Sicurezza stradale e Law-Enforcement: ecco la …...Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale...

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Visita il sito ufficiale: www.asaps.it numero 196 Anno 23 - Settembre 2016 Spedizione in abbonamento postale (Tassa riscossa) - Aut. n. 1475 del 23/12/2015 Direzione Generale Poste San Marino. Rep. San Marino Pedone Sicuro 2.0: la tecnologia di Safety21 che salva la vita POKÉMON GO una nuova minaccia per la sicurezza stradale Il marchio® e le marche nel mondo dell’auto Porsche, Ferrari, Ducati Tre cavalli da corsa nello stesso steccato Sicurezza stradale e Law-Enforcement: ecco la situazione europea Il rapporto ETSC Organo Ufficiale ASAPS

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Organo Uf f i c ia le ASAPS

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numero 196Anno 23 - Settembre 2016 Spedizione in abbonamento postale (Tassa riscossa) - Aut. n. 1475 del 23/12/2015 Direzione Generale Poste San Marino. Rep. San Marino

Pedone Sicuro 2.0: la tecnologia di Safety21 che salva la vita

POKÉMON GOuna nuova minacciaper la sicurezza stradale

Il marchio® e le marchenel mondo dell’autoPorsche, Ferrari, DucatiTre cavalli da corsa nellostesso steccato

Sicurezza stradale e Law-Enforcement:ecco la situazione europeaIl rapporto ETSC

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il CentauroOrgano Ufficiale A.S.A.P.S.Associazione Sostenitori AmiciPolizia Stradale

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Settembre 2016

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Editoriale 3 DatiAci-Istatincidentistradali2015 Tornaacrescereseppurdipocoilnumerodelle vittimedopo15anni...di Giordano Biserni

Attualità4 SicurezzaStradaleeLaw-Enforcement:eccola situazioneeuropeadi Lorenzo Borselli

7 POKÉMONGOunanuovaminaccia perlasicurezzastradaledi Giordano Biserni

8 POKÉMONGOarrivanoi“mostri” di Lorenzo Borselli

10 PokémonGo(madove?)di Davide Stroscio

12 L’estateconiPokémondi Luigi Altamura

14 Ilmarchio®elemarchenelmondodell’autodi Paolo Carretta

20 Terrorismo:agireosubire?di L. B.

22 Documentidiidentificazionefalsiecontrastoai combattentistranieri(cd.foreignfighters)di Andrea Girella

38 AttuazionedellaDirettiva2010/64/UEsuldiritto all’interpretazioneeallatraduzionenei procedimentipenali–AttoIIdi Gianluca Fazzolari

50 LadirettivaUE2014/85inerenteleapneenel sonnoelepatenti:un’occasionedanonperderea cura del prof. Giovannino Rocchi

53 L’ASAPS2.0prontaapartire:ilConsiglio nazionaledelsuo25°anniversarioapprova l’istituzionedellafondazioneperlasicurezza stradale

55 FloatingPierssulLagod’Iseo

Dottrina42 Scendonoperconstatareidannidell’incidentee vengonotravoltidaunubriacoallaguida:al30% ècolpalorodi Ugo Terracciano

Codice della strada48 Leautopubblicitarieepermostrepubblicitariedi Giovanni Fontana

Motori44 Queibimbipiloti(opugili,ciclisti,calciatori...)di Riccardo Matesic

Al vostro servizio30 Tachigrafodigitale“intelligente” conschemariepilogativodi Franco Medri

Osservatorio il Centauro-Asaps52 OsservatorioASAPSsugliincidentistradaliai bambininelprimosemestre2016

Redazionale36 Safety21 PedoneSicuro®2.0:attraversamentointelligente perlasalvaguardiadeipedoni

40 FondazioneUnipolis Giurisprudenza25 RubricaGiurisprudenzaa cura di Franco CorvinoI vostri quesiti28 a cura di Ernesto Forino

Scrivono di noi32

Sulle strade d’Europa e del mondo54

Notizie lampo56

Salute60 Inostridentiinpericolo:ilBruxismodi Antonia Liaci

La posta62

Libri63

Amarcord64

L’ in fo rmaz ione su l la S icu rezza S t rada le

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3www.asaps.it

Editoriale

arrivata puntuale la conferma, ma già in parte si sapeva. I dati (provvisori) comunicati dall'Aci e ISTAT fanno segnare la prima inversione di tendenza sulla mortalità per incidenti stradali da 15 anni a questa parte. Infatti mentre il numero degli incidenti è leggermente diminuito di un

1,8% e quello dei feriti del 2%, i morti sono purtroppo tornati ad aumentare, +1,1%, che si traduce in 38 lenzuoli bianchi in più stesi sull'asfalto con un deludente testa coda nei dati della mortalità che non si verificava almeno dal 2000. Ma un motivo ci sarà, un motivo c'è sempre.

Abbiamo toccato lo zoccolo duro difficile da abbassare?

Va detto che a parere del’ASAPS l'elettronica (l'utilissimo tutor, autovelox, TRed ecc.), come si dice, ha già dato...

Qui se non si recupera la presenza fisica delle pattuglie sulle strade noi vedremo ancora lievitare la cifra della mortalità stradale. Perché ? Ma perché le cause principali della sinistrosità mortale non vanno ricercate solo nella velocità, che è pur sempre fattore determinante della gravità nelle conseguenze dell'incidente, ma nell'alcol e droga alla guida, nell'uso ormai indiscriminato è pressoché impunito del cellulare al volante sia in fonia che, ancor peggio, in messaggistica o navigazione sul web. E ancora sul mancato uso delle cinture di sicurezza, per non parlare dello sforamento dei tempi di guida e riposo dei conducenti dei veicoli pesanti anche stranieri e del taroccamento del cronotachigrafo ormai quasi una costante.

Se non si rimandano agenti in divisa sulle strade queste gravi violazioni chi le intercetta??

Vediamo che nella presentazione si è dato particolare risalto all'incremento dei morti sulla rete autostradale, 305 decessi, 18 in più rispetto al 2014 + 6,3%, qui va fatta subito qualche riflessione. Intanto è evidente che sulla rete autostradale abbiamo fatto segnare i dati migliori per 15 anni (grazie anche al tutor negli ultimi 10)

tanto che nel primo decennio 2001 - 2010 l'Italia solo sulla rete autostradale aveva toccato è superato l'obiettivo del calo del 50% delle vittime mortali. Si capisce che quando i primi della classe prendono un voto non buono, fanno più scalpore, rispetto agli altri.

Sarebbe interessante sapere attraverso una geo localizzazione dove sono avvenuti gli incidenti mortali più gravi, nei tratti sottoposti a controllo col tutor (in gran parte nella rete di Autostrade per l'Italia) o negli altri tratti? L’aumento della mortalità va detto che è anche concomitante con il certificato aumento del traffico di oltre il 3%. Per altro il tasso di mortalità sulle autostrade con 0,32 morti ogni 100 milioni di km percorsi si è ridotto dell’80% in 15 anni ed è uno dei migliori in Europa. Probabilmente abbiamo toccato lo zoccolo duro come stanno sperimentando anche gli inglesi e svedesi paesi sempre con i risultati migliori per la sicurezza stradale. Sulla rete autostradale rimaniamo i primi della classe, il vero vulnus rimane purtroppo la sicurezza sulle strade statali, provinciali e urbane.

Crescono infatti i morti anche sulle statali e provinciali dove sono state 1.619 le vittime + 1,9% rispetto alle 1.589 dell'anno prima. Calano invece sulle strade urbane dove si sono contate 1.495 vittime, -3,1% rispetto ai 1.505 morti del 2014. Cifre ancora esagerate.

Per quanto riguarda le categorie delle vittime mortali, quali sono i dati?

Eccoli. Cresce ancora il numero dei morti fra i pedoni. Siamo tornati a quota 601, + 4% e qui pensiamo che il generalizzato uso del cellulare e l'ubriachezza giochino un significativo ruolo.

Nettissimo l'aumento per la più rischiosa categoria di utenti della strada, i motociclisti: 769 i morti + 9,2!

In conclusione parliamo di alcune cose che nel prospetto Aci - ISTAT non ci sono. Per il sesto anno consecutivo non abbiamo nessun dato sugli incidenti connessi al

consumo di alcol o droga!! Non è ammissibile. Un Paese che ha appena approvato la legge sull'omicidio stradale non può non essere informato su quanti sono gli incidenti alcol e narco correlati, la voce numero uno della nuova legge!!

Infine una riflessione su un altro aspetto non contenuto nel report Aci-ISTAT, per più comprensibili ragioni. Lo stato delle strade, sempre più precario con le province che non hanno più fondi per la minima manutenzione. Assistiamo ad una carenza vergognosa della qualità della rete stradale, con tracciati dissestati da buche (anche per numerose statali), carenza della segnaletica orizzontale e verticale, illuminazione insufficiente, gallerie non a norma e quest'anno addirittura una grave incuria nello sfalcio con l'erba che in molti incroci limita la visuale in modo molto pericoloso.

Dalla strada arrivano all'erario decine di miliardi di euro in imposte, tasse, accise e multe, ma alla strada viene restituito poco per garantire sicurezza e qualità.

Giordano BiserniPresidente ASAPS

di Giordano Biserni*

Nel momento in cui andiamo in stampa

apprendiamo del drammatico

terremoto che hacolpito l’Italia

centrale.Col dolore nel cuore

pubblicheremonostri redazionali su

questa tragedia sul prossimo numero

de il Centauro.

Dati Aci-Istat incidenti stradali 2015Torna a crescere, seppur di poco,il numero delle vittime dopo 15 anniAbbiamo toccato lo zoccolo duro? Perché?Come tornare al segno meno?

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4 www.asaps.it

Sicurezza Stradale e Law-Enforcement:ecco la situazione europeaIl rapporto ETSC mette a nudo campioni e schiappeE noi? Ognuno tragga le sue conclusioni

(ASAPS) BRUXELLES – La situazione della sinistrosità nell’UE non è affatto rosea e il perché lo spiega l’ETSC (European Transport Safety Council), confermando ciò che anche l’ASAPS va ormai dicendo da tempo nelle proprie puntuali analisi scaturite dall’elaborazione dei dati sia dei propri osservatori che dagli indicatori istituzionali: parliamo della costante riduzione dei controlli di polizia e della stretta correlazione che passa tra questa “perdita” nel controllo del territorio (in pura chiave di vigilanza stradale) e l’impossibilità conseguente di aggredire certe tipologie di trasgressione.

Abbiamo iniziato a dirlo anche in tempi non sospetti, quando la crisi economica mondiale ancora non c’era: la nostra valutazione è iniziata quando all’operatore in divisa si è cominciato a preferire un box radar o una telecamera di sorveglianza. Certo, un rilevatore automatico di infrazioni non sente freddo, non pone problemi di sicurezza operativa, non si lamenta e, soprattutto, non si fa scappare nemmeno un trasgressore,

salvo poi – più o meno periodicamente – scoprire qualche furberia di troppo e scatenare il sospetto, a volte nemmeno troppo infondato, che alla prevenzione si preferisca far cassa.

Poi, il coordinamento: in Italia si è arrivati all’assurdo che con un numero unico dell’emergenza praticamente inventato da noi – il 112 – siamo ancora alla divisione territoriale, alla turnazione delle risposte (un giorno al 112 rispondono i Carabinieri, un altro la Polizia di Stato), a pochi, pochissimi ma eterni esperimenti di sale operative condivise sul modello lanciato ormai trent’anni fa negli USA col 911 e ormai in stabile funzionamento in molti altri paesi anche dell’UE.

Pensate quali risparmi – di tempo, umani ed economici – consentirebbe l’avere, in un’unica struttura, operatori di polizia, sanitari, Vigili del Fuoco, in grado di rispondere da una stessa cornetta e poter, istantaneamente, allertare più enti contemporaneamente.

Pensiamo cosa significherebbe, in caso di maxi incidente stradale, di una calamità o di un evento criminale o terroristico, poter avere un’unità di crisi sempre operativa: nel giro di pochi minuti, tutto sarebbe sotto controllo, anche in chiave evolutiva.

A ciò si aggiungano il progressivo invecchiamento dei ranghi, la dispersione di forze in crescenti compiti burocratici e un’illogica aspettativa di risultato conferita alla tecnologia. Ciò avviene anche in altri paesi dell’Unione, complice la continua crescita del traffico su ruota. Chi vuole farsi un’idea di ciò che stiamo dicendo, può sfogliare il rapporto “How traffic law enforcement can contribute to safer roads”, pubblicato poche settimane fa dall’ETSC, che spiega quali sono i problemi e quali dovrebbero essere le soluzioni, prima tra tutte il Law Enforcement.

Il male assoluto della insicurezza della circolazione, che una volta era rappresentato dalla sola velocità, si è esteso a tutto il comportamento del conducente, che potrebbe essere più facilmente prevenuto

Attualità di Lorenzo Borselli*

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con la presenza di pattuglie in strada. Vogliamo parlare del telefonino? L’ETSC ha scoperto ad esempio, nel suo decimo rapporto annuale sulla sicurezza PIN (Performance Index), che il numero di contravvenzioni per l’uso del cellulare alla guida – considerato oggi una delle principali cause di sinistro – è più che dimezzato nei paesi membri dell’UE che forniscono tali dati all’organismo.

Modello per tutti sembra essere la Norvegia, che negli ultimi 5 anni ha visto scendere la mortalità stradale del 44%, ottenendo un -20% solo nel 2015, ed arrivando ad un tasso di mortalità pari a 23 decessi per milione di abitanti.

Ma quali sono, oltre a velocità e telefonino, le cause di morte e lesioni gravi sulle strade comunitarie? Semplice: alcol, droga e cinture di sicurezza: il rapporto dell’ETSC ha accertato che nonostante esista una forte legislazione in materia, con previsione di sanzioni molto severe, per tutte queste trasgressioni, molti dei conducenti coinvolti in questi eventi non hanno rispettato una o più disposizioni di legge. Ecco, dunque, la necessità di intervenire prima dell’incidente, bloccando il comportamento trasgressivo prima che questo abbia conseguenze ulteriori.

Semplice no? Se vedo una persona armata, il mio dovere principale è quello di bloccarlo prima che inizi a fare fuoco.

È questo il “Law Enforcement”: è un’azione diretta a far rispettare la legge, a reprimere cioè un comportamento umano trasgressivo prima che da esso derivino conseguenze.

Per l’ETSC, infatti, scegliere di voler diminuire la qualità della sicurezza stradale significa inserire l’operatività delle forze dell’ordine nell’ambito di una politica integrata, perché dove ciò accade – l’esempio della Gran Bretagna dovrebbe illuminarci – le curve statistiche in termini di morti e feriti sono sempre al rapido ribasso.

Riguardo alla velocità: la velocità eccessiva o inappropriata (nel CDS la troviamo definita all’art. 141 con la locuzione “non commisurata”) è oggi causa di circa un terzo delle vittime della strada e comunque resta un fattore di aggravio di tutti gli altri. In questa consistente parte della sinistrosità, secondo l’ETSC, la presenza di divise sulla strada in grado di interrompere e sanzionare direttamente il trasgressore, dovrebbe comunque integrarsi con ciò che i tecnici definiscono “engineering”, la progettazione cioè della struttura stradale e con il miglioramento dei veicoli, e, non ultimo con la tecnologia. Oggi, anche questo è fatto noto, la gran parte delle

multe per eccesso di velocità (quasi tutte, aggiungiamo noi) è gestita dai sistemi interamente automatizzati, che lavorano l’immagine risalendo all’intestatario del veicolo, redigono i verbali e li spediscono a casa, ma la procedura di identificazione del trasgressore è spesso vanificata dai confini nazionali e dalla mancanza di accordi comunitari in tal senso, e dalle leggi di ogni singolo Stato.

Pensate infatti che in Polonia e in Svezia ben il 70% degli autori di eccesso di velocità rilevati dalle telecamere di sicurezza, proprio quando si tratta di targhe estere rispetto al paese in cui l’infrazione viene accertata, non riceverà mai il verbale (in Francia la soglia è del 29%).

Secondo la Commissione Europea, i conducenti non residenti rappresentano circa il 5% del traffico stradale dell'Unione, ma una macchina fuori dal proprio stato di immatricolazione ha un tasso di trasgressione tre volte più alto rispetto ad un veicolo residenziale: questi dati, però, sono molto parziali visto che solo Belgio, Francia, Ungheria, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Spagna hanno inviato i dati.

Queste informazioni, che non sono raccolte in molti stati dell’UE, rendono fortemente probabile che la situazione sia analoga ovunque: in questo caso, cosa sta facendo l’UE? Possibile che si riesce a discutere anni delle misure delle vongole e non si riesca ad armonizzare un sistema di notifica comunitario?

Proprio noi dell’ASAPS parlammo, qualche anno fa, di un “tesoretto” che ogni anno buttiamo al vento, rappresentato dall’impossibilità di notificare atti di contravvenzione all’estero o di esigerne la riscossione al di fuori dei confini, per non parlare poi dell’assurdo caso tutto italiano:

da noi, infatti, alla sanzione inviata al luogo di residenza del trasgressore segue, quasi sempre, una seconda sanzione per la mancata comunicazione, da parte del proprietario del veicolo, dei dati relativi al conducente. Così, anche se il verbale risulta perfezionato, non segue alcuna sanzione accessoria né di decurtazione dei punti né di ritiro della patente e se uno ha soldi da spendere, teoricamente, può andare avanti all’infinito. I soldi ci sono ma il pericolo resta.

La possibilità poi di geolocalizzare i punti neri, consentirebbe, fin da ora, di concentrare la presenza di pattuglie proprio in quei tratti di strada più a rischio, spesso presidiati solo da sistemi automatizzati di rilevazione, con il risultato poi che i conducenti controllati potrebbero essere sottoposti a tutta una serie di controlli (dall’alcoltest al semplice possesso della patente di guida) che estenderebbero il concetto di “vigilanza stradale” a quello più ampio di “controllo del territorio”, che in tempi come il nostro non guasterebbe di certo.

Ciò che abbiamo appena detto, trova piena conferma nei dati elaborati dall’ETSC, secondo i quali risulta complessivamente aumentata la capacità di accertare infrazioni da remoto, soprattutto nell’Europa Centrale ed Orientale, visto che nel Nord Ovest del continente i sistemi sono già in funzione da decenni.

Nei 20 paesi oggetto della rilevazione (non risulta che l’Italia sia tra questi, e comunque i dati sarebbero fortemente viziati dalla mancanza di collegamento tra le banche dati centrali e quelli delle polizie a ordinamento locale, ciascuna delle quali opera per proprio conto e servirebbe un coordinamento dell'ANCI), in 12 di essi

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le attività di rilevazione automatica sono aumentate, mentre in 8 il dato è al ribasso.

L’asticella è al segno positivo in Serbia (+14%), in Lituania ed Estonia (+10%), in Polonia (+9%), in Portogallo (+8%), in Croazia e Danimarca (+6%). In questi stati è stata contemporaneamente registrata una significativa riduzione del numero dei morti (superiore alla media europea), ad eccezione di Serbia ed Estonia, che pur avendo incamerato un miglioramento dei dati sulle vittime, si è ancora al di sotto delle aspettative comunitarie.

Tra i paesi che invece hanno emesso un minor numero di verbali è da segnalare il caso di Svezia, Paesi Bassi e Finlandia, nei quali si è assistito ai più significativi rallentamenti nella riduzione della mortalità stradale dal 2010.

Regno Unito e Germania hanno, di contro, registrato una marcata riduzione delle vittime della strada e proprio nel Regno Unito, dove il numero di infrazioni automatiche si era ridotto a partire dal 2010 a seguito di tagli governativi, il numero è tornato ad aumentare nel 2015.

Riguardo alle ebbrezze: anche se le stime riferiscono che il 2% dei chilometri percorsi in Europa siano “guidati” in condizioni di ebrietà alcolica, i dati certi dicono che attualmente il 25% di tutti i decessi stradali siano alcol-correlati. Al rapporto ETSC sono confluiti, per questa specifica voce, i dati di 14 paesi riferiti al periodo 2010/2015 (tra questi non c’è l’Italia). Ebbene, in sette di questi Stati il numero di controlli alcolemici è aumentato (tra questi: Polonia +39%, Estonia +24%, Portogallo 12%), mentre in altri sette risulta diminuito (citiamo la Svezia, -13%, Cipro, -10%, Inghilterra e Galles -5%). In Estonia, Polonia e Finlandia il Law-Enforcement risulta essere il più imponente, rispettivamente con 677, 466 e 279 alcoltest ogni 1.000 abitanti nel 2015, ma anche stati come Austria e Slovenia si distinguono per il loro impegno con 189 e 156 test ogni 1.000 abitanti

In questa statistica chiudono Lituania e Romania, con “meno di 100 controlli”, ma saremmo molto curiosi di conoscere il nostro dato. L’uso del condizionale è retorico e allude all’impossibilità, per noi italiani, di “sapere” con esattezza: allora ci proviamo noi dell’ASAPS anche se abbiamo infatti solo qualche dato relativo ad alcoltest eseguiti da Polizia Stradale e Carabinieri, in tutto 1milione e 900mila all’anno circa, mentre nessuna notizia arriva dal mondo delle Polizie Locali. Facendo i debiti conti, il lavoro di Specialità ed Arma in materia di contrasto alle ebbrezze condurrebbe,

in Italia, a circa 32 controlli ogni 1.000 abitanti: è dunque difficile pensare che si possano superare i 40/45 controlli, nella più ottimistica delle previsioni, per migliaio di cittadini, dato che ci inchioda agli ultimissimi posti della classifica.

Il risultato è che in Polonia, le vittime scendono altrove no.

Riguardo la cintura di sicurezza: nonostante sia un obbligo ovunque, solo il 90% degli europei la indossa regolarmente sui sedili anteriori e solo il 71% in quelli posteriori. Volete sapere come si fa a sapere ciò? Semplice: ci sono alcuni paesi che studiano i tassi di usura di tali dispositivi in occasione delle revisioni periodiche.

I tassi di usura sono risultati essere i più alti di tutti in Germania, in Svezia, in Gran Bretagna e nella sorprendente l'Estonia, con il 98% i passeggeri sul sedile anteriore, mentre i più bassi sono stati rilevati in Croazia (61%), in Italia (62%) – e finalmente qui ci siamo – in Serbia (74%), in Lettonia (82%) in Lettonia e in Ungheria (83%).

Dati virtuali forse, e anche fantasiosi, ma di certo lo studio tecnico della sinistrosità dimostra che, nel 2012, circa 900 persone avrebbero potuto salvarsi la pelle con un semplice “click” se il 99% di tutti gli occupanti (occupanti, non conducenti) avessero rispettato la norma. Per questo molte agenzie di sicurezza cercano di far emanare regolamenti all’UE che impongano i “fastidiosi” allarmi anche ai sedili posteriori.

La disparità aumenta ancora quando si parla di cinture sui sedili posteriori: si va dal 98% della Germania e della Repubblica ceca all'1% della Croazia. In Serbia, dietro, la allacciano solo il 7% dei passeggeri, in Italia il 15%, in Lituania il 33%: gli Stati che stanno facendo i progressi più significativi negli ultimi 5 anni, in questo ambito, sono Austria, Estonia, Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia.

Nonostante l’altissima correlazione di decessi al mancato uso delle cinture, l'applicazione della norma in materia non è un obiettivo primario per la polizia, in molti Stati membri dell'UE, che anzi in alcuni casi è ancora considerata una violazione minore: i poliziotti, in questo ambito, si danno particolarmente daffare in Serbia e Romania con rispettivamente 25 e 24 verbali redatti ogni 1.000 abitanti, seguiti dalla Croazia con 23 e Slovenia con 20.

Relativamente all’uso del telefono cellulare durante la guida: se la modernità ha un prezzo, quello imposto dal dilagare su scala planetaria prima dei telefoni cellulare e poi degli smart phone, è sicuramente uno dei più alti. L’ETSC stima infatti che

le collisioni stradali siano direttamente collegate alla distrazione in una percentuale compresa tra il 10 ed il 30%. Gli studi scientifici dicono che i conducenti che guidano maneggiando il telefonino sono quattro volte più soggetti al rischio di provocare un sinistro.

Hai voglia a far campagne: quando sei in macchina e senti il trillo di un messaggio, non resisti, devi leggere. Si chiama F.OM.O. (Fear of Missing Out, paura di restare tagliati fuori) ed è uno dei comportamenti inconsci maggiormente studiati nella nostra modernità.

Quindi, l’unica soluzione è essere fermati ed essere messi di fronte alle nostre responsabilità, pagare il prezzo della nostra trasgressione e, soprattutto, subire la decurtazione dei punti.

Eppure, nonostante la correlazione tra comportamento e sinistro sia chiara, l’azione di contrasto repressivo resta blanda: su 19 paesi comunitari che hanno fornito dati sul numero di verbali redatti per questa violazione nel periodo 2010-2015, solo 8 hanno dichiarato aumenti (Polonia 22%, Croazia 17%, Serbia 12%, Grecia 8%), mentre negli 11 restanti Stati si è registrata una diminuzione (ad esempio Paesi Bassi -22%, Cipro -20%).

Siamo ancora lontani, e condividiamo la valutazione di ETSC, da una politica della sicurezza stradale armonizzata tra i diversi Stati ma che soprattutto sia loro imposta, esattamente come ogni altro regolamento, direttiva o legge. Senza questo passo, ognuno farà quel che vorrà, coi propri alibi e con le proprie giustificazioni.

Noi italiani non trasmettiamo molti dati e sapete perché? Semplice: non li raccogliamo. Abbiamo aperto questo lungo viaggio nella sicurezza stradale europea, descrittaci dall’ETSC, parlando proprio di coordinamento. Ecco, diciamo che fino a quando tutte le polizie operanti in Italia non si decideranno a parlare uno stesso linguaggio, anche informatico, e fino a quando non saranno creati tavoli OPERATIVI (scusate i caratteri maiuscoli) nei quali tutti gli attori siano istituzionalmente chiamati a partecipare, a collaborare e soprattutto a “fare”, pena l’avvicendamento dei responsabili, noi non potremo dimostrare quanto siamo bravi. E quindi, in assenza di informazioni, molti ci considerano schiappe. Peccato.

Responsabile della Comunicazione Asaps e Consigliere Nazionale

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già poco lusinghieri dati degli incidenti stra-dali del 2015 resi noti nei giorni scorsi con un ritorno alla crescita delle vittime dopo 15 anni (+1,1% ) devono fare riflettere. I tecnici di ACI e ISTAT hanno ribadito che l’utilizzo del cellulare alla guida sta diventando la prima causa dei sinistri per distrazione (3 su 4). Anche ASAPS denuncia da anni il rischio

da smart phone, sia in fonia che in messaggistica e uso costante della rete da parte dei conducenti dei veicoli.Ora da poche settimane irrompe questa novità del Poké-

mon Go, una ulteriore minaccia al sistema della mobilità che oltre distrarre i conducenti, anche se affiancati dai nuovi “navigatori” del Pokémon Go, si caratterizza come minaccia altresì per i pedoni e ciclisti come probabili vittime e anche come utilizzatori di questa App, spesso mentalmente assorbente, mentre sono alla caccia dei “mostriciattoli”.

La situazione già precaria e debolmente contrastata dell’uso del cellulare alla guida, ora rischia di complicarsi ulteriormente con questa new entry fra gli strumenti distrat-tivi che catturano la mente. Non entriamo nel merito della logica del sistema in una fase storica in cui si dovrebbe occupare la mente per aspetti più meritevoli, ma chiediamo

che sia salvaguardata la sicurezza di tutti sulle strade, il cui argine sta dando preoccupanti segni di cedimento. Sono numerose le segnalazioni da parte delle forze di polizia di comportamenti anomali fra i conducenti e si contano già i primi incidenti Pokémon/correlati.

Prima che la situazione dilaghi con conseguenze serie e preoccupanti chiediamo ai vertici delle forze di polizia e ai sindaci di intervenire con misure che intensifichino i controlli e al governo con un provvedimento che vieti in modo più severo rispetto alle previsioni dell’art.173 CdS l’utilizzo di questo gioco distrattivo quando si è alla guida, prevedendo il sequestro del cellulare per almeno un mese ed estensione del divieto di utilizzo della App anche dagli accompagnatori all’interno degli abitacoli dei veicoli, oltre che ai pedoni durante gli attraversamenti stradali anche sulle strisce. O, quantomeno, di inibire il funzionamento della App in Italia durante guida.Si intervenga prima che questa mania dei Pokémon

contribuisca a causare altre vittime sulle strade.

Giordano BiserniPresidente ASAPS

POKÉMON GO una nuova minacciaper la sicurezza stradaleAsaps: intervenga il governo con un provvedimento urgente che sanzioni più severamente l’utilizzo della app fino al sequestrodel cellulare per chi è alla guida e ai pedoni a caccia di pokémon durantegli attraversamenti della strada o quantomeno di inibireil funzionamento della app durante la guida

Attualità

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okémon: potrebbe sembrare anche una paro-laccia, ma non fatevi ingannare dal suono vagamente onomatopeico della sua pronuncia. Basta rinfrescare la memoria e tornare qualche anno indietro: è un videogioco, poi divenuto un “manga”. Insomma sì, un cartone animato.

I buontemponi della generazione degli Ufo Robot ricorderanno bene il confronto che veniva

naturale fare tra Actarus o Capitan Harlock e Pikaciù.In particolare, la generazione che, per dirla alla Carlo Conti

in uno dei cortometraggi del suo “I migliori anni”, aveva avuto l’infanzia scandita dai cricchetti sugli omini del “Subbuteo” o dalle corse frenetiche culminanti nell’unione delle nocche delle mani tra loro, al grido di “Jeeg robot d’acciaio!”

