Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

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Lino Rossi Lorena Lanzoni Sguardi sulle scienze umane 1 2 4 5 3 i d i l u d o M Pedagogia

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Pedagogia Generale

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Lino RossiLorena Lanzoni

Sguardi sulle

scienze umane

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Lino RossiLorena Lanzoni

Sguardi sullescienze umane

Moduli di pedagogia

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Prima edizione: aprile 2013

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III

Presentazione

L’insegnamento delle scienze umane nelle classi quinte, in linea con le indicazioni ministeriali, prevede un approfondi-mento sulla contemporaneità, per fornire agli studenti un corredo culturale in grado di guidarli nella comprensione diuna realtà sempre più complessa e multiforme.Il libro si orienta pertanto su moduli articolati, privilegiando una trattazione interdisciplinare e multidisciplinaredegli argomenti, senza perdere di vista gli obiettivi specifici, rispettosi dell’autonomia metodologica di ogni ambitodisciplinare. Ogni modulo rappresenta un nucleo monotematico autonomo, prestandosi ad una modalità di riflessionecomplessa, che implica ad un tempo la conoscenza dei principali concetti esposti e la comprensione dei legami che liconnettono, in modo logico e funzionale.Uno degli aspetti che qualifica in modo ancora più marcato il testo per la quinta classe è il confronto con gli autorie con la critica, già iniziato nei volumi per il secondo biennio, e che qui viene utilizzato come strumento principaleper veicolare i contenuti teorici. Il corredo di testi antologici è particolarmente ricco per quanto riguarda lo studiodelle teorie pedagogiche, affiancato da una scelta di pagine dei maggiori critici, italiani e stranieri, che hanno fornitointerpretazioni originali sul pensiero dei classici proposti.Per quanto riguarda l’antropologia, la sociologia e i moduli pedagogici dedicati ai nuclei problematici, la trattazionedegli argomenti è stata svolta tenendo conto degli esiti della ricerca più avanzata ed aggiornata, anche in questo casocercando d’introdurre la viva voce degli studiosi, sotto forma di letture, approfondimenti tematici e documentilegislativi.Il lavoro didattico della quinta classe deve avere anche un collegamento diretto con la preparazione all’esame distato, pertanto il libro propone una struttura tale da condurre l’allievo ad affrontare la prova scritta e il colloquio oraleseguendo due sentieri complementari: il primo è insito nell’organizzazione dei moduli, laddove gli argomenti vengonoaffrontati in modo interdisciplinare e complesso, ma con un riferimento puntuale alle teorie maggiormente accreditatedalla ricerca contemporanea; il secondo riguarda invece l’apparato didattico, predisposto in modo tale da prepararegradualmente lo studente ad attivare gli strumenti di lavoro che lo renderanno capace di realizzare i saggi richiesti dallaprova scritta e di elaborare un percorso autonomo di ricerca, che trova spazio nella cosiddetta tesina.Un piano graduato di verifica degli apprendimenti, inserito in modo organico al termine di ogni unità e di ognimodulo, costituisce infatti una serie di tappe di avvicinamento agli obiettivi formativi generali, per sollecitare in modocostante la formazione di un pensiero critico ed autonomo, guidando la conquista di un “sguardo competente” suiproblemi della contemporaneità.

In continuità con i volumi per il secondo biennio, a fianco di ogni esercizio è indicato il relativo livello di difficoltà:livello baselivello mediolivello avanzato

Gli autori

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IV

Sguardi sulle scienze umane

A1 La nascita della psicopedagogia................ 4

1.1 Alfred Binet e lo studio dei “deboli mentali”...... 4LETTURA - A. Binet, Educare l’intelligenza ............ 5

1.2 Edouard Claparède e la psicopedagogia............. 8APPROFONDIMENTO - L’Istituto Jean-JacquesRousseau di Ginevra........................................... 8

1.3 Psicologia e educazione funzionale .................. 101.4 Intelligenza, gioco, educazione......................... 121.5 Ovide Decroly: la funzione di globalizzazione ... 13

LETTURA - O. Decroly, Il metodo “globale” ......... 141.6 Maria Montessori:

la prima donna medico in Italia ........................ 161.7 Antropologia e metodi di studio dell’infanzia ... 17

LA VOCE DELLA CRITICA - M. Quaranta,Libertà del bambino e nuovi metodid’insegnamento ............................................... 19

1.8 La “casa dei bambini” e l’ambienteeducativo ......................................................... 21

1.9 Libertà e individualità nell’apprendimento ........ 231.10 Dall’educazione sensoriale allo sviluppo

intellettivo e morale ......................................... 24LETTURA - R. Andreolo,Il materiale montessoriano ............................... 27

1.11 La psicologia del bambino e l’incontrocon la psicoanalisi ............................................ 29

1.12 La scuola di Mompiano e l’esperienzaeducativa di Rosa e Carolina Agazzi ................. 31

1.13 La didattica agazziana e il museodelle cianfrusaglie ........................................... 32APPROFONDIMENTO - La storia della scuola“materna” nazionale: il confronto Agazzi-Montessori ....................................................... 34

Antologia di scrittiClaparède, Psicologia del fanciulloe pedagogia sperimentale. I metodi (1905)............... 36

1. I metodi ....................................................... 362. Perché si misura? ......................................... 37

Claparède, La scuola su misura (1920) ...................... 383. L’intervento sulle capacità individuali ............ 38

Claparède, L’educazione funzionale (1931) ............... 404. Il ruolo della psicologia nella scuola attiva .... 415. Una concezione funzionale dell’educazione ... 42

Claparède, La genesi dell’ipotesi (1933) .................... 44

MODULO ALa pedagogia del ‘900e le scuole attive

6. L’atto intelligente. Conclusionidi una ricerca sperimentale............................... 44

Montessori, Antropologia pedagogica (1910) ........... 467. Il significato della pedagogia scientifica........ 468. Il metodo antropologico e la scuola ............. 47

Montessori, Il segreto dell’infanzia (1938)................. 499. La psicoanalisi e lo studio del bambino ........ 49

Montessori, La formazione dell’uomo (1949) ............ 5110. Il concetto di mente assorbente ................. 52

Montessori, La scoperta del bambino (1950) ............ 5311. La casa dei bambini.................................... 53

Montessori, La mente del bambino (1952)................ 5612. Il controllo dell’errore ................................. 56

A2 John Dewey e l’attivismo americano......... 62

2.1 John Dewey filosofo e pedagogista .................. 62LA VOCE DELLA CRITICA - A. Granese,Il giovane Dewey e la nascita degliinteressi politici e sociali ................................... 63

2.2 L’eredità del pragmatismo ................................ 642.3 Dall’esperienza alla logica come

strumento d’indagine....................................... 66LETTURA - W. James, La volontà di credere ........ 68

2.4 Pensiero, interesse e riflessività ......................... 70LA VOCE DELLA CRITICA - N. Filograsso,Fonti e fattori della conoscenza........................ 72

2.5 Esperienza, transazionalitàe significato dell’educazione............................. 73

2.6 Il rapporto tra educazione e democrazia .......... 74LA VOCE DELLA CRITICA - L. Borghi,L’autogoverno nella scuola ............................... 77

2.7 Arte e scienza nell’educazione ......................... 782.8 L’organizzazione della scuola attiva

e il “metodo dei problemi” .............................. 79LA VOCE DELLA CRITICA - A. Visalberghi, Il metodo ...81

2.9 La scuola di Chicago ........................................ 822.10 Il metodo dei progetti ...................................... 84

APPROFONDIMENTO - Kilpatrick ele tipologie di progetto..................................... 85

2.11 L’esperienza di Winnetka.................................. 862.12 Il piano Dalton ................................................. 88

APPROFONDIMENTO - Dewey in Italia.................... 89

Antologia di scrittiDewey, Il mio credo pedagogico (1897) .................... 92

1. Cos’è l’educazione ....................................... 922. Cos’è la scuola............................................. 93

Dewey, Scuola e società (1899)................................. 94

Indice

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V

> Indice

3. Istinti e interessi ........................................... 94Dewey, Come pensiamo (1910) ................................ 97

4. Le funzioni dell’attività riflessiva ................... 97Dewey, Democrazia e educazione (1917)................ 100

5. Il valore dell’immaturità.............................. 1006. L’ideale democratico nell’educazione.......... 1017. Riflessione e passione................................. 102

Dewey, Esperienza e educazione (1938).................. 1038. Il valore educativo dell’esperienza .............. 103

Kilpatrick, I fondamenti del metodo (1925)............. 1059. Il metodo dei progetti ................................ 105

A3 L’attivismo europeo.................................110

3.1 Il movimento attivistico in Europa................... 1103.2 Célestin Freinet e la tradizione

delle scuole attive........................................... 1113.3 La scuola del fare ........................................... 1123.4 Le tecniche pedagogiche della

scuola di Freinet ............................................ 114LA VOCE DELLA CRITICA - C. Cuscino e L. Stefanelli,Le tecniche Freinet e la pedagogia popolare... 115

3.5 La cooperazione educativa ............................. 116APPROFONDIMENTO - R. Cousinete il lavoro di gruppo....................................... 117

3.6 Attivismo e collettivismo: l’esperienza di AntonSemenovyc Makarenko .................................. 119LETTURA - A. S. Makarenko, Il funzionamentodel collettivo. Un “caso pratico” ..................... 121

3.7 Sviluppo del bambino e metodo genetico:Henri Wallon .................................................. 122LA VOCE DELLA CRITICA - E. Becchi,Il senso critico e l’impegno sociale.................. 125

3.8 Robert Baden-Powell e lo scoutismo............... 127APPROFONDIMENTO - Lo scoutismo nel mondo:l’universalità del messaggio di Baden-Powell .... 128

3.9 L’esperienza dell’attivismo in Italia .................. 129LETTURA - E. Codignola, La Scuola-CittàPestalozzi di Firenze ....................................... 132

3.10 Il Movimento di cooperazione educativa:Giuseppe Tamagnini e Mario Lodi .................. 133LA VOCE DELLA CRITICA - A. Santoni Rugiu,Metodi attivi e stages formativi ...................... 135

3.11 Raffaele Laporta e il concettodi comunità scolastica .................................... 136LETTURA - R. Laporta, Le caratteristiche e leattitudini professionali degli insegnanti .......... 138

3.12 L’esperienza educativa di Bruno Ciari.............. 140LA VOCE DELLA CRITICA - A. Santoni Rugiu,Ricordo di Bruno Ciari .................................... 142

3.13 Lucio Lombardo Radice e la difesa della scuolapubblica ......................................................... 144

LETTURA - L. Lombardo Radice,I valori comuni e la capacità di scelta.............. 146

3.14 La gestione sociale e la partecipazione attiva:Loris Malaguzzi e le scuole comunalidell’infanzia.................................................... 148

3.15 L’occhio se salta il muro della banalità:l’esperienza pedagogica di Loris Malaguzzi ... 150APPROFONDIMENTO - L’atelier e “l’uccellino ingabbia”: una proposta didattica..................... 152

Antologia di scrittiFreinet, La pedagogia Freinet (1963)....................... 154

1. L’utilizzo e la diffusione delle Tecniche........ 154Freinet, Insegnare il lavoro (1962) ........................... 156

2. L’educazione al lavoro ................................ 156Freinet, La scuola del fare (1967) ............................ 158

3. I fondamenti del nuovo lavoro ................... 158

B1 La pedagogia italiana dalla crisidel positivismo all’educazione fascista ...174

1.1 La crisi del positivismo:pragmatismo e spiritualismo........................... 174LETTURA - G. Prezzolini, La Società degli Apoti .....176

1.2 Le “preoccupazioni di civiltà” di Piero Gobetti ....1771.3 Gli sviluppi della scuola italiana

dalla legge Casati alla legge Coppino............. 1781.4 La scuola nell’età giolittiana ........................... 180

APPROFONDIMENTO - La condizione magistralein Italia: il caso di Italia Donati........................ 182

1.5 Giovanni Gentile: il filosofodel “risveglio” spiritualista.............................. 184LETTURA - I manifesti degli intellettuali divisi ..... 187LA VOCE DELLA CRITICA - G. Sasso,Giovanni Gentile e la filosofia dell’atto .......... 190

1.6 La pedagogia come scienza filosofica ............. 1911.7 L’interazione fra educatore ed educando........ 1921.8 Il significato del processo educativo................ 194

LA VOCE DELLA CRITICA - H. A. Cavallera, Eticadel sapere e didattica in Giovanni Gentile ...... 195

