Sezione III civile; sentenza 8 maggio 1963, n. 1142; Pres. Mastrapasqua P., Est. Sbrocca, P. M....

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Sezione III civile; sentenza 8 maggio 1963, n. 1142; Pres. Mastrapasqua P., Est. Sbrocca, P. M. Pedace (concl. conf.); Istituto naz. assicurazioni (Avv. Gasperoni) c. Società Cinema teatri costruzioni-Ci.te.co. (Avv. Rotondi) Author(s): A. L. Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1699/1700-1703/1704 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153356 . Accessed: 28/06/2014 07:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.172 on Sat, 28 Jun 2014 07:45:56 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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Sezione III civile; sentenza 8 maggio 1963, n. 1142; Pres. Mastrapasqua P., Est. Sbrocca, P. M.Pedace (concl. conf.); Istituto naz. assicurazioni (Avv. Gasperoni) c. Società Cinema teatricostruzioni-Ci.te.co. (Avv. Rotondi)Author(s): A. L.Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1699/1700-1703/1704Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153356 .

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1699 PARTE PRIMA 1700

superflua. Sembra invero evidente che tale disposizione, la quale si riferisce anche agli interessi dei oapitali e a-lle

rendite, tende a sottolineare in. via generale ehe essi dänno

luogo ad altrettanti orediti dell'usufruttuario, il quale per tanto, salvo clie ciõ non si ravvisi ineompatibile eon le

esigenze deH'amministrazione affidata ad altri, poträ ri

seuoterli direttamente.

Ne viene di eonseguenza ehe, quando gli immobili

siano loeati e sia esclusa perciõ Famministrazione altrui, l'usufruttuario puõ esereitare direttamente, tra gli altri

diritti derivanti dal contratto di locazione, quello principale di riseuotere le pigioni o i fitti. (Omissis)

Per questi motivi, eassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 8 maggio 1963, n. 1142 ; Pres.

Mastrapasqua P., Est. Sbrocca, P. M. Pedace (concl.

eonf.) ; Istituto naz. assicurazioni (Aw. Gasperoni) c. Society Cinema teatri costruzioni-Ci.te.co. (Avv.

Rotondi).

(Oonferma App. Roma 31 luglio 1961)

Amministrazione dello Stato e degli enti pubbliei — Trattativc contrattuali — Rottura ingiustiii cata — Responsabilitä — Ineompetenza del fun

zionario ehe eondusse le trattative — Irrilevanza — Limiti — Fattispeeie (Cod. civ., art. 1337).

Sentenza in materia civile — Responsabilitä precon trattuale — Condanna generica — Ammissibi

litä (Cod. civ., art. 1337, 1338 ; eod. proe. civ., art. 278).

Alla responsabilitä per V ingiustificata rottura delle trattative

contrattuali, ehe, per la loro serietä e concludenza, abbiano

fatto sorgere nella controparte una ragionevole fidueia nella stipulazione del contratto, e soggetta anehe la pub bliea Amministrazione. (1)

La responsabilitä della pubbliea Amministrazione per Vin

giustificata rottura delle trattative contrattuali sussiste anehe quando queste siano state condotte da un funzio nario non competente alla stipulazione del contratto

{nella specie, dal direttore generale anzichh dal presi dente delVIstituto nazionale delle assicurazioni), purche I'esplicazione del comportamento dannoso costituisca for malmente Vesereizio delle funzioni proprie dell'ujficio, cui il funzionario medesimo b preposto. (2)

