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A cura della Commissione Diritto del Lavoro IL COLLEGATO LAVORO 14 dicembre 2010

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IL COLLEGATO LAVORO

14 dicembre 2010

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A cura della Commissione Diritto del Lavoro

RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

AUTORI DEL DOCUMENTO

Lorenzo Di Pace - Presidente Renato Cinque - Vice Presidente

Componenti:Giuseppe Carbone Salvatore Catarraso Andrea Costa Mario BortoneFabio Diano Roberto Di Lorenzo Angela FuscoSergio Lombardi Beatrice Lotesoriere Sante Macera Ferdinando MarchettiFilippo Mengucci Andrea Pecci Paolo PizzutiCampo Placido Lino SchinaSandro Tulli

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INDICE

Prefazione Pag. 4

Il potenziamento della certificazione dei contratti di lavoro Pag. 7

Arbitrato e conciliazione Pag. 16

La rivoluzione dei verbali per gli ispettori del lavoro Pag. 22

L’impugnativa sui licenziamenti e le sanzioni per il lavoro a termine Pag. 29

Il lavoro sommerso novità sulla maxisanzione Pag. 32

L’apprendistato come incentivo al completamento dell’obbligo scolastico Pag. 35

Le novità del Collegato sulle Agenzie per il Lavoro Pag. 40

Le novità sui contratti di collaborazione Pag. 46

Le novità sull’indennità per cessazione dell’attività per i commrcianti in crisi Pag. 52

Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti Pag. 55

La delega al Governo sugli ammortizzatori sociali Pag. 59

La delega al Governo sui congedi e permessi Pag. 62

Le novità del Collegato Lavoro per il Pubblico Impiego Pag. 64I permessi per l’assistenza ai disabili e i certificati di malattia Pag. 68Violazioni amministrative in materia di mancato godimento di riposi, ferie e orario di lavoro Pag. 72

Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28 D.M. 180/2010 Pag. 74

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Prefazione

La legge 4 novembre 2010 n. 183 sul Collegato Lavoro, pur se arricchita nel suo iter formativo da disposizioni che spaziano in altre aree di intervento sempre in materia del lavoro, rinviene la sua filosofia nel ricercare soluzioni alternative al proliferarsi delle cause di giustizia del lavoro.

I processi in tale ambito hanno raggiunto una consistenza numerica impressionante ed ogni anno ulteriori cause originano materia giuslavoristica da affrontare, determinando in tal modo, una paralisi del sistema e una temporalità nelle attese di giustizia che può arrivare anche a sette/dieci anni.

Era opportuno pertanto, mettere in campo iniziative che esercitassero un freno avverso tale proliferazione, introducendo, in sintonia con le parti datoriali e sociali, alcuni validi strumenti alternativi che superassero questo sistema non più in grado di reggere in questo modo.

Il potenziamento della certificazione dei contratti di lavoro (indistintamente tutti i tipi di contratti di lavoro), l’inserimento di ulteriore clausole di tipizzazione di licenziamento e nuove norme procedurali di arbitrati per la risoluzione delle controversie prima di adire alla giustizia del lavoro, rappresentano i pilastri fondamentali di una legge che si auspica col tempo, perseguire lo scopo prefissato, con la logica di un cambiamento mentale e culturale sulle questioni sollevate.

Lo sforzo è stato notevole considerato anche il lungo iter parlamentare che il disegno di legge ha subito, rimandato oltretutto alle Camere dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione in quanto suscettibile di obiezioni, in particolare sull’articolo 31 in tema di arbitrato irrituale, per gli aspetti critici che una norma non ben definita, consentisse una ridotta tutela dei diritti del lavoratore sulla reale volontà di accettare a monte la devoluzione della risoluzione delle controversie.

Il testo che al termine di questo iter legislativo è uscito, facendo spola tra le Camere Parlamentari, ci sembra rappresenti un giusto equilibrio tra l’intento di perseguire lo scopo di uno sfoltimento delle aule di giustizia per la trattazione delle controversie in materia di lavoro e la tutela dei diritti del lavoratore, rimandando la sottoscrizione di patti speciali tra datore di lavoro e lavoratore in un momento successivo all’instaurazione del rapporto stesso, sempre comunque in via facoltativa e previa accettazione delle clausole compromissorie, certificate nelle sedi abilitate a pena di nullità, con l’eventuale ausilio di un avvocato o rappresentante sindacale.

La riformulazione di parte dell’art. 412 del Codice di Procedura Civile in tema di arbitrato e di conciliazione, per effetto dell’art. 31 della Legge Collegato Lavoro, rappresenta proprio il fulcro della filosofia del provvedimento che ha nel suo spirito l’intenzione di mitigare quell’atteggiamento ostile che molte volte si determina in un rapporto di lavoro tra le parti, spesso su questioni futili e facilmente dirimibili.

Non c’è dubbio che queste alternative, normativamente non innovative, in quanto già preesistenti in precedenti disposizioni legislative senza però sortire l’effetto auspicato, devono far riflettere tutte le parti coinvolte e quindi anche i consulenti professionisti che seguono le loro aziende assistite.

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A prescindere da tutto quello che la contrattazione collettiva riuscirà a disciplinare nel settore della conciliazione e devoluzione delle controversie ad arbitrati, c’è bisogno di un cambiamento radicale nella cultura di questo istituto affinchè, le eventuali discrepanze insorte in un rapporto di lavoro, a volte anche di scarso rilievo, vengano risolte e concordate con strumenti di facile accessibilità e che portano ambedue le parti ad una soddisfazione reciproca, soprattutto in un lasso di tempo congruo che non è certamente quello che si ottiene attraverso la giustizia ordinaria.

Un altro importante tassello della legge sul Collegato Lavoro è rappresentato dall’art. 32, recante norme sulle modalità e i termini per l’impugnazione dei licenziamenti individuali.

Tale articolo, fermo restando il termine dei 60 giorni per l’impugnativa del licenziamento con qualsiasi atto scritto, incide fortemente sull’art. 6 della legge 604/96 inserendo una nuova norma procedurale che se non seguita, determina l’inefficacietà della stessa.

La norma prevede entro il termine di 270 giorni successivo all’impugnazione, il deposito del ricorso in cancelleria del tribunale ovvero della richiesta alla controparte del tentativo di conciliazione o arbitrato, con la possibilità di produzione di ulteriori documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.

Se il tentativo di conciliazione o arbitrato non dovessero raggiungere alcun effetto, il ricorso al giudice deve essere proposto entro il successivo termine di 60 giorni dal rifiuto o mancato accordo a pena di decadenza.

E’ chiaro l’intento del legislatore di porre anche qui un freno alla proliferazione delle cause di lavoro, spesso per periodi irrisori, ma che se intraprese entro il tempo consentito dalle norme previgenti, possono per le micro e piccole aziende avere effetti devastanti, qualora condannate in sede di giudizio.

Non è inconsueto verificare, specie in momenti di crisi del mercato come quello che stiamo attraversando da qualche anno, aziende che di fronte ad una controversia di questo genere, si trovano a distanza di anni a subire un danno economico irreparabile che può portare anche alla distruzione della propria impresa o alla sua cessazione per impossibilità sopravvenuta a farvi fronte.

Era pertanto necessario agire con energia anche su questo versante, ponendo dei paletti ben precisi, senza ledere i diritti del lavoratore, ma fornendo al tempo stesso al datore di lavoro, una forma di tutela che salvaguardasse il futuro della sua azienda, nell’ottica della possibile insorgenza di una controversia di lavoro a distanza di anni.

Il Collegato lavoro nei suoi 50 articoli come detto inizialmente, spazia anche in altre aree d’intervento, provvedimenti che non hanno trovato collocazione in altre disposizioni legislative e che sono stati inseriti in tale legge; si va dalle sanzioni per le violazioni sull’orario di lavoro, alla revisione delle maxisanzioni per il lavoro sommerso ( altro tema scottante ), alla revisione dei permessi per i portatori di handicap al risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, dalla conferma di indennizzo ai commercianti che cessano l’attività in base a determinati requisiti e parametri alla equiparazione delle sanzioni penali nei casi di mancato versamento delle quote dei contributi a carico anche dei lavoratori

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parasubordinati, oltre a tutta una serie di disposizioni particolari che interessano anche il comparto del pubblico impiego.

Il Collegato Lavoro interviene anche su un altro aspetto di primaria e delicata importanza: la delega al Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di apprendistato.

Nel frattempo viene di nuovo rivista la norma che riduce l’età dell’apprendistato, stabilendo che l’obbligo di istruzione previsto dall’art. 1 comma 662 della legge 296/2006, e successive modificazioni, si assolve anche nei percorsi con qualifica di apprendistato per il completamento dell’obbligo scolastico.

Da segnalare tuttavia, con un’attenzione maggiore rispetto alle altre disposizioni, la rivoluzione dei verbali in materia di ispezioni sul lavoro, previsto dall’art. 33 della legge, che modifica l’art. 13 del D.lgs 124/2004.

I verbali diventano solamente due, uno di primo accesso estremamente importante al termine delle attività preliminari di verifica, il secondo al termine dell’accertamento con notifica al trasgressore e all’eventuale obbligato in solido, con l’esito, la possibilità di diffidare gli illeciti o nell’impossibilità, l’accesso alle sanzioni ridotte ed alle eventuali diffide.

Dopo il grande cambiamento che la c.d. legge Biagi ha apportato nel settore del lavoro, non c’è dubbio che il Collegato Lavoro è un altro di quei provvedimenti di portata sostanziale ed epocale che inciderà profondamente sui temi accennati, contribuendo a modificare l’approccio culturale di ogni parte in causa.

La presente dispensa che la Commissione Diritto del Lavoro dell’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma ha predisposto, vuole costituire un primo contributo generale di carattere sistematico e non certamente esaustivo, delle principali novità e modifiche introdotte dalla legge.

I temi affrontati saranno oggetto di analisi più approfondite nel corso dell’anno a venire attraverso i consueti appuntamenti formativi di competenza, in funzione delle circolari esplicative e normative correlate che il Ministero e gli Enti di competenza emaneranno.

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Il potenziamento della certificazione dei contratti di lavoro

INTRODUZIONE

LE NOVELLAZIONI DEL COLLEGATO LAVORO

Le novellazioni del “Collegato Lavoro”

Con il provvedimento legislativo del 4 novembre 2010 è giunto in porto, trascorsi oltre due anni di confronto-scontro, il disegno di legge denominato “collegato lavoro”.

La manovra di finanza pubblica 2010 taglia quindi il traguardo in un arco temporale asimmetrico rispetto agli indirizzi programmatici ed alle correlate azioni sistematicamente inserite nella legge finanziaria 2010.

Il “Collegato Lavoro” 2010 varia numerose prescrizioni in materia di lavoro, modifica le regole della conciliazione ed arbitrato in ambito gius-lavoristico ed interviene sulle norme di attuazione della “legge Biagi” L.30/2003.

Tra le previsioni legali di immediata vigenza si evidenziano:- la inedita misura della sanzione amministrativa per l’accertamento di lavoro “informale” che si riporta alla esclusiva natura subordinata;- lo spirare del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie di lavoro individuali.- l’impugnazione del licenziamento diviene inefficace qualora entro i successivi 270 giorni il ricorso giurisdizionale non sia depositato in tribunale o non sia comunicata alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato;- la certificazione del contratto di lavoro spiega efficacia anche in sede giudiziale, nella qualificazione della tipizzazione negoziale e nella dimensione ermeneutica delle clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni soggettive delle parti, esplicitate in sede di certificazione, ad eccezione il caso di erronea fissazione del “nomen iuris” del rapporto/contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il contenuto pattizio certificato e la relativa attuazione concreta;- per le attività ispettiva che eccedono la scansione temporale di un giorno deve essere emesso e rilasciato il verbale di primo accesso contenente elementi formali obbligatori;- i prestatori di lavoro pubblico possono richiedere l’aspettativa non retribuita per un arco temporale massimo di mesi dodici anche per iniziare attività di impresa o libero-professionali.

L’Esecutivo è, altresì, delegato a rielaborare l’impianto sistematico degli ammortizzatori sociali, dei congedi-aspettative-permessi, dei servizi per l’impiego, del pensionamento anticipato per lavori usuranti onde tentare di ridurre la mostruosa escrescenza dell’impianto legale.

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CERTIFICAZIONE

1.1 Clausole generali e certificazione del contratto.

Nel variare la regolamentazione relativa a certune tipologie negoziali, c.d.”flessibili”, ed introducendone di novelle, il decreto legislativo del 10 settembre 2003, n. 276 ha disciplinato una specifica procedura di certificazione su base volontaria del contratto predisposto dalle parti, con l’intento di far diminuire il contenzioso in tema di individuazione della tipologia di contratti.

In particolare l’art. 75 del D.Lgs.273/2003, così come modificato dal D.Lgs.251/2004, si riferisce a tutti i rapporti di lavoro e prevede che la certificazione sia richiesta consensualmente e volontariamente dalle parti, innanzi alle Commissioni di certificazione.

In tal guisa la finalità legislativa sociale e liberale, è stata quella di concedere forza legale al contratto, riducendo i casi di ricorso in giudizio alle sole ipotesi di erronea qualificazione del contratto, difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione o vizi del consenso e conservando efficacia fino all’accoglimento dei ricorsi giurisdizionali.

Potrebbe esser utile proporre, tentando una potatura di possibili dimenticanze, riportarci alla scansione temporale dal 1997 al 1998 ed alle riflessioni (Biagi-Tiraboschi su incarico Treu ex responsabile dicastero del lavoro) sul tema dello “statuto del lavori” nella “società delle conoscenze” rammentando gli aspetti maggiormente significativi come:1- la oggettiva impossibilità di blindare, attraverso un meccanismo burocratico, solo per la particolare sede in cui viene resa la dichiarazione negoziale, la qualificazione decisa dalle parti al rapporto di lavoro. 2- l’esistenza di norme inderogabili e di vincoli nella scelta del tipo negoziale non può né automaticamente comprimere l’autonomia negoziale nella pattuizione contenutistica né – posto il rapporto di durata – limitare il sindacato giudiziale sulla corrispondenza tra quanto dichiarato dalle parti circa la qualificazione ed il contenuto contrattuale e quanto concretamente realizzato attualmente. La dichiarazione amministrativa nulla cambia sotto il profilo probatorio sarà sempre il ricorrente a dimostrare ex art. 2697 c.c. i fatti a fondamento della domanda giudiziale non escludendo attività in tal senso promosse da enti autarchici contro contratti simulatori o non coerenti qualificazioni;3- la assunzione dell’esistenza di spazi residui ma sufficienti nel nostro ordinamento per ipotizzare un meccanismo che garantisca alle parti di fare affidamento su una determinata qualificazione del rapporto, a condizione che:a- vi sia una via sostanziale corrispondenza tra quanto dichiarato in sede amministrativa e quanto di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto;b- si distingua sul piano sostanziale tra una area di inderogabilità assoluta o di ordine pubblico ( principi costituzionali come: salute, libertà, sicurezza, maternità, retribuzione sufficiente, …liberazione dal bisogno) ed una area di derogabilità relativa governabile dalle parti sia in sede di autonomia collettiva per le parti collettive, che in ambito di costituzione del rapporto di lavoro dalle parti individuali in tal caso davanti all’organo amministrativo ( retribuzioni oltre le condizioni minime di vita, gestione dei percorsi di carriera, durata del preavviso, stabilità del rapporto, trattamento in caso di sospensione del rapporto, modulazione dell’orario di lavoro, etc,);4- la necessità di verificare la plausibilità del meccanismo di certificazione dei rapporti di lavoro con l’idea che l’organo amministrativo, davanti al quale vengono “certificati” i contratti di lavoro possa svolgere anche una sorta di ruolo di “giudice” di prima istanza nel caso dell’insorgere di una controversia sulla qualificazione ex post del rapporto stesso, con relativo potere di “parziale sbarramento” ( probatorio, ma non

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certo sostanziale né procedurale) alla prosecuzione della controversia in sede giurisdizionale.

La procedura di certificazione è volontaria, le parti che desiderino azionarla devono presentare istanza alla Commissione ( art. 78) , nella cui circoscrizione si trova l’azienda o una sua dipendenza nella quale sarà addetto il lavoratore titolare del contratto da certificare. L’art. 81 del D.Lgs. 276/2003 prevede un esplicito riferimento alle competenze delle sedi di certificazione indicando la ulteriore funzione di consulenza e di assistenza effettiva alle parti sia in ordine alla stipulazione del contratto e del relativo programma pattizio che in relazione alle variazioni del programma negoziale concordate in sede di attuazione del rapporto di lavoro. La L.183/2010 al 4° comma dell’art.30 varia ampliando l’ambito oggettivo dell’art.75 del D.Lgs.276/2003 in materia di intervento della procedura di certificazione, applicabile non esclusivamente in relazione al “nomen iuris” dei contratti ma anche al contenzioso in materia di lavoro. La procedura di certificazione trova inoltre operativa applicazione (art. 82) alle rinunzie e transazioni del prestatore di lavoro, al deposito del regolamento interno delle cooperative (art.83), alla stipulazione dei contratti di appalto ed attuazione del relativo programma negoziale anche ai fini della effettiva differenziazione tra appalto e somministrazione di lavoro (art.84). Il nuovo contenuto testuale dell’art. 75 prevede che la certificazione può, adesso, essere domandata con estensione a tutti i contratti in cui sia desunta una prestazione di lavoro. Il testo previgente dell’art. 75 indicava nella riduzione del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro la finalità del disposto normativo a cui si offriva approdo sicuro attraverso la certificazione del contratto. Il nuovo testo del predetto articolo, pur prevedendo lo scopo sempre nella riduzione del contenzioso, amplia l’ambito abbracciando tutta la materia del lavoro e non solo la qualificazione del contratto e di converso la nuova certificazione si estende ai contratti in cui sia dedotta, direttamente od indirettamente, una prestazione di lavoro. Le modifiche legali promananti dalla L.183/2010 si indirizzano anche sulle Commissioni di certificazione, e tra queste, per quelle insediata presso i Consigli provinciali dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. L’art.76 del D.Lgs.276/2003 dispone che le Commissioni di certificazione possono essere istituite presso:- gli Enti bilaterali, costituiti su iniziativa di associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentativi. Tali enti, ex art. 82 D.Lgs.276/2003 possono altresì certificare le rinunzie e le transizioni es x art. 2113 c.c.;- le Direzioni provinciali del Lavoro;- le Università, pubbliche e private, esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo;- il Ministero del lavoro e PP.SS. ( Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro nel caso di datore di lavoro con sedi di lavoro in almeno due province o casi di datori associati ad organizzazioni imprenditoriali in convenzione;- i Consiglio provinciali dei Consulenti del lavoro ex L.12/79, per i soli contratti instaurati in ambito territoriale e secondo intese e con funzioni di coordinamento e vigilanza da parte del Min.lav.per aspetti organizzativi.

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All’atto della costituzione delle Commissioni di certificazione sono determinate le procedure di certificazione, avendo come assunto generale il rispetto dei codici di buone pratiche e di specifici principi. In ordine alla emanazione dei codici di buone pratiche il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ha un termine temporale di sei mesi affinché da un lato, adotti con proprio decreto codici indirizzati alla individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro ( con specifico riferimento ai diritti e trattamenti economici e normativi) e dall’altro – senza obblighi temporali - definisca appositi moduli e formulari, che tengano conto degli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia di qualificazione del contratto di lavoro.

In riferimento ai principi specifici, possono essere indicati a titolo di esempio i principi:- della motivazione dell’atto di certificazione che deve accogliere la espressa menzione dell’efficacia giuridica in ambito civile, amministrativo, previdenziale o fiscale degli effetti promananti ed in relazione ai quali le parti richiedono la procedura di certificazione;- del diritto di pubbliche autorità, verso cui l’atto di certificazione è diretto, di presentare osservazioni alle commissioni di certificazione.

La valida motivazione e l’indicazione della autorità ed il termine entro cui eventualmente ricorrere devono essere espressamente indicate nell’atto di certificazione. Il richiamo al diritto amministrativo in ambito di contenzioso ci indirizza, nei casi di violazione del procedimento (o per eccesso di potere ovvero per i reati tipici della pubblica amministrazione) al Tribunale amministrativo ovvero, in relazione alle questioni di non coerente qualificazione negoziale o incongruenza tra programma negoziale certificato e concreta attuazione dello stesso e ancora per vizi del consenso al Tribunale del Lavoro. Si è ampliata in modo determinante, ex art.30 L.183/2010, l’ambito di intervento delle Commissioni di certificazione che sono investite di nuovi compiti ed attività.

1.2. Sindacato di merito e di legittimità sulla disciplina negoziale generale

Il potere di controllo giudiziale, ex art. 30 c.1 “Collegato lavoro”, deve limitarsi all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni datoriale “d’impresa” ( determinazioni tecniche, organizzative e produttive riservate al datore di lavoro od al committente). Il sindacato giudiziale è quindi diretto all’appuramento dei presupposti di legittimità in ordine alle clausole generali (di fonte formale) afferenti i rapporti di lavoro subordinato privato, ai rapporti “parasubordinati” ex art.409 cpc ed al lavoro dipendenti nelle pubbliche amministrazioni ex art. 63 c.1 D.Lgs.165/2001 ed in particolare alle norme in tema di costituzione e di cessazione del rapporto di lavoro, di esercizio dei poteri datoriali e di trasferimento di azienda. Le controversie di lavoro, relative ai rapporti individuati dall’art. 409 cpc, ovvero come noto, ai rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di un impresa, ai rapporti a contratti agrari – salva la competenza speciale -, ai rapporti di agenzia e/o rappresentanza commerciale, ed altri rapporti di collaborazione cosiddetta “parasubordinazione”, ai rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici – esclusiva o prevalente attività economica -, ai rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblici - salvo non siano

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devoluti ad altra giurisdizione- sono regolati dal Capo II del Titolo IV relative al processo del lavoro. Rimangono in regime di diritto pubblico e come tali regolati dagli speciali ordinamenti “autoritativi” in deroga delle norme sulla “privatizzazione” dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici di cui all’art. 2 del D.Lgs.165/2001 i magistrati, gli avvocati ed i procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia dello Stato, il personale della carriera diplomatica e prefettizia, i dipendenti che svolgono attività di vigilanza dei valori mobiliari – Consob- di tutela della concorrenza e del mercato – Banca d’Italia e Autorità amministrativa indipendente garante della concorrenza e del mercato), il personale dipendente dei Vigili del Fuoco e della carriera dirigenziale penitenziaria, i professori ed i ricercatori universitari.

1.3. Effetti della certificazione

Fatti salvi i provvedimenti cautelari, gli effetti dell’atto certificato perdurano, anche nei confronti dei terzi, fino al momento dell’accoglimento della pronuncia di merito dei ricorsi giurisdizionali ( una sorta di “ultrattività”). La procedura di certificazione e l’atto promanante certificato, ex comma 2 art.30 L.183/2010, accentua, ora, la forza dello stesso rendendolo vincolante anche verso il giudice, il quale nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazione del regolamento negoziale contenuto in esso, non potrà discostarsi dalle valutazioni delle parti esplicitate in sede di certificazione del contratto, salvo nei casi di difformità tra la disciplina negoziale certificata e la sua concreta attuazione, i vizi del consenso e l’erronea fissazione del “nomen iuris”. Rimangono vincolati ai contenuti dell’atto certificato, anche le attività ispettive degli enti pubblici che in caso di lamentata difformità tra il contratto certificato ed attuazione del programma negoziale dovranno far accertare tale circostanza esclusivamente in sede giudiziale. Come noto, l’art.80 del D.Lgs.276/2003 prevede che le parti od i terzi interessati, possono proporre ricorso giurisdizionale ( rapporti ex art. 413 c.p.c.) sempre per erronea qualificazione del contratto e/o per difformità attuativa del programma negoziale certificato e/o per vizi del consenso. Gli effetti dell’accertamento giudiziale della erronea qualificazione decorrono “ex tunc” ovvero fin dal momento della conclusione dell’accordo, mentre la pronuncia giurisdizionale sulla difformità tra programma e attuazione dello stesso decorrono dal momento in la sentenza accerta la scansione temporale in cui si è manifestata tale discordanza. La presentazione del ricorso giurisdizionale è obbligatoriamente preceduta dalla richiesta di tentativo di conciliazione svolto ex art. 410 cpcp dinanzi alla medesima Commissione che ha certificato l’atto.

Infine, l’efficacia giuridica dell’accertamento eseguito dall’organo deputato alla certificazione( art. 76 D.Lgs.276/2003), con le novellazioni legali richiamate si realizzano, in ipotesi di contratti in corso di esecuzione, dal momento della conclusione del contratto ( ove la Commissione abbia appurato che l’attuazione dello steso è stata, anche nell’arco temporale precedente la propria attività istruttoria, fedele con l’appuramento certificatorio) ovvero, nel caso di contratti ancora non stipulati dalle parti, gli effetti si perfezionano solo dal momento in cui si provveda alla sottoscrizione delle parti ( con ogni eventuale rettifica o assestamento suggerite dalla Commissione che esercita complementari e connesse funzioni di consulenza ed assistenza)

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1.4. Individuazione dei motivi di recesso datoriale. Anche al fine di individuare, nel contratto individuale, circostanze-atti-eventi che possono ricondurre ad ipotesi di giusta causa o di giustificato motivo di licenziamento, le parti saranno facoltizzate a richiedere alla Commissioni di certificazione di tipizzare tali elementi.

Il giudice, ex comma 3 dell’art.30 “collegato lavoro” nella valutazione dei provvedimenti datoriali espulsivi, tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro stipulati con l’assistenza e consulenza delle Commissioni di certificazione. Il ruolo centrale delle Commissioni di certificazione, promanante dall’impianto sistematico della novellazione legale, si percepisce anche osserva il potenziamento della funzione consulenziale ed assistenziale che l’arti 81 del D.Lgs.276/2003 affida alle Commissioni richiamate. Aspetto particolarmente significativo, di logica “alternative dispute resolution” in tema di mediazione sociale ex D.Lgs.28/2010, può essere quello introdotto dall’art.88 “controriforma Biagi”che dispone che le parti ed i difensori hanno il dovere (non solo l’obbligo ) di comportarsi in giudizio con lealtà e probità e che il giudice nel pronunciare la condanna, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice se le ritiene eccessive e superflue ed indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese – anche non ripetibili -.

1.5 Nuovi ed impegnativi compiti e funzioni delle Commissioni di certificazione

Il “Collegato lavoro” prevede all’art.31 ulteriori funzioni per le Commissioni di certificazione.Il comma 10 esplicita la facoltà di tentare la composizione delle liti individuali di lavoro attraverso la compromettibilità in arbitri. Tale possibilità interviene secondo le modalità dell’art.412 c.p.c. presso la Commissione di conciliazione ovvero dell’art.412 quater presso il Collegio di conciliazione e arbitrato irritale a condizione che tale evenienza sia disciplinata da accordi interconfederali e contratti collettivi di lavoro stipulati nell’ambito dell’ordinamento intersindacale in chiave di comparatività ovvero che la clausola compromissoria sia stata certificata da una Commissione di certificazione che ne accerti la effettiva volontà delle parti di affidare ad arbitri le controversie che dovessero insorgere nel corso del rapporto.

Quasi a mò di contrappeso, non cadendo nella surrettizia riflessione di considerarla un pleonasmo costitutivo, viene espressa la facoltà delle parti di farsi assistere avanti le Commissioni di certificazione da un legale o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o professionale a cui sia stato conferito mandato.

La clausola compromissoria, che non può inerire la cessazione del rapporto di lavoro, non può essere negoziata prima dello spirare del periodo di reciproco esperimento di prova ( se non previsto non prima di giorni trenta dalla data di stipulazione).

Presso le sedi di certificazione, ex art. 76 D.Lgs.276/2003, potrà, ex art. 31 comma 11 del “Collegato lavoro”, essere svolto il tentativo di conciliazione di cui all’art.410 cpc.

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RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

Le Commissioni di certificazione in osservanza del comma 12 dell’art.31 c.l. possono dar vita a camere arbitrali ( ovvero concludere convenzioni per costituire camere arbitrali unitarie) per la composizione di liti di lavoro tramite arbitrato irritale.

Proseguendo nella illustrazione delle nuove funzioni certificatorie si assume dalla lettura del comma 13 dell’emarginato articolo 31 c.l. la facoltà delle Commissioni di certificazione di costituirsi quali sedi per il tentativo di conciliazione ex art. 410 cpc così come modificato dal 1°comma dell’art.31 c.l.

In riferimento al comma 14 art.31 c.l., tutte le sedi di certificazione, ex art. 76 “controriforma Biagi” ( non più solo le sedi costituite nell’ambito degli enti bilaterali) , sono investite dell’accertamento delle condotte abdicative/transattive (rinunzie/transazioni ex art. 2113 c.c.) delle parti .

Le sedi come sopra indicate, ex comma 15 art. 31 c.l. ( che abroga l’esclusiva alle Direzioni prov.del lavoro), potranno certificare il regolamento delle cooperative in ordine alla tipologia dei rapporti di lavoro in corso di svolgimento, costituendi e da attuare, in concorso od in via alternativa, con i soci lavoratori ex L.142/2001

1.6 Devoluzione in arbitri.

Nel rammentare che l’art.1372 c.c.postula che il contratto ha forza di legge tra le parti, che lo stesso non può esser risolto se non per mutuo consenso ovvero per cause previste dalla legge e che il medesimo non è efficace verso i terzi se non nei casi indicati dalla legge , risulta opportuno coordinarsi con le disposizioni dell’art.2113 c.c. comma 4, si assume la sottrazione della conciliazione – avvenuta in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione – alla previsione generale di invalidità delle rinunzie e delle transazioni aventi ad oggetto diritti del lavoratore promananti da disposizioni inderogabili prescritte dalla legge e previste dai ccnl o accordi collettivi afferenti i rapporti di lavoro (409 cpc) Le parti possono pattuire clausole compromissorie in ordine alle controversie di lavoro. Si trattadi ricercare negozialmente una composizione secondo le modalità arbitrali alternativamente presso la Commissione di certificazione (412 c.p.c.) ovvero dinanzi il Collegio di conciliazione e arbitrato irritale ( 412 quater), in tali sedi le parti hanno facoltà di farsi assistere da un legali di loro fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o datoriale cui abbiano conferito mandato. Tale disciplina è in concorso condizionata alla espressa previsione di accordi interconfederali e contratti collettivi ( stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) e che la clausola compromissoria sia stata certificata da una Commissione di certificazione dei contratti di lavoro che accerti l’effettiva volontà delle parti di compromettere in arbitri le eventuali liti nascenti dal rapporto di lavoro. Nel riferirsi agli accordi interconfederali ed ai contratti collettivi, il comma 11 dell’art. 31 prevede che decorso il termine di 12 mesi il Ministro del Lavoro e pp.ss. convoca le organizzazioni datoriale e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, al fine di promuovere l’accordo. Qualora l’esito non sia positivo, entro ulteriori sei mesi successivi alla data di convocazione, il Ministro con proprio decreto, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto tra le parti sociali, individua in via sperimentale le modalità di attuazione e di piena operatività delle disposizioni novellate.

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RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

La clausola compromissoria, che non può riferirsi controversie relative alla cessazione del rapporto di lavoro, non può essere pattuita e sottoscritta prima del completamento del periodo di prova ovvero se tale istituto non risulta previsto, non prima di trenta giorni trascorsi dalla data di stipulazione del contratto. Le attività delle Commissioni di certificazione sono quindi potenziate prevedendo la possibilità che esse possano costituire camere arbitrali per la composizione delle liti di lavoro mediante arbitrato irritale. Le medesime Commissioni di certificazione possono essere anche sedi di svolgimento del tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c. enfatizzando di tal ché l’alternatività alla sede costituita dalla Commissione cosiddetta “ abituale” di conciliazione.

CONCLUSIONI

Il provvedimento legislativo risulta complesso ed eterogeneo sia, sul piano assiologico che, sotto il profilo escatologico.

In particolare l’indirizzo pragmatico della riforma del processo del lavoro, intenzionato ad immunizzare l’incertezza del futuro tramite la celerità dei giudizi e la ricerca della composizione efficiente delle liti del lavoro ( non il mellifluo consenso del contraente debole del caso concreto) dovrà trarre ispirazione da un nuovo modo di considerare la conflittualità del lavoro: la ricerca delle ragioni dell’imponente contenzioso e conflittualità..! Il nostro ordinamento giuridico, in particolare, specie per la sfera trattata e relativa al sesto libro del codice civile è legato alla statica tradizione repressivo-sanzionatoria della individuazione del responsabile, della punizione e del risarcimento, atteggiamento culturale che, in assenza di una logica della ricerca della cause delle condotte, sublimano l’aggravarsi della litigiosità.

Forse, sono proprio i periodi di grave crisi economico-finanziaria, che antinomicamente possono produrre accelerazioni improvvise nell’incedere della storia proponendoci, anche, occasioni virtuose per tentare di superare ostacoli apparentemente insormontabili.

Normalmente, l’immunizzazione dell’incertezza del futuro viene affidata al sistema diritto, talvolta altri sistemi, come quello economico, dovrebbero concorrere alleati alla realizzazione degli obiettivi di pacifica convivenza tra le persone, tra i i gruppi, nelle collettività, nel consesso sociale ovvero del villaggio globale.

