sezione III civile; sentenza 29 maggio 1996, n. 4991; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Lo Cascio...

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sezione III civile; sentenza 29 maggio 1996, n. 4991; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Lo Cascio (concl. diff.); Mormile Troiano e altri (Avv. E. M. Liguori) c. Soc. Meie Assicuratrice (Avv. Lais). Conferma App. Napoli 16 ottobre 1992 Author(s): Roberto Caso Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 3107/3108-3123/3124 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191120 . Accessed: 24/06/2014 21:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 21:29:12 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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sezione III civile; sentenza 29 maggio 1996, n. 4991; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. LoCascio (concl. diff.); Mormile Troiano e altri (Avv. E. M. Liguori) c. Soc. Meie Assicuratrice(Avv. Lais). Conferma App. Napoli 16 ottobre 1992Author(s): Roberto CasoSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 10 (OTTOBRE 1996), pp. 3107/3108-3123/3124Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191120 .

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3107 PARTE PRIMA 3108

tore e portò all'inserimento, nel testo definitivo approvato dal

senato, di una disposizione (art. 96) specificamente rivolta alle

modifiche dell'atto costitutivo.

Né, infine, può sostenersi che, se l'omologazione viene nega

ta, la modifica conserva la propria efficacia solo nei rapporti tra soci e società, in quanto la modificazione, specie quando abbia ad oggetto un elemento come il capitale, non può non

operare al tempo stesso sia all'interno che all'esterno della società.

Le premesse da cui muove la sentenza impugnata e le conclu

sioni cui la stessa è pervenuta sono quindi certamente errate:

il motivo di gravame, come si è già anticipato, deve essere quin di accolto.

4. - Non meno fondato è il secondo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano violazione e falsa interpretazione «dei

principi dell'affidamento e della condizione del contratto (art. 1353 ss. c.c.) e della trascrizione (art. 2643 ss. c.c.)», censuran

do la sentenza impugnata per non aver considerato che la tra

scrizione era condizionata alla omologazione della delibera di

aumento e che, pertanto, fino a quando quest'ultima non fosse

intervenuta, era inidonea a fondare una legittima aspettativa dei terzi circa l'appartenenza dei beni alla società.

Invero, una volta chiarito che l'efficacia della delibera era

(sospensivamente o, quanto meno, risolutivamente) condiziona

ta all'omologazione, appare evidente che la sua trascrizione avreb

be dovuto far menzione della condizione (art. 2659, 2° comma,

c.c.) e che l'eventuale omissione di tale formalità non avrebbe

reso l'acquisto definitivo, posto che, nel caso di specie, la con

dizione non era posta a tutela di un interesse particolare delle

parti, ma si configurava come un vero e proprio limite dell'au

tonomia privata, la cui salvaguardia — come è stato esattamen

te notato — non poteva quindi dipendere dall'osservanza di un

onere da parte di soggetti che di quell'interesse non avevano

il potere di disporre. 5. - Il ricorso deve essere quindi integralmente accolto e l'im

pugnata sentenza cassata con rinvio della causa ad altra sezione

della Corte d'appello di Firenze, che si atterrà ai principi pun tualizzati nei §§ 3.3, 3.4 e 4.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 29 mag

gio 1996, n. 4991; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Lo

Cascio (conci, diff.); Mormile Troiano e altri (Avv. E. M.

Liguori) c. Soc. Meie Assicuratrice (Avv. Lais). Conferma

App. Napoli 16 ottobre 1992.

Danni in materia civile — Lesioni mortali — Danno biologico — Morte quasi immediata — Risarcimento «iure hereditatis» — Inammissibilità (Cod. civ., art. 2043).

Nel caso in cui da un fatto illecito sia derivata immediatamente

o quasi la morte del soggetto leso, va esclusa la sussistenza in capo al de cuius di un diritto, trasmissibile agli eredi, al

risarcimento del danno biologico, inteso come perdita di quelle utilità nella condotta dell'esistenza che fanno capo all'indivi

duo nel modo preesistente al fatto dannoso e che devono es sere compensate con utilità economiche equivalenti alle mino

razioni subite. (1)

(1-2) Sulla risarcibilità iure hereditaria del danno biologico in caso di lesioni mortali, v. Cass. 27 dicembre 1994, n. 11169, Foro it., 1995, I, 1852, con nota di R. Caso, La Cassazione, la macchina del tempo e la risarcibilità «iure hereditario» del danno (biologico) da lesioni mor tali, ivi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, cui adde, da ultimo, in giurisprudenza, Trib. Trento 19 maggio 1995, Resp. civ., 1995, 787, con nota di G. Comande, e Nuova giur. civ., 1995, 1017, con nota

Il Foro Italiano — 1996.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 no

vembre 1995, n. 12299; Pres. Giuliano, Est. Marletta, P.M.

Delli Priscoli (conci, conf.); Ceruti (Avv. Gulotta, Liguo

ri, Rasoio) c. Fondo di garanzia vittime della strada (Avv.

Laurenti). Conferma App. Napoli 30 marzo 1992.

Danni in materia civile — Lesioni mortali — Danno biologico — Morte non immediata — Risarcimento «iure hereditatis» — Ammissibilità — Limiti (Cod. civ., art. 2043).

Nel caso in cui da un fatto illecito sia derivata dopo un lasso

di tempo, anche breve (nella specie, pochi giorni), la morte

de! soggetto leso, è configurabile soltanto per tale lasso di

tempo una lesione della salute dell'offeso, per cui gli eredi

di quest'ultimo possono far valere iure hereditatis, nei con

fronti dei responsabili dell'illecito, il diritto di risarcimento

del danno biologico sofferto dal de cuius nel periodo che va

dal momento della lesione a quello della morte. (2)

di M. Vita De Giorgi, Il risarcimento dei danni da morte dopo la sentenza 372/94 della Corte costituzionale', Trib. Firenze 10 dicembre

1994, Resp. civ., 1995, 169, con nota di G. Giannini, Lesioni mortali e danno biologico dopo l'intervento delta Corte costituzionale; in dot

trina, a commento della citata Cass. 11169/94, A. Batà, Il danno bio

logico tra Corte costituzionale e Corte di cassazione, in Corriere giur., 1995, 3081; G. Ciacci, Brevi note in tema di danno biologico e di dan no biologico da morte, in Giust. civ., 1995, 3081; a commento della recente Corte cost. 27 ottobre 1994, n. 372 (Foro it., 1994, I, 3297, con nota di G. Ponzanelli, La Corte costituzionale e il danno da mor

te); G. S. Coco, La risarcibilità del danno biologico nella giurispruden za della Corte costituzionale, in Giust. civ., 1995, I, 887; G. Gussoni, Il danno biologico da morte che non c'è e quello che c'è, se c'è, deve essere provato: riflessioni sulla sentenza delia Corte costituzionale n. 372 del 1994, in Assicurazioni, 1995, II, 49; P. Zmz, Danno biologico e morte della vittima: equivoci vecchi e nuovi, in Nuova giur. civ., 1995, I, 406; G. Giannini, Danno alle persone anno zero: qualche do manda alla Corte costituzionale, in Resp. civ., 1995, 281; A. Janna

relli, Il sistema della responsabilità civile proposto dalia Corte costitu zionale ed i problemi che ne derivano, in Giur. it., 1995, I, 406; C.

Amato, Il nuovo cammino del danno biologico da morte: il trauma

affettivo è un danno non patrimoniale, in Giur. costit., 1994, III, 4127; C. De Marco, La metamorfosi del danno biologico, in Assicurazioni, 1995, II, 117.

Esplicitamente si discostano dalla pronuncia della Consulta: Trib. Na

poli 16 gennaio 1995 e Trib. Treviso 27 dicembre 1994, Resp. civ., 1995, 616, entrambe con nota di F. Casella, Le sentenze interpretative di

rigetto della Corte costituzionale: la loro efficacia nei giudizi successivi e il limite al diritto vivente.

Ulteriori riferimenti attinenti al problema della risarcibilità iure here ditatis del danno biologico da lesioni mortali si rinvengono nel com mento di R. Caso che segue.

Per la risarcibilità del danno non patrimoniale in caso di morte non immediata, si veda, da ultimo, Cass. 6 ottobre 1994, n. 8177, Foro it., 1995, I, 1852, con nota di R. Caso, cit., riprodotta anche in Giur. it., 1995, I, 1534, con nota di G. Citarella, Stato di coma e danno morale, e in Resp. civ., 1995, 309, con nota di E. Pellecchia, In mar gine a Cassazione 8177/94 sulla rilevanza della qualità del «de cuius» nella determiazione del danno morale «iure proprio» ai congiunti e alla loro legittimazione anche «iure hereditario» in ipotesi di decesso non immediato-, nonché Trib. Trento 19 maggio 1995, cit.

La motivazione della più recente delle sentenze in epigrafe affronta di sfuggita — tanto che il passaggio risulta di difficile massimazione — il diverso profilo della risarcibilità iure proprio del danno biologico e, in particolare, la necessità della sua prova. Si esprimono, da ultimo, a favore della necessità della prova, Trib. Trento 19 maggio 1995, cit.; App. Milano 11 ottobre 1994, Nuova giur. civ., 1995, I, 490, con nota di D. Chidemi, Sulla prova del danno da morte «iure proprio»; App. Milano 5 luglio 1994, e Trib. Latina 1° agosto 1994, Giur. it., 1995, I, 2, 426, con nota di V. Montaruli, Morte di un congiunto e danno biologico-, contra, nel senso che non vi è bisogno di prova specifica, v. Trib. Milano 1° febbraio 1993, Foro it., 1994, I, 1954, con nota di L. Salme, quest'ultima si legge anche in Corriere giur., 1994, 115; Resp. civ., 1993, 1009, con nota di G. Giannini, Lesioni mortali, dan no biologico e danno psichico, e Assicurazioni, 1994, II, 2, 69, con nota dì G. Gussoni, Diritto, retorica e danno biologico da morte: ec cessi del ragionamento problematico e confusioni concettuali, Riv. it. medicina legale, 1994, 513, con nota di V. Fineschi, Ancora una vitti ma secondaria del danno biologico da morte: la c.t. medico legale, in Dir. famiglia, 1994, 657, con nota di M. Dogliotti, Vita, morte e mi racoli del danno biologico; Nuova giur. civ., 1994, I, 680, con nota di R. De Matteis, Il cosiddetto danno biologico da morte come lesione

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Svolgimento del processo. — 1. - Il giorno 31 dicembre 1973, a seguito di lesioni riportate in un incidente stradale provocato da Giuseppe D'Ambrosio, è deceduto Sossio Mormile, genitore

degli allora minori Giuseppe, Giovanni, Carmela, Carmine e

Vincenzo Mormile.

Con atto di citazione del 18 marzo 1982, Francesco Troiano

ed Elvira Iovino, genitori adottivi dei minori Giuseppe e Car

mela Mormile Troiano, hanno convenuto in giudizio davanti

al Tribunale di Napoli Giuseppe D'Ambrosio e la Compagnia di assicurazioni Meie, chiedendone la condanna al risarcimento

dei danni subiti nella misura che avrebbero specificato in corso

di causa.

Gli attori hano dichiarato: — che la responsabilità del D'Ambrosio era stata accertata

di un diritto riflesso, in Assicurazioni, 1994, II, 137, con nota di F.