1.9 La riforma della scuola ................................... 1971.10 Intervento dello Stato e fascistizzazione

delle masse giovanili....................................... 200APPROFONDIMENTO - Il fascismo ela cultura di massa ......................................... 202

MODULO BLe correnti filosofichee umanistiche

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Sguardi sulle scienze umane

Gonella alla scuola media unica ..................... 2442.8 Il dissenso cattolico e l’impegno

per una nuova società.................................... 246LA VOCE DELLA CRITICA - D. Bettenzoli,L’utopia di Nomadelfia ................................... 249

2.9 L’antiautoritarismo di Don Milani:Lettera a una professoressa ............................ 251LA VOCE DELLA CRITICA - M. Robazza,Le linee guida della pedagogiadi Don Lorenzo Milani .................................... 252

2.10 Il movimento di Don Luigi Giussani ................ 254LA VOCE DELLA CRITICA - E. Bianchi,Ernesto Balducci uomo e cristiano .................. 255

Antologia di scrittiGramsci, Odio gli indifferenti (1917) ....................... 257

1. I privilegi della scuola privata...................... 257Gramsci, Il problema della scuola (1919)................. 258

2. Il problema della scuola ............................. 258Gramsci, Quaderni dal carcere (1929-1935)............ 260

3. Il lavoro come principio educativo ............. 260

B3 Il personalismo el’umanesimo cattolico .............................266

3.1 Emmanuel Mounier e la nascitadel personalismo comunitario......................... 266

3.2 La dialettica tra individuoe persona, tra persona e società..................... 267LETTURA - E. Mounier, Incarnazionee impegno. Persona e individuo ..................... 268

3.3 L’impegno politico eculturale di Jacques Maritain .......................... 269LA VOCE DELLA CRITICA - G. Campanini,I fini della politica e l’amicizia in Maritain ....... 270

3.4 Umanesimo integrale e filosofiadell’educazione .............................................. 271LA VOCE DELLA CRITICA - F. Ferrarotti,Il metodo dell’umanesimo integrale ............... 272

3.5 Pedagogia, scienzedell’educazione e didattica ............................. 274

3.6 Il personalismo pedagogico italiano:Luigi Stefanini e Giuseppe Flores D’Arcais ...... 275LETTURA - L. Stefanini, Teoria della persona ...... 276LA VOCE DELLA CRITICA - M. Mencarelli,I caratteri dell’attivismo personalista............... 278

3.7 La ripresa del dibattito epistemologicosui fondamenti filosofici della pedagogia........ 279LETTURA - S. De Giacinto, Fatti e messaggieducativi nella società contemporanea ........... 280

3.8 Pedagogia e lotta per i diritti degli “ultimi”:il metodo di Paulo Freire................................. 282

1.11 L’altra voce dell’idealismo italiano:Giuseppe Lombardo-Radice ........................... 204LETTURA - G. Lombardo Radice,Lezione dialogica o espositiva? ....................... 206

1.12 La riflessione sulla didatticae il recupero dell’attivismo.............................. 207APPROFONDIMENTO - Gli sviluppi della scuolafascista: dalla Carta della scuola di Bottaialla Repubblica di Salò. .................................. 209

Antologia di scrittiGentile, Sommario di pedagogia come

scienza filosofica (1913-14) ............................ 2111. L’educazione come sintesi a priori .............. 2112. L’atto educativo: il superamento della dualità ...212

Lombardo Radice, Circolare di accompagnamentodei nuovi programmi della scuolaelementare (1923).......................................... 2143. I nuovi programmi...................................... 214

Lombardo Radice, Pedagogiadi apostoli e di operai (1936) ......................... 2164. Gli scugnizzi............................................... 216

B2 Scuola libera, scuola di tutti: il lungocammino degli ideali democratici...........222

2.1 La scuola degli oppositori:la riflessione di Giacomo Matteotti................. 222LETTURA - G. Matteotti, Scuole......................... 223

2.2 Antonio Gramsci: i presuppostipolitici dell’azione educativa........................... 225

2.3 Egemonia e pedagogia................................... 226LA VOCE DELLA CRITICA - M. A. Manacorda,La prospettiva “concreta” dellaformazione umana ......................................... 229

2.4 Un’idea di scuola “unica”e la didattica attiva......................................... 231LA VOCE DELLA CRITICA - D. Ragazzini, Attualitàdella riflessione educativa di Gramsci ............. 232APPROFONDIMENTO - La pedagogianell’antifascismo e nella Resistenza ................ 234

2.5 Il problematicismo di Ugo Spirito.................... 2362.6 Dal problematicismo

all’umanesimo critico ..................................... 237LETTURA - G. M. Bertin, La relazioneeducatore-educando ...................................... 239

2.7 Il mondo cattolico e l’impegnonella scuola nel dopoguerra ........................... 241LA VOCE DELLA CRITICA - G. Chiosso,I problemi della scuola e la politicadi Alcide De Gasperi....................................... 242APPROFONDIMENTO - Dal progetto di riforma

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VII

> Indice

LA VOCE DELLA CRITICA - E. M. Fiori, Il valoredella parola nel metodo di Paulo Freire .......... 284

3.9 I descolarizzatori el’anti-pedagogia di Ivan Illich.......................... 285LA VOCE DELLA CRITICA - A. Monasta,Cosa non va nella scuola. Rispostaa Lucio Lombardo Radice ............................... 287

Antologia di scrittiMounier, Rivoluzione personalista

e comunitaria (1935)...................................... 2891. Dimensioni della persona ........................... 289

Maritain, L’educazione al bivio (1943) ..................... 2902. I fattori dinamici......................................... 2913. La liberazione della personalità ................. 293

Maritain, La persona e il bene comune (1947) ........ 2944. Personalità e amore.................................... 294

Freire, La pedagogia degli oppressi (1971) .............. 2965. Liberazione nella comunione...................... 296

Illich, Descolarizzare la società (1971) ..................... 2986. La liberazione dell’istruzione ...................... 299

C1 Il riconoscimentodei diritti dei bambini.............................314

1.1 I diritti dei bambini: una storia complessa....... 314LETTURA - C. Anderson,Parole nere e potere nero............................... 315

1.2 La Convenzione del 1989............................... 317DOCUMENTI - La carta dei dirittiuniversali dell’infanzia .................................... 318

1.3 Il problema del lavoro minorile ....................... 3211.4 Lo sfruttamento sessuale dei minori ............... 323

DOCUMENTI - La normativa sullosfruttamento dei minori ................................... 324

1.5 I diritti dei bambini e il sistema di cura ........... 327DOCUMENTI - La Carta di Modenasull’esercizio concreto deidiritti dei bambini (8 giugno 2012) .......................328

1.6 L’istruzione e l’educazione.............................. 330LETTURA - M. Scarpati,L’adozione internazionale ............................... 332

1.7 L’Europa e il sistema scolastico italiano .......... 334DOCUMENTI - La versione consolidatadel trattato dell’Unione Europea ...........................336

MODULO CDiritti dell’infanziae cultura educativa

C2 Diritti, cittadinanza e legalità...................340

2.1 Perché insegnare i diritti umani ...................... 340DOCUMENTI - La Dichiarazioneuniversale dei diritti umani ............................. 340

2.2 Il diritto alla cultura ........................................ 345DOCUMENTI - La Convenzione OIL n. 169relativa ai popoli indigeni e tribali (1989)........ 345

2.3 Nuove forme di diritti:ambiente, salute, acqua ................................. 347LETTURA - A. Salza, Lo slum.............................. 349

2.4 La cittadinanza e l’educazionealla convivenza civile ...................................... 350LETTURA - L. Zanfrini, Cittadinanzenella società globale....................................... 352

2.5 La Costituzione come strumento perun’educazione alla cittadinanza .................... 353LETTURA - G. C. Caselli, Gli obiettividella Costituzione........................................... 354

2.6 Le “key competences” ................................... 356LETTURA - M. Santerini, Il ruolodella scuola per una educazionealla cittadinanza ............................................. 357

2.7 L’educazione alla legalità ................................ 359DOCUMENTI - Educazione alla legalità:la Circolare Ministeriale25 ottobre 1993, n. 302 ................................ 360

C3 Educazione degli adulti, lifelongeducation, lifelong learning ....................365

3.1 L’educazione degli adulti ................................ 365LETTURA - Associazione TreEllle,Educazione degli adulti e politichedi cooperazione in Europa.............................. 366

3.2 Educazione permanente e lifelong learning:aspetti critici................................................... 368

3.3 I progetti di educazionepermanente in Europa ................................... 370

3.4 Ripensare l’istruzione: un nuovoimpegno della Comunità Europea .................. 371

3.5 Educazione permanentee processo d’integrazione............................... 373DOCUMENTI - La normativa europeain tema di apprendimento permanente .......... 374

3.6 L’educazione non formale: UniversitàPopolari e Università della terza età................ 376DOCUMENTI - Lo Statuto dellaConfederazione Nazionale delleUniversità Popolari Italiane ............................. 378

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VIII

Sguardi sulle scienze umane

2.6 Ambienti educativi e tecnologiciper l’educazione speciale................................ 426LETTURA - A. M. Battro - P. J. Denham,Disabilità, tecnologie e nuovedisabilità tecnologiche.................................... 428

D3 Educazione e tecnologiedell’istruzione .........................................434

3.1 Mass media, nuovi mediae cyber-comunicazione................................... 434

3.2 Intelligenze digitali ......................................... 435LETTURA - A. M. Battro - P. J. Denham,La scelta-clic ................................................... 438

3.3 Comunicare con i “nativi digitali”:reale e virtuale ............................................... 439LETTURA - K. W. Richmond, I limitidell’uso del computer nell’educazione............ 441

3.4 Tecnologie dell’istruzione e pedagogia ........... 442LETTURA - P. Chighine, Il knowledgemanagement e il mobile learning ................... 443

3.5 Tecnologie e funzioni dell’insegnante ............. 445LETTURA - B. Vertecchi, Canali comunicativie apprendimento ........................................... 447

3.6 Comunicazione mass-mediale: problematichedidattiche....................................................... 449LETTURA - A. Anichini, La scuola e i media....... 450LETTURA - P. Ferri, I problemi delle tecnologiedigitali nelle scuole italiane............................. 452

3.7 Insegnamento/apprendimentoe nuove tecnologie del comunicare ................ 453LETTURA - M. Prensky, L’interazione tramente e tecnologia: la saggezza digitale ........ 454

Indice degli autori .........................................468

Indice dei materiali interdisciplinari .............469

D1 Educazione alla multiculturalità ..............388

1.1 Interculturalità, transculturalità,multiculturalità ............................................... 388

1.2 Nomadismi contemporaneie società globale ............................................ 389LETTURA - M. Callari Galli, Processi migratori:ambiguità e prospettive.................................. 391

1.3 Flussi migratori e integrazione........................ 393LETTURA - L. Ciotti, Un emigrante a scuola ...... 394

1.4 Cultura dell’accoglienza e convivialità............. 3951.5 L’educazione interculturale e la scuola............ 396

DOCUMENTI - La Dichiarazione di Maastrichtsull’educazione interculturale ................................398

1.6 Le caratteristiche dell’educazioneinterculturale.................................................. 400APPROFONDIMENTO - Esperienze dipedagogia interculturale nellapratica scolastica ............................................ 402

1.7 Un curricolo di educazione interculturale........ 404LETTURA - E. Damiano, Un curricolo mirato...... 405

D2 Educazione inclusiva,differenze e disabilità .............................410

2.1 Cultura dell’integrazionee politiche inclusive ........................................ 410LETTURA - E. Balibar, Riflessionisull’esclusione e l’inclusione ........................... 412

2.2 L’educazione inclusiva .................................... 4132.3 Progetti educativi nei confronti

dei bambini stranieri, Sinti e Rom................... 414DOCUMENTI - Il Rapporto Nazionale 2008sullo sviluppo dell’Educazione CIE-UNESCO –Ginevra 25-28 Novembre 2008 ............................416

2.4 Dalla pedagogia differenzialeall’integrazione: disabilità e diversa abilità ...... 419LETTURA - C. Imprudente,Esperienza di scuola ....................................... 420

2.5 Ambienti educativi per il bambinodiversamente abile ......................................... 422LETTURA - W. Fornasa, Educazione inclusiva eapprendimento .............................................. 423LETTURA - M. Leonardi, I nuovi criteri diclassificazione dell’OMS ................................. 425

MODULO DEducazione allamulticulturalità

Rossi, Lanzoni SGUARDI SULLE SCIENZE UMANE - Moduli di Pedagogia © CLITT 2012 Volume per il quinto anno

Page 10: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

Non insegnate ai bambini

non insegnate la vostra morale

è così stanca e malata

potrebbe far male,

forse una grave imprudenza

è lasciarli in balia di una falsa coscienza.

