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1 F are bene le cose giuste, con modalità orga- nizzative e relazionali che soddisfino il pa- ziente e gli operatori, utilizzando le risorse in maniera efficiente. Credo che in tale descrizione siano compresi tutti i principali ingredienti della ricetta "fare Qualità": efficacia ed appropriatezza, organizzazione, relazioni, soddisfazione dell'utenza, efficienza. E' ormai accettato dai più che in Sanità occorre passare da una logica di qualità del prodotto ad una logica di costruzione della qualità dell'intero processo di produzione ed eroga- zione del servizio, ossia alla Qualità Totale. La qualità viene pertanto definita anche come qualità organizzativa, ottenuta con la metodologia di "lavoro per processi". Tale metodologia, quindi, permettendo il controllo delle molte- plici variabili del ciclo produttivo, rende possibile l'eroga- zione di un prodotto o servizio di buona qualità. In tale contesto è nato, si è sviluppato ed è in fase di realizza- zione il progetto di accorpamento di attività omogenee nell'area della diagnostica di laboratorio. Tale progetto si basa sulla evidenza che razionalizzando e controllando il ciclo produttivo delle prestazioni di laboratorio è possibile conseguire significative economie di gestione mantenen- do la qualità del servizio erogato. Nella nostra realtà ciò è possibile perchè; a) tutti gli operatori coinvolti presentano un elevato gra- do di professionalità; b) vi è una forte base organizzativa comune rappresen- tata dalla certificazione di conformità ISO 9002 già con- seguita dai laboratori di Livorno, Piombino e Portoferraio ed in fase avanzata di attuazione negli altri laboratori; c) è stato acquisito un identico sistema gestionale per Livorno e per Cecina e sono in corso di attuazione solu- zioni che garantiscano la compatibilità con gli altri labora- tori; d) tutti i laboratori utilizzano strumentazione in larga parte identica ed intercambiabile. Le condizioni sopra elencate hanno reso possibile la ge- stione in rete di tutti i laboratori della ASL 6, quasi in for- ma di unica struttura polispecialistica, nell'ambito della quale la sede del prelievo o di esecuzione dell'esame rappresentano solo alcune delle fasi del processo dia- gnostico che risultano, nell'ottica del controllo di proces- so prima richiamato, ininfluenti sulla qualità del risultato. Si è parlato con esasperati toni allarmistici di "provetta tour". E' vero, tale processo richiede che le provette viag- gino. Come hanno sempre viaggiato: da Collesalvetti o da Cecina a Livorno; da Livorno o Rosignano o Donora- tico a Cecina; da Campiglia o Suvereto o S. Vincenzo o Portoferraio a Piombino. La differenza attuale è data dal fatto che tali trasferimenti avvengono nelle condizioni di "conservabilità" e sicurezza imposte dalla certificazione dei nostri Sistemi Qualità. La professionalità, la comune base organizzativa ed il medesimo Sistema Qualità prima richiamati rappresenta- no per l'utenza la garanzia della qualità delle prestazioni, sola base di valutazione del nostro impegno di migliora- mento. (a.l.g.) Sommario EDITORIALE 1 L’ESAME PIÙ AMATYO DAI MEDICI 2 PROTEINURIE: CAUSE ED ACCERTAMENTI 4 LA CISTATINA C: UN MARCATORE BIOCHIMICO EN- DOGENO DI FILTRAZIONE GLOMERULARE? 6 OMOCISTEINA: NUOVO MARKER DI RISCHIO PER LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI 7 Editoriale La dottoressa Nannini ha deciso di fare, dal pri- mo gennaio, la nonna a tempo pieno. Ci manca già il suo stimolo a collocare sempre, nei fatti dell'agire quotidiano, il paziente al centro della nostra attenzione; il suo incessante via vai alla ricerca ora di una provetta, ora di una diuresi mancanti; il suo prodigarsi perchè chiunque si rivolgesse al nostro laboratorio trovasse la solu- zione al proprio problema. Ci manca infine il suo bubbolio degli ultimi 3 o 4 anni "perchè sono stufa, e qui è un continuo, non ne va bene una, se continua così me ne vado in pensione". Da lei tutti abbiamo imparato qualcosa Grazie Lucia.