Non sembra sottrarsi alle precedenti considerazioni, il tema della certificazione, trattata fugacemente dal “Collegato lavoro”, che nel corso di un solo lustro, ha osservato una successione di interventi legislativi-amministrativi sublimati nella L.183/2010.

Ma quale potrebbe essere l’essenza delle aspettative della novella disciplina legale obiettivizzata, tra i vari provvedimenti, alla tempestiva ed efficiente conciliazione delle controversie di lavoro?

Ebbene, la risposta forse può essere individuata nei contenuti del disegno di legge presentato il 14.11.2006 (a firma Quagliarello, Centaro, Sacconi, Morra, Gentile, Piccone e Novi) in cui nell’affermare i valori dell’etica della concretezza, del benessere e del progresso e della libertà nel reciproco rispetto si individuavano come strumenti ineludibili, la previsione di incentivi per libera scelta e del metodo a.d.r ( alternative dispute resolution).

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Probabilmente, sarà opportuno, anche in riferimento all’eccessiva dilatazione dei termini di giustizia ordinaria (che, nel travalicare le più alte vette della tolleranza temporale, incidono sul sistema economico-sociale percuotendolo a tal punto da renderlo oscuro nella concretezza di una soluzione pacifica della controversia), osservare la nuova via che si è affacciata all’orizzonte ( v.mediazione civile e commerciale ) facendoci comprendere come sia importante cominciare ad esaminare i problemi, partendo dai motivi che hanno spinto le persone ad agire in un determinato modo.

Si ricerca una leale alleanza tra le parti del rapporto di lavoro ( vedi art. 88 cpc in tema di lealtà e probità), nell’ottica dell’etica della concretezza, tra forma giuridica e sostanza economica con al centro l’uomo, con i suoi bisogni e desideri.

Provare quindi a percorrere una via inizialmente parallela ( al processo lavoro) attraverso la ricerca delle cause delle nostre condotte per poi ( solo dopo aver valutato il danno, spersonalizzato l’accaduto, esaminati gli interessi espliciti-sottesi-non percepiti, individuate le opzioni alternative di soluzione positiva) giungere ad una convergenza di percorso ( vedi arbitrato irritale).

Convergenza che, da una situazione in cui si poteva solo condannare e risarcire, si arrivi - con il reale consenso delle parti ormai alleate contro il problema - ad accrescere i valori (fino a quel momento invisibili in quanto, ottenebrati dal desiderio di punire l’altro ed ottenere il risarcimento del danno sofferto, le parti non vedevano e talvolta nemmeno ricercavano una soluzione efficiente ) la cui divisione non sarà più un problema anzi - atteso l’innalzamento della ricchezza realizzatasi con tale metodo – consentirà l’innalzamento dei veri interessi delle parti che si espliciteranno, anche a titolo esemplare attraverso una sincera e duratura relazione di lavoro ed interpersonale.

Lavorare-conoscere: saper fare, far sapere…artt.1, 4, 36, 41, 46 etc.Cost.

Mentre il processo civile ha come finalità l’individuazione e la condanna del colpevole al risarcimento del danno, il metodo adr, studiando le cause che hanno generato i comportamenti dannosi, anche attraverso la comprensione dei bisogni-desideri delle parti, intuiscono le soluzioni veramente attese e per deduzione giungono al reciproco arricchimento delle parti osservando il danno che li ha divisi da una diversa prospettiva ( l’individuazione del danno e delle cause sono una conquista).

Si desidera terminare indicando, in una sorta di futuribile occorrenza parallela, gli obiettivi del mediatore civile e commerciale a.d.r. per la conciliazione ( che potrebbero, in linea morale, aver presa anche in sede di certificazione-conciliazione-arbitrato lavoro). Gli obiettivi sono quattro e tutti essenziali:-il primo attiene alla ricerca di una soluzione alle lite che consenta di arricchire reciprocamente le parti ( ovvero di allargare gli scenari percorribili individuando bisogni-desideri concreti non percepiti in quanto oscurati dalle logiche dell’istinto e celebrate nel rito del processo civile).- il secondo si indirizza all’osservazione del riflesso positivo ed esemplare, nel contesto sociale della conciliazione – vera – e non surrettizia ( come spesso fino ad oggi possono essere quelle delle composizioni stragiudiziali ) che rasserena il clima delle relazioni (reddito sociale). - il terzo è quello di non danneggiare alcuno.- il quarto si porta alla effettiva attenzione ai bisogni delle parti, non trovando succedanei ma entrando nel merito della vicenda partendo dalla causa-ratio.Quello della morale: il diritto all’eccellenza nel rispetto reciproco, viatico contro ogni forma di livellamento e della conseguente tirannide.

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ARBITRATO E CONCILIAZIONE

L’art. 31 della legge n. 183/2010 ha introdotto nuove regole per la conciliazione e l’arbitrato in materia di lavoro.

1. La nuova conciliazione facoltativa (artt. 410 e 411 c.p.c.).Il tentativo di conciliazione non costituisce più un passaggio obbligatorio per rendere procedibile il ricorso innanzi al giudice del lavoro. Nel periodo transitorio, cioè per le richieste di conciliazione avanzate prima dell’entrata in vigore della legge n. 183/2010 (24 novembre 2010), le Direzioni provinciali del lavoro dovranno avvertire le parti della intervenuta non obbligatorietà del tentativo di conciliazione e continuare ad espletare i “vecchi” tentativi di conciliazione sino al termine massimo dell’8 gennaio 2011 (Min. lav. 25 novembre 2010).

Rimane obbligatorio soltanto il tentativo di conciliazione da espletarsi davanti alle commissioni di certificazione, nel caso in cui si impugna l’atto di certificazione (art. 80, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003). Le ipotesi sono quelle in cui si fa valere la erronea qualificazione del contratto, la difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, ovvero i vizi del consenso. In tali casi, il tentativo di conciliazione si svolge innanzi allo stesso organo che ha emanato il provvedimento impugnato, secondo le previsioni del nuovo art. 410 c.p.c., in quanto compatibili, e in conformità ai regolamenti delle commissioni di certificazione,. Vista l’efficacia giuridica della certificazione anche verso i terzi (art. 79 D.Lgs. n. 276/2003), il tentativo di conciliazione è obbligatorio sia per le parti che hanno sottoscritto il contratto certificato, sia per i terzi interessati (ad esempio gli enti amministrativi) che intendano agire contro l’atto di certificazione (Min. lav. 25 novembre 2010).

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La richiesta del tentativo facoltativo di conciliazione deve essere consegnata a mano o spedita con raccomandata a/r (o posta e-mail certificata) sia alla Direzione provinciale del lavoro che alla controparte (è esclusa la spedizione via fax: Min. lav. 25 novembre 2010).

Le nuove commissioni di conciliazione sono composte dal direttore dell’ufficio o da un suo delegato, in qualità di presidente, nonché da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da altrettanti rappresentanti e supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale. Il tentativo di conciliazione può anche essere affidato a sottocommissioni, tenendo conto che per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e uno dei lavoratori. In ogni caso, le Direzioni provinciali del lavoro dovranno provvedere a ricostituire le commissioni di conciliazione, tenendo conto che – con riferimento alle parti sociali – la rappresentatività delle organizzazioni titolari a nominare i commissari non è più da verificarsi su base nazionale, bensì a livello territoriale.

La richiesta di conciliazione interrompe il decorso della prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione.

La richiesta deve precisare: a) le generalità dell’istante e del convenuto; b) il luogo dove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l’azienda o l’unità produttiva ove è addetto il lavoratore (ovvero dove era addetto prima del licenziamento); c) il luogo dove la parte istante intende ricevere le comunicazioni inerenti alla procedura; d) l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa. La richiesta che non contenga i requisiti essenziali previsti dalla legge viene dichiarata improcedibile dalla Direzione provinciale del lavoro, a meno che non si tratti di omissioni parziali rettificabili a richiesta dei funzionari della stessa Direzione; in ogni caso, la costituzione della parte convenuta con la presentazione della memoria supera qualunque problema di improcedibilità, e i requisiti mancanti saranno integrati dal ricorrente su richiesta dell’Ufficio territoriale (Min. lav. 25 novembre 2010).

La controparte è libera di accettare o no la procedura di conciliazione. Se intende accettare, deve – entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta – depositare presso la commissione di conciliazione una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Naturalmente, anche in ipotesi di deposito tardivo della memoria, il ricorrente può accettare la costituzione e proseguire con la procedura di conciliazione.

Se, invece, il convenuto non intende accettare la procedura di conciliazione potrà dichiararlo espressamente ovvero lascerà spirare il termine di 20 giorni senza costituirsi presso la commissione di conciliazione. In tal caso, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria, e – se si applica l’art. 6 della legge n. 604/1966 (come novellato dall’art. 32 della legge n. 183/2010) – inizia a decorrere il termine perentorio di sessanta giorni per depositare il ricorso presso il tribunale del lavoro.

Dal deposito della memoria del convenuto, la commissione fissa entro 10 giorni la data della comparizione delle parti, che deve avvenire entro i successivi 30 giorni. Secondo la legge, quindi, il tentativo di conciliazione si espleta non oltre i 40 giorni da quando la parte convenuta ha effettuato il deposito della propria memoria. Se il tentativo di conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto verbale, che il giudice dichiara esecutivo con decreto su istanza della parte interessata. Se, invece, non si raggiunge un accordo, per legge la commissione deve formulare una proposta conciliativa. Ove tale proposta non sia

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accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Le risultanze della proposta formulata dalla commissione e del comportamento delle parti, che, ad esempio, hanno rifiutato l’accordo senza adeguata motivazione, sono valutate dal giudice nel corso del processo.

La conciliazione può essere esperita anche in sede sindacale. Alla conciliazione sindacale non si applicano le regole della conciliazione amministrativa, bensì quelle previste dai contratti collettivi. Il verbale di conciliazione in sede sindacale è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro competente a cura delle parti o del sindacato. L’amministrazione, poi, accertatane l’autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto. Anche in tal caso, il giudice – accertata la regolarità formale del verbale – lo dichiara esecutivo con decreto su istanza della parte interessata.

Infine, il tentativo di conciliazione può essere esperito presso tutte le sedi di certificazione di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003, con l’applicazione delle regole stabilite dal nuovo testo dell’art. 410 c.p.c., ove compatibili.

2. L’arbitrato amministrativo (art. 412 c.p.c.).Il primo tipo di arbitrato è quello che si svolge davanti alla commissione di conciliazione della Direzione provinciale del lavoro. In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono affidare alla commissione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.

Il mandato deve contenere: a) il termine per l’emanazione del lodo, che per legge non può superare i sessanta giorni, oltre i quali l’incarico si considera automaticamente revocato; b) le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

L’efficacia del lodo è negoziale, sicché esso “ha forza di legge tra le parti” (art. 1372 c.c.), e non può essere impugnato dal lavoratore come se fosse una rinunzia o transazione ai sensi dell’art. 2113 c.c.

Il lodo è impugnabile per tutte le ragioni previste dall’art. 808 ter c.c., che disciplina appunto i motivi di gravame del lodo nell’arbitrato irrituale. Tali motivi sono: a) invalidità o violazione della convenzione arbitrale; b) eccesso dal mandato; c) nomina degli arbitri in difformità dalla convenzione; d) incapacità legale degli arbitri; e) violazione del principio del contraddittorio. Non è possibile, invece, impugnare il lodo per violazione delle regole di diritto e collettive relative al merito della controversia.

L’impugnativa del lodo va presentata al tribunale del lavoro nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato (tribunale di primo grado in composizione monocratica), con ricorso da depositare entro il termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Il tribunale del lavoro decide in unico grado, sicché è esclusa la possibilità di appellare la decisione.

Se decorre il termine di trenta giorni, o le parti hanno dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso giudiziale è stato respinto dal tribunale, il lodo viene depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato, ed il giudice, su istanza della parte interessata, accertatane la regolarità formale, lo dichiara esecutivo con decreto.

L’art. 412 c.p.c. non disciplina una procedura per lo svolgimento dell’arbitrato in questione, che dunque sarà regolato secondo le modalità stabilite in sede amministrativa e dallo stesso collegio arbitrale.

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3. L’arbitrato ordinario (art. 412 quater c.p.c.).Le parti possono costituire il collegio arbitrale nominando ognuna il proprio arbitro, ed affidando agli arbitri il compito di nominare il presidente del collegio (scelto tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione) e la sede dell’arbitrato.

In tal caso, la parte che intende avvalersi dell’arbitrato deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto (salvo che per le pubbliche amministrazioni) personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere domicilio.

Il ricorso deve contenere: a) la nomina dell’arbitro di parte; b) l’oggetto della domanda; c) le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda; d) i mezzi di prova; e) il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve, inoltre, contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

Se la parte convenuta intende accettare la procedura arbitrale, deve nominare il proprio arbitro entro trenta giorni dalla notifica del ricorso. Nel medesimo termine, ove possibile, gli arbitri scelgono concordemente il presidente del collegio e la sede del collegio.

Ove non venga nominato il presidente, il ricorrente può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato; se le parti non hanno ancora stabilito la sede dell’arbitrato, la richiesta di nominare il presidente del collegio è presentata al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.

A partire dal momento in cui si individuano il presidente e la sede del collegio, la parte convenuta ha trenta giorni per depositare presso tale sede una memoria difensiva sottoscritta (salvo che per le pubbliche amministrazioni) da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere domicilio.

La memoria deve contenere: a) le difese e le eccezioni in fatto e in diritto; b) le eventuali domande in via riconvenzionale; c) l’indicazione dei mezzi di prova.

Dopodiché, le parti hanno la possibilità di presentare memorie di replica e di controreplica. In particolare, entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva, il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica (senza modificare il contenuto del ricorso); successivamente, entro dieci giorni dal deposito della memoria di replica del ricorrente, il convenuto può depositare sempre presso la sede del collegio una controreplica (senza modificare il contenuto della memoria difensiva).

A questo punto, entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine per le controrepliche del convenuto, il collegio fissa il giorno dell’udienza, dandone comunicazione alle parti nel domicilio eletto almeno dieci giorni prima dell’udienza medesima.

All’udienza, il collegio arbitrale per prima cosa tenta la conciliazione tra le parti. Ed è chiaro che, visto il potere del collegio di decidere la controversia e la ridotta possibilità di impugnativa del lodo, un’eventuale proposta conciliativa da parte del

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collegio tenderà ad essere presa seriamente in considerazione dalle parti. Se la conciliazione riesce, le parti e i componenti del collegio arbitrale redigono apposito verbale, che il giudice dichiara esecutivo con decreto su istanza della parte interessata. Se la conciliazione non riesce, il collegio arbitrale provvede – ove ritenuto necessario – ad interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove (soprattutto ascoltare persone informate sui fatti), altrimenti invita senz’altro le parti o i loro rappresentanti alla discussione orale della controversia. Se ammette le prove, il collegio può rinviare ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza, per l’ammissione delle prove e per la discussione orale.

Espletata l’udienza, il collegio ha un termine di venti giorni per decidere la controversia mediante l’emanazione del lodo, che viene sottoscritto dagli arbitri e autenticato. Gli effetti del lodo, i motivi e le modalità di impugnazione, e la sua esecutività, sono regolati allo stesso modo che nell’arbitrato amministrativo.

Il compenso del presidente del collegio è stabilito dalla legge nella misura del due per cento del valore della controversia dichiarato nel ricorso, ed è versato dalle parti, per metà ciascuna, presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell’udienza. Il compenso degli altri arbitri è stabilito dalla legge nella misura dell’uno per cento del valore della causa, ed è a carico delle parti ognuna per il proprio arbitro. I compensi del presidente e degli altri arbitri sono liquidati nel lodo, così come le spese legali che seguono la regola processuale della soccombenza.

4. L’arbitrato sindacale (art. 412 ter c.p.c.).L’arbitrato in materia di lavoro può essere svolto anche presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Questo arbitrato è rimesso completamente alla disciplina stabilita nei contratti collettivi indicati dalla legge ed alle norme del codice di procedura civile che fanno riferimento all’arbitrato irrituale (in particolare, l’art. 808 ter c.p.c.).

5. Le camere arbitrali presso le commissioni di certificazione (art. 31, comma 12, legge n. 183/2010).Tutti gli organi di certificazione previsti dall’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003 possono istituire camere arbitrali per l’espletamento dell’arbitrato irrituale in materia di lavoro, anche con riferimento al settore del pubblico impiego. I diversi organi di certificazione possono anche concludere convenzioni tra di loro per costituire camere arbitrali unitarie.

Le camere arbitrali stabiliranno le modalità per l’espletamento dell’arbitrato, dall’introduzione del procedimento sino allo svolgimento dell’udienza e all’emanazione del lodo.

Tuttavia, per legge, gli effetti del lodo, i motivi e le modalità di impugnazione, e la sua esecutività, sono disciplinati allo stesso modo che nell’arbitrato amministrativo.

6. La clausola compromissoria (art. 31, comma 10, legge n. 183/2010). Nelle diverse tipologie di arbitrato viste sinora la controversia è già insorta, e le parti decidono mediante accordo (il compromesso) di affidare la risoluzione di essa agli arbitri e non al giudice.

Mediante la clausola compromissoria, invece, le parti devolvono una volta per tutte ad arbitri qualsiasi futura (ed eventuale) controversia nascente dal contratto, escludendo così anticipatamente il ricorso al giudice.

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Nel contratto di lavoro, però, il lavoratore potrebbe accettare la clausola compromissoria, rinunciando al giudice del lavoro, per il timore di perdere l’occasione di lavoro. Pertanto, al fine di riequilibrare la posizione delle parti, il legislatore stabilisce alcuni requisiti di validità della clausola compromissoria.

Prima di tutto, la clausola compromissoria deve fare riferimento alle modalità di espletamento dell’arbitrato di cui agli artt. 412 e 412 quater c.p.c. Ciò significa che, nel caso di lite, l’arbitrato sarà disciplinato da queste norme, per quanto attiene al contenuto del mandato, agli effetti del lodo, all’impugnativa del lodo, alla procedura arbitrale, e per tutti gli altri aspetti stabiliti dalle norme medesime.

In secondo luogo, l’apposizione della clausola compromissoria nel contratto di lavoro è ammessa soltanto se ciò sia autorizzato da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. I contratti collettivi potranno ovviamente anche disciplinare l’istituto, prevedendo ulteriori limiti o condizioni.

In terzo luogo, la clausola compromissoria, a pena di nullità, deve essere certificata dalle commissioni di certificazione di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003, le quali accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti dal rapporto di lavoro. L’accertamento della volontà delle parti è effettuato “all’atto della sottoscrizione” della clausola compromissoria, sicché tale sottoscrizione dovrà avvenire innanzi alla commissione di certificazione.

In quarto luogo, la clausola compromissoria non può essere inserita nel contratto al momento della stipulazione. Essa, invece, è valida se pattuita dopo la conclusione del periodo di prova, ove previsto, o comunque dopo trenta giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro.

Infine, la clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. Nella locuzione “risoluzione del contratto”, si devono considerare inclusi sia i licenziamenti che le controversie relative alle dimissioni ed alla risoluzione consensuale del rapporto.

7. Bibliografia recente.

BERTOLDI, Il regime di impugnazione dei lodi irrituali in materia di lavoro, in Mass. giur. lav., 2010, n. 5, 365 ss.

CAPPONI, Le fonti degli arbitrati in materia di lavoro, in Mass. giur. lav., 2010, n. 5, 357 ss.

CASOTTI, GHEIDO, Certificazione, arbitrato e licenziamenti, in Dir. prat. lav., 2010, n. 46. 2641 ss.

MASSI, Conciliazione delle controversie di lavoro e arbitrato, in Dir. prat. lav., 2010, n. 46, 2671 ss.

PUNZI, L’arbitrato in materia di lavoro: fonti e impugnazioni, Introduzione, in Mass. giur. lav., 2010, n. 5, 352 ss.

SIGILLO’ MASSARA, L’arbitrato nel contratto collettivo di lavoro dei dirigenti delle aziende industriali, in Mass. giur. lav., 2010, n. 5, 381 ss.

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TISCINI, Nuovi disegni di legge sulle controversie di lavoro tra conciliazione e arbitrato, in Mass. giur. lav., 2010, n. 5, 372 ss.

VALLEBONA, Una buona svolta del diritto del lavoro: il “collegato” 2010, in Mass. giur. lav., 2010, n. 4, p. 210 ss.

VALLEBONA, L’arbitrato irrituale per le controversie di lavoro, in Mass. giur. lav., 2010, n. 5, 362 ss.

La rivoluzione dei verbali per gli Ispettori del Lavoro

(art.33 – Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica)

Con il Collegato Lavoro si attua, con una norma di rango primario, una riforma “innovatrice” delle procedure ispettive andando anche ad incidere sull’atto di diffida conseguente all’accertamento delle violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale dalle quali derivino sanzioni amministrative. Tutto avviene nell’ottica della semplificazione e della trasparenza già avviata in precedenza sulla sola base di regolamenti e circolari interpretative interne all’Amministrazione. Prendendo le mosse dalla c.d. “Direttiva Sacconi” che in sei punti ha previsto che:

1) gli accertamenti devono essere finalizzati alla prevenzione e repressione delle violazioni sostanziali, trascurando quelle formali;

2) le denunce dei lavoratori danno il via ad ispezioni in azienda soltanto in caso di fallimento della conciliazione monocratica, ad eccezione dei casi di irregolarità gravi o di più lavoratori coinvolti;

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3) le denunce anonime non sono prese in considerazione, tranne nel caso in cui contengano elementi gravi ed attendibili, purché contrarie ai principi di correttezza e trasparenza dell’azione dell’amministrazione pubblica;

4) è necessario instaurare un clima psicologico positivo e collaborativo in grado di consentire al lavoratore di sentirsi al sicuro e non in soggezione; stesso clima collaborativo è da ricercare anche nei confronti dei datori di lavoro ispezionati avendo cura, al riguardo, di distinguere il contravventore o trasgressore occasionale ed episodico, da colui che persegue disegni criminosi od elusivi su larga scala;

5) per la sospensione dell’attività di impresa, l’ispettore ha una discrezionalità limitata alla verifica dei requisiti di legge e delle condizioni di effettivo rischio e pericolo; la sospensione è adottata a decorrere dalle ore 12 del giorno successivo all’accesso ispettivo, tranne nei casi di pericolo imminente o rischio grave per la salute dei lavoratori o di terzi;

6) nelle micro-imprese, la presenza di un solo dipendente irregolare non implica la sospensione dell’attività d’impresa;

le novità apportate dal collegato lavoro alle ispezioni forniscono più tutele sia per chi è nel mirino dell'ispezione sia per chi la esegue. Le novità intervenute, nel dettaglio:

- toccano l’efficacia ed i contenuti del verbale di primo accesso;- allargano, standardizzano e armonizzano la disciplina relativa alla diffida

a regolarizzare gli illeciti amministrativi; - definiscono i contenuti inderogabili dei verbali di accertamento che ogni

accertatore deve notificare ai soggetti ispezionati.Si hanno ora, pertanto, linee guida uniformi per le attività ispettive e le nuove garanzie valgono per i controlli post entrata in vigore della legge.E’ obbligo inderogabile la consegna da parte dei verificatori del verbale di primo accesso ispettivo, che diventa utilizzabile dal datore di lavoro. Il Legislatore, in un’ottica di standardizzazione del processo ispettivo, ne elenca quindi dettagliatamente le fasi ponendo l’attenzione sul verbale di primo accesso, sul verbale unico conclusivo di accertamento e notificazione e sull’istituto della diffida obbligatoria.In particolare, vengono esplicitati in una norma di legge i contenuti inderogabili dei verbali sopra citati.Con l’art. 33 del collegato Lavoro il Legislatore riscrive quindi l’art. 13 del Decreto Legislativo n. 124/2004, introducendo le novità che si ritiene necessario evidenziare nel seguito che, però, non sono tutte esenti da critiche.La rivoluzione dei verbali per gli ispettori del lavoro, secondo le novità del Collegato sono in sintesi le seguenti:

si provvede, come detto, a disciplinare in via legislativa, e non più con atti amministrativi interni, l'attività del personale ispettivo che accede presso i luoghi di lavoro;

vengono definiti i contenuti del verbale di primo accesso ispettivo e del verbale unico di accertamento e notificazione;

è previsto l'obbligo, per il personale ispettivo, di rilasciare al datore di lavoro (o alla persona presente all'ispezione), "alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo", il c.d. verbale di primo accesso ispettivo.

All’atto del primo accesso ispettivo, il verbale contiene pertanto i seguenti elementi essenziali:- l'identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;- la specificazione delle attività compiute dagli ispettori;- le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro;- ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell'istruttoria per

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l'accertamento degli illeciti. Il rilascio del verbale di accesso diventa così un obbligo preciso dell’organo accertatore che non discende più sole da norme comportamentali interne (c.d. Codice di Comportamento degli Ispettori del Lavoro ) finora oggetto di regolamentazioni aventi valenza di atto amministrativo, ma direttamente dalla fonte primaria di legge.I due momenti di cui si compone detto obbligo (la redazione e la consegna del verbale) corrispondono a due specifiche esigenze: la precostituzione da parte della Pubblica Amministrazione di un solido impianto probatorio e, per il datore di lavoro ispezionato, l’esercizio del diritto alla difesa.Al termine dell'attività ispettiva è, invece, previsto il rilascio di un unico verbale di accertamento e notificazione, contenente:- gli esiti dettagliati dell'accertamento, con l'indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati;- la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili e la possibilità di estinguere gli illeciti diffidabili ottemperando alla diffida e al pagamento delle somme relative;- la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili oppure quelli oggetto di diffida, nei casi in cui sia stata fornita la prova dell'avvenuta regolarizzazione, mediante il pagamento in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della L. 689/81;- l'indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con la specificazione dei termini per l'impugnazione;. In sintesi le modifiche operate in relazione alle procedure di verifica a seguito all'entrata in vigore delle nuove norme ispettive prevedono che:- per ogni sopralluogo effettuato, l'ispettore del lavoro dovrà predisporre un verbale di accesso contente, tra l'altro, anche l'identificazione dei lavoratori trovati al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego, la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo, nonché ogni richiesta utile al proseguimento dell'accertamento di eventuali illeciti;- il verbale relativo al sopralluogo deve essere obbligatoriamente consegnato al datore di lavoro, di modo che esso diviene una condizione di regolarità delle successive fasi ispettive;- l'ispettore, ove verifichi la sussistenza dei presupposti per l'applicazione di sanzioni amministrative, dovrà provvedere a diffidare il datore di lavoro (e l'eventuale obbligato in solido) ad eliminare l'irregolarità nel termine di 30 giorni dalla data della notificazione. Successivamente, in caso di ottemperanza alla diffida, è prevista una sorta di agevolazione in quanto sarà applicata una sanzione pari all'importo minimo stabilito dalla legge (oppure un quarto della sanzione stabilita in misura fissa), da corrispondere entro 15 giorni dalla scadenza del termine della diffida. Invece, in caso di mancata ottemperanza o di illeciti non sanabili, il verbale di notificazione fungerà da notificazione dell'illecito amministrativo in base all'art. 14 della L. 689/81, con conseguente applicazione della procedura individuata da questa legge.Il verbale di accertamento e di notificazione dell'illecito amministrativo è chiaro quindi che deve essere "esclusivamente unico" e contenere tutte le seguenti indicazioni:- gli esiti dettagliati dell'accertamento, indicando le fonti di prova degli illeciti rilevati;- la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili;- la possibilità di estinguere l'illecito non diffidabile mediante il pagamento nelle forme previste dall'art. 16 della L. 689/91;- l'indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con la specificazione dei termini di impugnazione. Il potere di diffida viene, infine, esteso anche al personale ispettivo e amministrativo degli istituti previdenziali, limitatamente alla materia previdenziale, nonché agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che

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accertino, a norma dell'art. 13 della L. 689/81, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Anche questi soggetti dovranno applicare la nuova procedura sopra illustrata. Volendo quindi schematizzare l’iter di una ispezione si possono identificare le seguenti fasi:

La fase dell’accesso e il c.d. verbale di primo accesso:Al termine del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente, con l’obbligo di tempestiva consegna al datore di lavoro, un verbale di primo accesso i cui contenuti sono i seguenti:

1) l’identificazione dei lavoratori trovati al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;

2) la specifica delle attività compiute dal personale ispettivo; 3) le dichiarazioni eventuali del datore di lavoro o da chi lo assiste o

rappresenta al momento dell’accesso; 4) ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento

dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti.

La diffida:La novella incide in maniera specifica sul tema della diffida modificandone, parzialmente, la stessa natura. Nel nostro ordinamento, infatti, la diffida è funzionale al ripristino della legalità violata e, secondo il Collegato Lavoro pur rimanendo intatto detto profilo, dal punto di vista dell’interesse del datore di lavoro, si prospetta di sicuro quale agevolazione aggiuntiva con l’intento esplicito di fungere da “strumento deflattivo” per il contenzioso. Addirittura ne discende una natura quasi non afflittiva e quindi “non propriamente sanzionatoria” e, quindi, con intenti riparatori non repressivi ed orientati al solo ripristino ed alla reintegrazione dell’ordine giuridico violato. Ovviamente tutto questo, come chiarisce bene la norma, limitatamente a circostanze materialmente realizzabili per le quali la condotta riparatoria oltre a compiersi con il pagamento nel termine del dovuto da parte del trasgressore o del datore di lavoro, sia anche seguita dalla dimostrazione al personale ispettivo del corretto avvenuto adempimento. Si attua così un ulteriore passaggio nella norma che si potrebbe definire quasi quale “procedimentalizzazione della regolarizzazione della diffida”. A tale proposito viene ora affermato che, qualora vengano constatate inosservanze delle norme di legge e/o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale, il personale ispettivo (del Ministero del Lavoro e non solo) diffida il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido a regolarizzare le violazioni da cui derivano sanzioni amministrative che siano materialmente sanabili entro 30 giorni dalla notifica del verbale unico di accertamento e notificazione.Nell’ottica di massima semplificazione il Legislatore, nel formulare la norma, ha usato l’avverbio “esclusivamente” per significare che, al di fuori del verbale di accertamento unico, non esistono altri mezzi consentiti per procedere all’adozione della diffida. E’ stata quindi ampiamente realizzata, sotto il piano normativo primario, l’idea iniziale del Ministro del Lavoro di assicurare ai datori di lavoro la notifica di soli due verbali (quello di primo accesso e quello di accertamento unico) in luogo della molteplicità di verbali che, sino all’entrata in vigore del Collegato, accompagnavano e seguivano ciascun procedimento accertativo. La novella ha quindi il pregio di avere reso più celere e trasparente il procedimento ispettivo pur rimanendo, a parere di alcuni autori, ancora poco chiaro e comprensibile il verbale di accertamento unico e di notificazione che, per caratteristiche e contenuto, non presenta alcuna immediatezza di comprensione da parte dell’ispezionato che ne è destinatario. Non si capisce bene, infatti, quanto egli è tenuto a fare (o non fare) in termini di concreti e

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corretti adempimenti. Si rischia infatti, con facilità, addirittura di incorrere in errori di duplicazione di pagamenti sia della somma minima della diffida che di quella ridotta della contestazione in riferimento alla stessa tipologia di violazione.Non sembra, quindi, che le predette innovazioni abbiano contribuito a garantire un efficace esercizio del diritto alla difesa sia in fase amministrativa che giurisdizionale ed a comprendere, con chiarezza, se l’iter amministrativo è realmente corretto e trasparente soprattutto considerando il fatto che, in relazione alle violazioni amministrative in materia di lavoro, la fusione procedimentale tra diffida, contestazione e notifica propria del nuovo verbale unico, non lascerebbe questi atti “cronologicamente” distinti così come in realtà previsto per la disciplina della legge di depenalizzazione.Sembra quasi si faccia per gli illeciti lavoristici, a differenza di quelli amministrativi in genere di cui alla succitata Legge n.689, un’eccezione rispetto all’obbligo di contestazione immediata da parte dell’organo accertatore.

La sanzione:In caso di ottemperanza alla diffida il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento della sanzione pari al minimo o ad 1/4 della sanzione stabilita in misura fissa, entro ulteriori 15 giorni dalla scadenza del termine dei 30 giorni dalla notifica del verbale unico di accertamento. Il pagamento dell’importo della predetta somma estingue, quindi, il procedimento sanzionatorio nei limiti delle inosservanze oggetto di diffida e sempre che si sia effettivamente ottemperato alla diffida stessa.

Il verbale di accertamento unicoAl termine della verifica ispettiva, viene quindi rilasciato un unico verbale di accertamento e notificazione che deve contenere i seguenti elementi:

1) gli esiti dettagliati degli accertamenti, con indicazione delle fonti di prova degli illeciti riscontrati;

2) la diffida a regolarizzare gli adempimenti sanabili; 3) la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e

provvedendo al pagamento della somma ridotta sopra indicata; 4) la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli ex

comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ex art.16 della legge 689/91;

5) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi cui proporre un eventuale ricorso, con specificazione dei termini d’impugnazione

La diffida interrompe i termini di contestazione e di ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro. Sono previste, quindi, importanti novità quali la certezza sull'operato degli ispettori, maggiori garanzie in caso di violazione della procedura ispettiva e uniformità di comportamento sul territorio. L'attività ispettiva dovrà concludersi, come detto, "esclusivamente" con un unico verbale; pertanto condotte illecite accertate in tempi diversi da parte del personale ispettivo dovranno attendere la conclusione dell'accertamento poiché devono essere complessivamente notificate. Il verbale conclusivo, una volta notificato, inizia a produrre i suoi effetti e spetta al datore di lavoro fornire la prova al personale ispettivo dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste. Solo in questo modo si interrompe la procedura di riscossione.