Non insegnate ai bambini

ma coltivate voi stessi il cuore e la mente

stategli sempre vicini

date fiducia all’amore il resto è niente.

Giorgio Gaber, Non insegnate ai bambini

Moduli dipedagogia

1Rossi, Lanzoni SGUARDI SULLE SCIENZE UMANE - Moduli di Pedagogia © CLITT 2012 Volume per il quinto anno

Page 11: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

«La pedagogia è comprensibile, nella sua strutturaepistemica, come un’intuizione poetica che si esprimeanche razionalmente, ma non soltanto razionalmente.[…] È una forma di poesia intelligente, anche perchéogni poesia è intelligente. […] Quando Dewey proponel’esperienza all’interno della democrazia come teoriaeducativa non propone un discorso anche poetico?Quando Makarenko e più ancora Tolstoj, mette in luce gliaspetti comunitari dell’educazione non lancia un’intuizioneche poi altri elaborano? Dove Don Milani ha elaborato lasua pedagogia se non come forza poetica?»

S. De Giacinto, Pedagogia come poesia, 1993

La pedagogia del‘900 e le scuole attive

A

OBIETTIVI

> comprendere l’importanza della psicopedagogia perl’individualizzazione dell’insegnamento, attraverso glistudi di Binet, Claparède, Decroly

> conoscere l’esperienza pedagogica e i metodi scientificidi studio dell’infanzia di Maria Montessori

> individuare la natura storico-politica e sociale delpensiero di Dewey e le origini filosofiche e psicologichedel suo strumentalismo

> comprendere l’importanza della sperimentazionepedagogica condotta da Dewey e il valore del metododei problemi per lo sviluppo del pensiero riflessivo

> confrontare obiettivi, metodi ed esiti delle esperienzepedagogiche condotte dalla Scuola di Chicago(Kilpatrick,Washburne, Parkhurst)

> riconoscere l’influenza dell’attivismo americano sulpensiero pedagogico europeo, individuandone anche itratti di originalità, attraverso lo studio delle esperienzeeducative di Freinet, Cousinet, Makarenko

> conoscere la diffusione dell’attivismo in Italia, attraversole esperienze pedagogiche di Codignola, Laporta e delMovimento di Cooperazione Educativa (MCE)

2Rossi, Lanzoni SGUARDI SULLE SCIENZE UMANE - Moduli di Pedagogia © CLITT 2012 Volume per il quinto anno

Page 12: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

> La nascita della psicopedagogia

> John Dewey e l’attivismo americano

> L’attivismo europeo e le “scuole nuove”

A1

A2

A3

Joan Mirò, Chanteur, 1921

3Rossi, Lanzoni SGUARDI SULLE SCIENZE UMANE - Moduli di Pedagogia © CLITT 2012 Volume per il quinto anno

Page 13: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

4

A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

A1

culturale dovuta al suo ambiente d’origine. Binet parte dalpresupposto che ogni bambino debba avere delle oppor-tunità di crescita commisurate alle sue reali competenze,mentre la scuola si limita ad attestare uno svantaggio, senzaporsi nei riguardi del bambino con l’attenzione giusta perevitare che questa condizione lo porti ad uscire dal contestoeducativo in uno stato peggiore di quello che possedeva al

suo ingresso. L’educazione tradizionale aveva disolito considerato i bambini deboli come soggettidifficili e le loro lacune erano viste come sintomodi ritrosia nei confronti degli studi, per questoerano abbandonati a loro stessi. La scuola li con-fermava pertanto nella loro inferiorità, ma senzafare nulla per un loro recupero; anzi, il contattocon coetanei più capaci finiva per trasformarli insoggetti privi di autostima, a cui non rimanevache opporsi alla scuola e ricevere così il biasimocorale dei coetanei, che andava ad aggiungersi aquello dei maestri e dei direttori.Nel libro Le moderne idee educative (1911),Binet sostiene con forza l’importanza della

ricerca sperimentale, in laboratorio e nella scuola. Per que-sto si era già impegnato a creare alla Sorbona un Laboratoriodi psicologia sperimentale, da lui stesso diretto a partire dal1894, nella convinzione che la pedagogia moderna dovessericevere il supporto delle scienze umane e soprattutto dellapsicologia sperimentale. Nella scuola è infatti necessario chesi presentino dei programmi innovativi e dei metodi correttie adeguati, ma è altrettanto importante dare risposta alleesigenze dei singoli, soprattutto per quanto riguarda la per-sonalità infantile nella sua globalità.Uno dei temi nuovi affrontati da Binet nell’ambito dellaricerca sperimentale è quello della suggestionabilità,

1.1 ALFRED BINET E LO STUDIODEI “DEBOLI MENTALI”

Alfred Binet (1857-1911) assume una particolare impor-tanza nell’ambito della psicopedagogia contemporanea,soprattutto per le sue ricerche dedicate allo studio e allamisurazione dell’intelligenza del bambino. Ai suoi studisperimentali si deve infatti l’invenzione del quozienteintellettivo, misurato sulla base dell’equazione fra l’etàmentale e l’età cronologica del bambino, calcolata sullabase di una serie di prove graduate. Ciò che spingeBinet a considerare la necessità di conoscere le presta-zioni mentali dei bambini è in primo luogo il bisognodi fornire agli insegnanti strumenti nuovi e concreti percomprendere meglio i propri allievi: oltre all’osservazionediretta, senza dubbio importante, è infatti necessario chela didattica possa differenziarsi, per andare incontro achi è in difficoltà di fronte ai compiti d’apprendimento,sviluppando in tal modo un rapporto educativo fondatosulle effettive caratteristiche personali.

Da queste convinzioni deriva l’impegno nei confronti dellamisurazione dell’intelligenza. Individuare in un bambino pro-blemi di natura mentale è utile se l’insegnante può in questomodo finalizzare meglio il proprio lavoro, personalizzandolosulla base di effettive necessità. Il “debole mentale” – cosìBinet definisce colui che mostra di possedere un quozienteintellettivo inferiore alla norma – non deve passare attraversol’esperienza scolastica come se la sua condizione d’origi-ne fosse ininfluente, quindi sottovalutandola. L’obiettivo èquello di fornire al soggetto debole una compensazione,indispensabile affinché possa recuperare il terreno perduto,spesso a causa di un disagio sociale o di una differenza

4

La nascita della psicopedagogiaA1

> La pedagogia moderna trova un fondamentonella psicologia sperimentale e nella misurazione

del quoziente intellettivo, ottenuta mediante lasomministrazione di test, di tipo logico-matematico

e linguistico. La tavola riproduce un item del testdi Binet, che prevede l’individuazione della figura

mancante (D) per completare in modo logicamentecorretto la successione di figure geometriche.

> Conoscere le prestazionimentali dei bambini consente

agli insegnanti di personalizzarel’insegnamento sulla base di

necessità reali: con questaconvinzione Alfred Binet studia emisura l’intelligenza dei bambini,individuando sperimentalmente

i “deboli mentali”, chenecessitano di una didattica

differenziata. Nasce in tal modola psicopedagogia, che intende

fornire ai soggetti deboli unacompensazione, che si traduce inuna reale opportunità di crescita.

Rossi, Lanzoni SGUARDI SULLE SCIENZE UMANE - Moduli di Pedagogia © CLITT 2012 Volume per il quinto anno

Page 14: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

5

> La nascita della psicopedagogia A1

argomento destinato ad avere un notevole suc-cesso, da un lato per la prospettiva educativa,dall’altro per le implicazioni sociologiche che essopresenta: il volume dal titolo La suggestionabilità,uscito nel 1900, ha infatti esercitato un’influenzanotevole su studi come quelli di Gustave Le Bon,

dedicati al comportamento dellefolle. Ma l’interesse preponderan-te di Binet riguarda il ruolo che lasuggestionabilità assume all’internodella scuola, soprattutto nel rappor-to fra adulto e bambino: l’autoritàdel maestro può infatti provocareun’adesione dell’allievo alle sue idee,inducendolo a manifestare atteggia-menti di soggezione che impedisconola produzione di un pensiero autono-mo e originale. Binet dimostra speri-mentalmente l’esistenza di una sugge-stionabilità interrogativa che dipendedall’autorità dell’interlocutore, in gradodi frenare il pensiero autonomo di chisi sente in condizioni d’inferiorità. L’o-

> Il volume di Binet, uscito a Parigi nel1900, è destinato ad esercitare un’influenzasignificativa sugli studi sociologici relativi

al comportamento delle folle, anche sel’obiettivo originario è di tipo educativo.

La ricerca intende infatti esplorare ilruolo della suggestionabilità all’internodella scuola, nel rapporto tra adulto ebambino, ponendo di nuovo l’accentosull’importanza della psicopedagogiaper affrontare l’insegnamento in modo

più consapevole.

> LETTURA

Alfred Binet, Educare l’intelligenza

Il principio fondamentale della proposta educativa di Binet è la sostituzione di una

didattica passiva – basata sull’ascolto da parte del bambino – con una didattica

partecipata, che invita l’allievo a “fare”, entrando in relazione con gli stimoli educa-

tivi proposti dall’insegnante ed assumendo pertanto un ruolo attivo. Si tratta di un

approccio che Binet chiama “ortopedico”, utilizzando un’analogia medica, poiché serve

a rafforzare le capacità mentali che i ragazzi già posseggono ma che non riescono ad

ottimizzare e a finalizzare verso obiettivi utili. I programmi pedagogici assumono così

una modalità sperimentale che ottiene il massimo successo ricorrendo all’osservazione

diretta degli avvenimenti e alla ricerca personale.

La prima preoccupazione dei maestri è stata quella di mettere l’insegnamento alla portata degli allievi. Hanno

sempre parlato in modo da essere capiti. Se molti dei ritardati non avevano tratto profitto dalle lezioni delle vec-

chie classi un po’ era dovuto a disattenzione, ma soprattutto perché le lezioni passavano sulla loro testa: erano

troppo complicate per loro, troppo astratte, implicavano troppe nozioni preliminari che non conoscevano. Sup-

poniamo di ascoltare una lezione di geometria e che ci spieghino il centesimo teorema. Avessimo pure l’animo

di un Pascal non saremmo in grado di comprenderlo se non avessimo la minima idea del novantesimo teorema

sul quale è basata la dimostrazione. Ecco un paragone che rende l’idea dello stato di confusione in cui verserebbe

l’animo di un anormale sforzato a comprendere una lezione che supera di gran lunga le sue possibilità.

Mettendo un bambino in una classe troppo avanzata per lui, si disconosce il grande, il più grande principio

della pedagogia: che bisogna procedere dal facile al difficile. Questa ignoranza è universale, dà luogo a errori

deplorevoli commessi da maestri molto intelligenti ma che ignorano completamente la pedagogia. Infatti, non

mi stancherò mai di dirlo, l’ignoranza della pedagogia tocca oggi vertici fantastici. Ogni momento constato che

un allievo viene messo di fronte ad un lavoro troppo difficile per lui; il maestro si tranquillizza facilmente con

la supposizione del tutto gratuita che «ciò lo farà lavorare». [...] Un certo grado di difficoltà è una buona cosa,

agisce da stimolazione per l’allievo; troppa difficoltà scoraggia, disgusta, fa perdere tempo prezioso e soprattutto

fa acquisire cattive abitudini di lavoro. L’allievo è obbligato a fare tentativi inesatti dai quali non si corregge più

perché non è capace di giudicarli, decide di non comprenderli e lavora alla cieca, cioè malissimo. Ne risulta una

disorganizzazione dell’intelligenza, mentre lo scopo preciso di ogni educazione è l’organizzazione. [...] Si com-

prende quindi perché i bambini anormali che sono stati iscritti nelle classi speciali hanno tratto così bene pro-

fitto dall’insegnamento. In queste classi c’era un maestro attento che, avendo pochi allievi, circa quindici, poteva

conoscere individualmente ciascuno di loro. Questo maestro vegliava su di loro, si assicurava che l’allievo avesse

Rossi, Lanzoni SGUARDI SULLE SCIENZE UMANE - Moduli di Pedagogia © CLITT 2012 Volume per il quinto anno

Page 15: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

6

A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

capito perfettamente la lezione; in caso contrario ricominciava daccapo invece di passare oltre. Si richiedeva a

ogni allievo un piccolo sforzo proporzionato alla sua capacità e si esigeva che lo facesse realmente. Si insegnavano

loro poche cose, ma queste poche, sempre molto elementari, erano ben apprese, ben comprese, ben assimilate.