Una parolaccia, dunque, che la contemporaneità ci impone di imprecare occhi al cielo mentre, attorno a noi, la gente moderna, non è detto quella più giovane, cammina come zombies seguendo una traccia sul proprio smartphone, cercando di immedesimarsi in quella “realtà aumentata” (si chiama così), inoculata nel nostro cervello direttamente da un’app connessa al web – ormai senza nemmeno re-spiriamo – e trasferita sul reticolo delle nostre strade in un video-real-game.

Manco a dirlo: quella gente cerca portali, o qualcosa del

genere, per passare di livello in un gioco planetario nel quale due squadre, quella Verde degli “Illuminati” e quella Blu della “Resistenza”, combattono tra loro per aumentare ciascuna la propria forza.

Si diventa più forti, in particolare, se si acchiappano certi pokémon che danno più energia all’ “agente”, che ovviamente sarebbe chi usa il telefono. Pokémon che fanno incetta di energia, direttamente dai giga di traffico e dalla batteria del telefono, mentre dell’ “agente” in carne ed ossa fanno incetta di attenzione.

Eccoci qua. Pokémon!Il telefono quasi si spegne, e allora la mente umana che si

immedesima nella caccia (l’uomo è predatore) e nella com-petizione (l’animale ha da elevarsi sul branco e comunque il proprio branco ha da elevarsi sull’altro) cercherà energia. Non cibo: energia. Quella elettrica e quella virtuale.

Gli agenti camminano senza sosta: passano davanti ai monumenti, alle bellezze naturali, ad altri esseri umani. Ma quella cosa che si chiama attenzione, e che sta dentro il cervello, da qualche parte, è focalizzata solo alla ricerca del bersaglio prima sul display, nel reticolo della mappa, e quindi nella “realtà virtuale” (solo ora tale locuzione diventa ossimoro) a totale discapito, o quasi della “realtà vera”.

Nell’era delle cuffiette perennemente accese, dei piccoli

Arrivano i “mostri”È ancora dalla rete che arriva l’ultimo pericolo

per la circolazione

Attualità di Lorenzo Borselli*

Foto Blaco

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monitor sempre connessi, dei social sempre attivi, della distrazione sempre al massimo, ci mancavano solo loro: i Pokémon.

Basta scaricare una bella App, ovviamente gratuita, ed ecco che tutti siamo teletrasportati nel videogioco più grande che si sia mai visto: il pianeta Terra.

Ma tra la realtà virtuale e quella vera, c’è un solco immane.

C’è una parte di mondo, quella nostra, che amiamo chiamare “occidentale”, che si distrae immersa nella musica sparata a bomba da una cuffietta sempre ac-cesa e che muore, mentre guida, mentre attraversa la strada o un binario, sotto gli occhi esterrefatti dei pochi attenti, pronti però a brandire lo strumento elettronico e videoriprendere l’ultimo momento di vita del distratto di turno, infilandosi nell’abbraccio dello stesso mortale carnefice del quale hanno appena visto l’indifferente crudeltà; e poi c’è l’altra parte del pianeta, quella che oggi ci odia ma che, a differenza di noi, è pienamente concentrata sul proprio obiettivo: farci fuori tutti, uno ad uno.

Ci sono già i primi incidenti stradali, a pochi giorni dal “lancio” planetario dell’ultima web-moda.

Pensate un po’: quante volte ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se ai tempi di Hitler o di Stalin, le immagini degli stermini da essi rispettivamente ordinati, fossero corse su Whatsapp o su Telegram? Beh, la risposta ce l’abbiamo oggi: niente.

In quegli anni di immagini in bianco e nero, di fil-mati muti e viziati dall’eccessiva, innaturale, velocità di riproduzione, tutto poteva sembrare lontano, irreale. Serviva molta immaginazione, per pensare che quelle immagini fossero state vive o reali.

Oggi, reduci dagli strazianti filmati in slow motion e in HD della strage di Nizza, freschi di sonoro delle es-ecuzioni messe in rete dall’Isis, ubriachi di missili che possiamo riveder cadere all’infinito su bersagli umani e non, ecco Pokémon. Eccolo che ci distrae, che ci rilassa, che ci ipnotizza più delle “Sirene” di Ulisse o del flauto di Orfeo. Ci ipnotizza e ci porta a camminare, guidare, pedalare, attraversare, in una realtà aumentata che in realtà diminuisce tutto di noi, compresa, perdonateci il nostro inguaribile pessimismo, l’aspettativa di vita.

A niente serviranno i rimedi degli antichi: benda sugli occhi e orecchie tappate con la cera.

Stavolta lo diciamo prima: vedrete che questa novità, avrà come unico effetto solo quello di sguinzagliare frotte di bambini a caccia di qualche raro pokémon, magari in bici con gli occhi fissi sullo smartphone usato di papà in mano, o di farci sbattere contro il fusto di un albero o contro la cantonata di un muro. O contro un’altra macchina, o direttamente contro un pedone, che pensava di essere in salvo sulle strisce.

Ecco, se lui fosse stato un Pokémon, sarebbe insieme a tutti gli altri nel paradiso virtuale in cui vanno, ne siamo certi, gli spiriti liberi (virtuali) della rete. Ma non è un pokémon: il pedone investito è solo un morto.

Un morto vero.

* Responsabile della Comunicazionee Consigliere Nazionale Asaps

Va a caccia di pokémon in tangenziale,impiegata trevigiana fermata dalla polizia

L’episodio qualche giorno fa. La donna, una 39enne, ha posteggiato l’auto presso un distributore e poi si è messa a passeggiare, con lo smartphone in mano, lungo l’arteria

In motorino a caccia di Pokémon: fermato nella notte e multato dai vigili

Anche a Torino l’appello della polizia: guidare cercando mostri fantastici è un rischio pari a quello di chi scrive sms

Pokémon Go, Konsumer condivide rischi perautomobilisti e pedoni

Pokémon Go, l’annuncio dell’autista torinese:“So dove poter andare sotto i 20 Km/h”

Un’inserzione online propone viaggi a passo d’uomo,a 40 euro l’ora, per migliorare il punteggio e scongiurare

sinistri e distrazioni

Investe una ragazza con l’auto mentre giocaa Pokémon Go

Il giovane si è distratto e ha sbandato mentre giocava con lo smartphone: la ragazza è finita in pronto soccorso all’ospedale Santa Maria la Pietà di Nola, vicino Napoli

Fanno zig zig nel traffico per catturare i “Pokémon”: 50enne minaccia di accoltellarli

L’episodio si è verificato sul lungomare Colombo,a Pastena, dov’è scoppiata un’accesa discussione tra un

automobilista e due ragazzi in sella ad uno scooter impegnati nella ricerca dei simpatici animaletti virtuali

Pokémon Go, al volante sono un pericolo L’incidente stradale è dietro l’angolo

Un giocatore si è schiantato contro un albero, un altro invece è finito addosso ad un’auto della polizia

E’ emergenza per la distrazione che la popolare appprovoca in chi è alla guida. Ma c’è chi ci guadagna

In scooter a caccia di Pokémon:prima multa in Italia

Guida con il cellulare, senza patente e senza revisione. “Stavamo giocando ai Pokémon”, hanno risposto

due giovani fermati in sella ad un cinquantinodai carabinieri

Baltimora, distratto dai Pokémon centra l’auto della polizia

‘’Ecco che succede a giocare a questo accidentidi gioco’’, dice l’investitore

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Foto Blaco

I Pokémon sulla stampa

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iorni fa mi trovavo nella sala d’attesa del pediatra di mio figlio, vicino a me sedevano una madre piuttosto giovane e il figlio, un bambino di circa dieci-undici anni. Trascorsa circa mezz’ora i due sono entrati nello studio della dottoressa e ne sono usciti dieci minuti dopo per poi rimettersi a sedere. Avevo ancora persone davanti a me e così ho potuto osservare i due per almeno altri venti minuti prima che venisse il mio turno. Per tutto quel tempo la madre ha chattato su Whatsapp, estremamente concentrata sulla

sua conversazione, mentre il figlio si annoiava e tentava ogni tanto di sbirciare lo smartphone della madre. Lei puntualmente gli diceva di non guardare, di farsi gli affari propri, insomma. Questo almeno nella prima tranche dell’attesa. Dopo che i due erano usciti dallo studio della dottoressa le cose erano leggermente cambiate. La madre, per la verità, continuava a chattare come prima, ma il bambino appariva molto turbato, sembrava quasi sul punto di piangere e forse si tratteneva solo per non fare brutta figura, sentendosi ormai grande. Dopo un po’ non ho più resistito a quel musetto imbronciato e ho chiesto al bambino cosa gli fosse successo. A quel punto la madre ha sollevato per un attimo lo sguardo dal telefono e mi ha risposto:- Gli hanno fatto il tampone!

Attualità di Davide Stroscio*

La solitudine è un sentimento molto diffuso nel mondo giovanile. Non è la stessa cosa che rimanere isolati su di una montagna: vuol dire non essere percepiti, non avere un senso in mezzo alla gente, sentirsi soli tra tante

persone. Si ritrova solo colui a cui nessuno attribuisce un significato, colui che vive ma è inutile.

Vittorino Andreoli

Pokémon Go (ma dove?)

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La risposta rendeva evidente e ineliminabile il dolore del bimbo, tanto che la madre riprese subito a chattare, mentre il figlio mi guardava sconsolato. Scambiai con lui qualche parola, riuscendo anche a farlo sorridere, ma solo per un attimo.

Quando alcuni giorni dopo cedetti alla curiosità e chiesi a qualcuno cosa cavolo fosse il gioco Pokémon Go di cui ovunque si sentiva parlare, ricevutane una spiegazione esaustiva per prima cosa rabbrividii dinanzi alla genialità e allo stesso tempo all’idiozia dell’ultima idea del momento, poi ripensai alla scena avvenuta nella sala d’attesa e pensai che un altro passo era stato fatto sulla via della solitudine.

Il processo è iniziato da tempo, ormai, in fondo decenni fa il regista e intellettuale Pier Paolo Pasolini già denun-ciava l’avvento distruttivo della cultura di massa rispetto ai valori e alle tradizioni del passato, alle quali stava sostituendo, in sostanza, il nulla. Questo processo con-duce, come naturale conseguenza se non come obiettivo prestabilito, a produrre il consumatore perfetto, ossia una monade solitaria che con il minor sforzo possibile può acquistare prodotti in continuazione. La solitudine serve per evitare il confronto con gli altri, per renderlo succube di ogni tipo di tecnica di marketing. Questo tipo di strut-tura è ormai diventata pervasiva della nostra vita, basti pensare ai rapporti interpersonali tenuti tramite Facebook, alle conversazioni che avvengono con il rapido linguaggio tipico di Whatsapp. Se vogliamo acquistare qualcosa lo facciamo sempre più tramite siti di e-commerce come Amazon, se vogliamo vedere una partita di calcio il più delle volte ci accomodiamo sul divano anziché condividere quell’esperienza allo stadio insieme agli altri sportivi. Anche il sesso, in fondo, anziché coinvolgere corpi veri (quindi imperfetti) con sempre maggiore frequenza si riduce all’autoerotismo sotto lo stimolo delle bellezze irreali di You Porn o altri simili siti web.

In questo panorama si inserisce Pokémon Go, un altro passo in avanti lungo il processo di deumanizzazione delle nostre vite. Si tratta solo di un ennesimo ritrovato che porta ad essere sempre più soli, in questo caso seppure essendo in compagnia. Si può giocare a Pokémon Go insieme a tante altre persone, muoversi in grandi spazi, eppure essere comunque soli. Il rapporto, infatti, è tra il singolo e lo schermo, al limite tra singoli che commentano quanto accade sullo schermo, mai tra soggetti pensanti tra loro. In questo modo anche il mondo esterno (la fa-mosa passeggiata all’aria aperta da sempre consigliata

ai giovani che passano troppo tempo davanti alla TV o al PC) viene contagiato e diventa solo una estensione di una applicazione, un nuovo schema da superare, niente di più. Quanto tutto ciò sia devastante sembra facile da capire, ma come ben sappiamo l’uomo è attratto dalle novità, da ciò che è semplice e immediato, a scapito di ciò che è profondo e potenzialmente carico di soddisfazioni, ma che richiede un minimo di impegno.

Così, sprofondati nel loro gioco, sempre più giovani (e meno giovani) divengono quelli che sono stati definiti “Smombies”, un neologismo che unisce i termini “smart-phone” e “zombie”. Insomma stiamo diventano degli esseri dalla coscienza e dalle capacità ridotte, in grado solo di vagare con passo incerto, attratti, se non dall’odore della carne umana, dalla luce emessa dai nostri fantastici telefoni. Che importa se per seguire quella luce ci dimen-tichiamo che il mondo intorno a noi è reale, che le auto che ci corrono accanto possono investirci per davvero, se il pedone che cammina sul marciapiede, una volta che lo abbiamo schiacciato con la nostra auto, non produce punteggio ma solo dolore?

Il processo sembra, e forse lo è, irreversibile. L’unica cosa che si può fare, credo, è provare a tenere viva la fiamma del rapporto umano, provare a far sì che, accanto alla tecnologia e ai suoi tanti vantaggi rimangano degli esseri umani capaci di utilizzarla o di farne a meno. È stato altrove(1) e con notevole sapienza argomentato come ciò sia irrealizzabile, nel mio piccolo io continuo a sperare che sia possibile trovare una via terza tra le fantasie di ritorno ad una vita preindustriale e l’annichilimento di un mondo dominato dalla tecnologia.Intanto, mi dico, è possibile per ciascuno provare a col-

tivare di nuovo la propria umanità, innanzitutto occupan-dosi degli altri, alzando per primi lo sguardo dal cellulare per rivolgerlo ai nostri cari e poter magari vedere che il bambino che ci sta accanto sta per piangere. Una carezza della mamma, forse, lo potrebbe consolare, e potrebbe insegnargli il valore delle relazioni umane. Ricordiamoci, in fondo che il buon esempio è il miglior metodo educativo!

* Psicologo-psicoterapeuta, [email protected]

Nota(1) Per chi desiderasse approfondire l’argomento consiglio vivamente la lettura (impegnativa) del corposo “Psiche e Techne: l’uomo nell’età della tecnica” (2000) di Umberto Galimberti, ed. Feltrinelli.

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L’estate con i

estate 2016 passerà (forse) alla storia anche per il gioco tecnologico “Pokémon-Go” e per le polemiche (giustissime e sacrosante) sull’utilizzo degli smart-phone per giocare mentre si è alla guida di ciclomotorI, motocicli e autovetture, mettendo a repentaglio l’incolumità propria e degli altri utenti della strada. Per non

parlare dei pedoni. Occhi fissi sul cellulare per trovarne il maggior numero possibile, magari attraversando un incrocio o peggio un binario ferroviario. La polizia del Belgio, ad esempio, imporrà multe di 55 euro ai pedoni che siano distratti dal gioco Pokémon Go mentre si apprestano ad attraversare le strade sulle strisce pedonali. Nel redigere il verbale, gli agenti della polizia belga utilizzeranno l’articolo 7.2 del codice della strada in cui si afferma che “gli utenti dovrebbero comportarsi sulle strade pubbliche in modo tale da non causare disagio o pericolo per gli altri utenti della strada”. Ho letto che su internet ci sono annunci di allenatori di Pokémon GO che, per 15 euro ogni 60 minuti, sono disposti a insegnare le mosse più strategiche per conquistare palestre, fare incetta dei Pokémon più potenti e comprare gli strumenti vincenti nel negozio virtuale dell’app. Negli USA, esistono autisti che si offrono di portare i giocatori in giro per la città a catturare Pokémon per 30 dollari all’ora. E così nei curriculum vitae, alla sezione “esperienze pregresse”, ci sarà una nuova voce: cacciatore di Pokémon.

I miei quattro figli, che non sono ancora in età da patente, mi hanno spiegato (con pazienza perché il loro padre non ha mai brillato per i giochi tecnologici) le principali regole di questo nuovo gioco. Gli amici dei miei figli hanno poi aggiunto particolari incredibili e fornito alcune esperienze vissute anche da altri genitori e da maggiorenni. Mi sono venuti i brividi. Anzi, mi è venuta una certa angoscia. Quando si parlava di sicurezza stradale, pochi anni fa, con i primi cellulari ultramoderni, i richiami degli addetti ai lavori che intendevano tutelare la sicurezza stradale erano “non telefonare mentre guidi”. Siamo

Attualità di Luigi Altamura*

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passati al “non messaggiare mentre guidi” all’attualissimo “non giocare mentre guidi”, con una particolarità: che oggi non togli più gli occhi dallo schermo del cellulare per trovare il Pokémon sulla strada e per catturarlo, con una soddisfazione alienante. Bastano poche decine di secondi, dopo averlo scovato, in cui il cervello è totalmente associato ad una attività “distratta”, non certo alla massima attenzione alla guida. E se pensiamo agli spazi di frenata, ad un semaforo rosso, ad una curva da affrontare, ad un attraversamento pedonale dove rallentare, il “gioco” (scusate il gioco di parole) è fatto, nel senso di danno irreversibile con un sinistro stradale anche grave o gravissimo.

L’Asaps (con grande anticipo su tutti e con meritoria lungimiranza) ha lanciato importanti campagne di sensibilizzazione definendo il fenomeno la “sbornia del terzo millennio” oppure “il moderno sistema di distrazione di massa”.Un algoritmo pensato dagli inventori del gioco, già scaricato più di 100 milioni di volte al mondo, permette di trovare un Pokemon in ogni angolo del pianeta o quasi. Anche dentro il proprio appartamento o magari dentro una chiesa. Mi hanno raccontato di aver catturato questi personaggi anche davanti ad una lapide presente sul ciglio di una strada cittadina, piccolo monumento che ricordava una vittima di un incidente stradale. E tutti lì a catturarlo. Ma pochi guardavano il volto di quel povero ragazzo, schiantatosi su quella strada. Penso alle nuove norme sull’omicidio stradale che non hanno visto tra i comportamenti gravi proprio l’utilizzo del cellulare alla guida (per qualsiasi scopi...e andatelo a raccontare agli uomini in divisa che trovano nelle mani delle vittime ancora i cellulari in mano). Visto che la norma sarà sicuramente migliorata, il legislatore deve correre ai ripari...e anche velocemente. In Usa, uno sceriffo ha catturato un latitante grazie al gioco. La polizia del New Hampshire sta usando Pokemon Go nel tentativo di attirare i latitanti e catturarli. Con un post su Facebook, infatti, si invitano le persone che fanno

parte di una lista a far visita al posto di polizia della città di Manchester. Qui, infatti, sarebbe stato ritrovato un Pokémon raro, un Charizard.Nei supermercati arrivano gli “happy hour” dei Pokémon, con i moduli esca per catturare molti “animaletti” in determinati orari. Certo i rischi sono quelli di scontri di carrelli e di investimenti di nonnine. È una gara a chi fa più “successo” con questa app.Non vogliamo pero’ dichiarare guerra a questo gioco. Anzi. Ma qualche cosa bisognerà pur fare. Penso all’inizio dell’anno scolastico. Con le aule dove compariranno tra i banchi i “simpatici animaletti”. E i docenti a combattere con gli studenti per lasciare fuori dalle aule i cellulari.

Anche io vorrei avere un Pokémon rarissimo (mandatemi l’indirizzo degli inventori per favore) dentro al Comando di Polizia Municipale...talmente raro da richiamare migliaia di giovani (e anche meno giovani)...lì farei fare un percorso, con le foto di tutti i sinistri mortali degli ultimi dieci anni, e in fondo al corridoio un veicolo completamente distrutto, dove dentro i giocatori troverebbero un Pokemon con in mano un cellulare...il nome? Pokémon “Pirlonex”...quello che gioca e guida. E poi si schianta. E magari l’algoritmo del gioco dell’estate, potrebbe inserire i punti delle strade cittadine in cui è stato rilevato un sinistro mortale. Così da ricordare a tutti i giocatori la vera realtà. Quella tragica di chi non c’è più e dei familiari che soffrono per la perdita di un proprio caro.Cari genitori, cosa ne dite di dare qualche segnale ai propri figli sui rischi di questa novità tecnologica che impatta sulla sicurezza stradale? A patto che non siano gli stessi genitori a dare “cattivi esempi” ponendosi alla guida, alla ricerca di “simpatici animaletti”.A breve Vi terremo aggiornati con nuove storie.

*Comandante Corpo Polizia Municipale di Verona

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Attualità

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di Paolo Carretta*

l marchio individuale o d’impresa disciplinato dal Codice della Proprietà Industriale (D. L.vo 10 febbraio 2005 n. 30), ha il compito di distinguere il singolo prodotto o servizio di un imprenditore da quello dei terzi, è uno strumento che

ha un'innegabile importanza in materia di c. d. “ordine economico” ma bisogna considerare diverse eccezioni, anche per quanto riguarda il mondo dell’auto. Appartiene al genere dei segni distintivi di cui costituisce specie, comprendendo il genus ogni segno avente finalità distintive (art. 7 D.Lvo n. 30/2005). In tale seconda categoria devono essere ricompresi: tutti i segni suscettibili di rappresentazione grafica, parole, compresi i nomi di persone, disegni, lettere, cifre, suoni, forma del prodotto o della confezione, combinazioni o tonalità cromatiche, purché idonei a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre.

Il Codice Civile distingue tra quello di fabbrica, apposto dal produttore, e quello di commercio apposto dal rivenditore ovvero da colui che fa circolare il bene ma che non può in ogni caso sopprimere quello del produttore o del commerciante da cui riceve l’oggetto cui sia apposto (art. 20 c.3 cod. P.I.). Il compito di far rispettare un marchio grava principalmente sul suo titolare - fatte salve le attribuzioni di organismi pubblici - cui spetta il compito di scoprire eventuali violazioni e decidere che misure adottare per tutelare le sue prerogative. Deve dunque attuare un servizio di “sorveglianza” sui marchi depositati/registrati allo scopo di garantire i propri diritti di esclusiva. La prima ed essenziale forma di tutela è il

ricorso alla procedura di opposizione nei confronti della registrazione di un marchio identico o simile da parte di terzi. L’originale funzione antifurto del marchio nel mondo del trasporto - veniva marchiato (a fuoco) il bestiame, anche quello utilizzato per la soma o il traino – viene quindi oggi mantenuta, ma il termine va messo in relazione ai titoli di proprietà industriale.

Il Codice Penale contempla e considera come tale solo quello registrato (artt. 473 e 474 c. p.). Con questo strumento viene tutelata, in via principale e diretta, la pubblica fede piuttosto che l’acquirente, come avviene invece per i segni mendaci nel cui ambito di protezione possono essere attratti nel caso i marchi non registrati. Una sorta di falso materiale (art. 473 c. p.) concernente il bene tutelato dalla proprietà industriale. La pubblica fede deve essere intesa come l’affidamento, da parte dei consociati, nei marchi e nei segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali garantendone la circolazione. L’attitudine del falso ad ingannare e ingenerare confusione deve essere apprezzata, piuttosto che al momento dell’acquisto, in riferimento a quello della visione e successiva utilizzazione dei beni da parte di un numero indistinto di soggetti. In pratica, trattandosi di reato di pericolo (art. 474 c.p.), non rileva che un singolo acquirente sia stato tratto in inganno, quanto piuttosto che il marchio contraffatto sia di per se idoneo a far apparire il bene falsamente proveniente da un determinato produttore. Elementi distintivi tra le norme incriminatrici nel c. p. vanno ricercati nel fatto che l’uso del marchio e dei segni dei distintivi (art. 473 c.p.) è inteso a determinare un collegamento tra il marchio contraffatto ed un determinato

prodotto, costituendo antecedente logico all’immissione in circolazione dell’oggetto stesso che li reca e che per tale motivo dispone di una vis ingannatoria. Da tale condotta si distingue l’uso del marchio o dei segni (art. 474 c.p.), che è invece direttamente correlabile all’immissione in circolazione del bene recante il marchio contraffatto e ne presuppone l’apposizione già avvenuta. Nel primo caso la condotta ha quindi per oggetto materiale il contrassegno, nella seconda ipotesi il bene stesso recante il marchio contraffatto (S.C. sez. V pen. sent. n. 3674/1997).

La cronaca dimostra, anche in riferimento al mondo dell’auto, la frequenza con cui certi reati vengono commessi laddove vi sia la possibilità di conseguire rilevanti guadagni. La Guardia di Finanza di Chiasso ha sequestrato recentemente, presso il valico omonimo, una Ferrari Modena “taroccata” utilizzando la meccanica di una Toyota MR2. Il mezzo era trasportato su una bisarca con destinazione la Macedonia ove, secondo l’ipotesi investigativa, sarebbe stato utilizzato per la riproduzione di cloni. Non è del resto infrequente che in occasione di raduni di auto dal marchio celebre soprattutto in paesi emergenti si rinvengano modelli identici, marchi seriali inclusi.

Fuori dai casi d’accertamento d’ufficio, per avviare la procedura di controllo dei propri beni recanti un marchio contraffatto in Dogana (valida per un anno e rinnovabile per successivi periodi anch’essi di un anno), è necessario presentare una domanda all’Agenzia delle Dogane, indicando quali marchi il titolare desidera sorvegliare (allegando copia semplice dei relativi certificati di registrazione) e fornendo quante più

Il marchio® e le marche nel mondo dell’autoPorsche, Ferrari, DucatiTre cavalli da corsa nello stesso steccato

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informazioni utili agli agenti doganali per riconoscere il prodotto genuino da quello contraffatto. Nel caso in cui una dogana dovesse ritenere una merce sospetta di contraffazione, contatterà il titolare del marchio vigilato e quest’ultimo disporrà di un periodo di dieci giorni lavorativi per indicare alla dogana se la merce bloccata è originale ovvero contraffatta. Nel caso in cui la merce fosse contraffatta, la dogana provvederà al suo sequestro e sarà automaticamente avviato un procedimento penale. Il titolare del marchio ha il diritto di essere informato circa la provenienza e la destinazione della merce contraffatta per potere poi agire di conseguenza, avviando anche un’azione civile per esempio nei confronti del destinatario finale, in caso lo ritenesse opportuno.

L’impresa della filiera del falso rileva quando si verifica la predisposizione di un’attività economica con modalità sistematiche o strutturali, organizzazione di capitali, eventualmente forza lavoro e beni strumentali, materie prime: capannoni, laboratori di produzione, depositi e magazzini di stoccaggio e smistamento, automezzi, macchine utensili o per il carico, lo scarico, etc. Da un punto di vista dei potenziali soggetti attivi – i reati rientrano nella categoria di quelli comuni - non è solo l’imprenditore nella condizione di porre in essere le condotte incriminabili, ma anche i suoi collaboratori. Questi potrebbero quindi essere chiamati con lui a rispondere sia a titolo di concorso, ovvero a titolo autonomo se hanno agito di loro esclusiva iniziativa. Ne consegue che tali ipotesi debbano essere considerate quando si inquadrino le diverse fattispecie nel sistema di gestione e controllo realizzato ai fini di prevenzione del rischio di reato ex D.lgs. 231/01. Le condotte tipizzate potranno riguardare i soggetti apicali ovvero i sottoposti e si renderà necessario esaminare tutte le possibili funzioni “a rischio”, con controlli sull’intera filiera produttiva. In

particolare dovrà verificarsi, tra le altre cose, se l’organo dirigente abbia adottato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei alla prevenzione dei reati presupposto e affidato il compito di vigilare sul funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento del modello ad un organismo dell’ente stesso che sia dotato di autonomi e adeguati poteri di iniziativa e controllo denominato Organismo di Vigilanza (art. 6 D.lgs. 231/01).

Rileva invece il mendacio nei segni distintivi (art. 517 c.p.) riguardo alla qualità del prodotto, ad es. quando la composizione indicata in etichetta differisca da quella reale, o quando vengano citati estremi di autorizzazioni inesistenti. Vengono così criminalizzate condotte di falsità ideologica, ovvero relative a marchi che, senza essere strictu sensu copie o imitazioni di marchi registrati, per il loro contenuto o per il rapporto in cui si trovano con il prodotto risultano idonei ad indurre i consumatori in errore acquistando aliud pro alio, e per tale motivo non occorre nemmeno che i marchi imitati siano registrati. La fattispecie di cui all’art. 517 c.p. prescinde infatti dall’esistenza di un marchio registrato o dalla sua falsità, riconducendo l’illecito, sotto il profilo materiale, alla mera artificiosa equivocità di contrassegni, marchi ed indicazioni, tale da ingenerare confusione con prodotti similari. Il bene giuridico tutelato con tale fattispecie è quello dell’ordine economico (reato di pericolo), che ha carattere sussidiario, integrato pure quando si verifichi una semplice somiglianza di nomi, marchi e segni distintivi; anche nell’ipotesi in cui la confusione consegua ad un esame frettoloso della merce operato da un consumatore di media diligenza, contrariamente alle ipotesi di contraffazione riferibili invece alla possibilità che si renda necessario un esame. La vis ingannatoria del segno mendace nei confronti del consumatore medio rappresenta il vero disvalore del fatto tipico come per il delitto di frode in commercio (art. 515 c.p.).

Le indicazioni non corrispondenti al vero apposte sulla merce, tendenti a far credere che l’oggetto sia coperto da brevetto, ovvero che il marchio sia registrato mentre non lo è. Tale violazione rende applicabile una sanzione amministrativa (art. 127 d.L.vo n. 30/2005), fermo restando nel caso l’applicabilità di sanzioni penali per ulteriori violazioni che si dovessero configurare nel caso concreto.

