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CARDIOLOGIA

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    Capitolo 45

    LIPERTENSIONE ARTERIOSA

    Massimo Volpe, Sebastiano Sciarretta

    DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA

    Per Ipertensione arteriosa si intende una condizione clinica morbosa caratterizzata da un aumento

    anomalo stabile, e non legato a normali variazioni fisiologiche, dei livelli di pressione arteriosa.

    Tale aumento riguarda pi frequentemente entrambe le pressioni sistolica e diastolica, ma esistono

    forme di ipertensione caratterizzate da aumento solo della pressione sistolica (ipertensione sistolica

    isolata, condizione pi frequente negli anziani, o pi raramente solo della diastolica. In base alle ultime !inee "uida europee sulla gestione clinica del paziente iperteso, la presenza di

    ipertensione arteriosa viene definita arbitrariamente da valori di pressione arteriosa # $%& mm'g

    per quanto riguarda la pressione sistolica eo # )& mm'g per quanto riguarda la pressione

    diastolica. *ulla base dei livelli pressori inoltre, la malattia ipertensiva pu+ essere classificata in diversi gradi di severit- clinica (grado I $%&/$0))&/)) mm'g1 grado II $2&/$3)$&&/$&) mm'g1

    grado III # $4$$& mm'g che, come 5 intuibile, possono avere un diverso impatto sulla storia

    naturale della malattia.

    !6ipertensione arteriosa viene definita essenziale quando non 5 possibile risalire ad una eziologia

    chiaramente identificabile alla base del suo sviluppo, e questa rende conto di oltre il )&7 dei casi di

    ipertensione arteriosa. 8i contro, quando l6aumento dei valori pressori 5 secondario a disordini

    d6altra natura, l6ipertensione arteriosa viene definita secondaria.

    !6ipertensione arteriosa essenziale 5 una condizione di enorme rilevanza epidemiologica, pressoch9

    ubiquitaria nel nostro pianeta. :ella maggioranza dei casi, interessa soggetti adulti con prevalenza

    direttamente correlata all6et-. *i presume che nel mondo vi siano circa 2)& milioni di soggetti

    attualmente affetti da ipertensione arteriosa. !a prevalenza nella popolazione generale 5 di circa il;&7, ma sale ad oltre il 0&7 nella popolazione d6et- superiore ai 2& anni. Per quanto riguarda il

    sesso, la prevalenza d6ipertensione 5 maggiore nei maschi quando si considerano soggetti con et-

    inferiore ai 0& anni, mentre 5 uguale tra i ; sessi per et- superiori. In termini sociali, l6ipertensione

    arteriosa 5 pi frequente nelle zone urbane rispetto a quelle rurali, in particolare nei quartieri meno

    agiati, nonch9 nei Paesi industrializzati, mentre per quanto riguarda la razza, la prevalenza

    d6ipertensione 5 maggiore in quella nera. In base a queste considerazioni si prevede che entro il

    ;&;0 vi saranno nel mondo oltre $ miliardo e ;&& milioni di ipertesi, con un impatto di gran lunga

    superiore a qualunque altra condizione in termini di carico di malattia.

    EZIOPATOGENESI E FISIOPATOLOGIA Eziopatogenesi efisiopatologia

    *e l6ipertensione di tipo secondario riconosce i suoi fattori eziopatogenetici nella malattia primitiva

    a cui 5 associata, alla base dello sviluppo dell6ipertensione arteriosa essenziale vi sono molti fattori

    causali per lo pi non identificati. !6ipertensione arteriosa essenziale pu+ essere definita una

    malattia multifattoriale, dove elementi di tipo genetico ed ambientale agiscono sinergicamente su

    numerosi processi biochimici e metabolici che a loro volta sono alla base del suo sviluppo. Tra i

    fattori ambientali, i pi importanti sono legati allo stile di vita e all6alimentazione, e sono la

    sedentariet-, lo stress psichico, l6abitudine tabagica, una dieta ipersodica ed iperlipidica, ed il

    frequente ed eccessivo consumo di alcool e caff5. Tra i fattori genetici identificati e pi

    probabilmente coinvolti, vanno annoverati invece quelli determinanti una maggiore attivit- del

    sistema renina/angiotensina/aldosterone, un aumento costituzionale del tono adrenergico, un

    aumento della risposta vascolare a sostanze vasocostrittrici quali l6endotelina, una ridotta escrezione

    renale di sodio ed infine una ridotta sintesi endoteliale di sostanza vasodilatanti (prostacicline,

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    etc?.

    >isiologicamente la pressione arteriosa 5 determinata dal prodotto delle resistenze periferiche per la

    gittata cardiaca, la quale 5 a sua volta la risultante del prodotto della frequenza cardiaca per la

    gittata sistolica. Pertanto 5 proprio sulle resistenze periferiche, la frequenza cardiaca e la gittata

    sistolica che agiscono i differenti meccanismi fisiologici che regolano la pressione arteriosa. Per

    esempio, le resistenze periferiche sono condizionate dal sistema simpatico, che regola il tonovascolare, cos@ come lo 5 la frequenza cardiaca, mentre la gittata sistolica 5 prevalentemente

    regolata dalla contrattilit- miocardica e dal precarico, a sua volta correlato alla volemia. In generale,

    i meccanismi preposti al controllo della pressione arteriosa possono essere distinti in meccanismi a

    breve, medio e lungo termine. Tra i meccanismi a breve termine possono essere annoverati i sistemi

    baro/ e chemo/recettoriali, che modificano in pochi secondi il tono simpatico modulando l6attivit-

    cardiaca, il tono arteriolare e i livelli pressori. I meccanismi a medio termine sono invece quelli di

    tipo umorale mediati principalmente dal sistema renina/angiotensina/aldosterone, dalla

    vasopressina e dal sistema delle chinine. Il rene 5 invece deputato al controllo a lungo termine della

    pressione arteriosa, principalmente attraverso la regolazione della volemia.