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F are bene le cose giuste, con modalità orga-nizzative e relazionali che soddisfino il pa-ziente e gli operatori, utilizzando le risorse in

maniera efficiente. Credo che in tale descrizione siano compresi tutti i principali ingredienti della ricetta "fare Qualità": efficacia ed appropriatezza, organizzazione, relazioni, soddisfazione dell'utenza, efficienza. E' ormai accettato dai più che in Sanità occorre passare da una logica di qualità del prodotto ad una logica di costruzione della qualità dell'intero processo di produzione ed eroga-zione del servizio, ossia alla Qualità Totale. La qualità viene pertanto definita anche come qualità organizzativa, ottenuta con la metodologia di "lavoro per processi". Tale metodologia, quindi, permettendo il controllo delle molte-plici variabili del ciclo produttivo, rende possibile l'eroga-zione di un prodotto o servizio di buona qualità. In tale contesto è nato, si è sviluppato ed è in fase di realizza-zione il progetto di accorpamento di attività omogenee nell'area della diagnostica di laboratorio. Tale progetto si basa sulla evidenza che razionalizzando e controllando il ciclo produttivo delle prestazioni di laboratorio è possibile conseguire significative economie di gestione mantenen-do la qualità del servizio erogato. Nella nostra realtà ciò è possibile perchè;

a) tutti gli operatori coinvolti presentano un elevato gra-do di professionalità;

b) vi è una forte base organizzativa comune rappresen-tata dalla certificazione di conformità ISO 9002 già con-seguita dai laboratori di Livorno, Piombino e Portoferraio ed in fase avanzata di attuazione negli altri laboratori;

c) è stato acquisito un identico sistema gestionale per Livorno e per Cecina e sono in corso di attuazione solu-zioni che garantiscano la compatibilità con gli altri labora-tori;

d) tutti i laboratori utilizzano strumentazione in larga parte identica ed intercambiabile.

Le condizioni sopra elencate hanno reso possibile la ge-stione in rete di tutti i laboratori della ASL 6, quasi in for-ma di unica struttura polispecialistica, nell'ambito della quale la sede del prelievo o di esecuzione dell'esame rappresentano solo alcune delle fasi del processo dia-gnostico che risultano, nell'ottica del controllo di proces-so prima richiamato, ininfluenti sulla qualità del risultato. Si è parlato con esasperati toni allarmistici di "provetta tour". E' vero, tale processo richiede che le provette viag-gino. Come hanno sempre viaggiato: da Collesalvetti o da Cecina a Livorno; da Livorno o Rosignano o Donora-tico a Cecina; da Campiglia o Suvereto o S. Vincenzo o Portoferraio a Piombino. La differenza attuale è data dal fatto che tali trasferimenti avvengono nelle condizioni di

"conservabilità" e sicurezza imposte dalla certificazione dei nostri Sistemi Qualità.

La professionalità, la comune base organizzativa ed il medesimo Sistema Qualità prima richiamati rappresenta-no per l'utenza la garanzia della qualità delle prestazioni, sola base di valutazione del nostro impegno di migliora-mento. (a.l.g.)

Sommario

EDITORIALE 1

L’ESAME PIÙ AMATYO DAI MEDICI 2

PROTEINURIE: CAUSE ED ACCERTAMENTI

4

LA CISTATINA C: UN MARCATORE BIOCHIMICO EN-DOGENO DI FILTRAZIONE GLOMERULARE?

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OMOCISTEINA: NUOVO MARKER DI RISCHIO PER LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

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Editoriale

La dottoressa Nannini ha deciso di fare, dal pri-mo gennaio, la nonna a tempo pieno. Ci manca già il suo stimolo a collocare sempre, nei fatti dell'agire quotidiano, il paziente al centro della nostra attenzione; il suo incessante via vai alla ricerca ora di una provetta, ora di una diuresi mancanti; il suo prodigarsi perchè chiunque si rivolgesse al nostro laboratorio trovasse la solu-zione al proprio problema. Ci manca infine il suo bubbolio degli ultimi 3 o 4 anni "perchè sono stufa, e qui è un continuo, non ne va bene una, se continua così me ne vado in pensione". Da lei tutti abbiamo imparato qualcosa Grazie Lucia.