Le caratteristiche del marchio rilevano

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per la sua capacità distintiva, può essere: denominativo, emblematico, misto, a seconda che sia costituito da segni, figure, vocaboli di fantasia, o combinazione di essi. Un contenuto espressivo non è tuttavia da solo bastevole a tale scopo, ma è necessario che le parole utilizzate – nel loro significato - risultino idonee alla sua identificazione, da parte del consumatore medio, come proveniente da un determinato imprenditore. Peraltro il loro significato dipende anche dall’uso che se ne fa e dal contesto comunicativo d’impiego. L’art. 7 C.P.I. riprende il contenuto dell’art. 4 del Reg. C.E. n. 207/2009 sul marchio comunitario: “1. Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché (però) siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”. Non sono quindi tutelati segni e denominazioni diventati di uso comune, fenomeno della cd volgarizzazione del marchio (vds. oltre).

La registrazione come condizione per la tutela penale nella protezione del marchio - di competenza della Direzione Generale Lotta Contraffazione Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del Ministero dello Sviluppo Economico – dà al titolare del marchio il potere esclusivo di evitare che altri ne tragga un ingiusto vantaggio. La registrazione garantisce diritti di esclusiva per 10 anni, rinnovabili per ulteriori 10 (comb. dis. art. 2569 cc, art. 1 r.d. 929/1942, conf. art. 20 d.lgs. 30/2005). La registrazione agisce anche da limite al patronimico, ovvero la possibilità di utilizzare, come marchio, il proprio nome e cognome da parte di un terzo. La forma del prodotto o del suo confezionamento può costituire un valido marchio, a condizione che il segno in questione: abbia una sua autonoma capacità distintiva agli occhi del consumatore medio, tale che la semplice visione di quella specifica forma sia in grado di creare immediatamente un ideale collegamento tra il prodotto/servizio sia con il marchio sia con l’azienda produttrice.

In ordine alla registrazione, che sola garantisce la relativa tutela penale, può distinguersi: il marchio verbale o denominativo che consiste in una dicitura composta di caratteri a stampa, priva di caratteri personalizzanti, colori, grafica e/o logo e quindi priva di una componente grafica, a seguito del cui deposito viene pertanto richiesta la tutela di una o più parole, non dell’aspetto esteriore riferibile a caratteri e/o colori; il marchio figurativo che possiede invece grafica personalizzata e/o caratteri di fantasia e/o colori e/o un logo, a seguito del cui deposito viene invece richiesta una tutela estesa ai termini utilizzati ma anche

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all’aspetto esteriore riferibile ai caratteri personalizzanti, ai colori, alla grafica, al logo. La tipologia di marchio di cui si chiede la registrazione può influire sulla sua tutela, che è sicuramente maggiore nel caso di un marchio figurativo che gode di maggiore forza distintiva, tanto maggiore quanto maggiore risulta la sua notorietà realizzando al limite un marchio forte.

La forma del design può essere utilizzata allo scopo di ottenerne la registrazione come marchio, anche se si presta ad essere tutelata attraverso modalità alternative: principalmente registrandola come modello e disegno (D.Lgs. n. 30/2005), riferendosi all’aspetto esteriore del prodotto o a parte di esso, ovvero utilizzando il diritto di autore (L. 633/1941). Cambiano, secondo le varie ipotesi, i costi e la durata della protezione che per il marchio è tendenzialmente perpetua.

La distinzione tra marchi forti e marchi deboli rileva per l’efficacia e l’estensione della tutela. Quelli forti, sono frutto di fantasia, senza aderenze concettuali con i prodotti contraddistinti, identificando il prodotto con l’uso di termini privi di valore semantico. La tutela risulta maggiormente incisiva, rendendo illegittime variazioni pur minime, esemplare a tal riguardo Mercedes-Benz che apparentemente non attiene al mondo dell’auto. In casi della specie si può avere contraffazione anche quando il plagio non è accurato, nei dettagli.

Diverso il caso dei marchi deboli che presentano minore originalità ad es. per la diretta relazione con il prodotto, pur mantenendo una minima capacità distintiva necessaria per differenziarli ed essere tutelati. Nell’esempio grafico: il marchio (forte) Mercedes privo di valore semantico, affiancato a quello di un altro produttore di autoveicoli, General Motors la cui riferibilità ai motori è chiara ed infine il marchio di una concessionaria che commercializza autovetture marca Toyota. Si rende evidente l’impossibilità per la GM (ipotesi di scuola) di far valere un suo preteso (non è) diritto ad impedire l’utilizzo del termine “Motor” – che pure è parte del marchio registrato - fatto da parte del concessionario di una diversa marca. Un ipotetico cliente interessato ad acquistare un modello Opel (gruppo GM), potrebbe per errore far visita alla concessionaria Toyota ed avendo preso visione per tale motivo di un modello analogo decidere di acquistare quest’ultimo.

Venendo ai modelli il celeberrimo fuoristrada Land Rover (oggi parte del gruppo Jaguar - Land Rover di proprietà di Tata Motors) prodotto dal 1948, col suo nome liberamente traducibile in “giramondo/vagabondo” (Land/territorio inizialmente era il nome del modello, Rover la marca), ha probabilmente contribuito alla iniziale notorietà dell’analogo ma successivo (1951) fuoristrada Land Cruiser della Toyota – a destra nell’immagine - inevitabilmente poiché il termine Land ha un rilevante valore

semantico indicando in lingua inglese “terra/territorio”. Entrambi i modelli fanno parte della storia dell’auto e possono vantare oggi su una reputazione di tutto rilievo, ma almeno inizialmente il secondo può aver beneficiato in maniera parassitaria della notorietà di un genere, richiamato nel nome, che deve al primo la propria iniziale diffusione. In questo senso può affermarsi che in un primo momento il marchio Land Rover sia stato, per essere descrittivo, un marchio debole. Ciò almeno sin quando non è divenuto un marchio celebre, addirittura autonomo dal modello che l’ha generato, venendo quest’ultimo denominato Defender per caratterizzarlo rispetto ad una linea produttiva che si è articolata anche su modelli meno spartani o di lusso.

In estrema sintesi può affermarsi che, per i marchi deboli, bastano piccole alterazioni ad evitare la c.d. confondibilità ed assicurare la non applicabilità di sanzioni penali ma soprattutto, per il settore che ci occupa, evitare le onerose conseguenze di un’azione di tutela in sede Civile che può prevedere anche misure cautelari.

Il marchio celebre, ovvero che gode di rinomanza (art. 20 c.1 lett. c. C.P.I.), ha una tutela estesa oltre i generi merceologici per cui la registrazione è stata effettuata, qualora l’uso del segno avvenga senza giustificato motivo consentendo di trarre indebito vantaggio/recare pregiudizio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio utilizzato in maniera indebita. Tra i diritti del titolare del marchio individuale registrato risalta infatti la facoltà di farne uso esclusivo e di vietarlo ai terzi salvo consenso, per farne uso nell’attività economica. La tutela si estende in questo caso anche ad un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi pure non affini. Per quanto riguarda il settore che ci occupa, l’esclusività del diritto impedirebbe ad un soggetto non

autorizzato ad es. la produzione di abbigliamento, profumi, giocattoli, cicli, orologi ed oggettistica che richiami un marchio celebre e spesso molto appetibile come quelli: Ferrari, Porsche o Bugatti.

Una caratteristica di tale tutela infatti è il non essere condizionata dalla sussistenza o meno del rischio di confusione sull’origine, ovvero dalla presenza o assenza di affinità merceologica; quanto precede in ordine alla necessità evidente di evitare l’agganciamento parassitario al marchio celebre o anche fenomeni pregiudizievoli per il medesimo segno. In presenza di un marchio celebre, si deve porre quindi attenzione al fatto

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che l’identità o somiglianza dei segni distintivi posti a raffronto implichi: l’indebito vantaggio conseguibile parassitariamente dal contraffattore; il pregiudizio derivante da una perdita di immagine del marchio derivante dall’indebito accostamento. Il rischio di confusione non è quindi requisito necessario per il riconoscimento di tutela ultra-merceologica dei marchi notori o di rinomanza.

La volgarizzazione del marchio è il processo per cui il nome di un prodotto di marca entra a far parte del linguaggio di tutti i giorni, perdendo la sua capacità di identificare un prodotto specifico e venendo associato ad un’intera categoria di prodotti con le medesime caratteristiche di quello inizialmente identificato dal marchio volgarizzatosi. Il titolare non potrebbe impedirne l’uso a terzi per la perdita del “requisito di distintività”. Ciò prescindendo dalla marca che contraddistingue quest'ultimo come avvenuto a suo tempo per il prodotto Jeep, per cui si è verificato in verità un caso paradossale, avendo il produttore registrato un termine oramai d’uso comune e appropriandosi della sua notorietà. Può accadere persino che tale processo si accompagni alla presenza del nome di marca in un dizionario con la creazione di veri e propri neologismi. Per evitare di perdere i diritti di proprietà sul marchio che diverrebbe un termine generico non più utilizzabile quindi in modo esclusivo, può operarsi contrastando il fenomeno da parte del costitutore/titolare in vario modo, tra l’altro accompagnando il marchio col simbolo ®, come ha preteso la Ferrero per il suo prodotto “Nutella” che rischiava di diventare sinonimo di cioccolato spalmabile. Molto particolare e per certi profili inverso il caso del marchio Jeep ® negli U.S. registrato dopo che il termine era divenuto d’uso comune - esplica efficacia anche in Italia (art. 10 del Reg. sul Marchio Europeo) - per cui si è verificato in verità un caso paradossale, avendo il produttore registrato un termine oramai d’uso comune e appropriandosi quindi della sua notorietà garantendosi così l’uso esclusivo.

Premesso che un marchio può essere ceduto anche autonomamente dall’impresa, e che quindi è plausibile imbattersi in beni e servizi recanti identico marchio pur provenendo da imprenditori diversi, particolare è il caso degli accessori auto non originali. Per le sue dimensioni si segnala soprattutto il caso dei copri-cerchi, che riproducono in tutto e per tutto persino nel segno quelli della marca d’auto che li monta, risultando intercambiabili con gli originali. Possono essere commercializzati col limite dell’uso decettivo che si configura quando l’utilizzo del bene possa indurre in inganno il pubblico circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi (art. 14 c.2 C.P.I.). Ciò perché “.. I diritti esclusivi sui componenti di un prodotto complesso non possono essere fatti valere per impedire la fabbricazione e la vendita dei componenti stessi per la riparazione del prodotto complesso al fine di ripristinare l’aspetto originario ..” (art. n. 241 C.P.I.). Ciò consente ad un consumatore, che deve essere necessariamente informato, di poter scegliere prodotti alternativi agli originali e con prezzi che risulteranno il più delle volte inferiori. Talvolta, per le vetture storiche, offrono l’unica possibilità di ripristino offerta ad un restauratore. Sembra paradossale (non lo è) ma risulta quindi in tale ipotesi illecita l’apposizione del marchio su un componente non identico all’originale - mancherebbe la funzione estetica del ripristino dell’aspetto originario - nel caso dei copricerchio, che rappresentano una componente appunto di natura estetica. Così, se sono esattamente identici agli originali può essere esclusa la contraffazione, anche se diventa rilevante il rischio di confusione per l'acquirente, che dovrà essere necessariamente tutelato, come minimo aggiungendo il marchio del ricambista a

quello della “casa automobilistica” magari in posizione non immediatamente visibile, appunto per non alterare l’aspetto originario. Quindi è consentito “riprodurre fedelmente il singolo componente in tutti i suoi elementi descrittivi”. Più intuitivo il motivo per cui è possibile apporre il marchio del produttore del pezzo funzionale (es. un carburatore), ovviamente insieme al marchio del produttore del clone per evitare confusione. Anche in questo caso l’uso del marchio altrui consente al consumatore (informato) di poter riferire correttamente il pezzo di ricambio all’automezzo per cui si rende necessaria la sostituzione. Riassumendo e semplificando. L`uso del marchio originale, operato da imprenditore diverso dal titolare dei diritti esclusivi, non svolge in questo caso la funzione tipica o distintiva del segno, ma quella di informare il consumatore del fatto che quel determinato prodotto ha una destinazione strumentale a quello analogo prodotto dal titolare dei diritti sul marchio.

(S.C. Sez. V pen. sent. n. 1629/2011). Principio di diritto: ai fini dell’applicazione degli articoli 473 e 474 c.p., la contraffazione penalmente sanzionabile è solo quella che attiene al marchio nella sua funzione distintiva, ovvero è libero e legittimo il mercato dei pezzi di ricambio per auto paralleli, pure nel caso in cui riportino il marchio della casa madre; limite: tale segno distintivo deve avere mera funzione descrittiva non ingenerando confusione.

Tre cavalli da corsa dallo stesso steccato. Si assomigliano molto nella forma e nella postura, i cavalli che si rinvengono nei marchi di fabbrica della Ferrari e della Porsche. Il simbolo della più famosa marca italiana di auto sportive precede incontestabilmente nell’utilizzo automobilistico quello della concorrente tedesca, pure quanto all’origine deve essere con quello collegato, attraverso il richiamo operato all’emblema della città di Stuttgart (Baden-Württemberg) sede della Porsche. In italiano la città viene detta Stoccarda, che si può tradurre come “steccato” o “giardino delle giumente”. La circostanza offre il destro per spiegare, attraverso un caso pratico, come due marchi possano avere elementi comuni pur escludendosi il plagio. Questo dato sorprendente si ricava attraverso una ricerca araldica supportata da alcuni documenti storici di facile accesso. Non viene invece solitamente ricordato che anche la nota marca motociclistica Ducati utilizzò il cavallino rampante, durante egli anni 50/60 dello scorso secolo, e che tale scelta fu del progettista Fabio Taglioni, famoso per aver perfezionato la distribuzione desmodronica, anche lui lughese come

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Baracca che intese così celebrare l’eroico concittadino. Paradossalmente la Ducati, a seguito di diversi passaggi di mano, entrerà da ultimo a far parte del gruppo automobilistico Volkswagen AG e della stessa holding di Porsche AG.

Dalla cavallina impaurita al cavallino rampante. Quando la dinastia dei Savoia iniziò a crescere di importanza tra le nobili famiglie europee, ogni occasione era buona per richiamare la sua pretesa discendenza dalla casa di Sassonia come ramo cadetto. Implicava per i suoi appartenenti il fatto di essere principi del Sacro Romano Impero, discendendo dal principe sassone Beroldo, di stirpe alemanna, e dal duca Vitichindo di Sassonia (730 – 810), dapprima antagonista di Carlo Magno e nemico della Fede, in seguito battezzatosi e divenuto figlioccio dell’Imperatore.

Vollero quindi conseguentemente arricchire le proprie armi di segni che ne magnificassero tale discendenza, includendo per tale motivo un quarto (quello a sinistra) composto rispettivamente dalle armi di Westfalia, Sassonia e Angria e partito, nel 1º di rosso col cavallo spaventato d'argento.

Quindi Il duca Emanuele Filiberto di Savoia (1528 -1580) inquartò le armi sassoni con quelle del Chiablese e di Aosta, mettendo quelle di Savoia (scudo bianco - crociato) al centro sul tutto (a destra). Quando il 23 luglio 1692 il Duca Vittorio Amedeo II di Savoia fondò il Reggimento di Cavalleria "Piemonte Reale", lo strutturò come una unità di Cavalleria Pesante dandogli come emblema uno Scudo contenente, tra l’altro, inquartato di rosso, un puledro allegro d'argento. Sotto lo scudo il motto "Venustus et Audax".

In un primo momento la coda del cavallo risulta rivolta verso l’alto successivamente e comunque nello stemma araldico concesso al Reparto nel 1919 è invece rivolta verso il basso. Il cavallo rampante non risulta tuttavia prerogativa del Reggimento, come logico peraltro essendo tratto dallo stemma della casa regnante e rinvenendosi infatti anche nello stemma di “Savoia” Cavalleria.

Risulta marginale per questo scritto, ma la memoria di tanta gloria fu cancellata per il casato Savoia dal sovrano Carlo Alberto, per essere ritenuta politicamente dannosa, avendo costui considerato la possibilità di mettersi alla testa del movimento per l’Unità d’Italia. Gli ingombranti Vitichindo e Beroldo vennero tolti di mezzo, mentre furono fisicamente cancellate ove possibile le loro memorie allegoriche dai luoghi pubblici. Nuovo capostipite sabaudo, divenne così Umberto Biancamano, presunto discendente di una famiglia di patrizi romani stanziata in Borgogna. Cionondimeno tanta prolungata attività di marketing non poteva essere semplicemente cancellata e alla morte di Umberto I nel 1900, ucciso a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci, gli fu dedicato a Superga un monumento che tuttora lo indica «Re Allobrogo», in armi sassoni.

L’asso della caccia Francesco Baracca, prima di transitare nel Servizio Aereo del Regio Esercito, aveva servito presso il citato “Piemonte Reale” Reggimento 2°. Era quello uno dei reparti più prestigiosi e scelse di adottarne lo stemma, sia pure con varianti, allorquando decorò la fusoliera del suo nuovo destriero meccanico a partire dal 1917. Esistono diverse teorie circa il colore del cavallino che appare nero o comunque scuro in molte foto, mentre è rosso nell’unico ritratto ufficiale del pilota accanto al proprio velivolo, come rosso appare peraltro il collarino della giubba che ha mantenuto la sua mostreggiatura da cavaliere. Ha il grado di maggiore in questo quadro il lughese, il suo aereo è uno SPAD e tali elementi inducono a ritenere che sia di poco precedente il suo abbattimento sul Montello. La tela è dovuta al bolognese Ettore Graziani e qui il destriero risulta incompleto, mancando della parte posteriore.

Fu questa l’immagine che scelsero i genitori per le cartoline ricordo della morte del figlio pilota. Il colore dell’animale riprodotto sulla carlinga risulta poco importante per il senso di questo scritto, anche se prevale oggi l’opinione che dovesse essere nero sui velivoli che utilizzò, come nero risulterà nello stemma araldico concesso alla famiglia nel 1927. L’autore dell’articolo ritiene, per ragioni tecniche riferibili al degradarsi del

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materiale fotografico dell’epoca, che il colore del destriero fosse rosso, ottenuto invertendo i colori dell’emblema del reparto d’origine al fine di ottenere una maggiore visibilità.

L’immagine della cartolina ben si prestava quindi a divenire simbolo di ardimento e di velocità e fu per tale motivo che, nel 1923, in occasione di una gara sul “Circuito automobilistico del Savio” a Ravenna, fu affidata dai genitori di Baracca al vincitore, Enzo Ferrari, volendo con ciò perpetuare la memoria del loro figliolo. Quando nel 1929 Ferrari diede vita ad una sua “Scuderia”, filiale tecnico-agonistica dell’Alfa Romeo, lo utilizzò come emblema sovrapponendolo al colore giallo della città di Modena dove aveva sede. Le sue vetture Alfa Romeo tuttavia gareggiavano ancora col simbolo della Casa madre, ovvero un quadrifoglio verde entro un triangolo bianco. Per la prima volta il cavallino iniziò a correre, dipinto su una vettura Alfa, nel 1932, alla 24 Ore di Spa, mentre si dovette attendere il 1947 perché apparisse come marchio, su una vettura della casa di Maranello, nel giorno del suo debutto sul circuito di Piacenza.

Certo appare al confronto meno polverosa e carica di suggestioni l’origine del marchio della casa tedesca Porsche, che sarebbe stato concepito come operazione di marketing durante una cena a New York tra Ferdinand Anton Porsche e l’importatore

negli Stati Uniti Max Hoffman nel 1952. Secondo quest’ultimo gli eccellenti veicoli della casa di Stoccarda difettavano di immagine e ne paragonava il logo alla bellezza degli stemmi inglesi, talvolta ispirati ai crests di famiglie nobiliari. Fu così che il tedesco abbozzò su di un tovagliolo lo stemma del Wuttemberg, con le corna d’alce di Ulrico I, sovrapponendogli al centro la giumenta di Sassonia simbolo della città di Stoccarda che per i motivi già detti assomiglia moltissimo al simbolo della Ferrari. Successivamente la bozza fu ridisegnata dal famoso progettista Erwin Komenda.

In ossequio alla legislazione tedesca si rese necessario chiedere il permesso alle autorità per l’utilizzo del segno, ma non vi furono problemi.

BiografiaMaurizio Lupo articolo pubblicato su “La Stampa” il 22 nov. 2012.Non viene indicata ulteriore biografia perché le informazioni a riguardo sono ampie e diffuse, ma l’articolo in riferimento ha costituito per l’autore l’elemento fondamentale per collegare la famiglia Savoia alla città di Stoccarda in maniera convincente. Il riferimento alla sepoltura di Margherita di Savoia nella città tedesca, rinvenuto su una rivista di storia militare e che ha rappresentato il punto di partenza per la ricerca, si è invece rivelato fuorviante anche se utile per acquisire la conoscenza dell’origine di un ulteriore elemento grafico dello stemma della Porsche ovvero le corna d’alce.

*Colonnello della G.d.F.

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Vitichindo gode oggi della protezione prevista dal copyright (L.D.A. n. 633/1941), ovviamente non per l’asserita veste di capostipite del nobile casato dei Savoia, ma come personaggio dei fumetti.

Le sue gesta sono narrate infatti in Lucifera, fumetto erotico degli anni ’70 edito da Ediperiodici.

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Attualità

(ASAPS) Rouen (Francia) – Dunque, le cose stanno così: un prete sgozzato, una persona ferita gravemente e altri religiosi e fedeli tenuti in ostaggio in chiesa da due terroristi islamici, poi abbattuti dalla Polizia francese a Rouen, città natale di François Hollande. Ci investono coi camion, ci sparano ai concerti, si fanno saltare con noi e ora vengono in chiesa per tagliarci la gola, destino che finora era toccato solo ai cristiani nigeriani e pakistani.

Probabilmente non abbiamo mai avuto così tanta paura come negli ultimi mesi, da quando l’Europa è sotto attacco da parte

del terrorismo islamico e “Islamico”, lo ricordiamo, è un termine che indica la diretta attinenza all’Islam. Fino ad ora eravamo stati mediamente tranquilli, perché bastava lanciare un missile qua e un missile là, oppure prodigarci in guerre “lampo” (si, ma quali?) per liberare un certo paese da un certo dittatore, e poi spedire qualche spicciolo al mese a una delle tante ONG in giro per Africa o Medio Oriente, per sentirci in pace con noi stessi e con la nostra coscienza.

Ora no, perché il nemico è in casa.Sì, certo, ai tempi della guerra in Libano (quella combattuta

tra il '75 e il '90), abbiamo cominciato a capire che l’Islam è un mondo dilaniato dalle varie confessioni: Drusi e Sciti, Sciti e Sunniti e così via. È tutta una violenza, questo Islam impazzito, al suo interno ed al suo esterno. Al Qaeda, diffusa soprattutto nella penisola arabica, Al Shabaab in Somalia, Boko Haram in Nigeria, i Ribelli Houthi dello Yemen, per arrivare poi alle prove generali di stato islamico dei Talebani e infine allo Stato Islamico vero e proprio. Sono così tanti che è difficile pensare che l'Islam possa essere una religione di pace: il buon musulmano è quello che segue alla lettera la sha'ria o no? Ma se anche lo fosse (una religione di pace), una consistente parte di chi la professa vuole semplicemente annientare chi non si inchina con lui a pregare come lui. Non esiste nient'altro e l'ordine è uccidere e distruggere.

Ideologicamente.

Ci hanno preso alla sprovvista, perché se è vero che il corrotto, decadente e infedele occidente ha oppresso molti dei popoli che oggi invece intendono sopprimerci, è anche vero che una parte del nostro mondo quei popoli li accoglie. Li soccorre nei loro

Terrorismo: agire o subire?In Francia sfatato l'ultimo tabù: prete sgozzato in chiesa, come in NigeriaAnalisi di un momento cruciale È finito il momento dell'ipocrisia

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paesi d’origine e li accoglie nel proprio. Di più: li ha accolti negli anni addietro, con modi e tempi diversi, ma ora una parte di quei popoli insorge; non si integra, non si accetta. Probabilmente ha trascorso una vita a imprecare contro le campane delle chiese ed ha cominciato a sentir nostalgia del canto del muezzin, che dal minareto chiama a raccolta i fedeli per le cinque, quotidiane, “salat”, le preghiere obbligatorie.

Che siamo stati colti di sorpresa, lo dimostra il fatto che dopo aver fatto fuori molti colonnelli sanguinari, come Gheddaffi o Saddam Hussein, e dopo aver isolato Assad nella guerra civile contro il suo stesso popolo, l’Occidente non sa proprio più che fare: la prova di esportazione della democrazia, pur con tutti i suoi difetti, è fallita. L’era dei dittatori fantoccio negli stati sub-sahariani è finita e oggi un po'si ammazzano tra loro e un po' ammazzano noi.

In mancanza di fucili usano camion e se il mercato nero delle armi automatiche è troppo rischioso, è dimostrato che non sia troppo difficile comprare una pistola su una dark-room, il lato oscuro di Internet, dove non si lasciano tracce. Del resto, nel nostro mondo basta una pistola per fare una carneficina: noi giriamo tranquilli, disattenti e soprattutto disarmati.

Né può consolarci il fatto che ora, dopo un’analisi di Europol sull’argomento, i media tutti tengano a precisare che chi fa gli attentati appartiene alla categoria dei sociopatici, dei malati mentali, dei delinquenti abituali, magari avvezzi a droghe, alcol ed a prostitute, radicalizzatisi in carcere.

Subito pronto, per l’attentatore di Monaco, il profilo di ragazzino vessato per anni dai bulli, che alla fine ha “sbroccato” ed ha fatto una strage imitando il modello dell’isola di Utoya, in Norvegia, dove il nazista Anders Breivik – ovviamente psicopatico – ammazzò 77 persone, colpendo anche ad Oslo con un’autobomba. Non dimentichiamo che nel 2013, a Milano, un immigrato ghanese ammazzò tre persone con un piccone.

Ok: a qualcuno manca una rotella, ma gli altri?

I pazzi non vanno in giro insieme, a parte quelli ricoverati in qualche reparto di psichiatria durante l'ora d'aria. Insieme ci vanno gli esaltati, coloro che condividono un’idea, buona o cattiva che sia.

I terroristi hanno in testa gli schemi della nostra società, sono loro stessi la nostra società e fanno dunque parte del nostro stesso organismo, fino al rigetto per incompatibilità. Nessuno tra i carnefici recentemente immolatisi dopo aver fatto

strage di “infedeli”, a parte due singoli casi, era tra i profughi sbarcati di recente. Erano tra noi perché li consideravamo “noi”.

Praticano una guerra non convenzionale e se l’Italia finora ne è rimasta immune, ciò lo si deve a due circostanze: la prima, perché noi siamo la loro spiaggia d'approdo, di sicuro la più ospitale. Ci prendiamo cura dei derelitti e anche contro certe politiche europee, teniamo alto il nostro dovere marinaresco di salvare vite dal mare. Quindi serviamo, anche politicamente, e colpirci potrebbe essere sociologicamente controproducente.

La seconda, perché l'Italia ha scelto una politica meno attiva sul fronte delle guerre di altri nostri partner europei, ideologicamente meno disposta alle operazioni di “polizia internazionale” lanciate per far fuori il dittatore di turno, senza però pensare al vuoto che si sarebbe, e che di fatto “si è”, creato dopo. Il vuoto non è normalmente previsto, in una rivoluzione: insomma, se un paese deve trovare la sua strada democratica, deve purtroppo farlo da solo. Il fatto è che molti di questi paesi hanno abbattuto una dittatura per una religione, che è pronta a farsi sistema politico, pronta a farsi Califfato. Pronta, dunque, a farsi Stato: dunque, risultato di un piano preordinato. È questa la loro rivoluzione e probabilmente è ciò che questi popoli, o almeno una parte di essi, vogliono essere.

Lo Stato Islamico affascina: ma se il successo militare e territoriale di una cultura – che trova certamente un’origine in quell’atavico odio che ancora cova dai tempi delle crociate e di cui si ha notizia anche nell’autopropaganda di cui la rete è piena – collima col disagio di soggetti che, pur nati nella nostra società, ne sono stati sempre al margine, tanto dall’aver scelto la strada della criminalità, siamo fregati. Di più: siamo in pericolo. Perché Francia, Regno Unito, Belgio, Germania, sono Europa. L'Italia è Europa. E mentre parliamo di diritti e di sacrosanti dubbi sulle strategie e sulla sfida di combattere, anche culturalmente, contro il terrore che promana dalla parola di Allah, stiamo perdendo tempo.

L’attacco dall’interno prende il sapore di un’invasione subdola, che noi stessi abbiamo e stiamo favorendo e il rischio di veder finire il nostro mondo o di andare verso una pericolosa deriva sanguinaria, che sarà vissuta come una guerra civile, è oggi pericolosamente concreto. C'è una vignetta satirica, in voga di questi tempi, che raffigura un occidentale col cappio al collo legato ad un albero ancora piccolo,

che lui stesso sta innaffiando. Non c’è, salvo pochissimi esempi, un solo

fermo “no” alla violenza ed al terrore, da parte del mondo musulmano. Sì, qualcosa si muove, ma non ci sembra niente di convincente. Quando le primavere arabe sono dilagate, le nostre piazze si sono riempite in loro sostegno e non dimentichiamo che da sempre molti occidentali, super laici, si sono spesi per le cause di Palestina o Siria. Demagogia e populismo non possono aiutarci.

Tutti i terroristi in attività in occidente, ad eccezione delle FARC in Colombia, a partire dai gruppi organizzati fino ai lupi solitari, pazzi compresi, sono oggi musulmani e purtroppo operano, come tutti i terroristi che si “rispettino”, all’interno delle aree geo-politiche in cui vivono. L'IS, in più, ha un territorio suo, un proprio fronte su cui guerreggiare in modo più o meno convenzionale, dove i foreign fighters si sono addestrati ed esaltati. Chi di loro sopravvive, riceve l'onore di tornare in occidente e fare proselitismo, esaltando chi sceglie (o subisce) la radicalizzazione, con la promessa di un futuro radioso in paradiso.

