SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

16
SHI TRO commentario al testo di Karma Lingpa “Il profondo Dharma dell’autoliberazione tramite la mente dei pacifici e degli irati” Parte IV° Il bardo del momento della morte (II) Ven. Khenchen Palden Sherab Rinpoche Khenpo Tsewang Dongyal Rinpoche Trad. Thupten Nyima Bianco, rosso e nero A questo punto, il morente ha cessato di comunicare con il mondo esterno. Egli non vede più forme, non sente più suoni, non apprezza più odori e sapori, non percepisce più nulla. Non esiste più la consapevolezza degli oggetti dei sensi. La respirazione è cessata, ma persiste un vento sottile come respirazione interna, cosicchè la coscienza è ancora associata al corpo. Occasionalmente qualcuno torna indietro da questo punto, perché fintanto che la respirazione interna residua, c’è una piccola possibilità di tornare alla vita. Questo è il momento in cui

description

SHI TROcommentario al testo di Karma Lingpa"Il profondo Dharma dell'autoliberazione tramite la mente dei pacifici e degli irati"Parte IV° Il bardo del momento della morte (II)Ven. Khenchen Palden Sherab Rinpoche Khenpo Tsewang Dongyal RinpocheTrad. Thupten NyimaBianco, rosso e nero A questo punto, il morente ha cessato di comunicare con il mondo esterno. Egli non vede più forme, non sente più suoni, non apprezza più odori e sapori, non percepisce più nulla. Non esiste più la consapevole

Transcript of SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

Page 1: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

SHI TROcommentario al testo di

Karma Lingpa

“Il profondo Dharma dell’autoliberazione tramite la mente dei pacifici e degli irati”

Parte IV°

Il bardo del momento della morte (II)

Ven. Khenchen Palden Sherab Rinpoche

Khenpo Tsewang Dongyal Rinpoche

Trad. Thupten Nyima

Bianco, rosso e nero

A questo punto, il morente ha cessato di comunicare con il mondo esterno. Egli non vede più forme, non sente più suoni, non apprezza più odori e sapori, non percepisce più nulla. Non esiste più la consapevolezza degli oggetti dei sensi.

La respirazione è cessata, ma persiste un vento sottile come respirazione interna, cosicchè la coscienza è ancora associata al corpo. Occasionalmente qualcuno torna indietro da questo punto, perché fintanto che la respirazione interna residua, c’è una piccola possibilità di tornare alla vita. Questo è il momento in cui l’elemento bianco e l’elemento rosso iniziano a vibrare per disintegrarsi. L’esperienza interiore di questa fase è associata a tre visioni: una bianca, una rossa e una nera.

L’elemento bianco e l’elemento rosso che abbiamo ricevuto dai nostri genitori sotto forma di sperma e ovulo sono gli elementi di base del corpo. L’essenza bianca, che abbiamo ricevuto da nostro padre, pervade il corpo, ma risiede principalmente nel chakra della corona. L’essenza rossa, che abbiamo ricevuto da nostra madre, è

Page 2: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

anch’essa presente in tutto il corpo, ma è concentrata in un punto all’interno dell’addome, quattro dita trasverse al di sotto del chakra dell’ombelico. Il disordine interessa per primo l’elemento bianco. In forma di sillaba HAM capovolta, l’elemento bianco inizia a scendere in basso lungo il canale centrale, dal chakra della corona verso il centro del cuore. In questa fase, il morente fa esperienza di una fulgida luce lunare bianco-argentea, che brilla dappertutto. Per un breve istante, tutto diventa bianco come quando un fulmine colpisce. Questa è la quinta esperienza della chiara luce della realtà ed è chiamata ngo bo, la visione della luminosità.

HAM è la sillaba seme o mantrica tibetana che ha il potere di provocare uno shock al sistema. Quando un’energia si manifesta attraverso il chakra coronale pronunciamo suoni come HA e HO, perché la bianca HAM che là risiede è stimolata al movimento. Appena il chakra della corona inizia a vibrare, l’elemento bianco inizia a gocciolare giù attraverso il canale centrale verso il centro del cuore.