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N avigando in Internet mi sono imbattuta in un articolo che ha catturato la mia attenzione per due motivi. In primo luogo per il titolo

accattivante: L’emocromo: l’esame più amato dai medici e poi per l’approccio clinico alla valutazione e all’inter-pretazione dell’emocromo. (http://fonop.cineca.it/ita/News/emocromo.htm). Alcuni spunti di questa breve rassegna dei vari punti su cui riflettere l’ ho tratti proprio da questo articolo. Nel laboratorio di Livorno attualmente vengono eseguiti circa 650 emocromi al giorno; è in assoluto l’esame più richiesto, ancor più della glicemia. La maggioranza degli emocromi non presenta alterazioni di rilievo. Tutta-via il potenziale d’informazione che quest’esame forni-sce non sempre viene completamente recepito dal cu-rante. C’è la tendenza di basarsi solo sul numero dei globuli rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine trascu-rando gli altri parametri. Parametri dell’emocromo Un emocromo completo è strutturato in tre comparti-menti, che attualmente comprendono i seguenti para-metri: • Conta dei globuli rossi (RBC) ed ematocrito (HTC),

volume corpuscolare medio (MCV) ed ampiezza di distribuzione del volume eritrocitario (RDW), con-centrazione dell’emoglobina (HB), emoglobina cor-puscolare media (MCH) e concentrazione emoglo-binica corpuscolare media (MCHC).

• Conta dei globuli bianchi (WBC) e formula leucoci-taria

• Conta piastrinica (PLT) e volume piastrinico medio (MPV)

Inoltre su richiesta è possibile avere: • Conta dei reticolociti e indici reticolocitari Questi dati, forniti dai moderni contaglobuli, hanno un notevole valore clinico nell’inquadramento e, successi-vamente, nel monitoraggio degli stati anemici. L’osser-vazione microscopica della morfologia eritrocitaria può essere di ulteriore ausilio. Il medico di laboratorio deci-de, in base ai valori dei vari parametri e all’osservazione degli istogrammi relativi alla distribuzione delle popola-zioni eritrocitaria e piastrinica e in base allo scatter-gramma relativo alla formula leucocitaria, di validare il referto oppure di approfondire l’aspetto della morfologia eritrocitaria, piastrinica o della formula leucocitaria os-servando gli elementi al microscopio dopo opportuna colorazione. Nella tabella in fondo pagina : Morfologia eritrocitaria e leucocitaria e quadri clinici correlati, sono indicati alcuni aspetti morfologici orientativi per alcune patologie. I parametri eritrocitari sono misurazioni relative, che non c’informano in termini assoluti della massa totale degli eritrociti circolanti perché sono influenzati dalla variazione del volume ematico. Ad esempio una condi-zione in cui si verifica emodiluizione (gravidanza, ana-sarca, ecc.), comporterà nei parametri eritrocitari una sovrastima dello stato di anemia. Viceversa una riduzio-ne del volume circolante per disidratazione (ispissatio

sanguinis), provoca emoconcentrazione e quindi un aumento dell’ematocrito e della conta eritrocitaria (pseudopoliglobulia). E ancora, in corso di emorragia acuta, in cui vanno persi in eguale misura plasma e cellule, i parametri eritrocitari potrebbero risultare solo lievemente modificati a difetto di una grave anemia clini-camente evidente. L’anemia è una riduzione della quantità di emoglobina circolante; la concentrazione dell’emoglobina è la misu-ra più attendibile dello stato del sistema eritroide in quanto esprime la capacità di trasportare ossigeno nel sangue, mentre l’ematocrito rappresenta il volume per-centuale della massa globulare. Il numero dei globuli rossi ha un valore relativo; per esempio 4 milioni di glo-buli rossi di volume di 100 fL corrispondono ad un HTC di 40 (e quindi circa 14 g/L di HB), ma 4 milioni di globu-li rossi di 60 fL corrispondono ad un HTC di 24 (circa 8 g/L di HB). L’MCH rappresenta la quantità di HB conte-nuta in un singolo G.R. (dunque risente del MCV), men-tre l’MCHC è il rapporto fra HB e HTC e tende ad esse-re piuttosto costante; variazioni in aumento sono in ge-nere legate a problemi tecnici e possono essere una spia di malfunzionamento strumentale. Una diminuzio-ne di questi indici si definisce ipocromia e dimostra che l’HBpoiesi è più compromessa dell’eritropoiesi. Il valore dell’HB, però, può essere soltanto lievemente diminuito in corso di un’acutissima crisi emolitica intra-vasale (ad es. favismo, anemia emolitica autoimmune) in cui viene misurata sia l’emoglobina intraeritrocitaria ma anche quella libera nel plasma; in tal caso la conta dei globuli rossi fornisce una misura più precisa dell’en-tità dell’anemizzazione. Le variazioni volumetriche dei globuli rossi sono utilizza-te per distinguere le anemie in macrocitiche, normociti-che e microcitiche. Il MCV ha un forte potere diagnosti-co. Poiché il dato fornito dagli strumenti rappresenta un valore medio, che talora non consente un corretto in-quadramento clinico, è opportuno valutare la curva di distribuzione dei globuli rossi e l’indice che l’esprime (RDW). La presenza di una doppia popolazione eritroci-taria come indice di ripresa dopo terapia appropriata, oppure dopo trasfusione oppure ancora nelle sindromi mielodisplastiche come presenza clonale di una popola-zione abnorme, invalida il valore del MCV, che, essen-do un valore medio, non rappresenta il volume né del-l’una, né dell’altra popolazione. L’aumento dell’MCV si riscontra in due gruppi principali di anemia: le anemie emolitiche e le anemie iporigene-rative. Nel primo gruppo la macrocitosi deriva dall’im-missione in circolo di un elevato numero di reticolociti, i quali hanno un volume elevato (114 fL) contro gli 89 fL delle emazie mature normali; nel secondo gruppo la macrocitosi scaturisce dal fatto che il midollo, sotto lo stimolo eritropoietinico immette in circolo cellule più giovani. In tal caso bisogna distinguere le forme dovute ad insufficienza midollare, dalle forme carenziali (B12, Acido Folico). La riduzione dell’MCV accompagna le anemie derivanti da una ridotta produzione di emoglobina, la quale può derivare dalla carenza di ciascuno dei suoi componenti : carenza di ferro o mancata utilizzazione del ferro (processi infiammatori cronici, intossicazione da piom-bo, anemia sideroblastiche); mancata sintesi di proto-