Sposato, L'ordinanza del Tribunale di Firenze di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e risarcimento del danno biologico da morte, e Dir. ed economia assicuraz., 1994, 545, con nota di G. Facci, Il risarcimento del danno biologico ai sopravvissuti.

In dottrina, sulla necessità della prova del danno biologico iure pro prio, si veda: M. Giambelli Gallotti, Ancora sul danno biologico da

uccisione, nota alla sentenza Trib. Pavia 3 gennaio 1992, in Giur. meri

to, 1994, 82 e C. De Marco, Evoluzione giurisprudenziale del danno

biologico: ultimo atto!, in Assicuzioni, 1995, I, 25.

La Suprema corte si è, peraltro, recentemente pronunciata sul parti colare risvolto della limitazione del risarcimento del danno patrimoniale per la morte del coniuge richiesto iure proprio dal coniuge superstite

passato a seconde nozze, v. Cass. 4 gennaio 1996, n. 25, Foro it., Mass.,

2, per esteso in Danno e responsabilità, 1996, 463, con commento di G. Ferrando, secondo la quale: «i danni direttamente connessi alla

morte del coniuge sono danni futuri apprezzabili anche con criteri equi tativi e congetturali, sicché, ai fini della valutazione della loro concreta

persistenza, non può non tenersi conto delle nuove nozze contratte dal

coniuge superstite, per i possibili effetti limitativi del danno che tale

fatto nuovo comporta; in siffatta ipotesi spetta al giudice del merito

determinare in concreto se e quali pregiudizi, cagionati dal fatto illeci

to, le nuove nozze abbiano eliminato con giudizio sindacabile in sede

di legittimità solo in presenza di vizi di motivazione». In generale sul danno da uccisione, si veda: F. D. Busnelli, M. Bra

gagna, La valutazione del danno alla salute, Padova, 1995, AA.VV., Il danno biologico, patrimoniale e morale, Milano, 1995, C. Bretzel, Le nuove frontiere del danno risarcibile, in Resp. civ., 1995, 641.

Infine, vai la pena di segnalare che recentemente la Consulta, con

l'ordinanza di manifesta infondatezza 22 luglio 1996, n. 293 (G.U., la s.s., n. 33 del 14 agosto 1996), ha respinto l'ultimo attacco all'art.

2059 c.c. (Trib. Bologna, ord. 13 giugno 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Danni civili, n. 162, per esteso in Corriere giur., 1995, 1093, con

nota di G. Ponzanelli, Un nuovo assalto alla cittadella dell'art. 2059

c.c.-, Giur. it., 1995, I, 2, 892, con nota di G. Comande, L'incostituzio nalità dell'art. 2059 c.c. tra necessità e moda; Resp. civ., 1995, 783, con osservazioni di G. Giannini, Danno alla persona anno zero: si co

mincia daccapo (a proposito dell'ordinanza Trib. Bologna 13 giugno

1995). [L. Ganz e S. De Vogli]

* * *

Le ultime pronunce di Cassazione in tema di risarcibilità «iure here ditario» del danno biologico da lesioni mortali: un difficile cammino

sulla strada della teorìa generale.

I. - È passato più di un anno da quando, su queste colonne, a margi ne di una striminzita pronuncia della Suprema corte, si discettava di

silenzi, sussurri e disinvolte navigazioni attraverso il tempo (1). Tutto

ciò per cercare la complicità del lettore su un auspicio (che ci sembrò) men che dissennato: assistere, in un futuro non troppo lontano, ad

(1) V. R. Caso, La Cassazione, la macchina del tempo e la risarcibi lità «iure hereditario» del danno (biologico) da lesioni mortali, nota a Cass. 27 dicembre 1994, n. 11169, Foro it., 1995, I, 1852, ivi indica zioni giurisprudenziali e dottrinali, cui adde i riferimenti contenuti nella

nota che precede questo commento, nonché Busnelli, Interessi della

persona e risarcimento del danno, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1996,

13; vai la pena anche di aggiungere, a mo' di curiosità, Cons. Stato, ad gen., 6 dicembre 1962, n. 1014, Cons. Stato, 1965, I, 805 e sez. IV 11 luglio 1972, n. 689, Foro it., Rep. 1972, voce Impiegato dello

Stato, n. 801, e Foro amm., 1972, I, 2, 903, che, nel caso di morte istantanea del dipendente pubblico, affermano la trasmissibilità ai suoi eredi dell'equo indennizzo nella misura massima.

Il Foro Italiano — 1996.

in sede penale e l'imputato era stato condannato al risarcimen

to dei danni da liquidarsi in separata sede civile; — che la compagnia di assicurazioni aveva provveduto al pa

gamento della sola provvisionale di lire 2 milioni liquidata in

sede penale. 2. - Costituitasi in giudizio, la compagnia di assicurazioni ha

resistito alla domanda ed ha dedotto di avere messo a disposi zione degli interessati, fin dal novembre 1980, il massimale di

polizza nel suo residuo ammontare e che gli interessati avevano

trascurato di esibire la documentazione richiesta per il pagamento. 3. - La domanda degli attori è stata accolta dal tribunale,

il quale ha adottato le seguenti decisioni: ha dichiarato la respo sabilità esclusiva di Giuseppe D'Ambrosio nella produzione del

l'evento di cui in causa; ha ritenuto che la compagnia di assicu

razione aveva malamente gestito il rapporto assicurativo con

il danneggiante; ha condannato la s.p.a. Meie al pagamento

un'operazione monofilattica degna di questo nome, ovvero ad un nuo vo intervento di legittimità che chiudesse le questioni (di teoria genera le) lasciate 'pilatescamente' aperte da Cass. 11169/94. Ebbene, l'auspi cio ha trovato (in parte) realizzazione, ma questo, purtroppo, non si

gnifica che il panorama sia stato sgombrato da dubbi, anzi . . . Quel che la pronuncia di fine 1994 diceva a denti stretti è stato fino ad oggi ribadito con voce stentorea da altre sei sentenze della terza sezione (2): in caso di lesioni mortali, agli eredi del soggetto ingiustamente leso spetta un diritto al risarcimento del danno biologico per la menomazione del diritto alla salute subito nell'apprezzabile lasso di tempo che separa le lesioni dalla morte; per converso, qualora la morte sia immediata o quasi, in capo al soggetto leso non sorge, e quindi non si trasmette ai suoi eredi, alcun diritto al risarcimento del danno biologico (3). Tra

queste sei sentenze, mosse con buona probabilità da una strategia co mune (4), le due in rassegna ci sono sembrate quelle che, con maggior coraggio, hanno smesso di navigare attraverso semplicistiche ricostru zioni di precedenti storici per tornare sulla terra ferma e mettersi sul

più complesso (ma più promettente) cammino della teoria generale. Al fine di comprendere appieno l'odierno sviluppo teorico della terza

sezione conviene tornare al catalogo di quesiti lasciati da Cass. 11169/94 senza (esauriente) risposta. In seguito, cercheremo di radiografare i passi salienti delle due sentenze interpolandovi, a pié di pagina, alcuni richia mi ed osservazioni. Solo dopo aver effettuato un tale esame sinottico — che vorrebbe consentire al lettore di cogliere le sfumature argomen tative —, proveremo a dimostrare come sussistano ancora i dubbi a cui accennavamo poc'anzi.

Ed allora, veniamo al catalogo dei quesiti. Nel nostro ordinamento

vige un principio generale di intrasmissibilità del diritto al risarcimento del danno biologico? Le lesioni mortali da fatto ingiusto producono un diritto al risarcimento del danno biologico? Se sì, sulla base di quali presupposti e in quale momento sorge il diritto al risarcimento? Cosa

s'inteqde per 'immediatezza' della morte e per 'apprezzabile lasso di

tempo'?

II. - Per rispondere a (parte di) tali quesiti il tandem di sentenze su riportato prende le mosse dalla individuazione di due tesi nettamente

contrapposte: una, che nega in radice la risarcibilità iure hereditaria sulla scorta del principio generale di intrasmissibilità del diritto al risar cimento del danno biologico quale diritto personalissimo, e l'altra, che riconosce l'insorgenza in capo al soggetto leso (e conseguentemente la

trasmissione ai suoi eredi) di un diritto al risarcimento del danno biolo

gico anche in caso di morte immediata (ed anzi concepisce, nella sua versione più coerente con le premesse, proprio in quest'ultimo caso la massima entità del risarcimento). Entrambe le pronunce, poi, preferi scono scegliere la 'terza via' (mediana) della distinzione tra lesioni (non risarcibili) che causano una morte immediata o quasi.

(2) Oltre alle sentenze in epigrafe, v., in ordine di apparizione: Cass. 2 marzo 1995, n. 2450, Foro it., Rep. 1995, voce Danni civili, n. 53; 29 settembre 1995, n. 10271, ibid., n. 168; 12 ottobre 1995, n. 10628, ibid., n. 169, queste ultime due sono leggibili per esteso in Arch, circo

laz., 1996, 291; 28 maggio 1996, n. 4910, Foro it., Mass., 454.

(3) Il principio, com'è noto, condensa il pensiero di Corte cost. 27 ottobre 1994, n. 372 (Foro it., 1994, I, 3297, con nota di G. Ponzanel

li, La Corte costituzionale e il danno da morte), che, a sua volta, si

presenta come il remake di un'antica giurisprudenza di legittimità in tema di danno patrimoniale e non patrimoniale (ma sul punto v. le

precisazioni di Caso, op. cit., 1855). (4) Le sei sentenze in parola sono dovute a diversi estensori, ma esi

ste un background che fa da sfondo nascosto all'orientamento della terza sezione. Si tratta della Relazione tematica di secondo livello, con

oggetto responsabilità civile, e danno biologico con particolare riguardo al danno biologico da morte, a cura dell'Ufficio del massimario e del ruolo della Corte suprema di cassazione, dattiloscritto del 22 febbraio

1995, spec. 94 ss.

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PARTE PRIMA 3112

in favore degli attori della somma di lire 15 milioni ciascuno

a titolo di risarcimento dei danni morali; ha rigettato la richie

sta di risarcimento dei danni patrimoniali, ritenendo che gli at

tori non avevano fornito la dimostrazione del lavoro svolto dal

genitore all'epoca dell'incidente.

Questa decisione, impugnata dai Mormile, è stata in parte riformata dalla Corte di appello di Napoli con sentenza 16 otto

bre 1992, la quale ha condannato la compagnia di assicurazioni

e Giuseppe D'Ambrosio, in solido, al pagamento in favore di

ciascuno degli appellanti della somma di oltre 18 milioni a tito

lo di danno morale.