Pochi secondi, o forse un minuto dopo la discesa dell’elemento bianco, i venti discendenti iniziano a scuotere e a dislocare l’elemento rosso dalla sua sede, quattro dita sotto il chakra dell’ombelico. Sotto forma di una sillaba AH rossa, l’essenza solare materna inizia a salire verso il cuore. Il morente fa in questo momento esperienza di una visione rosso cremisi, il colore delle fiamme o del rosso profondo del cielo che precede l’alba. Questa è la sesta apparizione della chiara luce della vera natura, chiamata skyes pa, l’eruzione o visione del fuoco che brucia.

Quando l’elemento bianco paterno inizia a gocciolare dalla corona verso il cuore, tutta la rabbia viene dissolta. Quando il rosso emerge da sotto l’ombelico e si unisce al cuore, cessa l’attaccamento. Quindi le 33 emozioni associata alla rabbia e le 40 emozioni legate all’attaccamento cessano.

Adesso è il momento della terza visione, chiamata to pa, la visione del completamento. Quando l’elemento bianco e l’elemento rosso si uniscono nel cuore, la coscienza viene intrappolata fra loro. A questo punto i due elementi si dissolvono e il morente fa esperienza di una visione nera, come il cielo della luna nuova. Questa oscurità è la settima visione della luminosità primordiale. Contemporaneamente, le 7 emozioni associate all’ignoranza vengono completamente arrestate e le 8 emozioni grossolane

Page 3: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

vengono inattivate. Pochi secondi dopo la visione nera, il morente entra in una condizione simile all’incoscienza. Egli non ha più esperienze o visioni, è come se fosse svenuto. Questo non accade solo agli esseri umani, ma anche agli animali. La mente diventa completamente vuota per un breve istante, mentre la coscienza si stabilizza nella chiara luce. La maggior parte degli esseri rimane in questo spazio per pochi secondi o minuti, ma non di più.

Molto presto, si manifesta un’altra visione chiamata “visione del recupero”. Si tratta semplicemente della coscienza che comincia a riaffiorare. Gli otto venti sottili che fanno naturalmente parte della mente iniziano a muoversi, e raggi della saggezza primordiale si diffondono svegliando la coscienza. Si arriva finalmente allo stato assoluto della vera natura, al di là della concettualità, liberi da ogni complessità ed emozione, svegli nella nuda brillantezza della pura consapevolezza. In questo momento se ne può fare esperienza, non oscurata dal dualismo soggetto-oggetto. Chiara e brillante al di là di ogni descrizione, questa è una esperienza incondizionata della realtà assoluta della vera natura.

Attraverso la pratica, alcune esperienze della vera natura possono manifestarsi già in vita, ma a causa della dissoluzione dei differenti elementi essa è chiaramente rivelata in questa fase, libera da ogni barriera fisica, mentale o emozionale. Se si pratica regolarmente in vita, il riconoscimento della vera natura in questo momento sarà libero da errori, esitazioni e dubbi. Si può quindi unire la propria consapevolezza con la vera natura, senza paura e senza sforzo, come un bambino che va ad accucciarsi nel grembo materno. Se si è capaci di questo, si ottiene l’illuminazione nel bardo del momento della morte.

Nei tantra dello Dzogchen ci sono insegnamenti molto sottili ed estesi a questo riguardo. Il maestro Jigme Lingpa descrive la chiara luce come una vastità immacolata, trasparente come il cielo d’autunno privo di polvere, nuvole e vento. Non c’è più alcuna nozione di un sé separato o di un mondo esterno. Tutto è perfettamente unificato nella naturale singolarità della consapevolezza illimitata. Riconoscendo questo stato non duale si è completamente liberati, unificando il Dharmadhatu con la base primordiale. Nel commento a questa meravigliosa preghiera, Jigme Lingpa spiegò che la scrisse mentre meditava sulle montagne vicino al monastero di Samye. Una mattina presto uscì e guardando il Monte Hepori pensò a quante pratiche Guru Padmasambhava e i

Page 4: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

suoi venticinque discepoli avevano fatto là per il Buddhadharma, quasi mille anni prima.