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L’esame più amato dai medici

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porfirina IX (porfirie); ridotta sintesi di catene globini-che (talassemie).Lo stato di trait-talassemico e la ca-renza marziale presentano le stesse caratteristiche all’esame emocromocitometrico, tuttavia è possibile discriminare le due condizioni mediante l’RDW, che è elevato nella carenza di ferro (è uno degli indicatori più precoci di carenza marziale!), mentre è normale o leggermente aumentato nel trait talassemico. Le altre condizioni che determinano anemia sono ge-neralmente responsabili di anemie normocitiche. In questo caso il primo passo per la classificazione è rappresentato dal conteggio dei reticolociti. Analogamente agli indici eritrocitari si possono ottene-re gli indici reticolocitari come MCVr, RDWr , MCHr ed altri. Dato che i reticolociti completano la loro matura-zione, in condizioni normali, in 24-36 ore nel sangue periferico, essi rappresentano la parte dinamica dell’e-ritropoiesi. Interessante è valutare i loro indici anche in rapporto agli indici eritrocitari per avere un quadro dell’eritropoiesi. Un’eritropoiesi carente di ferro si ri-fletterà sugli indici reticolocitari ed è possibile diagno-sticare anche una eritropoiesi carente di ferro in un portatore di un gene talassemico. La maggior parte dei moderni analizzatori consente la determinazione di questi indici che tuttavia non sono utilizzati comune-mente , ma solo a scopo di approfondimento diagno-stico. Fra le alterazioni quantitative dei globuli bianchi rive-

stono maggior interesse le gravi leucopenie o le gran-di leucocitosi mentre maggiori informazioni sullo stato della leucopoiesi vengono in genere desunte dall’os-servazione microscopica della morfologia. Le altera-zioni numeriche delle piastrine sono un reperto di fre-quente riscontro. Nel nostro laboratorio tutti i campioni in routine con conteggi inferiori a 120.000 piastrine vengono controllati al microscopio per la ricerca di eventuali agglutinati e segnalati come piastrinopenia vera o pseudopiastrinopenia. La pseudopiastrinopenia è una condizione nella quale, in soggetti con valori normali di piastrinemia, si verifica una riduzione del conteggio piastrinico. La maggior parte delle pseudo-piastrinopenie sono causate da anticorpi antipiastrine che determinano una agglutinazione in presenza degli anticoagulanti presenti nella provetta. Questa condi-zione, presente esclusivamente in vitro, non è una situazione patologica e non ha effetti sull’emostasi. Nell’ambito delle piastrinopenie vere, può essere di utilità diagnostica la valutazione dell’MPV, in quanto esso è normale o ridotto nella maggior parte delle piastrinopenie congenite, mentre è aumentato, ad indicare uno stress midollare, nelle forme autoimmuni da aumentata distruzione. (a.m.)