Mancata prova della regolarizzazione:Qualora il trasgressore o l’obbligato in solido non forniscano la prova della regolarizzazione e del pagamento, il verbale unico produrrà gli effetti della contestazione e della notificazione degli addebiti accertati sia nei confronti del trasgressore che della persona obbligata in solido ai quali è stato notificato.

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Potere di diffida:Si ritiene, per concludere, molto importante quanto riportato nel comma 6 del presente articolo 33, col quale il potere di diffida viene esteso anche ai funzionari degli enti previdenziali per inadempienze da essi rilevate ed a tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che accertano violazioni in materia di legislazione sociale.Pertanto viene esteso in maniera molto ampia proprio il potere, quello di diffida, una volta in capo soltanto al personale ispettivo delle Direzioni provinciali del Lavoro.

Quanto alla redazione del verbale, è utile ricordare, infine, quanto affermato dalla giurisprudenza circa l’efficacia probatoria dei verbali degli organi di vigilanza:“I verbali redatti dal pubblico ufficiale incaricato di ispezioni circa l'adempimento degli obblighi contributivi fanno piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento da colui che lo ha formato nonché dei fatti che questi attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti mentre non hanno alcun valore probatorio precostituito, ma sono liberamente apprezzate dal giudice, nel contesto del complessivo materiale raccolto (pertanto mai quali fonti esclusive del proprio convincimento), le circostanze che il pubblico ufficiale indichi di avere appreso dalle dichiarazioni altrui o che siano frutto di sue deduzioni (fonte: Corte di Cassazione, Sentenza n. 794 del 19 gennaio 2010)”.In tema di valorizzazione probatoria dei verbali ispettivi quindi, è importante ricordare la consolidata impostazione giurisprudenziale che conferisce a questi ultimi la c.d. “efficacia probatoria privilegiata” ex art.2700 c.c. in merito a quanto il verbalizzante (o i verbalizzanti) attesta (o attestano) di avere compiuto ed ai fatti che dichiara (o dichiarano) essere avvenuti alla propria presenza (fonte: Corte di Cassazione, SS.UU. 12545/1992).Tale peculiare efficacia probatoria si attua in quanto i predetti fatti (e le operazioni dalle quali gli stessi discernono) sono verbalizzati proprio nell’immediatezza del loro verificarsi e pertanto non può che derivarne una massima garanzia che il sistema riconosce loro in ordine alla corretta e attendibile ricostruzione. Giovi anche ricordare al riguardo che il verbale fa sempre prova fino a querela di falso.La Cassazione ha affermato che: “il verbale redatto dall'ispettore del lavoro o dal funzionario dell'Istituto Previdenziale, e contenente i fatti che sono avvenuti in sua presenza, fanno prova fino a querela di falso. Mentre, le circostanze apprese in conseguenza di acquisizione di documenti saranno valutate dal giudice che può considerarle prove sufficienti dei fatti riportati nel verbale ove si pervenga al convincimento dell'effettiva sussistenza degli addebiti mossi dall'ispettore (fonte: Corte di Cassazione, Sentenza n. 8335 del 8 aprile 2010).”Quanto al diritto alla difesa, poi, considerato il fatto che il verbale è formato sul luogo di lavoro e proprio alla presenza del soggetto ispezionato che è quindi chiamato a partecipare alla sua redazione per poterlo quindi ricevere, non può non considerarsi la facoltà (e non quindi l’obbligo) di poter inserire eventuali osservazioni e/o controdeduzioni rispetto a quanto osservato dagli ispettori. Dette osservazioni integrerebbero, così, sin dal principio, il c.d. “contraddittorio” che garantisce, nell’impianto normativo considerato, la parte interessata. Le osservazioni assumono così, per giurisprudenza costante (fonte: Corte di Cassazione Sentenza n.18630/2006), un carattere di massima rilevanza già dalla fase del primo accesso in quanto, in relazione alla predetta “efficacia probatoria privilegiata”, come anche attestato dalla direttiva del Ministero sull’attività ispettiva del 18.09.2008, la “prova regina a fondamento dei

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successivi eventuali illeciti contestati e riscontrati rimane soltanto la verbalizzazione di primo accesso”.Si capisce quindi, alla luce della riforma, come il Legislatore abbia inteso dare massima rilevanza proprio al verbale di primo accesso ispettivo che, oltre ad essere oggi un vero e proprio obbligo per il personale ispettivo che accede nei luoghi di lavoro, deve indicare esattamente all’ispezionato (al quale infatti viene appositamente rilasciata copia) le circostanze di fatto oggetto di investigazione con particolare riguardo ai soggetti (lavoratori) trovati intenti al lavoro, allo stato dei luoghi di lavoro stessi ed alle situazioni avvenute alla presenza degli ispettori. Detto obbligo con il Collegato Lavoro non incombe più, come in precedenza anticipato, solo sul personale ispettivo del Ministero del Lavoro e degli Enti previdenziali, ma grava su tutti gli organi dotati di una potestà à ispettiva che svolgono accertamenti in materia di lavoro e di previdenza ed assistenza sociale. Quindi incombe su tutti i soggetti indicati nei commi 6 e 7 del nuovo art.13 del Dlgs 124/2004.La violazione di detto obbligo e l’omissione della verbalizzazione all’atto del primo accesso non hanno più, come in passato accadeva, ricadute sul solo piano disciplinare nei confronti degli ispettori negligenti, ma costituisce oggi una precisa violazione ad una norma di legge tale da poter inficiare, conseguentemente, anche gli atti successivi della procedura. Detti atti potranno risultare pertanto viziati, tanto da renderli addirittura illegittimi e ciò indipendentemente da una carenza dell’onere della prova posta all’origine del procedimento ispettivo che può avere comportato anche l’evidente lesione dei diritti dell’ispezionato di poter contraddire immediatamente gli eventuali esisti dell’accertamento. E’ importante, in ogni caso, rammentare in questa sede che, indipendentemente da quanto sopra argomentato, la possibilità di difesa dell’ispezionato rimane comunque ampliamente tutelata dalla legge anche nelle fasi successive del procedimento ai sensi e per gli effetti degli artt.18 e 22 della Legge 689/1981 e ai sensi dell’art.17 del Dlgs n.124/2004. Infine, circa l’eventuale sospensione dell’attività e l’obbligo della sua motivazione, si segnala che, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale 5.11.2010 n. 310, il Ministero del Lavoro, con la nota 8.11.2010 n. 18802, ha fornito al personale ispettivo le prime indicazioni operative circa l'obbligo di motivazione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale nel caso di cui all'art. 14 del DLgs. 81/2008.Con la menzionata sentenza, la Consulta ha, infatti, dichiarato l'illegittimità costituzionale del co. 1 di tale norma, nella parte in cui - stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell'attività d'impresa in esso previsti (per l'impiego di lavoratori "in nero" oltre una determinata percentuale ovvero per gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza sul lavoro) non si applicano le disposizioni di cui alla L. 241/90 - esclude l'applicazione ai medesimi provvedimenti anche dell'art. 3 co. 1 della stessa legge, concernente l'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi.In considerazione di ciò, il Ministero del Lavoro evidenzia chiaramente:- l'obbligo, per gli ispettori, di motivare, sia pur sinteticamente, l'eventuale adozione del provvedimento di sospensione (fermi restando i contenuti più esaustivi del verbale conclusivo di accertamento), in modo da consentire al destinatario del provvedimento un controllo di correttezza, coerenza e logicità dello stesso;- l'opportunità che il personale ispettivo inserisca i nominativi dei destinatari della sospensione direttamente nel provvedimento di sospensione, senza alcun rinvio al verbale di primo accesso ispettivo.Viene quindi ben evidenziato l'obbligo per il personale ispettivo di motivare, sia pur sinteticamente, l'eventuale adozione del provvedimento di sospensione (fermi restando i contenuti più esaustivi del verbale conclusivo di accertamento), al fine di consentire al destinatario del provvedimento un controllo di correttezza, coerenza e

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logicità dello stesso. In considerazione di ciò, è opportuno che nel modello di sospensione per lavoro irregolare attualmente in uso, il personale ispettivo inserisca i nominativi dei destinatari della sospensione direttamente nel provvedimento di sospensione, senza alcun rinvio al verbale di primo accesso ispettivo.In particolare, il Dicastero evidenzia la necessità di consentire l’esercizio del diritto di difesa dell’ispezionato, attraverso il controllo di correttezza, coerenza e logicità del provvedimento.In tale quadro, l’Amministrazione dispone quindi che il personale ispettivo debba inserire i nominativi dei destinatari della sospensione direttamente nell’atto, senza alcun rinvio per relationem al verbale di primo accesso ispettivo.

Riferimenti: Legge n.689/1981 – Art.13 Dlgs n.124/2004 e Art. 33 del Collegato Lavoro

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L’impugnativa sui licenziamenti e le sanzioni per il lavoro a termine

(Art. 32 – Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)

Prima di affrontare l’art. 32 in commento, bisogna tentare di porsi in una giusta ottica, analizzando i punti fondamentali dai quali la norma in questione (unitamente all’art. 31) trae origine o, comunque, è ispirata o indirizzata. Pertanto, necessita un breve esame il Disegno di Legge dei Senatori Sacconi, Quagliariello, Centaro, Morra, Gentile, Piccone e Novi comunicato alla Presidenza il 14 novembre 2006 avente ad oggetto la riforma del processo del lavoro. Dalla relazione di presentazione si possono estrapolare i seguenti passi:

“Il presente disegno di legge prospetta una riforma del processo del lavoro diretta non solo a favorire la celerità dei giudizi e la certezza alla soluzione delle controversie ma, prima ancora, a incidere sulle ragioni dell’imponente contenzioso e della conflittualità in materia di rapporti di lavoro”.

“In un quadro regolatorio moderno dei rapporti di lavoro la prevenzione e la composizione delle controversie individuali di lavoro devono certamente ispirarsi a criteri di equità ed efficienza, ciò che senza dubbio non risponde alla situazione attuale”.

“Tuttavia, come bene rilevato da una recente ricerca della Commissione Europea, la vera anomalia italiana è determinata dal numero esorbitante di cause che ogni anno investono i rapporti di lavoro, a dimostrazione della persistenza nel nostro Paese di un diritto del lavoro ancora ispirato a logiche formalistiche e repressivo-sanzionatorie che incentivano a dismisura la litigiosità (individuale e collettiva) e il conflitto tra le parti in causa”.

“I nuovi modi di organizzare il lavoro e di produrre, unitamente ad una estesa tutela del prestatore di lavoro che non giustifica più una visione aprioristicamente conflittuale e antagonista dei rapporti di lavoro, richiedono oggi regole ispirate alla certezza del diritto, alla libertà di impresa e alla tutela del prestatore di lavoro contro prassi o comportamenti fraudolenti senza che il giudice o il mediatore giuridico siano chiamati ad interferire con valutazioni di merito nelle logiche aziendali ispirate a un uso corretto dei poteri datoriali e, più in generale, nella libera dialettica intersindacale”.

“Il disegno di legge propone in primo luogo di rendere il tentativo di conciliazione da obbligatorio a facoltativo, prevedendo – nel contempo – incentivi per la scelta libera dell’ADR, Alternative Dispute Resolution”.

Ma andiamo con ordine.Il c.d. “Collegato Lavoro” (ora Legge n. 183/2010, in vigore dal 24/11/2010)

introduce una procedura unica per impugnare i licenziamenti. Infatti l’articolo 32 incide profondamente su alcuni istituti relativi all’esercizio della tutela in caso di risoluzione del rapporto di lavoro ed in relazione ai criteri di determinazione della misura del risarcimento del danno nel caso di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

Come è noto, sono ormai residuali le ipotesi nelle quali vi è il regime di libera recedibilità (il c.d. recesso ad nutum; per esempio per i dirigenti, per gli apprendisti al termine del periodo di apprendistato, per i rapporti di lavoro domestico, etc.), previsto in origine per tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato dall’art. 2118 c.c.. La normativa vigente, nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, appronta due tipologie di tutela in ragione della dimensione del datore di lavoro: la c.d. “tutela reale” del lavoratore prevista dall’art. 18, L. n. 300/70 e la c.d. “tutela obbligatoria” di cui all’art. 8, L. n. 604/66 (per le imprese al di sotto dei 16 dipendenti in ciascuna sede/unità produttiva, ovvero nel comune, nonché delle 60 unità nel territorio nazionale). Nella prima ipotesi, il datore di lavoro ha l’obbligo di reintegrare

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il lavoratore illegittimamente licenziato, salvo che questi non scelga di farsi liquidare una indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro; nella seconda, invece, spetta al datore di lavoro la scelta tra la riassunzione del lavoratore e la corresponsione di una indennità risarcitoria. Tutele che non essendo interessate dal Collegato, restano dunque valide e pienamente vigenti.

La novella legislativa di cui in commento, sostituisce i primi due commi dell’art. 6, L. n. 604/66, introducendo un doppio onere a carico del lavoratore. Il primo prevede che l’impugnativa del licenziamento – a pena di decadenza – debba essere effettuata entro i 60 giorni successivi alla ricezione della comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi. Ciò deve avvenire con atto scritto, anche di natura extra giudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del ricorrente anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale finalizzato all’impugnazione. Strettamente correlato è il secondo onere, ovvero l’esercizio del ricorso giudiziale. Infatti, l’impugnativa perde efficacia se, entro i successivi 270 giorni (e non più nei termini della prescrizione quinquennale), non avviene il deposito del ricorso presso la cancelleria del Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione od arbitrato. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti (entrambi facoltativi) siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al Giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

La predetta procedura prevista dal novellato art. 6, trova applicazione a tutti i casi di invalidità del licenziamento (ossia di nullità e di annullabilità). Pertanto, come nel regime precedente, devono essere impugnati, a pena di decadenza, i licenziamenti ingiustificati e quelli nulli per violazione del procedimento previsto dall’art. 7 Statuto Lavoratori; ma, in applicazione della modifica legislativa, devono essere ora impugnati, a pena di decadenza (e a differenza del regime precedente), anche i licenziamenti nulli per causa di matrimonio o di maternità, per motivo illecito, in frode alla legge o discriminatori, con eccezione dunque dei licenziamenti inefficaci per vizio di forma o per omessa tempestiva comunicazione dei motivi richiesti dal lavoratore, ovvero verbali.

A questo punto si rende opportuna una considerazione sugli effetti della mancata impugnazione nei termini. La Corte di Cassazione ha recentemente affermato con sentenza n. 2676 del 5 febbraio 2010, che la mancata impugnazione nel termine perentorio di 60 giorni, preclude sia il reintegro in azienda che l’ordinaria azione di risarcimento del danno. La Suprema Corte ha sostenuto, altresì, che il breve termine di decadenza è fissato a garanzia della certezza della situazione di fatto. Da ciò discende che trascorso tale termine non possa essere richiesto neanche il risarcimento del danno atteso che non è possibile far accertare giudizialmente l’illegittimità del provvedimento di recesso.

Il campo di applicazione del “doppio” termine decadenziale suesposto, si applica anche:

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.;

c) al trasferimento ex art. 2103 c.c., con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento in un’altra unità produttiva. E’ opportuno ricordare come quest’ultimo possa avvenire soltanto per comprovate esigenze tecnico – produttive ed organizzative. Si ricorda come la Cassazione abbia affermato che il controllo giudiziale di legittimità si limita all’accertamento della sussistenza delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, essendo insindacabile la scelta imprenditoriale tra più soluzioni organizzative e, di conseguenza, quella del lavoratore da trasferire, essendo sufficiente a giustificare il suddetto provvedimento la sussistenza anche di una soltanto delle molteplici ragioni addotte, che sia autonomamente rilevante secondo la ratio

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della norma di previsione, senza necessità che il datore di lavoro dimostri anche l’inevitabilità del provvedimento stesso (Cassazione 9 giugno 1993, n. 6408), ogni valutazione circa la scelta operata dal datore di lavoro, una volta accertata la sussistenza delle ragioni giustificative, è preclusa (Cassazione n. 27/2001 e n. 11634/2008);

d) all’azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1 (apposizione del termine nella generalità dei casi), 2 (apposizione del termine nei contratti di trasporto aereo e dei servizi aeroportuali) e 4 (proroga) del D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo.La norma sulla decadenza dei termini si applica anche:

a) ai contratti a tempo determinato in corso, con decorrenza dalla data di scadenza del termine;

b) ai contratti a termine stipulati anche in applicazione di norme che non si riferiscono al D. Lgs. n. 368/2001 (come, ad esempio, quelli ex legge n. 230/1962), già conclusi alla data di entrata in vigore della legge, con decorrenza dalla data stessa. Qui la nuova disposizione sembra destinata ad incidere sul precedente termine quinquennale, successivo all’impugnazione entro i sessanta giorni dalla comunicazione: con la nuova disposizione i giorni per adire il giudizio sono solo 270;

c) alla cessione di contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. (per trasferimento, cessione o affitto d’azienda o ramo di essa), con termine decorrente dalla data del trasferimento;

d) in ogni altro caso tra cui la somministrazione irregolare ex art. 27 del D. Lgs. n. 276/2003, quando il lavoratore chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso, come nel caso dell’effettivo utilizzatore.

Una breve riflessione si rende necessaria relativamente all’impugnazione dei contratti a termine: il Legislatore, riferendosi ai soli articoli 1, 2 e 4 del D. Lgs. n. 368/2001, pare aver escluso sia le fattispecie comprese nell’art. 10 (contratti a termine per lavoratori in mobilità ex art. 8, c. 2, L. 223/91 o per il commercio, importazione ed esportazione di prodotti ortofrutticoli, etc.), che il c.d. “contratto in deroga”, ovvero il contratto ulteriore dopo la sommatoria dei 36 mesi, previsto dall’art. 5, c. 4-bis, stipulato dinnanzi alla D.P.L.. Anche il contratto a termine dei dirigenti ex comma 4, art. 10, dovrebbe essere escluso. Il condizionale è però d’obbligo, in attesa di ulteriori chiarimenti interpretativi.

Vi è poi una disposizione contenuta nel comma 5, dell’art. 32, in commento, destinata a provocare profonde novità in materia di contratti a termine: in caso di illegittima apposizione del termine, il Giudice, oltre alla conversione del rapporto di lavoro in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, condanna il datore di lavoro a ristorare il lavoratore con un’indennità omnicomprensiva compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, seguendo i criteri indicati dall’art. 8 della legge n. 604/1966, ovvero: il numero dei dipendenti occupati, l’anzianità di servizio del lavoratore, il comportamento e le condizioni delle parti. Con tale innovazione legislativa, pertanto, si pone un limite al freno dei risarcimenti che potevano assumere una certa rilevanza solo se si pensi la possibilità (previgente) di ricorrere in giudizio alla scadenza del quinquennio combinata con la lunghezza dei tempi processuali di tre gradi di giudizio. Orbene il risarcimento, dalla data del licenziamento alla data della pronuncia, poteva – se il lavoratore offriva le proprie prestazioni lavorative – essere oltre modo esorbitante. Ora, invece, vi è il limite (suddetto) che trova applicazione anche ai giudizi in corso (comma 7), con alcune possibili eccezioni. Infatti, ove ciò si renda necessario, il Giudice ai fini della determinazione dell’indennità, può concedere alle parti, fissando un termine, una integrazione della domanda e delle relative eccezioni.

L’indennità risarcitoria suindicata (da 2,5 a 12 mensilità) viene ridotta della metà se la contrattazione collettiva nazionale, territoriale od aziendale preveda

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l’assunzione anche a tempo indeterminato dei lavoratori già occupati a tempo determinato nell’ambito di specifiche graduatorie.

Il lavoro sommerso: novità sulla maxisanzione

E’ finalmente in Gazzetta Ufficiale, nel supplemento ordinario n. 243/L del 09 novembre 2010, il cosiddetto Collegato Lavoro (Legge 04 novembre 2010 n. 183).Gli argomenti trattati sono diversi (revisione dei lavori usuranti, la maxi sanzione contro il lavoro sommerso, conciliazioni in materia di lavoro ecc.) Con l’art. 4 del collegato lavoro 2010, si torna ancora una volta a modificare l’art.3, co.3 del D.L. n.12/02, convertito in L. n.73/02, che disciplina la cosiddetta “maxi-sanzione per lavoro nero”.L’articolo 4 del collegato ha modificato la disposizione sulla “vecchia maxi sanzione” dove a seguito di ispezioni, venivano irrogate una serie di sanzioni che finivano per diventare un accumulo di cifre del tutto sproporzionate all’effettiva mancanza o violazione commessa.Basta pensare al meccanismo di calcolo della sanzione, che nelle varie ipotesi, succedutesi nel tempo,vedeva la sanzione arrivare al quadruplo del costo del lavoro dall’inizio dell’anno al momento dell’accertamento della violazione, indipendentemente dall’effettiva durata del rapporto di lavoro.O altrettanto quando è stata riformulata dall’art 36-bis del D.L. n.223/06, convertito in Legge n.248/06, dove gli importi erano sproporzionati soprattutto nelle ipotesi di brevi periodi, tipo quelli svolti prima di una regolare assunzione (periodo di prova) di lavoratori subordinati, domestici o soci non debitamente assicurati.Anche in questo caso l’importo della sanzione fu ritenuto eccessivo, la sanzione amministrativa: da 1˙500,00 a 12˙000,00 euro per lavoratore, con l’aggiunta di 150,00 euro per ciascuna giornata di lavoro e delle sanzioni civili, di importo non inferiore a 3˙000,00 euro, dovute per l’evasione contributiva nei confronti di ciascun ente previdenziale erano inadeguati. Sia da parte dei datori di lavoro che delle associazione di categoria, si faceva appello ad una attenuazione del regime sanzionatorio, perlomeno in situazioni particolari. Venendo incontro a tali richieste, dopo l’introduzione del nuovo libro unico del lavoro e l’abolizione dei libri di matricola e paga (art. 39 del D.L. n. 112/08 convertito in L. n. 133/08) e la prossima abolizione del registro infortuni, prevista dal Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro, si arriva così al collegato lavoro che all’art. 4 modifica il 3° comma, dell’art.3, del D.L. n.12/02 e prevede che: La nuova maxi sanzione per “lavoro nero” “ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, incaso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la solaesclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativada euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo”.

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“L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo successivo”.“L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e premi, riferiti aciascun lavoratore di cui ai periodi precedenti, è aumentato del 50%”.“Le sanzioni di cui al terzo comma non trovano applicazione qualora dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione”“All’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organidi vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza.Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della leggen.689/1981, è la Direzione provinciale del lavoro”.Rispetto al passato,nella nuova formulazione della maxi sanzione, emerge subito il diverso oggetto della violazione, ovvero mentre prima era rivolta a chi impiegava lavoratori di qualunque tipologia(subordinati, parasubordinati) che non risultavano dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, ora riguarda l’impiego, da parte del datore di lavoro privato, con l’esclusione dei lavoratori domestici, di “lavoratori subordinati” senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.Viene specificato “datore di lavoro privato” in quanto la norma limita espressamente l’applicabilità della nuova maxi-sanzione ai soli “datori di lavoro privati”, con conseguente esclusione dei datori di lavoro pubblici.Inoltre la nuova maxi-sanzione, essendo limitata ai soli rapporti di lavoro subordinato,non potrà essere applicata ad altre tipologie contrattuali, come le collaborazionicoordinate e continuative o l’associazione in partecipazione con apporto di lavoronon comunicate al Centro per l’impiego o le prestazioni lavorative dei soci e dei familiarinon comunicate all’Inail o alle prestazioni occasionali.La sanzione ridotta da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, viene applicata allorquando al momento della visita ispettiva il lavoratore risulta regolarmente assunto ma presenta un precedente periodo non regolarizzato.Deve, invece, ritenersi escluso dalla maxisanzione, mancando il presupposto dell’impiego di lavoro sommerso, il datore di lavoro che, anche tardivamente, prima dell’accesso ispettivo sul luogo di lavoro, abbia regolarizzato spontaneamente e per l’intera durata il rapporto di lavoro fin dalla sua prima giornata di lavoro. In ogni caso, il “collegato lavoro”, in linea con il principio di prevenire e reprimere le irregolarità sostanziali e non quelle formali o di carattere burocratico, ha espressamente escluso che la maxi sanzione non può essere applicata qualora, seppure in assenza di comunicazione preventiva, si evidenzi la volontà del datore di lavoro di non occultare il rapporto di lavoro. L’individuazione di quali adempimenti contributivi precedentemente assolti possano essere invocati per dimostrare la volontà di non occultare il rapporto di lavoro ed evitare l’irrogazione della nuova maxi sanzione per l’omessa comunicazione al centro per l’impiego, sono a titolo di esempio, ma non esaustive:

le denunce mensili all’Inps (UniEMens) ed i versamenti contributivi precedentemente effettuati, anche se riferiti ad una diversa qualificazione del rapporto di lavoro.

una comunicazione tardiva ma fedele e antecedente alla visita ispettiva, può ritenersi sufficiente ad evitare la maxi-sanzione, in quanto trattasi di adempimento spontaneo, avente data certa ed efficace anche a fini previdenziali.

La sola registrazione sul libro unico del lavoro non può ritenersi sufficiente ad evitare l’irrogazione della maxi sanzione, in quanto non ha data certa, almeno fino a quando, dopo la scadenza del 16 del mese successivo, essa ottiene un riscontro da corrispondenti versamenti contributivi e denunce agli enti previdenziali, anche il

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contratto consegnato al lavoratore prima dell’inizio dell’attività lavorativa, anziché la copia della comunicazione al centro per l’impiego, non può ritenersi sufficiente ad evitare la nuova maxi sanzione, avendo natura di scrittura privata, spesso senza data certa e comunque nota solo alle parti.

Circolare n. 38 del 12 Novembre 2010 del Ministero del LavoroPrime istruzioni operative in materia di maxisanzione contro il lavoro sommerso, ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 183/2010 Diffida ex art. 13 D. Lgs. N. 124/2004

Qualora il personale ispettivo riscontri ipotesi di lavoro nero alle quali è applicabile la maxisanzione, lo stesso deve diffidare ai sensi dell’ex articolo 13 D. Lgs. 124/2004 il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido a regolarizzare sotto il profilo contributivo, retributivo e lavoristico la posizione dei lavoratori coinvolti, anche nelle ipotesi di un primo periodo di impiego in nero seguito da un periodo di regolare occupazione.Per regolarizzazione s’intende sia la comunicazione del giorno di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro sia il versamento contributivo evaso.In caso di adempimento alla diffida i predetti soggetti sono ammessi al pagamento della maxisanzione nella misura minima edittale per l’importo stabilito in misura variabile e nella misura di un quarto della maggiorazione giornaliera in misura fissa.In ipotesi di lavoro totalmente in nero, pertanto, sarà irrogata la somma di €. 1.500,00 quale sanzione in misura variabile per ciascun lavoratore irregolare a cui andrà aggiunta la somma di €. 37,50 quale maggiorazione per ciascun giorno di lavoro irregolare.In caso di lavoro parzialmente in nero sarà rispettivamente di €. 1.000,00 e di €. 7,50.Tale possibilità dovrebbe fortemente incentivare la regolarizzazione, specialmente deirapporti di “lavoro nero” di maggiore durata.

Verbale di accertamentoIl nuovo verbale di accertamento e notifica, che il personale ispettivo del Ministero del Lavoro, quando accerta delle violazioni, deve contenere:

1. gli esiti dettagliati dell’accertamento (con indicazione dei fatti contestati e delle

norme violate, a norma dell’art.14 della Legge n.689/1981);2. l’indicazione delle fonti di prova degli illeciti rilevati;3. la diffida a regolarizzare le violazioni comunque materialmente sanabili,

entro il termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento;

4. per le violazioni sanate, l’ammissione al pagamento della sanzione minima o pari ad un quarto della sanzione, se stabilita in misura fissa, entro ulteriori 15 giorni;

5. l’ammissione al pagamento della sanzione ridotta, pari al doppio del minimo o ad un terzo del massimo, se più favorevole, per le violazioni non sanate o non sanabili, entro il termine di 60 giorni dalla notifica del provvedimento;

6. l’indicazione dei ricorsi esperibili e dei relativi termini (compresa la possibilità di presentare scritti difensivi e chiedere audizione alla Direzione Provinciale del Lavoro, entro 30 giorni, a norma dell’art.14 della Legge n.689/1981).

Destinatario della diffida non è più il “datore di lavoro” (spesso una società), ma il“trasgressore” (la persona o le persone fisiche che hanno agito per la società) e lasocietà eventualmente “obbligata in solido”, vale a dire i medesimi destinatari dellanotificazione degli illeciti amministrativi a norma dell’art.14 della L. n.689/1981.

Organi competenti

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La competenza ad adottare i provvedimenti, di cui alla maxisanzione, prerogativa in passato del solo personale ispettivo delle Direzioni Provinciali del lavoro, viene ora attribuita a tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza (Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, Guardia di Finanza etc.)

Riferimenti: Legge n. 689/81 – art. 3 co.3 del D.L. n.12/02 – art. 4 del Collegato Lavoro Legge 04 novembre 2010 n. 183

L’apprendistato come incentivo al completamento dell’obbligo scolastico

(Legge 4 novembre 2010 n. 183 art. 46 comma 1 lettera b, art. 48 comma8)

In materia di apprendistato, con l’articolo 46 comma 1 lettera b, viene dato mandato al governo di riordinare la legislazione in tema di apprendistato mentre con l’articolo 48 comma 8, viene ritoccato il Decreto Legislativo n. 246 del 2003, riproponendo l'apprendistato come canale per l'assolvimento del diritto-dovere alla formazione e all'istruzione secondaria a partire dai 15 anni di età. I dati fatti emergere dal governo dimostrano come appena il 20% dei contratti di apprendistato hanno un reale valore formativo, relegando una fascia di giovani compresi tra i 15 e i 29 anni a subire l'ennesima variante dei contratti precari. L’obiettivo era, e rimane, quello di «rendere più efficiente il raccordo e, là dove opportuna, l’integrazione tra il sistema educativo di istruzione e formazione e il mercato del lavoro, in modo da rispondere alla domanda di competenze da parte dei settori e dei territori in cui le imprese operano»1. Unitamente ai dati della dispersione scolastica, l’inserimento di questi giovani in percorsi di alternanza-integrazione assume una valenza sociale oltre che lavorativa. Così come preannunciato nel documento dei Ministri Sacconi-Gelmini2 «Moderne leve di placement possono essere, in questa prospettiva, i percorsi educativi di istruzione e formativi in alternanza scuola lavoro e, in questo contesto, particolarmente in apprendistato che consentono, con esperienza pratica e in un assetto produttivo autentico, il conseguimento di un titolo di studio. Come nel caso dell’apprendistato per l’esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente l’acquisizione di una qualifica del secondo ciclo». Una novità in cui diventa determinante il coinvolgimento degli operatori per restituire ai giovani uno strumento formativo, sicuramente piu` legato al mercato del lavoro, alle esigenze di professionalità provenienti dalle imprese, di qualità e di pari dignità rispetto agli studi liceali.

1 Linee Guida per la formazione nel 2010 Intesa tra Governo, Regioni, Province autonome e parti sociali del 17 febbraio 2010.2 Vedi Miur - Ministero del lavoro, Roma 23 settembre 2009, Italia 2020: piano di azione per l’occupabilità dei giovani.

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1. L'obbligo scolastico e l’obbligo formativo.L’obbligo scolastico è una misura tesa alla frequenza di massa dei percorsi di istruzione, non compatibile con il lavoro minorile, che comporta l’obbligo di conseguire un titolo di studio. L’obbligo formativo3, è stato introdotto dalla Riforma Berlinguer (Legge 10 febbraio 2000 n. 30, in GU 23 febbraio 2000 n. 44, Legge Quadro in materia di Riordino dei Cicli dell'Istruzione) simultaneamente all'innalzamento dell'obbligo scolastico da 8 a 10 anni4. L'obbligo scolastico fino ai 10 anni avrebbe messo tutti gli studenti nella condizione di frequentare 3 anni di scuola superiore ottenendo una qualifica. Venne introdotta la possibilità per uno studente di non proseguire il proprio corso di studi purché in possesso di una licenza media. All'interno di tale quadro venne progettato anche il NOF, nuovo obbligo formativo, che prevedeva il diritto dovere di permanere dentro i vari canali della formazione-istruzione fino al compimento del diciottesimo anno di età.Con la Riforma Moratti (Legge 28 marzo 2003 n. 53, in GU 2 aprile 2003 n. 77, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale) vengono abrogate le precedenti disposizioni. Viene superata la distinzione tra obbligo scolastico e obbligo formativo, stabilendo il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o comunque fino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. L'obbligo formativo può essere assolto, dai giovani di 15 anni, all'interno di tre possibili percorsi, anche integrati tra loro: la scuola, la formazione regionale o l’apprendistato.Successivamente, con l'art. 1 comma 622 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, in GU 27 dicembre 2006 n. 299, l’obbligo scolastico è stato nuovamente innalzato a 10 anni e, in ogni caso, fino al sedicesimo anno di età. Di conseguenza l'età per l'accesso al lavoro è stata elevata da quindici a sedici anni.Attraverso l'articolo 64 comma 4bis della legge 6 agosto 2008 n. 133, in GU 21 agosto 2008 n. 195, è stata introdotta la possibilità che l'obbligo scolastico, nel rispetto degli obiettivi di apprendimento generali e specifici, sia assolvibile anche attraverso percorsi di istruzione o formazione professionale.

2. Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione

L’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (c.d. apprendistato qualificante), è disciplinato dall’art. 48 comma 2 del D.Lgs. n. 276/20035. Tale tipologia contrattuale è finalizzata a consentire l’assolvimento del diritto-dovere di istruzione e di formazione  attraverso lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro6, per l’ottenimento di una qualifica professionale da conseguire entro il 18° anno di età (art. 2 comma 1 lett. c) 3 L'obbligo formativo, istituito in Italia con l'art. 68 della legge 144/1999, prevede la frequenza di attività formative fino all'età di 18 anni. Disciplinato dal decreto attuativo 257/2000 e dall'Accordo Stato-Regioni del 2 marzo 2002, è finalizzato ad offrire ai giovani una concreta possibilità di completare il proprio percorso formativo, attraverso il conseguimento di un diploma scolastico o di una qualifica professionale, eliminando in tal modo gli abbandoni precoci dal sistema educativo.4 L’art. 1, comma 3, della Legge n. 30/2000, prevedeva che “l’obbligo scolastico inizia al sesto anno e termina al quindicesimo anno di età”. 5 Vedi Circolare del Ministero del Lavoro n. 40 del 14 ottobre 2004 punto 3.1.6 Sul diritto-dovere di istruzione e formazione, vedi D.Lgs. 15 aprile 2005 n. 76 “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione a norma dell’articolo 2 comma 1 lettera c) della L. 28 marzo 2003, n. 53”; D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77 “Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’art. 4 della L. 28 marzo 2003, n. 53”; D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 “Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53”.

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Legge n. 53/2003; art. 1 comma 3 D.Lgs. n. 76/2005). Per l’assolvimento di tale diritto-dovere d’istruzione, sono previste la formazione scolastica (obbligatoria per 10 anni) e la stipula di un contratto di apprendistato. Il contratto di apprendistato qualificante può riguardare tutti i settori di attività, ad eccezione del pubblico impiego (ex art. 1 comma 2 D.Lgs. n. 276/2003, che esclude le pubbliche amministrazioni ed il loro personale dal campo di applicazione della disciplina in oggetto). Destinatari della norma sono i giovani in età compresa tra i 15 e i 18 anni che non abbiano ancora completato il percorso formativo. La regolamentazione della formazione viene rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con i Ministeri del Lavoro e della Pubblica Istruzione, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, nel rispetto dei criteri dettati dalla medesima Legge n. 53/2003. Nella circolare n. 30/20057, Il Ministero chiarisce che, in attesa delle intese di cui sopra, ai giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni, per i quali non risulti ancora utilizzabile il contratto di apprendistato qualificante, resta applicabile la disciplina di cui alla Legge n. 25/1955, successivamente modificata dalle Leggi n. 56/1987 e n. 196/1997.

3. I provvedimenti e le regolamentazioni regionaliAd oggi, i provvedimenti delle Regioni e Provincie autonome sono i seguenti:Emilia Romagna: LR n. 17/2005 «Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro», Capo V;Friuli Venezia Giulia: LR n. 18/2005 «Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro», artt. 61 e 62;Lombardia: LR n. 22/2006 «Il mercato del lavoro in Lombardia», articolo 20; LR n. 19/2007 recante «Norme sul sistema di istruzione e formazione della Regione Lombardia», art. 21;Marche: LR n. 2/2005 «Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro», art. 17;Molise: LR n. 3/2008 «Disciplina regionale dell’apprendistato», Capo II;Piemonte: LR n. 2/2007 «Disciplina degli aspetti formativi del contratto di apprendistato» Capo II;Provincia autonoma di Bolzano: LP n. 2/2006 «Ordinamento dell’apprendistato»;Provincia autonoma di Trento: Protocollo d’intesa con le parti sociali del 20 luglio 2005; LP n. 6/2006 «Disciplina della formazione in apprendistato»;Sardegna: LR n. 20/2005 «Norme in materia di promozione dell’occupazione», articolo 38;Toscana: LR n. 20/2005 «Modifiche alla LR 26 luglio 2002, n. 32 (Testo unico della normativa in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro)», artt. 2, 3 e 11; Dpgr n. 22/R/2005, art. 1; Dd n. 610/2005;Umbria: LR n. 18/2007 «Disciplina dell’apprendistato», art. 13.

Per quanto riguarda, invece, la regolamentazione della formazione, la prima regione in Italia a sottoscrivere un accordo è stata la Regione Lombardia, che ha sottoscritto in data 27 settembre 2010, un Accordo con il Ministero del Lavoro ed il Ministero dell’Istruzione  per permettere  ai minori di 18 anni, di  realizzare  un contratto di apprendistato di primo livello, per adempiere al diritto-dovere di istruzione e formazione, in riferimento all’art. 48 del decreto legislativo n. 276/2001.Nell’Accordo sono  stabiliti  gli standard di erogazione ed il monte ore di formazione, che ammontano a 400 ore, nonchè la regolamentazione dei profili formativi previsti per questa tipologia di apprendistato. Il periodo complessivo è determinato in modo “congruo” in base alla qualifica da conseguire e sulla base dei crediti formativi già

7 Vedi anche le risposte del Ministero del Lavoro all’Interpello prot. n. 25/I/0003772 del 2 maggio 2006 e Interpello n. 36/2007 prot. n. 25/I/0015926 del 29 novembre 2007

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acquisiti. Il percorso in apprendistato di primo livello, realizza il riconoscimento di una qualifica professionale  ed è anche possibile, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione (esterna o interna all’impresa),  anche il riconoscimento della qualifica professionale a fini contrattuali. Si tratta dei percorsi formativi rivolti a giovani assunti con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione, tutt’ora non attuato a livello statale. Per quanto riguarda l’età limite   per l’apprendistato  in questione, l’Accordo prevede che venga applicata la previsione della normativa in vigore al momento della stipula del singolo contratto di lavoro pertanto, attualmente, viste le modifiche apportate dal Collegato Lavoro, sono interessati i giovani dai 15  ai 18 anni. 

4. Riduzione dell’età dell’apprendistatoTra le novità introdotte dal Collegato Lavoro, che hanno destato qualche perplessità, c’è la disposizione del comma 8 dell’art. 48, secondo la quale «l’obbligo di istruzione di cui all’art. 1 comma 622 della legge n. 296/2006 e successive modificazioni, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui all’art. 48 D.Lgs n. 276/2003», che riduce l’età dell’apprendista a 15 anni. Partendo dal presupposto che il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro e che la capacità lavorativa si acquisisce a 16 anni compiuti, a seguito dell’adempimento dell’obbligo scolastico, aumentato a 16 anni dall’art. 1 comma 622 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, risulta dubbia la compatibilità della norma del Collegato con l’ordinamento vigente. Oltretutto, per la realizzazione di tale disposizione del Collegato, sarà necessario attendere, la delega prevista dal comma 1 lettera b dell’art. 46 del Collegato e la definizione di una «necessaria intesa tra le Regioni, il Ministero del lavoro e il Ministero dell’istruzione, sentite le parti sociali». Di sicuro interesse in merito, risulta essere la sentenza della Corte Costituzionale n. 334 del 15 novembre 2010, che ha dichiarato illegittima la legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, che permette l’attivazione di un contratto di apprendistato qualificante con chi abbia compiuto 15 anni e non sia in possesso di una qualifica professionale. Interessante è analizzare l’iter logico seguito dalla Corte. Se il legislatore italiano con l’art. 1 comma 622 Legge n. 296/2007, ha innalzato l’obbligo di istruzione a 10 anni ed ha portato a 16 anni l’età per l’accesso al lavoro – elevando in tal modo il livello di istruzione dei cittadini – una legge regionale che non rispetta tale limite è chiaramente in contrasto con la disciplina citata che rientra tra le norme generali sull’istruzione, di competenza statale. In definitiva la regione Abruzzo ha violato l’art. 117, comma 2, lett. n), della Costituzione e, quindi, è illegittimo l’art. 25, comma 1, della Legge regionale n. 30/2009. Analogamente sono illegittimi gli artt. 25, comma 2, e 28, comma 1, della stessa legge regionale perché prevedono che la Giunta regionale possa disciplinare in materia autonoma i profili formativi dell’apprendistato, ma così facendo violano la competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile e quella concorrente relativa ai principi fondamentali dell’istruzione e della tutela e sicurezza del lavoro, nonché del principio di leale collaborazione. Infatti, tali disposizioni, sono in contrasto con quanto previsto dagli artt. 48, comma 4, e 49, comma 5, del D.Lgs. n. 276/2003, i quali prevedono che la regolamentazione dei profili formativi sia rimessa alle Regioni d’intesa con il Ministero del Lavoro ed il Ministero dell’Istruzione, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

5. Delega per il riordino della normativa in materia di apprendistatoNell’art. 46 comma 1 lettera b), viene data delega al Governo per il riordino della normativa in materia di apprendistato, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore delle norme contenute nel Collegato Lavoro. La delega dovrà rispettare i principi dell’art. 117 della Costituzione e gli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, «garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di

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genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati». L’esercizio della delega dovrà tener conto dei criteri già individuati dalla legge welfare (Legge 24 dicembre 2007 n. 247), ossia:

a) rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia;

b) individuazione di standard nazionali di qualità della formazione in materia di profili professionali e percorsi formativi, certificazione delle competenze, validazione dei progetti formativi individuali e riconoscimento delle capacità formative delle imprese, anche al fine di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale;

c) con riferimento all’apprendistato professionalizzante, individuazione di meccanismi in grado di garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’attuazione uniforme e immediata su tutto il territorio nazionale della relativa disciplina;

d) adozione di misure volte ad assicurare il corretto utilizzo dei contratti di apprendistato.

Un riferimento in proposito, sono sicuramente le intese raggiunte tra Governo, Regioni, Provincie autonome e parti sociali nell’accordo del 17 febbraio 2010, nel quale le parti hanno convenuto di rilanciare il contratto di apprendistato nelle sue tre tipologie (professionalizzante, per l’esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione, per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione) con l’obiettivo di garantire un percorso di formazione a tutti gli apprendisti anche attraverso percorsi di formazione nei luoghi di lavoro. Con il successivo accordo del 27 ottobre 20108, è stato concordato:

- di dare un nuovo impulso alla occupazione giovanile in apprendistato conferendo, per lavoratori e imprese, immediata certezza al quadro giuridico e istituzionale di riferimento attraverso una fase di transizione di dodici mesi nella quale, in attesa della definizione di una revisione e di un definitivo chiarimento della normativa vigente;

- di avviare un tavolo tripartito per la definizione di una mappatura condivisa della normativa concretamente applicabile Regione per Regione, settore per settore; delle linee guida condivise per la riforma dell’apprendistato professionalizzante; di un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità e prevenire gli abusi e l’utilizzo distorto degli stessi tirocini formativi e di orientamento e di altre tipologie contrattuali;

- di confermare che, in caso di imprese multi-localizzate, per l’attivazione dei contratti di apprendistato e per i tirocini formativi e di orientamento trova applicazione su tutto il territorio nazionale la sola regolamentazione della Regione dove l’impresa ha la propria sede legale.

DECRETO LEGISLATIVO 10 SETTEMBRE 2003 N. 276 DOPO IL COLLEGATO LAVOROArt. 48 Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni.2. Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore a tre anni ed e' finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto e' determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per

8 Vedi anche dall’Accordo del 29 aprile 2010 tra il Miur, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

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l'impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l'accertamento dei crediti formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53.3. Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione e' disciplinato in base ai seguenti principi:

a) forma scritta del contratto, contenente indicazione della prestazione lavorativa oggetto del contratto, del piano formativo individuale, nonché della qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale od extra-aziendale;b) divieto di stabilire il compenso dell'apprendista secondo tariffe di cottimo;c) possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile;d) divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.

4. La regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione e' rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:

a) definizione della qualifica professionale ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53;b) previsione di un monte ore di formazione, esterna od interna alla azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale in funzione di quanto stabilito al comma 2 e secondo standard minimi formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53;c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni competenti;d) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali;e) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo;f) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate.

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Le novità del Collegato sulle Agenzie per il Lavoro

(art.48 – Modifiche al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276)

SOMMARIO: Introduzione. – 1. Regime autorizzatorio e accreditamenti. – 1.1. L’Albo delle APL. Le nuove procedure di autorizzazione – 1.2. Ampliamento dei requisiti giuridici e finanziari per l’iscrizione all’Albo. – 1.3. Ridefinizione dei regimi particolari di autorizzazione. – 2. Tutele sul mercato e disposizioni speciali per i lavoratori svantaggiati.

IntroduzioneIl modello di funzionamento del collocamento italiano è stato radicalmente riformato nell’ultimo decennio, influenzato sia dalle crescenti esigenze imprenditoriali di flessibilità nella gestione delle risorse umane, sia dagli interventi del legislatore comunitario. In particolare, con il titolo II del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “ambiziosamente”9 dedicato alla «Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro», sono state introdotte specifiche disposizioni in merito, identificando, in una dialettica “pubblico-privato”, nuove strutture autorizzate ad intervenirvi10, con l’obiettivo di realizzare un sistema in grado di migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione.In tale contesto, alle Agenzie per il lavoro (d’ora in avanti APL) è stato riconosciuto un ruolo fondamentale nell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, consentendo, nel rispetto di determinate condizioni, persino la somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing) di propri lavoratori alle imprese clienti11. Con il “Collegato Lavoro” alla legge finanziaria 2010, il legislatore ha provveduto a confermare il modello di organizzazione e disciplina del mercato del lavoro previsto dal d.lgs. n. 276/2003, apportando specifiche modifiche ed integrazioni. Nelle presenti note si analizzeranno, in maniera sintetica, tali modifiche, verificando con particolare attenzione:

a) i nuovi criteri da adottare in materia di rilascio dell’autorizzazione a svolgere attività a tempo indeterminato;

b) i nuovi requisiti per l’iscrizione all’albo delle APL;c) la nuova disciplina applicabile ai regimi particolari di autorizzazione per

le università, per le associazioni ed enti bilaterali, per gli enti locali, le camere di commercio e gli istituti scolastici, per i gestori di siti internet;

9 B. CARUSO, H. BONURA, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro, in R. DE LUCA TAMAJO – G. SANTORO-PASSARELLI (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro, Padova, 2007, p. 65.10 P. RAUSEI, Somministrazione di lavoro, Milano, 2007, p. 16. Per una verifica dell’evoluzione normativa della disciplina della somministrazione professionale di lavoro, si veda M.T. CARINCI, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d’azienda e di ramo, Torino, 2010, pp. 19 e ss.; P. OLIVELLI, Pubblico e privato nella riforma dei servizi per l’impiego, in P. OLIVELLI – M. TIRABOSCHI, Il diritto del mercato del lavoro dopo la riforma Biagi, Milano, 2005, pp. 3 e ss. Per una analisi comparata, si veda S. SPATTINI, M. TIRABOSCHI, La regolamentazione della somministrazione di lavoro: un confronto comparato, in M. TIRABOSCHI (a cura di), Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Milano, 2006, pp. 125 e ss.11 Per una analisi dell’evoluzione economica del settore delle APL italiane negli ultimi anni, e del loro ruolo nella crisi economica internazionale, si vedano S. CONSIGLIO, L. MOSCHERA, Le agenzie per il lavoro e le risposte strategiche ed organizzative alla crisi economica , Milano, 2010 e S. CONSIGLIO, L. MOSCHERA, Dall’interinale ai servizi per il lavoro. Il comparto delle agenzie per il lavoro, Milano, 2008.

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d) le nuove modalità di utilizzo del contributo del 4% accantonato nel fondo bilaterale per la formazione e l’integrazione del reddito alimentati dalle Agenzie di somministrazione;

e) le diverse condizioni ammesse per operare in deroga al regime generale della somministrazione di lavoro.

1. Regime autorizzatorio e accreditamentiIl regime delle autorizzazioni e degli accreditamenti delle APL sono regolate dal Capo I del d.lgs. n. 276/2003. Con il “Collegato Lavoro” alla finanziaria 2010, sono stati individuati i criteri che il Ministero del Lavoro deve adottare nel concedere l’autorizzazione a tempo indeterminato all’esercizio delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale, riconoscendo efficacia vincolante al rispetto degli obblighi di legge, del contratto collettivo e al corretto andamento dell’attività svolta. Inoltre, il legislatore è intervenuto per introdurre ulteriori adempimenti a carico delle APL, a pena di revoca dell’autorizzazione, finalizzati a dare un nuovo impulso alla borsa lavoro, e, infine, relativamente allo svolgimento dell’attività di intermediazione, sono stati ridefiniti i regimi particolari di autorizzazione, ampliando, tra l’altro, la platea di soggetti potenzialmente in grado di operare in tali ambiti12.

1.1. L’Albo delle APL. Le nuove procedure di autorizzazione Non tutte le imprese possano svolgere attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale; l’articolo 4 del d.lgs. n. 276/2003 prevede, al primo comma, la necessaria l’iscrizione ad un apposito albo, l’“Albo informatico delle agenzie per il lavoro”13 (d’ora in avanti Albo), istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Articolato nelle seguenti cinque sezioni con l’obiettivo di differenziare le attività connesse all’organizzazione del mercato del lavoro ed i soggetti autorizzati a svolgere tali attività, possono rivestire il ruolo e la qualifica di “somministratori” unicamente le APL iscritte nelle prime due sezioni dell’Albo. SEZIONE I: Agenzie di somministrazione di lavoro con competenza generale, abilitate allo svolgimento di tutte le attività previste dall’articolo 20 del d.lgs. n. 276/200314;SEZIONE II: Agenzie di somministrazione con competenza esclusiva, abilitate a svolgere esclusivamente uno dei rami di attività specifiche di cui all’articolo 20, comma 3, lettere da a) a h) del d.lgs. n. 276/2003;SEZIONE III: Agenzie di intermediazione15;

12 Per un approfondimento, si veda P. TULLINI, Regime autorizzatorio e accreditamenti, in AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro, Bologna, 2004, pp. 67 e ss; si veda anche la Convenzione OIL 19 giugno 1997, n. 181 sulle Agenzie private a pagamento.13 Si veda il D.M. 23 dicembre 2003, il D.M. 5 maggio 2004, le Circolari 24 giugno 2004, n. 25, 2 luglio 2004, n. 27, 21 luglio 2004, n. 30. Da ultimo, si veda la Circolare INPS 24 novembre 2010, n. 149.14 Le APL iscritte nella SEZIONE I ottengono automaticamente anche l’iscrizione alle residue sezioni dell’Albo. Come sostenuto da autorevole dottrina “il vasto campo che potrebbe essere inaugurato dalla contrattazione collettiva, nazionale e territoriale (secondo la lettera dell’art. 20, comma 1, lett. i), viene riservato alle sole Agenzie iscritte alla sezione prima dell’albo. Si tratta di una sorta di garanzia aggiuntiva riconosciuta allo staff leasing puro, ovvero alla libera somministrazione di manodopera a tempo indeterminato secondo specifiche contrattuali e non legali”, P. RAUSEI, Somministrazione di lavoro, op. cit., p. 35.15 Le APL iscritte nella SEZIONE III possono svolgere attività di intermediazione, ovvero la mediazione tra la domanda e l’offerta di lavoro, con riguardo anche all’inserimento lavorativo dei disabili e dei lavoratori svantaggiati. L’iscrizione nella SEZIONE III comporta l’automatica iscrizione nelle SEZIONI IV e V.

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SEZIONE IV: Agenzie di ricerca e selezione del personale16;SEZIONE V: Agenzie di supporto alla ricollocazione professionale17. L’iscrizione in ciascuna delle sezioni dell’Albo richiede la preventiva acquisizione dell’autorizzazione provvisoria da parte del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, che, entro 60 giorni dalla richiesta e previo accertamento della sussistenza dei requisiti giuridici e finanziari, è tenuto al suo rilascio. Il secondo periodo del secondo comma dell’articolo 4, attualmente modificato, prevedeva che, decorsi 2 anni, l’APL in possesso di autorizzazione provvisoria potesse presentare apposita istanza e richiedere l’autorizzazione a tempo indeterminato. In merito il primo comma dell’articolo 48 del “Collegato Lavoro” ha modificato il secondo periodo dell’articolo 4, provvedendo ad individuare i criteri che il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale deve adottare per il rilascio dell’autorizzazione a svolgere attività a tempo indeterminato. In particolare, nel concedere il nulla osta, il Ministero del Lavoro è tenuto a verificare:

- il rispetto degli obblighi di legge;- il rispetto del contratto collettivo;- il corretto andamento dell’attività svolta.

Secondo le nuove disposizioni, l’autorizzazione a tempo indeterminato può essere rilasciata dal Ministero solo nel caso in cui tale verifica dia esito positivo e nel termine di 90 giorni dalla richiesta. Ne consegue che, in seguito alle novità apportate dal “Collegato Lavoro” all’articolo 4 del d.lgs. n. 276/2003, potranno operare sul mercato unicamente le APL più solide, in grado di garantire il rispetto degli obblighi di legge, del contratto collettivo e in grado di assicurare un corretto andamento dell’attività svolta.

1.2. Ampliamento dei requisiti giuridici e finanziari per l’iscrizione all’Albo

I requisiti di tipo organizzativo, finanziario ed economico previsti dal legislatore per l’iscrizione all’Albo, necessari al fine di garantire affidabilità, professionalità e solvibilità al sistema delle APL, sono richiamati dall’articolo 5 del d.lgs. n. 276/200318. Nello specifico, il “Collegato Lavoro”, con il secondo comma dell’articolo 48, ha integrato le previsioni contenute nella lettera f), che contemplava il semplice obbligo per le APL di interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro, attraverso il raccordo con uno o più nodi regionali, nonché l’invio alla autorità concedente di ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro19. Le nuove norme, più incisive e finalizzate a dare nuovo impulso alla borsa lavoro, sin qui non molto utilizzata, prevedono la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività nel caso di mancato invio all’autorità concedente “di ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro”. La nuova lettera f) richiama tra le ipotesi che possono portare alla revoca dell’autorizzazione, i casi in cui le APL omettano di inviare all’autorità concedente le informazioni relative ai casi

16 Le APL iscritte nella SEZIONE IV possono svolgere quelle attività volte ad individuare la migliore risorsa umana per il posto di lavoro da occupare.17 Le APL iscritte nella SEZIONE V possono occuparsi delle azioni di reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori in esodo, individualmente o collettivamente. Operano su preciso incarico di un’organizzazione aziendale, eventualmente sulla base di trattative ed accordi sindacali.18 Si veda P. RAUSEI, Somministrazione di lavoro, op. cit., p. 53.19 I principi ed i criteri generali della borsa continua nazionale del lavoro sono contenuti nell’articolo 15 del d.lgs. n. 276/2003, nel rispetto degli articoli 4 e 120 della Costituzione. Per un approfondimento, si veda S. PIRRONE, Borsa continua nazionale del lavoro e monitoraggio statistico, in R. DE LUCA TAMAJO – G. SANTORO-PASSARELLI (a cura di), op. cit., pp. 215 e ss, P. RAUSEI, Somministrazione di lavoro, op. cit., pp. 89 e ss.

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in cui un percettore di sussidio o indennità pubblica rifiuti senza giustificato motivo:- una offerta formativa,- un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro,- un’occupazione congrua ai sensi della legislazione vigente.

1.3. Ridefinizione dei regimi particolari di autorizzazioneIn deroga a quanto generalmente previsto per gli operatori privati, i soggetti giuridici di cui all’articolo 6 del d.lgs. n. 276/2003, in virtù della loro natura, possono svolgere attività di intermediazione in virtù di un’autorizzazione direttamente concessa dalla legge,. Trattasi, tra gli altri, di università, pubbliche e private, di fondazioni universitarie, di enti locali, di associazioni dei datori di lavoro e dei prestato di lavoro comparativamente più rappresentative che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro. Il terzo comma dell’articolo 48 del “Collegato Lavoro” interviene sia ad integrare le condizioni previste dalla legge per lo svolgimento dell’attività di intermediazione, sia ad ampliare la platea di soggetti autorizzati allo svolgimento di tale attività. In ogni caso, le università, le associazioni e enti bilaterali e i gestori dei siti internet sono autorizzati allo svolgimento dell’attività di intermediazione a condizione che, ai sensi del comma 8-bis dell’articolo 6 del d.lgs. n. 276/2003, come inserito dall’articolo 48 del “Collegato Lavoro”, comunichino preventivamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali l’avvio dello svolgimento dell’attività di intermediazione, autocertificando, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. n. 445/2000, il possesso dei requisiti richiesti. Qui di seguito si riportano le novità apportate all’articolo 6 dall’articolo 48 del “Collegato Lavoro” per taluni soggetti giuridici individuati dall’articolo 6 del d.lgs. n. 276/2003. Università’: Le università pubbliche e private, comprese le fondazioni universitarie che hanno come oggetto l’alta formazione con specifico riferimento alle problematiche del mercato del lavoro sono autorizzate allo svolgimento dell’attività di intermediazione a condizione che:- svolgano tale attività senza finalità di lucro; e- conferiscano alla borsa continua nazionale del lavoro, secondo le modalità che saranno previste con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, i curricula dei propri studenti, da rendersi pubblici anche nei siti internet dell’Ateneo per i dodici mesi successivi alla data di conseguimento del diploma di laurea;- inviino alla borsa continua nazionale del lavoro di ogni informazione relativa al funzionamento del mercato del lavoro ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 276/2003. Associazioni ed enti bilaterali: Nel rispetto dei requisiti di cui alle lettere d), e), f) e g), primo comma, dell’articolo 5 del d.lgs. n. 276/2003, sono autorizzati allo svolgimento dell’attività di intermediazione:

a) le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate;

b) le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la tutela, l’assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilità;

c) gli enti bilaterali che, ove ne ricorrano i presupposti, possono operare con le modalità indicate alla lettera a) di cui sopra.

Enti locali, camere di commercio ed istituti scolastici: In attesa delle normative regionali, i soggetti di cui al secondo comma dell’articolo 6 del d.lgs.

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n. 276/2003 che intendano svolgere attività di intermediazione, ricerca e selezione e supporto alla ricollocazione professionale, sono tenuti a comunicare preventivamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il possesso dei requisiti di cui alle lettere c) e f) del primo comma dell’articolo 5 del d.lgs. n. 276/2003 che, previa verifica dei requisiti, li iscrive nell’apposita sezione dell’Albo entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione.Gestori di siti internet: Con il comma 3-bis dell’articolo 6, introdotto dal “Collegato Lavoro” il legislatore ha provveduto ad includere tra i soggetti autorizzati allo svolgimento dell’attività di intermediazione anche i gestori dei siti internet, a condizione che:- svolgano tale attività senza fini di lucro; e- inviino alla borsa continua nazionale del lavoro di ogni informazione relativa al funzionamento del mercato del lavoro ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 276/2003; e- pubblichino sul medesimo sito i propri dati identificativi.

2. Tutele sul mercato e disposizioni speciali per i lavoratori svantaggiati

Il d.lgs. n. 276/2003 ha segnato un momento importante di svolta delle politiche del lavoro, un tempo focalizzate esclusivamente sul Welfare, ed ora dirette anche al Workfare, al fine di individuare il percorso più idoneo per l’inserimento effettivo del lavoratore nel mercato del lavoro20.La crisi economica e il ricorso agli ammortizzatori sociali ha spinto il legislatore a rivedere tali politiche, ridefinendo la destinazione dei fondi per la formazione e l’integrazione del reddito alimentati dalle Agenzie di somministrazione21.In merito si rammenta come l’articolo 12 del d.lgs. n. 276/2003, nel ribadire quanto già previsto dall’articolo 5 della legge n. 196/1997, abbia imposto ai soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro di versare al fondo bilaterale, di cui al comma 4 dell’articolo 12 del d.lgs. n. 276/2003, un contributo del 4 per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per l’esercizio di attività di somministrazione, al fine di promuovere percorsi di qualificazione e riqualificazione22. Con le recenti modifiche apportate dal quarto comma dell’articolo 48 del “Collegato Lavoro”, tali risorse debbono essere destinate:

- ad interventi di formazione e riqualificazione professionale, nonché- a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito

a favore dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, dei lavoratori che abbiano svolto in precedenza missioni di lavoro in somministrazione in forza di contratti a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati ad una missione. La possibilità di poter destinare le risorse accantonate nel fondo per misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito consentirà un maggior sostegno del sistema pubblico degli ammortizzatori sociali. Si rileva come, in merito, nessuna modifica sia intervenuta con riferimento ai i lavoratori assunti dalle agenzie di somministrazione con contratto di lavoro a tempo indeterminato23.

20 Si veda C. CORBO, Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato nel mercato del lavoro, in M. MISCIONE, M. RICCI, a cura di, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro, in F. CARINCI, Commentario al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Milano, 2004, pp. 269 e ss.21 Per un approfondimento, si veda S. SPATTINI, M. TIRABOSCHI, Fondi per il sostegno al reddito dei somministrati, in M. TIRABOSCHI, a cura di, Collegato Lavoro, Milano, 2010, pp.189 e ss.22 Si veda V. FILÌ, Fondi bilaterali per i lavoratori somministrati, in M. MISCIONE, M. RICCI, op. cit., pp. 257 e ss.23 Per una analisi dello staff leasing, come reintrodotto dalla legge finanziaria 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191), dopo la temporanea abrogazione imposta dalla legge 24 dicembre

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Ulteriori novità introdotte dal quarto comma dell’articolo 48 del “Collegato Lavoro” riguardano, tra l’altro:

a) il venir meno della possibilità per il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di poter stabilire le politiche per la definizione degli interventi e delle misure di cui al primo e al secondo comma dell’articolo 12 del d.lgs. n. 276/2003. Ne consegue che tali interventi potranno essere attuati esclusivamente nel quadro delle politiche e delle misure stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro delle imprese di somministrazione di lavoro, sottoscritto dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ovvero, in mancanza, dai fondi bilaterali di cui al comma 4;

b) l’introduzione di specifiche sanzioni in caso di omissione, anche parziale, dei contributi che il datore di lavoro è tenuto a versare al fondo bilaterale. La nuova disposizione prevede che, oltre al contributo omesso, l’APL sia tenuta a corrispondere al fondo il contributo omesso, gli interessi nella misura prevista dal tasso indicato dall’articolo 1 del D.M. 26 settembre 2005, maggiorato del 5 per cento, e una sanzione amministrativa di importo pari al contributo omesso;

c) l’introduzione di nuove sanzioni in caso di mancato rispetto del documento contenente le regole stabilite dal fondo per il versamento dei contributi. La lettera e) del quarto comma dell’articolo 48 del “Collegato Lavoro”, nell’inserire il comma 8-bis all’articolo 12 del d.lgs. n. 276/2003, ha previsto specifiche sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole fissate dal fondo per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi nei confronti dei lavoratori somministrati a tempo determinato e indeterminato24. Nello specifico, il fondo, verificata l’irregolarità, può negare il finanziamento delle attività formative, ovvero procedere al recupero totale o parziale dei finanziamenti già concessi; le relative somme restano a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione per ulteriori iniziative formative. Nei casi più gravi, individuati dalla predetta disciplina e previa segnalazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si procede ad una definitiva riduzione delle somme a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro in misura corrispondente al valore del progetto formativo rendicontato e finanziato. Tali somme sono destinate al fondo bilaterale.

L’ultimo aspetto relativo alle novità del “Collegato Lavoro” sulle APL che verrà richiamato in questa sede riguarda l’inserimento del comma 5-bis all’articolo 13 d.lgs. n. 276/2003. A seguito della novella normativa, al fine di garantire l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati attraverso politiche attive e di Workfare, le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro potranno continuare ad operare in deroga al 2007, n. 247, si veda M. TIRABOSCHI, S. SPATTINI, Staff leasing: il ripristino della disciplina, in Guida lav., 2010, 2, pp. XXIV-XXV, Inserto; G. FALASCA, Dalla finanziaria nuovo slancio alle Agenzie per il lavoro, in Guida lav., 2010, 3, pp. 14 e ss.; M.R. GHEIDO, A. CASOTTI, Somministrazione: ripristinato lo staff leasing, in Dir. prat. lav., 2010, 4, pp. 163 e ss.; Circolare Assolavoro n. 1/2010; Circolare Fondazione Studi del consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro n. 2/2010. Più in generale, con riferimento al lavoro esternalizzato, si veda P. RAUSEI, Outsourcing come strategia d’impresa, in Dir. prat. lav., 2010, 38, pp. 2177 e ss. e P. RAUSEI, Lavoro interinale e staff leasing: fra norme e contratti, in Dir. prat. lav., 2010, 40, pp. 2309 e ss.24 Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, oltre ad esercitare la vigilanza sulla gestione dei fondi, approva il documento contenente le regole stabilite dal fondo per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi. Tale documento deve essere approvato dal Ministero entro il termine di 60 giorni dalla presentazione; nel rispetto del principio del silenzio-assenso, decorso inutilmente tale termine, il documento si intende approvato.