Non chiedere a ogni bambino se non ciò che è realmente capace di fare. Cosa c’è di più giusto, di più semplice?

Ecco il programma delle cose insegnate. Resta da definire il metodo con cui si insegna. Anche su quest’ultimo

punto le nostre classi di anormali ci hanno insegnato molto. Avendo dei bambini che non sapevano ascoltare, né

guardare, né stare tranquilli abbiamo ipotizzato che il nostro primo dovere non era quello di insegnare loro le

nozioni che ci sembravano più utili per loro stessi, ma che bisognava dapprima insegnare ad imparare. Dunque

abbiamo immaginato [...] il procedimento che è stato chiamato degli esercizi di ortopedia mentale. L’espressione

è significativa e ha avuto fortuna; se ne intuisce il senso. Come l’ortopedia fisica raddrizza una spina dorsale

deviata, così 1’ortopedia mentale raddrizza, coltiva, fortifica l’attenzione, la memoria, la percezione, il giudizio,

la volontà. Non si tende a insegnare ai bambini una nozione, un ricordo, si attivano le loro facoltà mentali. [...]

Ciò che soprattutto è stato rimproverato ai vecchi metodi universitari che, sfidando le critiche più giuste, conti-

nuano a regnare sovrani, è di consistere in lezioni orali che il professore

pronuncia e che gli allievi ascoltano passivamente. La lezione così con-

cepita presenta due difetti: impressiona l’allievo solo nella sua funzione

verbale, gli dà delle parole invece di metterlo in contatto con la realtà;

inoltre interessa solo la sua memoria, la riduce in una condizione passiva.

L’allievo non giudica nulla, non riflette su nulla, non diventa creativo, non

produce, deve soltanto ricordare; il suo ideale è ripetere senza errori, eser-

citare la memoria, apprendere ciò che compare nel manuale e ripeterlo

all’esame con perizia.

Qui lo si giudica per la proprietà di linguaggio, per la parlantina, per

l’apparenza.

La conseguenza di questa pratica deplorevole è prima di tutto una man-

canza di curiosità per tutto ciò che non compare nei libri, una tendenza

a cercare la verità solo nel libro, la credenza che si possa fare ricerche

originali sfogliando un libro, un rispetto esagerato per la parola scritta,

una indifferenza per la lezione del mondo esterno, di cui non si vede

niente, una credenza ingenua nello strapotere delle formule semplici,

un abbassamento del senso della vita, un imbarazzo nell’adattarsi alla

vita contemporanea e soprattutto uno spirito di routine fuori luogo in

un’epoca in cui l’evoluzione sociale avviene con un ritmo infernale. [...] Quali riforme dunque proponiamo, e

come pensiamo di poter far la guerra al verbalismo? Certo non giungeremo all’eccesso di interdire al maestro

l’uso della parola. Ma la sua parola non deve essere l’essenziale, la sostanza della lezione, deve essere soltanto un

accompagnamento, una guida, un aiuto.

Lo spirito dell’allievo deve essere messo direttamente a contatto con la natura o con schemi, immagini che ripro-

ducono la natura o meglio ancora con tutte e due le cose insieme, natura e schemi, e la parola non deve interveni-

re se non per commentare l’impressione sensoriale. Bisogna soprattutto che l’allievo sia attivo: un insegnamento

è cattivo se lascia l’allievo immobile e inerte. Bisogna che l’insegnamento sia una catena di riflessi intelligenti che

partono dal maestro, giungono all’allievo e ritornano al maestro; bisogna che l’insegnamento sia un eccitante che

invoglia l’allievo ad agire creando in lui una attività razionale. Infatti l’allievo conosce solo ciò che è passato nei

suoi organi sensoriali, nel suo cervello e persino nei suoi muscoli: egli conosce solo ciò che ha fatto. Filosofica-

mente tutta la vita intellettuale consiste in atti di adattamento; l’istruzione consiste nel far compiere a un bambino

atti di adattamento prima facili poi sempre più complicati e perfetti. Ecco perché le lezioni vive, le passeggiate,

i lavori manuali, le esercitazioni di laboratorio sono oggi così all’ordine del giorno; perché rispondono a questa

necessità di rendere attivi gli allievi.

Entrate in una classe, se vedete tutti gli allievi immobili che ascoltano senza fastidio un maestro agitato che

declama dalla cattedra, oppure se vedete i bambini copiare, scrivere le lezioni che il maestro detta loro, sappiate

che si tratta di cattiva pedagogia.

Preferisco una classe in cui vedo bambini meno silenziosi, più rumoreggianti, ma intenti a svolgere lavori anche

L’attivazione delle facoltà mentali è loscopo della nuova didattica, raggiun-to attraverso il “fare” dell’allievo, dal

momento che l’azione sollecita l’eserciziodel pensiero.

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Page 16: Sguardi Sulle Scienze Umane - Moduli Di Pedagogia

7

> La nascita della psicopedagogia A1

biettivo della ricerca è però rivolto all’educazione, terrenosul quale la sperimentazione può svolgere un ruolo impor-tante per lo sviluppo individuale e un eventuale recuperodelle abilità inibite. Per questa ragione sulla rivista fondatanel 1894, «L’Année psychologique», cerca di richiamarel’attenzione degli studiosi affinché si sviluppi un dibattitointernazionale sulle questioni di carattere psicopedago-gico, dedicando a questi argomenti un grande spazioeditoriale.

Al richiamo di Binet non si sottraggono gli studiosi italia-ni, come lo psicologo Giulio Cesare Ferrari e soprattuttoMaria Montessori, che ha iniziato la sua carriera scienti-fica proprio interessandosi alla problematica dei bambini“frenastenici”, ossia i deboli mentali. Con l’opera diBinet ha inizio la stagione della psicopedagogia e dellapsicologia applicata alla ricerca educativa, da cui anchele scuole attive, come vedremo, hanno attinto in modoconsiderevole.

modesti, purché si tratti di lavori nei quali mettono uno sforzo personale, lavori che siano la loro opera, che esi-

gano un po’ di riflessione, di giudizio, di gusto.

Qui ritorno ai nostri esercizi di ortopedia mentale, i quali forniscono un esempio molto netto, molto chiaro, mol-

to azzeccato della nuova pedagogia che rende lo scolaro un essere attivo invece di ridurlo al ruolo di ascoltatore.

[...] Coloro che hanno compreso il vero significato degli esercizi di ortopedia capiranno senza sforzo che esercizi

analoghi possono servire a imparare qualsiasi cosa, infatti ogni conoscenza si riassume in una azione che essa

rende capaci di eseguire. Di conseguenza è possibile «imparare agendo» – learning by doing – secondo la formula

prediletta degli educatori americani.

Sapere la grammatica non vuol dire essere capaci di ripetere una regola, ma riuscire a rendere il proprio pensiero

con una frase corretta, chiara e logica. Sapere la moltiplicazione non vuol dire poter ripetere la definizione di

questa operazione, ma combinare un qualsiasi moltiplicando con un qualsiasi moltiplicatore e ottenere il pro-

dotto esatto. Dunque è sempre possibile sostituire la formula con l’esercizio, o meglio cominciare con l’esercizio

e attendere che abbia prodotto un interesse e un’abitudine prima di far intervenire la regola, la formula, la defi-

nizione, la generalizzazione.

Il piano generale di un’istruzione così concepita, con un metodo arrivo, è stato redatto da molto tempo da grandi

filosofi. Si trovano utili indicazioni in Rousseau, idee più sistematiche in Spencer, e un intero piano metodico

di intervento è stato tracciato da Fröbel per i bambini dell’asilo. Ai nostri giorni tutto ciò è stato detto, ripetuto,

messo a punto per la pratica dalle persone più competenti, che in Francia sono: Belot per la lingua, Queniou per il

disegno, Laisant per le scienze, Le Bon per le lingue vive e per l’insieme delle discipline. In America sono: Dewey,

Stanley Hall e numerosi pedagogisti. Dopo di loro non resta che ripetersi. Insegnate la lingua scritta facendo fare

molte narrazioni, molte letture e molti temi; le insipide lezioni di grammatica invece di presentarsi prima come

ostacoli, interverranno solo dopo per rendere coscienti regole già apprese mediante l’uso. Insegnare l’aritmetica

dando problemi da risolvere; la geometria facendo fare delle costruzioni; il sistema metrico dando da eseguire

misurazioni; la fisica facendo costruire e muovere piccoli apparecchi rudimentali; l’estetica mostrando una vicino

all’altra riproduzioni di capolavori e di opere mediocri e facendo indovinare, spiegare, gustare le differenze; il

disegno lasciando fare il disegno libero e rimandando a una fase successiva l’insegnamento della prospettiva; le

lingue vive imponendo l’abitudine di parlarle e facilitando quella di comprenderle.

Seguendo questo itinerario, ne ricaviamo vantaggi immensi. Invece di cominciare con un’idea generale, incom-

prensibile e vuota per coloro che non conoscono il contenuto, si comincia sempre con l’esperienza concreta, con

il fatto particolare dal momento che un esercizio è sempre particolare. Si segue così l’itinerario più facile, più

normale, quello che va dal particolare al generale. D’altra parte facendo agire il bambino lo si spinge a interessarsi

alla sua opera, gli si dà il prezioso stimolo delle sensazioni calde che accompagnano l’azione e ricompensano il

successo dello sforzo; questo stimolo sarà tanto più efficace quanto si terrà conto, il più esattamente possibile,

delle sue attività naturali e attitudini speciali. Tutti o quasi tutti i bambini prima di ogni educazione mostrano

piacere per cantare, disegnare, raccontare, inventare, maneggiare gli oggetti, spostarli, trasformarli, usarli nelle

costruzioni. Centrando l’educazione e l’istruzione su queste attività naturali, si sfrutta lo slancio già fornito dalla

natura: essa dà il movimento, il maestro interviene solo per dirigerlo.

È sotto questo doppio punto di vista che il metodo attivo afferma la sua superiorità e si può dire che esso ripro-

duce la legge fondamentale dell’evoluzione; con questo metodo lo spirito del bambino è condotto attraverso gli

stessi sentieri che sono stati percorsi dallo spirito dell’umanità.

(A. Binet, Le moderne idee educative (1911), trad. it. R. Donato - E. Gilardi, Paravia, Torino 1976, pp. 73-82)

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A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

animale di laboratorio, suggestionato dalle ricerchesvolte da Karl Gross sull’attività di gioco nelle scimmieantropomorfe e dai Gestaltisti, con i quali entrerà prestoin polemica, a causa del suo modo di concepire l’attointelligente, in aperta opposizione con l’ipotesi dell’in-sight, introdotta da Wolfgang Köhler. Proprio grazie

1.2 EDOUARD CLAPARÈDEE LA PSICOPEDAGOGIA

Edouard Claparède nasce aGinevra nel 1873 da una fami-glia borghese di religione pro-testante; dopo aver frequentatoil Collège, si laurea in Medicinanel 1897. I suoi interessi per lapsicologia e la psichiatria appa-iono molto precocemente nelcorso della sua attività di studio:nel 1892, mentre ancora fre-quenta i primi anni della facol-tà medica, partecipa a Lipsiaad alcune lezioni di WilhelmWundt e si interessa attivamentealle problematiche di psicologiasperimentale. Dopo la laurea sitrasferisce pertanto al famoso ospedale psichiatricoSalpétriere di Parigi, dove approfondisce gli studi di neu-rologia e si perfeziona in clinica delle malattie nervose.Dopo il suo ritorno a Ginevra, unisce all’attività di liberodocente in psicologia presso l’università quella di neuro-logo clinico e di ricercatore nel campo della psicologia

> APPROFONDIMENTO

L’Istituto Jean-Jacques Rousseau di Ginevra

A partire dal 1905, Edouard Claparède si pone come uno principali psicologi interessati alle problematiche

educative relative all’infanzia, specialmente dopo la pubblicazione del libro Psicologia del fanciullo e pedago-

gia sperimentale, nel quale critica i modelli educativi tradizionali

in voga nelle scuole dell’epoca e si propone di metterne in atto di

nuovi.