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Morfologia eritrocitaria Patologia correlata

Anisopoichilocitosi marcata Emazie a falce Sferociti Elissociti Emazie con punteggiatura basofila Schistociti Acantociti Corpi di Howel-Jolly Dacriociti

Talassemie HbC Sferocitosi ereditaria; anemia emolitica autoimmune Ellissocitosi ereditaria Intossicazione da piombo Anemia microangiopatica Gravi epatopatie Ipofunzione splenica Mielofibrosi

Morfologia leucocitaria

Linfociti attivati Ombre di Gumprecht Neutrofili con granulazioni tossiche Neutrofili ipersegmentati

Mononucleosi infettiva o altre malattie virali Leucemia linfatica cronica Infezioni batteriche Carenza di vitamina B12

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C on la diagnostica urinaria è possibile rilevare lo stato di salute dei reni e delle basse vie urinarie. Il controllo di questo

sistema di organi è particolarmente importante nell’ambito della prevenzione della malattia in quanto la sintomatologia insorge relativamente tardi e quando viene diagnosticata spesso non è più possibile ottenere una guarigione completa. I parametri richiesti routinariamente in laboratorio come la creatinina o la ricerca dell’eventuale proteinuria con il metodo della striscia test (es. urine) non sono idonei ad evidenziare tempestivamente i disturbi della funzionalità renale in quanto la tecnica degli sticks è semiquantitativa ed è in grado di rilevare in maniera attendibile solo l’albumina e non le altre proteine eventualmente presenti nella proteinuria di tipo tubulare o la proteina di Bence Jones in caso di mieloma; inoltre la sensibilità alla stessa albumina è del tutto insufficiente ad e v i d e n z i a r e l a c o s i d d e t t a “microalbuminuria” (albumina compresa tra 20 e 200 mg/24h).Pertanto se per la diagnosi delle proteine ci si basasse esclusivamente sull’utilizzo delle strisce test si evidenzierebbero solo patologie renali avanzate. Considerando che in base ai dati del Registro Italiano di Dialisi e Trapianti (RIDT), aggiornato al 1995, la prevalenza dei pazienti con insufficienza renale cronica terminale in trattamento dialitico o con trapianto renale è pari a 700 pazienti/milione di abitanti, è importante che il Laboratorio possa dare al Medico di base dei mezzi diagnostici che permettono di riconoscere in tempo eventuali danni renali (R. Boero et al. Il paziente nefropatico. Medico e paziente 9/1998;7-14). . Grazie all’utilizzo delle tecniche immunochimiche per il dosaggio delle proteine urinarie si spera che in futuro tali patologie siano riconosciute e curate precocemente . Esistono oltre alle patologie ereditarie e non, che colpiscono direttamente il rene, anche delle malattie che interessano secondariamente tale organo; tra queste le forme metaboliche (gotta e diabete), le malattie autoimmuni e l’amiloidosi. Il rene è inoltre un organo-bersaglio di una serie di agenti tossici sia chimici che fisici (farmaci, sostanze tossiche) in grado di provocare tubulopatie. La ridotta funzionalità renale si manifesta quasi sempre con la eliminazione di proteine plasmatiche nelle urine; pertanto la “proteinuria” è il sintomo principale della maggior parte delle patologie renali. CAUSE DI PROTEINURIE La proteinuria renale può essere di origine glomerulare o tubolare. La proteinuria di tipo glomerulare è formata da albumina e proteine plasmatiche di p.m. >70.00

