 si trovava a Venezia come agente per informare sui movimenti dei fuorisciti legati agli Strozzi. Fu riformatore per creare la magistratura dei nove. Fu residente in corte imperiale dal 1551 al 1555.Fu Commissario generale per la guerra di Siena nel 1533 e Commissario generale delle Bande Ducali nel 1556.

Si inserisce qui di seguito la lettera d’istruzioni all’ ambasciatore Pier Filippo Pandolfini inviato a Venezia per conto de’ Medici.

A Pierfilippo Pandolfini presso l’imperatore – 20 agosto 1551

Cosimo I invia Pierfilippo Pandolfini come ambasciatore residente presso l’imperatore, nella carica che già fu del vescovo di Forlì, Bernardo Medici. Gli si dà particolare informazione circa la disputa delle precedenze con Ferrara e circa i rapporti che dovrà tenere con Diego di Mendoza; si indicano dettagliamente le visite che dovrà rendere a particolari personaggi durante il suo viaggio e nel suo soggiorno in corte.

Minuta, ASF, Mediceo del Principato, f. 2634, P. I, cc. 289r-292r. In coperta interna (c. 288r) si legge: “Instruttione et altre lettere fatte per la spedizione di Pierfilippo Pandolfini ambasciatore a sua maestà cesarea il quale partì alle 25 d’agosto 1551”. Scrittura su colonne. In più punti l’inchiostro ha corroso il supporto. Allegati: ivi, cc. 294r-297v: si veda l’elenco al termine dell’istruzione. c. 289r / Instructione a voi Pierfilippo Pandolfini1, ambasciator nostro electo da noia per andar a risedere alla corte cesarea in luogo del vescovo di Furlì. 20 agosto 1551.

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Pochi sono, et di non molto momento, e’ negotii che di presente havete a trattar per noi alla corte cesarea, perché quel di Piombino resta come sapete senza conclusione, et in quel termine che è noto a Bartolomeo Concino nostro secretario, il quale è restato lì per servirvi et informarvi di quanto farà di bisogno. Però non accaderà che parliate di tal negotio, se non quanto ne fussi parlato a voi, o che di qua ve ne fussi dato commissione. Delli altri che restino pendenti il medesimo Concino vi darà particular conto et raguaglio.Però a noi non occorre dirvene altro, et tampoco darvi commissione per hora di nuovi negotii. Vi diamo adonche una lettera credentiale per sua maestà, col mezzo della quale voi, presa la opportunità et il tempo commodo, bacerete, a nostro nome con ogni debita reverentia, le sacratissime mani di quella, dicendoli che v’habbiam mandato a riseder alla corte sua, in luogodel vescovo di Furlì, per servire et obedire alla maestà sua in tutto quel che alla giornata le piacerà di comandarvi, non havendo noi altro fine che di servirla et obedirla, come ella ha potuto chiaramente conoscere da tutte le actioni nostre passate, nel che vi distenderete con quelle più efficaci et grate parole, che vi soccorreranno.Vi diamo ancora lettere credentiali per il duca d’Alva, che alla ventura lo incontrerete per il cammino, per monsignor d’Aras, reggente Figuroa, reggente di Milano, per il secretario Vargas, et per il nuntio di nostro signore, è quali visiterete da parte nostra, con quell’ordine et modo che dalConcino sarete informato, offerendoci particularmente a ciascuno, secondo il grado et qualità respectivamente, per tutto quel che possiamo fare per commodo et servitio loro, usando quelle amorevoli parole, che vi parranno convenire.Inoltre vi diamo alcune lettere aperte con è lor sigilli impressi et senza è soprascritti, pur in vostra credenza, a fine che, occorrendovi farsi alcun complimento con altri signori di quella corte, lo possiate fare con il mezzo di tali lettere, le quali in tal caso farete serrare et farvi è soprascritti, secondo il bisogno.Non ommetteremo d’advertirvi, come Averardo Serristori, suto lungamente ambasciator nostro in Roma, dal primo giorno che arrivò in quella corte, che fu a tempo di papa Pavolo di santa memoria nell’anno ***b et del mese di maggio, sino a tutto il mese d’agosto del medesimo anno,precedette sempre all’ambasciador del duca di Ferrara, senza alcuna contradictione o replica in contrario. Di poi essendo andata sua santità a Lucca per abboccarsi con l’imperadore, et trattandosi per il cardinale Trivultio di accordare alcune differentie che erano tra la santità sua et il duca di Ferrara, l’ambasciador di esso duca, poiché fu seguito l’accordo, procurò et ottenne a parole da santità, col mezzo del medesimo cardinale Trivultio et del cardinale Farnese, che nel ritorno di sua santità a Roma, lui havesse a precedere al Serristoro, in non so che cerimonia che s’haveva a fare nella pasqua all’hora prossima. Di che, sendone stato advertito il Serristoro, si dolse con la santità di nostro signore allhora in minoribus, cardinale di Monte, et col cardinale Santi Quattro di buona memoria, et loro ne parlorno a papa Pavolo; il quale, poi che fu fatto capace delle nostre ragioni, commesse con viva voce al maestro suo delle cerimonie che mantenesse il Serristoro nella possessione di detta precedentia; et l’ambasciador di Ferrara, havendolo presentito et ritrovandosi nella camera del paramento, ove si trovava anco il Serristoro, passò innanzi in un’altra stanza, donde havesse a venir il papa, per passar in detta camera del paramento, et instando a sua santità che le piacesse persistere nella promessa fatta di dar la precedentia a lui, ella gli rispose che haveva detto mille bugie, et che voleva che la precedentia fussi del Serristoro secondo il solito, et così dichiarò di propria bocca, alla presentia d’alcuni cardinali fra e’ quali fu il cardinale Savello et d’alcune altre persone della corte, et il cardinale Savello lo riferì al Serristoro come fece anco il maestro delle cerimonie l’ambasciador di Ferrara, havendo inteso la dichiaratione et mente di sua santità, si partì et non intervenne altrimenti alla cerimonia. Di poi s’è abstenuto sempre di trovarsi insieme col Serristoro in pubbliche sessioni et cerimonie. Procurammo noi con queste et altre nostre