(1-2) Con la presente sentenza la Suprema corte ha per ]a prima volta risolto in senso affermativo il problenia della responsabilitä della pubbliea Amministrazione per 1'ingiusti ficata rottura delle trattative contrattuali, dichiarando di ispi rarsi alla ratio dedicendi giit espressa da Cass. 12 luglio 1961, n. 1675 (Foro it., 1962, I, 96, con nota di richiami, e 1165, con nota di Bigliazzi-Geri : sentenza annotata anehe da Ca tuea.ni, in Temi nap., 1961, 1, 302), ehe ha ritenuto responsabile, a norma dell'art. 1338, la pubbliea Amministrazione i cui fun zionari, violando le regole della correttezza, avevano sottaciuto all'altra parte le cause d'invaliditä del contratto, e da Cass. 9 gen naio 1961, n. 21 (Foro it., 1961, I, 449, con note di Coletti e Ni gro, pubblicata insierne a Cass. 15 novembre 1960, n. 3042, di difforme orientamento), ehe ha ritenuto responsabile, a norma dell'art. 1358, la pubbliea Amministrazione contraente, ehe, per dolo o colpa, non aveva fatto quanto possibile perchž la autoritä. competente ad approvare il contratto esercitasse il previsto controllo. Va notato, perõ, ehe 1'attuale affermazione di principio resta alquanto sminuita dal fatto ehe, nella specie, la parte pubbliea era costituita da un ente ehe opera in regime di diritto privato (1'Istituto naz. delle assicurazioni), e,come taie, non soltanto svolge la sua attivitä contrattuale senza preventive autorizzazioni, o successivi controlli di organi tutori, come la sentenza pur mette in rilievo, ma soprattutto non presenta la interferenza, altrimenti costante, tra valutazione amministra tiva discrezionale e liberty di determinazione contrattuale nel limite del principio di buona fede : il ehe rimuove buona parte degli ostacoli sulla via ehe conduce ad un'affermazione di re

sponsabilitä ex art, 1337.

Andke in tema di responsabilitä precontrattuale e consentito

scindere Vaccertamento relativo älVan da quello relativo

ai quantum debeatur. (3)

In precedenza, la responsabilitä della pubblica Amministra zione per la rottura ingiustificata delle trattative era stata affer mata solo da Trib. Lecco 6 luglio 1961, Foro it., Rep. 1962, voce Amministrazione dello Stato, n. 103 (sentenza annotata da Di Sal

vo, in Giust. civ., 1962, I, 397 ; e da Benatti, in Foro pad., 1962, I, 1358). In senso contrario si era espressa la Suprema corte con le sentenze 13 luglio 1960, n. 1897, Foro it., Rep. 1960, voce cit., n. 167 (ricordata dalla sentenza in epigrafe) e 12 luglio 1951, n. i912, id., Rep. 1951, voce cit., n. 98, trovando concordi, fra i giudici di merito : App. Firenze 24 luglio 1952, id., Rep. 1952, voce cit.. n. 96 ; Trib. Lecce 24 febbraio 1960, id., Rep. 1960, voce cit,, n. 169 (e Rep. 1961, voce cit., n. 138, con la diversa data del 26

gennaio 1960) ; Trib. Potenza 5 luglio 1962, id., Rep. 1962, voce cit., n. 104. In posizione incerta Trib. Napoli 27 gennaio 1950

(id., Rep. 1951, voce cit., n. 99), che nega in principio la respon sabilitä, della pubblica Amministrazione per culpa in contrahendi, m,a l'ammette nel caso cli «violazione di una precisa norma di

legge * (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 1960, n. 676, id.. Rep. 1960, voce cit., n. 170).

In argomento v. pure De Taranto, in Corriere amm., 1955, 400.

Per la massima generale, per cui ehi sospende o interrompe ingiustificatamente le trattative contrattuali, dopo aver fatto sorgere nell'altra parte una ragionevole fiducia nella conclusione del contratto, e tenuto al risarcimento nel limite del c. d. inte resse negativo, vedi Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Foro it., Rep. 1962, voce Obbligazioni e contratti, n. 105 ; App. Trieste 17 no verabre 1961 e Trib. Napoli 5 agosto 1961, ibid., nn. 103, 104, 109 ; Trib. Messina 16 agosto 1961 e Trib. Lecce 26 gennaio 1960, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 140, 141, 144 ; Cass. 4 aprile 1960, n. 759, Trib. Roma 11 febbraio 1960 ed il giä, cit. Trib. Lecce (con la data del 24 febbraio 1960), id., Rep. 1960, voce cit., nn. 110-112 ; App. Palermo 6 novembre 1957 e Pret. Mes sina 18 aprile 1957, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 70-73, 77 (la ultima sentenza e annotata da La Torre, in Giur. sic., 1959, 1055) ; Cass. 9 maggio 1958, n. 1539, e App. Milano 20 giugno 1958, Foro it., Rep. 1958, voce cit., nn. 95, 96 ; Cass. 9 dicembre 1957, n. 4619, App. Napoli 21 maggio 1957 e App. Lecce 12 gen naio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 92, 93, 98-100 ; Cass. 9 giugno 1956, n. 1997, e App. Catania 25 gennaio 1956, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 114, 123 ; Cass. 28 marzo 1955, n. 923, id., 1955, I, 812, con nota di richiami. Cfr. anche Cass. 5 maggio 1955, n. 1259, e Trib. Roma 24 gennaio 1955, id., 1956, I, 375.