Uno dei progetti sorti per dar vita a questa idea di rinnovamento

educativo è l’Istituto Jean-Jacques Rousseau, fondato nel 1912 –

data non casuale, essendo la ricorrenza del secondo centenario

della nascita del più famoso pedagogista di Ginevra – in collabora-

zione con Adolphe Ferrière, anch’egli pedagogista, e Pierre Bovet,

lo psichiatra e pedagogista chiamato da Claparède per svolgere la

funzione di primo direttore. Secondo i programmi dell’Istituto, gli

educatori dovevano essere formati in modo scientifico e contribui-

re con il loro lavoro nelle scuole allo sviluppo delle scienze umane

e in particolare a quelle dell’educazione. L’Istituto nasce pertanto

sul presupposto teorico che un progetto pedagogico forte si possa

reggere solamente grazie ad un approccio di natura sperimentale,

capace di consolidare e rendere replicabile e controllabile il prodot-

to dell’insegnamento. Il primo obiettivo è quello di conoscere gli

allievi, nelle loro caratteristiche psicologiche, comprese le attitudi-

ni e le abilità intellettuali.

Ma per compiere un’efficace campagna di sensibilizzazione verso

> Edouard Claparède (1873-1940) si interessa ben prestoai problemi della psicologiasperimentale: laureatosi inmedicina, oltre a svolgere

attività di neurologo clinico,diviene libero docente inpsicologia a Ginevra. Si

occupa successivamente dipsicologia educativa, riservando

un’attenzione particolare aisoggetti con ritardo mentale.Influenzato dal pensiero di

Decroly, assume una prospettivasempre più psicopedagogica,

nella convinzione che solola conoscenza diretta di ogni

bambino consenta di realizzareuna «scuola su misura», che

propone percorsi di educazionepersonalizzata.

Claparède è uno dei principali esponenti dell’Isti-tuto Jean-Jacques Rousseau, luogo di formazio-ne scientifica degli educatori. Il manifesto riportail titolo di una conferenza tenuta da Claparèdenei primi anni di attività dell’Istituto, “Psicologiae sociologia dei polli”, che conferma il carattere

sperimentale di tale proposta formativa.

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9

> La nascita della psicopedagogia A1

allo studio comparativo dei processi cognitivi e alle ricer-che sull’importanza attribuita al gioco come supportonell’apprendimento di animali e bambini, Claparèdeinizia ad occuparsi di psicologia educativa, dedicandosiin modo particolare al recupero dei soggetti con ritardomentale. In questo convergono la formazione neurolo-gica e l’interesse per la psicologia sperimentale, il suoambito prediletto di studio.Nel 1903 pubblica L’associazione delle idee, dove riassu-me la sua posizione sui processi intellettivi e nel 1905 unadelle sue opere più significative, Psicologia del bambinoe pedagogia sperimentale, in cui vengono esposti tutti iprincipi del suo modello psicopedagogico. L’interesse perl’ambito educativo cresce negli anni successivi, dopo lasua visita a Bruxelles per osservare le strutture scolastichecreate da Ovide Decroly: la sua riflessione assume unorientamento psicopedagogico, che lo porta ad immagi-nare una “scuola su misura” per ogni bambino, fondatasu una conoscenza diretta degli allievi, mediante il ricorsoa strumenti psicologici di valutazione. In questo il pen-siero di Claparède appare del tutto in linea con quantostava realizzando Binet in Francia e per certi aspettiDecroly in Belgio.Claparède pensa che la scuola possa tentare un percorsodi educazione personalizzata – i cui metodi vengono

illustrati nel volume La scuola su misura del 1920 – maper ottenere dei risultati concreti è necessario che gliinsegnanti siano preparati e aggiornati sui risultati dellericerche in ambito psicologico e pedagogico. Con questoscopo fonda, assieme a Pierre Bovet (psicologo) l’IstitutoJean-Jacques Rousseau, a cui collaboreranno in tempisuccessivi Jean Piaget e Robert Dottrens, pedagogista esociologo.Uno degli aspetti più innovativi e originali del pensiero diClaparède è legato agli studi compiuti nei confronti dellemotivazioni e delle attitudini degli allievi, intese comevariabili soggettive in grado di differenziare il percorsoscolastico di ciascun individuo. A questi argomenti sonodedicati due libri, Come diagnosticare le attitudini degliallievi e L’educazione funzionale, usciti rispettivamentenel 1924 e nel 1931. Claparède muore a Ginevra nel1940.

le tematiche di una scuola nuova era necessaria l’ade-

sione di una grande quantità d’insegnanti. Con questo

scopo Adolphe Ferrière inizia, fra il 1920 e il 1921,

a coinvolgere i maestri e le maestre delle città e dei

distretti rurali nella realizzazione di modelli di scuole

attive, introducendo le tecniche di animazione scola-

stica, come le classi aperte e i percorsi individualizzati,

ispirati alla “scuola su misura” di Claparède.

Con l’arrivo di Jean Piaget alla direzione dell’Istituto nel 1933 e con la collaborazione di Robert Dottrens,

l’impegno scientifico diventa più forte, grazie anche alla successiva aggregazione alla Facoltà di Lettere

dell’Università di Ginevra. I progetti della cosiddetta “educazione nuova” diventano un prolungamento appli-

cativo dei lavori svolti dai ricercatori nel campo della psicologia evolutiva e della pedagogia sperimentale.

Lo studio dei meccanismi intellettivi, che Piaget aveva condotto dal punto di vista della psicologia indivi-

duale, vengono tradotti in termini pedagogici, attraverso l’opera didattica di numerosi maestri, convinti che

incentivare la creatività e l’attività di esplorazione sia un mezzo fondamentale per evitare la tipica situazione

scolastica in cui l’educatore si pone al centro della scena e gli allievi si trovano costretti ad assistere alle sue

performance, senza intervenire in modo attivo. L’ipotesi dell’educazione funzionale vedeva così la possibilità

di essere effettivamente sperimentata, grazie agli studi sull’apprendimento scolastico e i metodi d’insegna-

mento individualizzato.

Il passaggio successivo avviene nel 1948, nel momento in cui l’Istituto assume una veste interdisciplinare e

viene suddiviso in due Dipartimenti distinti: quello di pedagogia, alla cui guida si succedono Robert Dot-

trens, Samuel Roller e Laurent Pauli, e quello di psicologia, sotto la direzione di Piaget. L’Istituto diventa

quindi una scuola di formazione superiore per insegnanti ed è annesso direttamente al rettorato dell’Uni-

versità. Nel 1975 infine i due dipartimenti vengono riuniti per formare la settima facoltà dell’università di

Ginevra, quella di psicologia e scienze dell’educazione.

Ovide Decroly, Pierre Bovet, Beatrice Ensor, Edouard Cla-parède, Paul Geheeb e Adolphe Ferrière (nell’ordine da

sinistra a destra), docenti dell’Istituto, partecipano alla primaconferenza della Lega internazionale per l’educazione nuova,

fondata nel 1921.

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A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

1.3 PSICOLOGIA E EDUCAZIONE FUNZIONALE

L’approccio all’educazione che Claparède definisce funzio-nale rappresenta l’elemento innovativo della sua propostapsicopedagogica e trae spunto da un modo particolare chedi considerare la realtà psichica: rifiuta infatti di considerare ilfunzionamento mentale come una somma di processi fram-mentati e fra loro sconnessi. La sensorialità, la memoria, l’ap-prendimento e tutti gli altri meccanismi di base trovano unaloro unità funzionale agendo in modo globale, dando cosìvita ad una personalità che si esprime in modo articolato ecomplesso. Da questo punto di vista il termine “funzionale”indica l’organica interazione fra le diverse funzioni psichiche,il loro manifestarsi in forma integrata ed equilibrata.Claparède recepisce il concetto di omeostasi, definito ome-ostasia dal suo inventore, il medico e fisiologo sperimentalefrancese Claude Bernard, secondo il quale ogni organismovivente è «un sistema che tende a conservarsi intatto». Ilprincipio dell’omeostasi è valido anche per la mente, affermaClaparède, dal momento che evidenzia l’equilibrio presentenel rapporto funzionale che esiste tra i vari aspetti della realtàpsichica; il funzionamento equilibrato dei processi mentalispiega pertanto l’organizzazione del sistema, rendendolocomparabile a qualsiasi altro tipo di processo biologico.La psicologia di Claparède ha dunque un fondamento natu-rale ed è funzionale proprio perché in grado di spiegare l’at-tività del soggetto nella sua complessità. È questo un aspettodi particolare valore, in quanto consente di valutare i processipsichici come casi particolari dei fenomeni naturali, dei qualicondividono la medesima struttura. Non è un caso che unnaturalista di formazione, come Jean Piaget, abbia subito ilfascino delle teorie claparèdiane, fino al punto di acquisirnel’intima sostanza: l’idea espressa nel 1937 nel libro La nascitadell’intelligenza nel fanciullo richiama l’ipotesi funzionale diClaparède, soprattutto per quanto riguarda il rapporto fraadattamento vitale e ruolo dell’intelligenza come processoregolativo del funzionamento mentale. Già per Claparèdeinfatti il funzionamento globale del soggetto avviene permezzo di uno strumento di autoregolazione, che eglidescrive attraverso una serie di dieci leggi che vanno dallacomprensione del bisogno fino all’espressione dell’autono-mia funzionale.1. Legge del bisogno. «Ogni bisogno tende a provocare

le reazioni atte a soddisfarlo», pertanto ogni azione èdeterminata da una serie di processi interni che formanoil bisogno come elemento di partenza. Il punto di vista diClaparède è radicalmente opposto ai modelli comporta-mentisti, secondo i quali sono le eccitazioni esterne adindurre le modificazioni comportamentali da parte delsoggetto. Nell’ottica claparèdiana gli stimoli agisconoinvece creando un disequilibrio, rompendo l’omeostasiainterna e rendendo necessaria l’attività mentale comemezzo per recuperare l’equilibrio di partenza. Il bisogno

corrisponde alla capacità di avvertire questa instabilitàdi fondo, che fa scattare i processi di autoregolazione.Di nuovo ci troviamo di fronte a un concetto che verràampliato da Piaget, rispetto allo sviluppo cognitivo delbambino.

2. Legge dell’estensione della vita mentale. «Lo svi-luppo della vita mentale è proporzionale allo scartoesistente fra i bisogni e i mezzi per soddisfarli»; esistonoinfatti bisogni che possono essere soddisfatti in manieraimmediata a livello fisiologico, come ad esempio lostimolo della fame. Altri richiedono invece un’azionedilazionata nel tempo e differita a livello mentale, comeper ciò che riguarda l’attività conoscitiva in genere.

3. Legge della presa di coscienza. «L’individuo pren-de coscienza di un processo, di una relazione o di unoggetto tanto più tardi quanto prima e più a lungo il suocomportamento ha implicato l’uso automatico, incon-scio, di tale processo, relazione, oggetto». Claparèderiprende gli studi di Jacques Loeb sull’apprendimentoper assuefazione o per automatismo e rileva come lapresa di coscienza avvenga più tardi, quando i processidi base hanno svolto una funzione determinante su unapprendimento. In questo modo giunge ad affermareil ruolo della coscienza nelle attività psichiche superiori,che riguardano gli apprendimenti sociali e scolastici.

4. Legge dell’anticipazione. «Ogni bisogno che, persua natura, rischia di non poter essere immediatamentesoddisfatto, compare in anticipo». È questo un puntodi particolare importanza nel modello psicopedagogicodi Claparède, perché segna una linea di discontinuitàtra la semplice omeostasia, che riguarda tutti i processibiologici, e la progettualità mentale, che supera la sogliadell’organico. Il soggetto assume coscienza dell’in-stabilità del proprio sistema di equilibrio, di cui ha giàfatto ampia esperienza nella sua vita passata e, sapendodell’incertezza che riguarda la sua conservazione, inter-viene cercando di prevenire e pianificare la gratificazionedel bisogno nel futuro. È un fenomeno di adattamentoche potremmo definire teleonomico, ossia previsiona-le, che secondo Claparède — diversamente da quantoaffermato da Kölher — caratterizza l’uomo, a differenzadell’animale.