    Pertanto qualsiasi alterazione patologica dei suddetti determinanti fisiologici della pressione

    arteriosa e dei suoi meccanismi di regolazione pu+ determinare l6insorgenza di uno statoipertensivo. In particolare, tra i meccanismi fisiopatologici responsabili dello sviluppo

    dell6ipertensione arteriosa essenziale quelli maggiormente implicati sono legati ad un6alterata

    omeostasi elettrolitica soprattutto del sodio, al rimodellamento vascolare, ad un6iperattivit- del

    sistema renina/angiotensina/aldosterone, ad una ridotta sensibilit- insulinica ed in ultimo ad una

    funzione endoteliale alterata.

    An aumento delle concentrazioni organiche di sodio 5 sicuramente coinvolto nella genesi della

    malattia ipertensiva, in particolare attraverso un aumento del volume plasmatico ed un aumento

    delle resistenze periferiche. Tuttavia studi clinici hanno mostrato come solo in una frazione (;&/

    &7 dei soggetti ipertesi una riduzione dell6introito di sodio determini una significativa riduzione

    dei valori pressori. *ulla base di tale risposta individuale alla riduzione dell6introito di sodio 5 stata

    coniata la definizione di ipertensione arteriosa sodio/sensibile.Bnche altri elettroliti sono coinvolti nella genesi dell6ipertensione arteriosa tra cui il potassio ed il

    calcio, le cui concentrazioni sono inversamente associate ai valori pressori. Tuttavia diversi studi

    che hanno valutato gli effetti di un aumento dell6assunzione dietetica di potassio e calcio sulla

    riduzione della pressione hanno fornito finora risultati controversi.

    !6ipertensione arteriosa 5 associata nella maggior parte dei casi ad un aumento delle resistenze

    periferiche, e se nelle fasi iniziali del suo sviluppo tale aumento 5 spesso secondario ad una

    vasocostrizione arteriolare di origine funzionale, dipendente da un aumentato stimolo da parte di

    sostanze vasoattive quali catecolamine, angiotensina II o endoteline, o ad un6elevazione persistente

    della portata cardiaca, successivamente un rimodellamento vascolare strutturale 5 implicato nel

    perpetuarsi di elevati valori pressori. Infatti l6incremento della pressione ed il costante insultomeccanico sulle pareti dei vasi stimolano lo sviluppo di un6ipertrofia delle cellule muscolari lisce

    vascolari, con ulteriore riduzione del lume arteriolare, ed il conseguente aumento delle resistenze

    periferiche, le quali determinano la persistenza od anche il peggioramento dello stato ipertensivo,

    anche quando i potenziali fattori causali iniziali vengano a mancare.

    Tra i determinanti fisiologici del tono vascolare, ha un ruolo primario il sistema renina/

    angiotensina/aldosterone, il quale esercita importanti azioni regolatorie sulla pressione arteriosa

    anche attraverso la regolazione dell6omeostasi elettrolitica e del riassorbimento di sodio e acqua a

    livello tubulare1 inoltre, attraverso effetti di tipo autocrino e paracrino, in alcuni tessuti l6attivit- del

    sistema renina/angiotensina/aldosterone regola la crescita e la differenziazione cellulare e favorisce

    lo sviluppo di fibrosi tissutale, in particolare a livello vascolare. Pertanto, una disregolazione

    dell6attivit- del sistema renina/angiotensina/aldosterone, ad esempio un6attivit- sproporzionatarispetto all6assunzione di sodio o ai livelli pressori stessi, determina un aumento dei valori pressori e

    progressive modificazioni strutturali vascolari e cardiache, tali da giustificare l6intervento

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    farmacologico su questo sistema.

    Bnche l6insulina svolge delle azione regolatorie importanti sulla pressione arteriosa legandosi ai

    recettori tirosin/Cinasici essa determina a livello endoteliale una cascata trasduzionale intracellulare

    che porta all6aumentata trascrizione genica e successivamente alla sintesi dell6enzima ossido nitrico

    sintetasi, il quale catalizza la produzione di ossido nitrico, sostanza con potente azione

    vasodilatatoria ed anti/infiammatoria. Duindi nelle condizioni caratterizzate da una ridottasensibilit- insulinica a livello vascolare si assiste ad una riduzione della sintesi di ossido nitrico con

    conseguente aumento delle resistenze periferiche e dei valori pressori. Inoltre, l6aumento

    compensatorio delle concentrazioni di insulina negli stati di insulino/resistenza si associa ad un

    incremento del tono simpatico con un ulteriore aumento del tono vascolare ed una riduzione della

    funzionalit- endoteliale.