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regime generale della somministrazione di lavoro, ai sensi del secondo comma dell’articolo 23 del d.lgs. n. 276/2003, ma solo nel rispetto di due requisiti fondamentali. Un primo requisito, previsto dal “Collegato Lavoro”, prevede la presenza una convenzione stipulata tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro con i comuni, le province, le regioni, ovvero con le agenzie tecniche strumentali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Un secondo requisito, già richiamato nella vecchia disposizione di cui alla lettera a), primo comma, dell’articolo 13 del d.lgs. n. 276/2003, consente alle agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro di operare in deroga in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei ed il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore a 6 mesi.

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Le novità sui contratti di collaborazione(Riferimenti normativi: artt. 32, 39, 48, 50 della Legge 04/11/2010

n. 183)L’art. 39 della Legge 04/11/2010 n. 183 Collegato Lavoro25 considera reato non versare le ritenute previdenziali operate sui compensi delle co.co.co. anche a progetto. Il committente che non versa le trattenute contributive Inps sarà punito con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a euro 1.032,00. Potrà ravvedersi effettuando il versamento nel termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione, come è previsto per i datori di lavoro con i propri dipendenti26. Si applica anche ai committenti la disciplina sanzionatoria in materia di versamenti contributivi dei lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 2, commi 1-bis e 1-ter, del D.L. 463/1983 convertito nella Legge n. 683/1983.I contributi dei lavoratori autonomi parasubordinati (tra cui le co.co.co. anche a progetto) vengono versati nella gestione separata Inps dal 1996. Dal 2004 i lavoratori autonomi occasionali devono essere iscritti per il reddito annuo superiore a 5.000,00 euro (solo per la differenza).La violazione dell’art. 39 della Legge 04/11/2010 n. 183 riguarda le categorie di lavoratori parasubordinati che non provvedono autonomamente al pagamento dei contributi all’Inps: sono calcolati e versati a cura del committente che effettua la ritenuta nella misura di 1/3 del contributo dovuto all’Inps27. 25 Art. 39 della Legge 183/2010 Obbligo di versamento delle ritenute previdenziali

1. L’omesso versamento, nelle forme e nei termini di legge, delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla gestione separata di cui all’art.2, comma 26, della legge 8 agosto 1995 n. 335, configura le ipotesi di cui ai commi 1-bis, i-ter e 1-quater dell’articolo 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638

2.26 Art. 2 D.L. n.463/1983, conv. con mod. dalla Legge 638/1983

1. Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori di pendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.

1-bis L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032, 00 euro. Il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione. 1-ter La denuncia di reato è presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento di cui al comma 1-bis ovvero decorso inutilmente il termine ivi previsto. Alla denuncia è allegata l’attestazione delle somme eventualmente versate. 1-quater Durante il termine di cui al comma 1-bis il corso della prescrizione rimane sospeso27 Misura dei contributi L'aliquota di contribuzione alla gestione separata, inizialmente fissata dal comma 29, art. 2, L. n. 335/1995 nella misura del 10%, è stata poi differenziata a seconda che si tratti di soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria o di soggetti già pensionati o già iscritti ad altra gestione previdenziale obbligatoria. Soggetti scoperti - Con effetto dal 1º gennaio 2004, l'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata Inps che non risultano assicurati presso altre forme di assicurazione obbligatoria, è stabilita in misura identica a quella in vigore per la gestione pensionistica dei commercianti; per gli anni successivi si applica l'aumento dello 0,2% all'anno fino al raggiungimento dell'aliquota del 19% . Con la Finanziaria 2007 viene eliminata l'equiparazione dell'aliquota contributiva pensionistica degli iscritti alla gestione separata che non siano iscritti ad altre forme obbligatorie a quella prevista per la gestione previdenziale dei commercianti. Con effetto dal 1º gennaio 2007, l'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie è stabilita in misura pari al 23%. Dal 1º gennaio 2008 tale aliquota è salita al 24% ed è pari al 25% per l'anno 2009 ed al 26% a decorrere dall'anno 2010. Gli iscritti alla gestione separata privi di altra tutela previdenziale sono tenuti, inoltre, al pagamento del contributo pari allo 0,50% per il finanziamento dell'indennità economica di maternità, l'assegno per il nucleo familiare e la malattia. A partire dai compensi corrisposti dal 7 novembre 2007 è prevista un'aliquota aggiuntiva nella misura dello 0,22%, da sommarsi all'aliquota dello 0,50%, finalizzata al finanziamento della tutela della maternità Soggetti coperti - I titolari di pensione diretta, cioè quella derivante da contributi versati per il proprio lavoro, fino al 31 dicembre 2002 versavano i contributi applicando l'aliquota del 10%. L'art. 44, comma 6, L. n. 289/2002 (finanziaria 2003) ha disposto dal 1º gennaio 2003 un incremento di 2,5 punti percentuali (12,50%) e a partire dal 1º gennaio 2004, un ulteriore incremento di 2,5 punti percentuali. L'aumento opera sia per i soggetti titolari della sola pensione diretta sia per i soggetti che, pur percependo una pensione diretta siano anche iscritti ad un'altra gestione previdenziale obbligatoria La legge finanziaria 2007 ha disposto che con effetto dal 1º gennaio 2007 per i rimanenti iscritti alla gestione separata, l'aliquota contributiva è stabilita in misura unica pari al 16%. Tra i rimanenti soggetti iscritti alla gestione separata per i quali viene stabilita l'aliquota contributiva pensionistica al 16%, sono compresi anche i lavoratori pensionati nonché i titolari di ulteriori rapporti assicurativi (già iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria) e

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La norma penale dell’art. 39 della Legge 183/2010 (sanzione) riguarda, nei rapporti di collaborazione, soltanto l’omesso versamento delle ritenute previdenziali per i co.co.co anche a progetto. L’art. 39 della Legge 183/2010 (che estende alle co.co.co. anche a progetto la normativa già in vigore per i lavoratori dipendenti) opererà in riferimento al principio di effettività dei compensi corrisposti. La Corte di Cassazione con sentenza 26 giugno 2003 n. 10 ha stabilito che l’ipotesi di reato si ha quando il datore di lavoro ha corrisposto la retribuzione (e/o compenso) ai propri collaboratori. Con sentenza n. 1327 del 2005 si precisa che si intende punire non il mancato versamento dei contributi a carico dei dipendenti ma l’appropriazione indebita da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali prelevate alla fonte dallo stipendio dei lavoratori subordinati. La sanzione è prevista dall’art. 2 del D.L. n. 463/1983 che disciplina l’obbligo di versamento delle ritenute previdenziali trattenute ai lavoratori dipendenti con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a euro 1.032,00. Il committente non è punibile nel caso in cui provveda al versamento entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione (ravvedimento).Il reato dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sui compensi dei collaboratori non si applica nel caso di associazione in partecipazione con apporto di lavoro e nelle collaborazioni occasionali sulla parte eccedente i 5.000,00 euro, in quanto la norma penale non si applica con criterio analogico.

ConclusioneL'omesso versamento, nelle forme e nei termini di legge, delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal committente sui compensi dei collaboratori coordinati e continuativi, con o senza modalità a progetto, iscritti alla gestione separata configura ipotesi di reato punibile con la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032,00 euro. La pena non si applica se il versamento è effettuato entro tre mesi dalla notifica della violazione.

L’art. 50 della Legge 04/11/2010 n. 183 Collegato Lavoro28 riguarda le

pertanto viene meno, a decorrere dal 2007, la distinzione delle aliquote tra i soggetti titolari di pensione (diretta o indiretta) o già assicurati in altre forme obbligatorie. Dal 1º gennaio 2008 per tali soggetti l'aliquota contributiva pensionistica è stabilita in misura pari al 17% Massimale e minimale Le aliquote contributive sono dovute entro il massimale di reddito rivalutato annualmente sulla base degli indici ISTAT di variazione della vita. Non è previsto nessun minimale. Tuttavia, per poter accreditare ai fini pensionistici l'intero anno di assicurazione è necessario che la contribuzione risulti superiore al minimale stabilito per gli iscritti alla gestione del commercio Ripartizione e versamento del contributo Il contributo alla Gestione separata va versato all'Inps con il mod. F24. Per i collaboratori il contributo è per 1/3 a carico del collaboratore e per 2/3 a carico del committente. L'obbligo del versamento grava per l'intero contributo (compresa la quota a carico del lavoratore) sul committente che è tenuto ad effettuare il versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di corresponsione del compenso Per i professionisti il contributo viene pagato con il meccanismo degli acconti e saldi, negli stessi termini previsti per i versamenti Irpef, ed è a completo carico del professionista, salvo tuttavia il diritto di addebitare al committente, in via definitiva, una somma pari al 4 per cento dei corrispettivi lordi Con l'entrata in vigore della Legge 183/2010 l'omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sui compensi dei lavoratori a progetto diventa reato. L’art. 39 introduce una sanzione penale a carico dei committenti che non provvedono a versare, nelle forme e nei termini di legge, la quota dei contributi posta a carico del collaboratore. La disposizione riguarda le sole ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di co.co.co iscritti alla gestione separata Inps. Non interessa, invece, gli associati in partecipazione, né i lavoratori autonomi occasionali. L'omesso versamento delle ritenute previdenziali è reato penale. La norma (relativa ai lavoratori dipendenti) prevede che l'omesso versamento delle ritenute è punito con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032,00 euro. Il committente non è punibile se provvede al versamento entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. La denuncia di reato deve essere presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento delle ritenute ovvero decorso inutilmente il termine previsto, con allegata l'attestazione delle somme eventualmente versate. Durante il termine dei 3 mesi il corso della prescrizione rimane sospeso.

28 Art. 50 della Legge 183/2010 Disposizioni in materia di collaborazioni coordinate e continuative

1. Fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 1, commi 1202 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché abbia, dopo la data di entrata in vigore della presente legge, ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto in

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co.co.co. anche a progetto, stipulate da datori di lavoro che hanno aderito alla procedura di emersione disciplinata dall’art. 1, comma 1202, della Legge 27/11/2006 n. 29629 che prevedeva la trasformazione di contratti di collaborazione fittizi in rapporti di lavoro subordinato accompagnata da una transazione davanti alla DPL. L’ambito di applicazione della disposizione viene esteso anche a quei datori di lavoro che offriranno, dopo l’entrata in vigore del Collegato Lavoro, la conversione a tempo indeterminato del contratto originario o l’assunzione del lavoratore a tempo indeterminato con attribuzione di mansioni equivalenti a quelle svolte in forza del precedente contratto. Fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, il datore di lavoro che aveva offerto entro il 30/09/2008 (data ultima della procedura di emersione) la stipulazione di un contratto subordinato ovvero abbia, dopo l’entrata in vigore del Collegato Lavoro, ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedente, è tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione, avuto riguardo

corso ovvero offerto l’asunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedentemente in essere, è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604

2.29 In base alla legge 296/2006 al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione con il ricorso a contratti di lavoro subordinato e di garantire il corretto utilizzo dei rapporti di co.co.co anche a progetto, i committenti datori di lavoro, entro e non oltre il 30 settembre 2008, possono stipulare accordi aziendali ovvero territoriali, nei casi in cui nelle aziende non fossero presenti le R.S.U. o R.S.A., con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali comparativamente più rappresentative Oggetto della stabilizzazione deve essere un contratto di collaborazione già esistente ed ancora in essere, di qualunque durata, che viene trasformato in contratto di lavoro subordinato. Ciò significa che la procedura di stabilizzazione non è soggetta a termini prescrizionali e, quindi, possono essere stabilizzati tutti i contratti in essere, anche a progetto, stipulati a partire dal 1º aprile 1996 Gli accordi di stabilizzazione sottoscritti entro la data del 30 settembre 2008 sono finalizzati alla trasformazione dei rapporti di co.co.co. anche a progetto, in contratti di lavoro subordinato la cui durata non può essere inferiore a ventiquattro mesi. A seguito dell'accordo i lavoratori interessati alla trasformazione sottoscrivono atti di conciliazione individuale La validità degli atti di conciliazione di rimane condizionata all'adempimento dell'obbligo per il datore di lavoro, del versamento alla gestione separata, a titolo di contributo straordinario integrativo finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contratti di co.co.co anche a progetto, per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del rapporto di lavoro.I datori di lavoro depositano presso le competenti sedi dell'Inps gli atti di conciliazione unitamente ai contratti stipulati con ciascun lavoratore e all'attestazione dell'avvenuto versamento di una somma pari ad un terzo del totale dovuto; la restante parte del dovuto può essere versata in trentasei rate mensili.Gli accordi di stabilizzazione sono sottoposti all'approvazione del Ministero del Lavoro ai fini della possibilità di integrare presso la gestione separata dell'Inps il versamento contributivo a carico del datore di lavoro con un ulteriore importo a carico del bilancio pubblico, fino al raggiungimento della misura massima della contribuzione prevista dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti istituito preso l'Inps. Qualora il datore di lavoro non proceda ai versamenti si applicano le sanzioni previste dalla normativa in caso di omissione contributiva. Il versamento dei contributi dovuti comporta l'estinzione dei reati Per effetto degli atti di conciliazione, è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per i pregressi periodi di lavoro prestato dai lavoratori interessati dalla stabilizzazione del rapporto di lavoro. Possono accedere alla procedura di stabilizzazione anche i datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro. In ogni caso l'accordo sindacale comprende la stabilizzazione delle posizioni di tutti i lavoratori per i quali sussistano le stesse condizioni dei lavoratori la cui posizione sia stata oggetto di accertamenti ispettivi. L’art. 50 della Legge 183/2010 disciplina la misura degli indennizzi per i datori di lavoro coinvolti in un contenzioso sulla qualificazione del rapporto di lavoro, escluse le sentenze passate in giudicato. In caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di co.co.co, anche se riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 1, commi 1202 e seguenti, della legge n. 296/2006, nonché abbia, dopo il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della legge n. 183/2010), ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto in corso ovvero offerto l'assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedentemente in essere, è tenuto unicamente ad indennizzare il lavoratore con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione.

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ai criteri indicati dall’art. 8 della Legge 15/07/1966 n. 60430

L’indennità (tra 2,5 e 6 mensilità di retribuzione) ha funzione riparatoria nei confronti del lavoratore e del datore di lavoro per ogni futura conseguenza (accertamento, sanzioni, ecc.)

ConclusioneFatte salve le sentenze passate in giudicato, qualora il committente abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi della disciplina transitoria sulla stabilizzazione, al prestatore di lavoro spetta unicamente un indennizzo di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione. Ciò vale anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia ulteriormente offerto, dopo la data di entrata in vigore della legge (24/11/2010), l'assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedentemente in essere.

L’art. 32 della Legge 183/201031 tratta delle controversie in riferimento al 30 Art. 8 Legge 604/1966Riassunzione per licenziamento illegittimo1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.

31 Art. 32 della Legge 183/2010Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato

1. Il 1º e il 2º comma dell'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti: "Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua

comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.

L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo".

2. Le disposizioni di cui all'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento.

3. Le disposizioni di cui all'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all'art. 409, numero 3), del codice di procedura civile;

c) al trasferimento ai sensi dell'art. 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;

d) all'azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli artt. 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo.

4. Le disposizioni di cui all'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:

a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli artt. 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;

b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge;

c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'art. 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento;

d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'art. 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8 della

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recesso dai contratti di co.co.co: i termini di decadenza per l’impugnazione stragiudiziale (60 gg) e per la successiva presentazione del ricorso (270 gg). Conciliazioni, arbitrato e certificazione sono estese anche ai rapporti di collaborazione (art. 409 cpc).L’art. 48 della Legge 183/201032 introduce la tipologia delle prestazioni svolte nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona purché non eccedente il limite delle 240 ore annue per ogni committente e con il limite economico di compenso di 5.000,00 euro annuo per ogni committente.

legge 15 luglio 1966, n. 604. 6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni

sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.

7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l'eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell'art. 421 del codice di procedura civile.

32 Art. 48 della Legge 183/2010Modifiche al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276

1. Al comma 2 dell'art. 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: "Decorsi due anni, entro i novanta giorni successivi, i soggetti autorizzati possono richiedere l'autorizzazione a tempo indeterminato. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rilascia l'autorizzazione a tempo indeterminato entro novanta giorni dalla richiesta, previa verifica del rispetto degli obblighi di legge e del contratto collettivo e, in ogni caso, subordinatamente al corretto andamento della attività svolta".

2. Al comma 1 dell'art. 5 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la lett. f) è sostituita dalla seguente: "f) l'interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro di cui all'art. 15, attraverso il raccordo con uno o

più nodi regionali, nonché l'invio all'autorità concedente, pena la revoca dell'autorizzazione, di ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro, tra cui i casi in cui un percettore di sussidio o indennità pubblica rifiuti senza giustificato motivo una offerta formativa, un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero una occupazione congrua ai sensi della legislazione vigente;".

3. All'art. 6 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, le parole da: "e fermo restando" fino a: "nonché l'invio di" sono sostituite dalle seguenti: "e conferiscano alla borsa continua nazionale del lavoro, secondo le modalità previste con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i curricula dei propri studenti, che sono resi pubblici anche nei siti internet dell'Ateneo per i dodici mesi successivi alla data di conseguimento del diploma di laurea. Resta fermo l'obbligo dell'invio alla borsa continua nazionale del lavoro di";

b) il comma 3 è sostituito dal seguente: "3. Sono altresì autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione, a condizione che siano rispettati i

requisiti di cui alle lett. d), e), f) e g) dell'art. 5, comma 1: a) le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano

nazionale che possono svolgere l'attività anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate;

b) le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la tutela, l'assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilità;

c) gli enti bilaterali che, ove ne ricorrano i presupposti, possono operare con le modalità indicate alla lett. a)"; c) dopo il comma 3, è inserito il seguente: "3-bis. Sono altresì autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione i gestori di siti internet, a

condizione che svolgano la predetta attività senza finalità di lucro e fermo restando l'invio di ogni informazione relativa al funzionamento del mercato del lavoro ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, nonché a condizione della pubblicazione sul sito medesimo dei propri dati identificativi";

d) al comma 8 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "In attesa delle normative regionali, i soggetti di cui al comma 2, che intendono svolgere attività di intermediazione, ricerca e selezione e supporto alla ricollocazione professionale, comunicano preventivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il possesso dei requisiti di cui all'art. 5, comma 1, lett. c) e f). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica dei requisiti di cui al precedente periodo, iscrive, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, i soggetti istanti nell'apposita sezione dell'albo di cui all'art. 4";

e) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

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LE NOVITA’ SULL’INDENNITA’ PER CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’ PER I COMMERCIANTI IN CRISI

L’art. 35 della legge 4 novembre 2010, n. 183, cosiddetto “Collegato Lavoro”, ha sostituito il testo dell’art. 19-ter del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, introdotto in sede di conversione, dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2. Il nuovo art. 19-ter, prorogando una disposizione che si trova nel nostro ordinamento da diverso tempo, ripropone l’indennizzo in caso di cessazione dell’attività commerciale, indennizzo che viene concesso nella misura e secondo le modalità previste dal decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207.

"8-ter. Fermo restando quanto previsto dall'art. 18, i soggetti di cui ai commi 1, 3 e 3-bis del presente articolo sono autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione a condizione che comunichino preventivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'avvio dello svolgimento dell'attività di intermediazione, autocertificando, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il possesso dei requisiti richiesti. Tali soggetti sono inseriti in un'apposita sezione dell'albo di cui all'art. 4 del presente decreto. Resta fermo che non trova per essi applicazione la disposizione di cui ai commi 2 e 6 del predetto art. 4".

4. All'art. 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Le risorse sono destinate a interventi di formazione e

riqualificazione professionale, nonché a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito a favore dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, dei lavoratori che abbiano svolto in precedenza missioni di lavoro in somministrazione in forza di contratti a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati a una missione";

b) il comma 3 è sostituito dal seguente: "3. Gli interventi di cui ai commi 1 e 2 sono attuati nel quadro delle politiche e delle misure stabilite dal contratto

collettivo nazionale di lavoro delle imprese di somministrazione di lavoro, sottoscritto dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale ovvero, in mancanza, dai fondi di cui al comma 4";

c) al comma 5 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e approva, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione, il documento contenente le regole stabilite dal fondo per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi di cui ai commi 1 e 2. Decorso inutilmente tale termine, il documento si intende approvato";

d) il comma 8 è sostituito dal seguente: "8. In caso di omissione, anche parziale, dei contributi di cui ai commi 1 e 2, il datore di lavoro è tenuto a

corrispondere al fondo di cui al comma 4, oltre al contributo omesso, gli interessi nella misura prevista dal tasso indicato all'art. 1 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 26 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2005, più il 5 per cento, nonché una sanzione amministrativa di importo pari al contributo omesso";

e) dopo il comma 8 è inserito il seguente: "8-bis. In caso di mancato rispetto delle regole contenute nel documento di cui al comma 5, il fondo nega il

finanziamento delle attività formative oppure procede al recupero totale o parziale dei finanziamenti già concessi. Le relative somme restano a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione per ulteriori iniziative formative. Nei casi più gravi, individuati dalla predetta disciplina e previa segnalazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si procede ad una definitiva riduzione delle somme a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro in misura corrispondente al valore del progetto formativo inizialmente presentato o al valore del progetto formativo rendicontato e finanziato. Tali somme sono destinate al fondo di cui al comma 4";

f) dopo il comma 9 è aggiunto il seguente: "9-bis. Gli interventi di cui al presente articolo trovano applicazione con esclusivo riferimento ai lavoratori assunti

per prestazioni di lavoro in somministrazione". 5. All'art. 13 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 5 è inserito il seguente: "5-bis. La previsione di cui al comma 1, lett. a), trova applicazione solo in presenza di una convenzione stipulata

tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro con i comuni, le province, le regioni ovvero con le agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali".

6. All'art. 15 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 1 è inserito il seguente: "1-bis. Entro il termine di cinque giorni a decorrere dalla pubblicazione prevista dall'art. 4, comma 1, del

regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono tenute a conferire le informazioni relative alle procedure comparative previste dall'art. 7, comma 6-bis, del medesimo decreto legislativo n. 165/2001, nonché alle procedure selettive e di avviamento di cui agli artt. 35 e 36 del medesimo decreto legislativo n. 165/2001, e successive modificazioni, ai nodi regionali e interregionali della borsa continua nazionale del lavoro. Il conferimento dei dati previsto dal presente comma è effettuato anche nel rispetto dei princìpi di trasparenza di cui all'art. 11, comma 3, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le informazioni da conferire nel rispetto dei princìpi di accessibilità degli atti".

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Si tratta di una tipologia di ammortizzatore sociale offerta, in particolare, ai piccoli commercianti che si trovano in difficoltà di mercato e che, nel contempo, hanno un’età anagrafica prossima a quella per conseguire la pensione di anzianità.

Soggetti destinatari dell’indennizzoBeneficiari sono tutti coloro che esercitano in qualità d titolari o collaboratori, l‘attività commerciale al minuto in sede fissa o ambulante, i gestori di bar e ristoranti e gli agenti e rappresentanti di commercio.

Requisiti e condizioniL’indennizzo spetta ai soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2009 ed il 31 dicembre 2011:

a) più di 62 anni di età, se uomini, ovvero più di 57 anni di età, se donne; b) iscrizione, al momento della cessazione dell’attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali, presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

L’erogazione dell’indennizzo è subordinata, nel periodo sopra indicato, alle seguenti condizioni: a) cessazione definitiva dell’attività commerciale; b) riconsegna dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nel caso in cui quest’ultima sia esercitata congiuntamente all’attività di commercio al minuto; c) cancellazione del soggetto titolare dell’attività dal Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura; d) cancellazione del titolare dal Registro degli esercenti il commercio per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande; e) cancellazione dal Ruolo provinciale degli agenti e rappresentanti di commercio.

Per quanto concerne l’attività di somministrazione e gli agenti o rappresentanti, si precisa che l’estensione della tutela a queste categorie non è contenuta nel D.Lgs. n. 207/1996 ma in una successiva norma (legge n. 449/1997, articolo 59, comma 58) per il periodo intercorrente tra il primo gennaio 1998 ed il 31 dicembre dello stesso anno. Con le successive proroghe, si è posto il problema se tale estensione fosse definitiva o circoscritta al periodo indicato dalla norma. Al riguardo, l’Inps ha sempre tenuto una posizione restrittiva, salvo continuare ad indicare queste due categorie come beneficiarie, nei moduli della domanda per cui, nella situazione data, si ritiene che il predetto termine sia stato inserito solo in quanto coincidente con la scadenza originaria della legge 207/1996 e che, quindi, vada letto in un’ottica estensiva.

Istanza per la concessione dell’indennizzo La domanda diretta ad ottenere la concessione dell’indennizzo, deve essere presentata fino al 31 gennaio 2012, presso la sede dell’Inps territorialmente competente, utilizzando il modello appositamente predisposto, unitamente alla documentazione probante circa il rispetto dei requisiti e delle condizioni stabilite dalla

7. All'art. 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, al comma 2, dopo le parole: "rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare" sono inserite le seguenti: "ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore,".

8. Fermo restando quanto stabilito dall'art. 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ivi compresa la necessaria intesa tra le regioni, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le parti sociali, prevista dal comma 4 del citato art. 48, l'obbligo di istruzione di cui all'art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 , e successive modificazioni, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui al predetto art. 48 del decreto legislativo n. 276/2003.

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legge, nonché, secondo le istruzioni impartite dall’Inps con circolare 21 gennaio 2002, n. 20 alla:

- dichiarazione sostitutiva dello stato di famiglia;- dichiarazione concernente il diritto alle detrazioni d’imposta.

L’istruttoria delle domande viene effettuata, secondo l’ordine cronologico di presentazione, dalla sede periferica dell’Inps competente per territorio, che verifica i requisiti di ammissibilità delle domande e trasmette, con parere motivato, le risultanze al Comitato di Gestione entro trenta giorni dalla ricezione delle domande stesse. Il Comitato di Gestione decide in via definitiva sulla concessione dell’indennizzo secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande alle sedi periferiche dell’Inps, nei limiti della disponibilità delle risorese del Fondo.

Il Comitato di Gestione può disporre la chiusura anticipata del termine di presentazione delle domande di indennizzo in caso di esaurimento delle risorse del Fondo.

Incompatibilità del beneficio L’indennizzo è incompatibile con l’esercizio di qualsiasi attività di lavoro dipendente, autonomo o parasubordinato e, conseguentemente, la corresponsione del beneficio ha termine dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale sia stata ripresa l’attività lavorativa, sia essa dipendente che autonoma. E’ invece, compatibile con i trattamenti pensionistici percepiti dall’interessato al momento della domanda (sia Inps che Enasarco). Pertanto, la titolarità di un trattamento pensionistico non preclude di per sé la possibilità di beneficiare dell’indennizzo, in presenza dei requisiti e delle condizioni richieste. Il beneficiario ha l’obbligo di comunicare all’Istituto previdenziale, la ripresa dell’attività lavorativa, entro 30 giorni dal suo verificarsi. A sua volta, l’Istituto previdenziale è tenuto ad effettuare i controlli sul rispetto della norma che prescrive l’anzidetta incompatibilità.

Misura e modalità di erogazione L’importo dell’indennizzo ( Euro 460,97 al mese nel 2010) che compete dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda, è identico a quello del trattamento minimo di pensione che viene concesso dall’Inps ai commercianti iscritti alla gestione previdenziale. All’assegno si accompagna un altro beneficio.

I periodi in cui viene riscosso l’assegno si considerano come lavorati ai fini della pensione.

Attenzione, però, la contribuzione figurativa si somma a quella di lavoro solo per raggiungere il diritto; non va, quindi, ad incrementare l’importo della futura pensione, in quanto lo scopo della prestazione è unicamente quello di evitare che il commerciante con pochi versamenti, possa restare senza reddito e senza pensione, tanto più che, durante il periodo in cui riceve l’assegno, l’interessato non può svolgere attività di lavoro dipendente ed autonomo

Copertura finanziaria dell’indennizzo A differenza di quelli introdotti per i lavoratori dipendenti, l’indennizzo per le aziende commerciali in crisi, è un ammortizzatore sociale a costo zero per lo Stato. Le risorse necessarie derivano dall’autofinanziamento della categoria attraverso una specifica contribuzione a carico di tutti gli iscritti alla gestione pensionistica commercianti presso l’Inps, ai quali si chiede di versare fino al dicembre del 2014, un contributo aggiuntivo, già previsto dal D.Lgs. n. 207/1996, pari allo 0,09% del reddito dichiarato ai fini previdenziali.

Scadenza dell’indennizzo

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RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

Un aspetto innovativo contenuto nella disposizione di cui alla legge n. 2/2009, riguarda la data di scadenza dell’indennizzo. Come noto, infatti, l’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. n. 207/1996 stabiliva che l’indennizzo fosse erogato fino a tutto il mese in cui il beneficiario avesse compiuto il 65° anno di età, se uomo ed il 60° anno di età, se donna. Il comma 4 dell’articolo 19-ter della legge n. 2/2009 ha modificato la disposizione appena citata, stabilendo che l’indennizzo di cui al D. Lgs. N. 207/1996, è erogato agli aventi diritto, fino al momento della decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia. In sostanza, il “Collegato Lavoro”, allo scopo di offrire un sostegno economico ai soggetti destinatari della prestazione che non si sovrapponga o si sostituisca alla tutela offerta dal sistema previdenziale, ha confermato che per la durata del pagamento dell’indennizzo, si terrà conto anche del periodo che intercorre tra il mese di compimento dell’età, ossia i 65 per gli uomini ed i 60 per le donne e quello di apertura delle finestre di accesso pensionistiche previste dall’attuale normativa (legge 247/2007). In pratica, per i lavoratori autonomi, la pensione di vecchiaia decorre dal primo mese del terzo trimestre successivo al compimento dell’età. Pertanto, chi compie gli anni fra gennaio e marzo, riceverà il primo assegno dal primo ottobre successivo e fino a tale data l’indennizzo verrà corrisposto. Le stesse condizioni possono essere applicate a quanti hanno già beneficiato della facilitazione in un periodo pregresso; in questo caso, se l’assegno risulta in pagamento al 31 dicembre 2008, continuerà ad essere corrisposto fino alla decorrenza della pensione, a condizione che nel mese in cui compie l’età minima, l’interessato abbia anche raggiunto il requisito minimo della contribuzione richiesta. In altre parole, gli interessati devono poter far valere almeno 20 anni di versamenti nel caso in cui la pensione venga liquidata con il sistema contributivo o misto, o 5 anni di assicurazione in tutti gli altri casi. La proroga dei termini di scadenza si applica sia ai nuovi indennizzi erogati ai sensi della disposizione in esame, sia agli indennizzi erogati in virtù delle disposizioni precedenti in materia ed ancora in essere alla data del 31 gennaio 2009, poiché il provvedimento in esame introdotto in sede di conversione del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 è entrato in vigore il 29 gennaio 2009.

Aspetti fiscali L’indennizzo è da considerarsi quale reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, alla stregua delle prestazioni pensionistiche.

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Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti

LA SITUAZIONE PRIMA DELLA LEGGE

Secondo il D.L. 11 agosto 1993, n. 374 i lavori usuranti erano quelli per cui è richiesto un impegno psico-fisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non potevano essere prevenuti da misure idonee. Per queste mansioni era previsto un anticipo del limite di età pensionabile di due mesi per ogni anno di occupazione, fino a un massimo di cinque anni, e una riduzione del limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione in queste attività, fino a un massimo di quattro anni.Norme successive, hanno decretato una ridefinizione dell'elenco delle attività.Le disposizioni in materia erano dettate dalla L. 247/2007 che prevedeva, tra l' altro, disposizioni in materia di benefici pensionistici in favore di lavoratori dipendenti che avevano svolto attività lavorative usuranti. In particolare l' art. 1, c. 3, della citata legge prevedeva che "il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2008 impegnati in particolari lavori o attività la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti" , secondo i principi e i criteri direttivi previsti dalla medesima norma.

I  benefici pensionistici previsti dalla L. 247/2007 potevano essere riconosciuti qualora vengano emanati i decreti legislativi di attuazione. Si precisava, al riguardo, che la delega prevista dalla legge sopra citata era scaduta. Al momento non si poteva stabilire quindi quale sia la documentazione con relativi elementi di prova necessaria per attestare l'esistenza dei requisiti richiesti per il riconoscimento del beneficio.

Per completezza d' informazione si aggiunge che i benefici pensionistici per lavori usuranti riconosciuti ai sensi dell'art. 78, cc. 8,11,12 e 13 della L.388 del 23 dicembre 2000 sono ormai non più applicabili per scadenza dei termini di legge.