daltons (immunoglobuline, transferrina) ed è dovuta ad un‘alterata permeabilità dei capillari glomerulari. Le cause più frequenti sono le glomerulonefriti primitive o secondarie; tuttavia una proteinuria glomerulare può caratterizzare una condizione parafisiologica come la proteinuria ortostatica (usualmente benigna) che si manifesta soprattutto nei giovani. Se in clinostatismo la proteinuria scende a valori inferiori a 150 mg/die si può tranquillamente porre diagnosi di “proteinuria ortostatica”. La proteinuria tubulare è composta invece da proteine di P.M. <50.000 daltons (alfa-1microglobulina, beta-2 microglobulina, proteina legante il retinolo, lisozima). Può essere dovuta ad un inadeguato riassorbimento da parte dei tubuli prossimali (tubulopatie primitive, nefropatie tubulo-interstiziali) o ad una iperproduzione di microproteine con filtrazione massiva ed incapacità di riassorbimento da parte dei tubuli: proteina di Bence Jones nel mieloma, lisozima nella leucemia mielomonocitica(tubolopatie da sovraccarico). Inoltre la presenza di una proteinuria può essere ricondotta a cause pre- o post-renale. Nei casi di proteinuria post-renale si possono ritrovare in vescica insieme alle urine proteine plasmatiche giunte in forma di essudato o trasudato dall’epitelio urinario. Tale proteinuria può essere confusa in questo caso con una proteinuria di tipo glomerulare. Per la diagnosi differenziale è utile dosare l’alfa-2 macroglobulina (proteina di grosse dimensioni che non riesce a superare la membrana basale del glomerulo anche in presenza di gravi alterazioni patologiche). DETERMINAZIONE DELLE PROTEINURIE Ai fini di una corretta diagnosi non è sufficiente la determinazione quantitativa delle proteine escrete (ricerca della proteinuria nelle urine delle 24 ore ). Di fondamentale importanza è il riconoscimento della composizione proteica, per poter localizzare il processo patologico. A tale proposito si può disporre per un‘analisi qualitativa di due procedimenti alternativi: la tecnica elettroforetica che si basa sulla separazione dlle proteine in base al loro peso molecolare (SDS-PAGE) o la comune elettroforesi zonale (attualmente utilizzata nel nostro Laboratorio). Per l’elettroforesi zonale purtroppo il problema maggiore è quello di riconoscere la presenza delle microglobuline, data la loro bassa concentrazione; inoltre nella proteinuria mista spesso la loro migrazione si sovrappone a quella delle proteine a peso molecolare maggiore (F. Aguzzi. Aspetti clinici dell’analisi delle plasmaproteine. 87-88). Per avere ulteriori conferme si possono associare a

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PROTEINURIE: cause ed accertamenti

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Microalbuminuria E’ utile ricordare in questo contesto che l’aumentata escrezione di albumina viene valutata come marker molto precoce di un’alterazione della membrana basale glomerulare. Dato che negli stadi iniziali le percentuali di eliminazione sono inferiori al limite di sensibilità delle strisce-test; è s tato con i ato i l term ine d i “microalbuminuria” per indicare l’escrezione urinaria di quantità minime di albuminuria. Tale marker si è rilevato di estrema importanza nella nefropatia diabetica, in quanto un riconoscimento precoce e una terapia preventiva efficace possono impedire l’evolversi di tale patologia verso forme irreversibili di insufficienza renale.

tali tecniche la determinazione immunologica di “proteine marker” per ogni tipo di lesione. Queste proteine sono rappresentate da: Albumina: proteina di media dimensione presente nell’urine quando si verificano disturbi della funzione di filtro del glomerulo (proteinuria glomerulare selettiva). IgG: proteine ad alto peso molecolare (150kDa), la presenza di IgG indica disturbi severi del glomerulo (proteinuria glomerulare non selettiva). alfa-1 microglobulina: proteina a basso peso molecolare presente nelle tubulopatie. MODALITA’ di RACCOLTA L’urina delle 24 ore è da preferirsi se la raccolta è stata fatta in modo corretto; per la determinazione delle singole proteine l’urina non deve contenere additivi stabilizzanti. Per la ricerca della proteina di Bence Jones è invece necessario avere un campione di urine fresche (2a urina della mattina) per ridurre l’inquinamento batterico possibile causa di una diminuzione della concentrazione della proteina. Se non è possibile un’analisi immediata l’urina deve essere tenuta a temperatura di 4-6°C; in tali condizioni le IgG, l’albumina, l’alfa-1 microglobulina sono stabili 7 giorni. (a.l.)

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L a cistatina C è una proteina basica di basso peso molecolare contenente 120 aminoacidi. E’ prodotta dalla maggior