    Duest6ultima 5 sicuramente un altro importante elemento sottostante allo sviluppo di ipertensione

    arteriosa. !6endotelio, infatti, svolge importanti azioni protettive a livello vascolare, attraverso la

    produzione di sostanze vasodilatanti ad azione autocrina e paracrina quali l6ossido nitrico, le

    prostacicline e l6endothelium/derived relaEing factor (, ed anche attraverso la produzione di

    sostanze antitrombotiche (vedi Fapitolo %4. Tuttavia quando questo 5 sottoposto all6azione

    dannosa dei diversi fattori di rischio quali fumo e diabete, si realizza a livello vascolare e cellulareun6infiammazione subclinica ed un aumento dello stress ossidativo, i quali danneggiano le cellule

    endoteliali e conseguentemente portano allo sviluppo della loro disfunzione. Duando si instaura una

    disfunzione endoteliale vengono meno le suddette funzioni protettive collegate ad un endotelio

    integro, con conseguente aumento della reattivit- vascolare, aumentata espressione di molecole

    d6adesione leucocitaria che portano al perpetuarsi dell6infiammazione vascolare, ed in ultimo

    un6aumentata suscettibilit- alla evoluzione aterosclerotica e alla formazione di trombosi. Duesti

    processi promuovono in ultima istanza lo sviluppo di eventi aterotrombotici (vedi Fapitolo %2.

    IMPATTO CLINICO

    Impattoclinico

    :ella maggioranza dei casi, l6ipertensione arteriosa non determina lo sviluppo n9 di sintomi o

    disturbi, n9 di complicanze a breve termine, bens@ pu+ decorrere asintomatica per molti anni,

    determinando progressive e sempre pi gravi alterazioni strutturali e funzionali a carico del sistema

    cardiovascolare, renale e cerebrale. Fomplicanze anche molto gravi, spesso precedute da alterazioni

    di tipo pre/clinico, possono palesarsi improvvisamente con eventi acuti e drammatici quali l6infarto

    del miocardio, l6ictus cerebrale e lo scompenso cardiaco.

    !a relazione tra ipertensione arteriosa ed aumento dell6incidenza di patologie cardiovascolari fu

    illustrato in maniera molto chiara dalle ormai mitiche tabelle elaborate dagli studi condotti da una

    compagnia assicurativa nordamericana, la Getropolitan !ife Insurance FompanH, che dimostravano

    come in una popolazione di uomini di quarantacinque anni, valori pressori di $&)& mm'g rispettoa valori pressori inferiori erano in grado di determinare una riduzione dell6aspettativa di vita di

    anni, e, se ci si spingeva fino a valori pressori di $%& su )0 mm'g l6aspettativa di vita si riduceva di

    2 anni. Bncor pi, se si consideravano uomini con valori pressori di $0& su $&& mm'g l6aspettativa

    di vita media si riduceva di $$.0 anni. Ana conferma di questi dati ci 5 stata fornita da diversi studi

    epidemiologici tra cui quello condotto da ilhelmsen, nel quale veniva dimostrato come l6aumento

    dei valori pressori anche se limitato a $& mm'g, corrispondesse ad un brusco incremento della

    incidenza di coronaropatia, anche nell6ambito del range dei valori pressori normali. !a Prospective

    *tudies Follaboration ha comunque fornito le evidenze pi importanti sulla relazione tra

    ipertensione arteriosa ed aumento del rischio cardiovascolare. Duesta analisi ha preso in esame circa

    $ milione di pazienti in 2$ studi prospettici osservazionali per $; anni. B partire da un6et- compresa

    tra %& e 2) anni, ogni aumento di ;& mm'g di pressione arteriosa o di $& mm'g di pressionediastolica 5 risultato associato ad aumenti di ; volte di mortalit- per cardiopatia ischemica e circa %

    volte per ictus. !a mortalit- vascolare risultava superiore al 0&7 nella decade 4&/4) anni, mentre il

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    rischio relativo era maggiore nei soggetti pi giovani, con un aumento di circa $& volte.

    !6ipertensione arteriosa viene pertanto considerata un classico fattore di rischio per lo sviluppo di

    malattie cardiovascolari.

    Il significato ed il valore predittivo dei valori di pressione arteriosa nei confronti delle principali

    malattie cardiovascolari quali la cardiopatia ischemica e l6ictus cerebrale 5 stato gi- identificato da

    alcuni decenni. ramingham che ha dimostrato come la presenza

    isolata dJipertensione arteriosa si osservi solo nel ;&7 dei pazienti, mentre nel 0&7 dei casi elevati

    valori pressori si associano a ; o fattori di rischio concomitanti. Duesta frequente associazione traipertensione arteriosa ed altre anomalie del profilo metabolico quali il diabete mellito e la

    dislipidemia suggerisce come queste associazioni non siano casuali ma siano probabilmente legate

    alla presenza di fattori eziopatogenetici comuni alla base dello sviluppo di tali anomalie.

    Il riscontro di alterazioni del profilo lipidico caratterizza unJampia percentuale della popolazione

    ipertesa e contribuisce in maniera sostanziale allo sviluppo di complicanze cardiovascolari.