5. Legge dell’interesse. «Ogni comportamento è dettatoda un interesse», che riguarda l’adeguamento di unbisogno ad un oggetto o ad una sorgente di soddisfa-zione. Il termine interesse non ha quindi alcun significatomorale o sociologico, ma si limita a definire la posizioneche ricopre fra il bisogno e la fonte di soddisfazione: èappunto un inter-esse. Ma il suo valore è essenziale perla psicologia umana, dal momento che l’interesse moti-va il soggetto all’azione, e lo fa in maniera cosciente,sapendo di percorrere una strada che ha una possibilitàdi riuscita. Il sostegno all’interesse costituisce dunque

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> La nascita della psicopedagogia A1

uno degli obiettivi dell’educazione funzionale, che inquesto modo affina i modelli comportamentali e li fina-lizza rispetto al risultato voluto.

6. Legge dell’interesse momentaneo. «Ad ogni istante,un organismo reagisce seguendo la linea di maggioreinteresse». È evidente che gli interessi siano molteplicie si presentino in modo spesso contemporaneo, così sicrea un conflitto in cui ad avere la prevalenza è l’interes-se che possiede una maggiore rilevanza.

7. Legge della riproduzione del simile. «Ogni bisognotende a riprodurre le risposte (o le situazioni) che ante-riormente sono state sperimentate come favorevoli,a ripetere la condotta che precedentemente, in unasituazione simile, ha avuto successo». È questa un’i-potesi di lavoro che tenta di integrare all’interno delmodello funzionale alcuni concetti tipici del compor-tamentismo e che appaiono a Claparède confermatia livello empirico, anche se introducono un principioambientalista estraneo alla sua psicologia. Tuttavia,ciò che appare diverso rispetto al comportamentismoè la mancanza di una percezione del rinforzo, comestrumento per mezzo del quale si radica una rispostapositiva allo stimolo esterno, così come la teoria com-portamentale prevede; per Claparède la riproduzionedel simile equivale alla riuscita equilibrante di un’azionepositiva, interiorizzata in modo automatico, come unaspecie di feedback sistemico.

8. Legge del tentativo. «Quando la situazione è talmen-te nuova da non evocare alcuna associazione di somi-glianza, o quando la ripetizione del simile è inefficace, il

bisogno suscita una serie di reazioni di ricerca, reazionidi tentativo, di barcollamento». Si tratta di un mecca-nismo che si rivela utile quando non si può attingereda esperienze precedenti e quindi l’equilibrazione deveprocedere attraverso nuove azioni. È un processo allabase dell’atto intelligente.

9. Legge della compensazione. «Nel caso che l’equili-brio turbato non possa venir ristabilito da una reazio-ne adeguata, viene allora compensato con un’azioneantagonista della deviazione che suscita». Il soggettoè in grado di far fronte all’inefficacia di ogni azionecorrettiva, mediante un intervento sugli effetti provocatidal turbamento. Si tratta di un meccanismo di adatta-mento a posteriori – sull’accaduto – che pure consenteuna riparazione rispetto alle eventuali difficoltà che losquilibrio può determinare.

10. Legge dell’autonomia funzionale. «Ad ogni momen-to del suo sviluppo, un essere animale costituisce un’uni-tà funzionale, vale a dire che le sue capacità di reazionesono proporzionate al bisogno»; in questo modo illivello di sviluppo del soggetto è considerato come unaunità funzionale, dotata dei mezzi che gli sono propri inquel tempo. Questa affermazione apre la strada a unavisione stadiale della vita psichica, mettendo in evidenzache ogni momento evolutivo è autonomo e funziona inmodo ottimale a seconda delle sue caratteristiche. Dalpunto di vista educativo si tratta di una conclusione diparticolare valore, poiché induce la scuola a tenere inconsiderazione le peculiarità psicologiche dei bambininei loro diversi momenti di crescita.

Leggi del funzionamentoglobale Caratteristiche

1. BISOGNOil bisogno è la capacità di avvertire un disequilibrio provocato dagli stimoliesterni; l’attività mentale che ne consegue è finalizzata a ripristinare l’equi-librio interno

2. ESTENSIONE DELLA VITA MENTALE i bisogni di natura cognitiva richiedono una dilazione nel tempo per esseresoddisfatti

3. PRESA DI COSCIENZAil tempo necessario per raggiungere la consapevolezza di un processomentale aumenta in rapporto al suo essere impiegato in modo inconscio eautomatico

4. ANTICIPAZIONE l’essere umano è in grado di pianificare il soddisfacimento di un bisogno nelfuturo

5. INTERESSE l’interesse si colloca tra il bisogno e la fonte di soddisfazione: rappresenta lamotivazione del soggetto ad agire

6. INTERESSE MOMENTANEO l’interesse più rilevante in un dato istante è quello che stimola l’azione

7. RIPRODUZIONE DEL SIMILE un’azione che ha avuto successo, interiorizzata in modo automatico, vieneriproposta in una situazione analoga con la stessa funzione riequilibrante

8. TENTATIVO processo alla base dell’atto intelligente, che prevede una ricerca per arrivaread una nuova azione riequilibrante, mai prima sperimentata

9. COMPENSAZIONE adattamento a posteriori, consistente in una riparazione degli effetti provo-cati dallo squilibrio, qualora la reazione non sia adeguata

10. AUTONOMIA FUNZIONALE ogni momento evolutivo è autonomo e rappresenta un’unità che funziona inmodo ottimale per le caratteristiche che possiede

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A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

gente, diversamente da quanto immaginato da Köhler edagli altri teorici della Gestalt, secondo i quali l’intelligen-za si presenta come un atto fulmineo e intuitivo: l’insight.Un processo simile infatti si porrebbe come una specie didotazione innata, che ogni essere intelligente possiede,a prescindere dall’esperienza. Questo secondo Claparèdenon è corretto, né sul piano empirico, dato che nonriesce trovare traccia di insight nelle ricerche da lui con-dotte, né tantomeno su quello teorico, dal momentoche il rifiuto dell’innatismo è alla base delle sue riflessionipsicologiche e acquista un particolare valore per quantoriguarda l’educazione. Nel volume Psicologia del fanciulloe pedagogia sperimentale (1905) si legge che «lo svilup-po psicologico non si compie da solo, non è il risultatodel dispiegamento delle forze innate che il neonato haricevuto in eredità. No: il bambino si deve sviluppare dasé. I due strumenti ai quali istintivamente egli ricorre pereffettuare questo, sono il gioco e l’imitazione». Senzanegare l’esistenza di una base innata, egli tuttavia ritieneche il percorso evolutivo consista in una costruzione diprocessi sempre più evoluti che hanno origine dal giocoe dall’imitazione, ma dai quali procede fino a sviluppareabilità di carattere superiore, che riguardano la logicae le operazioni mentali più astratte. È un modello cheriprenderà anche Piaget e che lo condurrà a formularela sua teoria evolutiva per stadi, dalle azioni più sempliciall’astrazione logico-deduttiva.L’infanzia è un momento di plasticità, durante il quale ilbambino deve compiere numerose esperienze e spaziarein campi diversi, affinando la propria capacità di analisi edi soluzione dei problemi. Così infatti scrive, sempre nel1905: «La caratteristica del bambino non è dunque esse-re insufficiente, ma di essere candidato […]. Più è lungal’infanzia, più aumenta il periodo di plasticità». Per que-

1.4 INTELLIGENZA, GIOCO, EDUCAZIONE

Nel libro La genesi dell’ipotesi (1933), Claparède defini-sce l’intelligenza come «uno strumento di adattamentoche entra in azione quando vengono a meno gli altri stru-menti di adattamento, che sono l’istinto e l’abitudine»,chiamando in causa la ricerca di mezzi nuovi per fornireuna soluzione a problemi che non possono essere affron-tati utilizzando strumenti semplici, come le reazioni istin-tuali o le abitudini consolidate. Anzi, la scoperta di nuovimodelli intellettivi, sperimentati e controllati, può darel’avvio ad abitudini nuove, che in un secondo momentopossono essere adottate di fronte a situazioni simili aquelle che in precedenza apparivano inattuabili. L’attointellettivo può essere suddiviso in tre fasi successive cheriguardano tutte la formazione dell’ipotesi, l’oggettospecifico a cui è dedicato il libro.Il primo momento ha a che vedere con la domanda chesi pone il soggetto di fronte a una situazione nuova:egli deve formulare il problema che costituisce il puntodi partenza da cui avrà origine una soluzione adeguata;l’origine di una conoscenza è infatti sempre un problemaben posto. La parte centrale del processo di risoluzio-ne consiste invece nella produzione di diversi tentativi(tâtonnement), prima fortuiti e poi sempre più orientati,che consentono di giungere alla mèta, attraverso il ricor-so a strumenti di tipo logico, come le inferenze che il sog-getto compie basandosi anche sull’esperienza pregressa.«Il pensiero alla ricerca di un’ipotesi — scrive Claparèdea questo proposito — opera seguendo una linea cheva dalla percezione semplice (che si potrebbe chiamarela semplice lettura) al tâtonnement fortuito, passandoper tutti i gradi dell’inferenza». A questo punto occorrevalutare l’efficacia dell’ipotesi e quindi procedere allaterza fase dell’atto intellettivo, che riguarda il controllodell’ipotesi stessa: la verifica consente di rifiutare le rispo-ste inefficaci e di intraprendere una nuova via di ricerca.

L’approccio claparèdiano si attiene ad una rigorosa meto-dologia sperimentale, attraverso la quale i singoli passag-gi analizzati vengono confermati da un apparato di ricer-ca empirica ricco e articolato. La genesi dell’ipotesi è unostudio sperimentale in cui i processi di pensiero vengonoanalizzati nel vivo della loro spontaneità, colti attraversonumerose osservazioni ed esperimenti. Dai dati raccoltiscopre la natura graduale e costruttiva dell’atto intelli-

ATTO INTELLETTIVO

PRODUZIONE

DI TENTATIVI DI

SOLUZIONE

(inferenze basatesull’esperienzapregressa)

formulazionedel problema

verificadell’ipotesi

> La prospettiva formativa sperimentaledell’Istituto Jean-Jacques Rousseau consentedi accogliere relatori come Wolfang Köhler,

che si occupa de L’intelligenza delle scimmieantropomorfe. Claparède, rifiutando l’innatismo,non crede che l’intelligenza possa prescindere

dall’esperienza, di cui l’insight, secondo igestaltisti, sarebbe invece la prova.

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> La nascita della psicopedagogia A1

sto motivo la scuola tradizionale ha fallito nel suo obiet-tivo fondamentale: preoccupandosi d’insegnare nonha permesso agli allievi di imparare ad imparare. Lascuola che condiziona le espressioni libere del bambino ècondannata a mutilare le sue aspettative e la formazionedello “strumento testa”, anche se gli fornisce strumentiutili per inserirsi nel mondo simbolico, come la lettura e lascrittura, o l’uso della matematica. La scuola deve essereposta nel giusto mezzo affinché lasci lo spazio necessarioal bambino per consentirgli di fantasticare, immaginare ecostruire un mondo mentale ricco e articolato.La proposta educativa funzionale prevede pertanto unmetodo attivo e l’apertura di larghi spazi al protagonismoinfantile, da cui dipende la formazione degli strumentidi pensiero analogico, indispensabili per collocare inmodo adeguato le conoscenze e i contenuti disciplinari,finalizzandoli verso un sapere davvero utile e spendibilein modo pratico. In questo modo l’educazione può atten-dere che il bambino ne faccia un uso proprio e risultipertanto personalizzata, legata alle sue esigenze e attra-versabile mediante differenti attitudini, tutte necessarieaffinché si sviluppi una cultura ampia e variegata.

1.5 OVIDE DECROLY: LA FUNZIONEDI GLOBALIZZAZIONE

Ovide Decroly (1871-1932) condivide con Alfred Bineted Edouard Claparède una formazione di tipo medico el’interesse per la psichiatria e la psicologia del bambino,ma il suo lavoro assume fin da subito una curvatura pret-tamente pedagogica, indirizzata nei confronti dei bambiniipodotati. Nel 1911 fonda a Bruxelles l’Istituto per fanciul-

li irregolari, all’interno del quale compie una serie di ricer-che indirizzate a comprendere a fondo i meccanismi dipensiero che caratterizzano i soggetti deboli, al fine dimettere a punto degli strumenti particolari, utili al miglio-ramento delle loro prestazioni. È infatti convinto che l’in-dagine sulla patologia possa essere la strada migliore percapire il funzionamento delle facoltà normali: il «misterodel pensiero e dei sentimenti», afferma Decroly, risultameno complesso esplorando l’animo del bambino ritarda-to, poiché le alterazioni mentali rendono visibile ciò chenaturalmente appare integrato all’interno della comunevita psichica. Passa così ad occuparsi della scuola ordinaria,attraverso l’esperienza dell’École de l’Ermitage aperta aIxelles nel 1907, luogo nel quale ha condotto le sue ricer-che più importanti e conosciute, tanto da ricevere in visitapersonalità come Edouard Claparède, interessato ad intro-durre anche a Ginevra i metodi attivi da lui ideati.