Come tali pongono in essere azioni violente “non convenzionali” e per questo, purtroppo, la risposta non può essere “convenzionale”. Vero, non possiamo buttare in malora secoli di storia, ma un sacrificio dovremmo pur farlo: al primo segnale di spregio delle regole di civile convivenza (pensiamo ad un qualsiasi reato contro persona, patrimonio o lo Stato), il cittadino ospite deve tornare al suo paese, esattamente come quello che appaia, pur in assenza di reati commessi, socialmente pericoloso.

Deve tornarci e non tornare più: uno dei terroristi uccisi a Rouen aveva il braccialetto elettronico per reati di terrorismo. Capite?

Lo sappiamo: derogheremmo, così, alla Costituzione, ma – ripetiamo – qui si tratta della nostra stessa sopravvivenza. Un delinquente, un mafioso, un terrorista italiano dobbiamo tenercelo, ma uno che viene a spargere sangue o a delinquere da un'altra nazione, questo no. Basta ipocrisia, è il momento di reagire.

E non tentate di fregarci con la storia che tutti questi terroristi hanno problemi mentali: essi hanno abbracciato un’ideologia, hanno sposato una religione che non ci risulta contemplare, al suo interno, la possibilità di porgere l’altra guancia. Vogliono il nostro sangue e, ci sembra, ci stanno riuscendo. (ASAPS)

di L.B

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Attualità di Andrea Girella*

ra le novità nell’ambito del codice penale introdotte dalla L. 17 aprile 2015, n. 43 di conversione del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7 (recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale) rientrano le modifiche di alcuni articoli che trattano i trasferimenti per finalità di terrorismo1:

con riferimento alle falsità personali, si rileva l’innalzamento della sanzione dell’art. 497-bis2.

Il filo conduttore del provvedimento del 2015 va individuato nel contrasto al terrorismo islamico di matrice jihadista, con dedicata attenzione al fenomeno dei cd. foreign fighters3, cioè quel flusso di volontari verso i teatri di jihad cui è connessa l’eventualità, dopo aver sviluppato sul posto legami con gruppi terroristici e acquisito sul campo particolari capacità offensive, del ridispiegarsi in Paesi occidentali per attuare progetti ostili ovvero tentare di impiantare reti radicali.

La preoccupazione è talmente aumentata che alla tematica dei foreign fighters anche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha riservato una parte della Risoluzione 2178 (2014) la quale ha avuto la riprova fattuale proprio a partire dalla fine del 2014, con una sequenza drammatica di episodi a testimonianza di un cambio di strategia della sfida terroristica, probabilmente dovuto anche a causa delle sconfitte militari dello Stato Islamico.

Il fenomeno dei foreign fighters riguarda non solo i soggetti di origine straniera residenti, a qualsiasi titolo, nel Vecchio Continente, ma anche i convertiti all’Islam radicale per cooptazione psicologica incoraggiati a contribuire all’opera di islamizzazione dell’Europa.

Di qui la necessità di scoraggiare e contrastare tale fenomeno a partire dallo strumento utilizzato per l’espatrio (prodromico al jihad), il documento d’identificazione.

Sullo specifico argomento dell’identificazione, le norme modificate dalla L. n. 43/2015 riguardano gli artt. 497-bis c.p. e 380 c.p.p.

Per identificazione di una persona s’intende l’accertamento della sua identità, ossia l’aver raggiunto la certezza che è proprio quella determinata persona e non un’altra4.

Il primo modo per conoscere l’identità di una persona consiste nell’acquisirla da un documento di identità o di identificazione o di riconoscimento.

Il potere di identificazione può riguardare sia le attività legate ad indagini di polizia giudiziaria5, sia quelle legate alla cd. ‘polizia di sicurezza’6, che alla mera polizia amministrativa7, al variare del cui ambito sono differenti i presupposti giuridici e le conseguenti azioni.

L’art. 497-bis c.p. - rientrante fra i modelli delittuosi che hanno la comune caratteristica di aggredire la fede pubblica8 (Capo IV del Titolo VII del codice penale) - configura una norma a più fattispecie, tutte caratterizzate dalla specificità dell’oggetto materiale consistente in un qualsiasi documento valido per l’espatrio.

Per documento “valido per l’espatrio” s’intende quello idoneo a consentire al suo possessore di lasciare il territorio dello Stato che lo ha apparentemente emesso.

Il comportamento tipizzato è realizzabile da chiunque (soggetto attivo) e consiste nel:

- essere trovato in possesso di un documento falso valido per l’espatrio (ipotesi base della condotta, punita con la reclusione da due a cinque anni),

ovvero- fabbricare (o comunque formare) il documento falso, ovvero

detenerlo fuori dei casi di uso personale (con una pena aumentata da un terzo alla metà rispetto la prima ipotesi).

Come anticipato, la sanzione - originariamente fissata nella reclusione da 1 a 4 anni - è stata innalzata da 2 a 5 anni dalla L. n. 43/2015, consentendo l’arresto obbligatorio in flagranza di reato (poi, specularmente, previsto anche dal modificato art. 380 c.p.p. che al comma 2, punto mbis, che ha aggiunto la fattispecie dell’art. 497-bis c.p.).

Per integrare la fattispecie in esame è sufficiente:- il possesso9 di un documento falso valido per l’espatrio (1°

comma)10, indipendentemente dall’uso11 che il possessore ne voglia fare.

È sufficiente che il soggetto attivo detenga (o abbia detenuto,

DOCUMENTI DIIDENTIFICAZIONEFALSI E CONTRASTO AI COMBATTENTISTRANIERI(cd. foreign fighters)

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anche prima dell’accertamento del fatto da parte della polizia giudiziaria) il documento in un luogo e con modalità tali da assicurarsene l’immediata disponibilità12;

- il concorso nella falsificazione13 del documento posseduto14 ovvero la sua detenzione fuori dei casi di uso personale (2° comma).

Tale ultimo comma costituisce un’ipotesi di reato autonoma rispetto al 1° comma, in quanto la descrizione della condotta – differente fra le due fattispecie – è essa stessa elemento costitutivo del reato (e non certo elemento circostanziale15).

Rispetto alla condotta di possesso la Cassazione, esprimendosi sulla tipologia di documento, ha stabilito la punibilità non solo di passaporto di provenienza furtiva16, ma anche di carte di identità17 con l’apposizione di fotografie di soggetti diversi dagli intestatari.

La giurisprudenza ammette il concorso di reati dell’art. 497-bis c.p. con:- il reato di contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione (art. 469) trattandosi di fattispecie

incriminatrici che tutelano beni giuridici diversi18;- il delitto di tentata sostituzione di persona (art. 494) qualora l’agente, oltre ad aver esibito una carta d’identità falsificata, a

richiesta degli operanti abbia declinato generalità non veritiere cercando di accreditare un’identità diversa da quella reale19;- il delitto di ricettazione (art. 648) in caso di falsificazione di documento in bianco, già oggetto di furto, successiva alla ricezione

dello stesso20.Inoltre, il reato in commento è considerato assorbito nel più grave delitto di procurato ingresso illegale di stranieri nel territorio

dello Stato commesso mediante l’utilizzazione di documenti contraffatti (art. 12, 3° comma, lett. d, D.Lgs. n. 286/1998)21.

Note1 Il nucleo centrale delle modifiche della predetta disposizione normativa riguarda la repressione delle condotte volte al reclutamento di soggetti per finalità di terrorismo. In particolare viene: aggiunto all’art. 270-quater c.p. il comma 2 ai sensi del quale viene punita, salvo il caso di addestramento, la persona arruolata; introdotto l’art. 270-quater.1 c.p. che punisce chi organizza, finanzia o propaganda i trasferimenti per finalità di terrorismo; aumentata la pena fino a due terzi (rispetto l’ipotesi base: reclusione da uno a cinque anni) per l’art. 414 c.p. quando la violazione dello stesso è commessa attraverso strumenti informatici o telematici.2 Questo delitto era stato precedentemente introdotto dall’art. 10, D.L. 27 luglio 2005, n. 144 conv. in L. 31 luglio 2005, n. 155 (misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale).3 Termine inglese con cui inizialmente si intendevano i combattenti volontari stranieri in teatri bellici soprattutto mediorientali.4 INTINI, La identificazione di persone, Roma 2003.5 L’identificazione di Polizia Giudiziaria è l’atto di investigazione mediante il quale la polizia giudiziaria – attraverso un complesso di operazioni – procede a stabilire l’identità dell’indagato o dei soggetti in grado di riferire su circostanze utili per la ricostruzione dei fatti.6 Per raggiungere le finalità di Polizia di Sicurezza, ben sintetizzate nell’art. 1 T.U.L.P.S., l’Autorità di Pubblica Sicurezza può procedere alla identificazione delle persone.7 Nell’identificazione in ambito di Polizia Amministrativa il potere relativo deriva, almeno per gli Ufficiali e gli Agenti di Pubblica Sicurezza, dalla generale disposizione dell’art. 294 del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S.8 Intesa come “fiducia che la società ripone negli oggetti, segni e forme esteriori (monete, emblemi, documenti) ai quali l’ordinamento giuridico attribuisce un valore importante” (così in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, parte II, Roma 1929). Sul tema, anche Cass. pen. V, 17.3.2008 n. 11816.9 La norma prescinde dall’esclusione di ogni forma di concorso nella falsità e non ha, pertanto, carattere residuale in ordine ad eventuale compartecipazione nella confezione dell’atto falso (Cass., Sez. V, 2.4.2012, n. 12268).10 Cass., Sez. I, 24.11.2011, n. 5061. Per lo stesso motivo, si è invece esclusa configurabilità del reato ex art. 497-bis c.p. nel caso di possesso di falso permesso di soggiorno, poiché si tratta di titolo teso esclusivamente a legittimare la presenza del cittadino extracomunitario nel territorio dello Stato (Cass., Sez. V, 30.1.2009, n. 17994).11 Ciò in quanto non è necessariamente circoscritto alle sole condotte volte ad agevolare l’espatrio o l’ingresso dell’utilizzatore. Inoltre, la Cassazione (Sez. V., 27.1.2010, n. 15833) ha precisato che tale delitto si distingue da quello previsto all’art. 489 (Uso di atto falso).12 Cass., Sez. V, 19.3.2014, n. 17944.13 La falsificazione in argomento può avvenire mediante la contraffazione oppure l’alterazione. Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel definire la contraffazione come l’imitazione di una cosa poi smerciata come originale, con la quale si tende a far apparire l’oggetto diverso da quello che è; l’alterazione, invece, consiste nell’apportare modifiche poco visibili a un documento già esistente.14 Cass., Sez. V, 10.12.2014, n. 5355.15 Cass., Sez. V, 15.2.2013, n. 18535.16 Cass., Sez. V, 24.3.2011, n. 17673.17 L’art. 292 del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S. stabilisce che sono considerati titoli equipollenti alla carta d’identità i documenti muniti di fotografia e rilasciati da una Amministrazione dello Stato, come ad esempio: i libretti ferroviari di cui sono muniti gli impiegati militari e civili dello Stato; le patenti di guida; le patenti nautiche; i libretti di pensione; i patentini di abilitazione alla conduzione di impianti termici; i libretti di porto d’armi; i passaporti.18 Cass., Sez. V, 18.5.2011, n. 30120.19 Cass., Sez. V, 16.4.2012, n. 1435020 Posto che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità (Cass., Sez. II, 26.11.2015, n. 48294).21 Cass., Sez. I, 30.5.2011, n. 21586.

*Ten. Col. Guardia di Finanza

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Giurisprudenzaa cura di Franco Corvino

Gare in velocità: fanno prova gli elementi indiziari inseriti nel verbale

Nell'accertamento dell'esi-stenza di una gara (del tentativo, cioè, di più conducenti di veicoli di superarsi reciprocamente in velocità, in spregio all'altrui incolumità), la volontà di gareggiare può essere desunta da elementi indiziari, da

interpretarsi ai sensi dell’art. 192, comma 2, cod. proc. Pen., tra questi richiamando l'eccesso di velocità, i reiterati tentativi di superarsi reciprocamente, l'accertamento di rapporti tra gli interessati.Lo ha stabilito la IV Sezione Penale della Cassazione nella sentenza 8 luglio 2016, n. 28588. Tali elementi – hanno affermato i Giudici - devono emergere dai verbali di contravvenzione redatti nell'immediatezza dal personale operante, nei quali deve essere descritta una condotta di guida riconducibile all'ipotesi accusatoria. Nel caso in questione il contenuto dei verbali era stato confermato da un teste, il quale aveva anche dichiarato che i due veicoli procedevano insieme ad una velocità non adeguata alle condizioni della strada (presenza di rotatorie) e di tempo e luogo (cento abitato e ora notturna), effettuando un doppio giro della rotatoria con stridio di gomme, attuando manovre di avvicinamento senza rispettare la distanza di sicurezza. (ASAPS)

Si può guidare con le ciabatte?Guidare con infradito, sandali o scalzi non viola

una norma precisa del codice della strada: tuttavia il conducente deve assicurarsi di

mantenere sempre il controllo della propria auto

Guidare con le ciabatte non è vietato dal codice della strada. Allo stesso modo si può guidare scalzi, oppure con sandali e infradito. Il chiarimento, fornito dalla stessa polizia stradale all’interno del proprio sito, è anche il frutto di una recente modifica del

codice della strada. Ma procediamo con ordine.Si può guidare con le ciabatte?Un tempo esisteva una norma, all’interno del codice della strada, che vietava di guidare con le ciabatte, o anche scalzi, con infradito, sandali, zoccoli o con qualsiasi altra calzatura che non fosse chiusa e ben assicurata dietro il tallone. Questo perché i freni delle auto di una volta erano meccanici: più si spingeva sul pedale, meglio e prima si arrestava il mezzo. Così, una scarpa in grado di scivolare dal piede del conducente poteva non garantire una effettiva pressione sul freno...

Oggi, invece, con l’ABS e i nuovi freni idraulici ed elettronici, le cose sono cambiate notevolmente. Così è stato modificato anche il codice della strada e il divieto di guidare con le ciabatte, scalzi o con infradito è stato sostituito da una norma più generica. Attualmente la norma impone semplicemente di assicurarsi di conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie, in condizione di sicurezza, in modo da garantire la tempestiva frenata del mezzo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.

Che succede se la polizia ti ferma e sei con le ciabatte?Un tempo, chi guidava scalzo o con le ciabatte, qualora fermato dalla polizia aveva sempre una certa remora ad uscire dall’auto e forniva i documenti comodamente ancorato sul proprio sedile di guida. Oggi, invece, l’automobilista non deve avere problemi a farsi vedere con ciabatte, infradito o anche scalzo. La multa potrebbe scattare solo se, da una attenta analisi delle condizioni di guida, rapportate soprattutto al tipo di automobile condotta, la polizia ritenga che non sia assicurato il perfetto controllo del mezzo. Ed è chiaro che una situazione del genere – che dovrà comunque essere attentamente motivata – non potrà porsi con le automobili di nuova generazione. Solo con le vecchie auto, quelle che ancora sono dotate di freni meccanici, potrebbe porsi il problema. Ma, resta il fatto, comunque, che anche per queste lo specifico divieto di guidare con le ciabatte o anche scalzi è stato abolito e vale per tutti gli automobilisti.

Guidare con le ciabatte può essere contestato dall’assicurazioneIn caso di incidente stradale, l’assicurazione può contestare al conducente il fatto di non essere stato in grado di controllare l’automobile e potrà verosimilmente ancorarsi al fatto che questi stesse guidando scalzo o con le ciabatte. Ovviamente, un dato del genere, per poter essere eccepito, dovrà anche essere provato. Il problema potrebbe porsi, dunque, solo se tale circostanza venga attestata da eventuali testimoni presenti sul luogo, che hanno assistito alla scena, oppure dalla polizia intervenuta nell’immediatezza dei fatti; invece la testimonianza dell’altro conducente non vale nel processo civile, in quanto questi è parte in causa e, quindi, interessato all’esito del giudizio.

È chiaro, comunque, che una contestazione del genere da parte dell’assicurazione potrebbe non essere ritenuta congrua dal giudice, in un’eventuale causa per ottenere il risarcimento del danno da incidente stradale. E questo proprio per via della mancanza di una norma che vieti di guidare con le ciabatte o scalzi.

Studio Legale avv. Angelo Grecolaleggepertutti.it

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Falsità in atti - In certificati o autorizzazioni amministrative - Permesso di parcheggio per invalidi - Configurabilità del reato - Condizioni.Integra il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazioni amministrative (art. 477 e 482 c.p.) la riproduzione di un permesso di parcheggio riservato ad invalidi, quando il documento relativo abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale, e non si presenti come mera riproduzione fotostatica. (Cass. Pen., sez. V, 3 marzo 2016, n. 8900) [Riv-1604P281] (Artt. 477, 482 cp.)

Esenzione da obblighi per servizi di polizia e di soccorso - Uso del dispositivo di allarme - Regole di prudenza - Rispetto - Necessità - Fattispecie in tema di collisione, con esito mortale, tra veicolo privato e veicolo dei vigili del fuoco in servizio d’urgenza.Il conducente di mezzo di soccorso, pur essendo autorizzato ex art. 177 c.d.s., quando usa congiuntamente il dispositivo acustico supplementare di allarme e, qualora ne sia munito, quello di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu, a violare le norme sulla circolazione stradale, deve sempre considerarsi tenuto a mantenere un’adeguata velocità di marcia, soprattutto in prossimità di incroci, così da non determinare pericoli per i terzi che, in rapporto alla situazione di fatto, debbano ritenersi ingiustificati. Per contro gli altri utenti della strada devono conformarsi all’obbligo di concedere la precedenza ai mezzi di soccorso ed anche, se necessario, arrestarsi non appena udito il relativo segnale acustico. Pertanto, ai fini dell’accertamento delle rispettive responsabilità nella causazione di un sinistro stradale, la valutazione dell’adeguatezza della velocità di marcia del mezzo di soccorso va effettuata considerando sia l’urgenza del servizio da espletare, sia la resistenza all’obbligo per i conducenti dei veicoli che si trovino sulla strada percorsa da tali mezzi di dare loro la precedenza ed, eventualmente di arrestarsi, ai sensi dell’art. 177, comma 3, c.d.s..(Nella fattispecie, in un caso di collisione, con esito mortale, tra veicolo privato e veicolo dei vigili del fuoco in servizio d’urgenza, è stata affermata la responsabilità esclusiva del conducente deceduto per non avere tenuto una velocità adeguata in prossimità di incrocio e non aver concesso la dovuta precedenza al mezzo di soccorso). (Cass. Civ., sez. III, 23 febbraio 2016, n. 3503) [Riv-1604P281] (Art. 177 cs.)

Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni - Risarcimento diretto - Spese di assistenza legale stragiudiziale - Risarcibilità - Limiti.In tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l’art. 9, comma 2, del D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, che, per l’ipotesi di accettazione della somma offerta dall’impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona, si interpreta nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici,

ovvero quando la vittima non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi, per contro, ritenere sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato. (Cass. Civ., sez. III, 19 febbraio 2016, n. 3266) [Riv-1604P285] (Art. 193 cs.)

Guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti - Omicidio colposo - Revoca della patente di guida - Simultanea applicazione delle sanzioni amministrative accessorie previste dagli artt. 187, comma primo bis, e 222 c.s.In caso di concorso tra i reati di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti da cui sia derivato un incidente stradale e l’omicidio colposo, trovano simultanea applicazione le fattispecie sanzionatorie previste dagli artt. 187, comma primo bis, e 222 cod. strada che prevedono la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, attesa la clausola di salvezza che chiude l’art. 187, comma primo bis, cod. strada. (Cass. Pen., sez. IV, 19 gennaio 2016, n. 1880) [Riv-1604P287] (Artt. 187, 222 cs.)

Patente - Revoca e sospensione - Sospensione - Patteggiamento - Applicazione erronea da parte del giudice della sospensione anziché della revoca - Impugnazione specifica del P.M. - Correzione da parte della Cassazione - Ammissibilità - Modalità.In caso di patteggiamento relativo ai reati di omicidio colposo e guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, da cui sia derivato un incidente stradale, qualora il giudice abbia applicato erroneamente la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, anziché quella della revoca, che consegue per legge, ricorre un errore di diritto che, sulla base dello specifico motivo di gravame presentato dal P.M., può essere corretto dalla Corte di cassazione con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e con la diretta applicazione della revoca della patente. (Cass. Pen., sez. IV, 19 gennaio 2016, n. 1880) [Riv-1604P287] (Artt. 186, 187 cs.)

Guida in stato di ebbrezza - Positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità - Estinzione del reato - Valutabilità del fatto ai fini della "recidiva nel biennio" ex art. 186, comma secondo, lett. c) c.s. - Legittimità.In tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato a seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilità, presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto, non impedisce al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la "recidiva nel biennio", prevista dall’art. 186, comma secondo, lett. c) cod. strada. (Cass. Pen., sez. IV, 18 gennaio 2016, n. 1864) [Riv-1604P289] (Artt. 186, 189 cs.)

Massimario di Legittimità e di Merito

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Giurisprudenza

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I vostri quesiti

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I vostri quesitia cura di Ernesto Forino

Veicoli parcheggiati su area privata condominiale: come procedere se sono di proprietà di inquilino

sfrattato e un veicolo è sottoposto a sequestro amministrativo?

Spettabile Redazione,sono stato contattato dal proprietario di un condominio. Lo stesso lamentava il parcheggio all'interno del cortile privato del condominio di due veicoli di cui uno sotto sequestro amministrativo (art. 193)

e l'altro no. Entrambi i veicoli sono di proprietà di un soggetto che a causa di sfratto è andato via lasciandoli sul posto. il proprietario del condominio ha contattato più volte il proprietario dei due mezzi ma quest'ultimo dice sempre che li toglierà senza però farlo.Come procedere?Grazie.

email-Torrile (Pr)

(ASAPS) Nell'ipotesi prospettata nel quesito, di difficile soluzione, potrebbero essere percorse due strade:- la prima con la denuncia per invasione di terreni ed edifici previsto dall'art. 633 del codice penale con conseguente richiesta di interrompere il reato chiedendo il sequestro penale dei veicoli;- la seconda con causa civile. (ASAPS)

Per l'installazione di luci diurne a led integrate nei gruppi ottici anteriori

che documentazione bisogna avere?Gentile Redazione, per l'installazione di luci diurne a led integrate nei gruppi ottici anteriori su veicolo immatricolato nel 2003 è necessario avere oltre la dichiarazione di installazione in conformità da parte dell'installatore anche l'omologazione

per tipologia di veicolo?Grazie.

email-Telve (Tn)

(ASAPS) Non è sufficiente la dichiarazione di installazione.In sostanza:- se verificata la scheda tecnica omologazione del veicolo (da non confondere con l'omologazione del

dispositivo) il dispositivo è previsto, nessuna formalità;- se non previsto occorre sottoporre il veicolo a visita e prova pena le sanzioni ex art. 78 C.d.S.. (ASAPS)

Soggetto che paga per intero contravvenzione nei 5 giorni, l'ufficio verbali deve restituire la somma in

eccesso? Si desidera conoscere da codesto spett/le Servizio, se é dovuto da parte dell'ufficio verbali, restituire, a seguito di formale richiesta, ad un soggetto che ha pagato per intero un verbale nei 5 giorni, la somma pagata in eccesso. Si

precisa che nel corpo del verbale era specificato sia l'importo da pagare in forma ridotta nei 5 gg. sia l'importo da pagare dal 6° giorno dalla notifica. In caso di restituzione di quanto richiesto, ci sono fonti normative a cui fare riferimento? In caso negativo cosa bisogna rispondere al soggetto richiedente?Grazie e buon lavoro.

email-Melito di Napoli (Na)

(ASAPS) In riferimento a quanto esposto nel quesito, si ritiene che la somma erroneamente versata deve essere restituita all’avente diritto, tenuto conto che il pagamento è stato effettuato entro i 5 giorni dalla contestazione/notificazione della sanzione. Si ritiene, peraltro, che la richiesta di restituzione si pervenuta all’Ufficio ancor prima che quest’ultimo abbia potuto verificare l’entità della somma e i tempi di versamento poiché, ove tale verifica fosse avvenuta prima della stessa richiesta di restituzione, quell’ufficio avrebbe provveduto autonomamente alla restituzione della somma in eccesso a quella realmente dovuta. (ASAPS)

E’ possibile seguire il sorpasso di un trasporto eccezionale, in

autostrada, dove vige il divieto di sorpasso per mezzisuperiori alle 12 t?

In un tratto autostradale ove vige il divieto di sorpasso per i mezzi superiori alle 12 t se davanti mi trovo un trasporto eccezionale carico, che viaggia a una velocità di 60 km/h

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I vostri quesiti

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I vostri quesiti

è possibile il sorpasso o bisogna restare in coda? Ho chiesto a molti operatori della stradale e ci sono molte scuole di pensiero, chi dice sì chi dice no chi dice sì ma un mezzo alla volta. Nell'attesa di una Vostra risposta vi porgo i più cordiali saluti.

email-Salgareda (Tv)

(ASAPS) L'art. 148, comma 14, C.d.S. prescrive che "E' vietato il sorpasso ai conducenti di veicoli di massa a pieno carico superiore a 3,5 t, oltre che nei casi sopraprevisti, anche NELLE STRADE O TRATTI DI ESSE IN CUI IL DIVIETO SIA IMPOSTO DALL'APPOSITO SEGNALE". Premesso quanto esposto ed entrando nei contenuti del quesito, si ritiene che il divieto sia espresso in maniera inequivocabile (non si deve sorpassare a meno che non vi siano particolari condizioni imposte dalla scorta del trasporto eccezionale). (ASAPS)

È possibile circolare nel periodo estivo e invernale con pneumatici

"ALL SEASON" aventi caratteristiche "M+S" montati solo sulle due ruote

anteriori? Gentile Redazione,vorrei porre il seguente quesito: è possibile circolare sia nel periodo estivo che invernale con pneumatici "ALL SEASON" aventi caratteristiche "M+S" montati solo sulle due ruote anteriori? o si incorre in qualche

violazione del CdS ?Grazie.

email-Vorno (Lu)

(ASAPS) Leggendo lo pneumatico sul fianco, scopriamo diverse notizie.Se è omologato, la larghezza (esempio 315), l’altezza del fianco in percentuale rispetto alla larghezza (esempio 80), la tipologia (R per esempio significa radiale), la misura in pollici (esempio 22,5), l’indice di carico (per i veicoli commerciali), l’indice di velocità (con una lettera che, giusto per far confusione, non è in ordine alfabetico rispetto alle velocità corrispondenti), altre scritte tipo M+S, M&S, ecc.Diamo intanto per appurato che, poco importa se ci troviamo nella stagione invernale o estiva, oramai tutti sanno che gli pneumatici devono corrispondere a quelli previsti per il veicolo che ci interessa, cioè previsti in sede di omologazione del veicolo (può aiutarci in questo un buon gommista oppure il concessionario che ci ha venduto l’auto, oppure può essere sufficiente consultare a volte il libretto di manutenzione del veicolo).Nella stagione invernale, sulle strade dove scatta l’obbligo,

con segnaletica, di particolari accorgimenti per neve o ghiaccio, possiamo optare fra due scelte:- tenere le catene (di omologazione e misure adeguate al veicolo che ci interessa);- fare il “cambio gomme” con quelle che chiamano gomme a neve, gomme termiche, ecc.;- da ricordare che con una segnaletica “obbligo di catene da neve”, si è in regola anche senza catene purché con installate “gomme invernali”.Certamente dal punto di vista della sicurezza, considerato che le catene sono utilizzabili solo se c’è neve o ghiaccio, gli pneumatici invernali offrono maggiori garanzie.Resta comunque il fatto che la legge non obbliga al montaggio di gomme invernali: potendo il cittadino (forse incosciente, forse con la necessità di dar prima da mangiare alla famiglia) optare per le catene a bordo.Torniamo all’indice di velocità.Mentre nella stagione estiva debbo montare pneumatici con indice di velocità uguale o superiore a quello previsto per il veicolo (lo stesso principio vale per l’indice di carico ma ora non ci interessa), nella sola stagione invernale ho una deroga: solo se monto pneumatici invernali, posso utilizzare un codice/velocità più basso purché sia almeno “Q” (non è dato sapere perché “Q” che corrisponde ad una velocità, 160 km/h a cui non possiamo viaggiare, ma tant’è).

La facilitazione pare volta a favorire le famiglie, cioè a consentire di risparmiare qualche euro potendo montare, solo per l’inverno, un treno di gomme con indice più basso e, forse, meno caro.

Peccato però che, con l’arrivo della stagione estiva: chi ha montavo il codice velocità giusto, se non ha i soldi per il cambio gomme, può utilizzare gomme invernali anche in estate.Chi invece ha usufruito della possibilità/sconto con un codice velocità più basso, con la fine del periodo invernale deve obbligatoriamente fare il cambio gomme, pena pesanti sanzioni ed il ritiro della carta di circolazione.In sostanza la possibilità di utilizzare codice velocità più basso vale solo per il periodo invernale.

Altre necessarie precisazioni.