Riflettendo su questo, pensò:”Ora abbiamo solo il racconto di quegli eventi, perché quasi tutto quello che è stato di quei giorni se ne è andato. Per quanto mi riguarda, anch’io sarò parte un giorno della storia, o solamente un ricordo. Così dovrei cercare di realizzare che tutti i fenomeni sono una manifestazione dei tre kaya, in modo da non soffrire di questo movimento attraverso l tempo”. Quindi compose questa preghiera spontaneamente, conosciuta come quella che aiuta ad attuare la realizzazione dei tre kaya al momento della morte.

I praticanti Dzogchen possono essere di alto, medio e basso livello. Quelli di alto e medio livello non devono attraversare i bardo e così non dovranno applicare queste tecniche. Queste istruzioni sono per gli esseri ordinari che devono attraversare le transizioni e le esperienze del bardo. Questo è vero anche per i praticanti di capacità inferiore che possono aver ricevuto già molti insegnamenti, ma che non sono capaci di realizzarne il vero significato. I praticanti hanno di solito un orizzonte più vasto di opportunità spirituali, più vitalità, e una migliore visione nel bardo rispetto alle persone comuni. Tuttavia, qui, i praticanti di basso livello e le persone comuni sono classificate insieme, perché avranno esperienze simili anche se le gestiranno diversamente.

I praticanti di basso livello più elevati possono realizzare il dharmakaya nel momento in cui esso sorge, per aver meditato e praticato da vivi. Se non sono stati capaci di realizzare completamente la vera natura da vivi, essi hanno comunque sviluppato una certa intimità con essa grazie alla meditazione, cosicchè dopo la morte possono facilmente riconoscere e godere della luminosità estatica della pura consapevolezza, libera da ostacoli, impurità o impedimenti. La consapevolezza si fonde con quella realizzazione nel dharmakaya. Avendo meditato in vita, il praticante finalmente vede ciò su cui si è concentrato e si fonde con quella comprensione. Questa è l’illuminazione o la realizzazione del dharmakaya, la condizione assoluta descritta nella Prajnaparamita come “inconcepibile, inesprimibile, non nata e senza fine, della natura del cielo, sperimentabile esclusivamente dalla saggezza primordiale auto-originatasi”.

Page 5: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

Noi meditiamo per realizzare la comprensione essenziale espressa nel Sutra del Cuore: “Il vuoto è forma e la forma è vuoto”. Lasciamo andare ogni concetto e permaniamo nella sfera della pura consapevolezza. Nel momento immediatamente successivo alla morte, c’è una visione diretta. Non è come quando si medita e si ha una visione. Questa volta si vede ciò che è com’è realmente. La maggior parte delle volte, i concetti grossolani bloccano la nostra visione pura cosicchè la meditazione non penetra così a fondo come vorremmo. C’è sempre un senso di separazione, il dualismo fra un sé e qualsiasi altra cosa su cui si sta meditando. Ma nel bardo questo senso di separazione non ci sarà. Nel bardo possiamo godere della totale libertà dalle 80 emozioni. Non esistono impedimenti, vediamo tutto molto vividamente, chiaro come il cristallo, grazie alla percezione diretta. Se si pratica in vita, si sarà capaci di unificare la mente con questa chiarezza originaria, liberi dalla comune percezione di un sé separato.

Per esempio, se in vita si è stati capaci di focalizzare la meditazione per cinque minuti, si rimarrà nella chiara luce per cinque minuti. Se si è riusciti a rimanere concentrati in meditazione per una settimana, la permanenza nella chiara luce sarà altrettanto lunga. Questi periodi sono intesi in riferimento a un giorno di meditazione, cioè il periodo di tempo medio in cui si riesce a rimanere in meditazione. Se non si è coltivata alcuna equanimità meditativa in vita, probabilmente non si rimarrà nella chiara luce per più di un secondo o due prima che la fase successiva abbia inizio.