    !Jalterazione del profilo lipidico pi frequentemente associata alla presenza di ipertensione 5

    certamente l6ipercolesterolemia, presente in oltre il %&7 dei pazienti con valori pressori

    francamente elevati e con una prevalenza progressivamente crescente al crescere della gravit- del

    quadro ipertensivo, supportando un6eventuale correlazione tra tali due fattori di rischio anche in

    ambito patogenetico. 8islipidemia ed elevati valori pressori sono inoltre elementi costitutivi della

    cosiddetta sindrome metabolica, condizione clinica frequentemente associata alla presenza di

    ipertensione arteriosa. Duesta sindrome 5 caratterizzata, da un punto di vista clinico, dalla presenza

    di pi fattori di rischio associati, mentre da un punto di vista fisiopatologico dalla presenza di

    un6obesit- viscerale, particolarmente aterogena, da una condizione di insulino/resistenza, ed infine

    da uno stato infiammatorio cronico subclinico.

    Bnche il diabete mellito di tipo ; risulta associato frequentemente all6ipertensione arteriosa con la

    quale condivide la responsabilit- di una significativa quota della mortalit- e morbilit-

    cardiovascolare, nonch9 alcuni importanti tratti fisiopatologici.

    !e conseguenze patologiche dell6ipertensione arteriosa possono essere di tipo preclinico e clinico1

    le prime sono caratterizzate da modificazioni strutturali e funzionali a carico degli organi bersaglio

    senza che queste si manifestino con sintomi o segni clinici, le seconde consistono invece inalterazioni organiche pi gravi che si palesano con dei quadri clinici ben definiti, soprattutto

    l6infarto del miocardio, lo scompenso cardiaco e l6ictus cerebri.

    In generale la conseguenza patologica classica della malattia ipertensiva 5 lo sviluppo di

    aterosclerosi, che vede maggiormente coinvolti il cuore con i vasi arteriosi, il rene ed il sistema

    nervoso centrale.

    !e principali alterazioni precliniche cardiache associate all6ipertensione sono legate ai processi di

    rimodellamento ventricolare sinistro in risposta allo stato ipertensivo e sebbene siano asintomatiche,

    configurano comunque una condizione clinica fortemente predittiva di eventi cardiovascolari futuri,

    condizione identificata con il termine di cardiopatia ipertensiva (Patologia 46. Tali alterazioni

    cardiache riconoscono nell6ipertrofia ventricolare sinistra e nella disfunzione diastolica le

    manifestazioni principali. !a prima 5 caratterizzata dall6aumento della massa cardiaca soprattutto inrisposta all6aumento dello stress sistolico determinato dalla pressione elevata, e pu+ essere di tipo

    concentrico od eccentrico. Il primo tipo 5 caratterizzato dall6ispessimento delle pareti ventricolari

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    per la classica apposizione di nuovi sarcomeri in parallelo, senza un aumento della cavit-

    ventricolare, il secondo tipo 5 invece caratterizzato dall6aumento del diametro ventricolare

    consensuale all6aumento degli spessori parietali, secondariamente all6apposizione, a livello

    miocardico, di nuovi sarcomeri in serie.

    !a prevalenza di ipertrofia ventricolare sinistra, diagnosticata all6

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    An indice precoce di danno renale preclinico, in particolare negli ipertesi diabetici, 5 la presenza di

    microalbuminuria, che consiste in un6aumentata escrezione di albumina nelle urine, compresa per

    definizione tra i & ed i && mgdie, infatti oltre i && mg questa si definisce invece

    macroalbuminuria. An aumento dell6escrezione di albumina pu+ semplicemente rappresentare una

    conseguenza dell6aumento della pressione idrostatica intraglomerulare, ma pu+ anche derivare da

    un danno della barriera glomerulare, o da un6alterazione del riassorbimento tubulare dell6albuminafiltrata. Bnche la microalbuminuria rappresenta un predittore di rischio indipendente per eventi

    cardiovascolari maggiori, particolarmente negli ipertesi diabetici, ed 5 stato dimostrato come un

    rischio aumentato sussiste gi- per valori di microalbuminuria al di sotto del cut/off di normalit-.

    *e non trattata, l6ipertensione arteriosa determina con il tempo una progressione inesorabile del

    danno renale, particolarmente quando si associa al diabete, verso una riduzione significativa del

    filtrato glumerulare con lo sviluppo d6insufficienza renale cronica, che 5 anche conseguente

    all6aumento importante delle resistenze vascolari intraparenchimali renali. Duesta evoluzione

    spinge i valori pressori ad aumentare ulteriormente rendendo ancor pi grave il quadro clinico e pi

    difficile il trattamento.

    Infine, va sottolineato che il danno vascolare tipico dell6ipertensione coinvolge in modo

    significativo l6encefalo, in conseguenza dell6accelerato processo di aterosclerosi, nonch9 attraversolo stimolo meccanico costituito dagli elevati valori pressori. Blterazioni relativamente precoci sono

    osservate a carico del distretto carotideo, e possono essere caratterizzate da un lieve ispessimento

    del complesso intima/media carotideo, o da lesioni aterosclerotiche non stenosanti, oppure da

    placche che determinano stenosi di variabile severit- del lume vascolare. Tutte queste alterazioni,

    anche quando ancora nello stato preclinico, sono associate ad un rischio aumentato di sviluppare

    eventi acuti cerebrovascolari, e per tal motivo una loro precoce individuazione permette una

    migliore stratificazione del rischio del paziente iperteso e di conseguenza la scelta corretta della

    strategia terapeutica pi efficace.