Nei termini della seconda massima non si rinvengono pre cedenti. II principio afferm^to, nella sua formulazione, £ tutto altro che chiaro, non comprendendosi come, se la conclusione del contratto «supera la sfera di competenza dell'organo » che condusse le trattative (il quale, quindi, era sfornito di potere anche per le trattative medesime se in queste non vengano com presi i m^ri contatti introduttivi con chi aspira al contratto con l'ente pubblico), il «comportamento dannoso », cio& l'interru zione ingiustificata dflle trattative, possa costituire «esercizio d~lle funzioni proprie dell'ufficio cui il funzionario e preposto » ; n6 porta chiarimento il considerare che «l'osservanza delle norme di competenza e condizione di legittimitä, dell'atto o del compor tamento dell'Amministrazione, e non della semplice riferibilita all'Amministrazione dell'atto o del comportamento dannoso di un suo organo », perche qui l'incompetenza deH'organo non viene in questione in quanto, costituendo violazione di una norma cosiddetta d'azione, giustifichi la tutela di un interesse legittimo del privato leso dall'atto o dal comportamento di cui si discute (la rottura ingiustificata delle trattative non sarebbe meno illegittima, anzi meno illecita, se fosse opera dell'organo competente), ma, al contrario, in quanto, nei rapporti col pri vato che partecipa alle trattative, rende il suo interesse non me ritevole di protezione, giacch& non & ragionevole ne plausibile l'affidamento che prenda origine da trattative condotte con chi non ha il potere di vincolare contrattualmente l'ente pubblico. La sentenza, col qualificare come extracontrattuale la responsa bilitä, derivante dall'ingiustificata rottura delle trattative, e col ricavarne il corollario dell'irrilevanza dell'eventuale incompetenza dell'organo che mise in atto il comportamento dannoso, non af ferra il bandolo della matassa, perche le sfugge che il « compor tamento dannoso » suppone l'idoneita delle trattative a.sfociare nella conclusione del contratto, e quell'idoneitit suppone, a sua volta, la competenza dell'organo che condusse le trattative.

In dottrina, cons., da ultimo, M. S. Giannini, in Studi in onore di A. C. Jemolo, 1963, III, pag. 263.

A. L.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La Corte, ecc. — (Omissis). Dove prendersi in conside

razione il ricorso dell'I.n.a. e, congiuntamente, il primo ed

il terzo dei motivi con esso dedotti per la connessione delle

questioni giuridiche prospettate. Con tali motivi, denunciandosi la violazione e la falsa

applicazione degli art. 1337, 1571, 1615, 2561, 2562 cod.

civ., 116 cod. proc. civ., 8, n. 12, r. decreto legge 29

aprilc 1923 n. 966 (disposizioni sull'esercizio delle assicu

razioni private), r. decreto 20 maggio 1926 n. 933 (statuto

organico dell'I.n.a.), r. decreto 4 gennaio 1925 n. 63 (reg.

per l'esecuzione del r. decreto legge n. 966 del 1923), 21

e 25 legge 29 dicembre 1929 n. 958 (disposizioni per la

oinematografia), nonclie l'insufficiente e contraddittoria

motivazione circa punti decisivi della controversia, si

sostiene eke :

a) in relazione alla natura di ente pubblico dell'I.n.a., non avrebbe potuto configurarsi una sua responsabilitä per rottura ingiustificata di trattative contrattuali;

ft) l'impugnata sentenza, dopo avere escluso la esi

stenza di un vincolo contrattuale tra l'l.n.a. e la Ci.te.co., avrebbe ritenuto la responsabilitä precontrattuale dell'Isti

tuto, pur ammettendo clie esso si era detto soltanto disposto ad entrare in trattative con la Ci.te.co., ovvero aveva pro

posto di entrare in trattative ;

c) la stessa sentenza, dopo avere rilevato clie il com

portamento dell'I.n.a., quale risultava dal verbale di

adunanza del Consiglio di amministrazione in data 24 set

tembre 1953, era stato determinato dal timore clie la Ci.te.co.