1. Requisito soggettivo

Il beneficio era riconosciuto alle seguenti categorie di lavoratori: lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all'art. 2 del

decreto 19 maggio 1999 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e per la funzione pubblica (Decreto Salvi);

lavoratori dipendenti notturni come definiti dal Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, che possano far valere una permanenza minima nel periodo notturno;

lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena» che - all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo collegato a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni - svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall'organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a

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linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità;

conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone. 2. Requisito oggettivo

Il beneficio pensionistico era riconosciuto ai lavoratori che, in possesso dei requisiti soggettivi richiesti, abbiano svolto:

nel periodo transitorio (ancora in fase di conferma), una delle attività usuranti per un periodo minimo di sette anni negli ultimi dieci anni di attività lavorativa;

a regime, una delle attività usuranti per un periodo pari almeno alla metà della vita lavorativa. 3. Benefici

La disciplina delle decorrenze del pensionamento di anzianità dei soggetti in questione era dettata dalle disposizioni di cui all' art.1, c. 6, ll c) e d), della legge 23 agosto 2004, n° 243.Chi entrava nella lista definitiva degli addetti ad attività usuranti poteva usufruire di un sconto massimo di tre anni sull'età minima per la pensione di anzianità, anche se non si poteva scendere sotto i 57 anni, da combinare con almeno 35 anni di contributi.La concessione del bonus era subordinata inoltre alla permanenza effettiva nelle attività considerate usuranti di almeno sette anni negli ultimi dieci, nel periodo transitorio 2008-2017, ovvero per almeno metà della vita lavorativa dal 2018 in poi. Queste sono le condizioni di base fissate dalla L. 247/2007, che dovranno essere confermate dalle norme di attuazione.

MANSIONI USURANTI

Tabelle delle attività usuranti Legge 247 del 24 dicembre 2007 Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all'articolo 2

del decreto 19 maggio 1999 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e per la funzione pubblica (Decreto Salvi).

Lavoratori dipendenti notturni come definiti dal Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66,  che possano far valere una permanenza minima nel periodo notturno.

Lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena» che, all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo collegato a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall'organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità.

Conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.

Decreto Ministeriale del 19 maggio 1999

Lavori che sono caratterizzati dalla maggiore gravosità dell'usura Lavori in galleria, cava o miniera; mansioni svolte in sotterraneo con carattere

di prevalenza o continuità. Lavori nelle cave; mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e

ornamentali. Lavori nelle gallerie; mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con

carattere di prevalenza e continuità. Lavori in cassoni ad aria compressa.

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Lavori svolti dai palombari. Lavori ad alte temperature; mansioni che espongono ad alte temperature,

quando non sia possibile adottare misure di prevenzione quali, ad esempio, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale.

Lavoratori del vetro cavo; mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio.

Lavori espletati in spazi ristretti; con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare nelle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale; mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture.

Lavori di asportazione dell' amianto; mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.

Decreto Legislativo n. 374 dell'11 agosto 1993 Lavoro notturno continuativo. Lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolati. Lavori in galleria, cava o miniera. Lavori espletati direttamente dal lavoratore in spazi ristretti: all' interno di

condotti, di cunicoli di servizio, di pozzi, di fognature, di serbatoi, di caldaie. Lavori in altezza: su scale aeree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo,

su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione. A questi lavori sono assimilati quelli svolti dal gruista, dall' addetto alla costruzione di camini e dal copritetto.

Lavori in cassoni ad aria compressa. Lavori svolti dai palombari. Lavori in celle frigorifere o all' interno di ambienti con temperatura uguale o

inferiore a 5 gradi centigradi. Lavori ad alte temperature: addetti ai forni e fonditori nell' industria

metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo. Autisti di mezzi rotabili di superficie. Marittimi imbarcati a bordo. Personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione,chirurgia d'

urgenza. Trattoristi. Addetti alle serre e fungaie. Lavori di asportazione dell' amianto da impianti industriali, da carrozze

ferroviarie e da edifici industriali e civili.

COSA CAMBIERÀ1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in particolari lavori o attività e che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2008 la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 3, lettere da a) a f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Restano ferme le modalità procedurali per l’emanazione dei predetti decreti legislativi indicate nei commi 90 e 91 e le norme di copertura finanziaria di cui al comma 92 del citato articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n° 247

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 recano, ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, una clausola di salvaguardia, volta a prevedere che, qualora nell’ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio emergano scostamenti tra gli oneri derivanti dalle domande accolte e

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la copertura finanziaria prevista, trovi applicazione un criterio di priorità, in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda, nella decorrenza dei trattamenti pensionistici.

La delega al Governo sugli ammortizzatori sociali

(art 46: Differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile)

Alcune delle  disposizioni della Legge 4/11/2010 n. 183 c.d. “Collegato Lavoro non sono immediatamente operative come altre ma contemplano l’attribuzione di  deleghe al Governo e pertanto necessitano della emanazione di decreti attuativi.

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Tra le disposizioni che prevedono le deleghe di cui si è parlato sopra si può menzionare l’art. 46 che dispone il differimento dei termini fissati, e ormai scaduti, dalla legge n. 247/2007 per l’esercizio di deleghe in ordine ad una serie di materie inerenti gli ammortizzatori sociali e al mercato del lavoro. La delega riprende quasi completamente i contenuti di quelle proposte nella legge 247/2007 per quanto concerne gli ammortizzatori sociali e il mercato del lavoro, nonché le politiche dell’occupazione per ciò che riguarda soprattutto l’apprendistato di cui si vuole rilanciare l’utilizzo, coordinando le competenze tra normativa statale, regionale e contrattazione collettivaSi tratta in buona parte di questioni per le quali il Parlamento ha già dato una delega in passato, ma che per l’inattività del Governo è scaduta.La maggiore novità dell’art. 46 della L. 183/2010 è da individuare nell’allungamento della delega a 24 mesi, nell’evidente intento di volere tenere insieme le due tematiche degli ammortizzatori sociali e del mercato del lavoro col rischio, però, che la complessità delle questioni possa rendere più difficoltoso il raggiungimento di una approvazione rapida dei relativi provvedimenti.Tra gli ammortizzatori sociali atti a sostenere il reddito degli inoccupati, dei disoccupati e di quelli che vengono sospesi dal lavoro senza retribuzione vi è la Cassa Integrazione Guadagni, i contratti di solidarietà, l’indennità di disoccupazione e la mobilità.Nel Collegato al lavoro una particolare attenzione è stata data all’indennità di disoccupazione in quanto sono stati concessi 24 mesi per adottare uno o più decreti legislativi in materia di ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito.L’indennità di disoccupazione è finalizzata all’indennizzo per la mancanza di reddito in conseguenza di un evento con forte impatto sul lavoratore, cioè la perdita di lavoro, e, dall'altro, la corresponsione delle prestazioni è condizionata alla non volontarietà dello stato di disoccupazione.Pertanto tale indennità si colloca nell'ambito del principio di solidarietà che consiste nell’assicurare la tutela sociale a soggetti che in particolari momenti sono in uno stato di bisogno. I principali beneficiari della indennità di disoccupazione sono i lavoratori dipendenti ma sono previste anche previdenze per particolari tipologie di lavoratori (i lavoratori assunti con contratto di somministrazione di lavoro; di lavoro intermittente; di lavoro ripartito; di lavoro a tempo parziale; di apprendistato; di inserimento; a termine ed, infine, a progetto) per i quali tale indennità si applica in determinate situazioni e condizioni.

Pertanto anche per determinate categorie di lavoratori c’è una specifica tutela:

1. lavoro somministrato: è prevista l’indennità di disoccupazione (Circ. Inps 41/2006); chi non ha requisiti per ricevere l’indennità di disoccupazione può ricevere una somma una tantum a sostegno al reddito di euro 1.300,00 a determinate condizioni. Qualora nel contratto non sia stato pattuito l’obbligo di chiamata, il lavoratore ha diritto, limitatamente ai periodi di non lavoro, all’indennità ordinaria o a requisiti ridotti, sempre che ricorrano le condizioni di natura contributiva ed assicurativa (Interpello Min. Lav., 48/2008).

2. lavoro ripartito: è prevista l’indennità di disoccupazione (circ. Inps 41/2006), in quanto il contratto di lavoro ripartito deve essere considerato come costituito da due rapporti di lavoro a tempo parziale.

3. lavoro part time: è prevista l’indennità di disoccupazione, confermata anche da Circ. Inps, n. 41/2006.

4. apprendistato: è prevista l’indennità di disoccupazione. L’art. 19, comma 1, lett. c), del D.L. 29.11.2008, n. 185 convertito, con modificazioni, dalla L.

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28.1.2009, n. 2, ha introdotto, in via sperimentale per il triennio 2009-2011, un nuovo trattamento, erogato dall’ente bilaterale, in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali, ovvero in caso di licenziamento; tale trattamento è pari all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali per i lavoratori in possesso della qualifica di apprendista alla data di entrata in vigore del decreto stesso (29 novembre 2008) e con almeno 3 mesi di servizio, all’atto della sospensione o del licenziamento, presso l’azienda interessata dalla crisi. Tale trattamento può essere concesso per la durata massima di 90 giornate nell’intero periodo di vigenza del contratto di apprendistato ovvero per un numero minore di giornate, qualora il contratto scada prima della durata massima dell’indennità. Sarà cura dell’INPS - Circolare dell’Istituto del 6.3.2009, n. 39 - acquisire la data di decadenza, qualora la durata del contratto sia inferiore a 90 giorni. In caso di licenziamento il trattamento sarà corrisposto per una durata massima di 90 giornate, sempre che l’apprendista risulti disoccupato per il periodo di godimento del trattamento stesso. Si precisa inoltre che l’apprendista deve fare la domanda entro 68 giorni dal licenziamento.

5. lavoro intermittente: l’INPS, con Messaggio, n. 24865/2008, ha chiarito che solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro potrà essere richiesta l'indennità di disoccupazione da parte dei lavoratori intermittenti senza indennità di disponibilità. Inoltre, ai lavoratori intermittenti che non percepiscono l'indennità di chiamata può essere riconosciuto l'indennità di disoccupazione (ordinaria o a requisiti ridotti) soltanto nei periodi di non lavoro. Restano esclusi dall'indennità di disoccupazione i lavoratori che percepiscono l'indennità di disponibilità nel periodo di non lavoro.

6. contratto di inserimento/reinserimento: è prevista l’indennità di disoccupazione (Circ. Inps, n. 41/2006). In caso di licenziamento successivo ad un periodo di lavoro svolto con contratto di inserimento, l’indennità di disoccupazione spettante a lavoratore sarà calcolata in base ai periodi di attività lavorativa effettivamente prestata in esecuzione del contratto.

7. contratto a tempo determinato: è prevista l’indennità di disoccupazione;

8. contratto di collaborazione a progetto: è prevista una una tantum. La legge 191/2009 prevede in caso di fine lavori, dal 1° gennaio 2010 il collaboratore a progetto ha diritto ad una somma pari al 30% del reddito dell’anno precedente entro un massimo di 4.000 euro, purché: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro; c) relativamente all’anno di riferimento, siano accreditati presso la gestione separata INPS un numero di mensilità non inferiore ad una; d) risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi; e) risultino accreditati nell’anno precedente almeno tre mesi presso la predetta gestione separata.

Sempre con riferimento alla disoccupazione, un altro criterio, che dovrà essere alla base delle leggi delega, riguarda la contribuzione figurativa, per i soggetti in disoccupazione, che dovrà essere calcolata sulla retribuzione.

Tra le attività che dovrà porre in essere il Governo c’è la questione delle CIGO e delle CIGS.

Entro la fine dell’anno 2010 è stato annunciato che sarà rifinanziata, per il 2011, la Cassa Integrazione in deroga che è lo strumento che ha consentito di riconoscere

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l’integrazione salariale anche a quei lavoratori che in precedenza non ne potevano usufruire

Quindi, in conclusione, con tali interventi e con lo stanziamento di risorse per un ammontare cospicuo, si è consentito di rendere flessibile e integrabile nel suo intero ammontare la Cassa Integrazione nei casi di sospensione di lavori.

Tra le norme applicative che hanno reso possibile questo va segnalata in primo luogo la Circolare INPS n. 58 del 20 aprile 2009 che ha introdotto un nuovo criterio di calcolo della settimana di integrazione computata a giorni di sospensione invece che considerare la settimana intera di calendario.

Inoltre il Messaggio INPS del 10 giugno 2009 ha reso più attuale il concetto di "evento improvviso ed imprevisto" che dà la possibilità di ricorrere alla Cassa Integrazione per "crisi aziendale". In tal senso quindi questa “crisi aziendale” non è più necessariamente correlata ad una crisi interna della singola impresa ma va rilevata in tutte quelle situazioni, come riduzione delle commesse, perdita di quote di mercato interno o internazionale, contrazione delle esportazioni, difficoltà di accesso al credito, che essendo durature nel tempo possono comportare situazioni negative sull’attività dell’azienda.

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La delega al Governo sui congedi e permessi

Dopo una lunga attesa, è stato pubblicato sulla G.U. (n°262 del 09/11/2010) il Collegato lavoro approvato dal Parlamento il 19/Ott./2010 L. 4/Nov./2010 n°183. Tra i diversi argomenti l’art. 23 conferisce la Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi.I punti salienti delle modifiche approvate dal collegato lavoro sono le seguenti:La delega deve essere esercitata entro 6 mesi dall’entrata in vigore del Collegato, secondo la procedura definita al comma 2, e senza determinazione di more e maggiori oneri a carico dello Stato.I decreti di attuazione prevedono la proposta del Ministro per la P.A. e del Lavoro con il concerto del Ministro dell’Economia e dopo aver sentito le parti sociali e le associazioni più rappresentative sul piano nazionale; successivamente è necessaria l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari entro 40 giorni dall’assegnazione.I principi ed i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono:

coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti per ottenere coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e semplificazione della stessa;

indicazione esplicita delle norme abrogate; riordino delle tipologie degli istituti in oggetto e degli aspetti costituzionali; razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle modalità per la fruizione

dei congedi, delle aspettative e dei permessi per una applicazione certa ed uniforme della disciplina;

razionalizzazione e semplificazione dei documenti da presentare , con particolare riguardo ai soggetti con handicap grave e con patologie oncologiche o neurodegenerative.

L’intero dettato normativo in materia deve risultare coordinato e giuridicamente coerente con tutti i provvedimenti già in vigore.Il Collegato apporta novità in tema di permessi mensili previsti dall’art. 33 della L. 104/92.Nella nuova disciplina si introduce una modifica che ridimensiona di fatto l’impianto normativo in vigore. Infatti, è riconosciuta la fruizione delle agevolazioni solo ad un solo lavoratore dipendente per l’assistenza alla persona in stato di handicap grave. Unicamente ai due genitori, anche se adottivi, si riconosce di fruire in alternativa dei permessi.Il Collegato lavoro abroga le agevolazioni per l’assistenza ai portatori di handicap prestate a favore di un parente o di un affine entro il terzo grado.Il Collegato lavoro dispone, invece, che il soggetto che presta assistenza ha diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio dell’assistito.Il datore di lavoro o l’INPS possono accertare l’insussistenza o il venir meno dei presupposti per l’assistenza al disabile e far decadere il diritto a fruire delle agevolazioni.Al fine di monitorare la corretta e legittima fruizione dei permessi, le Amministrazioni pubbliche comunicheranno al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri le informazioni relative ai dipendenti che fruiscono delle agevolazioni e dell’entità dei permessi fruiti con cadenza mensile e nel pieno rispetto della privacy e con raffronti periodici e tali informazioni verranno predisposte ed inoltrate telematicamente entro il 31/03 di ogni anno.

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Si riporta per intero il testo dell’art. 23 del Collegato lavoro:

Art. 23(Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e

permessi)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti in materia, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c) riordino delle tipologie di permessi, tenuto conto del loro contenuto e della loro diretta correlazione a posizioni giuridiche costituzionalmente tutelate;

d) ridefinizione dei presupposti oggettivi e precisazione dei requisiti soggettivi, nonché razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle modalità per la fruizione dei congedi, delle aspettative e dei permessi di cui al presente articolo, al fine di garantire l’applicazione certa ed uniforme della relativa disciplina;

e) razionalizzazione e semplificazione dei documenti da presentare, con particolare riferimento alle persone con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, o affette da patologie di tipo neuro-degenerativo o oncologico.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo può comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare di cui al presenta comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, quest’ultimo è prorogato di due mesi.

3. 3. L’adozione dei decreti legislativi attuativi delle delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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Le novità del Collegato Lavoro per il Pubblico Impiego

Nel Collegato Lavoro (Legge 4/11/2010, n. 183) sono attuati diversi interventi in materia di pubblico impiego:

si attribuiscono deleghe al Governo in materia di organizzazione della P.A.; vengono introdotte disposizioni sul rapporto di lavoro nel comparto pubblico

che entrano immediatamente in vigore; sono modificate norme relative al rapporto di lavoro, sia pubblico che privato.

In merito alle deleghe, l’articolo 2, delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge (quindi entro il 23/11/2011), decreti legislativi per la riorganizzazione e la ridefinizione del rapporto di vigilanza sugli enti, istituti e società vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Inpdap, Inps, Inail, Enpals, Casse Professionali e altri) e dal Ministero della Salute (Istituto Superiore di Sanità, Croce Rossa Italiana e altri). In particolare, per il Min.Salute, è previsto il riordino e la riduzione degli organi collegiali.

Con l’art. 23, il Governo è delegato al riordino, entro sei mesi, della disciplina relativa ai congedi, aspettative e permessi, spettanti ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati.

Vi è poi nell’art. 27, comma 7 una delega in materia di previdenza e assistenza del personale del Corpo dei Vigili del Fuoco.

Le principali disposizioni introdotte e modifiche effettuate sono evidenziate nella seguente tabella, divise per articolo:

Articolo del collegato Contenuto

Art.5.:Adempimenti formali

Le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere le comunicazioni obbligatorie di assunzione, trasformazione e cessazione del rapporto, non più nei termini generali, ma entro il ventesimo giorno del mese successivo a quello in cui l’evento si verifica.

Le pubbliche amministrazioni sono inoltre tenute a trasmettere per via telematica, secondo i criteri e modalità individuati dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, i dati inerenti le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici ad uso professionale dei dirigenti e dei segretari comunali e provinciali. Sono oggetto delle comunicazioni telematiche anche i tassi di assenteismo e di presenza del personale, distinti per uffici di livello dirigenziale.I dati vengono comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento Funzione Pubblica, incaricata di pubblicarli

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nel proprio sito istituzionale.

Art.13:Mobilità del personale nelle PPAA

La mobilità del personale delle Pubbliche Amministrazioni (art. 33 del D.Lgs. n. 165/2001), trova applicazione per esuberi:

in caso di conferimento di funzioni statali alle Regioni ed alle autonomie locali;

in caso di trasferimento o di conferimento di attività svolte da Pubbliche Amministrazioni ad altri soggetti pubblici, come potrebbe accadere nelle ipotesi in cui vengano attribuiti compiti a specifici soggetti a rilevanza pubblica costituiti ad hoc;

in caso di esternalizzazione di attività o servizi, magari conferiti anche a soggetti privati.

Viene inoltre introdotta una nuova ipotesi di mobilità temporanea.Le PPAA possono utilizzare in assegnazione temporanea personale appartenente ad altre amministrazioni, ma per un periodo massimo di 3 anni.

Art.14;Modifiche alla disciplina del trattamento di dati personali effettuato da soggetti pubblici

Le informazioni circa le prestazioni fornite da chi esercita una funzione pubblica possono essere accessibili alla amministrazione di appartenenza.

Art.15:Dirigenti di seconda fascia

Ai dirigenti di seconda fascia, forniti alla Presidenza del Consiglio da altre PPAA, non è applicabile l’art. 9-bis del D.Lgs. 303/1999 (transito in prima fascia dirigenziale).

Art.16:Disposizioni in materia di rapporto di lavoro part time

Le PPAA possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, già adottati prima dell'entrata in vigore del decreto 112/2008 entro sei mesi dall’entrata in vigore del Collegato Lavoro

Art.18:Aspettativa

Il periodo massimo di aspettativa non retribuita senza decorrenza dell'anzianità di servizio per i dipendenti pubblici è di dodici mesi.L’aspettativa può essere concessa anche per avviare attività professionali e imprenditorialiNon sono applicabili a questo istituto le incompatibilità di cui all’art.53 TUPI.

Art.21:Pari opportunità, benessere e assenza di discriminazioni nelle PPAA

Verrà istituito il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni nelle PPAA. Il Comitato Unico sostituisce i Comitati per le Pari opportunità e i Comitati paritetici per il mobbing, unificandone le competenze. Il

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termine per costituire il comitato è di 120 gg dal’entrata in vigore del Collegato.

Art.22:Età pensionabile dei dirigenti medici del SSN

I dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio Sanitario Nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010, potranno richiedere di essere collocati a riposo al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. Il limite massimo di permanenza è costituito dal settantesimo anno di età.

Art.24:Modifiche alla L.104/1992

Cambiano le disposizioni dell’art. 33 della legge n. 104/1992, relativa ai permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità. Le PPAA devono comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica i dati relativi ai propri dipendenti i quali fruiscano dei permessi, e alle persone assistite. I dati confluiranno in una apposita banca dati, in via di costituzione.

Art.25:Certificati di malattia

il certificato di malattia deve essere trasmesso telematicamente dal medico anche nel settore privato, come già previsto per i dipendenti pubblici.

Art.26:Aspettativa per conferimento di incarichi

Il personale del comparto sicurezza e difesa può essere collocato in aspettativa per conferimento di incarichi dirigenziali da parte di PPAA diverse da quella di appartenenza, previa autorizzazione del Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Art.30:Clausole generali e certificazione del contratto di lavoro

Viene ampliata l’applicazione della certificazione dei contratti di lavoro, e delle relative clausole compromissorie.

Art.31:Conciliazione e Arbitrato

Sono estesi alle controversie di lavoro nel settore pubblico gli istituti della conciliazione e dell’arbitrato (v. anche approfondimento specifico su Conciliazione e Arbitrato di Giuseppe Carbone)

Art.32:Decadenze e disposizioni in materia di lavoro a tempo determinato

L’impugnazione in forma scritta va attuata nei 60 giorni dal licenziamento o dalla conoscenza dei motivi dello stesso, ma è inefficace qualora, entro i successivi 270 giorni, il ricorso non venga depositato nella cancelleria del tribunale competente o non venga data comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Art.41:Responsabilità di terzi nelle invalidità civili

Nei casi in cui l'invalidità civile derivi da fatto illecito di terzo, il valore capitale delle prestazioni assistenziali erogate all’invalido, in forma di pensioni, assegni e indennità, deve essere recuperato, da parte della PA erogante, nei confronti del responsabile civile e della compagnia di assicurazioni.

Art.44:Pignoramento e

Le disposizioni in tema di esecuzione forzata nei confronti di PPAA si applicano anche ai

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sequestro verso gli Enti Previdenziali/Assistenziali

pignoramenti nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Art.48:Modifiche al D.Lgs.276/2003

Cambiano alcune disposizioni relative al mercato del lavoro. Sarà possibile, previa intesa fra Stato e Regioni e sentite le parti sociali, assolvere l’obbligo di istruzione attraverso percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

Art.50:Collaborazioni coordinate e continuative

Fatte salve le sentenze passate in giudicato, qualora sia stata accertata la natura subordinata di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, il datore di lavoro, nel caso in cui abbia offerto, entro il 30/12/2008, la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato finalizzato alla stabilizzazione, è tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione.

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I permessi per l’assistenza ai disabili e i certificati di malattia

(art. 24 - Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità)(art. 25 – Certificati di malattia) SOMMARIO: Introduzione. – 1. Assistenza ai disabili. – 2. Le certificazioni di malattia

IntroduzioneIn attesa della delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi prevista dall’art. 23, l’art. 24 della legge 183/2010 ha già apportato importanti modifiche alla disciplina relativa ai permessi per l’assistenza ai disabili in situazione di gravità, ridefinendone modalità e criteri per la concessione dei benefici.

1. Assistenza ai disabiliLa disciplina applicabile all’assistenza dei portatori di handicap in situazioni di gravità è stata modificata dall’art. 24 del Collegato Lavoro.Al fine di una migliore comprensione delle modifiche apportate dal legislatore in materia, occorre preliminarmente comparare la nuova normativa con quella previgente e precisamente:

- comma 3, art. 33, legge n. 104 del 5 febbraio 1992, relativa alle assenze per l’assistenza alle persone disabili;

- art. 42 del D. Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001, che regola la materia dei congedi parentali;

- art. 20 della legge n. 53 dell’8 marzo 2000, che disciplina le “aspettative” per gravi motivi personali o di famiglia e per esigenze di formazione.

Nello specifico:

◦ Il comma 1 dell’art. 24, lettera a) sostituisce il comma 3 dell’art.33 della legge 104/92, definendo perfettamente le categorie dei beneficiari dei permessi in oggetto e stabilendo che, la possibilità di fruire dei permessi per la stessa persona con disabilità grave, non può essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente.

◦ Il comma 2 dell’art. 24 sostituisce il comma 2 dell’art.42 del D. Lgs. 151/2001(denominato Testo Unico delle disposizioni legislative a tutela della maternità e della paternità) e abroga il comma 3 dello stesso, eliminando i requisiti della “continuità” e dell’”esclusività” dell’assistenza quali presupposti essenziali ai fini della concessione dei benefici, per l’assistenza al figlio maggiorenne in situazione di disabilità grave.

◦ Il comma 3 dell’art.24 incide sull’art. 20, comma 1, della legge n. 53/2000 eliminando, anche per i familiari e gli affini del disabile, i requisiti della “continuità” e dell’”esclusività” previsti in precedenza per il godimento dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104/92.

Pertanto il nuovo testo del comma 3 dell’art.33 della legge 104/92 è il seguente:

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“ A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno33, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado34, ovvero entro il terzo grado35 qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”.

Il nuovo testo del comma 3 concede il diritto a usufruire di tre giorni di permesso mensile retribuito e coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere il coniuge, i parenti o gli affini entro il secondo grado ( nel testo previgente il diritto si estendeva fino al terzo ed affini).Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto nel caso che i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità, abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anch’ essi colpiti da malattie invalidanti o siano deceduti o “mancanti"36. La genericità di questo termine “mancanti”, nonché la complessità dell’intera norma, hanno spinto l’INPS ad emanare, a distanza di meno di dieci giorni dall’entrata in vigore della legge n. 183/2010, la Circolare n.155 per fornire istruzioni in merito all’interpretazione delle disposizioni introdotte dall’art.24 e chiarisce che: “l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità”; chiarisce altresì che anche nel caso in cui uno solo dei soggetti (coniuge, genitore) si trovi nelle situazioni descritte (assenza, decesso, patologie invalidanti), poiché nella norma viene utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”), è possibile passare dal secondo al terzo grado di assistenza.

◦ Il comma 1 dell’art. 24, lettera b) interviene sul comma 5 dell’art.33 della legge 104/92, dando il diritto al lavoratore che assiste il familiare, di poter scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, allo scopo di garantire una più comoda assistenza al disabile.

Pertanto il nuovo testo del comma 5 dell’art.33 della legge 104/92 è il

33 Ai fini dell’interpretazione del requisito del “non ricovero a tempo pieno” si rinvia alla circolare INPS n. 90 del 23 maggio 2007.34 Sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti in quanto figli dei figli; sono affini di secondo grado: cognati..35 Sono parenti di terzo grado: zii, nipoti in quanto figli di fratelli/sorelle, bisnonni, pronipoti in linea retta; sono affini di terzo grado: zii acquisiti, nipoti acquisiti.36 Per la spiegazione dell’espressione ”mancanti” e le istruzioni in merito alle disposizioni introdotte dall’art.24 della legge n.183/2010, vedi circolare INPS n.155 del 3 dicembre 2010.

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seguente:“Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

◦ Il comma 1 dell’art.24, lettera c) aggiunge all’art.33 della legge 104/92 il comma 7 bis che è finalizzato alla necessità di evitare gli abusi e pertanto prevede la decadenza, per il prestatore di lavoro, dal diritto ai benefici previsti dall’articolo novellato, nel caso in cui l’INPS o il datore di lavoro accertino il venir meno o l’insussistenza delle condizioni richieste per la fruizione dei permessi.

Sempre con la finalità di evitare abusi i commi da 4 a 6 dell’art.24 legge n. 183/2010, prevedono un sistema di monitoraggio delle assenze per assistere i disabili gravi, riferito alla sola Pubblica Amministrazione.

2. Le certificazioni di malattia

L’art.25 della legge n. 183/2010 prevede: “ Al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 1 gennaio 2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione delle attestazioni di malattia si applicano le disposizioni di cui all’art. 55- septies del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.” Merita attenzione la tecnica normativa utilizzata dal legislatore del Collegato Lavoro.Per disciplinare le certificazioni di malattia nel settore privato, la norma rinvia al D.lgs. n. 165/2001 e precisamente all’articolo 55-septies che disciplina la malattia nella Pubblica Amministrazione e che testualmente recita: “In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente…...” Questa disposizione, allargata al settore privato, stabilisce una serie di principi volti ad attuare il monitoraggio e il controllo delle assenze dal lavoro per malattia. Viene stabilito il principio secondo il quale solo il certificato medico rilasciato da una struttura del Servizio Sanitario Nazionale o da un medico convenzionato, può validamente attestare le malattie del lavoratore che si sono protratte per più di dieci giorni o, quelle successive alla seconda nel corso dell’anno solare, seppur protrattesi per meno giorni. Prevede altresì obbligatorietà della trasmissione telematica dei certificati, predisponendo sanzioni dure per i medici.La maggiore novità della normativa consiste nell’aver esonerato il lavoratore dall’obbligo d’invio del certificato all’INPS e al datore di lavoro, prevedendo una serie di automatismi che rendono semplice e tempestivo l’accesso a tale documentazione. Il lavoratore deve comunicare l’assenza al datore di lavoro secondo le modalità previste dal CCNL e preoccuparsi di rendere possibile la certificazione esibendo al medico la propria tessera sanitaria e indicando il datore di lavoro e il luogo di reperibilità, nell’ipotesi che sia diverso dalla residenza comunicata. Inoltre, non avendo più l’onere di trasmettere all’INPS la certificazione entro due giorni, non si effettuerà più la detrazione dell’indennità di malattia rapportata ai giorni di ritardo nell’invio della stessa. Il lavoratore avrà diritto di chiedere al medico l’attestato di malattia (privo di diagnosi) e una copia cartacea del certificato oppure il file dello stesso tramite posta elettronica e, comunque, il protocollo d’identificazione del certificato.In merito alla trasmissione della certificazione occorre osservare che l’art. 55-septies parla d’invio della certificazione di malattia e non di una semplice

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attestazione, pertanto il medico dovrà inoltrare al Sistema di Accoglienza Centrale (SAC) il certificato completo di:

- codice fiscale del lavoratore;- residenza o domicilio abituale;- eventuale domicilio di reperibilità durante la malattia;- codice di diagnosi, utilizzando il codice nosologico ICD9-CM che

sostituisce o si aggiunge alle note di diagnosi;- data di dichiarato inizio malattia, data di rilascio del certificato, data di

presunta fine malattia nonché, nei casi di accertamento successivo al primo, di prosecuzione o ricaduta;

- modalità ambulatoriale o domiciliare della visita eseguita.Il sistema (SAC), tenuto presso il Ministero dell’economia e delle finanze, curerà la trasmissione del certificato all’INPS. Sempre tramite il SAC i medici potranno annullare o rettificare la data di fine prognosi entro il termine della stessa. A trasmissione avvenuta l’INPS, tramite il proprio sito internet, mette a disposizione del datore di lavoro la consultazione e la stampa degli attestati , previo riconoscimento a mezzo Pin. L’INPS è così in grado di convogliare presso le proprie sedi i certificati degli aventi diritto all’indennità di malattia per predisporre le visite mediche di controllo e, nei casi previsti, per il pagamento delle prestazioni.

Sono state predisposte sanzioni, anche molto dure, per tutti i principali soggetti interessati da tali procedure e precisamente:- per i medici delle Aziende sanitarie Locali.- per i medici in regime di convenzione.- per i dirigenti delle strutture datoriali.

Per i medici dipendenti delle ASL viene stabilito che in caso di reiterazione di determinati errori e/o omissioni, la sanzione disciplinare può arrivare fino al licenziamento. Anche per i medici convenzionati in caso di reiterazione è prevista la decadenza dalla convenzione.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con la circolare n. 1/2010, nel rimandare alla contrattazione pubblica e agli accordi di settore il completamento delle sanzioni, consiglia d’improntare l’apparato sanzionatorio ai principi di adeguatezza e proporzionalità tra illecito e sanzione applicata. Lo stesso Dipartimento, con la Circolare 2/2010, ha invitato le ASL (organo competente ad irrogare le sanzioni) ad astenersi dall’applicazione delle stesse fino al 31 gennaio 2011. Anche i responsabili delle strutture datoriali sono investiti di precisi obblighi in materia sanzionatoria.

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Violazioni amministrative in materia di mancato godimento di riposi, ferie e orario di lavoro.