La corte di appello, sui vari motivi dell'impugnazione, ha

ritenuto: — non configurabile il danno biologico dopo la morte del

danneggiato; — non risarcibile il danno patrimoniale, stante la mancanza

di allegazione e prova del reddito della vittima;

Per la sentenza più recente la soluzione, sostenuta da Cass. 20 dicem

bre 1988, n. 6938 (5), della intrasmissibilità assoluta del diritto al risar cimento del danno biologico agli eredi non può essere condivisa. «Deve essere condivisa, invece, la conclusione della trasmissibilità del danno

biologico, che tiene (però) ben distinto il bene salute (il quale colpisce chi sopravvive all'azione dannosa ed è una qualità della persona) dal bene vita (il quale non è perdita allo stesso modo di come lo è la meno mazione della salute). (. . .) La perdita della vita (. . .) impedisce che la lesione si rifletta in una perdita (sic\) e, in definintiva, in un danno alla persona». Non è possibile, quindi, mettere sullo stesso piano casi in cui tra malattia e morte intercorra una fase intermedia e casi in cui tale fase difetti, adducendo la loro sostanziale omogeneità e concluden do che «il fatto che la malattia sia più o meno significativa non incide sul se del danno ma sulla commisurazione della sua entità. In qeusto modo si vuole sostenere che ogni lesione determina sempre una meno mazione dell'equilibrio fisio-psichico della persona, la quale ne avverte il peso anche nelle fasi di apparente incoscienza e dura fino a quando dura la sua vita (6). Le utilità dell'individuo a condurre un'esistenza nello stesso modo preesistente al fatto dannoso sarebbero decrescenti con l'accorciarsi del periodo intercorrente tra l'evento lesivo e la morte, ma non si potrebbero annullare, pena una loro coincidenza con il bene

vita, che come si è visto è bene diverso (7). L'argomento è suggestivo ma non condivisibile (. . .)». Non è condivisibile per «la natura partico lare del danno biologico, per il quale non vale la regola che, verificatosi

l'evento, vi sia senz'altro un danno da risarcire (. . .) (8). Nel caso di lesioni cui sopravvenga quasi subito (sic!) la morte non è negabile la sofferenza del soggetto leso; che questa sofferenza si traduca in un dan no biologico è, invece, da negare. Infatti, se il risarcimento del danno

biologico deve reintegrare le utilità di vita dell'individuo, non si vede

quali utilità il soggetto leso può ricavare da un breve spazio di vita.

Naturalmente, il giudizio di apprezzabilità della durata della vita deve essere riservato al giudice del merito».

Cass. 12299/95 segue un iter argomentativo leggermente differente. In essa si afferma che la 'terza via' «appare la più conforme alla strut tura dell'illecito civile e ai principi informatori della responsabilità aqui liana (9). (. . .) Se si considera la lesione del diritto alla salute come il dato che conferisce il carattere di ingiustizia all'evento dannoso visto in sé, indipendentemente dalle conseguenze, è evidente che l'evento morte viene a porsi come conseguenza del fatto lesivo, anziché come elemento costitutivo di esso. Ed allora, appare inevitabile ritenere che il diritto al risarcimento del danno non può sorgere in capo al soggetto deceduto se non limitatamente ai danni verificatisi dal momento del fatto lesivo a quello del decesso, non essendo concepibile che per il periodo succes sivo tale fatto venga a produrre una perdita per un soggetto non più in vita. (. . .) Tale principio ha più volte trovato affermazione nella

(5) Cass. 20 dicembre 1988, n. 6938 (,Foro it., Rep. 1990, voce Danni

civili, n. 99, e Resp. civ., 1989, 1173) contiene in realtà affermazioni tanto scarne da risultare ambigue. Sta di fatto che dottrina e giurispru denza a volte la indicano come precedente, a volte la ignorano (cfr., sul punto, Caso, op. cit., 1854, in nota).

(6) Qui si affaccia un problema cruciale: se la coscienza rappresenti un presupposto del danno biologico. Sul punto torneremo in seguito.

(7) In realtà, non tutti coloro che propendono per la trasmissibilità del danno biologico partono dalla distinzione, che francamente sembra solo nominalistica, tra bene della vita e bene della salute.

(8) Tale regola invero non vale oggi per nessuna delle voci danno. Si poteva, invece, pensare fino a ieri (in base a Corte cost. 184/86, Foro it., 1986, I, 2053) che essa valesse proprio per il danno (biologico) evento, ma al momento si preferisce piuttosto sottolienare, sulla scia dell'ultima correzione di tiro dell'alta corte (Corte cost. 372/84, cit.), che la prova del danno è necessaria anche per quello biologico.

(9) Affermazione questa davvero impegnativa, visto che tira in ballo, expressis verbis, la teoria generale del danno.

Il Foro Italiano — 1996.

— non liquidabili le spese funerarie; — congruamente liquidati il danno morale e le spese del

giudizio. 4. - Per la cassazione di questa sentenza Carmela e Carmine

Mormile Troiano hanno proposto ricorso. Resiste con controri

corso la società Meie assicuratrice, che ha depositato anche

memoria.

Motivi della decisione. — 1.1. - Il ricorso svolge cinque motivi.

1.2. - Con il primo motivo è denunciata omessa o insufficien

te motivazione della decisione, falsa applicazione degli art. 2

e 32 Cost, e dell'art. 2043 c.c.

I ricorrenti si riferiscono al capo della sentenza impugnata nella parte in cui questa ha negato loro il diritto a conseguire, nella qualità di eredi, il risarcimento del danno biologico subito

dal genitore. La Corte di appello di Napoli, ritenuto che la vittima era

deceduta lo stesso giorno dell'incidente, che cioè non era tra

giurisprudenza della legittimità e di merito, la quale ha posto (. . .) in evidenza come il danno biologico, inteso come menomazione dell'in

tegrità psicofisica della persona in se e per se considerata, in quanto concerne la riparazione della lesione arrecata ad un diritto personalissi mo del danneggiato, non può essere riconosciuto agli eredi della vittima

(cfr. Cass. 6938/88, ecc. (sic!)) (10). Rimane, quindi, separato l'argo mento secondo cui il momento di insorgenza del diritto al risarcimento del danno sarebbe quello in cui l'autore abbia creato con la sua condot ta i presupposti del danno stesso, e non quello in cui il danno venga a manifestarsi. Il problema attiene invero non al momento di insorgen za del diritto al risarcimento (11), bensì all'oggetto ed ai limiti di esso, nel senso che la privazione di quel valore personale al quale il risarci mento deve essere commisurato è configurabile nei confronti della per sona offesa solo sino al momento in cui la stessa, rimanendo in vita abbia potuto risentirne (. . .). La morte del soggetto che ha subito un'ag gressione alla sfera fisiopsichica dalla quale derivi un danno biologico risarcibile viene, in definitiva, ad operare — sotto il profilo in esame — allo stesso modo sia che essa sia casualmente legata al fatto lesivo, sia che rispetto a questo non sia ravvisabile alcun nesso causale (12). (. . .) Quanto alla pretesa anomalia per cui l'entità del risarcimento, in tale ottica interpretativa, verrebbe a dipendere dal momento in cui ha luogo la liquidazione, e quindi da una circostanza estrinseca rispetto alla fattispecie della responsabilità civile, si osserva che una tale situa zione è comune a tutte le ipotesi di danno futuro, laddove venga a verificarsi un evento che renda certi le prospettive e i limiti del danno risarcibile (. . .)».

La pronuncia si chiude con questa affermazione: «che poi l'eventuale morte della vittima in corso di giudizio possa determinare la necessità di rimborsi da parte degli eredi del danneggiato, in funzione di una

provvisionale attribuita a quest'ultimo, è perfettamente coerente con il carattere provvisorio di detta situazione e con la necessità di una diversa determinazione del danno dipendente dal venir meno del dan

neggiato e dal subentro di altro soggetto quale titolare, iure hereditatis ma anche possibilmente iure proprio, della pretesa risarcitoria».

III. - Le sentenze testé sunteggiate rispondono esplicitamente, quindi, ai primi tre quesiti del nostro elenco. In uno sguardo d'insieme, la pro nuncia più fresca insiste sulla distinzione tra bene della salute e bene della vita, quella più stagionata batte maggiormente sulla nozione di danno futuro. Nonostante in entrambe sia evidente lo sforzo di costrui

tici) In questa pronuncia, quindi, la sentenza del 1988 sembra assu mere un senso diverso rispetto a quello attribuitole da Cass. 4991/96.

(11) In altro passo della motivazione si chiarisce comunque che il «momento di acquisto del diritto da parte del successore, (è) riconduci bile alla data del fatto illecito e non a quella dell'evento morte che per quanto 'immediata', è pur sempre successiva al fatto che l'ha pro vocata».

(12) Cfr., da ultimo, Cass. 2 giugno 1995, n. 6196, Foro it., Rep. 1995, voce Danni civili, n. 120; 2 marzo 1995, n. 2450, cit., secondo cui: «La menomazione non reversibile dell'integrità della persona —

idonea cioè ad incidere stabilmente e continuativamente sull'esplicazio ne della personalità lungo il presumibile arco della vita futura del sog getto che la patisce — presuppone che la persona stessa sopravviva al meno temporaneamente al fatto lesivo e, presentandosi con i connotati del danno permanente, va risarcita con le corrispondenti tecniche di valutazione probalistica; tuttavia, nel caso in cui al momento della li quidazione la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollega bile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, alla valuta zione probabilistica va sostituita quella del concreto danno effettiva mente prodottosi e richiesto dagli eredi iure successionis, cosicché la morte della persona, sopravvenuta prima della liquidazione del risarci mento, rende misurabile e rapportabile alla durata della vita successiva alla menomazione l'incidenza negativa da questa arrecata all'applica zione dell'attività».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

scorso un apprezzabile lasso di tempo fra il sinistro e la morte, ha dichiarato che, in mancanza della vita, il danno biologico non era neppure concepibile.

I ricorrenti sostengono in contrario: — che il danno biologico, in quanto lesione della salute del

l'individuo, attiene al patrimonio dell'interessato; — che il danno è suscettibile di trasmissione mortis causa-, — che è indifferente l'intervallo di tempo intercorrente tra

il fatto lesivo e la morte; — che il diritto al risarcimento del danno biologico occorso

al loro genitore era trasmissibile, considerata la sua autonomia

rispetto al diritto leso.

II motivo non è fodanto.

2.1. - Il problema della risarcibilità del danno biologico da

uccisione ha una duplice configurazione. La prima fa riferimento alle fattispecie nelle quali, sopravve

nuta per un fatto ingiusto altrui la morte del soggetto leso, è

re un supporto teorico alla 'terza via', l'argomentare dei giudici di legit timità dà adito agli stessi dubbi che abbiamo avuto occasione di espri mere in calce a Cass. 11169/94 (13). Per meglio dire, più che di dubbi

si tratta, questa volta, di un dato di fatto e di un sospetto. Il dato di fatto lo avevamo anticipato tra le righe. La Cassazione

non risponde (precisamente) all'ultimo dei quesiti dell'elenco: non è da to capire, infatti, quale sia la linea di confine tra il concetto di «imme

diatezza o quasi» della morte e quello di «apprezzabile lasso di tempo». Sono le stesse parole utilizzate dalla Cassazione (i correttivi generici di «o quasi» accanto a «immediata» e di «apprezzabile» accanto a «las so di tempo») a tradire l'imbarazzo di chi deve attendere ad un compito

impossibile (che, non per niente, abbiamo visto scaricare al giudice di

merito). Otto giorni sono un apprezzabile lasso di tempo (14), non lo

è (a quanto si può intuire) un nanosecondo, ed un giorno o dieci minuti

lo sono? Il sospetto, invece, si addensa sul ragionamento in termini di danno

futuro, che abbiamo sentito suonare può o meno così: il credito risarci

torio va rapportato alla durata effettiva della vita tra lesione e morte;

perciò, il danno si abbatte progressivamente man mano che la lesione

si avvicina temporalmente alla morte. Il ragionamento apparentemente non fa una grinza (anche se forse non è indiscusso). Tuttavia, esso non fa altro che riciclare in tema di danno biologico principi che valgo no da sempre per le altre voci di danno alla persona (o quanto meno

per il danno patrimoniale 'in senso stretto'). Il che conduce fatalmente

a frustrare la peculiarità del danno biologico, il quale con tutta proba bilità non si esaurisce in un danno futuro (15). In altre parole, il ragio namento risulta incompleto, perché nulla dice sull'(eventuale) esistenza

e consistenza di una componente immanente del danno biologico. Que st'ultima omissione, qualora l'idea di una componente immanente risul tasse men che implausibile, potrebbe non essere casuale, ovvero potreb be servire a camuffare una contraddizione altrimenti ingombrante. L'o

missione stessa non si giustificherebbe, infatti, solo con la reticenza

a spiegare (eppure sarebbe ora!) in che cosa consista effettivamente il

danno biologico (16), ma sarebbe altresì da mettere in correlazione con

l'altra affermazione degli stessi giudici di legittimità per cui lesione fisi

ca e morte sono due momenti differenti (17). Ed ecco svelata la con

traddizione subliminale (18): se la morte segue (sia pur di poco) la le

(13) Cfr. Caso, op. cit.