potesse vantare un diritto di opzione nei suoi confronti, e dopo avere escluso l'esistenza di un tale diritto, avrebbe

contraddittoriamente desunto la prova della consapevo lezza dell'Istituto di essere venuto meno agli«impegni» assunti con la Societä dal verbale medesimo, pur ricono

scendo che di questi «impegni » era inesistente il presup

posto, cioö il diritto di opzione ;

d) la sentenza non avrebbe considerato che nessun

affidamento sulla conclusione del contratto legittimamente

conseguiva dalle dichiarazioni rese alia Ci.te.co. dal diret

tore dell'I.n.a., perche costui non poteva impegnare l'lsti

tuto, in considerazione delle norme che ne regolano la

eompetenza istituzionale ; inoltre, nessuna rilevanza avrebbe

potuto attribuirsi alia diversa opinione espressa nel ri

cordato verbale 24 settembre 1953 circa la prassi nota ai

terzi, secondo la quale il direttore generale vincolava

l'lstituto «nei rapporti di locazione », anche perchö, nella

specie, il rapporto da concludersi avrebbe dovuto defi

nirsi, anziche come locazione di immobile ad uso di cine

matografo, come affitto di azienda cinematografica ;

e) la sentenza sarebbe incorsa in contraddizione per avere minimizzato dapprima l'importanza dell'affare (con tratto da concludersi), allorche ha esaminato se la sua

conclusione rientrava nei poteri del direttore generale, e

sottolineando poi la rilevanza economica dello stesso

affare, condannando l'l.n.a. al risarcimento dei danni,

cioe riconoscendo 1'idoneitä, del fatto denunciato a pro

durre danni risarcibili;

/) infine la sentenza avrebbe erroneamente svalutato

la rilevanza da attribuire al nulla-osta ministeriale alia

costruzione e all'apertura di sale cinematografiche.

(3) Non risultano precedenti sulla questione oggetto della

massima. Sulla questione, non dibattuta dalla sentenza, se la con

danna generica põssa essere pronunciata anche contro la

pubblica Amministrazione, vedi Trib. Napoli 28 aprile 1953, Foro it., 1953, I, 1027. Sulla questione, brevemente toccata nella

motivazione, della scindibilitä, ad istanza dell'attore, della pro nuncia sull'an dalla pronuncia sul quantum, nel corso del processo

originariamente unico, quando il convenuto, pur non prestando

adesione, non si opponga a tale istanza, vedi in senso favorevole :

Cass. 27 gennaio, 9 agosto e 29 ottobre 1962, nn. 168, 2478 e 3078,

App. Cagliari 12 dicembre 1961, id., Rep. 1962, voce Sentenza

civ., nn. 171, 178, 179, 184 ; Cass. 15 giugno 1961, n. 1391, 6

agosto 1960, n. 2334, 25 novembre 1961, n. 2729, id., Rep. 1961,

voce cit., nn. 100-102 ; 11 novembre I960, n. 3018, id., 1961,

I, 213 ; nel senso, invece, che occorra l'accordo del convenuto,

Cass. 23 gennaio 1961, n. 99, ibid., 212.

I motivi devono essere disattesi.

Infatti, il principio, giusta il quale, in tema di_conclu sione di contratti iure privatorum da parte della pubblica

Amministrazione, l'aspettativa del privato, nella fase

precontrattuale, e meramente di fatto, con la conseguenza ehe non potrebbe attribuirsi all'Amministrazione una re

sponsabilitä per culpa in contrahendi) ex art. 1377 cod.

civ., õ stato talora affermato da questa Corte suprema

(v. sent. 13 luglio 1960, n. 1897, Foro it., Rep. 1960, voce

Amministrazione dello Stato, n. 167) sul riflesso che l'Am

ministrazione, nel determinarsi a contrattare, userebbe

di un libero potere discrezionale, e, finche il contratto non

sia stato approvato dagli organi all'uopo preposti, potrebbe

sempre annullare ogni trattativa, per quanto il privato avesse giä prestato il suo consenso e giä si fosse obbligato.