(Art. 7 – Modifiche alla disciplina sull’orario di lavoro)

Nel c.d. “collegato lavoro” (Legge n. 183/2010) all’art. 7 troviamo un nuovo intervento del legislatore sulla disciplina sanzionatoria in materia di orario di lavoro, che modifica nuovamente, nel corso di pochi anni, le disposizioni sanzionatorie in materia di mancato godimento di riposi e ferie.Al disposto inserito nell’art. 36, 3° comma, Cost., che sancisce il diritto, spettante a ciascun lavoratore, e non rinunciabile, “al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite”, si sono nel tempo affiancate e sovrapposte nuove norme di tutela, manifestatesi nell’affiancare alla tutela azionabile dal singolo lavoratore in sede vertenziale, con tutti i conseguenti risvolti sul rapporto di lavoro, sia sul piano normativo che su quello patrimoniale, un controllo pubblico, anche in assenza di specifiche rivendicazioni di singoli, attraverso l’attività ispettiva e di vigilanza compiuta al fine di verificare l’applicazione o meno, nelle varie realtà datoriali, delle disposizioni di legge attuative della norma costituzionale.Il primo significativo intervento di riforma sulla materia dell’orario di lavoro si realizzò con l’entrata in vigore del D. Lgs. 08/04/2003, n. 66, a seguito dell’attuazione di due Direttive Comunitarie, la 93/104/CE del Consiglio Europeo, del 23/11/1993, e la 2000/34/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, in data 22/06/2000.Tale normativa si è presentata come una sorta di Testo Unico dell’orario di lavoro, che superava il previgente R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328 e le altre diverse normative in materia.In forza delle precisazioni ministeriali, al fine di individuare il criterio di calcolo della “media” da utilizzare a riferimento per verificare “in un periodo non superiore a 14 giorni” la sussistenza della violazione, l’ispettore è tenuto ad individuare l’ultimo giorno fruito quale riposo settimanale, per poi accertare se nei 13 giorni precedenti si sia goduto un ulteriore giorno di riposo; in altri termini, il periodo di lavoro continuativamente svolto senza concessione di riposo settimanale non potrebbe superare i 12 giorni consecutivi, cui comunque dovrebbero aggiungersi nei due giorni successivi due giornate di riposo.La verifica può pertanto riguardare qualsiasi momento dell’anno e qualsiasi periodo.La normativa contenuta nell’art. 7 della Legge n. 183/2010 torna, quindi, a graduare le sanzioni amministrative connesse alle violazioni in materia di mancato godimento di riposi e ferie sulla base del numero dei lavoratori coinvolti e dei periodi di riferimento delle violazioni medesime.

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Fermi restando i precetti di legge nelle formulazioni già in vigore, ci si riporta ad un sistema sanzionatorio in cui la modalità di calcolo degli importi dovuti è simile a quella già applicata per un lungo periodo prima dell’entrata in vigore dell’art. 18 bis del D. Lgs. 08/04/2003, n. 66.Il nuovo art. 7 incide prima di tutto sul 3° comma dell’art. 18 bis del D. Lgs. 66/2003, sostituendolo e rideterminando le sanzioni amministrative ivi contenute, riguardo sia alle violazioni della durata media dell’orario settimanale di lavoro (art. 4, comma 2), sia a quelle della normativa sui riposi settimanali (art. 9, comma 1).Per queste ipotesi, d’ora in poi, la sanzione amministrativa non sarà più applicata “per ogni lavoratore” e “per ciascun periodo di riferimento …. a cui si riferisce la violazione”, bensì in misura graduata a seconda dei lavoratori coinvolti o dei periodi temporali interessati dalle violazioni.Quindi, il legislatore ha fissato una sanzione base, compresa tra € 100,00 ed € 750,00 (lievemente minore rispetto a quella del testo previgente), applicabile però solo ove i lavoratori coinvolti non siano più di 5 e le violazioni accertate abbiano riguardato sino a 2 periodi di riferimento.Se invece risulta superato almeno uno di questi due parametri (numero dei lavoratori o periodi di riferimento), la sanzione prevista aumenta:- è compresa tra euro 400,00 ed euro 1.500,00 se le violazioni concernono più di 5 e fino a 10 lavoratori o se le stesse si sono verificate in 3 o in 4 periodi di riferimento;- è invece compresa tra un minimo di euro 1.000,00 ed un massimo di euro 5.000,00 in tutti i casi in cui le violazioni riguardano più di 10 lavoratori ovvero sono state compiute in 5 o più periodi di riferimento. In quest’ultima ipotesi, inoltre, non è più ammesso il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta, con la conseguenza che questa deve essere determinata subito in misura ordinaria.Un analogo schema è previsto per le violazioni della normativa sulle ferie. Per queste ultime, nel testo previgente, erano indicate sanzioni di importo pari a quelle che punivano la condotta di mancata concessione dei riposi.Oggi, queste sanzioni sono invece diversificate:- la sanzione base va da un minimo di euro 100,00 ad un massimo di euro 600,00 e si applica ove i lavoratori coinvolti non siano più di 5 e il periodo di riferimento non raggiunga i due anni;- una sanzione più grave, da euro 400,00 ad euro 1.500,00, riguarda i casi in cui sono coinvolti da 6 a 10 lavoratori o in cui il periodo di riferimento vada dai due anni ai tre;- una sanzione ancor più grave, da euro 800,00 ad euro 4.500,00, è infine prevista quando sono superati o il numero di 10 lavoratori interessati o il parametro dei periodi di riferimento (almeno 4 anni). Analogamente a quanto previsto per le sanzioni in materia di riposo giornaliero, in queste più gravi ipotesi non è più ammesso il pagamento delle sanzioni in misura ridotta, con la conseguenza della immediata determinazione delle stesse in misura ordinaria.La medesima impostazione è seguita per le sanzioni che puniscono le violazioni in materiadi riposi giornalieri, mediante la sostituzione del testo dell’art. 18 bis, comma 4.Per queste fattispecie, si dispone quanto segue:- la sanzione base va da un minimo di euro 50,00 ad un massimo di euro 150,00 e si applica ove i lavoratori coinvolti non siano più di 5 e la violazione riguardi uno o due periodi di 24 ore;- una sanzione più grave, da euro 300,00 ad euro 1.000,00, riguarda i casi in cui sono coinvolti da 6 a 10 lavoratori o in cui l’arco temporale di riferimento sia di tre o di quattro periodi di 24 ore;- una sanzione ancor più grave, da euro 900,00 ad euro 1.500,00, è infine prevista quando sono superati o il numero di 10 lavoratori interessati o il parametro dei periodi di riferimento (almeno 5 periodi di 24 ore). Anche in questo caso per l’ipotesi sanzionatoria più grave non è più ammesso il pagamento in misura ridotta, con la conseguenza che la sanzione va determinata subito in misura ordinaria.Ricordiamo inoltre che:

a) la durata del riposo settimanale deve essere almeno di 24 ore consecutive;

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b) il riposo settimanale va cumulato con le undici ore di riposo giornaliero tra una prestazione e l’altra;

c) per i minori di 18 anni sono previsti due giorni di riposo consecutivi, comprendenti al domenica.

Quanto sopra, ovviamente, non esclude la possibilità che, a fronte di determinate situazioni previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva vi possano essere eccezioni al diritto di riposo settimanale, ad esempio:

a) nelle attività a turno;b) nelle attività caratterizzate da periodi lavorativi frazionati;c) nei trasporti ferroviari;d) nelle ulteriori previsioni, limitatamente al settore privato, stabilite dalla

contrattazione collettiva.

Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28 D.M. 180/2010

LEGGE 4 novembre 2010, n. 183

Art. 1. (Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti)

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi di riassetto normativo, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in particolari lavori o attivita' e che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2008 la possibilita' di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalita' dei lavoratori dipendenti, secondo i principi e criteri direttivi di cui all'articolo comma 3, lettere da a) a f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Restano ferme le modalita' procedurali per l'emanazione dei predetti decreti legislativi indicate nei commi 90 e 91 e le norme di copertura finanziaria di cui al comma 92 del citato articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 recano, ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, una clausola di salvaguardia, volta a prevedere che, qualora nell'ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio emergano scostamenti tra gli oneri derivanti dalle domande accolte e la copertura finanziaria prevista, trovi applicazione un criterio di priorita', in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, e, a parita' degli stessi, della data di presentazione della domanda, nella decorrenza dei trattamenti pensionistici.

Art. 2. (Delega al Governo per la riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della salute)

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi finalizzati alla riorganizzazione degli enti, istituti e societa' vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della salute nonche' alla ridefinizione del rapporto di vigilanza dei predetti Ministeri sugli stessi enti, istituti e societa' rispettivamente vigilati, ferme restando la loro autonomia di ricerca e le

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funzioni loro attribuite, in base ai seguenti principi e criteri direttivi:a) semplificazione e snellimento dell'organizzazione e della struttura amministrativa degli enti, istituti e societa' vigilati, adeguando le stesse ai principi di efficacia, efficienza ed economicita' dell'attivita' amministrativa e all'organizzazione, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute, prevedendo, ferme restando le specifiche disposizioni vigenti per il relativo personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, il riordino delle competenze dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e della societa' Italia Lavoro Spa;b) razionalizzazione e ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento, previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa e mediante adeguamento dell'organizzazione e della struttura amministrativa degli enti e istituti vigilati ai principi e alle esigenze di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, riconoscendo il valore strategico degli istituti preposti alla tutela della salute dei cittadini;c) ridefinizione del rapporto di vigilanza tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della salute e gli enti e istituti vigilati, prevedendo, in particolare, per i predetti Ministeri la possibilita' di emanare indirizzi e direttive nei confronti degli enti o istituti sottoposti alla loro vigilanza; d) organizzazione del Casellario centrale infortuni, nel rispetto delle attuali modalita' di finanziamento, secondo il principio di autonomia funzionale, da perseguire in base ai criteri di cui alle lettere a) e b) del presente comma; e) previsione dell'obbligo degli enti e istituti vigilati di adeguare i propri statuti alle disposizioni dei decreti legislativi emanati in attuazione del presente articolo, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore degli stessi.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero del Ministro della salute, ciascuno in relazione alla propria competenza, di concerto, rispettivamente, con il Ministro della salute e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonche' con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con il Ministro dello sviluppo economico, nonche' con il Ministro della difesa limitatamente al decreto legislativo relativo alla riorganizzazione della Croce rossa italiana, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo puo' comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall'assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, quest'ultimo e' prorogato di due mesi.

3. L'adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge si procede al riordino degli organi collegiali e degli altri organismi istituiti con Legge o con regolamento nell'amministrazione centrale della salute, mediante l'emanazione di regolamenti adottati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto dei seguenti criteri: a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali; b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee; c) limitazione del numero delle strutture, anche mediante la loro eventuale unificazione, a quelle strettamente indispensabili all'adempimento delle funzioni riguardanti la tutela della salute; d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi.

Art. 3. (Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attivita' sportive)

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RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

1. All'articolo 3 della legge 14 dicembre 2000, n. 376, dopo il comma 2, e' inserito il seguente: «2-bis. I componenti della Commissione sono designati tra persone di comprovata esperienza professionale nelle materie dicui al comma 1, secondo le seguenti modalita': a) cinque componenti designati dal Ministro della salute o suo delegato, di cui uno con funzioni di presidente; b) cinque componenti designati dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega allo sport, di cui uno con funzioni di vice presidente; c) tre componenti designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano; d) un componente designato dal CONI; e) un componente designato dall'Istituto superiore di sanita'; f) un ufficiale del Comando carabinieri per la tutela della salute designato dal Comandante».2. Il comma 2 dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 86, e' abrogato.

Art. 4. (Misure contro il lavoro sommerso)

1. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente:«3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni gia' previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresi' la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo della sanzione e' da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti e' aumentato del 50 per cento»; b) il comma 4 e' sostituito dal seguente: «4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volonta' di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione»; c) il comma 5 e' sostituito dal seguente: «5. All'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Autorita' competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e' la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente».

2. Al comma 2 dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, dopo il secondo periodo e' inserito il seguente: «Nel settore turistico il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o piu' dati anagrafici inerenti al lavoratore puo' integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell'instaurazione del rapporto di lavoro, purche' dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro».

3. Al comma 7-bis dell'articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, introdotto dall'articolo 1, comma 54, della legge 24 dicembre 2007,n. 247, la parola: «constatate» e' sostituita dalla seguente: «commesse».

Art. 5. (Adempimenti formali relativi alle pubbliche amministrazioni)

1. All'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 10 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, sono apportate le seguenti modifiche: a) al primo periodo, le parole: «gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «e gli enti pubblici economici»; b) e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare, entro il ventesimo giorno

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del mese successivo alla data di assunzione, di proroga, di trasformazione e di cessazione, al servizio competente nel cui ambito territoriale e' ubicata la sede di lavoro, l'assunzione, la proroga, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro relativi al mese precedente».

2. All'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, dopo il comma 1 e' inserito il seguente: «1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano, per via telematica e secondo i criteri e le modalita' individuati con circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, i dati di cui al comma 1 alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della fanzione pubblica, che li pubblica nel proprio sito istituzionale. La mancata comunicazione o aggiornamento dei dati e' comunque rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance individuale dei dirigenti».

3. Al comma 2 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole: «All'atto della assunzione» sono sostituite dalle seguenti: «All'atto dell'instaurazione del rapporto di lavoro»; b) le parole: «pubblici e» sono soppresse; c) l'ultimo periodo e' sostituito dai seguenti: «Il datore di lavoro pubblico puo' assolvere all'obbligo di informazione di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, con la consegna al lavoratore, entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero con la consegna della copia del contratto individuale di lavoro. Tale obbligo non sussiste per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

4. Al comma 5 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, le parole: «I datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici».

Art. 6. (Disposizioni riguardanti i medici e altri professionisti sanitari extracomunitari)

1. All'articolo 27 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1-quater, e' inserito il seguente:«1-quinquies. I medici e gli altri professionisti sanitari al seguito di delegazioni sportive, in occasione di manifestazioni agonistiche organizzate dal Comitato olimpico internazionale, dalle Federazioni sportive internazionali, dal Comitato olimpico nazionale italiano o da organismi, societa' ed associazionisportive da essi riconosciuti o, nei casi individuati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'interno, al seguito di gruppi organizzati, sono autorizzati a svolgere la pertinente attivita', in deroga alle norme sul riconoscimento dei titoli esteri, nei confronti dei componenti della rispettiva delegazione o gruppo organizzato e limitatamente al periodo di permanenza della delegazione o del gruppo. I professionisti sanitari cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea godono del medesimo trattamento, ove piu' favorevole».

Art. 7. (Modifiche alla disciplina sull'orario di lavoro)

1. All'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, come da ultimo modificato dall'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente:

«3. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 4, comma 2, e dall'articolo 9, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in almeno tre periodi di riferimento di cui all'articolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e' da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno cinque periodi di

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riferimento di cui all'articolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e' da 1.000 a 5.000 euro e non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 10, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa e' da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa e' da 800 a 4.500 euro e non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta»; b) il comma 4 e' sostituito dal seguente: «4. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 7, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 150 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di cinque lavoratori ovvero si e' verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa e' da 300 a 1.000 euro. Se la violazione si riferisce a piu' di dieci lavoratori ovvero si e' verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa e' da 900 a 1.500 euro e non e' ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta».

2. All'articolo 11 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, il comma 7 e' sostituito dal seguente: «7. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative. In assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali, le deroghe possono essere stabilite nei contratti territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Il ricorso alle deroghe deve consentire la fruizione di periodi di riposo piu' frequenti o piu' lunghi o la concessione di riposi compensativi per i lavoratori marittimi che operano a bordo di navi impiegate in viaggi di breve durata o adibite a servizi portuali».

Art. 8. (Modifica all'articolo 4 del decreto-legge n. 8 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 del 2002)

1. All'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2002, n. 56, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'elettorato passivo e' altresi' esteso ai professori di seconda fascia nel caso di mancato raggiungimento per due votazioni del quorum previsto per la predetta elezione».

Art. 9. (Modifiche all'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e all'articolo 1 del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009)

1. Al secondo periodo del comma 13 dell'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le parole: «nonche' di contrattisti ai sensi dell'articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230,» sono soppresse.

2. All'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, le parole: «, illustrati e discussi davanti alla commissione,» sono soppresse e dopo la parola: «dottorato,» sono inserite le seguenti: «discussi pubblicamente con la commissione,».

Art. 10. (Disposizioni in materia di Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale)

1. All'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, dopo il secondo periodo e' inserito il seguente: «Fermo restando il rispetto dei predetti limiti di spesa, le quote di cui al periodo precedente non si applicano agli Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale».

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Art. 11. (Abrogazione di norme concernenti le valutazioni comparative dei docenti universitari)

1. Le lettere d) ed 1) dell'articolo 2, comma 1, della legge 3 luglio 1998, n. 210, e i commi 6 e 10 dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117, sono abrogati.

Art. 12. (Trasferimento di ricercatori dalla Scuola superiore dell'economia e delle finanze alle universita' statali)

1. All'articolo 4-septies del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, dopo il comma 4, e' inserito il seguente: «4-bis. In caso di trasferimento dei ricercatori in servizio presso la Scuola superiore dell'economia e delle finanze alle universita' statali, in conformita' a quanto stabilito dall'articolo 13 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, la citata Scuola trasferisce all'universita' interessata le risorse finanziarie per la corresponsione del trattamento retributivo del ricercatore trasferito».

Art. 13. (Mobilita' del personale delle pubbliche amministrazioni)

1. In caso di conferimento di funzioni statali alle regioni e alle autonomie locali ovvero di trasferimento o di conferimento di attivita' svolte da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti pubblici ovvero di esternalizzazione di attivita' e di servizi, si applicano al personale ivi adibito, in caso di esubero, le disposizioni dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. All'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «2-sexies. Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all'articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalita' previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermo restando quanto gia' previsto da norme speciali sulla materia, nonche' il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal presente decreto».

3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le pubbliche amministrazioni possono rideterminare le assegnazioni temporanee in corso in base a quanto previsto dal comma 2-sexies dell'articolo 30 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dal comma 2 del presente articolo. In caso di mancata rideterminazione, i rapporti in corso continuano ad essere disciplinati dalle originarie fonti.

Art. 14. (Modifiche alla disciplina del trattamento di dati personali effettuato da soggetti pubblici)

1. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modifiche: a) all'articolo 1, l'ultimo periodo del comma 1 e' soppresso; b) all'articolo 19, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente: «3-bis. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dall'amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermita' e degli impedimenti personali o familiari che causino l'astensione dal lavoro, nonche' le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l'amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d)».

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RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

2. Dopo il comma 11 dell'articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, e' aggiunto il seguente: «11-bis. Per le determinazioni relative ai trattenimenti in servizio e alla risoluzione del rapporto di lavoro e di impiego, gli enti e gli altri organismi previdenziali comunicano, anche in via telematica, alle amministrazioni pubbliche richiedenti i dati relativi all'anzianita' contributiva dei dipendenti interessati».

Art. 15. (Modifica all'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, in materia di conferimento di incarichi dirigenziali a dirigenti di seconda fascia)

1. Dopo il primo periodo del comma 3 dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e' inserito il seguente: «Nel caso di conferimento di incarichi di livello dirigenziale generale a dirigenti di seconda fascia assegnati in posizione di prestito, non si applica la disposizione di cui al terzo periodo dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni».

2. La disposizione introdotta dal comma 1 si applica agli incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 16. (Disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale)

1. In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 73 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale gia' adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.

Art. 17. (Applicazione dei contratti collettivi del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri al personale ad essa trasferito)

1. Al personale dirigenziale e non dirigenziale, trasferito e inquadrato nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri in attuazione del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, e del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, si applicano, a decorrere dal 1° gennaio 2010, i contratti collettivi di lavoro del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri.

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, pari a 3.020.000 euro a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Art. 18. (Aspettativa)

1. I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell'anzianita' di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attivita' professionali e imprenditoriali. L'aspettativa e' concessa dall'amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall'interessato.

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2. Nel periodo di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilita' di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

3. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Art. 19. (Specificita' delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, e' riconosciuta la specificita' del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarita' dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonche' per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attivita' usuranti.

2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 e' definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresi' a stanziare le occorrenti risorse finanziarie.

3. Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attivita' negoziali svolte in attuazione delle finalita' di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale.

Art. 20. (Disposizioni concernenti il lavoro sul naviglio di Stato)

1. A decorrere dall'anno 2012, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e' incrementata di 5 milioni di euro. Al relativo onere, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per il medesimo anno, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

2. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno del lavoratore, le norme aventi forza di legge emanate in attuazione della delega di cui all'articolo 2, lettera b), della legge 12 febbraio 1955, n. 51, si interpretano nel senso che esse non trovano applicazione in relazione al lavoro a bordo del naviglio di Stato e, pertanto, le disposizioni penali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, non si applicano, per il periodo di loro vigenza, ai fatti avvenuti a bordo dei mezzi del medesimo naviglio. I provvedimenti adottati dal giudice penale non pregiudicano le azioni risarcitone eventualmente intraprese in ogni sede, dai soggetti danneggiati o dai loro eredi, per l'accertamento della responsabilita' civile contrattuale o extracontrattuale derivante dalle violazioni delle disposizioni del citato decreto n. 303 del 1956.

Art. 21. (Misure atte a garantire pari opportunita', benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche)

1. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modifiche: a) all'articolo 1, comma 1, la lettera c) e' sostituita dalla seguente: «c) realizzare la migliore

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utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato, garantendo pari opportunita' alle lavoratrici ed ai lavoratori nonche' l'assenza di qualunque forma di discriminazione e di violenza morale o psichica»; b) all'articolo 7, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Le pubbliche amministrazioni garantiscono parita' e pari opportunita' tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'eta', all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilita', alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresi' un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno»; c) all'articolo 57, al comma 1 sono premessi i seguenti: «01. Le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il "Comitato unico di garanzia per le pari opportunita', la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni" che sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunita' e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni.

2. Il Comitato unico di garanzia per le pari opportunita', la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni ha composizione paritetica ed e' formato da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello di amministrazione e da un pari numero di rappresentanti dell'amministrazione in modo da assicurare nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi. Il presidente del Comitato unico di garanzia e' designato dall'amministrazione.

3. Il Comitato unico di garanzia, all'interno dell'amministrazione pubblica, ha compiti propositivi, consultivi e di verifica e opera in collaborazione con la consigliera o il consigliere nazionale di parita'. Contribuisce all'ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico, migliorando l'efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunita', di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori.

4. Le modalita' di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunita' della Presidenza del Consiglio dei ministri entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

5. La mancata costituzione del Comitato unico di garanzia comporta responsabilita' dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi»; d) all'articolo 57, comma 1, la lettera d) e' sostituita dalla seguente: «d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attivita' dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunita', per la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, nell'ambito delle proprie disponibilita' di bilancio»; e) all'articolo 57, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalita' di cui all'articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive dell'Unione europea in materia di pari opportunita', contrasto alle discriminazioni ed alla violenza morale o psichica, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica».

Art. 22. (Età pensionabile dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale)

1. Al comma 1 dell'articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, le parole: «dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale» sono sostituite dalle seguenti:

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«dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale» e le parole: «fatta salva l'applicazione dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503» sono sostituite dalle seguenti: «ovvero, su istanza dell'interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non puo' superare il settantesimo anno di eta' e la permanenza in servizio non puo' dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti».

2. Al comma 1 dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I dipendenti in aspettativa non retribuita che ricoprono cariche elettive presentano la domanda almeno novanta giorni prima del compimento del limite di eta' per il collocamento a riposo».

3. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche ai dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010.

Art. 23. (Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi)

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, in base ai seguenti principi e criteri direttivi: a) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti in materia, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo; b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile; c) riordino delle tipologie di permessi, tenuto conto del loro contenuto e della loro diretta correlazione a posizioni giuridiche costituzionalmente tutelate; d) ridefinizione dei presupposti oggettivi e precisazione dei requisiti soggettivi, nonche' razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle modalita' per la fruizione dei congedi, delle aspettative e dei permessi di cui al presente articolo, al fine di garantire l'applicazione certa ed uniforme della relativa disciplina; e) razionalizzazione e semplificazione dei documenti da presentare, con particolareriferimento alle persone con handicap in situazione di gravita' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o affette da patologie di tipo neuro-degenerativo o oncologico.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo puo' comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall'assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al comma quest'ultimo e' prorogato di due mesi.

3. L'adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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Art. 24. (Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazione di gravita')

1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravita', coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita' abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta' oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non puo' essere riconosciuto a piu' di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravita'. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravita', il diritto e' riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente»; b) al comma 5, le parole da: «Il genitore» fino a: «handicappato» sono sostituite dalle seguenti: «Il lavoratore di cui al comma 3» e le parole: «al proprio domicilio» sono sostituite dalle seguenti: «al domicilio della persona da assistere»; c) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento della responsabilita' disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

2. All'articolo 42 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita',di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Successivamente al compimento del terzo anno di eta' del bambino con handicap in situazione di gravita', il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e' riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del mese»; b) il comma 3 e' abrogato.

3. All'articolo 20, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, le parole da: «nonche'» fino a: «non convivente» sono soppresse.

4. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica: a) i nominativi dei propri dipendenti cui sono accordati i permessi di cui all'articolo 33, commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, ivi compresi i nominativi dei lavoratori padri e delle lavoratrici madri, specificando se i permessi sono fruiti dal lavoratore con handicap in situazione di gravita', dal lavoratore o dalla lavoratrice per assistenza al proprio figlio, per assistenza al coniuge o per assistenza a parenti o affini; b) in relazione ai permessi fruiti dai dipendenti per assistenza a persona con handicap in situazione di gravita', il nominativo di quest'ultima, l'eventuale rapporto di dipendenza da un'amministrazione pubblica e la denominazione della stessa, il comune di residenza dell'assistito; c) il rapporto di coniugio, il rapporto di maternita' o paternita' o il grado di parentela o affinita' intercorrente tra ciascun dipendente che ha fruito dei permessi e la persona assistita; d) per i permessi fruiti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre, la specificazione dell'eta' maggiore o minore di tre anni del figlio; e) il contingente complessivo di giorni e ore di permesso fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell'anno precedente e per ciascun mese.

5. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica istituisce e cura, con gli ordinari stanziamenti di bilancio, una banca di dati informatica costituita secondo quanto previsto dall'articolo 22, commi 6 e 7, del codice in materia di protezione dei dati

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personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in cui confluiscono le comunicazioni di cui al comma 4 del presente articolo, che sono fornite da ciascuna amministrazione per via telematica entro il 31 marzo di ciascun anno, nel rispetto delle misure di sicurezza previste dal predetto codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.

6. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e' autorizzata al trattamento dei dati personali e sensibili di cui al comma 4, la cui conservazione non puo' comunque avere durata superiore a ventiquattro mesi. Ai fini della comunicazione dei dati di cui al comma 4, le amministrazioni pubbliche sono autorizzate al trattamento dei relativi dati personali e sensibili e provvedono alla conservazione dei dati per un periodo non superiore a trenta giorni dalla loro comunicazione, decorsi i quali, salve specifiche esigenze amministrativo-contabili, ne curano la cancellazione. Le operazioni rilevanti consistono nella raccolta, conservazione, elaborazione dei dati in forma elettronica e no, nonche' nella comunicazione alle amministrazioni interessate. Sono inoltre consentite la pubblicazione e la divulgazione dei dati e delle elaborazioni esclusivamente in forma anonima. Le attivitadi cui ai commi 4 e 5, finalizzate al monito-raggio e alla verifica sulla legittima fruizione dei permessi, sono di rilevante interesse pubblico. Rimangono fermi gli obblighi previsti dal secondo comma dell'articolo 6 della legge 26 maggio 1970, n. 381, dall'ottavo comma dell'articolo 11 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e dal quarto comma dell'articolo 8 della legge 30 marzo 1971, n. 118, concernenti l'invio degli elenchi delle persone sottoposte ad accertamenti sanitari, contenenti soltanto il nome, il cognome e l'indirizzo, rispettivamente all'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti e all'Associazione nazionale dei mutilati e invalidi civili.

Art. 25. (Certificati di malattia)

1. Al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonche' un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 10 gennaio 2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni di cui all'articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Art. 26. (Aspettativa per conferimento di incarichi, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)

1. Al personale del comparto sicurezza e difesa possono essere conferiti, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei requisiti e dei limiti ivi previsti, incarichi dirigenziali da parte di amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza, che siano strettamente collegati alla professionalita' da loro rivestita e motivati da esigenze di carattere eccezionale. Il personale e' collocato in aspettativa senza assegni e continua ad occupare il relativo posto nella dotazione organica dell'amministrazione di appartenenza.

2. Gli incarichi dirigenziali di cui al comma 1 sono conferiti previa autorizzazione del Ministro competente, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Art. 27. (Disposizioni in materia di personale dell'Amministrazione della difesa)

1. A decorrere dal 1° gennaio 2009, si applicano anche al personale delle Forze armate le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che pongono a carico delle amministrazioni utilizzatrici gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

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2. All'articolo 65 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 9, dopo la parola: «salvo» sono inserite le seguenti: «un contingente pari al numero delle posizioni ricoperte presso enti, comandi e unita' internazionali ai sensi delle leggi 8 luglio 1961, n. 642, e 27 dicembre 1973, n. 838, individuato con decreto annuale del Ministro della difesa e salvo»; b) dopo il comma 9, e' inserito il seguente: «9-bis. Il collocamento in aspettativa per riduzione di quadri, di cui al comma 9, e' disposto al 31 dicembre dell'anno di riferimento».

3. All'articolo 7, secondo comma, della legge 10 dicembre 1973, n. 804, dopo le parole: «di segretario generale del Ministero della difesa» sono aggiunte le seguenti: «o gli ufficiali di pari grado che ricoprano incarichi di livello non inferiore a Capo di stato maggiore di Forza armata in comandi o enti internazionali».

4. L'articolo 43, comma 2, della legge 19 maggio 1986, n. 224, si interpreta nel senso che gli assegni previsti nel tempo, ivi menzionati, sono comprensivi delle sole indennita' fisse e continuative in godimento il giorno antecedente il collocamento in aspettativa per riduzione di quadri, in relazione al grado e alle funzioni dirigenziali espletate.

5. Al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 298, sono apportate le seguenti modifiche: a) all'articolo 16, comma 1, lettera 5), la parola: «maggiore,» e' soppressa; b) all'articolo 18, il comma 3 e' abrogato; c) all'articolo 31, il comma 9 e' abrogato; d) alla tabella n. 1, alla riga denominata «Capitano»: 1) in corrispondenza della colonna 3, denominata «Forma di avanzamento al grado superiore», la parola: «scelta» e' soppressa; 2) in corrispondenza della colonna 4, denominata «Inserimento aliquota valutazione a scelta», la cifra: «6» e' soppressa; 3) in corrispondenza della colonna 5, denominata «Promozione ad anzianita'», la cifra: «9» e' sostituita dalla seguente: «7»; 4) in corrispondenza della colonna 8, denominata «Promozioni a scelta al grado superiore», la cifra: «52» e' soppressa; e) alla tabella n. 2, alla riga denominata «Capitano»: 1) in corrispondenza della colonna 3, denominata «Forma di avanzamento al grado superiore», la parola: «scelta» e' soppressa; 2) in corrispondenza della colonna 4, denominata «Inserimento aliquota valutazione a scelta», la cifra: «9» e' soppressa; 3) in corrispondenza della colonna 5, denominata «Promozione ad anzianita'», la cifra: «12» e' sostituita dalla seguente: «10»; 4) in corrispondenza della colonna 8, denominata «Promozioni a scelta al grado superiore», la cifra: «49» e' soppressa.

6. Dalle disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

7. Il Governo e' delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi allo scopo di armonizzare, con effetto a decorrere dal 10 gennaio 2012, il sistema di tutela previdenziale e assistenziale applicato al personale permanente in servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale volontario presso il medesimo Corpo nazionale, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a) equiparare la pensione ai superstiti riconosciuta ai familiari dei vigili del fuoco volontari deceduti per causa di servizio al trattamento economico spettante ai familiari superstiti dei vigili del fuoco in servizio permanente anche nelle ipotesi in cui i vigili del fuoco volontari siano deceduti espletando attivita' addestrative od operative diverse da quelle connesse al soccorso; b) equiparare il trattamento economico concesso ai vigili del fuoco volontari a quello riconosciuto ai vigili del fuoco in servizio permanente in caso di infortunio gravemente invalidante o di malattia contratta per causa di servizio, includendo anche il periodo di addestramento iniziale reso dagli aspiranti vigili del fuoco a titolo gratuito.

8. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 7 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che

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precedono la scadenza del termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 7, o successivamente, quest'ultimo e' prorogato di ulteriori due mesi.

9. All'onere derivante dall'attuazione del comma 7, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2012 e a 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l'anno 2012, dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 28. (Personale dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

1. Per particolari discipline sportive indicate dal bando di concorso, i limiti minimo e massimo di eta' per il reclutamento degli atleti dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono fissati, rispettivamente, in diciassette e trentacinque anni. Il personale reclutato ai sensi del presente articolo non puo' essere impiegato in attivita' operative fino al compimento del diciottesimo anno di eta'.