CODICE M+S oppure M&S o similari (anche qui si veda immagine) Si tratta di pneumatici estate/inverno che debbono pertanto essere montati col giusto indice di velocità senza necessità di sostituzione ad ogni cambio stagione QUANTE GOMME DA NEVE Certamente è da suicidi montarne solamente due sulle ruote motrici….la norma però lo consente, salvo poi rendere responsabile o corresponsabile l’automobilistica in tali condizioni in caso di incidente stradale. (ASAPS)

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Al vostro servizio

on il Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/799 del 18 marzo 2016 [«che applica il regolamento (UE) n. 165/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio recante le prescrizioni per la costruzione, il collaudo, il montaggio, il funzionamento e la riparazione dei tachigrafi e dei loro componenti», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (G.U.U.E.) n. L

139/1 del 26 maggio 2016], la Commissione Europea ha adottato le disposizioni necessarie all’applicazione uniforme dei seguenti aspetti riguardanti i tachigrafi [art. 1, paragrafo 1]...

a) registrazione della posizione del veicolo in determinati punti nel corso del periodo di lavoro giornaliero del conducente;

b) diagnosi precoce remota di eventuali manomissioni o uso improprio dei tachigrafi intelligenti;

c) interfaccia con i sistemi di trasporto intelligenti;

d) le prescrizioni amministrative e tecniche per le procedure di omologazione dei tachigrafi, compresi i meccanismi di sicurezza.

In particolare, nell’allegato 1 C del Regolamento di esecuzione

(UE) n. 2016/799, sono state stabilite le prescrizioni tecniche per la costruzione, il collaudo, l'installazione, l'ispezione, il funzionamento e la riparazione dei tachigrafi intelligenti e dei loro componenti.

«Il sistema tachigrafico digitale di prima generazione è in uso dal 1° maggio 2006 e può essere utilizzato fino alla fine del proprio ciclo di vita per il trasporto interno. Per il trasporto internazionale invece, 15 anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento della Commissione, tutti i veicoli devono essere dotati di un tachigrafo intelligente di seconda generazione conforme, introdotto dal presente regolamento(1).

Il presente allegato reca i requisiti degli apparecchi di controllo e delle carte tachigrafiche di seconda generazione. A decorrere dalla data della sua introduzione, sui veicoli immatricolati per la prima volta si dovranno montare gli apparecchi di controllo di seconda generazione e per essi dovranno essere rilasciate le carte tachigrafiche di seconda generazione.

Al fine di agevolare l'introduzione del sistema tachigrafico di seconda generazione:

− le carte tachigrafiche di seconda generazione devono essere progettate per poter essere utilizzate anche nelle unità elettroniche di bordo di prima generazione,

− e non sarà richiesta la sostituzione delle carte tachigrafiche

TACHIGRAFO DIGITALE “INTELLIGENTE”con Schema riepilogativo

di Franco Medri*

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Da ultimo, si evidenzia che ai sensi dell’art. 6 del Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/799:

• comma 1: tale regolamento «entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea» (e, cioè, il 15 giugno 2016);

• comma 2: «Esso si applica a decorrere dal 2 marzo 2016»;

• comma 3: «Tuttavia, gli allegati si applicano a decorrere dal 2 marzo 2019, ad eccezione dell’appendice 16 che si applica a decorrere dal 2 marzo 2016» (tale appendice si riferisce all’«adattatore per veicoli delle categorie M1 e N1»).

*Sostituto Commissario della Polizia Stradale

Note(1) Infatti, ai sensi dell’art. 3, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 165/2014: «Dopo quindici anni dal momento in cui i veicoli di nuova immatricolazione devono essere dotati di un tachigrafo a norma degli articoli 8, 9 e 10, i veicoli operanti in uno Stato membro diverso dal relativo Stato membro di immatricolazione sono muniti di un siffatto tachigrafo». I citati articoli 8 (rubricato: «Registrazione della posizione del veicolo in determinati punti nel corso del periodo di lavoro giornaliero»), 9 (rubricato: «Diagnosi precoce remota di eventuale manomissione o uso improprio») e 10 del Regolamento (UE) n. 165/2014 (rubricato: «Interfaccia con i sistemi di trasporto intelligenti») dispongono che i «veicoli immatricolati per la prima volta 36 mesi dopo l’entrata in vigore delle norme dettagliate di cui all’articolo 11» [adottate dalla Commissione Europea con il Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/799 al fine di assicurare che i tachigrafi intelligenti rispondano ai principi e requisiti stabiliti nel Regolamento (UE) n. 165/2014] siano dotati di un tachigrafo intelligente. Come già precisato nella precedente nota a piè di pagina n. 11, tali apparecchi di controllo di seconda generazione dovranno essere montati sui veicoli immatricolati per la prima volta a decorrere dal 02/03/2019.

di prima generazione in corso di validità alla data di introduzione.

Ciò consentirà ai conducenti di mantenere la propria carta del conducente unica e di utilizzare con essa entrambi i sistemi. Gli apparecchi di controllo di seconda generazione devono tuttavia essere tarati utilizzando unicamente carte

dell'officina di seconda generazione. Il presente allegato contiene tutti i requisiti relativi all'interoperabilità tra il sistema tachigrafico di prima e quello di

seconda generazione. L’appendice 15 specifica ulteriormente come gestire la coesistenza dei due sistemi» [cfr. l’«introduzione» dell’allegato

1 C del Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/799]. Per quanto riguarda la costruzione, il collaudo, l'installazione, l'ispezione, il funzionamento e la riparazione, i tachigrafi

diversi dai tachigrafi intelligenti [e, cioè, i tachigrafi analogici (ex cronotachigrafi) ed i tachigrafi digitali di prima generazione] «continuano a soddisfare le prescrizioni dell'allegato 1 o dell'allegato 1B, secondo i casi, del regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio» [art. 1, paragrafo 3, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/799].

SCHEMA RIEPILOGATIVO Data prima

immatricolazione veicolo apparecchio Di controllo requisiti tecnici

Fino al 30 aprile 2006 Tachigrafo analogico

Allegato 1 Reg. (CEE)n. 3821/85 del 20/12/1985 [dal 02/03/2016

Allegato 1 Reg. (UE)n. 165/2014

del 04/02/2014]

Dal 1° maggio 2006 fino al

Tachigrafo digitale [tachigrafo di

Allegato 1 B Reg. (CEE) n. 3821/85 del 20/12/1985

Dal 2 marzo 2019 Tachigrafo intelligente [tachigrafo di

seconda generazione]

Allegato 1 C Reg. esec. (UE) n. 2016/799 del 18/03/2016

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Esce di strada e finisce con l'auto in un canale, camionista si ferma

e la salvaPaura per una 37enne di Piazzola sul Brenta che venerdì mattina, poco prima delle 6, per cause in corso di accertamento, ha perso il controllo della

sua vettura finendo in un bacino d'acqua. Sul posto i sanitari del Suem 118 e i vigili del fuoco

Automobile finisce in un canale pieno d'acqua. È successo alle prime luci dell'alba di venerdì, a Piazzola sul Brenta. A bordo dell'auto, una Lancia Y, una donna 37enne del posto che, dopo essere uscita di

casa ha percorso qualche centinaio di metri e, all'altezza di via Presina, è uscita di strada.

INTERVENTO. Un camionista di passaggio ha prestato il primo soccorso riuscendo a far uscire la donna dalla macchina prima che si inabissasse del tutto. Sul posto i pompieri di Cittadella e i sanitari del Suem 118 che hanno trasferito la donna in ospedale per accertamenti. L’automobile è stata recuperata dall’autogrù dei vigili del fuoco intervenuta da Padova.

da padovaoggi.it

Casello Modena NordMaxi sequestro di hashish, corrieri arrestati con quasi 63 chili in auto

Nuovo importante risultato della Polizia Stradale nel contrasto al traffico di droga. Gli agenti hanno

fermato due auto lungo l'Autostrada del Sole: alla guida quattro giovani marocchini e nel baule

oltre mezzo milione di sostanza stupefacente

Un lavoro silenzioso, di ricerca di informazioni, di attesa e poi di azione. E' quello che la Polizia Stradale di Modena – e della sottosezione Modena No rd i n particolare – stanno portando avanti da tempo per contrastare i flussi di

droga nel nostro territorio. Un'attività di indagine intensa, che si concretizza in pochi minuti sulle strade, quando dopo appostamenti e pedinamenti viene intercettato il corriere giusto. Proprio come successo ieri sera lungo la A1, in prossimità del casello di Modena Nord.Gli agenti della Sottosezione hanno individuato una coppia di auto sospette che viaggiava a distanza: una

Golf che fungeva da staffetta, anticipando il percorso di una Punto sulla quale era trasportato il prezioso carico di droga. La prima auto è stata bloccata proprio al casello, ma i suoi occupanti hanno fatto in tempo ad avvertire il complice al volante del secondo mezzo, che ha proseguito il viaggio in direzione Bologna. Un tentativo di fuga durato ben poco, dal momento che l'auto è stata raggiunta da una pattuglia e bloccata.Nel baule della punto erano custoditi diversi panetti di hashish, per un peso complessivo di 62,8 kg: droga proveniente dalle piazze di importazione del nord Italia e destinata al mercato modenese, dove avrebbe fruttato al dettaglio almeno 600.000 euro.A bordo dei due veicoli viaggiavano quattro persone, tutti giovani di cittadinanza marocchina tra i 20 e i 22 anni che sono stati tratti in arresto. Regolari sul territorio, due di loro sono nati e residenti a Sassuolo, mentre gli altri due sono nati in Marocco, ma residenti a Maranello e Modena, con qualche precedente alle spalle. Nell'abitazione del 20enne di Sassuolo al volante della Punto sono stati trovati altri 38 grammi di hashish, mentre in auto è spuntato anche un teaser, la cui detenzione è illegale.

da ModenaToday

Isernia Fermata auto taroccata: fuori

Ferrari, dentro Peugeot La carrozzeria somiglia a quella di Ferrari F430 ma "gli organi interni" quelli di una Peugeot. La Polstrada di Isernia ha sequestrato l'auto taroccata sulla Statale 85. Una copia piuttosto maldestra perché la Ferrari nella sua lunga storia

non solo non ha mai prodotto limousine, ma nemmeno vetture a quattro porte.La strana macchina sfrecciava nel tratto tra Isernia e Venafro quando è stata bloccata ed è poi stata mostrata ai giornalisti durante una conferenza stampa in Questura. La 'Ferrari' viaggiava con una targa prova quando una pattuglia della Stradale gli ha intimato l'alt per un controllo. Alla guida un dipendente di una ditta campana per il noleggio di auto. L'uomo non ha saputo dare molte spiegazioni ai poliziotti su alcune stranezze relative al motore e a tutti gli altri elementi dell'auto. Da qui il sequestro della "Ferrari" e l'apertura di un'indagine a carico della ditta e una denuncia per importazione illegale di prodotto alterato.

da repubblica.it/motori

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Guardia di Finanza Catania Controlli al casello autostradale,

sequestrati oltre tre chili di marijuana

La marijuana sequestrata, probabilmente destinata al mercato della provincia messinese, avrebbe fruttato, al dettaglio, circa 30 mila euro

I finanzieri del comando provinciale di Catania hanno tratto in arresto un soggetto originario e residente a Messina, per traffico di stupefacenti e proceduto al sequestro di 3,480 chili di marijuana. Fondamentale si è rivelata la scelta di intensificare il

controllo di quei territori che, a Catania, più si prestano alla realizzazione di traffici illeciti, luoghi, quali la stazione ferroviaria, l’aeroporto e il casello autostradale di San Gregorio, che hanno già visto intervenire ripetutamente le Fiamme Gialle.Così, i militari del nucleo di polizia tributaria, all’altezza del casello autostradale di San Gregorio, hanno fermato e sottoposto a controllo una Fiat Uno con a bordo una persona, identificata in Gianfranco Mento, che, sin da subito, ha palesato evidenti segni di nervosismo.E' iniziata un’ispezione dell’autovettura che ha consentito di rinvenire all’interno del bagagliaio una busta di plastica di colore nero con sei contenitori in cellophane dove sono stati occultati oltre 3 chilogrammi di marijuana. Così scoperto il soggetto messinese, su disposizione della locale Autorità Giudiziaria, è stato tratto in arresto.L'uomo risulta già noto alle forze di polizia presentando precedenti specifici in materia di stupefacenti. La marijuana sequestrata, probabilmente destinata al mercato della provincia messinese, avrebbe fruttato, al dettaglio, circa 30.000 euro.

da cataniatoday.it

Inseguimento su autostrade e tangenziale, tre rapinatori bloccati

a SettimoAvevano colpito in due aree di servizio, la

Polstrada li tallona per 25 chilometri

Inseguimento della polizia stradale nella notte e tre rapinatori arrestati sulle autostrade del Piemonte.La banda aveva effettuato due rapine a mano armata nelle aree di servizio ed è stata inseguita per 25 chilometri sulle autostrade Genova-Gravellona, Torino-Piacenza, sulla tangenziale di Torino e anche su strada fino a Settimo Torinese, dove è stata bloccata.La prima rapina, con bottino di circa 400 euro, nell’area di

servizio Monferrato Ovest sulla A26 in direzione di Genova intorno a mezzanotte e mezza. La seconda, poco dopo, sulla A21 in direzione di Torino nell'area di servizio Crocetta Nord, ha fruttato 800 euro.I tre hanno agito con

una pistola a salve e un coltello e sono fuggiti a bordo di una Ford Focus risultata rubata.La vettura è stata intercettata sulla tangenziale all'altezza di Trofarello e seguita fino allo svincolo di corso Regina Margherita. A quel punto la banda si è accorta di essere inseguita e ha imboccato lo svincolo di corso Giulio Cesare per proseguire in corso Romania e a Settimo Torinese.Qui i tre, italiani di 26, 31 e 53 anni, residenti a Strambino e Ivrea, sono stati finalmente bloccati e arrestati.

Davide Petrizzellida torinotoday.it

Bussolengo"LUNA", una piccola barboncina di 5 anni, si perde in autostrada

dopo l'incidente in cui era rimasta coinvolta la vettura su cui viaggiava

Ritrovata dagli ausiliari del traffico dopo una settimana e consegnata alla Stradale

(ASAPS) La fedeltà del più grande amico dell’uomo: il cane, riesce ancora a stupirci, com’è capitato qualche settimana fa a Bussolengo, lungo l’Autostrada del Brennero, quando, attorno alle 18:00 avveniva uno scontro tra due autovetture,

fortunatamente con feriti lievi.Una Citroen C4, su cui viaggiava una famiglia, mamma, papà e due bambini, trasportava anche “Luna”, una piccola barboncina di 5 anni, la quale dopo l’incidente, probabilmente complice il fragore delle lamiere e le sirene dei soccorritori, scappava terrorizzata lungo la recinzione autostradale e a nulla sono valse le successive ricerche. Per l’animale il trauma era stato forte e la paura tale da indurla a nascondersi dove l’erba era più alta.Nei giorni successivi degli automobilisti segnalavano la cagnolina girovagare sul luogo dell’incidente ma, alla semplice vista delle persone, la barboncina scappava e tornava a celarsi tra la vegetazione.Luna, dopo circa una settimana e ormai allo stremo delle forze, veniva individuata da un equipaggio degli ausiliari del traffico sul ciglio autostradale in attesa del ritorno della “sua famiglia” e, con l’aiuto di una pattuglia della

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Polizia Stradale di Verona Sud, la barboncina veniva accudita e poi nuovamente affidata all’affetto familiare.Insomma, una piccola storia di fedeltà a quattro zampe che, anche su scenari come l’incidente, non viene meno. (ASAPS)

Sottosezione Polizia Stradale di Ovada (AL)Ancora un sovraccarico

“spettacolare” !!Autocarro 55 q.li di massa complessiva ammessa che ha raggiunto il doppio del peso au to r i zza to (oltre 100 q.li), dotato di apparecchiatura cronotachigrafo e condotto da soggetto sprovvisto di patente di

guida (era titolare di patente di categoria B), senza aver inserito il foglio di registrazione nel cronotachigrafo, con targa d’immatricolazione provvisoria italiana scaduta, e mancante di valida copertura assicurativa (ha esibito contratto con una Compagnia di Assicurazione della Lituania, non autorizzata ad operare sul territorio Italiano). (ASAPS)

Polizia Locale Camposampiero (PD) Cronotachigrafo truccato: scoperto

e sanzionato camionista nell'AltaSequestrato un sistema che falsava i dati,

modificando velocità, tempi di guida e riposo del conducente. Per l'autista è scattata la

sospensione della patente di guida da 15 giorni a tre mesi, multa di 1.696 euro e decurtazione

di 10 punti

Non è sfuggito all’occhio attento degli agenti del nucleo controlli mezzi pesanti del comando della Federazione dei comuni del Camposampierese, che c’era qualcosa che non andava nella lettura dei dati di un cronotachigrafo

digitale installato a bordo di un autotreno.CONTROLLO. Sul veicolo sottoposto a controllo, un complesso veicolare composto da trattore stradale e semirimorchio, gli agenti insospettiti da dati “strani” che venivano scaricati, hanno scoperto un complicato artificio, montato e attivato appositamente per alterare i dati ufficiali che apparivano sul crono digitale.ARTIFICIO. All’interno, con molte difficolta in quanto occultato alla vista, è stato scoperto, disinstallato e quindi

sequestrato un sistema che falsava i dati, modificando velocità, tempi di guida e riposo del conducente. Il meccanismo funzionava mediante installazione di due centraline collegate ad un bulbo secondario detto “fantasma” con magnete e interruttore finale esterno, che baipassava il bulbo originale installato nell’albero di trasmissione del mezzo.SANZIONI. Pesanti le sanzioni per l’autista e per la ditta con sospensione della patente di guida da 15 giorni a tre mesi, sanzione di 1.696 euro, decurtazione di 10 punti. Sarà una ditta specializzata a stabilire se il mezzo sarà ancora idoneo alla circolazione.CONTROLLI. “Sono controlli molto difficili e specialistici -spiega il comandate Walter Marcato - ma il nostro personale appositamente addestrato è in grado di svolgere l’importante servizio del controllo dei mezzi pesanti”.

da padovaoggi.it

Inseguimento in autostradaCamionista a zig-zag in A13,

fermato a Terme Euganee: ubriaco sette volte il limite

Un pericolo per se stesso e per gli automobilisti, che, come lui, viaggiavano in autostrada. L'autotrasportatore, un ucraino di 53 anni

residente nel Foggiano, è stato denunciato

Camionista alla guida con un tasso di alcol nel sangue sette volte superiore al l imite consentito dalla legge. Un pericolo per se stesso e per gli automobilisti, che, come lui, viaggiavano sull'autostrada A13.CAMION A ZIG ZAG

IN AUTOSTRADA. A fermarlo, all'altezza del casello di Terme Euganee, è stata una pattuglia della polizia stradale di Rovigo. L'autotrasportatore, un ucraino di 53 anni residente nel Foggiano, è stato visto a zigzagare pericolosamente lungo il tratto autostradale. Gli agenti lo hanno, quindi, raggiunto in auto, intimandogli di uscire al casello.UBRIACO SETTE VOLTE IL LIMITE. Dagli accertamenti è emerso che l'uomo era completamente ubriaco. E, cosa ancor più grave, trattandosi di un camionista, le regole sono ancora più severe e non tollerano neppure la soglia minima concessa agli altri automobilisti. L'uomo è stato denunciato e un collega della stessa azienda è stato incaricato di andare a recuperare il mezzo.

da padovaoggi.it

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Scrivono di noi

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Pesaro Inseguimento in autostrada

La polizia recupera un tir carico di rame rubato

PESARO – Fo l le inseguimento nella notte sull’autostrada A14, la Polizia stradale recupera un ingente carico di rame rubato. Il camion, rubato ieri a Pesaro, è di proprietà di una ditta chietina con sede ad Ortona. Il mezzo è stato

intercettato poco prima dell’una di ieri notte, mentre viaggiava verso sud sull’autostrada A14 nel tratto tra Fano e Pesaro. A quel punto è scattato l’inseguimento a sirene spiegate fino a quando, circa 5 km dopo, la Polizia autostradale è riuscita a farlo accostare. I due occupanti, però, hanno scavalcato le recinzioni e si sono dileguati a piedi nella notte. Sono in corso le indagini per stabilirne l’identità, anche perché il camion è stato rubato vuoto. E poi caricato di matasse e tubi di rame presumibilmente rubati altrove. Il sospetto, quindi, è che proprio in città si trovi una base logistica della banda.

da corriereadriatico.it

Falco stremato dal caldo lungo l'isola pedonale: il rapace salvato

dalla MunicipaleL'animale è stato soccorso da due agenti della

Municipale che lo hanno portato nella sede delle Guardie Ecozoofile FareAmbiente di Foggia

per le cure del caso

La Polizia Municipale salva un Falco Pellegrino. Il fatto è successo questa mattina intorno alle 10, su corso Vittorio Emanuele, quando due vigilesse in forza al Comando di Polizia Municipale sono state avvicinate da alcuni cittadini che

indicavano la presenza di un rapace, forse stremato dal caldo, riverso al suolo e non più in grado di volare.L'animale è stato soccorso dalle due agenti che, dopo aver accertato che l'animale effettivamente non era più in grado di volare né di abbeverarsi, lo hanno immediatamente portato presso la sede delle Guardie Ecozoofile di FareAmbiente di Foggia le quali adesso si accerteranno delle condizioni di salute del rapace e lo ricollocheranno nel suo habitat naturale.

da foggiatoday.it

AvellinoSfreccia a tutta velocità

sull'autostrada e viene fermato dalla polizia: trovano 5 kg di

marijuana

Polizia Stradale ChiavariCamperista spagnolo subisce furto e la Polizia Stradale gli ricompra le

medicine salvavita

CassinoCani sotratti al mercato nero:

una denuncia

Polizia Stradale Modena NordArrestati 2 narcotrafficanti

marocchini. Interrotto il viaggio della droga da Milano ad Avezzano con sequestro di 30 kg di hashish

TriesteSequestrate dalla Polizia Stradale20 tonnellate di rifiuti speciali in

uscita dal territorio nazionale

GenovaTorpedoni per Cracovia

Controlli della Polizia Stradale di Genova sugli autobus in partenza

per la Giornata Mondiale della Gioventù

VeneziaCamionisti stravolti alla guida e centinaia di patenti sequestrateGli agenti hanno scoperto come vengono

manomesse le apparecchiature che obbligano alla sosta, ritirate 300 patenti

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Redazionale

orna a salire, per la prima volta dal 2001, il numero delle vittime di incidenti stradali in Italia.

7.000 morti ed oltre 200.000 feriti in dieci anni: sono i dati impietosi sulle tragedie che coinvolgono i pedoni. Numeri impressionanti, resi ancora più drammatici dalle invalidità permanenti che spesso le vittime della strada riportano, con gravosi costi sociali.

L’obiettivo europeo “Orizzonte 2020” per il dimezzamento delle morti sulla strada sembra sempre più lontano, come possiamo contribuire ad un effettivo cambio di tendenza?

Chi si mette al volante dovrebbe riflettere sul fatto che la strada è irta di pericoli ed il solo modo per evitarli (poiché è impossibile che un automobilista non vi incorra, almeno una volta nella vita) è usare la massima

prudenza: la prima espressione di prudenza è la moderazione della velocità, soprattutto nelle aree abitate e popolose. Attraversare in sicurezza sulle strisce pedonali dovrebbe essere un diritto, non una scommessa. Purtroppo i pedoni

diventano troppo spesso vittime di incidenti anche banali, complici la distrazione dei guidatori, la velocità dei veicoli non adeguata, e spesso la scarsa visibilità degli attraversamenti pedonali.

Anche un incidente banale può rilevarsi gravissimo per un pedone. “L’investimento di pedoni sugli attraversamenti non regolati dai semafori sta diventando una vera emergenza sociale.

Ecco perché abbiamo pensato a “PEDONE SICURO® 2.0”, un sistema di sicurezza attiva che Safety21 propone alle pubbliche amministrazioni per la tutela degli utenti della strada maggiormente a rischio. Non bisogna dimenticare infatti che, negli ultimi anni, la percentuale di pedoni morti è aumentata anziché diminuire: dobbiamo tutti impegnarci per trovare

La sicurezza stradale vede i pedoni quali utentipiù a rischio sulla strada

Pedone Sicuro® 2.0:attraversamento intelligente per la salvaguardia dei pedoni

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delle soluzioni, e questa è la nostra proposta”. A parlare è Domenico Mazzilli, presidente di Safety21, una vita spesa al servizio della sicurezza stradale anche come Direttore del Servizio Polizia Stradale italiano.

Nel 2014 (ultimo dato Istat definitivo disponibile) i pedoni vittime di investimenti mortali sono stati infatti 548, il 5,18 % in più dell’anno precedente, e dai primi dati provvisori relativi al 2015 il trend rimane fortemente negativo. Bisogna anche ricordare che un terzo degli incidenti che coinvolgono i pedoni avviene proprio sulle strisce pedonali, un luogo dove l’utente dovrebbe sentirsi più tutelato.

“PEDONE SICURO® 2.0 – continua Mazzilli - è un innovativo sistema tutto italiano, brevettato, per la messa in sicurezza degli attraversamenti pedonali privi di impianti semaforici. Con i suoi segnalatori a led situati nelle vicinanze ed in prossimità dell’attraversamento, il dispositivo risolve il problema della scarsa visibilità sia diurna che notturna, attirando così l’attenzione sul passaggio pedonale anche dei guidatori più distratti.”

Dottor Mazzilli, in cosa consiste l’innovazione di questo sistema?“Il sistema è fortemente innovativo perché corredato di una telecamera con riprese

a 360° che monitora in tempo reale il territorio circostante, aumentando ulteriormente la sicurezza del pedone. Le riprese poi possono essere visionate in diretta o recuperate successivamente dagli organi accertatori come elemento di

prova in caso di incidente, sempre nel massimo rispetto della privacy degli utenti.”

I sistemi “Pedone Sicuro® 2.0” sono già operativi, e dove sono ubicati?“Abbiamo reso disponibile il primo impianto, per la città di Porto San Giorgio (Fermo), per affrontare il problema di un doppio

attraversamento pedonale particolarmente pericoloso ubicato sul lungomare, mettendo così in sicurezza gli attraversamenti di chi si reca in spiaggia.” conclude Mazzilli “I prossimi 3 saranno installati nella provincia di Como, dove l’attenzione della Pubblica Amministrazione è massima su questo tema.

Ci auguriamo che altri Enti adottino presto questo nuovo sistema a tutela della sicurezza degli loro utenti più a rischio. A mio parere i primi passaggi pedonali che dovrebbero essere presi in considerazione sono quelli in prossimità di scuole ed ospedali, ma sono molte, troppe le ‘strisce’ pericolose sul nostro territorio, e riteniamo urgente metterle tutte al più presto in sicurezza”.

PEDONE SICURO® 2.0: COME FUNZIONAIl sistema è composto da una telecamera e 4 fotocellule, che rilevano la presenza del pedone sul marciapiede o a ridosso

delle strisce pedonali, azionando 4 lampeggianti LED ad elevata luminosità installati in prossimità delle strisce pedonali e 2 pre-segnalatori più esterni, così da allertare per tempo gli automobilisti. In assenza di pedoni, il dispositivo rimane inattivo, senza inutili sprechi di energia.

Le riprese video - panoramiche a 360° o quadruple – registrate su server “Cloud” (Certificati Iso 27001 e ISO 27018) possono essere visualizzate dai diversi dispositivi in modalità LIVE o ON-DEMAND nel rispetto delle norme vigenti di conservazione.

I video possono essere visionati solo dagli operatori di Polizia nel caso di eventuali incidenti o infrazioni.

Ogni particolare costruttivo risponde inoltre ai più severi requisiti tecnici ed estetici, al fine di inserirsi in modo armonico nell’arredo urbano.

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Attualità

La direttiva 2010/64/UE stabilisce norme relative al diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto europeo, a tal proposito gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale in questione siano assistiti senza indugio da un interprete nei procedimenti penali dinanzi alle autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari. Parimenti gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale ricevano, entro un periodo di tempo ragionevole, una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento.

Attraverso il decreto legislativo 2 marzo 2014, n. 32, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 64 del 18 marzo 2014, entrato in vigore il 2 aprile 2014, è stata data attuazione nell’ordinamento nazionale ai contenuti della direttiva 2010/64/UE, prevedendo tutta una serie di modifiche al codice di procedura penale (artt. 104 e 143), alle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (artt. 67 e 68) ed al testo unico in materia di spese di giustizia (art. 5).

Tuttavia, decorsi poco più di due anni dal recepimento dei

contenuti della direttiva dell’Unione europea, il legislatore nazionale è nuovamente intervenuto sulla materia introducendo, attraverso il decreto legislativo 23 giugno 2016, n. 129, disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. n. 32/2014, che vanno a modificare il codice di procedura penale e le relative disposizioni di attuazione.

Riguardo al codice di procedura penale, la modifica interessa il Libro II - Titolo IV, della traduzione degli atti, nella misura in cui all’art. 146 (conferimento dell’incarico) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: "2-bis. Quando l'interprete o il traduttore risiede nella circoscrizione di altro tribunale, l'autorità procedente, ove non ritenga di procedere personalmente, richiede al giudice per le indagini preliminari del luogo il compimento delle attività di cui ai commi precedenti."

Le modifiche alle disposizioni di attuazione del c.p.p. si riferiscono, invece, all’assistenza dell’interprete e traduzione degli atti, ed all’introduzione dell’elenco nazionale degli interpreti e traduttori di cui agli artt. 51-bis e 67-bis, che trovano rispettiva collocazione al Titolo I - Capo V, delle Disposizioni relative agli atti, ed al Capo VI, delle Disposizioni relative alla prove.

Assistenza dell'interprete e traduzione degli atti Il neo introdotto art. 51-bis, codifica i casi e le modalità circa

l’assistenza dell’interprete e la traduzione degli atti. È infatti previsto che l’imputato, per ciascuno dei casi di cui all'articolo 143,

Attuazione della Direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimentipenali – Atto IIDisposizioni integrative e correttivedel decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32

di Gianluca Fazzolari*

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comma 1, secondo periodo, del c.p.p., abbia diritto all'assistenza gratuita dell'interprete per un colloquio con il difensore, assistenza gratuita che può essere assicurata anche per più di un colloquio laddove, per fatti o circostanze particolari, l'esercizio del diritto di difesa richieda lo svolgimento di più colloqui in riferimento al compimento di un medesimo atto processuale.