(14) Cfr. Cass. 29 settembre 1995, n. 10271, cit., la quale si riferisce

appunto ad un lasso di tempo di otto giorni. (15) Cfr. Caso, op. cit., 1862 ss.

(16) A vent'anni dalla sua invenzione il danno biologico è ancora pri vo di un assetto teorico sicuro. Ciò può ingenerare un grave senso di

vertigini in chi si trovi a dover applicare la categoria. Ad icastico simbo lo di un tale disagio si potrebbe prendere una recente ed inedita sentenza del Pretore del lavoro di Genova (datata 29 maggio 1995), il cui percor so motivazionale parte dalla ricostruzione storica della categoria giuri sprudenziale del danno biologico, prosegue con la descrizione del caos in cui la stessa categoria versa attualmente, per concludere che comuque essa, in quanto diritto vivente, va applicata. In ogni caso, è sul punto del contemperamento di esigenze di trattamento uniforme ed uguaglian za sostanziale che la giurisprudenza risulta ancora evasiva. L'impressio ne è che il vento soffi verso un'oggettivazione del risvolto prettamente fisico del danno biologico, lasciando, dopo il superamento del ricorso

ad incerte sottocategorie come il danno alla vita di relazione ed il danno

estetico, quello della qualità della vita alla valvola dell'equità. Certo la

parola equità non ci dice in base a quali appigli è possibile effettuare

una classifica della qualità della vita: deve esser meglio risarcito l'atleti

co ed instancabile amatore o piuttosto lo schivo e raffinato studioso?

(17) Deo gratiasl La Cassazione prende atto che lesione e morte —

rispetto alla quale si pone semmai un problema di identificazione tem

porale convenzionale: e.g., cessazione delle funzioni cerebrali — sono

due momenti (materialmente e logicamente) differenti.

(18) È subliminale, perché la Cassazione con tutta probabilità la tie

II Foro Italiano — 1996.

ipotizzata l'esistenza di un diritto al risarcimento del danno de

terminato dalla lesione con effetti letali: diritto che è esercitata

le dagli eredi della vittima iure hereditatìs.

Varianti di questa impostazione sono quella della morte che

interviene istantaneamente a seguito delle lesioni senza il trami

te di una fase intermedia di malattia e quella della morte inter

venuta dopo un lasso di tempo apprezzabile: in entrambi i casi

occorre interrogarsi sul se nel patrimonio del leso sia entrato

un diritto al risarcimento del danno biologico. La seconda configurazione si ha nel caso di morte più o me

no immediata del leso, rispetto alla quale i suoi congiunti o

eredi accampano un diritto al risarcimento di un danno da loro

subito direttamente.

2.2. - Con riferimento alla prima configurazione, nella giuris

prudenza di questa corte, è stato ritenuto in epoca non recente

che il danno biologico, in quanto concernente la riparazione delle lesioni apportate ad un diritto personalissimo del danneg

sione, se, poi, il credito sorge nel momento della lesione e se, ancora, sussiste una componente immanente del danno biologico, non è affatto scontato che quest'ultimo in caso di morte immediata «o quasi» sia zero o prossimo allo zero (19). Ma la Cassazione ha ancora una freccia al suo arco: «se il risarcimento del danno biologico deve reintegrare le utilità di vita dell'individuo, non si vede quali utilità il soggetto leso

può ricavare da un breve spazio di vita». Il dardo è indirizzato al cuore del problema: la vita ha valore finché può essere goduta o — più schiet

tamente, se rimangono otto giorni — finché può essere sofferta! Ma

è un dardo spuntato, perché ingenera, nell'interpretazione (creativa) dei

giudici di legittimità, un'altra contraddizione (o, se si preferisce, una

disparità di trattamento per due ipotesi che sono ictu oculi omogenee): riconoscere per otto giorni di «sofferenza» insorgenza e trasmissione del diritto al risarcimento del danno biologico e generale per (chi lo

sa?) dieci minuti o un'ora (20). D'altro canto, la contraddizione appare ancora più evidente se viene tradotta in termini di risarcimento. Chi sarebbe disposto seriamente a credere che otto giorni di vita consentono di valutare come utilità godibile un (astratto) risarcimento?

Insomma, la mappa della Cassazione, più che guidarci su una 'terza

via', ci caccia in un vicolo cieco.

IV. - A nostro modo di vedere, per evitare che un ragionamento imperniato su principi generali si trasformi in un avvitamento ermeneu tico nel vuoto (o nella rarefazione) di riferimenti normativi precisi (21), occorre dare almeno uno sguardo sincopato ai materiali offerti dalla

comparazione. Non è qui possibile approfondire i dati raccolti nella

puntata precedente (22), piuttosto si tenterà di convertirli in nuovi stra

ne celatamente presente o solo la intravede. Cfr. la Relazione tematica di secondo livello, cit., 95, in cui si dice, riferendo della tesi che parteg gia per la trasmissibilità, «. . . tuttavia, pur in presenza dell'effetto li mitativo per la variabile temporale, l'evento morte potrebbe costituire elemento indiziario della gravità delle menomazioni fisiopsichiche sof ferte dal danneggiato tra la data della lesione e quella della morte, con

conseguente riflesso in aumento, per questa variabile, sul danno biolo

gico medio tempore». (19) Questa conclusione sembra implicitamente condivisa nel punto

della Relazione tematica di secondo livello, cit., 94, immediatamente

precedente a quello appena citato, in cui si afferma che «. . . la vici

nanza temporale dell'evento morte, contribuirà a ridurre temporalmen te il periodo di menomazione (...) e quindi contribuirà a ridurre (e, quindi, non ad annullare, n.d.r.) il quantum risarcitorio del danno bio

logico». (20) Avevamo cercato di dimostrare — Caso, op. cit., 1864 — che

lo schema argomentativo in base al quale si riconosce la trasmissibilità di una consistente componente immanente di danno biologico per mor te assai prossima alle lesioni, non perviene ad una duplicazione del ri sarcimento per violazione del diritto alla salute e per violazione del di ritto alla vita (sicuramente ingestibile), bensì ad un unico risarcimento

per la lesione dell'integrità biologica, ineluttabilmente approssimativo in una valutazione ex ante. In quest'ottica, il problema dell'aggiusta mento ex post è rovesciato rispetto alla su riportata Cass. 12299/95:

se è possibile pensare di ridurre a fine giudizio il risarcimento, non

si vede perché non si possa, sempre a fine giudizio, aumentarlo. La

disputa però rischia di diventare di lana caprina, l'importante è accor

darsi sulla consistenza, esigua o elevata, della componente immanente

del danno biologico. (21) Com'è per la vulnerabile impostazione che parte dalla indisponi

bilità ed intrasmissibilità del risarcimento del danno biologico. Sul pun to, cfr. Caso, op. cit., 1860.

(22) V. Caso, op. cit., 1857 ss., ivi indicazioni bibliografiche compa ratistiche, cui adde T. Weir, La notion de dommage en responsabilité civile, in Common Law, d'un siècle à /'autre a cura di P. Legrand, Cowansville, Quebec, 1992; sul diverso profilo delle pretese avanzate iure proprio, v. E. Urso, Il problema della risarcibilità del «danno psi chico» subito dai familiari della vittima, nei casi di illeciti o foYiti di

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3115 PARTE PRIMA 3116

giato, non può essere riconosciuto agli eredi della vittima: sent.

20 dicembre 1988, n. 6938 (Foro it., Rep. 1990, voce Danni

civili, n. 99). Più recentemente è stato ritenuto in contrario che «nel caso

di fatto illecito che abbia provocato ad un soggetto lesioni per sonali cui, dopo un periodo di infermità, sia sopravvenuta la

morte, il diritto al risarcimento del danno alla salute verificato

si dal momento della lesione a quello della morte, essendo en

trato nel patrimonio dell'infortunato al momento della lesione,

può essere fatto valere iure successionis dai suoi eredi»: sent.

27 dicembre 1994, n. 11169 (id., 1995, I, 1852). Il collegio condivide, nei limiti che saranno precisati, le ra

gioni della decisione più recente.

Il motivo del consenso discende dalle seguenti considerazioni

sulla natura del danno biologico e sul problema della sua tra

smissibilità agli eredi.

menti interpretativi (23). In quella occasione, avevamo rilevato, di là dalle differenze tassonomiche in materia di danno alla persona, una tendenziale coincidenza delle regole operazionali (24), il che, peraltro, non significa parificazione della misura dei risarcimenti (25). In parti colare, vai la pena di riprendere un'impressione di fondo sul 'danno da morte' e cioè che in alcuni dei principali sistemi giuridici occidentali il modello della 'terza via' sia prevalente. Infatti, in questi sistemi la

regola generale che nega in radice la trasmissibilità di 'danno da morte' sembra decisamente recessiva. Inoltre, pare delinearsi un mainstream transnazionale che da una parte ancora l'insorgenza del credito risarci

torio al momento della lesione, e dall'altra commisura la componente futura del danno (per lo meno di quello non patrimoniale) alla durata

effettiva (e non probabile) della vita (26). Mentre la regola specifica,

lesioni gravissime, nell'evoluzione della giurisprudenza inglese e statuni

tense, intervento dattiloscritto al VII colloquio dell'Associazione italia na di diritto comparato; per quanto riguarda la comparazione con la Francia è doveroso aggiungere Y. Lambert-Faivre, Le droit du dom

mage corporei, systèmes d'indemnisation, Parigi, 1990.