Negli insegnamenti Dzogchen si dice che la saggezza primordiale sorge fresca e nuda, senza alcuna copertura o protezione. Riconoscendola in qiesta fase, possiamo evitare qualsiasi ulteriore esperienza relativa al bardo. Questa è l’occasione migliore per ottenere l’illuminazione nel dharmakaya, ma se in qualche modo non siamo stati capaci di riconoscere questa apertura, si manifesterà un’ulteriore esperienza della luminosità primordiale.Da qui in poi diventerà progressivamente sempre più difficile. La nuda consapevolezza è libera dalle emozioni. Essa inizia aperta, fresca, pacifica, tranquilla e chiara, ma quando si ritorna progressivamente nel mondo duale, cominciano a manifestarsi sottili complessità. Le 80 emozioni che erano temporaneamente sparite iniziano a tornare.

Questi stadi della dissoluzione avvengono durante il processo della morte. Una persona ordinaria senza alcuna esperienza meditativa o

Page 6: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

conoscenza spirituale entrerà per un breve tempo in una condizione di ottundimento generale, dopo essere stata spaventata, irritata, agitata e così via. I praticanti del Dharma, anche se non totalmente realizzati, possono invece seguirne ogni fase. Il riconoscimento di questi segni permette loro di unificare il processo di dissoluzione con il sentiero. Se sono perfettamente consapevoli di tutto e possono mantenere questa consapevolezza, allora essi possono rimanere in uno stato costante di meditazione. In particolare,verso la fine del processo di dissoluzione, la mente diventa un poco più stabile. Dapprima questa stabilità è irregolare,ma gradualmente diventa continua. Attraverso il riconoscimento dei segni, la consapevolezza può essere facilmente mantenuta.

Quando i grandi praticanti muoiono, essi diventano illuminati, ma anche le persone ordinarie che stanno appena cominciando a comprendere questi processi possono fare grandi progressi verso la realizzazione. Se è presente una certa saggezza in relazione agli stadi della dissoluzione, la mente sarà più stabile e calma. Questa pacificazione permette di gestire la situazione abbastanza bene.

Il processo della dissoluzione può svolgersi in un giorno, sebbene soggettivamente esso appaia più lungo. Al morente esso può sembrare lungo mesi o settimane, sebbene duri in realtà solamente un'ora. Ciò che ho spiegato si applica al processo graduale della dissoluzione. Una morte accidentale o improvvisa non permette sempre la manifestazione dei segni esterni, interni e segreti. Perfino in caso di morte naturale, gli insegnamenti del bardo affermano che si può fare esperienza dei segni segreti molto velocemente, particolarmente dei segni finali riguardanti il disordine dei due elementi e le esperienze bianca, rossa e nera.

La via dell'adepto

I praticanti di alto livello non devono attraversare alcuno degli stadi del bardo. Quando muoiono, essi hanno già una buona comprensione della vera natura e sono consapevoli che qualsiasi cosa è parte della mente. Sebbene il loro corpo stia morendo, essi sono in realtà presenti nel dharmakaya. Per questi adepti, la morte è una liberazione dei vecchi legami abituali con il corpo. La loro consapevolezza completamente sviluppata del rigpa, o coscienza primordiale, è realizzata e la loro consapevolezza continua a manifestarsi su quella base. Il loro non è il modo normale in cui si

Page 7: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

muore. Essi hanno una uscita privata. Essi non attraversano tutti i cambiamenti come una persona normale deve fare.

E’ tradizione usare come esempio quello dello spazio racchiuso da un vaso. Quando il vaso è rotto, lo spazio interno e quello esterno si compenetrano senza restrizioni. Non accade altro tranne che questa naturale fusione dello spazio nello spazio. Questo è quello che accade a coloro che hanno compreso la vera natura: al momento in cui lasciano il corpo, essi si uniscono con il cuore del Buddha Samantabhadra nella grande realizzazione Dzogchen, libera dalle impurità della nascita e della morte. Questa è la grande illuminazione. Per questi esseri sublimi, la morte non è un momento di tristezza e disperazione, ma di felicità suprema.

Alla morte, i più grandi adepti Dzogchen manifestano quelli che sono conosciuti come i quattro segni supremi della realizzazione, che indicano il raggiungimento dell’illuminazione. Nel momento in cui gli yogi e le yogini più realizzati lasciano il corpo, si dissolvono nella saggezza trascendentale e manifestano il corpo arcobaleno. La loro consapevolezza si fonde con il dharmakaya e i loro elementi corporei si trasformano nell’energia della saggezza trascendentale, simile alla sostanza dell’arcobaleno. Ciò è conosciuto anche anche come corpo della saggezza trascendentale.