Qualora non fosse possibile avere prontamente una traduzione scritta degli atti di cui all'articolo 143, comma 2, del c.p.p., se ciò non pregiudica il diritto di difesa dell'imputato, l'autorità giudiziaria dispone, con decreto motivato, la traduzione orale (con riproduzione fonografica) anche in forma riassuntiva, redigendo contestualmente verbale.

L'imputato può rinunciare espressamente, anche a mezzo di procuratore speciale, alla traduzione scritta degli atti. La rinuncia produce effetti solo se l'imputato ha consapevolezza delle conseguenze che da essa derivano, anche per avere a tal fine consultato il difensore. In tal caso il contenuto degli atti è tradotto oralmente (con riproduzione fonografica), anche in forma riassuntiva.

È in fine previsto, laddove vi siano strumenti tecnici idonei, e salvo che ciò possa causare concreto pregiudizio al diritto di

difesa, che l'autorità procedente possa disporre l'assistenza dell'interprete mediante l'utilizzo delle tecnologie di comunicazione a distanza

Elenco nazionale degli interpreti e traduttori Ai sensi del neo introdotto art. 67-bis, è previsto che ogni

tribunale trasmetta per via telematica al Ministero della giustizia l'elenco aggiornato, in formato elettronico, degli interpreti e dei traduttori iscritti nell'albo dei periti di cui all'articolo 67.

L'autorità giudiziaria si avvale di tale elenco nazionale, e solo in presenza di specifiche e particolari esigenze nomina interpreti e traduttori diversi da quelli ivi inseriti.

L'elenco nazionale degli interpreti e traduttori, nel rispetto della normativa vigente sul trattamento dei dati personali, è consultabile dall'Autorità Giudiziaria, dagli avvocati e dalla polizia giudiziaria attraverso il sito istituzionale del Ministero della giustizia. Le modalità di consultazione dell'elenco nazionale saranno definite con decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi entro il termine di otto mesi decorrenti dal 29 luglio 2016, data di entrata in vigore della nuove disposizioni.

Pur garantendo la massima affidabilità riguardo al contenuto di quanto precede, l’autore non risponde dei danni derivanti dall’uso dei dati e delle notizie ivi contenute. Quanto precede rispecchia esclusivamente l’interpretazione dell’autore, e non impegna in modo alcuno l’Amministrazione dello Stato da cui dipende.

*Ispettore Capo della Polizia di StatoComandante Squadra di p.g. Polstrada La Spezia

RifeRimenti noRmativi BiBliogRafia

D. Lgs. 23 giugno 2016, n. 129D. Lgs. 4 marzo 2014, n. 32Direttiva 2010/64/UED. Lgs. 28 luglio 1989, n.271D.P.R. 22 settembre 1988,n. 447

G. Fazzolari – “Attuazione della direttiva 2012/29/UE Modifiche al c.p.p. in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato”il Centauro n. 193

G. Fazzolari – “Non punibilità per particolare tenuità del fatto Cosa cambierà per le attività della polizia giudiziaria?”il Centauro n. 184

R. Chianca – “Nuove regole per la difesa d’ufficio” il Centauro n. 183

R. Chianca - G. Fazzolari – “Attuazione della Direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali L’adeguamento del diritto interno nei confronti delle persone indagate o imputate, alcune prime indicazioni”Portale ASAPS luglio 2014

articoli ed approfondimenti tratti da:www.vehicle-documents.itwww.vigilaresullastrada.itwww.asaps.it

atto Entrata in vigore Gazzetta ufficialeRepubblica Italiana note

Decreto legislativo 23 giugno 2016 n.

12929 luglio 2016 n. 163 del 14.07.2016

Integra il D. Lgs. n. 32/2014

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Succede l'incidente. I conducenti scendono dall'auto per verificare l'accaduto e restano falciati da un guidatore in stato di ebbrezza alcolica. Un caso tanto tragico, quanto apparentemente semplice sul piano delle responsabilità: è chiaro che tutta colpa del guidatore ubriaco (che peraltro è recidivo nell'ebbrezza), oppure anche no. Tutto depone a suo sfavore: con un veicolo fermo avrebbe dovuto

limitare la velocità e scansare il pericolo. Eppure, visto che a mettere la parola fine è stata la Cassazione a distanza di anni (sentenza 1 luglio 2016, n. 27091), risulta piuttosto evidente che, in casi del genere, il tutto può complicarsi, ed anche parecchio e le responsabilità non sempre sono cossì scontate. Cos'era successo? Siamo a Torino, nel centro urbano di notte. Due veicoli si scontrano ed i conducenti, istintivamente, scendono per dar un'occhiata alle lamiere contorte, senza peraltro indossare i giubbetti rifrangenti. Arriva un'altra auto in velocità (70 km/h dove il limite è di 50). Il conducente è alterato (1,31 mg/l più evidenti tracce di cocaina). Con la parte centrale del veicolo ne falcia uno, mentre l'altro resta colpito dal parafango anteriore destro. I danni sono enormi: per il primo "frattura pluriframmentaria di tibia e perone della gamba destra, frattura del bacino e frattura dell'occipite con successiva amputazione per necrosi dei tre dita del piede destro"; l'altro subisce "politrauma con

amputazione gamba sinistra".Non è un caso limite, stando alle statistiche elaborate

dall'Osservatorio ASAPS sul fenomeno delle persone travolte in strada: ben 63 casi nel 2015, di cui il 33% di notte. Nel 6,3% degli episodi rilevati il conducente è stato trovato positivo all'alcol-test. In termini di perdita della vita e dell'integrità fisica il bilancio è spaventoso: 40 morti ed 87 feriti in un anno. La metà (50,8%) travolti in autostrada, l'altra metà (49,2%) su strade extraurbane.

C'è da dire che nel caso di Torino il quadro si presentava piuttosto definito: l'investitore aveva mantenuto una velocità di 70 km/h (superiore al limite dei 50), eccessiva e comunque inadeguata rispetto alle condizioni di tempo e di luogo. Si trattava di un tratto di strada non illuminato, percorso in ora notturna, in corrispondenza di un'intersezione stradale con impianto semaforico che proiettava il colore giallo intermittente e con la sede stradale parzialmente occupata dalle due vetture coinvolte nel precedente sinistro stradale. A fronte di tutto questo il conducente non aveva ridotto tempestivamente la propria velocità ed aveva invaso l'opposta corsia di marcia senza rispettare la doppia linea continua di mezzeria. Per finire guidava in stato di ebbrezza dopo aver assunto cocaina e bevande alcoliche (alcolemia 1,3 g/l).

Ma si sa: quando i processi sono lunghi la giustizia può

SCENDONO PER CONSTATARE I DANNIDELL’INCIDENTE E VENGONO TRAVOLTIDA UN UBRIACO ALLA GUIDA: AL 30% E’ COLPA LORO

Dottrina di Ugo Terracciano*

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diventare meno giusta. Così il Tribunale di Torino, il 24 gennaio 2013, ha dovuto assolvere l'imputato per il reato di giuda in stato di ebbrezza in quanto prescritto e lo ha condannato, per tutto il resto, ad un anno e 9 mesi di reclusione oltre al risarcimento dei danni, pena poi ridotta, il 12 giugno 2015 in appello, ad anni 1 e mesi 2 di reclusione riconosciuto il concorso di colpa delle persone offese nella misura del 30%.

Ed ecco il punto: se scendi dall'auto, magari disorientato perché coinvolto in un incidente, e ti piomba addosso un veicolo il cui conducente guida sotto l'effetto di sostanze psico-attive, devi aspettarti di risponderne anche tu?

Stando al ragionamento dell'automobilista di Torino, la colpa, anzi, potrebbe anche essere solo tua. Sei tu che devi stare attento se stai in mezzo alla strada. Ed è proprio questo l'argomento con cui il nostro conducente si è presentato in Cassazione, dopo aver falciato i due malcapitati. A sentir lui (lasciamo stare che era alterato da sostanze alcoliche e psicoattive) nella circostanza non avrebbe potuto prevedere il comportamento tenuto dalle persone travolte (che sostavano al centro della strada nell'atto di discutere sulle reciproche responsabilità nel loro incidente, senza indossare alcun dispositivo di sicurezza, in luogo non illuminato, in tarda ora notturna).

Quindi sbaglia il Giudice di secondo grado quando si affida ad una indimostrata nozione di prevedibilità della presenza dei pedoni nel luogo di investimento ed individua quale profilo di colpa dell'imputato il fatto che lo stesso, alterato dalle sostanze alcoliche, non era stato in grado di arrestare l'auto (e così di scartare gli ostacoli) e comunque di ridurre ulteriormente la velocità (e così di contenere ulteriormente i danni). Lui era riuscito a sorpassare le auto ferme, evitandole senza impattarsi contro di esse, quindi sono gli altri ad essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Costoro avrebbero dovuto indossare l'apposito giubbotto retroriflettente prima di scendere dal veicolo ed avrebbero dovuto provvedere alla segnalazione dei veicoli in panne mediante il triangolo luminoso. Invece erano scesi dai rispettivi veicoli – stando sempre all'opinione dell'incolpato - al solo e deliberato fine di inscenare una lite sulle reciproche responsabilità per l'accaduto, al centro della carreggiata stradale, di notte e in un tratto privo di illuminazione. Come poteva prevedere uno scenario simile, il nostro automobilista di Torino?

Stando più attento e guidando sobrio è stata la risposta della Cassazione. Il conducente dopo aver percorso un cavalcavia e terminata una curva destrorsa, ha sicuramente iniziato a vedere, a circa cento metri di distanza, le luci lampeggianti del semaforo e poi, poco dopo, le luci dei veicoli in sosta nelle posizioni anomale. La visibilità, insomma, era buona altrimenti egli non avrebbe potuto nemmeno evitare l'ostacolo. La sua velocità era "sicuramente eccessiva, pericolosa ed in violazione dell'art. 141 C.d.S. in relazione allo stato di manutenzione del proprio veicolo, alle caratteristiche e alle condizioni della strada ed alla situazione che si era trovato davanti. Una velocità eccessiva che non non ha consentito all'automobilista di conservare il controllo del proprio veicolo, né di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile entro i limiti del suo campo

di visibilità, data l'ora notturna e l'assenza di illuminazione artificiale". Non dimentichiamo poi l'incidenza che il riscontrato stato di ebbrezza deve aver avuto sulla "errata valutazione... della situazione di fatto", sulla "sottovalutazione del pericolo" e sulla "grave imprudenza costituita nella manovra di sorpasso dei veicoli fermi" a velocità non adeguata.

Ma non è nemmeno tutta colpa dell'investitore: non dimentichiamo che le persone travolte erano scese dalle rispettive autovetture (ad esito del primo incidente) senza indossare i giubbotti catarinfrangenti e senza posizionare il triangolo di pericolo; erano rimaste in mezzo alla strada, vicine tra loro, in piena notte e al buio e non avevano prestato attenzione all'arrivo dell'autovettura condotta dall'imputato. Per un 30% le persone travolte hanno contribuito a causare l'incidente, ma attenzione: “il comportamento colposo delle vittime” sottolinea la Cassazione “non interrompe il nesso causale tra la condotta colposa dell'automobilista e le lesioni accertate, in quanto la presenza di pedoni sulla carreggiata dopo un incidente rientra tra i pericoli tipici e prevedibili”.

Puoi sempre pensare che un pedone si trovi sulla strada. Su questo i giudici sono concordi e rigorosi. “In tema di circolazione ed investimento di pedone” – ha stabilito il Tribunale di Pisa nella sentenza 20 aprile 2016 - “la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso non vale ad escludere la responsabilità ex art. 2054 cod. civ. dell'automobilista laddove tale condotta, seppur anomala, del pedone fosse - per le circostanze di tempo e di luogo - ragionevolmente prevedibile e tale da dover ingenerare nel conducente maggiore prudenza”.

Fa eco il Tribunale di Bari (sent. 3 aprile 2015) secondo cui “Il conducente del veicolo non può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo del pedone, occorrendo, al contrario, che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l'evento lesivo”. E pronunciandosi su una vicenda in cui l'imputato era stato assolto per aver provocato la morte di un pedone, da lui investito mentre si trovava alla guida della propria autovettura, la Corte di Cassazione (Sez. IV, 9 gennaio 2015, n. 12260), aveva già affermato che “non può essere ritenuto esente da responsabilità il conducente dell'autovettura solo perché ha osservato il limite di velocità (peraltro prossima al massimo consentito), non essendo corretto ritenere che nessuna altra condotta di guida possa esigersi a fronte di un comportamento altamente imprudente del pedone (nella specie, sbucato all'improvviso dal davanti di un pullman fermo sulla destra della carreggiata), atteso che l'attraversamento imprudente di un pedone rientra nel 'ragionevolmente' prevedibile".

Troppe le persone travolte, troppi gli automobilisti distratti, troppo alcool e troppa droga. Ed anche in questo, per tutti, vale la regola della prudenza.

*Professore in Tecniche dell'Investigazione presso l'Università di Bologna

Consigliere Nazionale [email protected]

di Ugo Terracciano*

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a cura di Ernesto Forino

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i chiamava Marco Scaravelli, ed era un bambino di 6 anni. Su di lui si sono fatte molte polemiche nel mese di luglio. Perché sabato 16 luglio Marco è morto. Per un banale (ma tragico) incidente avvenuto la domenica precedente, quando era in sella a una minimoto.

Se n'è parlato molto, perché la leggerezza di certa stampa ha titolato che “un bambino di 6 anni era morto durante un gara di minimoto”. Così si era scatenata una selva di insulti sui social network per il padre. E il Codacons aveva chiesto al Ministro dei Trasporti di intervenire, per vietare l'attività in minimoto al di sotto dei 14 anni. Perché “lesiva nei confronti dei consumatori”.

Il piccolo Marco, però, non stava partecipando a una corsa di minimoto. Piuttosto stava facendo un corso di avvicinamento alla minimoto. Cinque giornate di scuola, che il padre gli aveva regalato per il suo 6° compleanno. Perché lui, così piccolo, sognava di diventare come il suo idolo: Valentino Rossi.

E non si è trattato neanche di un incidente “di pista”. Purtroppo alla base di tutto c'è una leggerezza del padre, che sicuramente si starà crocefiggendo per tale errore. Tutto ha avuto origine infatti nel momento del ritorno alla tenda, dopo la prova. Per evitare al figlio di spingere la moto sotto il sole, il padre ha acceso il

Motoridi Riccardo Matesic*

Quei bimbi piloti(o pugili, ciclisti, calciatori...)La tragedia di un bimbo di 6 anni, morto in sella a una minimoto, ha scatenato enormi polemiche. Ingiustificate, perché non stava correndo. Ma il suo caso ci spinge a una riflessione allargata sull'opportunità di trattare i bambini come piccoli atleti. E sulla necessità di trovare un compromesso eticamente accettabile

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motore del veicolo. Il bambino, inesperto, avrebbe (usiamo il condizionale) giocato con il gas, spaventandosi quando la moto è partita, senza riuscire a riprenderne il controllo. Così è finito addosso al pilone di un cancellata, procurandosi un forte trauma cranico, nonostante la presenza del casco.

Per inciso, segnaliamo che il Regolamento della Federazione Motociclistica Italiana (FMI) vieta espressamente l'utilizzo di veicoli a motore nel paddock.

Tutto questo dovrebbe chiudere una stupida polemica inutile. Piuttosto sarebbe bello sottolineare che i genitori del bambino hanno disposto la donazione degli organi; ridando una speranza di vita ad altri 5 bambini.

Però c'è una polemica che va oltre. Ed è quella sull'opportunità -comunque- di mettere su una piccola moto un bambino così piccolo. Vediamo di capirci qualcosa di più.

Le regole e... i nostri dubbiPer correre in minimoto bisogna avere almeno 8 anni. Il

regolamento FMI è chiaro, e non ammette deroghe. Esistono poi dei corsi federali chiamati “Primi Passi Minimoto”, durante i quali i bambini possono iniziare a guidare in circuito dai 7 anni, aiutati e controllati dagli istruttori FMI. Nulla prevede la Federmoto per bambini al di sotto di tale soglia d'età. Infatti l'attività cui partecipava il piccolo Marco era un'attività extra-FMI.

Come detto, il Codacons ha chiesto al Ministro dei Trasporti di intervenire, vietando la pratica della Minimoto al di sotto dei 14 anni. Al di là del fatto che il Ministero competente ci sembrerebbe più quello che si occupa di sport (gli Affari Regionali), è chiaro che l'attività di un ente ufficiale come la FMI è regolata da norme severe e autorizzata anche dall'Ente che sovrintende e gestisce lo sport italiano: il CONI. Insomma, la decisione di far correre i bambini a partire dagli 8 anni sicuramente non è stata presa alla leggera. Del resto, sono molti gli sport dove l'attività agonistica può iniziare molto presto.

In gergo si chiama preatletismo, ed è quella pratica per la quale i bambini vengono trattati come veri atleti. Quindi allenamenti anche pesanti, stress da gara, ansia da prestazione. E, se gli allenatori non sono preparati, possibili danni fisici. Chi scrive, per passione, è anche istruttore federale di kickboxing. La nostra Federazione nei corsi ci mette regolarmente in guardia dall'errore di trattare i bambini come piccoli adulti. Anche i pugni al sacco possono creare danni alle cartilagini non ancora formate delle spalle. E dal punto di vista psicologico ci viene regolarmente rimarcato che i bambini... debbono avere un approccio ludico; senza pressioni.

Tutto questo si scontra con certi genitori, che hanno l'ansia di crescere dei baby campioni. Magari perché proiettano le loro frustrazioni sui figli, magari -meno maliziosamente- semplicemente perché sognano un futuro dorato per i loro bambini. Resta il fatto che i bambini dovrebbero essere liberi di scegliere se e come impegnarsi agonisticamente. Ma anche nello studio di attività parallele alla scuola.

Vista con questi occhi, la vicenda cambia molto. Correre in minimoto (avendo almeno 8 anni, come abbiamo visto) non è così grave se rimane un'attività puramente ludica e non ci sono dietro dei genitori che pressano perché si ottengano dei risultati. Per i bambini correre è divertente e non richiede allenamenti stressanti per la preparazione fisica. E, come segnalato dal presidente della Federmoto, Paolo Sesti, l'incidentalità in questi casi è praticamente pari a zero. Va

assai peggio in altri sport, per i quali serve allenarsi come veri atleti. E nei quali ci si fa male più facilmente.

È qui che si innesta un dubbio che richiede una riflessione etica: se si vuole avere la speranza di diventare campioni, bisogna iniziare presto. Molto si è parlato dei danni della ginnastica agonistica, in passato, quando certi paesi alle Olimpiadi schieravano atlete bambine. Restando al settore motociclistico, quando nel 1983 Freddie Spencer vinse il suo primo mondiale, fece scalpore scoprire che aveva iniziato a correre in minimoto a soli 5 anni. Qualche anno più tardi arrivò Kevin Schwantz, che la prima volta che aveva guidato una moto da minicross aveva solo 3 anni. Per venire ai tempi attuali, Valentino Rossi ha iniziato a correre a 9 anni, Marc Marquez con le minimoto a 4.

Il mondo gira così, sta a noi trovare il giusto compromesso per rispettare i bambini.

*Presidente dell'Associazione senza fine di lucro GuidaSicuraMoto Giornalista esperto di assicurazioni

Quei bimbi piloti(o pugili, ciclisti, calciatori...)

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Codice della strada

Non di rado, sulle nostre strade si vedono transitare veicoli pubblicitari dalle più varie caratteristiche e non sempre conformi alle regole tecniche stabilite dal nuovo codice della strada e dal relativo regolamento di esecuzione.

Ciò comporta, talvolta, la volontà dei singoli enti proprietari di strade, di arginare simili fenomeni, soprattutto allorquando detti veicoli – eludendo i divieti imposti dai commi 1 e 4 dell'art. 23 del codice dianzi citato – vengono collocati, stabilmente, in quei punti ove, normalmente, non potrebbe essere collocato nessun tipo di impianto pubblicitario.

Nel commento odierno, proponiamo una soluzione operativa per far fronte a questo tipo di problematica.

Nel commento odierno, ci riferiamo alle c.d. “autopubblicitarie e per mostre pubblicitarie”, classificate come tali, dall'art. 203, comma 2, lett. q), del d.P.R. 495/1992. Si tratta di veicoli speciali, provvisti di carrozzeria apposita, che non consenta altri usi e nelle quali le cose trasportate non abbandonano mai il veicolo; quindi, non sono da considerare tali, quei veicoli trasformati in autopubblicitarie, senza alcun aggiornamento della relativa carta di circolazione.

Per la sua destinazione economica, questa particolare tipologia di veicoli, può essere utilizzata per uso proprio (artt. 82 e 83 Cod. Str.) ovvero per uso di terzi - nell'unica forma che ne risulta consentita, ovvero la locazione senza conducente di cui agli artt. 82 e 84 Cod. Str. - allorché il veicolo stesso è utilizzato, dietro corrispettivo, nell'interesse di persone diverse dall'intestatario della carta di circolazione. Questi veicoli speciali non possono trasportare un numero di persone superiore a quello indicato sulla carta di circolazione – comunque riconducibili a chi ne detiene l'uso legittimo – e non possono trasportare altra cosa, se non la pubblicità pertinente il soggetto intestatario o locatario del veicolo stesso.

Infatti, per il caso di specie, il primo comma dell'art. 57 del d.P.R. 495/1992, stabilisce che l'apposizione sui veicoli di pubblicità non luminosa (1), è consentita:

a) se non effettuata per conto terzi (2);b) se non effettuata a titolo oneroso;c) se non realizza con sporgenze superiori a 3 cm rispetto

alla superficie del veicolo sulla quale sono applicati i messaggi pubblicitari, fermi restando i limiti di cui all'articolo 61 del codice.

Le autopubblicitariee per mostre pubblicitarie

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di Giovanni Fontana*

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A livello preventivo, con congrua motivazione, l'ente proprietario della strada e, più specificatamente, il comune, può vietare l'esercizio di determinate forme pubblicitarie e quindi, escludere che in determinati ambiti territoriali sia ammessa la circolazione delle autopubblicitarie (3). In tal caso, laddove il comune sia anche da considerare l'ente competente a riscuotere l'imposta sulla pubblicità, di cui al d. Lgs. 507/1993 o il canone autorizzatorio, di cui al d. Lgs. 446/1997, l'eventuale inosservanza del divieto sarà sanzionata, in un caso, nei termini previsti dall'art. 24 del decreto 507 cit. e, nell'altro, nei termini di cui all'art. 62 del decreto 446 cit. (4). In tal caso, il comune o il concessionario del servizio, può effettuare, indipendentemente dalla procedura di rimozione degli impianti e dall'applicazione delle sanzioni di cui sopra, la immediata copertura della pubblicità abusiva, in modo che sia privata di efficacia pubblicitaria.

Per altro verso, se l'autopubblicitaria circola promuovendo un prodotto od un servizio diverso da quello riconducibile all'intestatario della carta di circolazione(5), si applica la sanzione prevista dall'art. 23, comma 11 del codice.

Questione dirimente, attiene alla possibilità di poter lasciare in sosta l'autopubblicitaria.

In merito, il Ministero dei Trasporti (prot. n. 16076 del 18.02.08), ha ritenuto ammissibile la sosta dell'autopubblicitaria, a condizione che il parcheggio prolungato non superi le quarantotto ore (6). E' ben chiaro, che con riferimento a quanto affermato dalla Cass. Civ., Sez. Tributaria, 13.04.12, n. 5858, la pubblicità effettuata con i veicoli costituisce una modalità eccezionale, rispetto a quella ordinaria, insuscettibile di interpretazione estensiva, effettuabile nei casi in cui i veicoli utilizzati - come nel caso dei c.d. “camion-vela” - siano stati realizzati e/o trasformati e concretamente utilizzati per l'esclusivo esercizio dell'attività pubblicitaria. In tal caso, sempre secondo il supremo collegio, deve ritenersi - avuto riguardo alle particolari peculiarità del mezzo ed ai fini dell'applicazione dell'imposta - che si verta in tema di pubblicità ordinaria e che trovi applicazione la relativa disciplina tributaria.

A parere di chi scrive, quindi, i su citati ed omologhi pareri ministeriali non sono condivisibili, ne sostenibili.

Intanto, perché le motivazioni che hanno indotto il legislatore a stabilire un tempo limite per il protrarsi della sosta – convenzionalmente stabilito in quarantotto ore – sono da ricondurre, esclusivamente, all'esigenza di garantire il corretto esercizio dell'azione amministrativa, consentendo, all'utente della strada di non dover subire, immotivatamente, l'agire amministrativo. Per altro verso, il potenziale impianto di propaganda – costituito dall'autopubblicitaria, utilizzata in modo improprio, rispetto alla sua destinazione d'uso – sebbene potenzialmente lesivo (quanto a ubicazione, modalità di esposizione, ecc.) della sicurezza della circolazione stradale, sarebbe concretamente aggredibile, solo con il decorso di un tempo assai prolungato, esponendo con ciò gli utenti della strada a quei rischi istantanei relativamente ai quali, lo stesso codice, all'art. 23, comma 13-quater, impone di rimuovere senza indugio l'analogo impianto installato al suolo.

A parere di chi scrive, si vanno a profilare due diverse ipotesi:- in un caso, l'autopubblicitaria, per lo stato di necessità del

conducente o per cause di forza maggiore, non derivante dalla volontà dell'autista, deve essere sostata o parcheggiata, nel rispetto delle normali regole della circolazione stradale; quindi, l'eventuale sosta (comunque) non prolungata, non costituisce illecito;

- in altro caso, la sosta o il parcheggio (anche non) prolungato (7) avviene in uno dei punti vietati dal regolamento di esecuzione o in dispregio delle norme di comportamento previste dagli artt. 157 ss, del codice; quindi, tale manovra è amministrativamente rilevante ed assoggettabile alla sanzione prevista dall'art. 23, comma 11, del codice, per esposizione di impianto di propaganda non autorizzato.

In caso di accertata violazione, la polizia stradale avrà cura di enunciare nel verbale di contestazione, le motivazioni che hanno indotto l'organo di polizia stradale a ritenere tale manovra pericolosa per la sicurezza della circolazione stradale.

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Note di chiusura:*) referente locale ASAPS, commissario presso il corpo polizia municipale del comune di Forte dei Marmi, è autore di numerose

pbblicazioni in materia, tra le quali, la pubblicità sulle strade (1997), Gestione e controllo dei mezzi pubblicitari (2001), Vigilanza sulla pubblicità stradale (2005), La pubblicità sulle strade (2009)

1) si ricorda che l'art. 23, comma 2 del codice, vieta l'apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli. E' consentita quella di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell'attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli.

2) nessuna norma vieta l'uso del veicolo pubblicitario da parte di soggetti diversi dall'intestatario della carta di circolazione, ma ciò ch'è vietato, è la pubblicità effettuata per conto terzi ovvero, idonea a promuovere un prodotto o un servizio fornito da un soggetto diverso dall'intestatario della carta di circolazione o dal locatario.

3) cfr. Tar Toscana, Firenze, Sez. III, 30.01.2004, n. 1524) il decreto 446/1997 s.m.i. richiama, quoad poenam, l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 23 del

d. Lgs. 285/1992 s.m.i., ovvero, se non comminabili, quelle stabilite dall'articolo 24, comma 2, del decreto 507 più volte citato: per le sanzioni amministrative accessorie, si applicano quelle specificatamente e diversamente previste dai citati decreti sulla fiscalità locale

5) in caso di veicolo locato senza conducente, sarà opportuno verificare che il conducente non abbia rapporti di lavoro con il locatore ovvero, agisca in nome e per conto del soggetto locatario, così da escludere che l'eventuale contratto di locazione sia stato effettuato al solo fine di eludere il divieto di cui all'art. 57, comma 1 del d.P.R. 495/1992

6) tale termine, è stato ricostruito sulla base di quanto previsto dall'art. 6, comma 4, lett. f) del codice, che ha stabilito un tempo massimo necessario per rendere nota l'apposizione di un divieto di sosta e quindi applicare la relativa sanzione. Parere riconfermato, poi, con nota n. 62926 del 29.07.08, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

7) non è possibile quantificare, a priori, quale sia questo “tempo massimo”, ma è sempre l'operatore di polizia stradale che deve valutare, caso per caso, tale tempistica, in ragione della gravità del fatto, oggettivamente valutabile. Infatti, come ben chiarito dal Tar Toscana, Sez. III, 11 giugno 2004, n. 2047, la discrezionalità della P.A. nel valutare la pericolosità di un mezzo pubblicitario, non è censurabile, se non per macroscopici errori di valutazione.

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Attualità a cura del prof. Giovannino Rocchi*

l sonno è una delle funzioni più importanti del nostro organismo. La letteratura scientifica da molti anni ha messo in evidenza che qualsiasi disturbo che lo vada ad inficiare crea i presupposti per deficit cognitivi e comportamentali, ma soprattutto per una malattia infiammatoria i cui risvolti sono patologie cardio e neurovascolari, endocrine, degenerative e secondo le ultime ricerche anche tumorali; in

pratica le maggiori cause di spesa del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). La prevenzione delle patologie del sonno è la medicina preventiva per eccellenza e le spese derivanti da una mancata attenzione verso di essa sono enormi.