Ma questa stessa Corte ba pure, in altre occasioni,

ritenuto l'esistenza dell'obbligo dell'Amministrazione di

comportarsi secondo buona fede nel perseguire l'efficacia

del contratto, talche, quando, per dolo o colpa, non abbia

fatto ciõ che le era possibile perche tale efficacia fosse

raggiunta con l'emanazione da parte dell'autorita di con

trollo delle necessarie approvazioni, essa sarebbe tenuta al

risarcimento dei danni verso il privato, avendo violato

l'obbligo impostole dall'art. 1358 cod. civ. (v. sent. 9 gen naio 1961, n. 21, Foro it., 1961, I, 449) ; e, piu in generale, ha ritenuto che non põssa escludersi la responsabilitä delPAmministrazione per culpa in contrahendo, se gli or

gani, che per essa agirono nella fase delle trattative, non

osservarono quelle norme di lealtä e di correttezza, alle

quali tutti i contraenti debbono uniformarsi (v. sent. Sez.

un. 12 luglio 1961, n. 1675, id., 1962, I, 96 e 1165).

Questo ultimo indirizzo sembra doversi condividere,

da un lato, perchõ l'art. 1337 cod. civ. sancisce un prin

cipio generale, che informa tutto l'ordinamento giuridico ed al cui impero anche la pubblica Amministrazione deve

sottostare quando intraprende iniziative contrattuali di

carattere privatistico, configurandosi la responsabilitä in

contrahendo come extracontrattuale ed essendo anche l'Am

ministrazione tenuta all'osservanza di quei doveri primari,

che, in definitiva, trovano la loro fonte nell'art. 2043 cod.

civ. ; e, dall'altro lato, perche non appare esatto il rilievo

che, par accertare la culpa in contrahendo dell'Amministra

zione, il giudice dovrebbe giudicare la correttezza o meno

del suo comportamento, cioe se l'organo amministrativo,

che ha condotto le trattative, si sia comportato da corretto

amministratore (sindacato inammissibile perche involge l'esame di questioni amministrative), dovendo invece rite

nersi che l'indagine del giudice ricada su di un momento

successivo, e precisamente sul punto se nel comportamento,

conseguito all'apprezzamento del pubblico bisogno o ad

esso afferente, 1'Amministrazione si sia condotta da cor

retta contraente o abbia violato il principio posto dal

l'art. 1337.

Nel caso di specie, poi, la stessa giurisprudenza piu

rigorosa non appare invocata a proposito, perche ne la

determinazione a contrattare dell'I.n.a. era soggetta a

preventive approvazioni, ne il contratto concluso doveva

sottostare, per la sua efficacia, a successivi controlli di

organi tutori, onde la determinazione anzidetta, una volta

manifestatasi, ricadeva sotto la disciplina dei principi

generali che regolano i contratti di diritto privato, incluso

quello dettato dall'art. 1337.

Si obietta tuttavia, come si e accennato, che nessun

affidamento sulla conclusione del contratto poteva con

seguire dalle dichiarazioni rese alia Ci.te.co. dal direttore

generale dell'I.n.a., il quale, in base alle norme di compe

tenza che regolano la distribuzione delle varie funzioni

amministrative tra gli organi dell'Istituto, non poteva,

in relazione al contratto, impegnare l'lstituto stesso nei

confronti dei terzi.

Ma, a parte il rilievo di fatto, contenuto nell'impugnata

sentenza, secondo il quale, per prassi costante nota ai

terzi, il direttore generale estendeva la sua competenza alia conclusione di contratti di locazione (come doveva

qualificarsi quello che le parti avrebbero dovuto stipulare) ed a fortiori alio svolgimento delle trattative per la con

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1703 PARTE PRIMA 1704

clusione di contratti di questo tipo, vale uella specie osser

vare ehe, essendo la responsabilita per culpa in contrahendi)

di natura extracontrattuale, dell'illeeito compiuto dal diret

tore generale, eol recesso ingiustificato dalle trattative,

risponde l'lstituto a titolo di responsabilita diretta, qualora

sussista, com'e ineontestato, il rapporto organico tra la

persona fisica del funzionario (direttore generale) e la

pubblica Amministrazione (Istituto), e l'esplieazione del

comportamento dannoso costituisca formalmente l'eser

cizio delle funzioni proprie dell'ufficio, cui il funzionario e

preposto, anche se poi, in effetti, superi la sfera di compe tenza dell'organo, perche l'osservanza delle norme di com

petenza e eondizione di legittimita dell'atto o del eompor tamento dell'Amministrazione, e non della semplice rife

ribilitä airAmministrazione dell'atto o del comportamento dannoso di un suo organo.