Altri lasciano il corpo in un lampo di luce o in un mucchio di fiamme. A volte la luce è bianca, a volte blu o verde. Occasionalmente si manifesta una luce multicolore bianca, gialla, rossa, blu e verde. Queste luci rimangono per un po’ e poi svaniscono. Le fiamme sono visibili dai presenti, ma quando la combustione termina, non rimane alcuna traccia del corpo, né delle ossa, né un po’ di cenere: semplicemente tutto si è dissolto. Questi sono segni sicuri di illuminazione. Questi praticanti si sono risvegliati alla loro vera natura e ottengono la piena realizzazione nel momento in cui lasciano il corpo. Si uniscono con la luminosità della vera natura nel sambhogakaya.

La terza categoria di praticanti realizzati ottengono la Buddhità nel nirmanakaya. Nel momento in cui lasciano il corpo si uniscono anch’essi alla luminosità della vera natura. Esternamente si possono vedere luce, acqua o altri elementi dissolversi nel nirmanakaya. Questo è la modalità più elevata per morire. Per esempio, quando il maestro dzogchen Garab Dorje morì, egli fu immediatamente trasformato in luce. Il suo più importante

Page 8: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

discepolo, Manjushrimitra, rimpiangendolo con affetto, vide la mano destra del maestro fuoriuscire da una sfera di luce nel cielo e lasciar cadere una botticella contenente le “Tre Parole Che Colpiscono L’Essenza”. Questo era il testamento finale Dzogchen di Garab Dorje, trasmesso a Maniushrimitra prima di scomparire. Un esempio del terzo modo straordinario di morire.

Il quarto tipo di morte è conosciuto come la via delle trasformazioni delle dakini. Non appena la consapevolezza si distacca dal corpo, questo scompare. Solo i capelli e le unghie rimangono, tutto il resto si dissolve. Nel caso di alcuni grandi maestri, il corpo inizia a restringersi dopo la morte e nel giro di una settimana scompare, a parte le unghie ed i capelli. Tutti questi fenomeni sono associati alla realizzazione del corpo arcobaleno.

Molti maestri Dzogchen, sia in India che in Tibet, ottengono l’illuminazione meditando sulle istruzioni dello spazio (longde), e realizzano il corpo arcobaleno. Ai tempi di Padmasambhava, gli 84 Mahasiddha manifestarono il corpo arcobaleno alla loro morte. Per sette generazioni, i praticanti del lineage di Vairocana raggiunsero questa realizzazione, così come Shri Singha e Manjushrimitra. Anche recentemente si sono avute notizie dall’India di simili avvenimenti.

Secondo gli insegnamenti del Buddha la manifestazione del corpo arcobaleno indica la realizzazione dell’illuminazione. Questo è il modo in cui muoiono i grandi adepti della tradizione Dzogchen, dove il corpo arcobaleno è un fenomeno ben conosciuto. E’ un segno che indica che dopo la realizzazione della Buddhità non si scompare solamente nello spazio, ma si inizia ad agire spontaneamente per il bene di tutti gli esseri senzienti.

Coloro che non ottengono il corpo arcobaleno, ma sono lo stesso praticanti avanzati, non hanno esitazioni al momento della morte. Avendo superato il dubbio e la paura, non si fanno problemi della morte. Essi semplicemente muoiono e raggiungono l’illuminazione. Questi esseri coraggiosi lasciano andare tutto come bambini. Non hanno rimpianti, non sono preoccupati o tristi. Senza alcun piano o aspettativa, non hanno alcun pensiero di attaccamento o avversione, e non hanno paura. Avendo superato la distinzione fra la vita e la morte, non hanno attaccamento per il rimanere e non temono la morte. Essi trovano un posto nella natura, sia sulle alte montagne vicino ai ghiacci, oppure nelle verdi vallate, e muoiono

Page 9: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

come leoni senza paura. Sebbene appaia come se stessero sperimentando la morte, in realtà stanno compiendo il balzo dai fenomeni samsarici all’illuminazione. Ecco perché Guru Padmasambhava ed altri maestri hanno insegnato che questi praticanti in realtà non muoiono, ma sono perfettamente liberati nel pieno risveglio. Questo modo di morire è tipico dei praticanti più avanzati. Coloro che hanno sviluppato la presenza spirituale e l’equanimità consapevole non sperimentano alcun bardo dopo la morte.