Il documento del Ministero della Salute di aprile 2016 indirizzato alla Conferenza Permanente Stato Regioni, avente per oggetto l’intesa sui criteri strategici con cui fronteggiare la prevenzione e cura per la sola OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome = sindrome delle apnee durante il sonno) che è soltanto uno dei disturbi, conteggia in 3 miliardi di euro le spese sanitarie direttamente inerenti la cura delle patologie da essa causate, a cui vanno aggiunti altri 5 miliardi per gli incidenti stradali e sul lavoro dovuti a colpo di sonno o ad eccessiva sonnolenza, anche questi dovuti ad OSAS. Il totale ipotizzato è pertanto di circa 8 miliardi/anno e questo solo per una delle possibili cause dei disturbi del sonno. Per avere una migliore cognizione dell’impatto economico è da notare che la spesa farmaceutica totale del SSN ammonta a circa 9 miliardi/anno.

Gli incidenti stradali da colpo di sonno meritano un approfondimento. Secondo le statistiche delle varie polizie stradali europee, questi rappresentano circa il 20% dei sinistri, caratterizzati, inoltre, dalla maggiore mortalità e disabilità in quanto non viene tentata alcuna manovra correttiva da parte del guidatore. Le cause sono molteplici, sicuramente comportamenti che inducono

una privazione acuta o cronica e anche utilizzo di sostanze psicotrope, ma i disturbi, di cui i più frequenti sono l’OSAS, sono quelli maggiormente responsabili. Il motivo è che ogni apnea (facile averne 20-30/ora) termina con un risveglio, inconscio, che fraziona il sonno in modo così importante che questo infine non risulta ristoratore e come conseguenza si ha maggiore propensione ad addormentarsi (da tre a sette volte di più) quando dovremmo essere invece svegli. Per tale motivo la normativa europea 2014/85 ha obbligato tutti gli stati membri ad inserire nel proprio ordinamento, entro il 31 dicembre 2015, delle restrizioni precise per il conseguimento e mantenimento della patente di guida per coloro che sono affetti da OSAS. Costoro debbono dimostrare di effettuare terapie atte a correggere tale patologia. Esistono anche ulteriori restrizioni per le patenti professionali.

Le terapie sono la perdita di peso, dormire di lato, eventuale chirurgia a livello del palato, la terapia pneumologica ventilatoria mediante CPAP (continuous positive airway pressure), ortesi odontoiatriche (MAD = mandibular advancement device) ovvero un tipo di bite, da utilizzare durante il sonno, che ha la funzione di portare avanti la mandibola e conseguentemente aumentare lo spazio per l’aria a livello della gola. La letteratura scientifica ha evidenziato che circa il 70% dei pazienti beneficia dei MAD.

La legge sulla patente di guida sarebbe stata una buona occasione per stimolare la popolazione a curarsi. Sappiamo bene che mentre per la salute c’è una certa abitudine a rimandare, per la patente di guida si è disposti ad agire immediatamente. La politica, purtroppo, per il timore che rappresentasse una voce di spesa in più, ha vanificato la legge adottando, per ora, delle indicazioni operative la cui applicazione ha avuto proprio lo scopo di non far emergere la patologia. Il documento ministeriale Stato/Regioni sopracitato è comunque un segnale

La direttiva UE 2014/85inerente le apneenel sonno e le patenti:un’occasione da non perdere

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positivo di probabile inversione di rotta che ci aspettiamo venga suffragato da un cambiamento delle indicazioni operative, appena emanate a febbraio di questo anno, per i medici monocratici (nelle scuole guida) e le commissioni mediche locali. Indicazioni che hanno, come abbiamo già detto, vanificato completamente lo spirito della legge.

Il tallone di Achille della prevenzione è rappresentato dai tempi lunghi che intercorrono tra l’applicazione delle procedure preventive ed il risultato che avviene dopo un certo numero di anni: è uno spazio temporale sempre troppo lungo per gli orizzonti della politica. Questa volta, però, ci troviamo di fronte ad una situazione alquanto diversa perché la patologia rappresenta anche un aumento di rischio per le compagnie di assicurazione sia in termini di incidentalità stradale e lavorativa che in termini di malattie. Non sarebbe da meravigliarsi che il comparto assicurativo pretendesse un'applicazione più coerente con gli obiettivi iniziali della legge, così come previsto dall’UE. Del resto una scelta politica che andasse in questa direzione, oltre che essere in linea con quanto raccomandato dall’OMS riguardo la prevenzione e il trattamento delle patologie come l’OSAS che predispongono a patologie croniche, sarebbe anche un aiuto concreto in tema di sostenibilità dei servizi sanitari in quanto si attuerebbe una prevenzione delle patologie che assorbono più risorse dal sistema sanitario. Il lato negativo è che la patente non è tutelata dalla costituzione e in più viviamo una situazione economica alquanto critica, e pertanto il cittadino si dovrà far carico delle spese, ma a fronte di questo si avrà una ricaduta positiva in termini di salute e sicurezza per tutta la popolazione e in termini economici per lo Stato. Perché ciò possa avvenire con minor disagio della popolazione sarebbe opportuno che il Ministero della Salute creasse un elenco degli Esperti in Disturbi del Sonno. Questa materia, infatti, è trasversale alla neurologia, pneumologia, otorinolaringoiatria, odontoiatria, pediatria, cardiologia, medicina del lavoro ed altre ancora. Proprio questa interdisciplinarità la rende molto complessa e per questo è fondamentale che ci siano degli esperti di riferimento in grado di programmare un percorso diagnostico e terapeutico più breve, più corretto, più efficace e più economico. Potrebbero essere utilizzati gli elenchi di esperti già attivi all’interno delle società scientifiche di riferimento, sistematizzando ed ordinando i regolamenti di accesso secondo le esigenze della

pubblica utilità, in un nuovo albo gestito e garantito dal Ministero della Salute.

Nelle more di una diversa organizzazione del SSN intanto si potrebbe agire sulla sicurezza delle gite scolastiche che sono spesso funestate da gravi incidenti dovuti a colpi di sonno degli autisti di autobus. Il prezioso capitale umano rappresentato dagli scolari e dagli studenti di qualsiasi ordine e grado merita sicuramente che si obblighino le scuole a utilizzare solo compagnie di trasporto che abbiano non solo certificati di idoneità dei mezzi, come già richiesto e ora frequentemente controllati dalle Forze di Polizia la mattina stessa prima della partenza, ma anche la certificazione che l’autista non soffra di apnee. L’esame da effettuare è la polisonnografia e nello specifico il monitoraggio cardiorespiratorio nel sonno che permette di registrare la presenza di eventuali apnee misurandone la durata e l’effetto sulla ossigenazione ematica. Stessa cosa potrebbe o dovrebbe essere richiesta per gli autisti delle linee di trasporto su gomma che collegano tutta l’Italia.

Le apnee si curano, l’autista che soffre di apnee durante il sonno non perderà il suo lavoro, dovrà semplicemente seguire la terapia prescritta, in tal modo non solo renderà più sicuro il suo servizio ma avrà fatto la miglior scelta per la sua salute.

Certamente non risolveremmo tutti i problemi, quali turni che non tengano conto dei fisiologici e necessari riposi, piuttosto che comportamenti del singolo che inducano una perdita acuta o cronica del sonno, ma inizieremmo ad eliminare un rischio molto elevato dovuto alle OSAS per diminuire la mortalità e le disabilità dovute a questa causa di incidenti stradali anche se solo per gli autobus.

Lo scopo è dare un segnale preciso tesoa mettere ordine nel trasporto in attesa che i sindacati di categoria degli autotrasportatori collaborino con le Istituzioni per una prevenzione efficace e condivisa e dall’altra a far iniziare quel percorso virtuoso da parte della popolazione riguardo la salute. Le casse dello Stato ne avrebbero un sollievo ma quel che è più importante è il beneficio che ne avrebbero i cittadini.

*Esperto AIMS** in Disturbi del Sonno

Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Roncologia

**AIMS = Associazione Italiana di Medicina del Sonno

a cura del prof. Giovannino Rocchi*

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Nella figura in alto il paziente è in apnea (la freccia rossa indica il punto in cui la lingua, arretrata per perdita eccessiva del tono muscolare durante il sonno, chiude la via aerea a livello della gola)La figura in basso indica cosa succede con l’utilizzo della CPAP: l’aria insufflata attraverso la maschera nasale sposta la lingua e permette il passaggio dell’aria stessa

Paziente in terapia con CPAP

Paziente pronto per la registrazione con Polissografo

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a cura di Ernesto Forino

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Osservatorio il Centauro/Asaps

el primo semestre del 2016 il Report dell’Osservatorio il Centauro ASAPS sugli incidenti ai bambini sulle strade torna a far segnare dati nettamente peggiori rispetto allo stesso periodo del 2015 che aveva segnato una inversione di tendenza rispetto a un pessimo 2014.

Andiamo con ordine. l’Osservatorio nella prima metà dell’anno ha registrato 480 incidenti stradali importanti riguardanti i bambini da 0 a 13 anni avvenuti sulle

strade, 72 in più rispetto allo stesso periodo del 2015 quando ne registrammo 408 quindi la crescita si attesta sul 17,6%.

Peggiore il dato della mortalità. I piccoli che hanno perso la vita nei primi sei mesi sono stati 23, ben 6 in più rispetto ai 17 dello scorso anno con una lievitazione del 35,3%. Anche se si deve subito dire che alla data odierna si devono già aggiungere altre 9 piccole vittime in un terribile mese di luglio, e altre 6 in agosto portando il dato complessivo a 38 piccoli morti.

I bambini che hanno riportato lesioni nel primo semestre sono stati 591, lo scorso anno furono 502, +89, +17,7%.

Ma dove sono accaduti gli incidenti che hanno coinvolto i nostri bambini? 263 nei centri urbani (nei primi sei mesi dello scorso anno 199), 162 su statali e provinciali (lo scorso anno 149) e 26 in autostrada (27 lo scorso anno). Ma il maggior numero di piccole vittime si conta però sulle statali e provinciali con 11 decessi (10 lo scorso anno), 9 i decessi sulle strade urbane (4 lo scorso anno +125%!), 1 sulle autostrade (2 nel primo semestre 2015).

La tipologia dei sinistri ci indica che delle 23 piccole vittime 12 erano bambini trasportati in auto (nel primo semestre del 2015 erano stati 8 +50%), i piccoli travolti a piedi e deceduti sono stati 11 ben 8 in più rispetto al primo semestre 2015 e un incremento del 266%. Nessun bambino è morto in bici nel primo semestre di quest’anno, mentre nel primo semestre dello scorso anno furono 5.

La suddivisione per età ci dice che nella fascia da 0 a 5 anni le vittime sono state 7 (nel primo semestre del 2015 sono state invece 8), nella fascia da 6 a 10 anni hanno perso la vita 9 bambini (lo scorso anno furono 6 ), da 11 a 13 anni le vittime sono state 7, (lo scorso anno nei primi sei mesi furono 3).

Infine ancora due dati significativi. Nei primi sei mesi 2016 abbiamo registrato 8 incidenti che hanno coinvolto scuolabus, lo scorso anno furono 9. Mentre sono stati 38 gli incidenti con bambini avvenuti nei presso delle scuole. Lo scorso anno furono 28.

In un quadro complessivo in cui la sinistrosità stradale del 2015 ha consegnato dati poco positivi con un incremento della mortalità dell’1,1% e un calo degli incidenti dell’1,8% e dei feriti del 2% i dati degli incidenti stradali ai bambini nel primo semestre 2016 fanno segnare una tendenza nettamente peggiore, tendenza che ci auguriamo non sia confermata anche nella seconda parte dell’anno, ma i primi segnali non sono buoni e la forbice tende ad avvicinarsi ai dati del pessimo 2014 per gli incidenti ai bambini.

Sarebbe per noi dell’ASAPS una grande delusione, considerando che oltre che tenere questa triste contabilità abbiamo attivato specifiche nostre campagne per la sicurezza dei bambini sulle strade.

Ma serve ancora altro per contrastare sulle strade la distrazione da cellulare alla guida, l’abuso di alcol e la velocità e l’uso del seggiolino per i piccoli. I bambini vanno anche attentamente vigilati, è grave il fatto che 11 bambini siano stati uccisi mentre camminavano a piedi sulla strada.

Torniamo però a ripetere il vecchio concetto dell’ASAPS, ogni volta che un bambino perde la vita sulla strada il re Erode è sempre un adulto che ha violato le regole della circolazione.(ASAPS)

Osservatorio ASAPS sugli incidenti stradali ai bambininel primo semestre 2016In aumento i sinistri e il numero dei decessi, 23 contro le 17 piccole vittime dello scorso anno. 12 i bimbi trasportati in auto,11 a piedi, nessuno in biciIl maggior numero degli incidenti sulle strade urbane 263 sinistri, seguono le statali 162 e autostrade 26. Ma il maggior numero di morti si è verificato sulle statali e provinciali: 11 le vittime. Terribile luglio con altri 9 bambini morti in incidenti e 6 in agosto

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(Asaps) Da venticinque anni in campo per promuovere la sicurezza stradale: accanto agli operatori di polizia, alle vittime, agli studenti, ai tecnici del settore e sempre di stimolo per gli amministratori ed il legislatore. Questa è l’ASAPS che il 12 giugno scorso al Park Hotel di Castrocaro Terme ha celebrato il Consiglio Nazionale del suo 25° anniversario dalla fondazione nel 1991, chiamando a raccolta i suoi referenti da tutt’Italia.

Una celebrazione che più che guardare al passato ha tracciato i contorni di quella che potremmo definire la nuova ASAPS 2.0. Alla domanda “quale potrà essere l’ASAPS dei prossimi 25 anni?” i consiglieri hanno risposto all’unanimità

votando due mozioni: la prima di modifica dello statuto dell’associazione, la seconda per la messa in cantiere della proposta, già studiata nel 2012, di istituire una Fondazione che affianchi l’associazione nel percorso futuro. Il motto è “mantenere i valori fondativi, ma adeguarsi al mondo che cambia”. Sarà un ASAPS più aperta al mondo esterno, più inclusiva, capace di interpretare il bisogno di sicurezza, in primis quella stradale, come bene comune.

La parola passa ora all’assemblea generale cui spetta il compito, a fine anno, di deliberare definitivamente il cambiamento e varare la nuova ASAPS.

Nella vicenda del 21enne albanese arrestato a Sirmione con l'accusa di omicidio stradale per aver provocato, sotto effetto dell'alcol, in un incidente frontale, la morte di una donna di 37 anni e una bambina di dieci, arriva una novità inedita. A fianco del pubblico ministero, per sostenere l'accusa, a tutela dei principi informatori della sicurezza stradale, si costituirà parte civile nel processo l'ASAPS (Associazione Sostenitori Amici della Polizia Stradale).

L'associazione già dal 2003/2004 lanciò per prima il tema dell’omicidio stradale acquisendo all’inizio del 2011 il dominio www.omicidiostradale.it utilizzato per raccogliere attraverso il web le firme per promuovere la legge sull’omicidio stradale. L'iniziativa, condivisa con alcune associazioni delle vittime della strada: la Lorenzo Guarnieri e Gabriele Borgogni di Firenze,

vide la massiccia adesione della cittadinanza attraverso la raccolta di circa 81.500 firme. Ora che, sulla scorta di tanta sensibilizzazione, la legge sull'omicidio stradale è divenuta una realtà, l'ASAPS intende intervenire per casi più eclatanti nei giudizi penali per chiedere un risarcimento ulteriore che sarà destinato a campagne di sensibilizzazione, educazione stradale, professionalizzazione degli agenti del controllo. Per l'ASAPS in questo senso ci sono precedenti di altro tipo: la Procura della Repubblica di Trento, in diverse occasioni, ha autorizzato il versamento di somme di denaro all’associazione a titolo di ristoro del danno a fronte dell’istanza di applicazione del patteggiamento.

Ora i legali dell'ASAPS sono stati incaricati di intervenire, per la prima volta, nel caso di Sirmione affinché sia assicurato l'accertamento della verità e la punizione del colpevole, al quale sarà richiesto di finanziare, col proprio risarcimento, le campagne di prevenzione contro l'alcool e la droga alla guida e di prevenzione degli omicidi stradali.

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L’ASAPS 2.0 PRONTA A PARTIRE: IL CONSIGLIO NAZIONALE NEL SUO 25° ANNIVERSARIO APPROVA L’ISTITUZIONE DELLA FONDAZIONE PER LA SICUREZZA STRADALE

INCIDENTE DI SIRMIONE: A FIANCO DELL’ACCUSA IN GIUDIZIO SI SCHIERANO GLI AMICI DELLA POLIZIA STRADALEL’ASAPS CHIEDERA’ UN RISARCIMENTO DA DESTINAREA CAMPAGNE PER LA SICUREZZA

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Sulle strade d’Europa e del mondo

(ASAPS) MADRID – Domanda: quante patenti vengono ritirate in Italia per guida in stato di ebbrezza da alcol o da stupefacenti? Risposta: “quien sabe?”.Ve lo diciamo in spagnolo, per introdurre l'argomento, perché se “in spagnolo” aveste posto la domanda, qualcuno della DGT, la Direzione Generale del Traffico (struttura interministeriale), la risposta vi sarebbe stata data all'istante. In Italia, per il momento, possiamo fornire solo i dati raccolti dalla Polizia di Stato e pubblicati sul proprio sito, che ci danno uno spaccato molto parziale dell'attività di contrasto: 18.595 accertamenti positivi sull'ebbrezza alcolica e 1.215 su quella da stupefacenti, relativamente al 2015.Ma se in Italia la mancanza di un organismo interministeriale che raccolga i numeri della strada si sente ogni giorno di più, in Spagna, il lavoro di coordinamento della DGT si avverte in ogni fase dell'azione di contrasto alla violenza stradale. Per esempio, il lavoro della settimana dal 6 al 12 giugno di Guardia Civil, Policia Nacional e di tutte le Policias Autonomicas (come ad esempio la catalana Mossos d'Esquadra o quella basca Ertzaintza) è confluito all'istante in un unico database e così, lunedì mattina, la Direzione è stata in grado di diffondere i dati, che vi raccontiamo subito: 2.283 conducenti denunciati (667 per droga e 1.616 per alcol), 145.636 prove effettuate, di cui 1.872 narcotest. I positivi sono risultati essere il 36%, di cui 497 da cannabis, 202 da cocaina e 79 da anfetamina: se i conti non tornano è perché alcuni soggetti sono risultati positivi a più sostanze contemporaneamente.In Italia, come noto, denunciare un conducente ex art. 187 CDS equivale spesso a compilare carta straccia, buona (purtroppo) solo per complicare il lavoro di pubblici ministeri e giudici e rimpinguare invece il contro in banca degli avvocati, visto che per arrivare ad una condanna deve essere provata la circostanza dell'ebbrezza nel momento stesso della guida.In Spagna il problema è stato risolto così: chiunque venga colto alla guida con “presenza” di sostanze stupefacenti nell'organismo, viene sanzionato con 1.000 euro di ammenda e con decurtazione di 6 punti dal carnet della patente (che di punti ne ha in tutto 12).Chi invece risulti circolare “sotto l'effetto” va dritto davanti al giudice, che può condannare l'imputato a pene da 3 a

6 mesi di carcere, alla “multa” da 6 a 12 mesi (la multa è una sanzione che aggredisce il patrimonio del reo e che viene graduata in base alle sue possibilità economiche, normalmente applicata quando non si pagano le ammende o in caso di condanne detentive a pene inferiori a 24 mesi, ndr) o in alternativa ad un periodo di lavoro socialmente utile da un minimo di 30 ad un massimo di 90 giorni, oltre alla “privazione” del diritto alla guida da uno a quattro anni.I narcotest effettuati dalle forze di polizia sono di tipo salivario e il progressivo aumento del loro impiego risponde ad una precisa direttiva della DGT, finalizzata ad estendere progressivamente le prove a tutti i conducenti sottoposti a controllo, senza cioè che emergano condizioni per la loro effettuazione (incidente stradale, infrazione o sintomatologia), come nel caso dell'etilometro. E proposito di alcol, le prove effettuate nella settimana dal 6 al 12 giugno sono state in tutto 143.764, di cui 1.616 positive: tra queste, 1.418 sono state effettuate a random, con pura casualità, mentre solo 97 all'esito dell'accertamento di un'infrazione, 93 a seguito si sinistro e solo “8” per manifesta sintomatologia. Dei positivi, 1.361 sono risultati avere un tasso inferiore a 0,6 g/l e per questo sanzionati amministrativamente: coloro che sono risultati avere un tasso tra 0,25 (limite minimo) e 0,5, sono stati sanzionati con 500 euro di ammenda e 4 punti in meno dalla patente; chi è risultato avere alcol nel sangue tra 0,5 e 0,6 g/l, invece, la multa rimediata è stata di 1.000 euro e la decurtazione di 6 punti. Chi invece è risultato aver superato la soglia penale di 0,6 g/l è stato denunciato e sarà il giudice a determinare, in relazione al tasso risultante ed alle condizioni dell'accertamento (incidente, infrazione o recidiva) pene comprese tra i tre ai sei medi di prigione, tra i 6 e i 12 mesi di “multa” o del lavoro socialmente utile da 30 a 90 giorni, con perdita del diritto alla guida da uno a quattro anni. Nel corso delle operazioni, i militari della Guardia Civil hanno bloccato nella cittadina di Cee, in Galizia, uno scuolabus con a bordo 35 bambini di ritorno da scuola, il cui conducente, un 33enne del posto, è stato trovato positivo a Cocaina e anfetamine, finendo subito in manette. A Valdepeñas invece, è stato denunciato il conducente di un'ambulanza, che stava effettuando un trasporto non urgente di infermi. (ASAPS)

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Spagna, tutti i dati minutoper minutoMentre in Italia si brancolanel buio, nei Paesi più virtuosi dell'UE ogni giorno si fannoi conti con qualcosaNel caso spagnolo, ecco tuttii dati settimanali dietilometro e narcotest

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Siamo verso la fine del Floating piers sul lago d'Iseo e senza voler entrare nel merito dell’iniziativa, che indubbiamente ha riscosso un successo senza precedenti (e forse inaspettato in questa portata), noi oggi vogliamo ringraziare attraverso le parole del nostro referente ASAPS di Desenzano, Vittorio Fasulo, tutti gli appartenenti alla Polizia Stradale, ai Carabinieri alle Polizie Locali che si sono adoperati in una situazione veramente molto difficile per garantire fra tante difficoltà la miglior viabilità possibile fruibile in tutti i giorni di grande affollamento di persone che sui mezzi volevano accedere alla famosa e temporanea passerella. (ASAPS)

Cara ASAPS,dobbiamo assolutamente sottolineare lo sforzo immane che

la Polizia Stradale di Brescia ancorché tutte le forze di Polizia dello Stato e le Polizie Locali della zona del Sabino (i paesi del lago d'Iseo) ancorché delle Polizie Locali aggregate in zona per l'evento (da Milano e tutte le altre) schierate per garantire la miglior viabilità possibile per l’evento Floating Piers, in condizioni veramente molto difficili.

I numeri dell'evento sono semplici da fotografare: in 20 giorni si sono concentrate le visite all'opera dell'artista CHRISTO paragonabili a 20 giorni di EXPO, questo la dice lunga in fatto di problematiche connesse alla viabilità sia sulla nuova SSP.BS 510 sia alle altre poche arterie di avvicinamento alle località interessate dall'opera.

Notevole lo stress a cui è stato sottoposto tutto il personale della Polizia Stradale di Brescia a cominciare dalla Dirigente della Sezione Polstrada dott.ssa Barbara Barra con il personale e i comandanti dei vari Distaccamenti oltre a tutti i colleghi aggregati (Milano, Cremona, Mantova Lodi) affinché l'evento si

sia potuto svolgere con il minor disagio possibile per la viabilità e per la popolazione residente sul lago d'Iseo.

Se calcoliamo che l'opera è stata aperta il 18 Giugno e chiuderà il 3 Luglio, e che vi è un'attesa per le persone di salire sulla piattaforma è di 4 ore, possiamo già fare due conti sulle presenze nella zona del lago d'Iseo.

Sono stato impegnato personalmente con i tanti colleghi nel servizio per l’opera, svolgendo viabilità sulla SP.BS 510 e siamo stati impegnati anche per 9 - 10 ore al giorno di impiego nel servizio.

Vorrei ringraziare tutti i colleghi della Polizia Stradale e delle Polizie Locali così attivi nello sforzo per garantire la miglior viabilità possibile.

Fra Expo e la viabilità sul lago di Iseo esiste tuttavia una differenza fondamentale, sul lago d'Iseo c'è solo una provinciale SP.BS 510 (con gallerie) l'arteria bidirezionale scorre ad una corsia per senso di marcia, non sono state costruite (ovviamente) strade appositamente come per il grande evento milanese. Ecco ‘perché il problema nella viabilità si è rivelato più complesso.

Un grazie ovviamente anche alla Polizia di Stato, ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza che hanno garantito la sicurezza e l’ordine pubblico con il miglior servizio possibile

Sono fiero di aver partecipato e di aver dato il mio contributo per un evento così importante, anche se è veramente stressante chissà sarà l'età ....

Cari saluti.

Vittorio Fasulo Referente ASAPS

Polizia Stradale Desenzano

Attualità

Un grazie particolare a tutte le forze di polizia che si sono impegnate,al limite delle loro energie, per garantire la viabilità in una situazione viaria veramente difficile che rischiava spesso la totale paralisi

Floating Piers sul Lago d’Iseo

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In contromano provocò 4 mortiIn carcere

Cassazione ha respinto il ricorso della difesa

(ANSA) - ALESSANDRIA - Torna in carcere Ilir Beti, l'imprenditore albanese che il 13 agosto 2011, guidando ubriaco e in contromano sulla A26 Voltri-Sempione, provocò la morte di quattro giovani francesi e il ferimento di un

altro. La Procura generale presso la Corte d'appello di Torino ha emesso l'ordine di carcerazione, dopo la sentenza della Cassazione che ha respinto il ricorso della difesa.Betir, 40 anni, scontava gli arresti domiciliari da alcuni parenti. E' stato condannato definitivamente a 18 anni e 4 mesi di reclusione, un anno e 4 mesi di arresto, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, più un'ammenda di 4.800 euro. E' accusato di omicidio doloso plurimo, guida in stato di ebbrezza, lesioni e porto abusivo di arma. Il 9 aprile l'associazione francese 'Un Chemin pour Demain', presieduta dalla mamma di una delle vittime, aveva manifestato con l'Associazione italiana vittime della strada sotto la prefettura e in tribunale proprio contro la concessione dei domiciliari al killer dell'A26.

da ansa.it

Palermo: Polizia Municipale, arrivano i kit per i test antidroga

agli automobilistiIl corpo di via Dogali sarà il primo in Sicilia a utilizzare i "drug screen" che permettono di

compiere un esame salivare in strada in pochi minuti

Arrivano i drug screen salivari per la Polizia Municipale di Palermo. Il Corpo della Polizia Municipale di via Dogali sarà il primo in Sicilia a dotarsi dei lettori cromatografici, in grado di rilevare l'eventuale assunzione di sostanze

stupefacenti. Il lotto prevede tre lettori portatili, seicento drug screen salivari, forniti in diversi scaglioni, e sessanta kit di custodia per la raccolta del materiale analizzato. Gli agenti dotati di lettori, avranno così la possibilità di compiere in strada in pochi minuti dei test salivari,

grazie al dispositivo portatile che è dotato di software per la gestione integrata dei dati, lettura cromatografica a fluorescenza e lettura QR code.Inoltre, sarà possibile gestire l'elaborazione dei dati, utilizzando connettività wifi, bluetooth, usb per pc portatili e la stampa delle certificazioni mediante la stampante portatile da cintura. I "drug screen salivari" saranno dati in dotazione alla sezione di Infortunistica stradale ed al servizio di polizia stradale per i controlli previsti in casi di guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti.Venerdi' prossimo alle 10 verra' celebrata la gara per l'affidamento della fornitura dei drug screen salivari. L'importo a base d'asta è di Euro 11.040,98 oltre iva. La gara si svolgerà mediante il MEPA (Mercato elettronico per la Pubblica Amministrazione). "La Polizia municipale si dota di un importante strumento per il controllo e la repressione di comportamenti che mettono a grave rischio la sicurezza dei cittadini - affermano il sindaco e il comandante della Polizia Vincenzo Messina - Si conferma un impegno sul fronte della sicurezza stradale che spazia dalla prevenzione e dall'informazione, con i corsi organizzati nelle scuole, al controllo del territorio e la sanzione dei comportamenti rischiosi. Grazie a questi nuovi strumenti - concludono - la PM sarà inoltre di supporto alla Magistratura per la gestione dei casi di eventuale omicidio stradale, reato da poco introdotto nella normativa e per il quale l'accertamento dell'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope è elemento essenziale".

da palermo.repubblica.it

Chiesa di S.Lazzaro FaenzaUna messa a Ferragosto per le

vittime della stradaPresente il sindaco di Faenza e il

presidente dell’ASAPS

Una messa in ricordo di tutte le vittime della strada Il giorno di ferragosto alle ore 10, nella chiesina di San Lazzaro, a pochi chilometri da Faenza lungo la via Emilia in direzione Forlì, è stata celebrata una santa messa in suffragio di tutti

i caduti della strada. Alla funzione religiosa, officiata dal parroco di Santa Maria Maddalena Giuseppe Mingazzini, ha presenziato il sindaco Giovanni Malpezzi e altre autorità civili e religiose. Anche il presidente dell’ASAPS Giordano Biserni era presente alla celebrazione. Nel corso della mattinata nell’area esterna alla chiesa erano presenti anche unità della Polizia Municipale, per garantire la sicurezza della circolazione. Alla cerimonia

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organizzata dal presidente del quartiere Borgo Giovanni Assirelli hanno assistito numerosi familiari di vittime della strada i cui nominativi e foto sono riportati in appositi album all’interno della Chiesa.La chiesetta di San Lazzaro si trova a 4 chilometri da Faenza, lungo la via Emilia in direzione Forlì. Attualmente la chiesa svolge la funzione di "Tempio ai caduti sulla strada" ed è visitabile solo su richiesta.La chiesa fu costruita per la funzione di lazzaretto per i lebbrosi che entravano a Faenza. Venne edificata tra il XII e il XIII secolo e rappresenta un notevole esempio di architettura romanica.Fu ristrutturata negli anni novanta del Novecento, in conseguenza di un incidente mortale in cui un autocarro vi si schiantò sfondando l'abside.All'interno possiamo trovare una croce dipinta del faentino Pietro Lenzini, un altare maggiore con basamento in ferro decorato dell'imolese Germano Sartelli e un'acquasantiera del faentino Guido Mariani.