(23) L'esigenza di condurre un'interpretazione rigorosa che non in

dulga a ragionamenti circolari è maggiormente sentita là dove, mancan do dritte legislative sia a livello di regole generali che di regole specifi che, la discussione sul 'danno da morte' si svolge a tutto campo ed è

lungi dall'essere chiusa. È, appunto, la situazione che ci è parso riscon trare in Italia e in Francia, sistemi in cui il formante giurisprudenziale detiene un monopolio di fatto nella gestione di regole e categorie ordi nanti e, perciò, il coordinamento delle scelte decentrate sempre più ne cessita con il passare del tempo di un univoco segnale dottrinale o di indirizzi legislativi. Non sembra, invece, il caso della Germania (v. Ca

so, op. cit., 1858), dove, peraltro, si è sentito il bisogno di disciplinare anche il particolare caso della morte da danno ambientale: v. l'art. 12 della legge sulla responsabilità civile in materia ambientale, leggibile in Dir. ed economia assicuraz., 1994, 226, con traduzione italiana e com mento (a p. 3) di B. Pozzo, La responsabilità per danni all'ambiente in Germania ed i connessi problemi di assicurabilità del rischio ambien tale: il progetto per una nuova polizza r.c., in base al quale «in caso di morte, vanno risarciti i costi sostenuti per le cure mediche effettuate nel tentativo di una possibile guarigione nonché il pregiudizio patrimo niale subito dalla persola deceduta per il fatto che durante la malattia la sua capacità lavorativa era venuta meno o era diminuita, o perché erano aumentati i suoi bisogni. Inoltre, l'obbligato al risarcimento deve rimborsare le spese funeràrie a colui che è tenuto a farsene carico».

(24) Tanto più sorprendente in un settore che non sembra caratteriz zato da un alto tasso di circolazione di modelli.

(25) La misura dei risarcimenti è evidentemente influenzata da nume rosi fattori, alcuni dei quali, in qualche modo, connessi al profilo giuri dico di cui si sta trattando, ad es., quanto viene riconosciuto ai parenti a titolo di risarcimento iure proprio, o se esistono meccanismi punitivi interni al risarcimento (ad es. punitive damages) ed altri del tutti estra nei come le diversità dei sistemi processuali.

(26) La regola che individua nella morte lo sbarramento ultimo per la misura del risarcimento è evidentemente ispirata dalla preoccupazio nen di calmierare la componente futura del danno altrimenti affidata a criteri probabilistici di quantificazione. La tematica dei danni futuri sembra di recente investita da fervido interesse nell'ambito dello studio

comparatistico della teoria generale del danno: cfr. la citata indagine di T. Weir, nella quale l'autore critica, da un punto di vista opposto a quello espresso nel testo, la tendenza transanazionale ad allargare, in varie fattispecie di responsabilità — tra le quali figura quella deri vante da 'abrègement de la vie' —, l'operatività delle perdite future e quindi a disperdere una nozione rigorosa di danno, forzando la fun zione del risarcimento. D'altra parte, un conto è l'eccessiva crescita della misura del risarcimento, altro è la governabilità del danno futuro, strettamente dipendente dalla sofisticazione dei suoi meccanismi di cal colo. In quest'ultima prospettiva, pare che l'analisi economica del dirit to possa fornire interessanti ricette: cfr. M. T. Brody, Inflation, Pro

ductivity, and the Total Offset Method of Calculating damages for Lost Future Earnings, 49 U. Chi. L. Review, 1003, (1982).

Il Foro Italiano — 1996.

Risarcibilità del danno biologico. Nella dottrina maggiorita ria e nella giurisprudenza di questa corte il danno biologico è

stato fondamentalmente inquadrato:

a) come diritto soggettivo di ogni persona all'incolumità del

bene primario della salute fisica, quando esso viene leso me

diante un comportamento doloso o colposo altrui (sent. 9 aprile

1973, n. 999, id., 1974, I, 843; 14 aprile 1984, n. 2422, id.,

Rep. 1984, voce cit., n. 54; 25 maggio 1985, n. 3212, id., Rep.

1985, voce cit., n. 81; 6 maggio 1988, n. 3367, id., Rep. 1988, voce cit., n. 69; 9 maggio 1991, n. 5161, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 156; 10 dicembre 1991, n. 13292, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 118, esemplificativamente);

b) sempre come diritto soggettivo, ma con riferimento non

alla salute fisica, ma alla menomazione dell'integrità psico-fisica del valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non

si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma com

per lo più appannaggio del formante giurisprudenziale, che afferma la

negazione del risarcimento in caso di morte istantanea, sebbene diffusa, sembra essere solo una regola declamatoria. Più brutalmente, quel che

conta, di là dalle dichiarazioni di principio, è l'entità del risarcimento. Per fare un esempio impressivo, negli Stati uniti, dove la giurispruden za sembra compatta nell'affermare tale regola, è possibile imbattersi in sentenze che riconoscono per pochi istanti di sofferenza del de cuius la trasmissione di risarcimenti stratosferici (27). Riteniamo di non esse re lontani dal vero nel considerare la regolamentazione di questi casi come lo snodo operazionale su cui occorre soffermarsi e che, forse, conduce davvero al cuore del problema ovvero alla ragione delle insta bilità delle regole giurisprudenziali e alle (melius, ad una delle) cause della diversa consistenza dei risarcimenti concessi per fattispecie simili. In realtà, ragionando sulla durata effettiva della vita, per l'entità del risarcimento diventa essenziale il metodo di calcolo della componente immanente del danno. Se ciò è vero, rimangono in primo piano solo le voci di danno alla persona dove la componente immanente è presu mibilmente importante o rimane indistinta rispetto a quella futura, ov vero le voci di danno non patrimoniale (inteso in senso lato). A questo punto, non è fantasioso mettere in correlazione la discontinuità e la

fragilità (interna e sistemologica) degli orietamenti giurisprudenziali sul

problema della morte che segua dopo breve tempo la lesione con una scarsa maturazione circa l'inquadaramento teorico dei metodi di calco lo e la funzione delle voci di danno non patrimoniale.

In proposito, va sottolineato che, con il passare del tempo, cresce

l'esigenza di aggregare consenso intorno ai seguenti punti: 1) se artico lare il danno non patrimoniale in più sottovoci; 2) nel caso in cui si

opti (come pare suggerire il punto di vista più razionale) per l'articola zione in almeno due sottovoci di danno (che con denominazioni italiane

possiamo indicare con: biologico e morale), quale sia la funzione (ripa ratoria o punitiva) preminente delle singole sottovoci; 3) se e per quali eventuali sottovoci la coscienza rappresenta un presupposto per il rico noscimento del danno non patrimoniale (28); 4) quali metodi di calcolo vanno adottati per le singole voci di danno; 5) se il metodo di calcolo tabellare del danno biologico (29), quale danno oggettivo agganciato

(27) Ci si riferisce all'esempio fornito da G. Comande, in Le non

pecuniary losses in common law, in Riv. dir. civ., 1993, I, 502, in nota.

(28) Si noti che il problema della coscienza mette a nudo un'impor tante spaccatura tra giurisprudenza nordamericana e francese. La pri ma, infatti, è nettamente orientata a considerare la coscienza come pre supposto per il riconoscimento del pain and suffering (cfr. Comande, op. cit., 458, in nota), la seconda appare, anche da ultimo, convinta nello statuire un principio assoluto di piena risarcibilità del danno, in tutte le sue componenti, anche in caso di stato vegetativo (v. Cass. 22 febbraio 1995, in JCP, Ed. G., Jurisprudence, 1996, 42 e i D., Juris

prudence, 1996, 69). Nella recente giurisprudenza italiana il problema non sembra emergere frequentemente: cfr., a titolo di esempio, Trib. Como 24 luglio 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Danni civili, n. 84.

(29) Il tema dell'affinamento dei metodi di quantificazione del dan no biologico ci proietta ancora una volta in una dimensione dominata dalla giurisprudenza, una dimensione dove anche un quotidiano di grossa tiratura può rivelare la sua attitudine ad essere un formante giuridico. L'ultima frontiera è, infatti, rappresentata dalle tabelle messe a punto e rese pubbliche dal Tribunale di Milano (v. Il Sole 24 Ore del 14 feb braio 1995; per un esaustivo commento v. G. Comandè, Le tabelle mi lanesi per la liquidazione del danno alla persona, in Danno e responsa bilità, 1996, 40) ed ora anche dallo stesso tribunale aggiornate (v. Gui da al diritto dell'8 giugno 1996, 116) la cui potenzialità nomofilattica non va trascurata (un esempio di applicazione fuori distretto delle ta belle è Pret. Salerno 26 marzo 1995, inedita). La tabella ha in ordinate i punti invalidità permanente, e in ascisse l'età del soggetto che subisce il danno. La parametrazione sia in rapporto al grado di invalidità sia in rapporto alle fasce di età segue un andamento progressivo ma non lineare. Essa costituisce un tentativo abbastanza originale e sofisticato di razionalizzazione del danno biologico, che indubbiamente prende ori

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

prende anche le funzioni naturali del soggetto nell'ambiente in cui la vita si esplica ed ha rilevanza non solo economica, ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica (sent. 20 agosto 1984, n. 4661, id., Rep. 1985, voce cit., n. 59; 26 novembre

1984, n. 6134, id., Rep. 1986, voce cit., n. 80; 5 settembre 1988, n. 5033, id., Rep. 1989, voce cit., n. 102; 3 dicembre 1991, n. 12958, id., Rep. 1992, voce cit., n. 122; 4 dicembre 1992, n. 12911, id., Rep. 1993, voce cit., n. 143; 13 gennaio 1993, n. 357, id., 1993, I, 1897; 14 ottobre 1993, n. 10153, id., Rep. 1994, voce cit., n. 122; 5 novembre 1994, n. 9170, ibid., 121; 10 marzo 1995, n. 4255, id., Rep. 1995, voce cit., n. 241, sem

pre esemplificativamente). I due inquadramenti differiscono per la diversa portata del

fenomeno, ma in entrambi la risarcibilità del danno biologico è un dato non contestato.

Ciò vuole dire che, per la configurabilità del danno biologi co, rilevano, a titolo di esempio, le invalidità, le menomazioni, le deturpazioni e le impotenze sessuali (Cass. 16 maggio 1990, n. 4243, id., Rep. 1990, voce cit., n. 150; 14 ottobre 1993, n.

10153, cit.), le alterazioni nervose, l'insonnia, le alterazioni men

a parametri medico-scientifici, possa rappresentare una stella polare per i sitemi occidentali (30).

In conclusione, di là dalla preferenza per prima, seconda e terza via, la risoluzione del problema della trasmissibilità del danno biologico rap presenta una buona traccia per bonificare il terreno (del danno alla

persona) ancora disseminato di incertezze. In altre parole, la ricerca della migliore regola per il governo giuridico di una fattispecie limite

(a cavallo tra la vita e la morte) dovrebbe indurre (per non dire, co

stringere) l'interprete a misurarsi con la tenuta delle categorie ordinanti in via di elaborazione. La Cassazione ha deluso non tanto per la solu zione propugnata, quanto per non aver accettato la sfida di un affina mento della categoria del danno biologico (31).

Prima di chiudere ci sia consentito lanciare un messaggio nella bottiglia. La razionalizzazione del danno alla persona si delinea come uno degli

obiettivi più urgenti ed ambiziosi della moderna resposabilità civile. Sulla via del suo raggiungimento, che transita necessariamente attraverso la

comparazione ed il confronto con ingranaggi teorici complessi, un'in tensificazione dell'impegno dottrinale e del coordinamento delle regole giurisprudenziali rappresenterebbe un importante passo avanti.