Si assume, anche, dall'I.n.a. la contraddittorietä della

motivazione della sentenza denunciata, sotto il profilo

che, esclusa l'esistenza di un vincolo contrattuale con la

Ci.te.co., non poteva affermarsi la responsabilita precon trattuale dell'Istituto per essersi questo dichiarato disposto ad entrare in trattative.

La Corte di merito, si sostiene, non avrebbe avuto

un'esatta nozione delle trattative e della loro rottura in

giustificata, come fonte di responsabilita, nozione che risul

terebbe invece dal coordinamento della norma dell'art. 1337

cod. civ. con quel la dell'art. 1328 ; ed avrebbe desunto

la prova della consapevolezza dell'Istituto di essere venuto

meno agli «impegni» assunti con la Societä dal verbale

del Consiglio di amministrazione in data 24 settembre

1953, mentre nel verbale era erroneamente presupposto un diritto di opzione a favore della Societä, di cui la stessa

Corte aveva escluso l'esistenza.

Le censure non hanno pregio.

Infatti, la responsabilitä precontrattuale, ai sensi del

l'art. 1337 cod. civ., puõ concepirsi tanto in relazione al

processo formativo del contratto, quanto in relazione alle

semplici trattative, considerate come qualcosa di diverso

da esso, e cioe come quella fase anteriore in cui le parti si limitano a manifestare la loro tendenza verso la stipu lazione del contratto, senza ancora porre in essere alcuno

di quegli atti di proposta e di accettazione, che integrano il vero e proprio processo formativo.

Se lo svolgimento delle trattative e, per serietä e con

cludenza, tale da determinare un affidamento nella stipu lazione del contratto, quella delle parti che ne receda

senza giusta causa, volontariamente violando l'obbligo di

comportarsi secondo buona fede, e tenuta al risarcimento

dei danni nei limiti deH'interesse negativo. Una diversa nozione delle trattative e della loro rot

tura ingiustificata, quale fonte di responsabilita, non ap

pare accettabile alia luce di quanto si 6 detto ; e soprattutto erroneo 6 l'argomento che si vorrebbe trarre dal raffronto

dell'art. 1337 con l'art. 1328, per indurne che la libertä

indiscriminata della revoca della proposta convaliderebbe

a maiori la libertä altrettanto indiscriminata del recesso

dalle trattative, salvo che la parte le abbia intraprese col preordinato proposito di recederne arbitrariamente.

L'art. 1328 prevede, infatti, un caso specifico di respon sabilita precontrattuale, ma la responsabilita del revocante

dipende dal solo fatto della revoca (e della buona fede

dell'accettante che dä inizio all'esecuzione), a prescindere dal suo stato di buona o mala fede ; laddove per l'art. 1337

la responsabilita del recedente dipende dalla violazione

dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede, talche e

necessario dimostrare codesta violazione, qualificata sotto

l'aspetto del dolo o anche soltanto della colpa. Nel caso di specie, la Corte di merito, dopo avere esat

tamente inquadrato le trattative nel senso sopra delineato

ed avere correttamente definito il concetto di comporta mento di buona fede, ha desunto dalla corrispondenza che le parti si scambiarono la prova che le trattative erano

intervenute con caratteri tali da determinare nella Ci.te.co.

un legittimo affidamento, e che il recesso da parte dell'I.n.a.

(determinato dall'mtento di favorire un terzo, muuito

di irresistibili commendatizie, r ttraverso una pseudo-gara.

di cui, preordinatamente, vincitore doveva risultare non il

miglior offerente, ma il terzo favorito) violava 1'obbligo

sancito dall'art. 1337.