La straordinaria odissea autostradale di un gattino, salvato a fatica dagli agenti sulla A1, dopo

ripetuti tentativiGià adottato. La nuova famiglia è a casa di una poliziotta, in campagna

e lontano dall'autostrada

Il micetto era lì sulla corsia di emergenza che si teneva il più vicino possibile alla barriera di cemento per proteggersi dagli spostamenti d´aria dei mezzi che passavano a forte velocità sulla diramazione di Roma Sud sull´Autostrada A1.I poliziotti avevano ricevuto la segnalazione e avevano provato

a salvarlo persino rallentando l´intenso traffico: erano le 20.30 molti romani tornavano a casa. Ma lui spaventatissimo anziché lasciarsi prendere si era nascosto sotto i blocchi di cemento del new jersey e niente era riuscito a stanarlo.Nel corso del turno gli agenti sono tornati sul posto per cercare di prenderlo ma tutto è stato inutile e dunque la rassegnazione si è fatta strada. Durante la notte avrebbe potuto attraversare la strada, trovare un pertugio, salvarsi... Forse.Passa il tempo ed ecco che gli stessi agenti, gli Assistenti Capo Claudio Marrazzo e Antonio Mizzoni della Sottosezione di Roma Sud, il giorno successivo in servizio con turno 13.00/19.00 e con poca speranza, tornano lì a vedere che fine ha fatto quel micetto bianco e arancio dopo una notte e una mattina di pioggia. E sorpresa delle sorprese è lì, infreddolito affamato forse in attesa di qualcuno che lo portasse via da quell´inferno. Gli agenti lo tentano con

un po´ di briciole di pane e siccome la fame è tanta lui cede. Si fa prendere. E' salvo!Per un po' è rimasto in caserma, in attesa di adozione. Adozione che è arrivata fulminea. Il micetto è entrato nel calore della famiglia di una poliziotta (è nelle buone mani di Roberta, noi la conosciamo) e andrà ad abitare nella sua nuova casa di campagna, lontano dall'autostrada. (ASAPS)

Il commento di un autotrasportatore nostro socio. Bravi “Puffi”

Sono un conducente di un bilico frigo e talvolta tendo a considerarmi "al di là della barricata", perché da una parte ci siamo "noi" e dall'altra ci sono i "Puffi".....Specifico subito, a scanso di equivoci, mi sono così espresso, non perché io adotti un comportamento biasimevole sulla strada, preso atto che a 56 anni suonati cerco di essere un cosiddetto Autista (con la "A" maiuscola) professionale, ma perché a volte veniamo sanzionati per delle lievissime mancanze, di cui quella più classica è data dalla multa per aver superato il periodo di guida magari di solo un paio di minuti....2!!!! (cose successe e documentabili), cosa che ci "allontana" dagli Angeli della Strada...In questo caso però, sono stato letteralmente colpito e senza pudore debbo dire che mi sono letteralmente commosso per il gesto, degli Agenti della Stradale (...non erano dei "Puffi", stavolta!) Claudio Marrazzo e Antonio Mizzoni, che certamente rischiando non poco (forse anche la vita!), si sono prodigati con tenacia per salvare il povero gattino!Certamente salvare una vita umana avrebbe avuto una motivazione in più, ma proprio il fatto di aver corso un grave pericolo solo per un semplice gattino, mi spinge a stringere simbolicamente loro la mano, con un gesto che viene dal profondo del mio cuore!Bravi!

Diego Fabbro - Pergine Valsugana (TN)

Tampona un camion e l’auto prende fuoco, paura in A14

Salvato in extremis un uomo, corsia bloccata e traffico in tilt nelle prime ore della giornata

E’ intervenuto il conducente del camion tamponato per estrarre l'automobilista dalle

lamiere prima che la macchina andasse a fuoco Applauso! (ASAPS)

Ancona – Poteva essere una tragedia l'incidente che è avvenuto stamattina verso le 6,45 in A14: un'auto alimentata a Gpl ha tamponato un camion che trasportava urea e ha preso fuoco. Salvo per miracolo un uomo, traffico in tilt e ore di coda. L'incidente è successo n direzione sud a un chilometro dallo svincolo di Loreto-Porto Recanati.

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La persona che era a bordo della vettura, soccorsa dall’autista del mezzo pesante è riuscita ad uscire prima dell’incendio. I vigili del fuoco di Ancona e del distaccamento di Osimo hanno spento le fiamme e messo in

sicurezza i mezzi coinvolti. La corsia sud durante le fasi del soccorso è rimasta chiusa al traffico. è stata riaperta intonto alle 7:40 circa, quasi tre i chilometri di coda.

da ilrestodelcarlino.it

Praia a Mare (CS)Una riuscita giornata di studio

sull’omicidio stradale organizzata dal comando della Polizia Locale in

collaborazione con ASAPS

Un convegno su “Omicidio stradale e Lesioni stradali personali gravi o gravissime” seguito da una prova pratica su strada si è tenuto mercoledì 22 giungo 2016 presso la sede municipale di Praia

a Mare, nella cornice della cittadina calabrese che ha ospitato nei giorni precedenti l’arrivo e la partenza di una tappa del giro ciclistico d’Italia.L’assise, voluta in primis dal Comando di Polizia Locale di Praia a Mare, in collaborazione con ASAPS, nel contesto della giornata PolDay ha segnato due momenti formativi interessanti. Il primo in sala consigliare dove il relatore Girolamo Simonato ha illustrato dapprima l’iter della nuova Legge 41/2016, seguito nel pomeriggio dalla prova pratica presso la Piazza municipale.Il tema della giornata continua a tenere banco nel dibattito generale, ecco l’importanza di proficui incontri dibattito per analizzare i punti oscuri e complessi della nuova normativa.L’esperienza e l’impegno che ASAPS ha dimostrato in questi anni è tale che oggi l’Italia ha una legge sull’omicidio stradale. Nelle ore di studio si è dibattuto non solo sulla attuale normativa, ma soprattutto sulle difficoltà applicative che gli organi di polizia stradale incontrano. Interessante è stato l’apporto offerto dal Presidente Giordano Biserni, che attraverso il docente ha portato i suoi più calorosi saluti a questa iniziativa,

nonché la nutrita relazione, comprensiva di apporti giuridici come le ultime linee guida delle varie Procure della Repubblica italiane. Come spesso sostiene il Presidente dell’ASAPS, “meglio che torni a casa un figlio senza la patente che una patente senza il figlio”.Queste importanti parole, raccolte degli organizzatori, hanno fatto scaturire l’esigenza di passare della fase teorica a quella pratica. Infatti, nel pomeriggio, è stato simulato un incidente stradale con tre veicoli coinvolti, due persone ferite ed un conducente sotto effetto di sostanze psicotrope.Alle operazioni hanno preso parte numerosi appartenenti alle forze di polizia, dove si sono analizzate tutte le fasi dell’incidente.Dapprima l’arrivo dei soccorsi, i quali hanno svolto il loro lavoro professionale e in questo caso specifico si è notato come essi possono modificare parzialmente il teatro dell’incidente. La simulazione è proseguita con l’arrivo sul posto dell’avvocato difensore di uno dei coinvolti, e della stampa. Questa situazione ha permesso al relatore di spiegare le novità contenute nella nuova normativa.La rilevazione da parte della polizia del sinistro, è stata analizzata sotto tutti i punti di vista, dal piano di campagna alle documentazione fotografica, dall’analisi dei veicoli alla presenza di persone sul luogo dei sinistro, per finire con la stesura del rapporto di incidente stradale, seguito dalla notizia di reato.Si può dire che la giornata di studio di Praia a Mare, così egregiamente organizzata ha raccolto da parte di tutti gli operatori presenti un encomiabile successo. (ASAPS)

E' venuto improvvisamente a mancare l'Ass.Capo Michele

Capozzelli, 41 anni, della Sezione Polizia Stradale di Firenze

Il breve ricordo di chi lo ha conosciuto bene

Ci sono persone alle quali la vita non dispensa granché. Michele è senz’altro una di quelle. Chi lo ha conosciuto, chi ha lavorato con lui negli interminabili inverni di Pianosa, nei turni senza fine della SGC Firenze Pisa Livorno o nelle radiose giornate del Motomondiale del Mugello o delle grandi classiche ciclistiche,

aveva imparato bene a interpretare il suo sorriso sempre triste, la sua instancabile vitalità e il suo travaglio interno. Ciò nonostante, Michele non ha mai perso la dignità. E' sempre rimasto al suo posto, nonostante le tante difficoltà che la vita gli ha messo lungo il breve, brevissimo cammino della sua esistenza. Michele Capozzelli, 41 anni, assistente

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capo in servizio alla Polizia Stradale di Firenze, è morto la notte scorsa per un infarto e se il suo cuore si è fermato per sempre, il nostro è spezzato.

Lorenzo BorselliResponsabile della comunicazione ASAPS

Consigliere Nazionale

Addio Elena Barbini, poliziotta scrittrice: era la voce del 113

Livorno, lutto in questura: se n’è andata a 46 anni per una malattia. Amante del genere fantasy,

aveva scritto dei romanzi

LIVORNO. Una volta le telefonò un uomo che minacciava di togliersi la vita. Era da solo, su un dirupo, in auto, di notte, al Castellaccio. Lei ci parlò per oltre un’ora. Riuscì a tranquillizzarlo e a fargli cambiare

idea. Un soccorso che le era valso una lode dal Ministero dell’Interno. Elena Barbini non era solo una delle voci del 113. Era una persona vera, umana, che sapeva parlare con la gente. Porgeva la voce a tutti. Ma soprattutto sapeva offrire una parola di conforto, un’attenzione in più. Riservata, gentile, ben voluta dai colleghi, è scomparsa nella notte tra domenica e ieri in ospedale. Da diversi anni era molto malata. Nel tempo aveva subìto difficili interventi tra cui uno invasivo a una gamba a Bologna. Ma purtroppo le cure e il suo coraggio non sono bastati a sconfiggere il brutto male che l’ha debilitata fino a prendere il sopravvento. Elena se n’è andata a 46 anni. Viveva da sola in un appartamento in piazza Garibaldi, non era sposata e non aveva figli. La sua vita l’ha dedicata al lavoro e alle sue passioni: il genere fantasy, i giochi di ruolo e il teatro.Nata e cresciuta a Livorno, adorata dai genitori, si era arruolata in polizia negli anni Novanta e aveva lavorato quasi sempre in città, in questura. La sua specialità era il 113, dove ha prestato servizio finché le forze glielo hanno permesso. Negli ultimi anni però non ce l’ha fatta più: il fisico era molto indebolito.L’amore per il fantasy aveva spinto Elena Barbini a dedicarsi anche alla scrittura. E nel 2008 era uscita la sua prima fatica: il romanzo “Il nuovo allievo di Fiffner e altri racconti”, pubblicato da Ibiskos Editrice. La poliziotta scrittrice si era cimentata in questo genere così particolare, raccontando una storia ambientata in mondi paralleli con battaglie e magie, stregoni e cavalieri, dando ampio spazio all’immaginazione e proiettando il lettore in un mondo “altro” dove nella lotta tra il bene e il male, sono l’amore e la forza del singolo a trionfare

sopra ogni avversità. Elena aveva iniziato a scrivere da giovanissima e negli anni si era cimentata anche in un racconto giallo, “Progetto di omicidio”, con cui era arrivata terza al concorso nazionale del “Club degli Autori”. La poliziotta era anche una grande appassionata di teatro. Studiava e recitava nella scuola di Claudio Marmugi, comico e regista teatrale, al Cral Eni in via Ippolito Nievo. Elena aveva preso parte a diversi allestimenti sia di commedie brillanti sia di drammi. E non si limitava a recitare, ma aveva anche ambizioni di regia.Commossi i ricordi dei colleghi. «Era una brava poliziotta, molto riservata e originale. Io la stimavo molto. Ci mancherà», dice un agente delle volanti. Al suo cordoglio, si unisce quello di numerosi altri poliziotti che lunedì 13 giugno hanno affollato la camera mortuaria dell’ospedale sul viale Alfieri per l’ultimo saluto. Poi nel pomeriggio, in tanti hanno partecipato al corteo funebre, curato dalla Svs, che s’è mosso dalla morgue ai Lupi, dove il corpo di Elena è stato cremato.

di Lara Loretida iltirreno.gelocal.it

Rocca San Casciano (FC)Successo del “Memorial Diba” , in ricordo di Gianluca Di Bartolomeo l’Ass. Capo della Polizia Stradale

prematuramente scomparsonel 2015

In un clima di festa, si è svolto il 24 giugno scorso a Rocca San Casciano il Primo Memorial ‘Diba’, in ricordo di Gianluca Di Bartolomeo, il 39enne Assistente

Capo della Polizia Stradale morto prematuramente un anno fa, mentre svolgeva servizio proprio a Rocca San Casciano. Alla manifestazione hanno partecipato oltre duecento persone, fra calciatori, pubblico e autorità col sindaco Rosaria Tassinari in testa. A vincere il torneo di calcio a tre squadre è stata la rappresentanza di una selezione di forze dell’ordine (polizia stradale, carabinieri e vigili del fuoco), ma riconoscimenti sono andati anche alla Rocchigiana e alla squadra di arbitri di Faenza (ricordiamo che Gianluca era stato anche arbitro di calcio). Alla manifestazione sportiva e umanitaria, organizzata dal Siulp provinciale e dall’ASAPS (Di.Ba. era stato anche referente dell’associazione già quando svolgeva servizio a Bagno di R.) in collaborazione con il Comune e la Rocchigiana di Rocca, hanno partecipato anche i genitori Bruno (pure lui già appartenente alla polizia stradale) la mamma Anna e il fratello Davide, oltre ovviamente a tanti colleghi e amici ai quali Di.Ba.è rimasto nel cuore. (ASAPS)

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di Antonia Liaci*Salute

I NOSTRI DENTI IN PERICOLO: IL BRUXISMO

e ci si sveglia al mattino accusando sensazione di dolore e stanchezza dei muscoli facciali o indolenzimento alla mandibola con difficoltà all’apertura della bocca, si può sospettare di essere affetti dal bruxismo.

Il termine bruxismo deriva dalla parola greca brùko, che vuol dire "digrignare i denti" , perché consiste proprio nello stringere o serrare i denti per la contrazione dei muscoli masticatori, soprattutto durante il sonno.

Questo disturbo viene considerato una para-funzione, cioè un movimento non finalizzato ad uno scopo ben preciso, che può, invece, causare danni notevoli alle strutture coinvolte.

È un fenomeno abbastanza diffuso nella popolazione (5-20%), che frequentemente non viene individuato dalla persona che ne è colpita, ma può disturbare il sonno di partner e conviventi, a causa dello strano rumore, a volte anche intenso, prodotto dallo sfregamento dei denti durante le ore notturne.

Il digrignamento inconsapevole dei denti dura per 5-10 secondi e può ripetersi varie volte durante la notte, manifestandosi tipicamente nella seconda fase del sonno, soprattutto nei periodi di maggiore stress o tensione emotiva.

Il disturbo può essere, però, presente anche durante il giorno, tanto che si distingue un bruxismo notturno ed un bruxismo diurno, quest’ultimo più difficile da curare.

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Strisciando gli uni contro gli altri, i denti subiscono una progressiva usura, che appare come una limatura a livello dello smalto, anche fino a scoprire la dentina; nei casi più gravi, si arriva al danneggiamento dell'osso alveolare ed allo scollamento delle gengive.

Quando prevale il serramento, l’usura è minore, ma si ha la tendenza alla formazione di scheggiature dello smalto, dovute alla pressione.

Poiché la forza generata dai movimenti indotti dal bruxismo può raggiungere, secondo alcuni studi, valori fino a dieci volte superiori a quelli esercitati durante la fase di normale masticazione, si possono verificare anche fratture dei denti e delle protesi, oppure la perdita di otturazioni, capsule o ponti.

La sollecitazione che il contatto forzato procura sui denti si trasmette alle strutture di supporto, cioè all’osso dei mascellari e alle gengive, che possono arrivare a cedere.

Le forze anomale si scaricano anche sulle articolazioni temporo-mandibolari, che si possono infiammare o andare incontro a dislocazioni del disco articolare, con conseguenti disfunzioni come schiocchi articolari, deviazioni o limitazioni nei movimenti di apertura e chiusura della bocca.

A lungo termine l’aspetto della dentatura e del viso si modifica, dando luogo anche a sgradevoli inestetismi; i denti, in particolare i canini e gli incisivi laterali che sono i più colpiti, tendono ad accorciarsi e la muscolatura facciale, eccessivamente sollecitata, sviluppa fenomeni di ipertrofia, modificando l’aspetto della mascella.

Il bruxismo provoca soprattutto affaticamento della muscolatura masticatoria; i muscoli della masticazione, infatti, dovrebbero essere attivi per circa due ore al giorno durante i pasti ed essere impegnati in un’attività minima per parlare e deglutire.

Nel bruxismo, invece, vengono attivati continuamente, soprattutto durante la notte, quando dovrebbero riposare. L’affaticamento si può estendere anche ai muscoli del collo e delle spalle, dando origine a forme di mal di testa, soprattutto al risveglio.

Le cause di questo disturbo non sono accertate; sono stati evidenziati una predisposizione familiare, la

presenza di malformazioni mandibolari o di problemi di occlusione dentari, stati psicopatologici alterati (tensione emotiva, stress associato ad aggressività) o alterazioni del sistema extrapiramidale.

Alcuni farmaci antidepressivi ed antipsicotici possono provocare il bruxismo come effetto secondario.

La maggior parte degli studi sembrano, tuttavia, orientati ad individuare come causa del bruxismo lo stress: uno stato eccessivo di tensione, provocata da fattori che generano ansia, angoscia o preoccupazioni, indurrebbe i muscoli della bocca a contrarsi e a tendersi.

Al momento non esiste un approccio terapeutico specifico per questo disturbo, ma vengono utilizzati dei dispositivi, detti bite, una sorta di apparecchi per i denti, modellati in resina dura o morbida sull’impronta delle arcate dentali, che si intercalano tra le superfici masticatorie, proteggendo i denti dall'erosione durante la notte.

L’applicazione del bite facilita anche il ripristino dell’allineamento corretto delle arcate e migliora l’attività dei muscoli e i rapporti tra le strutture delle articolazioni temporo-mandibolari.

Anche alcune tecniche di rilassamento, come lo yoga, la meditazione e il training autogeno, una passeggiata rilassante all’aria aperta o il dedicarsi al proprio hobby preferito possono aiutare a contrastare lo stress e ridurre di conseguenza il bruxismo.

*Medico Capo Polizia di Stato Segreteria del Dipartimento della P.S.

U.S.T.G. – 3° Settore Sanitario – Roma

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SirmioneIl tenero grazie alla Stradale di due

genitori che hanno perso il loro figlio 18enne per un incidente in autostrada

Achille Fusaro e la sua signora scrivono all’ASAPS per manifestare tutta la loro

gratitudine alla Polstrada di Brescia e di Verona perché permettono ogni anno con la loro scorta di posare un mazzo di fiori sulla A4 nel luogo dove il 13 luglio 2010 morì il loro figlio Danilo

(ASAPS) Pubblichiamo il testo della lettera che ci ha fatto pervenire il signor Achille Fusaro a nome della sua famiglia.

Cara ASAPS... Oggi, come ormai da sei anni a questa parte... io, Achille Fusaro e mia moglie Stella Stumpo ci rechiamo in autostrada, per l'esattezza all'altezza di Montebello Vicentino, (VI), il luogo dell'incidente che causò la scomparsa del nostro Danilo!!! Il 13 Luglio 2010. Aveva appena compiuto 18 anni. Da quel giorno, io e mia moglie Stella.. accompagnati

dall'agente della polstrada di Desenzano del Garda, Vittorio Fasulo, portiamo un mazzo di fiori sul posto dell'incidente.Pertanto, vogliamo ringraziare sentitamente !! Tutti coloro che prendono parte all'operazione, per il controllo, e per la sicurezza altrui.Per queste ragioni scrivo questa lettera in un giorno così triste per me, per la mia famiglia ancorché per tutti i quali conobbero Danilo.Desidero ringraziare tutta la Polizia Stradale di Verona e Brescia, per l’impegno dimostrato affinché io e mia moglie con l’Agente Vittorio Fasulo, potessimo recarci sul luogo del sinistro in cui ha perso la vita nostro figlio Danilo, per questo motivo cito ogni persona che, non smetterò mai di ringraziare a sufficienza.Un grazie particolare a:D. ssa Barbara Barra. Dirigente Polstrada di Brescia Dr.Girolamo Lacquaniti Dirigente Polstrada di VeronaAl Sost. Comm. Attilio Galeno, Comandante Polstrada di Verona Sud.Non dimenticando di ringraziare anche i precedenti Dirigenti della Polstrada di Verona (Dr.ssa Simonetta Lo Brutto e Dr.ssa Francesca Montereali) persone che nel corso di questi anni hanno sempre permesso l’evento dimostrando vicinanza alla mia famiglia.Infine ma non ultima, voglio ringraziare la Segreteria del Dirigente della Polstrada di Verona, Francesca Frigo, per il lavoro svolto.All'amico Vittorio Fasulo, persona a cui toccò il triste compito di dare la notizia..Nonché amico da sempre!!! Grazie di cuore a voi !!!!Angeli in divisa.. Grazie Polizia di Stato.. Amica fedele..

al servizio di noi cittadini.Saluti affettuosi, Achille Fusaro, e famiglia!

Tarquinia (Vt)Il resoconto dell’intervento di una

pattuglia della Stradale in una giornata “normale” ma che normale non è

Quell’intervento dove ha perso al vita un bambino ci ha segnato

Spett. ASAPS,

vi invio questo piccolo resoconto di una “normale” situazione in cui si trovano le pattuglie della Polizia Stradale.

Qualche giorno fa avete pubblicato la notizia di un grave incidente stradale in cui ha perso la vita un bimbo di tre anni, come da voi ricordato il primo del 2016.A quell’evento è intervenuto personale del nostro Distaccamento di Tarquinia e la cosa ci ha molto scosso perché quando intervieni in queste situazioni che prima ho definito “normale” di normale non hanno proprio nulla.In quella situazione oltre che accertare il decesso del bimbo e le gravi ferite riportate dalla madre, gli uomini della Polizia Stradale hanno impedito che il papà del bimbo si gettasse disperato sulla strada nell’intento di essere investito dai veicoli in transito per farla finita.Infatti, il papà, che si trovava alla guida di un’altra autovettura con a bordo l’altro bimbo di 2 due mesi e mezzo, aveva assistito in diretta alla tragedia.Tra l’altro l’autovettura guidata dal papà con a bordo il fratellino del bimbo deceduto era rimasta sulla strada in posizione pericolosissima e solo la prontezza degli agenti ha fatto sì che il piccolo fosse posto in salvo.Gli agenti, noncuranti del pericolo di essere investiti, riuscivano a non aggravare ulteriormente la tragedia di quella famiglia.Questo racconto, che ho sintetizzato in poche righe, testimonia la costante abnegazione degli STRADALINI nello svolgere il proprio servizio in modo eccellente in situazioni difficili a livello operativo e ancor di più a livello psicologico.Non siamo robot, TUTTI noi ci ricordiamo le situazioni horror in cui siamo intervenuti in questi anni, abbiamo sentimenti, emozioni e paure, ma tutte le volte che partiamo a sirene spiegate per raggiungere il luogo di un incidente non sappiamo mai cosa troveremo, ma siamo pronti ad affrontare ogni situazione e il più delle volte da soli.Ringrazio i colleghi intervenuti per il lavoro svolto e tutti gli STRADALINI che da sempre rendono onore alla Specialità.

Sovr.C. Claudio BIAGETTIReferente ASAPS

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Durante la grande guerra i soldati del Regio

Esercito avevano affibbiato il nomignolo di “pernacchia” alla pistola mitragliatrice Villar Perosa - FIAT mod. 1915. Per una volta i nostri militari disponevano del meglio. Non un’arma risolutiva, ma fu sicuramente una brutta sorpresa per il nemico, che debutta nel romanzo tra i monti fioriti degli Abruzzi. Per evitare equivoci chiariamo: il nomignolo fu attribuito a causa del rumore caratteristico, senza ulteriori significati oltre quello onomatopeico. Differentemente dal reale l’autore ritiene non essere l’arma più potente con quel nome: la pernacchia nel romanzo, come espressione, trascende quella della macchina per attingere il bersaglio con la forza del ridicolo. La risata sarebbe l’unica sua conseguenza, purtroppo inaccettabile per la società civile, che non può che controllarla con la minaccia dei rigori della giustizia, anche per evitare le vie di fatto da parte di individui rozzi e permalosi. Essa è quindi libera solo per chi, come ha fatto lui, inventi storie e personaggi resi ridicoli dalle loro stesse azioni.L’utilizzo dell’allegoria risulta indovinato e la figura retorica consente in diverse occasioni di esprimere situazioni astratte anche attraverso immagini concrete, come un Maresciallo dei RRCC alle prese con avversari esterni e nemici interni, ma anche con i serpenti esibiti dal popolo durante una festa religiosa.Si esalta quindi la figura di un policeman italiano che non è solo nella sua lotta impari contro malviventi e superiori, perché la sua

strada incrocia quelle di Gabriele d’Annunzio e di Sherlock Holmes, con un’or ig inale convergenza d i interessi investigativi. L’interesse del Vate sembra essere al solito rivolto all’eterno femminino, almeno sin quando scopre in lui il gusto per l’atto eroico e diviene il principale

antagonista di uomini corrotti e prepotenti che castiga in vario modo.

.…… Randizzo fu colto da un impeto d’ira. Impugnò nuovamente la rivoltella e, fuori controllo, gli si avvicinò tenendolo di mira. «Io sono un signor ufficiale superiore, un colonnello, ed ho un onore da difendere, tu schifoso ... Ti tolgo dal mondo.» Il minacciato tuttavia non parve intimorito, anzi s’avanzò di molto, appoggiando l’incosciente la propria guancia all’arma

spianata, minacciosa ma tremante come la mano che l’impugnava. «Charles Andrè Merda era come te gendarme, e sparò vigliaccamente alla mandibola di un Robespierre inerme. Anche tu puoi entrare nella storia da merda qual sei, sparando alla mia. Lui come te divenne poi colonnello, si vede che è l’uso promuover colonnello delle merde.» ……

Sherlock Holmes e il dr. Watson animano e danno il ritmo alla narrazione, hanno i titoli sul cartellone, ma risultano per una volta coprotagonisti, pur

essendo il secondo la voce narrante come di consueto quando interviene il grande investigatore. Non sono del resto nel belpaese per fare gli interpreti di un romanzo poliziesco, ma per svolgere un lavoro per conto del proprio Governo. Nel fare un esame impietoso della situazione del crimine nostrano, non possono non rilevare come vi siano delle eccellenze tra gli investigatori del giovane regno. Holmes si fa piccolo, in senso francescano, giganteggiando tuttavia per questa sua modestia oltre che per una capacità intellettiva da ever green.

La presentazione dell’autore e le canzoni citate nel testo, eseguite dal soprano Maria Cristina Solfanelli e dal pianista Yuri Sablone, sono disponibili su You Tube: “Paolo Carretta presentazione”.

OFFERTA solo per i soci ASAPS nuova edizione del romanzo di Paolo Carretta SHERLOCK HOLMES E IL FUOCO DELLA PERNACCHIA(ISBN–978–88– 475–518–9) 50% Euro 12,00 (comprensivi di spese postali).OFFERTA – 50% Fino a Natale 2016 - 2 romanzi di successo a 24,00 euro (comprensivi di spese postali): SHERLOCK HOLMES E IL FUOCO DELLA PERNACCHIA e NUNC EST BIBENDUM Le Lupe di Augusto – di Stefano Mariano Mazza - Presentazione di Franco Maria Ricci - Edizioni Solfanelli [ISBN-978-88-7497-897-7] pagg. 448. Dichiarandosi soci ASAPS [email protected] - Pagamento con Paypal - Bonifico intestato a Gruppo Editoriale Tabula Fati - IBAN IT02Y0708677020000000007164 - c/c postale intestato a Gruppo Editoriale Tabula Fati n. 68903921

Sherlock Holmes e il fuoco della pernacchiadi Paolo CarrettaSu queste pagine è già comparsa una recensione per lo stesso titolo, eppure siamo a proporla nuovamente perché il libro è stato riscritto dall’autore, che ha voluto reinterpretare la stessa storia (alla terza edizione) in un nuovo racconto, certo più ricco, con cento pagine in più e numerose interpretazioni di fatti storici reali, resi quasi palpabili dalle molte foto d’epoca presenti.

Libri

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Amarcord

Polizia Stradale anni ‘50-‘70

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Anno 1958 - Roma, Piazza di Siena.

Anno 1971 - Festa delle FF.AA.Il Battaglione motociclisti

Anno 1958 - Roma, Piazza di Siena. Saggio della Polizia Stradale.

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