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ragioni alla corte cesarea al tempo del vescovo di Furlì vostro precessorec, che sua maestà facesse la medesima dichiaratione et la ottenemmo per via d’un mandato del duca d’Alva, come maiordomo magior di quella, et se detto vescovo di poi non ha preceduto, secondo la dichiaratione predetta, è restato perché l’ambasciador di Ferrara s’è abstenuto di trovarsi con lui in alcuna publica sessione o cerimonia, se ben a l’uno et l’altro fu prohibito d’intervenir nella cappella caesaread con lie nuntii apostolici, et ambasciadori regii et della segreteria di Venetia.Habbiamo voluto darvi questo ragguaglio per vostra informatione, et a fine che in ogni caso stiate advertito alla dignità et all’honor nostro, quando vi accadesse intervenire in alcun luogo con detto ambasciador di Ferrara. Et vi diremo anco che il vescovo precessor vostro, poiché restò certo della reconciliatione et buona amicitia che di poi è seguita tra il duca di Ferrara et noi, alcuna volta quando è stato richiesto dall’ambasciador di esso duca di abstenersi d’andar in alcun luogo, dove desiderasse d’andar egli, l’ha fatto volentieri per fargli commodo et piacere. Il che è restato approvato da noi, perché il far cortesia, senza preiuditio dello honore, non ci dispiacque, né ci dispiacerà mai, onde potrete voi in questa parte governarvif nella medesima maniera, tenendosempre fermo et illeso il punto principale del nostro honore.Nel passar per Bologna visiterete il signor Giovan Baptista di Monte, et monsignor Dantino4; così anco il [du]ca et il cardinale di Ferrara5, il cardinale di Mantova, il cardinale Crescentio6 legato di nostro signore al Concilio, il cardinale di Trento et don Francesco di Toledo, nel passare per quelle città, dicendo a ciascun di loro che vi mandiamo a riseder per noi nella corte caesarea con offerirvi di fargli ogni servitio che per noi si possa, sapendo esser così di mente nostra, nel che vi allargherete con ciascuno di loro, più et menoh, secondo che vi parrà conveniente, et da don Francesco di Toledo, per esser informato di tutto quello c che per lo adietro s’è trattato per noi in quella corte piglierete buona instructione d’ogni cosa, et ancoi del modo che a lui parrà debbiate tenere, nel proceder con sua maestà et con quei signori della corte, ancorché sarete prontamentei raguagliato et informato apieno dal Concino.Come di bocca v’habbiam detto noi ci siamo al tutto deliberati di non trattar più con don Diego di Mendozza, a fine che sotto colore di amicitia non ci habbi a ingannar piùi per lo avenire. Come sappiamo che egli ha fatto per lo adietroj senza haverne hauto mai da noi cagione alcuna.Et se ben con lettere et con l’organo del Concino habbiamo significata questa nostra deliberatione a sua maestà et a quei signori del consiglio, vogliamo nondimeno che voi di bocca referiate il medesimo alla maestà sua et a detti signori, certificandoli però che non lasseremo di tenerl fermo il punto principale del servitio di quella in ogni tempo et occasione.Et come habbiam fatto sin qui, et di convenire nel servitio suo con qualsivogli altro [suo] ministro, estendetevin in questa parte quanto vi parrà expediente et necessario. Alle altre cose supplirete voi con la solita accuratezza et prudenza vostra, scrivendo spesso et minutamente di tutto quello che vi parrà degno della notitia nostra, con valervi nel bisogno delle due cifre che vi si danno con questa et procurate di conservarvi sano, che Dio nostro signore vi conduca salvo et vi tenga in sua guardia. Datap in Fiorenza il dì 20 d’agoso 1551.Se li detteno 6 fogli sottoscritti da sua excellentia per farne lettere credentiali per quelle persone che li paia a proposito visitare.