parte dei tessuti e da un gran numero di cellule , inclusi i fibroblasti della cute e i macrofagi, i neuro-ni, i tessuti dell’embrione, le cellule muscolari lisce e le cellule neuroendocrine. Essa viene sintetizzata a partire da un precursore (preproteina) formato da una sequenza secretoria di 26 residui aminoacidici. Il rene è il principale sito catabolico della cistatina C. La proteina viene infatti liberamente filtrata dal glomerulo e quasi completamente riassorbita e ca-tabolizzata nelle cellule del tubulo contorto prossi-male. In condizioni fisiologiche la proteina è pre-sente nell’urina solo in tracce. L’importanza di poter disporre di marcatori biochimici dotati di un’elevata sensibilità per la stima del filtrato renale deriva dal-l’assoluta necessità di riconoscere precocemente nefropatie che conducono nel corso degli anni ad un declino del GFR (glomerular filtration rate) con conseguente insufficienza renale ingravescente fino allo stadio finale, anticamera del trattamento dialitico. Il riconoscimento precoce di alterazioni del filtrato è essenziale nel monitoraggio del trapianto di rene al fine di individuare tempestivamente i ri-getti e di approntare tempestivi interventi terapeuti-ci. Creatinina e clearance della creatinina sono suf-ficientemente specifici ma poco sensibili nello sve-lare la progressione di piccoli danni renali; nella maggioranza degli studi clinici finora apparsi in let-teratura, la cistatina C sembra possedere migliori caratteristiche di efficienza diagnostica rispetto alla creatinina. Ciò è vero per i cosiddetti pazienti “critici” come i trapiantati renali, per le note interfe-renze farmacologiche in vitro e in vivo ed in partico-lari fasce di età, come quella neonatale. Le deter-minazioni di urea e creatinina nel plasma sono da sempre considerate semplici ma utili prove biochi-miche su cui basare la stima del GFR anche se i metodi di determinazione risentono in modo più o meno significativo dell’interferenza da cromogeni aspecifici, quali farmaci ,metaboliti e sostanze en-dogene diverse dalla creatinina. Fin dal 1955, Ho-mer Smith definì marcatore biochimico “ideale” di GFR una sostanza che possiede una serie di carat-teristiche biochimiche, fisiologiche, funzionali e a-nalitiche. Non è stata ancora identificata una so-stanza che sia in grado di soddisfare completamen-te tutti i requisiti indicati da Smith: 1. biosintesi costante; 2. facilmente diffusibile nello spazio extracellulare; 3. non legata a proteine in circolo; 4. metabolicamente inerte e in grado di non influen-zare la funzione renale; 5. catabolismo esclusivamente renale; 6. liberamente filtrato dal glomerulo; 7. non riassorbito né secreto dalle cellule tubulari renali; 8. misurabile in laboratorio con metodi semplici,

accurati e riproducibili; 9. atossica; 10. conveniente (elevato rapporto costi/ benefici) e facile da introdurre nella pratica clinica; 11. in grado di non interferire “in vivo e in vitro” con altre sostanze biologiche. Cistatina C e creatinina non sono due marcatori biochimici “in competizione” tra loro: da un lato la creatinina conferma la sua notevole specificità e si dimostra del tutto sovrapponibile alla cistatina nello svelare importanti cambiamenti del GFR. D’altra parte, la cistatina C offre una sensibilità notevol-mente migliore di quella della creatinina, consen-tendo di misurare piccole variazioni del filtrato in un ambito di valori vicino alla normalità. Da non tra-scurare, il fatto che l’indipendenza della cistatina C sierica da infiammazioni e da stati di malnutrizione ne propone l’uso clinico nella valutazione della fun-zionalità renale anche in condizioni particolari, co-me sepsi o gravi deficit nutrizionali.

La cistatina C: nuovo marcatore biochimico endogeno di filtrazione glomerulare?

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I fattori di rischio convenzionali per le ma-lattie cardiovascolari comprendono il fumo, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione,