Roberto Caso

gine da alcuni presupposti concettuali (come quello che ritiene meno preziosa la salute di un uomo anziano rispetto a quella di un ragazzo) tanto più condivisibili, quanto più ci si rassegna alla necessità di ricor rere a drastiche semplificazioni, le quali hanno un prezzo in termini di allotanamento dalla complessità del dato reale. In merito va rimarca to che le tabelle ancorate all'invalidità permanente scontano l'incapaci tà di catturare alcuni profili del danno biologico, profili che non hanno un nesso immediato con l'invalidità propriamente detta (cfr. sopra n. 16). Per un'accurata indagine su scala nazionale circa i metodi di quan tificazione del danno biologico, v. AA.VV., Rapporto sullo stato della giurisprudenza in tema di danno alla salute a cura di M. Bargagna e F. D. Busnelli, Padova, 1996.

(30) Il nostro formante giurisprudenziale ha raggiunto un apprezza bile grado di maturazione sul modello del danno biologico. Vorremmo insistere sul fatto che il valore qualitativo della categoria sta nel tentati vo di oggettivare una voce di danno (non patrimoniale) alla persona e di razionalizzare i criteri della sua quantificazione. Lo sganciamento dal danno morale non ha, quindi, solo il significato di liberare il danno biologico dalle secche dell'art. 2059 c.c., ma anche di relegare la cate

goria del danno morale al governo di quella tipologia di danno che non ha ricadute patologiche misurabili dal punto di vista medico-legale, e che, quindi, non ha neanche un minimo appiglio per l'approntamento di metodi di calcolo parametrato. In Francia, dove non esiste un esatto

equivalente del danno biologico, vi è chi saluta con favore i tentativi di oggettivare i metodi di calcolo del danno 'extrapatrimoniale': cfr. G. Viney, Responsabilité civile, Chronique, JCP, Ed. G., Doctrine, 1995, 264; più di recente Bourriè-Quenillet, Pour une rèforme confé rant un statut juridique à la réparation du préjudice corporei, id., Ed.

G„ Doctrine, 1996, 139.

(31) Si noti che negli interventi della Cassazione in tema di lesioni non mortali l'affinamento della definizione di danno biologico pare pro cedere lentamente. L'unico dato rilevante negli ultimi orientamenti è una tiepida reazione della corte di legittimità all'adozione del metodo tabellare: se ne esclude l'adattabilità sic et simpliciter, in quanto deve essere sempre affiancato da una specificazione equitativa: cfr., da ulti mo, Cass. 17 giugno 1996, n. 5542, Foro it., Mass., 502, nella cui moti vazione si afferma che: «nella valutazione equitativa occorrerà adottare un criterio elastico, che tenga conto di tutte le qualità personali, e non si adagi su una livellazione, pur a parametri obiettivi (come il c.d. valo re punto o il valore medio pro capite del reddito nazionale)».

Il Foro Italiano — 1996.

tali distinte dalla sofferenza mentale (Cass. 24 gennaio 1990, n. 411, id., Rep. 1991, voce cit., n. 108 ed altre simili patologie).

Inoltre, il danno biologico è danno patrimoniale nel partico lare significato che deve essere liquidato nell'alveo dell'art. 1223

c.c., pur restando ad esso estranea l'idea di una perdita econo mica (Cass. 11 maggio 1989, n. 2150, id., 1990, I, 634; 10 mar zo 1995, n. 4255, cit.).

La risarcibilità del danno biologico si può considerare, quin di, un dato acquisito, pur nelle varie configurazioni con le quali è stato presentato.

Trasmissibilità agli eredi. Questo aspetto del problema è con

siderato in maniera contrastante dalla giurisprudenza e dalla

dottrina.

A) Un primo indirizzo ritiene che in caso di morte non esiste danno alla salute. Precedenti in questo senso si trovano nella

giurisprudenza di merito, che non vale la pena di citare data la estrema genericità delle motivazioni adottate.

B) Le giustificazioni dell'esclusione del risarcimento iure he reditatis del danno biologico sono individuate dalla dottrina nel

carattere personalissimo del diritto leso e, quindi, della sua in

trasmissibilità; nella perdita della personalità giuridica a seguito della morte e della incapacità di diventare titolare del diritto, fatta eccezione dei casi in cui la relativa azione sia stata già esercitata dal suo diretto titolare.

C) Secondo altro indirizzo, rispetto alla lesione, è rilevante il momento in cui avviene la morte: se questa è istantanea o

estremamente vicina al fatto lesivo la risarcibilità iure heredita

tis deve essere esclusa. Se, invece, la morte sopraggiunge dopo un apprezzabile lasso di tempo e la persona sia sopravvissuta, in condizioni di salute compromessa, per un periodo di tempo

più o meno lungo, la risarcibilità del danno è ammessa sempre iure hereditatis e limitatamente al periodo di sopravvivenza.

L'archetipo di questa soluzione è individuato (da Corte cost.

27 ottobre 1994, n. 372, id., 1994, I, 3297, di cui si dirà) in

una remota pronuncia di questa corte, secondo la quale «... se

è alla lesione che si rapportano i danni, questi entrano e posso no logicamente entrare nel patrimonio del lesionato solo in quan to e fin quando il medesimo sia in vita. Questo spentosi, cessa anche la capacità di acquistare, che presuppone appunto e ne

cessariamente l'esistenza di un subietto di diritto. Onde, in rap

porto alla persona del lesionato, come subietto dell'azione di

danni questi restano senz'altro confinati nell'ambito dei danni

verificatisi dal momento della lesione a quello della morte, ed

è soltanto rispetto ad essi che gli eredi possono agire iure here ditatis»: sent. 22 dicembre 1925 (id., 1926, I, 328).

A questa soluzione si ispira anche la decisione di questa corte

che ha ritenuto che, nel caso di fatto illecito che abbia provoca to ad un soggetto lesioni personali cui, dopo un periodo di in

fermità, sia sopravvenuta la morte, il diritto al risarcimento del

danno, essendo entrato nel patrimonio dell'infortunato al mo mento della morte, può essere fatto valere iure successionis dai

suoi eredi: sent. 27 dicembre 1994, n. 11169 (id., 1995, I, 1852).

D) La soluzione positiva della trasmissibilità agli eredi del

danno biologico prende le mosse dalla distinzione concettuale

tra danno biologico come fatto lesivo (danno evento) e danno

biologico come conseguenza. Distinzione questa implicitamente

già fatta dalla Corte costituzionale (sent. 14 luglio 1986, n. 184,

id., 1986, I, 2053) ed espressamente ribadita dalla stessa corte

con la precisazione che, pur essendo la lesione un fatto rilevan

te perché da una seria lesione dell'integrità fisio-psichica diffi

cilmente si può guarire in modo perfetto: il danno biologico

può essere risarcito quando sia stata data la prova ulteriore del

l'entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha pro dotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dell'art. 1223

c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore per sonale (non patrimoniale), alla quale il risarcimento deve essere

commisurato: sent. 27 ottobre 1994, n. 372, cit.

2.3. - Le considerazioni poste a sostegno della intrasmissibili

tà assoluta del diritto al risarcimento del danno biologico da

parte degli eredi, in definitiva, seguono la soluzione della natu

ra personalissima del danno biologico. La soluzione che da esse è ricavata non può essere condivisa,

perché il fatto che il danno biologico sia di per sé un danno

con connotati essenzialmente personali nulla toglie al fatto che

l'ammontare di esso deve essere effettuato in valori patrimonia

li, alla trasmissibilità dei quali non vi sono ostacoli formali, stante l'ordinamento vigente.

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PARTE PRIMA 3120

Deve essere condivisa, invece, la conclusione della trasmissi

bilità del danno biologico, che tiene ben distinto il bene salute

(il quale colpisce chi sopravvive all'azione dannosa ed è una

qualità della persona) dal bene vita (il quale non è perdita allo

stesso modo di come lo è la menomazione della salute). La perdita del bene salute è perdita di quelle utilità nella con

dotta dell'esistenza che fanno capo all'individuo nel modo pree sistente al fatto dannoso e che debbono essere compensate con

utilità economiche equivalenti alle minorazioni subite.

La perdita della vita, invece, impedisce che la lesione si riflet

ta in una perdita e, in definitiva, in un danno per la persona. Con questo si vuole dire che a seguito di una lesione nel pa

trimonio del leso entra un diritto al risarcimento del danno bio

logico. 2.4. - Seguendo questo inquadramento la trasmissibilità agli

eredi dei valori patrimoniali spettanti al leso diventa una conse

guenza imposta dal sistema successorio.

Su questa strada, i ricorrenti sostengono che non si deve di

stinguere tra casi nei quali vi sia una fase intermedia tra malat

tia e morte e casi nei quali questa fase intermedia non sia signi ficativa.

La tesi così proposta si collega a quei contributi dottrinali

che hanno ritenuto che nel caso di fatto illecito lesivo della sa

lute vi è sempre una malattia: il fatto che la durata di questa sia più o meno significativa non incide sull'in sé del danno, ma sulla commisurazione della sua entità.

In questo modo si vuole sostenere che ogni lesione determina

sempre una menomazione dell'equilibrio fisiopsichico della per

sona, la quale ne avverte il peso anche nelle fasi di apparente incoscienza e dura fino a quando dura la sua vita. Le utilità

dell'individuo a condurre un'esistenza nello stesso modo preesi stente al fatto dannoso sarebbero decrescenti con l'accorciarsi

del periodo intercorrente tra l'evento lesivo e la morte, ma non

si potrebbero annullare, pena una loro coincidenza con il bene

vita, che, come si è visto, è bene diverso.

2.5. - L'argomento è suggestivo ma non condivisibile.

Già la Corte costituzionale (sent. n. 372 del 1994, cit.) ha

avvertito il pericolo di confondere la lesione che determina il

cosiddetto danno biologico con il risarcimento ed ha ritenuto

necessaria la prova ulteriore dell'entità del danno, ossia la di

mostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo ana

logo a quello indicato dall'art. 1223 c.c. Infatti, la lesione del

l'integrità fisica con esito letale «non può considerarsi semplice

sottoipotesi di lesione alla salute in senso proprio». Detto in altre parole questo sta a sottolineare la natura parti

colare del danno biologico, per il quale non vale la regola che, verificatosi l'evento, vi sia senz'altro un danno da risarcire.

Il risarcimento del danno vi sarà se vi sarà perdita di quelle utilità che fanno capo all'individuo nel modo preesistente al

fatto dannoso e che debbono essere compensate con utilità eco

nomiche equivalenti. In caso contrario il cosiddetto danno biologico non può esse

re configurato ed i valori patrimoniali corrispondenti non sa

ranno trasmissibili.

Nel caso di lesioni cui sopravvenga quasi subito la morte non

è negabile la sofferenza del soggetto leso; che questa sofferenza

si traduca in un danno biologico è, invece, da negare.

Infatti, se il risarcimento del danno biologico deve reintegra re le utilità di vita dell'individuo, non si vede quali utilità il soggetto leso può ricavare da un breve spazio di vita.

Naturalmente, il giudizio di apprezzamento della durata della

vita deve essere riservato al giudice del merito.

2.6. - La Corte di appello di Napoli si è attenuta a questi

principi, perché, fatta salva la possibilità del risarcimento del

danno nel caso di lasso considerevole di tempo tra lesione e

morte, ha concluso che il breve intervallo di tempo intercorso

tra l'investimento e la morte di Sossio Mormile escludeva il ri

conoscimento in capo ai suoi eredi del diritto al risarcimento

del danno biologico fatto valere nella detta qualità ereditaria.