AllegatiMinute di lettera credenziale relative alla visita di Pierfilippo Pandolfini, ivi, cc. 294r-297v: a monsignor de Riu, 23 agosto 1551 (c. 294r); al duca d’Alba, 19 agosto 1551 (c. 296r); a Antoine Perrenot de Granvelle, vescovo d’Arras (c. 296r); a Diego de Vargas (c. 296v); al nunzio (c. 297r); a don Luigi d’Avila7 (c. 297r); a Cristoforo Madruzzo, vescovo di Trento e cardinale (c. 297v); a don Francesco di Toledo (c. 297v).

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Caterina di Francesco PandolfiniCaterina morta il 3 luglio 1542 si sposò ad Antonio degli Albizi (morto il 14 luglio 1516) da cui ebbe come figlio Niccolò degli Albizzi (morto il 16 giugno 1542).Guardando la data di morte del figlio si può concludere che Caterina sia morta per post-parto.

Battista di Jacopo PandolfiniBattista con il figlio Filippo molto si adoperò per la libertà durante l'assedio, talché ambedue alla caduta della città meritarono lo sdegno dei vincitori e la condanna dell’ esilio.Figlio di Jacopo, purtroppo non abbiamo altre notizie in merito.

Giovanni di Pandolfo PandolfiniGiovanni parteggiò pei Medici durante l' assedio e dopo la capitolazione fece parte del consiglio de' dugento che riformò la Repubblica.E’ l’unica notizia che siamo in grado di dare

Giannozzo di Pandolfo PandolfiniAlla morte di Giannozzo presso il Regno di Napoli, il Re di Napoli si prese cura dei di lui figli ed a Giannozzo, uno di essi, conferì il vescovato di Troja, dignità in cui ebbe a successore nel 1522 Ferdinando figlio di Francesco suo fratello. Giannozzo fu accettissimo a Leone X che chiamatolo alla sua corte lo deputò nell'anno 1515 Legato. Edificò il palazzo della sua famiglia in via S. Gallo, palazzo di architettura veramente mirabile. Pontificio all' esercito che combatteva contro Francesco Della Rovere Duca d' Urbino e quindi lo elesse castellano di Castel S. Angelo, carica nella quale continuò fino alla sua morte accaduta nel 1525.

Pier Filippo di Priore Pandolfini (1570 – 1622)Fu commissario di Volterra, Cortona e Arezzo.Vestì per primo l'abito dell'ordine di Santo Stefano. Fu anche capitano del popolo di Livorno nel 1611. Quest'ultimo ramo dei Pandolfini si estinse solo nella seconda metà del XIX secolo.Ebbe un figlio di nome Niccolò.