    Duando si manifesta clinicamente, la cerebrovasculopatia ipertensiva pu+ essere caratterizzata da un

    quadro di emorragia cerebrale, o pi frequentemente dall6ictus ischemico o da un attacco ischemico

    transitorio (TIB, da un infarto lacunare, od in ultimo da un6encefalopatia acuta ipertensiva.

    AL!TAZIONE CLINICO"ST#!MENTALE E ST#ATIFICAZIONE $EL

    #ISC%IO CA#$IOASCOLA#E al&tazioneclinico"st'&mentaleest'atificazione(el'isc)ioca'(io*ascola'e

    !Jipertensione arteriosa rappresenta una condizione clinica che comporta un incremento del rischio

    cardiovascolare, sia di per s9, attraverso i valori pressori elevati, sia perch9 tipicamente associata

    alla presenza di una serie complessa di altri fattori di rischio ed alterazioni morfo/funzionali i quali,

    presentandosi nello stesso soggetto secondo diverse possibili combinazioni, contribuiscono a

    definirne il profilo di rischio globale. Pertanto la classificazione dellJipertensione arteriosa basata

    sulla sola valutazione dei valori pressori non permette unJadeguata rappresentazione del rischioindividuale della patologia, che 5 invece la risultante dellJinterazione tra incremento pressorio e

    profilo di rischio concomitante.

    :egli ultimi anni 5 di conseguenza radicalmente mutato l6orientamento clinico nei confronti del

    paziente iperteso, con un approccio non pi mirato solo alla riduzione dei valori pressori, ma basato

    innanzitutto sulla valutazione del rischio cardiovascolare globale il quale deve successivamente

    guidare la condotta terapeutica.

    :ellJapproccio razionale al rischio cardiovascolare nel paziente iperteso, uno degli elementi

    essenziali 5 certamente rappresentato dalla possibilit- di quantificare il rischio del paziente

    attraverso una valutazione integrata del contributo relativo di ciascuno dei fattori di rischio prima

    elencati (Ta+ella I. *econdo questa logica, in un paziente con un aumento lieve dei valori di

    pressione arteriosa, la presenza di altri fattori di rischio associati determina una probabilit- disviluppo di complicanze cardiovascolari comparabile o addirittura maggiore rispetto a quella che

    caratterizza i pazienti con un aumento pressorio pi marcato, ma isolato (Fig&'a ,.

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    *ulla base di tali considerazioni, l6obiettivo principale della valutazione clinico/strumentale del

    paziente iperteso 5 dunque quello di definirne il profilo di rischio globale, sia attraverso una buona

    raccolta anamnestica, che permetta di capire quali altri fattori di rischio sono associati alla presenza

    di ipertensione, sia attraverso il loro riscontro diretto mediante esami ematochimici o strumentali.

    Bttraverso gli esami strumentali possiamo valutare soprattutto se sono gi- presenti segni di danno

    d6organo causato dallo stato ipertensivo, la cui presenza, come gi- precedentemente discusso,identifica una condizione a rischio aumentato.

    Anamnesi. :ella raccolta della storia clinica occorre porre particolare attenzione ad individuare tutti

    quegli elementi che possono indicare un aumento del rischio cardiovascolare.Bnzitutto 5 importante una raccolta di informazioni sui fattori che possono determinare un aumento della

    pressione arteriosa del soggetto in esame, quali l6et-, il sesso, l6ereditariet-, la razza, il consumo di alcool e di

    caff5 e lo stress. *uccessivamente 5 fondamentale chiedere informazioni sulla presenza di altri elementi chepossono influenzare il profilo di rischio, quali il diabete, la dislipidemia, il fumo di sigaretta, lo stile di vita e la

    familiarit- per malattie cardiovascolari.

    8urante la raccolta anamnestica si deve porre attenzione inoltre all6eventuale uso di farmaci che possono

    determinare un aumento dei valori pressori, quali i >B:*, gli spraH nasali ed i cortisonici, ed escluderel6assunzione di sostanze stupefacenti, in particolare i simpatico/mimetici indiretti come la cocaina e l6anfetamina.

    Kisogna infine indagare se gi- si sono verificati degli eventi cardiovascolari maggiori, quali l6angina o l6infarto, ol6ictus, perch9 in tal caso il rischio cardiovascolare del soggetto 5 molto elevato (Ta+ella II.