Da parte loro i ricorrenti non hanno censurato il giudizio della corte napoletana sulla non apprezzabilità di una vita ces

sata lo stesso giorno dell'incidente.

La censura contenuta nel primo motivo, pertanto, è infonda

ta. (Omissis) 7. - Conclusivamente l'intero ricorso deve essere rigettato.

Il Foro Italiano — 1996.

II

Svolgimento del processo. — Con atto del 4 ottobre 1984

Ceruti Oreste, anche quale erede di Ceruti Francesco, esponen do che quest'ultimo, il 9 agosto 1977, mentre attraversava a

piedi la provinciale Qualiano-Licola, era stato investito dall'au

tovettura di proprietà di Apicelli Francesco, dallo stesso guida

ta, e assicurata presso la s.p.a. Apal, decedendo pochi giorni

dopo a causa delle lesioni riportate, conveniva in giudizio da

vanti al Tribunale di Napoli l'Apicelli, la Apal s.p.a. in liquida zione coatta amministrativa e la Cidas s.p.a. in nome dell'Ina,

gestione autonoma del fondo di garanzia per le vittime della

strada, chiedendo il risarcimento dei danni in dipendenza del

citato incidente.

L'adito tribunale, con sentenza 16 marzo 1987, rilevato che

l'accertamento in sede penale faceva stato nel giudizio civile — l'investitore, con sentenza del Tribunale penale di Napoli 21 maggio 1982 passata in giudicato, era stato assolto dal reato

di omicidio colposo per insufficienza di prove —, riteneva che

l'Apicelli potesse rispondere del sinistro esclusivamente in base

alla presunzione di colpa di cui all'art. 2054 c.c., e, riconosciu

to il concorso di colpa della vittima nella misura del 60%, con

dannava la Cidas al pagamento in favore dell'attore della som

ma di lire 800.000 per spese funerarie, escluso il danno morale

e il danno da lucro cessante.

Avverso tale sentenza il Ceruti proponeva appello, in parziale

accoglimento del quale la Corte d'appello di Napoli liquidava in favore dell'appellante l'ulteriore somma di lire 79.200 oltre

interessi legali per danno biologico subito dal Ceruti Francesco

nel periodo tra il sinistro e il decesso.

Riteneva, tra l'altro, la corte territoriale che non poteva al

l'appellante essere riconosciuto il danno biologico in relazione

allo stesso evento della morte del de cuius, siccome configurabi le solo in quanto vi fosse la possibilità di «viverlo», consistendo

esso in un danno personale alla salute.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Ceru

ti sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso la

Polaris s.p.a., subentrata alla Cidas s.p.a. quale rappresentante del fondo di garanzia vittime della strada. La Apal s.p.a. in

liquidazione coatta amministrativa e l'Apicelli non hanno svol

to attività difensiva.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 2 e 32

Cost, e dell'art. 2043 c.c., censura la sentenza impugnata per avere escluso la risarcibilità del danno biologico dipendente dal

la morte del padre, dovuta all'incidente per cui è controversia,

per la parte eccedente i pochi giorni di vita di costui dopo le

lesioni riportate in seguito all'incidente medesimo.

Assume, in particolare, che, anche nel caso di rapidissima

sopravvenienza della morte al fatto illecito, il danno biologico

corrispondente alla lesione di un diritto (alla vita) afferente al

soggetto già prima dell'altrui comportamento illecito. Ne conse

gue che la morte provocata dal fatto illecito del terzo, come

menomazione definitiva e totale dell'integrità psico-fisica della

persona, costituisce danno ingiusto, come tale risarcibile.

Ciò che rileva, aggiunge, è l'anteriorità rispetto alla morte

del fatto illecito altrui che ha provocato la «soppressione» della

vita, in tale momento venendo in essere l'astratto diritto al ri

sarcimento, anche se il danno può essere successivo al decesso. Tale argomento risponde ad una lettura «costituzionale» della

norma dell'art. 2043 c.c. la quale, così come giustifica la risar

cibilità del danno biologico in caso di lesioni, non può non giu stificare il risarcimento per l'ipotesi di morte (più o meno ravvi

cinata) «in ragione della frustrata aspettativa di durata della vita del soggetto leso».

D'altra parte, la contemporaneità tra fatto illecito e danno

non è profilo essenziale della fattispecie costitutiva dell'illecito

civile, e il danno da «privazione della vita» altro non è che

una delle tante ipotesi di «danno futuro» ormai verificatosi (e

perciò certo). In ogni caso, anche cioè ad ammettere che la pretesa risarci

toria sorge al momento stesso della morte del danneggiato, non

potrebbe essere esclusa la trasmissibilità iure hereditario del di

ritto al risarcimento.

L'ordinamento conosce, infatti, diverse fattispecie di acqui sto, da parte dell'erede, di diritti nascenti al momento stesso

della morte del de cuius (ad es., in tema di assicurazione sulla

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vita stipulata dal contraente per sé e i suoi eredi, di diritto al

l'indennità di morte del prestatore di lavoro — art. 2122 c.c. — di diritto al risarcimento dei danni arrecati a beni del de

cuius proprio nel momento della di lui morte, ecc.). Sottolinea infine il ricorrente che, diversamente opinando, la

morte di una persona potrebbe «costare» al resposabile meno

di una modesta lesione permanente: risultato assurdo che capo

volgerebbe anche il principio della «proporzionalità della pena e degli effetti economici dell'illecito».

Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha riconosciu

to al Ceruti Oreste, quale erede del Ceruti Francesco rimasto

vittima del sinistro, il risarcimento del danno biologico per il

breve periodo intercorrente tra la verificazione del sinistro e il

sinistro della morte del suddetto Ceruti, negandolo invece con

riferimento al periodo successivo per la ragione che il danno

biologico, in quanto concretantesi in una lesione del diritto alla

salute, presuppone la permanenza in vita del soggetto menoma

to, essendo esso ipotizzabile solo in quanto il titolare del bene

«personale» costituito alla «salute» possa «vivere» il pregiudi zio medesimo.

Tale impostazione appare nella sostanza corretta anche alla

luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 372 del

27 ottobre 1994 (Foro it., 1994, I, 3297). La questione prospettata alla corte napoletana si incentra, an

zitutto, sulla configurabilità di un risarcimento spettante ai con

giunti della vittima iure hereditatis e non investe, per contro, la configurabilità di un risarcimento conseguente alla morte del

congiunto, ma ancorato ad un danno riconducibile alla persona

degli stessi congiunti superstiti, e quindi iure proprio. Tale ulti

mo profilo non viene, infatti, in considerazione né nella moti

vazione della sentenza impugnata, né nel motivo di ricorso del

Ceruti Oreste.

Ad essa sono state date, in dottrina e in giurisprudenza, tre

diverse risposte. Una prima soluzione è quella che, configurato il danno bio

logico come quello che si traduce nella lesione del diritto alla

salute e si attua mediante la menomazione di valori inerenti

al patrimonio fisio-psichico del soggetto — al di fuori di ogni

ripercussione di ordine patrimoniale —, che presuppongono quin di la prosecuzione della vita stessa, esclude che il sopravvenire della morte possa giustificare il diritto al risarcimento.

Una seconda soluzione è quella che ipotizza la necessità di

tutela di un bene, quello della vita, costituente il «sommo bene

fisico». Detta tutela non potrebbe essere negata senza negare sostanzialmente proprio la tutela del bene salute, come avver

rebbe ove si escludesse un diritto al risarcimento nell'ipotesi di

maggiore gravità della lesione della salute, che si realizza con

la completa distruzione di esso.

Una terza soluzione, intermedia, porta a riconoscere la risar

cibilità iure hereditatis del danno biologico per il periodo, più o meno breve, intercorso tra l'evento lesivo e il decesso. Per

tale periodo sarebbe configurabile una lesione della salute in

danno dell'offeso e quindi l'acquisto da parte sua di un diritto

al risarcimento del danno, trasmissibile agli eredi, che dovrebbe

invece essere escluso per il periodo successivo alla morte del

l'offeso (cfr., da ultimo, Cass. 11169/94, id., 1995, I, 1852). Tale ultima soluzione, seguita dalla sentenza impugnata, ap

pare la più conforme alla struttura dell'illecito civile e ai princi

pi informatori della responsabilità aquiliana. Va premesso che, come rilevato dalla sentenza 372/94 della

Corte costituzionale, la costruzione teorica del danno alla salute

operata dalla precedente sentenza 184/86 della stessa corte non

identifica il danno biologico con il fatto lesivo del diritto alla

salute: tale danno, la cui esistenza si ricava dal fatto stesso della

lesione della salute, si identifica però in una perdita, cioè nella

privazione di un valore personale, cui il risarcimento deve esse

re commisurato e che deriva dalla lesione del diritto alla salute.

Ora, se si considera la lesione del diritto alla salute come

il dato che conferisce il carattere di «ingiustizia» all'evento dan

noso visto in sé, indipendentemente dalle conseguenze, è evi

dente che l'evento morte viene a porsi come conseguenza del

fatto lesivo, anziché come elemento costitutivo di esso. Ed allo

ra, appare inevitabile ritenere che il diritto al risarcimento del

danno non può sorgere in capo al soggetto deceduto se non

limitatamente ai danni verificatisi dal momento del fatto lesivo

a quello del decesso, non essendo concepibile che per il periodo

Il Foro Italiano — 1996.

successivo tale fatto venga a produrre una perdita per un sog

getto non più in vita.

Ne consegue che i congiunti del soggetto deceduto non posso no acquistare iure hereditatis un diritto che non è mai entrato

a far parte del patrimonio del de cuius: ciò in relazione all'og

getto stesso dell'obbligazione risarcitoria, che non può essere

rappresentato da una perdita derivante dalla lesione di un dirit

to soggettivo mai verificatasi nella sfera personale — nella spe cie — come in quella patrimoniale della persona offesa.

Tale principio ha più volte trovato affermazione nella giuris

prudenza di legittimità e di merito, la quale ha posto, tra l'al

tro, in evidenza come il danno biologico, inteso come menoma

zione dell'integrità psico-fisica della persona in se e per se con

siderata, in quanto concerne la riparazione della lesione arrecata

ad un diritto personalissimo del danneggiato, non può essere

riconosciuto agli eredi della vittima (cfr. Cass. 6938/88, id.,

Rep. 1990, voce Danni civili, n. 99, ecc.).

Rimane, quindi, superato l'argomento secondo cui il momen

to di insorgenza del diritto al risarcimento del danno sarebbe

quello di cui l'autore abbia creato con la sua condotta i presup

posti del danno stesso, e non quello in cui il danno venga a

manifestarsi.

Il problema attiene, invero, non al momento di insorgenza del diritto al risarcimento, bensì all'oggetto ed ai limiti di esso, nel senso che la privazione di quel valore personale al quale il risarcimento deve essere commisurato è configurabile, nei con

fronti della persona offesa, solo sino al momento in cui la stes

sa, rimanendo in vita, abbia potuto risentirne, e non anche do

po la morte, la quale viene a far cessare definitivamente la pos sibilità di «conseguire» la perdita di natura non patrimoniale, e quindi di realizzare l'incremento patrimoniale corrispondente a tale perdita, con conseguente intrasmissibilità agli eredi del

relativo diritto di credito.