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Niccolò di Pier Filippo PandolfiniDi lui sappiamo solo che fu Primo Vicario del Comune di Lari nel 1635.Possiamo quindi collocare la sua data di nascita intorno al 1580 e la sua morte intorno al 1650.Niccolò poco noto nei fatti della patria è autore di un ramo illustrato da Niccolò di Lodovico che si fece nome nelle armi militando in Germania sotto Montecuccoli nel secolo XVII, ramo che si estinse in Palmieri-Andrea morto il 23 Luglio 1753.

Alessandro di Pierfilippo PandolfiniSi ricorda Alessandro solo perchè fu padre di Pierfilippo giovane caldo di amore di patria e di libertà che fu dalla Signoria destinato ad infiammare con pubbliche orazioni i suoi concittadini alla difesa della libertà durante l' assedio.Costretto dopo la capitolazione a partirsi dalla città seguì i fuorusciti a Montemurlo, quindi si riparò a Venezia ove per ordine di Cosimo I fu pugnalato. Due sue orazioni sulle lodi di Marcantonio Colonna, ed un discorso sulla elezione del Gonfaloniere della RepubblicaFiorentina meritarono l'onore della stampa, e sono opere pregevoli ma di somma rarità.

Francesco di Pier Filippo Pandolfini (1466-1520)Francesco merita di essere menzionato in quanto fu eletto nel 1499 a far parte dei Priori e dei Dodici Buonomini. Fra il 1505 e il 1507 dimorò in Francia presso Luigi XII come ambasciatore residente presso Luigi XII Re di Francia che lo fece suo consigliere e gentiluomo di camera nel 1505, accordandogli di più il privilegio di apporre i gigli di Francia nell'arme sua. Fu ambasciatore a Milano presso Gio. Galeazzo sforza nel 1491Tornato a risiedere a Firenze, e guadagnatosi il favore dei Medici, ricoprì molte cariche nel governo della città. Ebbe due figli di nome Alessandro e Ferdinando.

BARILE 1519 I SEMESTRE(MAESTRO DI ZECCA : FRANCESCO DI PIER FILIPPO PANDOLFINI)BERN. 3825 AG GR. 3,R

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M.BB 400

Giannozzo di Pierfilippo Pandolfini

Giannozzo godè molta influenza negli ultimi periodi della Repubblica , ma appartenendo al partito dei moderati decadde dal pubblico favore quando pervenne al Gonfalonierato il Carducci. Forse fu questa la causa per cui dopo l' istituzione del Principato non si mostrò sfavorevole ai Medici che Io elessero senatore. La sua posterità si protrasse fino al 12 Aprile 1724, nel qual anno rimase estinta per morte di Pandolfo di Pierfilippo Governatore di Pitigliano.

Priore di Pierfilippo PandolfiniPriore figlio di Pierfilippo Pandolfini fu eletto senatore nel 1594, e da lui nacque il Cav Pierfilippo.

Alessandro di Francesco PandolfiniDi lui siamo a conoscenza che è stato Potestà di Lucignano nel 1574.

Pietro Filippo di Giannozzo di Pietro Filippo PANDOLFINIL’unica cosa di cui siamo a conoscenza è che fu Vicario di Fieole nel 1582.

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Filippo di Battista PandolfiniFilippo, insieme al padre Battista, molto si adoperò per la libertà durante l'assedio, talché ambedue alla caduta della città meritarono lo sdegno dei vincitori e la condanna dell’ esilio.La discendenza di Filippo non giunse al secolo XVII.

Roberto di Battista PandolfiniDi lui l’unica notizia che abbiamo trovato è il nome di un figlio: Pier Filippo

Pierfilippo di Priore PandolfiniIl Cav. Pierfilippo che al pari del padre e dell' avo ottenne la dignità senatoria nel 1617. Da lui proviene la linea tuttora superstite dei Pandolfini rappresentata dal Cav. Francesco Console toscano a Roma, poiché il Cav. Priore Giovan-Battista suo fratello cessò di far parte di questa casa quando adottato nei Covoni rinunziò al nome ed alle insegne dei suoi antenati.Ebbe almeno un figlio di nome Pietro.