    Esameobiettivo.Bnche se la maggior parte dei pazienti risulta normale all6esame fisico, un6attenta valutazione del paziente

    iperteso 5 necessaria al fine di scoprire se vi sono segni che facciano sospettare un6ipertensione secondaria e per

    valutare l6eventuale presenza di complicanze cardiovascolari (Ta+ella III.An momento importante nella raccolta dei dati obiettivi durante la visita medica 5 la misura della pressione

    arteriosa. "rande attenzione deve essere posta nellJottenere una misurazione corretta, focalizzandosi in particolare

    sui seguenti aspetti

    il paziente non deve aver fumato o assunto caffeina nei & minuti precedenti la misurazione1

    il paziente deve essere seduto comodamente con il bracciale posto a livello del cuore1

    la misurazione deve essere effettuata dopo almeno 0 minuti di riposo1

    si devono misurare le pressioni sistolica e diastolica utilizzando rispettivamente il I e il L tono di

    MorotCoff1 va quindi effettuata la media fra due o pi misurazioni, separate da un intervallo di

    almeno ; minuti1

    devono essere impiegati sfigmomanometri a mercurio (tipo =iva/=occi o in alternativa apparecchi

    aneroidi tarati di recente1 i bracciali devono essere di dimensioni appropriate, cio5 con un manicotto

    che circondi il braccio del paziente completamente o almeno per lJ4&71 nei bambini e negli obesi 5

    opportuno utilizzare bracciali specifici.

    :ella valutazione del paziente in esame, oltre all6 esame obiettivo generale e cardiovascolare, 5

    importante rilevare il peso e la distribuzione del grasso corporeo, in particolare mediante la

    misurazione della circonferenza addominale. !Jobesit- addominale rappresenta, infatti, unriconosciuto fattore di rischio cardiovascolare. Inoltre tra massa corporea e ipertensione arteriosa vi

    5 una correlazione significativa che 5 indipendente dallJet- e dal sesso, e tale relazione 5 confermata

    anche quando vengono impiegate le tecniche pi raffinate per lo studio del grasso corporeo. B tal

    proposito i normotesi obesi hanno maggiori probabilit- di diventare ipertesi e gli ipertesi magri di

    diventare obesi. Infine, a conferma dellJimportanza di questo fattore, 5 stato dimostrato che

    diminuzioni del peso corporeo di $; Cg e Cg indurrebbero riduzioni pressorie sistolica e diastolica

    rispettivamente di ;$$ mm'g e di 3% mm'g.

    Esami ematochimici e strumentali. Bnche nelle recenti !inee "uida 5 stato raccomandato di

    effettuare una serie di esami bioumorali e strumentali, allo scopo non solo di definire la presenza di

    danno dJorgano nel paziente, ma anche di identificare altri eventuali fattori di rischio associati.

    Blcune di queste indagini devono essere orientate da informazioni desunte dallJanamnesi edallJesame obiettivo.

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    Ipertensione nefroparenchimale. Tutte le patologie parenchimali renali che determinino una

    riduzione dell6escrezione di acqua e sodio, ed un6attivazione del sistema renina/angiotensina/

    aldosterone provocano lo sviluppo di ipertensione. Ano stato ipertensivo si associa infatti a malattie

    renali acute quali l6insufficienza acuta secondaria a cause renali e post/renali o le sindromi

    nefritiche, o a disordini di tipo cronico quali il rene policistico e l6insufficienza renale cronica.

    Fause pi rare di ipertensione nefroparenchimale sono i tumori secernenti renina.:el sospetto di un6 ipertensione nefroparenchimale sono utili gli esami ematochimici per valutare la

    funzionalit- renale, l6esame dell6urine, e in alcuni casi l6ecografia renale.

    Ipertensione nefrovascolare. Duesta frequente causa di ipertensione secondaria 5 associata ad una

    stenosi mono o bilaterale dell6arteria renale dovuta ad un processo aterosclerotico, o, nel caso di

    soggetti giovani soprattutto se donne, alla presenza di una displasia fibro/muscolare. !a riduzione

    del flusso renale secondaria alla stenosi determiner- un6aumentata e non regolata secrezione di

    renina e la successiva formazione di angiotensina II con un aumento della vasocostrizione

    periferica, aumento del riassorbimento di acqua e sodio, e incremento rapido dei valori di pressione

    arteriosa.

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    all6impiego di test farmacologici di inibizione o stimolazione, con clonidina e glucagone

    rispettivamente, o utilizzare subito metodiche d6imaging quali l6ecografia, la TF o la =G:, di

    solito impiegate per localizzare il tumore.

    Coartazione Aortica. !a coartazione aortica (vedi Fapitolo 0; consiste in una stenosi congenita

    dell6aorta generalmente distale all6origine del dotto arterioso che si associa frequentemente ad altre

    anomalie quali la bicuspidia aortica gli aneurismi a bacca cerebrali. Duesta 5 una causa rara diipertensione arteriosa secondaria soprattutto nei bambini e negli adolescenti. !a diagnosi 5 di solito

    clinica ed 5 legata al riscontro di un6ipertensione esclusivamente a livello degli arti superiori e di un

    ipotensione a livello degli arti inferiori, alla presenza di un ritardo del polso femorale rispetto a

    quello radiale, all6ascoltazione di un soffio continuo al dorso, nella regione interscapolare, ed alla

    presenza di una spiccata pulsatilit- delle arterie intercostali. !a diagnosi di conferma invece pu+

    essere fatta invece agevolmente mediante un angio/TF del torace ed un6aortografia. !a terapia della

    coartazione aortica pu+ essere percutanea, mediante l6apposizione di stent, o chirurgica.

    Ipertensione indotta da farmaci. Blcune sostanze e farmaci possono determinare un6ipertensione

    arteriosa e queste sono la liquirizia, gli spraH nasali vasocostrittori, i contraccettivi orali, i >B:*, i

    corticosteroidi, la ciclosporina e l6eritropoietina. >ondamentale pertanto 5 la ricerca anamnestica

    dell6uso di tali sostanze per poter effettuare una diagnosi rapida.