Il pensiero pedagogico di Decroly, esposto nei programmidella Sezione belga della Lega internazionale per l’educa-zione nuova, istituita nel 1929, si fonda su alcuni principiguida che costituiscono la base della riforma scolasticabelga. In primo luogo sostiene che il fine dell’educazio-ne è lo sviluppo del bambino, che si esprime nella suapersonalità: l’allievo viene pertanto collocato al centrodell’attività didattica, spodestando il maestro dalla suaposizione di preminenza. L’individualità del bambino infat-ti deve essere rispettata, attraverso la realizzazione di unambiente adatto a liberare tutte le sue potenzialità; inoltrelo studio deve essere subordinato agli interessi e calatonelle varie attività in cui la personalità stessa si manifestaconcretamente, fra le quali il lavoro manuale, intellettuale,estetico, sociale, ecc.Un punto fisso della pedagogia decroliana è poi ilsuperamento della competitività, che nella scuolatradizionale anima l’atteggiamento degli allievi, in fun-zione di un accreditamento valutativo. La competizionedeve scomparire dall’educazione ed essere sostituita dauno spirito di collaborazione e di cooperazione. A

> Anche Ovide Decrolyha una formazionedi tipo medico, pur

manifestando interessipsico-pedagogici,

in particolarerivolti all’analisi

dei meccanismi dipensiero dei soggetti

deboli, che permette dicomprendere meglioil funzionamento delle

facoltà normali. Alcentro dell’attività didattica deve essere posto ilbambino, creando un ambiente e un percorso distudio adatti allo sviluppo delle sue potenzialità.

> Durante l’infanzia il bambino deve affinarela propria capacità di analisi e di soluzione

dei problemi, compiendo esperienze in ambitidiversi. Questo periodo della vita si distingue

infatti per una singolare plasticità: per costruire unmondo mentale ricco e articolato, la scuola deveconsentire di “imparare ad imparare”, formandolo “strumento testa”. In tal modo il bambino può

fare un uso personalizzato del sapere.

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A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

tal fine raccomanda l’introduzione del lavoro in gruppoe l’elaborazione di progetti complessi ai quali i ragazzipartecipano ottenendo un risultato finale, frutto dellaloro azione collettiva. La coeducazione, termine ideatoda Decroly per indicare lo sviluppo armonico tra processidi carattere istruttivo, legati all’apprendimento di proce-dure e di contenuti specifici, e processi educativi, basatisulla collaborazione attiva tra i ragazzi, assume un valorepregnante. Il contesto in cui si realizza la formazioneinfantile assume così un valore particolare, che sostienel’acquisizione dei singoli apprendimenti.Il rapporto fra insegnamento e apprendimento implicauna visione globale del processo educativo: globaledeve essere l’approccio del maestro, perché globale èl’atteggiamento del bambino nei confronti della realtà.Nel 1929, con la pubblicazione del libro La funzione diglobalizzazione e l’insegnamento, Decroly esprime la suaidea pedagogica più significativa, ispirata dalla letturadella psicologia della Gestalt. Secondo l’autore le espe-rienze educative hanno un valore reale solo nel momentoin cui si collegano ai bisogni fondamentali, coinvolgendo

> Lo spirito di collaborazione e di cooperazionedeve sostituire la competitività della scuola

tradizionale, coinvolgendo gli alunni in progetticomplessi, nell’ambito dei quali ciascuno

fornisce il proprio contributo. Se sono legate aibisogni fondamentali, le esperienze educative

sviluppano tutte le facoltà: l’attività globaleriproduce l’atteggiamento del bambino nei

confronti della realtà.

> LETTURA

Ovide Decroly, Il metodo “globale”

La funzione di globalizzazione rappresenta una delle scoperte più importanti e ori-

ginali dello psicopedagogista belga: l’approccio educativo che egli suggerisce appare

del tutto innovativo rispetto alla tradizione analitica che aveva caratterizzato la

scuola del passato. Educare significa infatti stimolare gli interessi degli allievi e

seguire la personalità infantile impegnata nel processo di apprendimento, sia sotto

il profilo cognitivo che affettivo. Si sviluppa in questo modo una continuità fra le

caratteristiche psicologiche del soggetto e la sostanza del messaggio pedagogico,

che restituisce al lavoro svolto dall’insegnante un valore permanente, da spendere

durante l’intero percorso della vita individuale, dal momento che sostiene le fun-

zioni conoscitive che serviranno ad affrontare qualsiasi problematica esistenziale. Il

metodo globale prevede una serie di funzioni, che Decroly elenca in modo ordinato,

fornendo una guida puntuale agli insegnanti.

L’attività globalizzatrice, l’abbiamo constatato in diverse riprese, è in diretto rapporto con gli interessi e le

tendenze affettive. È da questo lato appunto, come l’abbiamo egualmente notato, che essa presenta rapporti

con l’attività istintiva propriamente detta. D’altra parte, l’attività intellettuale analitico-sintetica, può, essa pure,

essere riallacciata ad interessi; in ogni caso molti educatori ammettono che l’educazione intellettuale deve

basarsi sugli interessi del fanciullo.

Come stabilire d’altronde la differenza fra gli interessi che stimolano l’attività globalizzatrice e quelli che servi-

ranno da punto di partenza all’attività intellettuale? Infatti, non vi sono differenze fondamentali fra questi due

tipi d’interesse; quello che si può solamente dire è che gli interessi che stimolano il lavoro intellettuale analitico

sono, in generale, meno pressanti, meno immediati di quelli che stimolano il lavoro di globalizzazione.

L’uomo che impiega la sua intelligenza a risolvere un problema in rapporto con la sua vita può, a lunga sca-

denza, prevedere i bisogni che egli dovrà soddisfare, servendosi delle sue anteriori esperienze. Per questo

evidentemente è necessario che egli abbia una chiara conoscenza dell’importanza dei suoi bisogni, che faccia

un attento esame delle condizioni favorevoli o sfavorevoli che incontrerà nel suo cammino per soddisfarli, che

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> La nascita della psicopedagogia A1

prenda in esame i diversi mezzi di cui può disporre a questo fine, che porti a termine, durante un certo lasso

di tempo, la realizzazione di questi mezzi.

Fra gli interessi che possono suscitare l’attività globalizzatrice vi sono, naturalmente, quelli che si ricollegano

agli istinti individuali primari. Come abbiamo dimostrato in un articolo del Journal de Psychologie, è proprio

a questi interessi che abbiamo collegato le tre prime parti del nostro programma di idee associate, particolar-

mente quelle che riguardano l’alimentazione, la lotta contro le intemperie, la difesa contro i pericoli ed i nemici

diversi. Quanto all’amor proprio, l’istinto di proprietà e gli istinti sociali, essi non danno luogo direttamente

a materie d’insegnamento per la scuola elementare, ma non vi è dubbio che essi siano occasioni frequenti per

servire da stimolanti per la stessa attività scolastica.

Così, negli esercizi in cui il fanciullo può soddisfare il suo bisogno di conoscere, la sua curiosità riguardo ad

esseri, oggetti, fatti, quando esegue disegni, lavori manuali in rapporto con gli esercizi di osservazione e d’as-

sociazione nel tempo e nello spazio, non vi è dubbio che egli avrà molteplici occasioni stimolanti in rapporto

agli interessi che si ricollegano a queste tendenze; queste stesse occasioni si ritrovano in tutta una serie di altre

occupazioni scolastiche, particolarmente nelle ricreazioni, nelle passeggiate, nelle escursioni; la competizione,

la difesa della proprietà, la simpatia possono manifestarvisi, proprio come accade anche nella scuola.

A questo riguardo si può anche ammettere che, se la scuola non fosse che un luogo dove i fanciulli si riunisco-

no sotto la sorveglianza di adulti intelligenti, affettuosi e attivi, se essa non fosse che un luogo dove i fanciulli

si esercitano a vivere in comune, avendo dinanzi a loro l’esempio di persone che lavorano in occupazioni

che i piccoli possono comprendere e alle quali

possono, a poco a poco, associarsi, il numero

delle ore di scuola, assegnate all’insegnamento

propriamente detto, potrebbe essere ridotto di

molto. Nella scuola così organizzata si può dare

al fanciullo delle occasioni ben più vive di soddi-

sfare gli interessi in rapporto con l’amor proprio,

l’istinto di proprietà e le tendenze sociali. Non

è dunque necessario introdurre nel programma

un capitolo nel quale queste tendenze siano ana-

lizzate o dove si cerchi di far prendere speciale

coscienza di questo tipo di stimoli interni.

Tutt’al più, in certe occasioni, dovremo preparare

il fanciullo ad acquistare, a poco a poco, questa

coscienza, traendo occasione da fatti vissuti e

che non potrebbero essere provocati senza esse-

re artificiali o troppo astratti. Evidentemente si tratta della scuola elementare, e particolarmente dei primi

quattro anni di essa. È un’altra cosa quando si tratta delle classi superiori (dai 10 ai 14 anni) oppure della

scuola secondaria (dai 12 ai 18 anni). Per queste si dovrebbe cercare di dedicate una parte dei programmi e

di concentrare i corsi di morale, di scienze naturali, igiene, storia e geografia e anche di letteratura intorno a

centri che prenderanno come perno questi stimolanti. Effettivamente, ci si può di già basare sull’esperienza

personale del fanciullo ed aiutarsi con materiali di studio relativi alle esperienze di adulti contemporanei o

vissuti nel passato.

Conclusioni. Arrivati al termine di questo studio, che aveva per scopo di mettere in luce l’importanza dell’at-

tività globalizzatrice nell’insegnamento in generale, crediamo utile riassumerne i punti principali:

1. L’attività globalizzatrice fa il ponte fra l’attività istintiva e l’attività superiore dell’intelligenza.

2. Essa si connette con la prima per gli stimoli che la determinano e con la seconda per le possibilità di

adattamento di nuove condizioni.

3. Essa funziona spontaneamente nel fanciullo e permette acquisizioni importanti come il linguaggio, le

conoscenze dell’ambiente materiale, vivente, sociale ed anche l’adattamento ad una serie di forme di atti-

vità.

4. La madre se ne serve, incoscientemente, per educate il fanciullo e fargli apprendere varie nozioni pratiche,

importanti, particolarmente il linguaggio.

La scuola soddisfa il bisogno di conoscere se garantisce l’incon-tro con oggetti e fatti, sollecitando il lavoro manuale e gli istinti

sociali, suscitando l’attività globalizzatrice.

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A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

lo sviluppo di tutte le facoltà. Si tratta di bisogni nel sensoproprio del termine, legati alle funzioni adattative, tipichedella specie umana. «Come il primitivo, il fanciullo, gui-dato dal suo istinto di conservazione personale — scrivea questo proposito Decroly — non chiede dapprimadi conoscere che quello che gli è direttamente utile onocivo, buono o cattivo per lui, ciò che può fargli beneo male, ciò che può essere fonte di gioia o di dolore.Egli ne trarrà senza dubbio regole generali provvisoriesui vantaggi e sugli inconvenienti di tutto quello che locirconda; ora, l’osservazione dei fatti considerati sottoquesto aspetto costituisce precisamente […] una dellecondizione per eccellenza di percezione, pensieri e di atti,effettuati con l’aiuto dell’attività globale».La psicologia del bambino appare dominata da unmodello sincretico di funzionamento. Per questo motivoritiene che sia necessario il superamento della didatticatradizionale, suddivisa in materie distinte, sostituendolacon un insegnamento centrato sugli interessi e sui biso-gni concreti del gruppo-classe. L’attività scolastica vienepertanto strutturata come un ambiente in cui ogni alun-no si avvicina gradualmente alle varie proposte di lavoro,organizzate attorno a tematiche globali, i cosiddetti cen-tri di interesse, adattati e graduati a seconda dell’età.Seguendo questa procedura, l’insegnante propone unargomento relativo ad uno di questi interessi e lo trasfor-ma nel centro di tutta l’attività scolastica, per un certoperiodo di tempo.L’apprendimento procede così dal concreto e dallaglobalità delle cose, rispondendo ad una funzione diglobalizzazione che Decroly ritiene innata e spontaneanel bambino. Secondo il metodo globale l’approccio allaconoscenza parte dal tutto e successivamente si espandeall’analisi dei particolari, trovando un’applicazione intutte le forme di apprendimento, ma in particolare nellalettura: secondo il metodo globale occorre infatti primapresentare le parole intere e successivamente le sillabe e

le lettere, in quanto la lingua è composta di unità funzio-nali, percepite direttamente dai bambini come elementidiscreti.