Ferdinando di Francesco PandolfiniGiannozzo morì presso il Regno di Napoli. Il Re di Napoli si prese cura dei di lui figli ed a Giannozzo, uno di essi, conferì il vescovato di Troja, dignità in cui ebbe a successore nel 1522 Ferdinando figlio di Francesco suo fratello. Ferdinando portò a compimento il Palazzo Pandolfini, che Giannozzo aveva iniziato anni prima.Molte opere esistenti nella città di Troja sono opera del suo volere.

Pietro di Pier Filippo PandolfiniLe nostre conoscenze sono scarse e gli unici dati certi sono i seguenti:

- È figlio di Pier Filippo Pandolfini- E’ sto Vicario di Scarperia nel 1584 e di Fiesole nel 1582

Abbiamo notizie che se fosse sposato, ma non con chi ed ha avuto un figlio di nome Giuliano.La sua nascita si può collocare intorno al 1520 e la sua morte intorno al 1580.

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Filippo di Roberto Pandolfini (1575 – 1655)Uomo di notevole cultura, e allievo in matematica di Galileo, del quale tradusse in latino tre trattati adesso perduti. Nominato membro dell'Accademia della Crusca nel 1616, fu senatore nel 1637.Fu commissario di Montepulciano nel 1647 e Governatore civile di Livorno dal 1649 al 1652.Ebbe un figlio di nome Pandolfo.

Pandolfo di Roberto Pandolfini (1656 – 1731)Ricoprì la carica di Senatore nel 1708.Sposa Virginia Soderini (morta nel 1677)

Roberto Conte PandolfiniNasce a Firenze nel 1862, muore a Gragnone il 20 marzo 1917Sposa il 2 ottobre 1868 Beatrice Corsini, da cui ha due figlie:Luisa Pandolfini che sposa Giulio conte Zileri dal Verme degli ObbiziGiulia Pandolfini che sposa Girolamo Giustiniani.

Giulia di Roberto PandolfiniNasce a Firenze il 12 febrraio 1899 dal Conte Roberto Pandolfini e da Beatrice Corsini.Si sposa con il Barone Girolamo Giustiniani (nato il 21 aprile 1899) ed hanno un figliaElisabetta nata il 4 aprile 1923 che sposerà Ugo, Conte e Marchese Contini Bonaccorsi

Luisa di Roberto Pandolfini

Luisa Pandolfini è nata il 24 ottobre 1896 a Bagno a Ripoli.Era la figlia di Roberto Conte Pandolfini e Donna Beatrice Corsini dei Principi di Sismano.Ha sposato Giulio Zileri, Conte dal Verme degli Obbizi, figlio del conte Roberto Zileri e DonnaMaria Gabriella di Massimo, il 16 maggio 1920 a FirenzeMorì il 14 luglio 1972 all'età di 75 anni a Roma, Dal 16 maggio 1920, il suo nome da sposata è diventato Zileri.

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Figli di Luisa Pandolfini e Giulio Zileri, Conte dal Verme degli Obbizi1. Beatrice Zileri, Contessa dal Verme degli Obbizi + b. 16 dicembre 19212. Roberto Zileri, Conte dal Verme degli Obbizi b. 16 luglio 1923, d. 21 Settembre, 19383. Alessandro Zileri, Conte dal Verme degli Obbizi b. 30 Ago 1927

Roberto di Pandolfo Pandolfini (1617 – 1696)Giureconsulto, venne nominato senatore nel 1670. Dopo essere stato chiamato da Cosimo III a far parte del Consiglio della Pratica Segreta negli affari di Firenze, Pistoia e Pontremoli, si guadagnò l'appoggio e la protezione del granduca, nel cui governo diventò molto influente, ricoprendo cariche molto prestigiose. Questo ramo della famiglia Pandolfini, che risulta essere iscritto al Libro d'oro toscano si estinse nel 1857 con Eleonora di Agnolo.Ebbe sicuramente due figlie che si fecero suore: Suor Angiolina e Suor Lucrezia e due figli il primo di nome Pandolfo ed il secondo di nome Camillo.

Camillo di Roberto Pandolfini (1669 – 1737)Ricopre la carica di senatore nel 1715.