    T#ATTAMENTO

    T'attamento

    !a finalit- principale del trattamento dell6ipertensione arteriosa consiste soprattutto nella

    prevenzione dello sviluppo delle sue complicanze cardio/ e cerebrovascolari, e tali benefici

    terapeutici possono essere raggiunti non solo mediante la riduzione dei valori pressori, peraltro

    implicati direttamente nello sviluppo di alcune complicanze, ma anche attraverso la correzione dei

    diversi fattori di rischio frequentemente associati all6ipertensione. 8i conseguenza 5 molto

    importante, prima di iniziare un trattamento antiipertensivo, una valutazione clinica globale delpaziente che miri a definire al meglio il suo profilo di rischio cardiovascolare, sia sulla base

    dell6entit- della malattia ipertensiva, sia sulla base degli altri fattori di rischio associati.

    "li interventi terapeutici antipertensivi possono essere divisi in interventi di tipo non

    farmacologico, basati sulle modifiche dello stile di vita e delle abitudini comportamentali, ed in

    interventi di tipo farmacologico, basati sull6impiego di diverse classi di farmaci sia da soli che in

    associazione tra loro. *ulla base delle ultime !inee "uida emanate dall6

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    medio pari ad una diminuzione di circa $,0 mm'g di pressione arteriosa sistolica e $, mm'g di

    diastolica per ciascun chilo di peso corporeo perso.

    "li effetti antipertensivi di una restrizione alimentare sodica sono stati oggetto di numerose meta/

    analisi, che complessivamente hanno evidenziato un6azione antipertensiva piuttosto modesta (/0

    mm'g per la sistolica e ;/ per la diastolica. !a restrizione sodica inoltre, non deve essere marcata

    (consumo giornaliero Q; grammi :aFl, perch9 5 stato dimostrato come questa induca effettimetabolici sfavorevoli e stimoli il sistema renina/angiotensina ed il sistema nervoso adrenergico.

    Bllo stato attuale pertanto, una modica restrizione sodica (consumo giornaliero Q% grammi :aFI 5

    indicata nel trattamento del paziente iperteso, specie considerando come questo intervento non

    farmacologRco si sia dimostrato in grado di potenziare lJefficacia antipertensiva della stessa terapia

    farmacologica.

    Infine studi clinici controllati hanno pressoch9 uniformemente dimostrato che lJesercizio fisico

    regolare di moderata intensit- (rappresentato da un incremento pari a circa il %&7 del consumo di

    ossigeno valutato a riposo 5 in grado, dopo un congruo periodo di tempo, di ridurre i valori pressori

    sisto/diastolici (circa 2/4 mm'g a seconda dei valori pressori di partenza e del tipo di attivit-

    fisica. Tali modificazioni si accompagnano ad un miglioramento del profilo di rischio

    cardiovascolare in virt degli effetti emodinamici (vasodilatazione e metabolici favorevoli(miglioramento dell6 insulino/sensibilit- e del profilo lipidico di un training fisico costante.

    Interventi antiipertensivi di tipo farmacologico

    Il trattamento farmacologico dell6ipertensione arteriosa deve essere intrapreso quando non si

    ottengono risultati sufficienti con gli interventi non farmacologici, o quando i valori pressori basali

    ed il rischio cardiovascolare del paziente sono molto elevati.

    !6obiettivo terapeutico essenziale della terapia farmacologica 5 il raggiungimento di valori pressori

    ottimali, e se questo non 5 possibile con l6impiego di un solo farmaco 5 consigliabile adottare

    un6associazione tra due o, se necessario, pi molecole. !a scelta del tipo di farmaco da prescrivere

    ad un paziente iperteso non 5 per+ basata solo sulla efficacia antiipertensiva, bens@ anche sui

    possibili effetti benefici sulla riduzione del danno d6organo cardiovascolare e renale, su eventuali

    sue azioni positive sulle alterazioni metaboliche concomitanti, quali il diabete o la dislipidemia, ed

    in ultimo, deve tener conto della tipologia del paziente (et-, sesso, comorbidit-, degli effetti

    collaterali, delle preferenze del paziente, di precedenti esperienze terapeutiche e di aspetti socio/

    economici (Ta+ella .

    !e p'incipali classi (i fa'maci anti"ipe'tensi*i (vedi Fapitolo 04 sono

    Ace-inibitori sono una classe di farmaci con documentata efficacia antipertensiva, caratterizzata da

    effetti benefici sull6apparato cardiovascolare, particolarmente nei pazienti con cardiopatia

    ischemica, disfunzione ventricolare sinistra e scompenso cardiaco. *ono molto utili per rallentare la

    progressione del danno renale, in particolare nei diabetici, ed hanno un profilo metabolico

    sostanzialmente neutro. Principali effetti collaterali sono la tosse, l6ipotensione da prima dose e

    raramente l6angio/edema della glottide. !e principali controindicazioni sono l6insufficienza renalecronica, la gravidanza e la stenosi bilaterale delle arterie renali.