La maggior parte dei praticanti Mahamudra e Dzogchen lasciano il corpo attraverso il canale centrale. Ciò indica che hanno raggiunto un certo controllo della mente, per cui possono scegliere la direzione e la destinazione della loro prossima rinascita. Coloro che hanno la capacità di fondersi con la chiara luce possono rimanere in una postura meditativa. Alcuni piegano la testa avanti, ma la maggior parte non fa neanche questo e rimane in meditazione da tre giorni ad una settimana. Questo è un segno che si sono uniti alla luminosità primordiale.

In Tibet è abbastanza comune per un praticante morire in una postura meditativa. Essi siedono esattamente nello stesso modo in cui hanno praticato in vita, entrando in risonanza con lo stato meditativo. Uniscono completamente la loro consapevolezza con la vera natura, mentre esternamente mantengono la postura vajrasana. Quando il vento della saggezza costringe la coscienza ad uscire attraverso il canale centrale, la testa cade in avanti e spesso si vede uscire uscire un po’ di sangue dalla narice sinistra. Inoltre un liquido chiaro o biancastro, misto a sangue, può fuoriuscire dalle vie urinarie. Questo è un segno dell’uscita della coscienza grazie al vento della saggezza. E’ molto importante non disturbare il defunto in questi momenti, bisogna rimanere tranquilli senza toccarlo, per non distrarlo.

Quando arrivai per la prima volta a Darjeeling negli anni ’60, un lama morì in ospedale. Egli mantenne la postura meditativa dopo la morte. Alcuni indiani presenti pensarono che fosse ancora vivo e provarono a rianimarlo. Altri invece capirono che era morto meditando e consigliarono di lasciarlo tranquillo. Dopo un po’ la testa si piegò in avanti e così fu chiaro che il lama era morto. Quando chiedemmo chi fosse, ci fu detto che il lama non era un maestro, ma un normale praticante Nyingma-Kagyu che apparentemente aveva raggiunto una buona realizzazione.

Page 10: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

Morire nella chiarezza e nella pura consapevolezza, liberi da qualsiasi complicazione esterna, è anche uno dei temi favoriti dei maestri per i loro insegnamenti. Milarepa disse che sarebbe stato molto felice di morire da solo in una caverna, senza nessuno intorno a chiedergli “Come stai?”. Egli canta coraggiosamente:” Lasciatemi morire qui senza che nessuno si lamenti o veda il mio cadavere”.

Ai nostri tempi, il quindicesimo giorno dell’undicesimo mese del calendario tibetano S.S. Dilgo Rinpoche disse: “Ora ho completato tutto”. Egli disse questo alla moglie e a chi gli era più vicino. Normalmente avrebbe svolto le sue pratiche regolari, le meditazioni e le preghiere che la gente gli chiedeva, ma quel giorno invece disse: “Ho portato tutto a termine, qualsiasi preghiera che mi è stata chiesta. Adesso me ne vado. Per favore non mancate di fare attenzione in futuro. Il Karma è molto sottile ed insidioso. Qualcosa a cui non diamo troppa importanza potrebbe invece avere delle conseguenze serie, così state molto attenti ai processi karmici. Ogni praticante, anche quelli che hanno ottenuto le più alte realizzazioni, dovrebbe fare attenzione a questo. Io ho fatto la mia parte”. Avendo udito questo, molti dei presenti non lo presero sul serio, pensando che avesse fatto una normale affermazione, ma presto Dilgo Rinpoche si ammalò e morì. Questo è il modo di agire dei grandi.