1.6 MARIA MONTESSORI:LA PRIMA DONNA MEDICO IN ITALIA

Maria Montessori nasce a Chiaravalle, in provincia diAncona, nel 1870 e si laurea in Medicina e Chirurgia nel1896 all’università di Roma, divenendo, non senza dif-ficoltà, la prima donna medico d’Italia. La sua iscrizionealla facoltà è infatti ostacolata dal Ministro Baccelli e solol’intercessione del Papa Leone XIII le permette di conse-guire il risultato desiderato. I suoi interessi si rivolgono inmodo particolare all’antropologia: per preparare la tesiin psichiatria, sotto la guida di Giuseppe F. Montesano,segue infatti le lezioni di Giuseppe Sergi, e dopo la laurea– nel 1904 – è proprio in questa disciplina che ottiene lalibera docenza.Il lavoro svolto all’interno della clinica psichiatrica univer-sitaria predispone il suo percorso nello studio dei bambinianormali, sollecitato anche dalla lettura dei testi di JeanMarc Itard e di Edouard Seguin, gli studiosi francesi chea metà ‘800 avevano affrontato in modo sistematico laproblematica dei bambini minorati mentali. Itard, autoredel famoso volume Il bambino selvaggio, era stato inoltreprotagonista di un esperimento educativo nei confrontidi Victor, un fanciullo trovato nelle foreste del Giurafranco-svizzero, e cresciuto dagli animali.L’incontro con la pedagogia si rivela quindi già tracciatoe gli anni appena successivi alla laurea vedono MariaMontessori fortemente coinvolta nei congressi pedago-gici: nel 1898 presenta a Torino i primi risultati delle sueesperienze condotte a Roma, esponendo una relazioneaccorata sulla condizione dell’infanzia e sulla necessitàdi un rinnovamento educativo del paese. Iniziano poi i

5. È indicato ricorrervi soprattutto durante il periodo di transizione che va dall’educazione materna a quella

che si attua con metodi più logici ed astratti.

6. Essa può essere applicata non solamente nella iniziazione alle tecniche (lettura, scrittura, ortografia),

ma anche ai rami di conoscenze relative alla natura e all’uomo (scienze naturali, storia, geografia) e all’e-

spressione di queste conoscenze nella lingua materna o in altra lingua (composizione, lingue classiche e

moderne, disegno, etc.).

7. All’inizio dello studio dell’aritmetica e della matematica si deve tener conto dell’attività globalizzatrice.

8. Siccome condizione essenziale perché intervenga l’attività globalizzatrice è che l’interesse sia sollecitato,

troviamo nelle considerazioni suaccennate a questo proposito una nuova conferma dell’importanza di

basare l’insegnamento delle materie sugli interessi del fanciullo ed anche di collegare l’insegnamento delle

tecniche all’insegnamento delle conoscenze (centri d’interesse).

(O. Decroly, La funzione di globalizzazione e l’insegnamento (1929),trad. it. M. Valeri, La Nuova Italia, Firenze 1964, pp. 48-52)

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> La nascita della psicopedagogia A1

viaggi all’estero, in parte legati a missioni scientifiche, inparte dedicati alla causa del femminismo, di cui è statauna delle più attive protagoniste: nel 1896 è presente alCongresso femminile di Berlino e nel 1899 a quello diLondra.La libera docenza del 1904 le consente di consolidare lasua attività pratica a Roma, dove nel 1907, nel quartierepopolare di S. Lorenzo, apre la prima Casa dei Bambini,in cui applica quello che lei stessa definisce il metododella pedagogia scientifica. Dello stesso anno sono lepubblicazioni delle Lezioni di Antropologia pedagogicae de Il metodo della pedagogia scientifica, opera che lepermette di essere conosciuta in tutto il mondo, graziealla traduzione inglese. Negli Stati Uniti Montessori giun-ge nel 1913, accolta in modo trionfale e considerata daigiornali americani «la donna più interessante d’Europa».Gli anni venti segnano l’inizio della fortuna del meto-do montessoriano: nascono infatti nel 1924 la Scuolamagistrale Montessori e l’Opera nazionale Montessori,istituita come ente morale con il sostegno del regimefascista, e Benito Mussolini ne viene nominato Presidenteonorario. I rapporti di Montessori con il fascismo sonotuttavia piuttosto ambigui e finalizzati ad un reciprocovantaggio: la studiosa pensava che il sostegno del regimepotesse essere utile alla diffusione delle sue istituzioni, einfatti così è stato, almeno fino alla metà degli anni ‘20;d’altra parte per il Duce, apparire legato ad una figuracosì prestigiosa, poteva significare un buon mezzo diaccreditamento, soprattutto nei confronti dei paesi este-

ri, piuttosto scettici nei confronti della sua dittatura. Lasua sorte è segnata agli inizi degli anni ‘30, nel momentoin cui rompe con il fascismo, attraverso la pubblicazionedi opere come La pace e l’educazione (1933) e in seguitoalle critiche sempre più aperte mosse da Giuseppe Lom-bardo-Radice, nominato nel 1924 direttore generale delMinistero dell’educazione, sostenitore del modello peda-gogico proposto da Rosa e Carolina Agazzi. È lo stessoLombardo-Radice a denunciare la scarsa originalità deilavori montessoriani, ripresi, a suo modo di vedere, dalleopere delle sorelle bresciane, che avrebbero realizzato lavera strada italiana per l’educazione del bambino.Nel 1933 Maria Montessori si dimette dall’Opera Nazio-nale, che viene definitivamente chiusa tre anni dopo.Abbandona quindi l’Italia e si trasferisce dapprima inIndia, durante l’intero periodo della seconda guerramondiale, e poi in Olanda, dove muore a Noordwijk,nel 1952. In Olanda ha sede l’Associazione MontessoriInternazionale (AMI), da lei stessa fondata.

1.7 ANTROPOLOGIA E METODIDI STUDIO DELL’INFANZIA

Il lavoro educativo di Montessori ha inizio con la scopertadei metodi antropologici come strumenti indispensabiliper conoscere la natura del bambino. L’antropologiaeredita dalla zoologia il metodo d’indagine, «la descri-zione del soggetto principalmente considerato nella suapersonalità somatica, ma anche in quella fisiologica epsichica». I soggetti deboli sono considerati come dei«degenerati», ma non in senso assoluto, come veniva-no descritti da Cesare Lombroso; spesso le cause cherendevano i bambini anormali o frenastenici, così comeMontessori li definiva, erano dovute a fattori ambientalie sociali, legati alla mancanza di una giusta educazionesociale: un’educazione intesa come medicina dunque,anche se preventiva, convinzione derivante dalla suaformazione culturale. Scrive infatti in Antropologia peda-gogica (1910) che «noi educatori non dobbiamo dimen-ticare che abbiamo cominciato l’epoca della salute dellospirito; perché credo che i veri medici e gli infermieri diquesta nuova cura siamo noi».Ma un’indagine sull’uomo concreto non può essere con-dotta se non si comprendono fino in fondo le condizioni“fisiologiche” dei singoli individui. Per questa ragioneriprende gli studi eseguiti da Achille De Giovanni sui tipifisiologici, analizzati da un punto di vista più legato allapsicologia. Propone infatti di valutare «gli scolari dellescuole» con i metodi dell’antropologia, finalizzando l’in-dagine verso obiettivi concreti e ricorrendo a strumenticonoscitivi in grado di classificare i bambini sulla basedelle differenti caratteristiche di personalità. Il piano di

> Maria Montessori (1870-1952) dopo la laureain psichiatria ottiene la libera docenza in

antropologia; interessata allo studio dei bambinianormali, orienta in modo sempre più netto il suoimpegno scientifico verso la pedagogia, aprendonel 1907 la prima Casa dei Bambini, esperienza

che contribuisce a diffondere il metodomontessoriano in tutto il mondo.

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A La pedagogia del ‘900 e le scuole attive

lavoro che Montessori propone nelle sue prime opere— Antropologia pedagogica e soprattutto Il metododella pedagogia scientifica — parte dall’utilizzo di unostrumentario in grado di raccogliere quante più infor-mazioni possibili circa il concreto stato psico-fisico di cia-scun fanciullo scolarizzato. È un metodo che possiamodefinire anamnestico, nel senso che cerca di produrreuno spaccato fotografico, particolareggiato ed accuratodello scolaro, al fine di comprendere la sua individualitàvivente, reale e concreta. Montessori indirizza dunque ilsuo sguardo verso l’umanità vera, andando oltre l’antro-pologia generale, ancora piuttosto distante dai problemiesistenziali dei singoli individui.La pedagogia scientifica trae origine da una conoscenzaprecisa di ogni scolaro perché solo una precisa ricostru-zione delle sue condizioni fisiologiche, dei suoi rapportiantropometrici, nonché della sua provenienza sociale —con ciò che questo implica per le sue condizioni di salutecomplessive — può costituire quella trama di base sucui l’ordito pedagogico intesserà lo sviluppo di un uomomoralmente e fisicamente sano. A questo è funzionalel’effettiva pignoleria dei suoi metodi: in realtà il datoantropometrico, che appare in certi casi eccessivo, non èmai ricercato come fine a se stesso, ma costantementemesso in relazione al problema che con esso si intendesuperare. Non si crescono bambini astratti, ma essericoncreti e articolati, dotati di una certa capacità cranica odi un determinato tono muscolare, che – insieme ai datisociologici – permettono di operare in modo individualiz-zato per elevarne le prestazioni o compensarle, qualorasi siano rivelate insufficienti.

La raccolta di queste informazioni è garantita dal ricorso adue metodi principali: l’osservazione, da cui ha origine quel-la che Montessori chiama antroposcopia, e la misurazionedegli indici anatomici e fisiologici, l’antropometria. Nellamisurazione occorrono strumenti particolari quali il gonio-metro o il dinamografo, necessari per valutare la normalitàdei processi di crescita, legati al corpo del bambino, maanche la semplice osservazione richiede un atteggiamentoscientifico, affidandosi a una stretta aderenza all’oggetti-vità. «Nell’osservazione – scrive Montessori – ci occorre direndere noi stessi simili a strumenti, cioè di spogliarci dellanostra personalità, di ogni preconcetto, per divenire capacidi raccogliere obiettivamente la realtà». Occorre per questouna particolare preparazione e un addestramento tecnico,che si impara operando direttamente nella realtà. Ma l’in-dagine osservativa e quantitativa servono a poco se da essenon si possono indurre delle leggi universali dello sviluppo,pertanto il ricorso all’analisi statistica diviene indispensabile.Scrive a tale proposito che «i dati raccolti con le misura-zioni possono raggrupparsi secondo il metodo statistico,rappresentarsi in grafici e calcolarsi con applicazioni dellamatematica alla biologia; oggi anzi la biometria e la biosta-tistica tendono ad assumere così vasto sviluppo, da formarescienze indipendenti».In definitiva, attraverso il metodo scientifico, la pedago-gia montessoriana acquisisce gli strumenti per elaborareuna puntuale anamnesi delle condizioni reali dei bambi-ni, fornendo la base empirica di dati – il substrato orga-nico – su cui si innesta il processo educativo, da cui puòavere inizio l’opera di cambiamento e di riabilitazionepsico-fisica.

> Le misurazioni antropometriche servonoa valutare la normalità del processo di

crescita; non vengono mai assunte in sensoassoluto, ma sempre poste in relazione ad altri

dati, ad esempio di natura sociologica, per“conoscere” scientificamente il bambino, inmodo da intervenire nel modo più adeguato

alla sua educazione. Il craniometro, provvisto digoniometro e compasso, è conservato presso il

Museo di Storia Naturale di Firenze.

> Il compasso a branche dritte (a sinistra), definitoanche compasso di spessore o calibro, consentedi misurare la distanza in linea retta tra due punti

e gli spessori; il compasso a branche curve (adestra) permette di ottenere misurazioni evitando

le irregolarità e le curve, come nel caso delcranio. Entrambi gli strumenti venivano impiegati

per compiere misurazioni antropometriche sulvivente.

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