La decisione si sottrae, pertanto, alle censure in esame

sia sotto il profilo giuridico sia sotto quello di fatto, in

sindacabile in questa sede.

E se pure la Corte e caduta in alcune inesattezze ter

minologiclie, contro le quali si appuntano le argomentazioni deH'I.n.a. (come quando si e riferita agli «impegni » as

sunti dall'Istituto verso la Societä e clie sarebbero rimasti

inadempiuti, intendendo per «impegni» la violazione, da

parte dell'Istituto, dell'obbligo di comportarsi secondo

buona fede), non e meno vero clie codeste inesattezze

si sono dimostrate irrilevanti ai fini della decisione ; mentre

il verbale 24 settembre 1953 del Consiglio di amministra

zione b servito alia Corte come fonte parziale del suo con

vincimento, per la parte, cio&, in cui, a note sin troppo

chiare, rivela i motivi del tutto arbitrari del recesso dalle

trattative, essendo, per il resto, evidente che, se le tratta

tive furono ingiustificatamente interrotte, le conseguenze sono quelle previste dall'art. 1337.

Osservato, poi, che di nessuna importanza era l'entita

economica del contratto che le parti avrebbero dovuto

concludere, in relazione sia alia competenza del direttore

generale dell'Istituto sia alle conseguenze dannose che

dall'arbitrario recesso sarebbero derivate per la Ci.te.co.,

perch&, a parte quanto si e detto, si tratta di valutazioni

espresse per fini diversi e nei confronti di parte (I.n.a. e

Ci.te.co), la cui capacitä patrimoniale e del pari diversa ;

ed osservato altresi che la sentenza impugnata ha, con ap

prezzamento di fatto, non sindacabile in questa sede,

ritenuto esistente la certezza che, prima o poi, il nulla

osta della Presidenza del Consiglio dei ministri per la co

struzione e l'apertura del cinema-teatro sarebbe stato

concesso, deve passarsi all'esame del secondo motivo del

ricorso principale, con il quale, denunciandosi la violazione

e la falsa applicazione degli art. 1337 cod. civ. e 278 cod.

proc. civ., si sostiene che : a) disconoscendo il principio,

per cui il danno, in tema di responsabilita precontrattuale, deve essere effettivo e diretto, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente scisso l'accertamento della respon sabilita dalla liquidazione del danno ; b) la scissione del

giudizio sull'o/i dal giudizio sul quantum potrebbe veri

ficarsi soltanto su concorde istanza delle parti, mentre

nella specie sarebbe avvenuta non ostante che la Ci.te.co.

avesse con la citazione chiesto la condanna sull'a» e sul

quantum,, e l'l.n.a. non solo 11011 avesse prestato il suo con

senso, ma anzi avesse fatto oggetto l'illegittima scissione

di uno specifico motivo di appello. Anche queste censure non meritano accoglimento.

Infatti, come la sentenza impugnata ha esattamente

osservato, configurando la responsabilitä in contrahendi)

un caso di responsabilita extracontrattuale, non v'e ra

gione per non applicarle la regola che consente di scindere

l'accertamento della responsabilita dalla liquidazione del

danno, con la conseguenza della possibilitä di pronunziare, anche in ordine ad essa, una condanna generica, dalla

quale esula ogni accertamento relativo non soltanto alia

misura, ma alia stessa esistenza in concreto di un danno

risarcibile.

Quanto poi all'avvenuta scissione dell'am dal quantum, v'e da rilevare che, se nell'atto introduttivo del giudizio la Ci.te.co aveva chiesto la determinazione del danno, nelle conclusioni formulate in sede di precisazione e pre messe alia sentenza di primo grado chiese invece la separa -

zione, e che l'l.n.a. non si oppose, implicitamente aderen

dovi, tanto che, contrariamente a quanto ora assume, non ne fece oggetto di motivo di appello, riferendosi il

motivo cui si richiama (l'ottavo) alia diversa questione sopra accennata delle caratteristiche del danno in materia di

responsabilita precontrattuale.

Rigettandosi entrambi i ricorsi, i ricorrenti, principale ed incidentale, devono essere condannati alia perdita dei

rispettivi depositi, mentre l'esito della lite giustifica la

totale compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

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