Art. 29. (Concorsi interni per vice revisore tecnico e vice perito tecnico della Polizia di Stato)

1. Al decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337, sono apportate le seguenti modifiche: a) all'articolo 20-quater: 1) al comma l, lettera a), le parole: «provenienti da profili professionali omogenei a quello per cui concorrono,» sono soppresse; 2) al comma 3, le parole: «e nel solo bando di cui al comma 1, lettera a), si procede altresi' alla definizione, anche per categorie omogenee, delle corrispondenze fra i profili professionali del ruolo degli operatori e collaboratori tecnici e quelli relativi ai posti messi a concorso» sono soppresse; b) all'articolo 25-ter: 1) al comma 1, le parole: «proveniente da profili professionali omogenei a quello per il quale concorre,» sono soppresse; 2) al comma 2, le parole: «, nonche' la definizione, anche per categorie omogenee, delle corrispondenze fra i profili professionali del ruolo dei revisori tecnici e quelli relativi ai posti messi a concorso» sono soppresse.

Art. 30. (Clausole generali e certificazione del contratto di lavoro)

1. In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale e' limitato esclusivamente, in conformita' ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento del presupposto di legittimita' e non puo' essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente.

2. Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle relative clausole il giudice non puo' discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformita' tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.

3. Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu' rappresentativi ovvero nei contratti individuali di

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lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, il giudice tiene egualmente conto di elementi e di parametri fissati dai predetti contratti e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell'attivita' esercitata dal datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l' anzianita' e le condizioni del lavoratore, nonche' il comportamento delle parti anche prima del licenziamento.

4. L'articolo 75 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e' sostituito dal seguente: «Art. 75. - (Finalita'). - 1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo».

5. All'articolo 76, comma 1, lettera c-ter), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunque unicamente nell'ambito di intese definite tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con l'attribuzione a quest'ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi».

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell'ambito delle risorse umane, stramentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 31. (Conciliazione e arbitrato)

1. L'articolo 410 del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: «Art. 410. - (Tentativo di conciliazione). - Chi intende propone in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo 409 puo' promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all'articolo 413. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. Le commissioni di conciliazione sono istituite presso la Direzione provinciale del lavoro. La commissione e' composta dal direttore dell'ufficio stesso o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo, in qualita' di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale. Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita', affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore della Direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal terzo comma. In ogni caso per la validita' della riunione e' necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e almeno un rappresentante dei lavoratori. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall'istante, e' consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte istante alla controparte. La richiesta deve precisare: 1) nome, cognome e residenza dell'istante e del convenuto; se l'istante o il convenuto sono una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, l'istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonche' la sede; 2) il luogo dove e' sorto il rapporto ovvero dove si trova l'azienda o sua dipendenza alla quale e' addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto; 3) il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura; 4) l'esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa. Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di

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conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonche' le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove cio' non avvenga, ciascuna delle parti e' libera di adire l'autorita' giudiziaria. Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore puo' farsi assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, anche in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo, secondo e terzo, non puo' dar luogo a responsabilita', salvi i casi di dolo e colpa grave».

2. Il tentativo di conciliazione di cui all'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e' obbligatorio.

3. L'articolo 411 del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: «Art. 411. - (Processo verbale di conciliazione). - Se la conciliazione esperita ai sensi dell'articolo 410 riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non e' accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio. Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell'articolo 415 devono essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Se il tentativo di conciliazione si e' svolto in sede sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 410. Il processo verbale di avvenuta conciliazione e' depositato presso la Direzione provinciale del lavoro a cura di una delle parti o per il tramite di un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l'autenticita', provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e' stato redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita' formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto».

4. All'articolo 420, primo comma, del codice di procedura civile, le parole: «e tenta la conciliazione della lite» sono sostituite dalle seguenti: «, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva» e le parole: «senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione» sono sostituite dalle seguenti: «o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio».

5. L'articolo 412 del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: «Art. 412. - (Risoluzione arbitrale della controversia). - In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando e' possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia. Nel conferire il mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare: 1) il termine per l'emanazione del lodo, che non puo' comunque superare i sessanta giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l'incarico deve intendersi revocato; 2) le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l'eventuale richiesta di decidere secondo equita', nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari. Il lodo emanato a conclusione dell'arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all'articolo 1372 e all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile. Il lodo e' impugnabile ai sensi dell'articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validita' del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell'articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato. Il ricorso e' depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del

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lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovverso se il ricorso e' stato respinto dal tribunale, il lodo e' depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita' formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto».

6. L'articolo 412-ter del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: «Art. 412-ter. - (Altre modalita' di conciliazione e arbitrato previste dalla contrattazione collettiva). - La conciliazione e l'arbitrato, nelle materie di cui all'articolo 409, possono essere svolti altresi' presso le sedi e con le modalita' previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative».

7. All'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, le parole: «ai sensi degli articoli 185, 410 e 411» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater».

8. L'articolo 412-quater del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: «Art. 412-quater. - (Altre modalita' di conciliazione e arbitrato). - Ferma restando la facolta' di ciascuna delle parti di adire l'autorita' giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all'articolo 409 possono essere altresi' proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti. Il collegio di conciliazione e arbitrato e' composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione. La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all'altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell'arbitro di parte e indicare l'oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l'eventuale richiesta di decidere secondo equita', nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari. Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l'altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove cio' non avvenga, la parte che ha presentato ricorso puo' chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario e' la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso e' presentato al presidente del tribunale del luogo in cui e' sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale e' addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l'indicazione dei mezzi di prova. Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente puo' depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto puo' depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva. Il collegio fissa il giorno dell'udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima. All'udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell'articolo 411, commi primo e terzo. Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita

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all'immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio puo' rinviare ad altra udienza, a non piu' di dieci giorni di distanza, l'assunzione delle stesse e la discussione orale. La controversia e' decisa, entro venti giorni dall'udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo emanato a conclusione dell'arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile. Il lodo e' impugnabile ai sensi dell'articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validita' del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell'articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato. Il ricorso e' depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso e' stato respinto dal tribunale, il lodo e' depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarita' formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto. Il compenso del presidente del collegio e' fissato in misura pari al 2 per cento del valore della controversia dichiarato nel ricorso ed e' versato dalle parti, per meta' ciascuna, presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell'udienza. Ciascuna parte provvede a compensare l'arbitro da essa nominato. Le spese legali e quelle per il compenso del presidente e dell'arbitro di parte, queste ultime nella misura dell'1 per cento del suddetto valore della controversia, sono liquidate nel lodo ai sensi degli articoli 91, primo comma, e 92. I contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte».

9. Le disposizioni degli articoli 410, 411, 412, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile si applicano anche alle controversie di cui all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Gli articoli 65 e 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono abrogati.

10. In relazione alle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie di cui all'articolo 808 del codice di procedura civile che rinviano alle modalita' di espletamento dell'arbitrato di cui agli articoli 412 e 412-quater del codice di procedura civile, solo ove cio' sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. La clausola compromissoria, a pena di nullita', deve essere certificata in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dagli organi di certificazione di cui all'articolo 76 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni. Le commissioni di certificazione accertano, all'atto della sottoscrizione della clausola compromissoria, la effettiva volonta' delle parti di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti dal rapporto di lavoro. La clausola compromissoria non puo' essere pattuita e sottoscritta prima della conclusione del periodo di prova, ove previsto, ovvero se non siano trascorsi almeno trenta giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro, in tutti gli altri casi. La clausola compromissoria non puo' riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. Davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell'organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato.

11. In assenza degli accordi interconfederali o contratti collettivi di cui al primo periodo del comma 10, trascorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative, al fine di promuovere l'accordo. In caso di mancata stipulazione dell'accordo di cui al periodo precedente, entro i sei mesi successivi alla data di convocazione, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto tra le parti sociali, individua in via sperimentale, fatta salva la possibilita' di integrazioni e deroghe derivanti da eventuali successivi accordi

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interconfederali o contratti collettivi, le modalita' di attuazione e di piena operativita' delle disposizioni di cui al comma 10.

12. Gli organi di certificazione di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, possono istituire camere arbitrali per la definizione, ai sensi dell'articolo 808-ter del codice di procedura civile, delle controversie nelle materie di cui all'articolo 409 del medesimo codice e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le commissioni di cui al citato articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e successive modificazioni, possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di camere arbitrali unitarie. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 412, commi terzo e quarto, del codice di procedura civile.

13. Presso le sedi di certificazione di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, puo' altresi' essere esperito il tentativo di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile.

14. All'articolo 82 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: «di cui all'articolo 76, comma 1, lettera a),» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 76»; b) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «1-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure previste dal capo I del presente titolo».

15. Il comma 2 dell'articolo 83 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e' abrogato.

16. Gli articoli 410-bis e 412-bis del codice di procedura civile sono abrogati.

17. All'articolo 79 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «Gli effetti dell'accertamento dell'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro, nel caso di contratti in corso di esecuzione, si producono dal momento di inizio del contratto, ove la commissione abbia appurato che l'attuazione del medesimo e' stata, anche nel periodo precedente alla propria attivita' istruttoria, coerente con quanto appurato in tale sede. In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli effetti si producono soltanto ove e nel momento in cui queste ultime provvedano a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche suggerite dalla commissione adita».

18. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 32. (Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)

1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti: «Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilita' di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».

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2. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidita' del licenziamento.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre: a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimita' del termine apposto al contratto; b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalita' a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile; c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento; d) all'azione di nullita' del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo.

4. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche: a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e gia' conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge; c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento; d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennita' onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori gia' occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennita' fissata dal comma 5 e' ridotto alla meta'.

7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennita' di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l'eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell'articolo 421 del codice di procedura civile.

Art. 33. (Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica)

1. L'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e' sostituito dal seguente: «Art. 13. - (Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica). - 1. Il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge. Alla conclusione delle attivita' di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all'ispezione, con l'obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente: a) l'identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalita' del loro impiego; b) la specificazione delle attivita' compiute dal personale ispettivo; c) le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all'ispezione; d) ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell'istruttoria finalizzata all'accertamento degli

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illeciti, fermo restando quanto previsto dall'articolo 4, settimo comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628.

2. In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4.

3. In caso di ottemperanza alla diffida, iI trasgressore o l'eventuale obbligato in solido e' ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell'importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa.

4. All'ammissione alla procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3, nonche' alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all'eventuale obbligato in solido. Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere: a) gli esiti dettagliati dell'accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati; b) la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili ai sensi del comma 2; c) la possibilita' di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma di cui al comma 3 ovvero pagando la medesima somma nei casi di illeciti gia' oggetto di regolarizzazione; d) la possibilita' di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli oggetto di diffida nei casi di cui al comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689; e) l'indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.

5. L'adozione della diffida interrompe i termini di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del ricorso di cui all'articolo 17 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3. Ove da parte del trasgressore o dell'obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico di cui al comma 4 produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato.

6. Il potere di diffida nei casi previsti dal comma 2, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5, e' esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate. Gli enti e gli istituti previdenziali svolgono tale attivita' con le risorse umane e finanziarie esistenti a legislazione vigente.

7. Il potere di diffida di cui al comma 2 e' esteso agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5».

Art. 34. (Indicatore di situazione economica equivalente)

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, sono apportate le seguenti modifiche: a) l'articolo 4 e' sostituito dal seguente: «Art. 4. - (Dichiarazione sostitutiva unica). - 1. Il

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richiedente la prestazione presenta un'unica dichiarazione sostitutiva, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di validita' annuale, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente di cui all'articolo 2, ancorche' l'ente si avvalga della facolta' riconosciutagli dall'articolo 3, comma 2. E' lasciata facolta' al cittadino di presentare entro il periodo di validita' della dichiarazione sostitutiva unica una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche ai fini del calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente del proprio nucleo familiare. Gli enti erogatori possono stabilire per le prestazioni da essi erogate la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni. 2. La dichiarazione di cui al comma 1 e' presentata ai comuni o ai centri di assistenza fiscale previsti dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o direttamente all'amministrazione pubblica alla quale e' richiesta la prima prestazione o alla sede dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) competente per territorio. 3. E' comunque consentita la presentazione all'INPS, in via telematica, della dichiarazione sostitutiva unica direttamente a cura del soggetto richiedente la prestazione agevolata. 4. L'INPS determina l'indicatore della situazione economica equivalente in relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente la prestazione agevolata. 5. In relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente, l'Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli automatici, individua l'esistenza di omissioni, ovvero difformita' degli stessi rispetto agli elementi conoscitivi in possesso del Sistema informativo dell'anagrafe tributaria. 6. Gli esiti delle attivita' effettuate ai sensi del comma 5 sono comunicati dall'Agenzia delle entrate, mediante procedura informatica, all'INPS che provvedera' a inoltrarli ai soggetti che hanno ricevuto le dichiarazioni ai sensi del comma 2, ovvero direttamente al soggetto che ha presentato la dichiarazione sostitutiva unica ai sensi del comma 3. 7. Sulla base della comunicazione dell'INPS, di cui al comma 6, i comuni, i centri di assistenza fiscale e le amministrazioni pubbliche ai quali e' presentata la dichiarazione sostitutiva rilasciano un'attestazione, riportante l'indicatore della situazione economica equivalente, nonche' il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo. Analoga attestazione e' rilasciata direttamente dall'INPS nei casi di cui al comma 3. L'attestazione riporta anche le eventuali omissioni e difformita' di cui al comma 5. La dichiarazione, munita dell'attestazione rilasciata, puo' essere utilizzata, nel periodo di validita', da ogni componente del nucleo familiare per l'accesso alle prestazioni agevolate di cui al presente decreto. 8. In presenza delle omissioni o difformita' di cui al comma 5, il soggetto richiedente la prestazione puo' presentare una nuova dichiarazione sostitutiva unica, ovvero puo' comunque richiedere la prestazione mediante l'attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformita' rilevate dall'Agenzia delle entrate. Tale dichiarazione e' valida ai fini dell'erogazione della prestazione, fatto salvo il diritto degli enti erogatori di richiedere idonea documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicita' dei dati indicati nella dichiarazione. Gli enti erogatori eseguono, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, tutti i controlli ulteriori necessari e provvedono ad ogni adempimento conseguente alla non veridicita' dei dati dichiarati. 9. Ai fini dei successivi controlli relativi alla determinazione del patrimonio mobiliare gestito dagli operatori di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, l'Agenzia delle entrate, in presenza di specifiche omissioni o difformita' rilevate ai sensi del comma 5, effettua, sulla base di criteri selettivi, apposite richieste di informazioni ai suddetti operatori, avvalendosi delle relative procedure automatizzate di colloquio. 10. Nell'ambito della programmazione dell'attivita' di accertamento della Guardia di finanza, una quota delle verifiche e' riservata al controllo sostanziale della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo criteri selettivi. 11. I nominativi dei richiedenti nei cui confronti emergono divergenze nella consistenza del patrimonio mobiliare sono comunicati alla Guardia di finanza al fine di assicurare il coordinamento e l'efficacia dei controlli previsti dal comma 10. 12. Con apposita convenzione stipulata tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono disciplinate le modalita' attuative e le specifiche tecniche per lo scambio delle informazioni necessarie all'attuazione delle disposizioni del presente articolo. 13. Al fine di consentire la semplificazione e il miglioramento degli adempimenti dei soggetti richiedenti le

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prestazioni agevolate, a seguito dell'evoluzione dei sistemi informativi dell'INPS e dell'Agenzia delle entrate possono essere altresi' previste specifiche attivita' di sperimentazione finalizzate a sviluppare l'assetto dei relativi flussi di informazione. 14. Ai fini del rispetto dei criteri di equita' sociale, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle valutazioni dell'INPS e dell'Agenzia delle entrate, si provvede alla razionalizzazione e all'armonizzazione dei criteri di determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente rispetto all'evoluzione della normativa fiscale»; b) all'articolo 4-bis, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. L'INPS per l'alimentazione del sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente puo' stipulare apposite convenzioni con i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322»; c) all'articolo 6, comma 4, al primo e al quarto periodo, le parole: «Agenzia delle entrate» sono sostituite dalle seguenti: «Istituto nazionale della previdenza sociale»; d) alla tabella 1, parte I, dopo la lettera b), e' inserito il seguente capoverso: «Al reddito complessivo devono essere aggiunti i redditi da lavoro dipendente e assimilati, di lavoro autonomo ed impresa, redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, assoggettati ad imposta sostitutiva o definitiva, fatta salva diversa volonta' espressa dal legislatore sulle norme che regolano tali componenti reddituali».

2. Ai maggiori compiti previsti dal comma 1 del presente articolo per l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e per l'Agenzia delle entrate si provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 35. (Modifiche al decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gemmio 2009, n. 2)

1. L'articolo 19-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e' sostituito dal seguente: «Art. 19-ter. - (Indennizzi per le aziende commerciali in crisi). - 1. L'indennizzo di cui al decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, e' concesso, nella misura e secondo le modalita' ivi previste, anche ai soggetti che si trovano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2 del medesimo decreto legislativo nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011. Per i soggetti che nel mese di compimento dell'eta' pensionabile sono anche in possesso del requisito contributivo minimo richiesto per conseguire la pensione di vecchiaia, il predetto indennizzo spetta fino alla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia medesima. Le domande di cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 207 del 1996 possono essere presentate fino al 31 gennaio 2012. 2. L'aliquota contributiva aggiuntiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, dovuta dagli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attivita' commerciali presso l'INPS, e' prorogata, con le medesime modalita', fino al 31 dicembre 2014.3. Gli indennizzi concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 272, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in pagamento alla data del 31 dicembre 2008, sono prorogati fino alla data di decorrenza della pensione di vecchiaia purche' i titolari dell'indennizzo siano in possesso, nel mese di compimento dell'eta' pensionabile, anche del requisito contributivo minimo richiesto per conseguire la pensione di vecchiaia».

2. All'articolo 30-bis, comma 7, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo le parole: «Ministro dell'economia e delle finanze» sono inserite le seguenti: «, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione,».

3. All'articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il comma 7-bis, introdotto dall'articolo 18, comma 4-sexies, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e' abrogato.

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Art. 36. (Modifiche all'articolo 9 del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993)

1. All'articolo 9 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, sono apportate le seguenti modifiche: a) dopo il comma 3-bis e' inserito il seguente: «3-ter. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali puo' prevedere misure di sostegno al reddito per lavoratori disoccupati o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro»; b) al comma 4, le parole: «di cui ai commi 1, 2, 3 e 3-bis» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 1, 2, 3, 3-bis e, prioritariamente, 3-ter».

Art. 37. (Sottrazione alle procedure esecutive dei fondi intestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali)

1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 294, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche alle ipotesi di fondi intestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Gli atti di sequestro e di pignoramento afferenti ai fondi di cui al comma 1 sono nulli. La nullita' e' rilevabile d'ufficio e gli atti non determinano obbligo di accantonamento da parte delle sezioni della Tesoreria dello Stato ne' sospendono l'accreditamento di somme destinate ai funzionari delegati centrali e periferici.

Art. 38. (Modifica all'articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124)

1. All'articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo il comma 3 e' inserito il seguente: «3-bis. Il verbale di cui al comma 3 e' dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata».

Art. 39. (Obbligo di versamento delle ritenute previdenziali)

1. L'omesso versamento, nelle forme e nei termini di legge, delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, configura le ipotesi di cui ai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638.

Art. 40. (Contribuzione figurativa)

1. Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, e per la liquidazione delle prestazioni a sostegno o integrazione del reddito, per i periodi successivi al 31 dicembre 2004, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalle disposizioni in vigore e verificatisi nel corso del rapporto di lavoro, e' pari all'importo della normale retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore, in caso di prestazione lavorativa, nel mese in cui si colloca l'evento. Il predetto importo deve essere determinato dal datore di lavoro sulla base degli elementi retributivi ricorrenti e continuativi.

Art. 41. (Responsabilita' di terzi nelle invalidita' civili)

1. Le pensioni, gli assegni e le indennita', spettanti agli invalidi civili ai sensi della legislazione vigente, corrisposti in conseguenza del fatto illecito di terzi, sono recuperate fino a concorrenza dell'ammontare di dette prestazioni dall'ente erogatore delle stesse nei riguardi del responsabile civile e della compagnia di assicurazioni.

2. Agli effetti del comma 1, il valore capitale della prestazione erogata e' determinato mediante criteri e tariffe stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del

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Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 42. (Comunicazioni delle imprese di assicurazione all'INPS)

1. A decorrere dal 1° giugno 2010, nei casi di infermita' comportante incapacita' lavorativa, derivante da responsabilita' di terzi, il medico e' tenuto a darne segnalazione nei certificati di malattia di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, al fine di consentire all'ente assicuratore l'esperibilita' delle azioni surrogatorie e di rivalsa.

2. In caso di eventi occorsi in danno di soggetti aventi diritto all'indennita' di malattia erogata dall'INPS ed imputabili a responsabilita' di terzi, l'impresa di assicurazione, prima di procedere all'eventuale risarcimento del danno, e' tenuta a darne immediata comunicazione all'INPS.

3. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, l'INPS trasmette all'impresa di assicurazione un «certificato di indennita' corrisposte» (CIR) attestante l'avvenuta liquidazione dell'indennita' di malattia ed il relativo importo.

4. L'impresa assicuratrice procede, conseguentemente, ad accantonare e rimborsare preventivamente all'INPS l'importo certificato ai sensi del comma 3.

5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 43. (Efficacia delle domande di iscrizione e cancellazione dall'albo delle imprese artigiane per gli enti previdenziali)

1. Ai fini del contenimento degli oneri previdenziali, a decorrere dal gennaio 2010, gli atti e i provvedimenti relativi alle modificazioni dello stato di fatto e di diritto, compresa la cessazione delle imprese individuali e di tutti i soggetti comunque iscritti all'albo delle imprese artigiane, sono inopponibili all'INPS, decorsi tre anni dal verificarsi dei relativi presupposti, e sentite le commissioni provinciali dell'artigianato e gli altri organi o enti competenti le cui potesta' restano comunque ferme. L'INPS attua apposite forme di comunicazione nei confronti dei destinatari delle disposizioni del presente articolo per favorire la correttezza delle posizioni contributive individuali.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 44. (Pignoramento e sequestro nei confronti degli istituti esercenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria)

1. All'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dopo il comma 1-bis e' inserito il seguente: «1-ter. Le disposizioni di cui al comma 1-bis si applicano anche ai pignoramenti mobiliari di cui agli articoli 513 e seguenti del codice di procedura civile promossi nei confronti di enti ed istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale».

Art. 45. (Disposizioni in materia di contribuzione figurativa per periodi di malattia)

1. All'articolo 1 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, dopo il comma 1 e' inserito il seguente:«1-bis. Il limite dei ventidue mesi di cui al comma 1 non si applica, a partire dall'insorgenza dello stato di inabilita' ai sensi dell'articolo 8 della legge 12 giugno 1984, n. 222, ai soggetti

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che abbiano conseguito tale inabilita' a seguito di infortunio sul lavoro, in sostituzione della pensione di inabilita', fermo restando che, in tal caso, non e' dovuta la prestazione economica di malattia a carico dell'ente previdenziale».

Art. 46. (Differimento di termini per l'esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, incentivi all'occupazione e apprendistato e di occupazione femminile)

1. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 28 e' sostituito dal seguente: «28. Il Governo e' delegato ad adottare, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l'uniformita' della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o piu' decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito»; b) il comma 30 e' sostituito dal seguente: «30. Il Governo e' delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l'uniformita' della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o piu' decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di: a) servizi per l'impiego; b) incentivi all'occupazione; c) apprendistato»; c) il comma 81 e' sostituito dal seguente: «81. Il Governo e' delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunita', in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l'uniformita' della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, uno o piu' decreti legislativi finalizzati aI riordino della normativa in materia di occupazione femminile, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) previsione, nell'ambito dell'esercizio della delega in tema di riordino degli incentivi di cui al comma 30, lettera b), di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessita' della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonche' a favorire l'aumento dell'occupazione femminile; b) revisione della vigente normativa in materia di congedi parentali, con particolare riferimento all'estensione della durata di tali congedi e all'incremento della relativa indennita' al fine di incentivarne l'utilizzo; c) rafforzamento degli istituti previsti dall'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, con particolare riferimento al lavoro a tempo parziale e al telelavoro; d) rafforzamento dell'azione dei diversi livelli di governo e delle diverse amministrazioni competenti, con riferimento ai servizi per l'infanzia e agli anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno dell'esercizio della liberta' di scelta da parte delle donne nel campo del lavoro; e) orientamento dell'intervento legato alla programmazione dei Fondi comunitari, a partire dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Programma operativo nazionale (PON), in via prioritaria per l'occupazione femminile, a supporto non solo delle attivita' formative, ma anche di quelle di accompagnamento e inserimento al lavoro, con destinazione di risorse alla formazione di programmi mirati alle donne per il corso della relativa vita lavorativa; f) rafforzamento delle garanzie per l'applicazione effettiva della parita' di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro; g) realizzazione, anche ai fini di cui alla lettera e), di sistemi di raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo; h) potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile; i) previsione di azioni e interventi che

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agevolino l'accesso e il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche attraverso formazione professionale mirata con conseguente certificazione secondo le nuove strategie dell'Unione europea; l) definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione al genere».

Art. 47. (Disposizione finalizzata ad assicurare l'indennizzo per complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie)

1. L'autorizzazione di spesa di cui alla legge 29 ottobre 2005, n. 229, e' incrementata della somma pari a 120 milioni di euro per l'anno 2010.

2. All'onere derivante dalla disposizione di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2010.

Art. 48. (Modifiche al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276)

1. Al comma 2 dell'articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il secondo periodo e' sostituito dai seguenti: «Decorsi due anni, entro i novanta giorni successivi, i soggetti autorizzati possono richiedere l'autorizzazione a tempo indeterminato. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rilascia l'autorizzazione a tempo indeterminato entro novanta giorni dalla richiesta, previa verifica del rispetto degli obblighi di legge e del contratto collettivo e, in ogni caso, subordinatamente al corretto andamento della attivita' svolta».

2. Al comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la lettera f) e' sostituita dalla seguente: «f) l'interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro di cui all'articolo 15, attraverso il raccordo con uno o piu' nodi regionali, nonche' l'invio all'autorita' concedente, pena la revoca dell'autorizzazione, di ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro, tra cui i casi in cui un percettore di sussidio o indennita' pubblica rifiuti senza giustificato motivo una offerta formativa, un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero una occupazione congrua ai sensi della legislazione vigente;».

3. All'articolo 6 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, le parole da: «e fermo restando» fino a: «nonche' l'invio di» sono sostituite dalle seguenti: «e conferiscano alla borsa continua nazionale del lavoro, secondo le modalita' previste con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, i curricula dei propri studenti, che sono resi pubblici anche nei siti internet dell'Ateneo per i dodici mesi successivi alla data di conseguimento del diploma di laurea. Resta fermo l'obbligo dell'invio alla borsa continua nazionale del lavoro di»; b) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Sono altresi' autorizzati allo svolgimento della attivita' di intermediazione, a condizione che siano rispettati i requisiti di cui alle lettere d), e), f) e g) dell'articolo 5, comma 1: a) le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale che possono svolgere l'attivita' anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle societa' di servizi controllate; b) le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la tutela, l'assistenza e la promozione delle attivita' imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilita'; c) gli enti bilaterali che, ove ne ricorrano i presupposti, possono operare con le modalita' indicate alla lettera a)»; c) dopo il comma 3, e' inserito il seguente: «3-bis. Sono altresi' autorizzati allo svolgimento della attivita' di intermediazione i gestori di siti internet, a condizione che svolgano la predetta attivita' senza finalita' di lucro e fermo restando l'invio di ogni informazione relativa al funzionamento del mercato del lavoro ai sensi di quanto disposto dall'articolo 17, nonche' a condizione della pubblicazione sul sito medesimo dei propri dati identificativi»; d) al comma 8 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «In attesa delle normative regionali, i soggetti di cui al comma 2, che intendono svolgere attivita' di

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intermediazione, ricerca e selezione e supporto alla ricollocazione professionale, comunicano preventivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 1, lettere c) e f). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica dei requisiti di cui al precedente periodo, iscrive, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, i soggetti istanti nell'apposita sezione dell'albo di cui all'articolo 4»; e) e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «8-ter. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, i soggetti di cui ai commi 1, 3 e 3-bis del presente articolo sono autorizzati allo svolgimento della attivita' di intermediazione a condizione che comunichino preventivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'avvio dello svolgimento dell'attivita' di intermediazione, auto-certificando, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il possesso dei requisiti richiesti. Tali soggetti sono inseriti in un'apposita sezione dell'albo di cui all'articolo 4 del presente decreto. Resta fermo che non trova per essi applicazione la disposizione di cui ai commi 2 e 6 del predetto articolo 4».

4. All'articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «Le risorse sono destinate a interventi di formazione e riqualificazione professionale, nonche' a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito a favore dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, dei lavoratori che abbiano svolto in precedenza missioni di lavoro in somministrazione in forza di contratti a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati a una missione»; b) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Gli interventi di cui ai commi 1 e 2 sono attuati nel quadro delle politiche e delle misure stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro delle imprese di somministrazione di lavoro, sottoscritto dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale ovvero, in mancanza, dai fondi di cui al comma 4»; c) al comma 5 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e approva, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione, il documento contenente le regole stabilite dal fondo per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi di cui ai commi 1 e 2. Decorso inutilmente tale termine, il documento si intende approvato»; d) il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8. In caso di omissione, anche parziale, dei contributi di cui ai commi 1 e 2, il datore di lavoro e' tenuto a corrispondere al fondo di cui al comma 4, oltre al contributo omesso, gli interessi nella misura prevista dal tasso indicato all'articolo 1 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 26 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2005, piu' il 5 per cento, nonche' una sanzione amministrativa di importo pari al contributo omesso»; e) dopo il comma 8 e' inserito il seguente: «8-bis. In caso di mancato rispetto delle regole contenute nel documento di cui al comma 5, il fondo nega il finanziamento delle attivita' formative oppure procede al recupero totale o parziale dei finanziamenti gia' concessi. Le relative somme restano a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione per ulteriori iniziative formative. Nei casi piu' gravi, individuati dalla predetta disciplina e previa segnalazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si procede ad una definitiva riduzione delle somme a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro in misura corrispondente al valore del progetto formativo inizialmente presentato o al valore del progetto formativo rendicontato e finanziato. Tali somme sono destinate al fondo di cui al comma 4»; f) dopo il comma 9 e' aggiunto il seguente: «9-bis. Gli interventi di cui al presente articolo trovano applicazione con esclusivo riferimento ai lavoratori assunti per prestazioni di lavoro in somministrazione».

5. All'articolo 13 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 5 e' inserito il seguente: «5-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera a), trova applicazione solo in presenza di una convenzione stipulata tra una o piu' agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro con i comuni, le province, le regioni ovvero con le agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

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6. All'articolo 15 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 1 e' inserito il seguente:«1-bis. Entro il termine di cinque giorni a decorrere dalla pubblicazione prevista dall'articolo 4, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono tenute a conferire le informazioni relative alle procedure comparative previste dall'articolo 7, comma 6-bis, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, nonche' alle procedure selettive e di avviamento di cui agli articoli 35 e 36 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, ai nodi regionali e interregionali della borsa continua nazionale del lavoro. Il conferimento dei dati previsto dal presente comma e' effettuato anche nel rispetto dei principi di trasparenza di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le informazioni da conferire nel rispetto dei principi di accessibilita' degli atti».

7. All'articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, al comma 2, dopo le parole: «rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare» sono inserite le seguenti: «ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore,».

8. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ivi compresa la necessaria intesa tra le regioni, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentite le parti sociali, prevista dal comma 4 del citato articolo 48, l'obbligo di istruzione di cui all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui al predetto articolo 48 del decreto legislativo n. 276 del 2003.

Art. 49. (Nomina dei componenti di comitati istituiti presso l'INPS)

1. La nomina dei componenti del comitato amministratore del Fondo di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 28 aprile 2000, n. 158, puo' essere effettuata per piu' di due volte. 2. All'articolo 58 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, la parola: «tredici» e' sostituita dalla seguente: «dodici» e le parole: «sei eletti dagli iscritti al Fondo» sono sostituite dalle seguenti: «cinque designati dalle associazioni sindacali rappresentative degli iscritti al Fondo medesimo»; b) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Il comitato amministratore e' presieduto dal presidente dell'INPS o da un suo delegato scelto tra i componenti del consiglio di amministrazione dell'Istituto medesimo».

Art. 50. (Disposizioni in materia di collaborazioni coordinate e continuative)

1. Fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell'articolo 1, commi 1202 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonche' abbia, dopo la data di entrata in vigore della presente legge, ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto in corso ovvero offerto l'assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedentemente in essere, e' tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennita' di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilita' di retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

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La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE

Lorenzo Di Pace - Presidente Renato Cinque - Vice Presidente

Componenti:Giuseppe Carbone Salvatore Catarraso Andrea Costa Mario BortoneFabio Diano Roberto Di Lorenzo Angela FuscoSergio Lombardi Beatrice Lotesoriere Sante Macera Ferdinando MarchettiFilippo Mengucci Andrea Pecci Paolo PizzutiCampo Placido Lino SchinaSandro Tulli

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