    Calcio-antagonisti i calcio/antagonisti possono svolgere i loro effetti prevalentemente sul cuore

    (non diidropiridinici, diltiazem o verapamil od essere principalmente dei vasodilatatori periferici

    (diidropiridinici1 quest6ultimi in particolare hanno una spiccata azione anti/ipertensiva e si sono

    dimostrati efficaci nel ridurre gli eventi cardiovascolari. *ono molto utili in prescrizione singola od

    in associazione con altri farmaci in particolare gli inibitori del sistema renina/angiotensina/

    aldosterone.

    Bloccanti recettoriali dellangiotensina II (o sartanici sono farmaci efficaci e molto ben tollerati

    anche in quanto caratterizzati da un6azione farmacologia molto selettiva (blocco dei recettori BT/$

    dell6angiotensina II. Duesta classe 5 particolarmente utile nell6ipertensione arteriosa, in particolare

    nei pazienti con danno d6organo sia cardiaco che renale, e con presenza di diabete o sindromemetabolica.

    http://www.cse.it/ebook/ebook/http://www.cse.it/ebook/ebook/
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    Diuretici sono i farmaci antiipertensivi pi lungamente sperimentati, e quelli tiazidici sono

    particolarmente efficaci nel ridurre l6insorgenza di complicanze cardiovascolari maggiori. *ono

    inoltre spesso prescrivibili in associazione precostituita con farmaci inibitori del sistema renina/

    angiotensina. !e controindicazioni all6uso dei diuretici sono soprattutto la scarsa compliance del

    paziente legata ad effetti indesiderati ed alcuni effetti collaterali quali lo squilibrio elettrolitico, in

    particolare l6ipopotassemia, l6iperuricemia e le alterazioni del metabolismo glico/lipidico.Beta-bloccanti sono particolarmente indicati nei pazienti ipertesi affetti da cardiopatia ischemica,

    disfunzione ventricolare sinistra sistolica, tachicardia, oppure ipertiroidismo. *ono controindicati

    nei pazienti bradicardici o con turbe della conduzione atrio/ventricolare, con asma o con

    broncopneumopatia cronica ostruttiva, con vasculopatia periferica o con insulino/resistenza.

    I farmaci antiipertensivi appartenenti a queste classi farmacologiche possono essere associati tra

    loro specialmente se presentano meccanismi d6azione diversi e complementari, se l6efficacia

    ipotensivante 5 superiore quando associati rispetto a quando somministrati in monoterapia, ed in

    ultimo se l6associazione 5 ben tollerata.

    Bltri farmaci antiipertensivi da usare in terapia addizionale, qualora non vengano raggiunti gli

    obiettivi, includono glialfa-bloccanti, in particolare nei pazienti con ipertrofia prostatica, gli anti-

    ipertensivi ad azione centrale, soprattutto alfa/metildopa e clonidina, ed i farmaci anti-aldosteronici, che trovano indicazione soprattutto nelle forme legate ad iperaldosteronismo e

    nell6ipertensione refrattaria o resistente.

    !#GENZE E$ EME#GENZE IPE#TENSIE

    !'genze e( eme'genze ipe'tensi*e

    Le &'genze e( eme'genze ipe'tensi*e sono fo'me clinic)e caratterizzate da un notevole rialzo

    pressorio (solitamente PB8 #$& mm'g che richiedono un abbassamento rapido della pressione.

    Dueste condizioni possono essere distinte in urgenze ed emergenze ipertensive. Per urgenza

    ipertensiva s6intende un marcato e rapido rialzo pressorio peraltro non associato a segni di dannod6organo acuto cardiaco o neurologico e possono essere risolte nell6arco delle ;% ore. !e emergenze

    ipertensive sono invece quelle situazioni nelle quali, per la presenza di segni di danno dJorgano

    collegati al rialzo pressorio, e per grave pericolo di vita, 5 indispensabile una riduzione della

    pressione arteriosa entro $ ora.

    !e alterazioni d6organo che possono essere riscontrate nell6emergenza ipertensiva sono l6infarto

    miocardico acuto o l6angina instabile, lo scompenso cardiaco acuto, la dissezione aortica e

    l6emorragia cerebrale. An altro tipo particolare ed altrettanto grave di emergenza ipertensiva 5

    l6encefalopatia ipertensiva, caratterizzata da disturbi neurologici reversibili come la cefalea,

    alterazioni visive e dello stato di coscienza, nausea e vomito. Duesta, se non trattata pu+ evolvere

    rapidamente in uno stato di coma e successivamente in eEitus. !a fisiopatologia dell6encefalopatia

    ipertensiva 5 legata alla presenza di una necrosi fibrinoide arteriolare generalizzata e di unadilatazione sproporzionata delle arterie cerebrali con un conseguente iperafflusso sanguigno.

    :elle emergenze ipertensive il trattamento deve essere iniziato il pi rapidamente possibile con

    lJobiettivo non di ottenere lJimmediato ripristino di livelli pressori normali, ma di arrivare a limiti

    di SsicurezzaS senza indurre, nello stesso tempo, complicanze cerebrali, coronariche o renali legate

    all6induzione di ipotensione troppo rapida.

    I farmaci di elezione nell6emergenza ipertensiva somministrati per via endovenosa sono la

    clonidina, il nitroprussiato o nitroglicerina ed il labetalolo. 8i solito 5 sempre consigliabile

    embricare alla terapia endovenosa una terapia per via orale.