L’offerta del mandala

In Tibet, molti praticanti possiedono ben poche cose. Altri invece hanno denaro, proprietà e familiari verso i qual possono sviluppare attaccamento. Non bisogna indugiare negli attaccamenti o essere dipendenti dall’ io, dalla rabbia o dalla paura. Bisogna cercare di evitare queste attitudini e generare coraggio e gioia offrendo mentalmente un mandala al Buddha, a Guru Padmasambhava e soprattutto a Buddha Amitabha.

Qui in occidente è consuetudine fare testamento. Se questo viene fatto nello spirito di bodhicitta, può essere d’aiuto a prepararsi ad abbandonare gli attaccamenti. Quando si capisce che il proprio momento è giunto, si considerano tutte le cose che si stanno lasciando alle spalle, si raccolgono mentalmente e se ne fa un meraviglioso mandala da offrire a Buddha Amitabha.

Page 11: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

Abbandonando tutto senza eccezione negli ultimi momenti, il merito della propria generosità ci accompagnerà.

Se conosciamo la preghiera dell’offerta del mandala, recitiamola mentre offriamo tutto quello che abbiamo dicendo “Offro il mio corpo, la mia parola e le mie ricchezze, tutto ciò che possiedo e qualsiasi altra cosa a Buddha Amitabha. Buddha Amitabha, ti prego accetta queste offerte e conducimi all’illuminazione lungo il sentiero del bodhisattva, cosicchè io possa esere di beneficio per tutti gli esseri senzienti. Possa io comprendere pienamente questo percorso ed entrare nel dharmakaya. Ti prego aiutami e supportami durante questi cambiamenti”. Coltiviamo questi pensieri e meditiamo offrendo tutto ad Amitabha. Una volta fatto questo, non si dovrebbe più provare rimpianto o attaccamento per alcuna cosa o persona, perché una volta offerte al Buddha le abbiamo abbandonate!

In Tibet si fanno le offerte delle torma. Una volta offerte, non ci si preoccupa più del loro destino o di chi le prenderà, non è più affar nostro. Bisogna cercare di morire in pace e felicità, con questa disposizione d’animo distaccata e senza alcun senso di aver lasciato qualcosa di incompiuto. Sentiamo che tutto è stato completato. Facendo sinceramente queste offerte, si supererà la paura e ci si potrà preparare gioiosamente ad affrontare il processo della morte.

Se non si è sviluppata la visualizzazione del mandala, concentriamoci su Buddha Amitabha o Guru Padmasambhava. Percepiamo la loro presenza e affrontiamo questa grande transizione.

Nel testo radice, Guru Padmasambhava ha scritto:

Rimango nella sfera delle chiare istruzioniquando il bardo del momento della morte si sta avvicinando,

abbandonando ogni desiderio ed attaccamento

Questo è il momento per ricordare le istruzioni essenziali del proprio guru, l’essenza del cuore della pratica, riportando alla memoria i punti chiave.

Ci sono due stadi principali nel Vajrayana: lo stadio di creazione e lo stadio di completamento. Le pratiche dello stadio di creazione consistono nel vedere ogni forma dell’universo come il corpo dei buddha, ascoltare tutti i suoni come la parola dei buddha, e

Page 12: SHI TRO parte IV - Il bardo del momento della morte - II° parte

percepire ogni livello di consapevolezza e persino lo spazio stesso come la mente dei buddha. Questo serve a stabilizzare la comprensione di essere già illuminati, trattandosi semplicemente di permanere continuamente in questa consapevolezza e riconoscere chiaramente ogni cosa nella sfera della cognizione priva di difetti. Poiché ciò non è attuato tramite le attività relative di adottare ed abbandonare, lo pratica dello stadio di completamento è conosciuta come “oltre l’andare e il venire”.

Se per qualche motivo non si è capaci di mantenere questa comprensione, allora meditiamo semplicemente visualizzando i buddha nello spazio davanti a noi, o visualizzando noi stessi come il Buddha, rilassandoci nelll’inconcepibile spazio del reale e rimanendo lì, pieni di amore e compassione, calmi e pacifici. Questo è un altro modo praticare lo stadio di completamento.

fine della IV° partecontinua con phowa, segni sottili e riassunto del bardo del momento

della morte