In altri termini, proprio perché l'evento morte è semplice con

seguenza del fatto lesivo e non elemento costitutivo di esso, non può ipotizzarsi nel defunto la titolarità di un diritto al ri

sarcimento del danno per una perdita da lui non subita, e quin di un «incremento» patrimoniale che i congiunti del defunto

possano conseguire iure hereditatis.

La morte del soggetto che ha subito un'aggressione alla sfera

fisio-psichica dalla quale derivi un danno biologico risarcibile

viene, in definitiva, ad operare — sotto il profilo in esame —

allo stesso modo sia che essa sia causalmente legata al fatto

lesivo, sia che rispetto a questo non sia ravvisabile alcun nesso

causale, nel senso che, in entrambi i casi, essa fa venir meno

le conseguenze pregiudizievoli del fatto lesivo per il defunto, e quindi costituisce un limite ai danni risarcibili per la violazio

ne della di lui sfera giuridica soggettiva. Ben diverso è il caso in cui la morte di una persona rappre

senti essa stessa un danno per i congiunti, in quanto si ponga come evento idoneo a provocare nella loro sfera personale o

patrimoniale pregiudizi passibili di risarcimento. Ma ciò attiene

alla posizione soggettiva propria dei congiunti, ad un diritto

proprio di costoro, e non ad una posizione loro «trasferibile»

dal patrimonio del de cuius.

Quanto alla pretesa anomalia per cui l'entità del risarcimen

to, in tale ottica interpretativa, verrebbe a dipendere dal mo

mento in cui ha luogo la liquidazione, e quindi da una circo

stanza estrinseca rispetto alla fattispecie della responsabilità ci

vile, si osserva che una tale situazione è comune a tutte le ipotesi di danno futuro, laddove venga a verificarsi un evento che ren

da certi le prospettive ed i limiti del danno risarcibile. Essa,

quindi, si verifica anche in ipotesi di danno patrimoniale o bio

logico cui faccia seguito, prima della liquidazione definitiva, la

morte del danneggiato. Il fatto, quindi, che in tale caso sia pos sibile un «ridimensionamento» del danno per essere divenuti certi

gli elementi per la sua quantificazione attinenti alla permanenza in vita del danneggiato, e che esso non sia consentito laddove

una liquidazione definitiva del danno sia intervenuta, costitui

sce una «anomalia» dipendente dall'esigenza di certezza delle

situazioni giuridiche dal momento del passaggio in giudicato della

sentenza o da quello, anteriore, in cui i fatti sopravvenuti pos sano rilevare nel processo.

Ma al di fuori dei limiti sopra considerati, la modificabilità

delle statuizioni sul diritto al risarcimento del danno in dipen denza di fatti sopravvenuti si traduce nella precisa delimitazione

del pregiudizio e quindi dell'oggetto del diritto al risarcimento,

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Page 10: sezione III civile; sentenza 29 maggio 1996, n. 4991; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Lo Cascio (concl. diff.); Mormile Troiano e altri (Avv. E. M. Liguori) c. Soc. Meie Assicuratrice

3123 PARTE PRIMA 3124

il cui operare è del tutto conforme ai principi generali laddove

si viene a sostituire con elementi certi gli elementi originaria mente incerti circa il contenuto e la quantificazione della prete sa risarcitoria.

Non può, poi, addursi che l'ordinamento conosce una serie

di ipotesi in cui si verifica in favore dell'erede l'acquisto di di

ritti nascenti al momento stesso della morte del de cuius.

Molte delle ipotesi richiamate dal ricorrente riguardano, anzi

tutto, diritti che nel momento o anche per effetto della morte

del de cuius vengono acquistati iure proprio dal beneficiario, anche se erede. Ciò si verifica nei contratti di assicurazione sul

la vita propria per il caso di morte, che sono sempre contratti

a favore di terzi (art. 1919-1920 c.c.) o nell'ipotesi di cui al

1° comma dell'art. 2122 c.c., secondo la opinione prevalente

(cfr. Cass. 3515/81, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 2294, ecc.).

Ma anche nelle ipotesi in cui l'acquisto del diritto è sicura

mente riconducibile al fenomeno successorio, è indubbio che

si tratta di diritti aventi un oggetto ben determinato sul quale la morte del de cuius non è in grado di incidere.

Così nell'ipotesi di cui all'art. 2122, 3° comma, c.c. con ri

guardo alle indennità di preavviso e di fine rapporto spettanti al lavoratore subordinato deceduto, ovvero allorché il fatto ille

cito abbia provocato, oltre che il decesso della persona offesa, il danneggiamento o la distruzione di beni facenti parte del di

lui patrimonio. In tali ipotesi, è perfettamente coerente configurare diritti sog

gettivi sorti in dipendenza e comunque a seguito dell'evento mor

te: nella prima ipotesi peraltro la morte rappresenta il fatto estin

tivo del rapporto di lavoro, cui è ricollegato l'acquisto di diritti

dei quali comunque la fattispecie costitutiva si è già avverata, difettando solo il momento in cui la situazione giuridica sogget tiva viene a completarsi o, secondo l'opinione prevalente (cfr. Cass. 8861/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1791), può essere

concretamente attuata. Nella seconda ipotesi il diritto al risarci

mento si riconduce ad un fatto illecito già commesso nell'ambi

to del quale può concettualmente distinguersi il momento del

verificarsi del fatto lesivo da quello della produzione del danno

sempre, che non possa scindersi la condotta illecita in relazione

ai due diversi tipi di eventi lesivi.

Certo è che, nell'una come nell'altra ipotesi, il contenuto del

diritto acquistato dall'erede non viene in considerazione, essen

do esso comunque identico indipendentemente dal suo verifi

carsi in capo al de cuius o direttamente in capo all'erede, ancor

ché possa dipendere da condizioni soggettive — ad es., prospet tive di specifica utilizzazione del bene e di conseguenti guadagni — che non incidono però sul perpetuarsi della lesione e sulla

quantificazione del risarcimento in relazione ad una sua proie zione futura.

In altri termini, nell'ipotesi di danno a cose di persona dece

duta — sia o meno la morte collegata al fatto illecito che ha

provocato il danneggiamento o la distruzione delle cose medesi

me — l'entità del danno, ancorché possa essere influenzata da

componenti future, è normalmente in grado di essere determi

nata in base ad elementi oggettivi, ma, nella misura in cui ciò

non possa avvenire — ad es. in tema di danno a cose destinate

ad una personalissima utilizzazione da parte del proprietario —

si ripropongono le medesime considerazioni svolte riguardo al

danno alla persona, nel senso che il decesso del proprietario delle cose danneggiate può incidere sulla misura del risarcimen

to nella parte in cui il pregiudizio può essere legato ad una

situazione soggettiva non riproponibile per l'erede. In tale ipo tesi, pur non trattandosi di beni personalissimi, il carattere «per sonale» dell'uso di essi è certamente idoneo ad influire sull'enti

tà del risarcimento.

Ma tutto ciò non incide sul problema del momento di acqui sto del diritto da parte del successore, riconducibile alla data

del fatto illecito e non a quella dell'evento morte, che, per quanto «immediata», è pur sempre successiva al fatto che l'ha provo cata. Se poi non fosse possibile ipotizzare uno hiatus temporale tra due condotte illecite diverse — quelle che hanno provocato la lesione alla persona e la lesione alla cosa — l'unica conse

guenza possibile è il verificarsi della trasmissione all'erede del

diritto sulla cosa e l'insorgenza per la prima volta in capo ad

esso della pretesa risarcitoria.

Identico problema si pone, del resto, anche quando la morte

li Foro Italiano — 1996.

della persona non sia causalmente collegata al danneggiamento della cosa.

Infine, non vale addurre che l'eventualità di una minore enti

tà del danno in capo all'erede rispetto a quello profilabile in

capo all'offeso se fosse rimasto in vita contrasterebbe con i prin

cipi della «proporzionalità della pena» e degli «effetti economi

ci dell'illecito». Di proporzionalità della pena non può parlarsi con riferimen

to ad una sanzione — il risarcimento del danno — di carattere

civile, come tale legata nella sua essenza e nella concreta quan tificabilità all'esistenza e alle dimensioni del danno dal fatto

illecito.

Né può ritenersi un assurdo logico-giuridico che la «morte», in moneta risarcitoria, possa per il responsabile costare meno

di una modesta lesione con esiti permanenti. Ove ciò si verifi

chi, dipende esclusivamente dalla diversa consistenza ed entità

del pregiudizio nell'uno e nell'altro caso arrecato, e quindi dal

la diversità di situazioni giuridiche soggettive sulle quali l'illeci

to viene ad incidere.

Con riguardo alla posizione dei congiunti della persona offe

sa, una simile situazione deriva dal fatto che essi subentrano

nella posizione del defunto per i danni che l'illecito ad esso

aveva arrecato, non anche per quelli che in futuro, successiva

mente al decesso, era in grado di arrecargli, ferma restando

in ogni caso la risarcibilità iure proprio dei danni provocati di

rettamente alla sfera personale-patrimoniale dei congiunti me

desimi. La diversità di situazioni deriva, pertanto, dalla diversità del

le menomazioni alla sfera personale o patrimoniale suscettibili

di risarcimento in quanto danni «ingiusti» provocati dal fatto

illecito e non da anomalie che possano rivelare alcuna irrazio

nalità nella disciplina degli effetti dannosi dell'illecito.

Che poi l'eventuale morte della vittima in corso di giudizio

possa determinare la necessità di rimborsi da parte degli eredi

del danneggiato, in funzione di una provvisionale attribuita a

quest'ultimo, è perfettamente coerente con il carattere provvi sorio di detta statuizione e con la necessità di una diversa deter

minazione del danno dipendente dal venir meno del danneggia to e dal subentro di altro soggetto quale titolare, iure heredita

tis ma anche possibilmente iure proprio, della pretesa risarcitoria.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 27 mag gio 1996, n. 4883; Pres. Scala, Est. Paolini, P.M. Di Salvo

(conci, conf.); B. Rusconi (Avv. Chiapparelli, Torti) c. G. Rusconi ed altri. Conferma App. Milano 31 gennaio 1992.

Successione ereditaria — Legato in sostituzione di legittima —

Volontà tacita di acquistare il legato — Irretrattabilità (Cod.

civ., art. 551).

La volontà di conseguire il legato che può essere manifestata anche tacitamente, per facta concludentia, ha valore di atto

confermativo dell'acquisto mortis causa, carattere irretratta

bile, nonché efficacia estintiva del diritto di agire per il conse

guimento della legittima. (1)

(1) La sentenza aderisce all'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, ai sensi dell'art. 551 c.c., la volontà del legittimario, diretta alla scelta tra la rinunzia al legato, assegnato in sostituzione della quota di riserva con conseguente facoltà di agire per acquistare la legittima, ed accetta zione (rectius, ritenzione) dell'acquisto del legato stesso può manifestar si indifferentemente in forma espressa, cioè verbalmente o per atto scritto, e tacitamente, per facta concludentia.

In senso favorevole alla generale ammissibilità della rinunzia tacita al legato attribuito in sostituzione di legittima, v. Cass. 14 aprile 1992,

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