il diabete, la familiarità. Negli ultimi anni, una gran-de attenzione è stata data al ruolo dell’omocistei-na, sia come marker di rischio per la patologia ate-rosclerotica e trombotica che come fattore patoge-netico di danno vascolare (E. L. Mayer et al. Ho-mocysteine and coronary atherosclerosis J Am Coll Cardiol 1996;27:517-527; I. Graham Heart attacks and homocysteine BMJ, 1996 313: 1419-1420). Numerosi studi retrospettivi e trasversali hanno individuato nell’iperomocisteinemia un fattore di rischio indipendente per la patologia ateroscleroti-ca e trombotica a livello coronarico, cerebrale e periferico. Gli studi prospettici sono ancora pochi, ma confermano queste osservazioni. E’ ormai ac-certato inoltre che il rischio di malattie aterotrom-botiche aumenta gradualmente, con l’aumentare della concentrazione plasmatica di omocisteina. L’omocisteina è un aminoacido solforato che deri-va dal metabolismo della metionina, aminoacido essenziale introdotto con la dieta. L’omocisteina può essere irreversibilmente degradata in cisteina dalla cistationina β-sintasi (che utilizza la vitamina B6 come cofattore) oppure riconvertita a metionina, processo richiedente diversi enzimi, oltre ad un’a-deguata disponibilità di vitamina B12 e di acido foli-co. L’equilibrio tra queste vie metaboliche mantie-ne la concentrazione di omocisteina nel plasma nell’ambito di 5-15 µmoli/L. Diversi fattori, genetici e nutrizionali, possono in-terferire a vari livelli nel metabolismo della metioni-na e causare aumenti più o meno marcati dell'o-mocisteinemia. Fra i difetti genetici vale la pena di ricordare, per quanto raro, il deficit di cistationina sintasi che, allo stato omozigote, provoca la cosid-detta omocistinuria (per la presenza di omocistei-na nelle urine), una sindrome caratterizzata da alterazioni scheletriche, oculari, neurologiche ed inoltre da una rapida degenerazione ateroscleroti-ca aggravata da episodi tromboembolici. Esistono poi una serie di difetti genetici minori, relativamen-te oiù frequenti, che provocano solo aumenti mo-derati di omocisteinemia. Comunque, la causa più comune di aumenti mo-derati di omocisteina nel plasma sembra essere una carenza dei nutrienti coinvolti nel metabolismo dell’aminoacido, particolarmente di folati e vitami-na B12. E’ stato evidenziato infatti che i livelli pla-smatici di folati e vitamina B12 sono correlati inver-samente all’omocisteinemia ed inoltre si riscontra un aumento di omocisteina in soggetti con livelli di folati e vitamina B12 ai limiti bassi della norma. Spesso, inoltre, deficit nutrizionali si associano a difetti genetici minori.

Meccanismo di danno Il meccanismo per cui l’omocisteina può essere aterogenica non è ancora perfettamente chiarito. Al momento ci sono diverse osservazioni speri-mentali sulla capacità dell’omocisteina di modifica-re varie caratteristiche dell’epitelio vascolare, alte-rando le sue funzioni in senso protrombotico. Oltre ad un’azione tossica diretta sulle cellule endotelia-li, l’omocisteina stimola l’aggregazione piastrinica ed interferisce con il processo di fibrinolisi, ridu-cendo l’attivazione della proteina C. Diagnosi di iperomocisteinemia La concentrazione plasmatica di omocisteina vie-ne misurata in condizioni basali, dopo un digiuno di 12 ore; vengono considerati tre livelli di ipero-mocisteinemia:

• moderata (16-30 µmoli/L) • intermedia (31-100 µmoli/L) • grave (> 100 µmoli/L).

Quando l’omocisteinemia raggiunge valori estre-mamente elevati (200 µmoli/L) si ha omocistinuria, cioè escrezione di omocisteina nelle urine. In alcuni soggetti l’omocisteina misurata in condi-zioni basali può essere normale, pur in presenza di difetti del suo metabolismo. Queste situazioni possono essere rivelate misurando l’omocisteina dopo un carico orale di metionina (100 mg/kg peso corporeo): i livelli di omocisteina aumentano e ven-gono misurati dopo 2, 4, 6 o 8 ore dal carico. Una risposta anomala al carico di metionina sembra indichi in particolare un difetto della via metabolica che coinvolge la vitamina B6. Trattamento dell’iperomocisteinemia Il trattamento di una condizione di iperomocistei-nemia si basa essenzialmente sulla correzione dei deficit nutrizionali. E’ stato osservato che una sup-plementazione dietetica di acido folico (1 mg/die) riduce i livelli plasmatici di omocisteina di circa il 30% in quasi tutti i soggetti, mentre l’effetto della vitamina B12 è modesto, tranne che nei casi di de-ficit conclamato. Il trattamento con vitamina B6 sembra efficace nel normalizzare l’iperomocistei-nemia post-carico. Conclusioni La facilità di correzione dell’iperomocisteinemia apre un’interessante prospettiva nella prevenzione degli eventi cardiovascolari; diventa quindi neces-sario poter misurare l’omocisteinemia, particolar-mente nei soggetti a rischio. Alla luce di queste considerazioni, stiamo valutan-do nel nostro laboratorio alcuni kit commerciali con l’obiettivo di rendere al più presto disponibile tale

Omocisteina: un nuovo marker di rischio per le malattie cardiovascolari

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Il Laboratorio dell'Ospedale di Li-vorno ha cambiato sede. Per pri-me se ne sono accorte le formi-che che in schiere compatte ci hanno seguito nei nuovi locali (benvenuto Fabrizio Torsi, vignet-tista spero in pianta stabile di LabNews). Nel corso del trasloco, avvenuto senza interruzione del-l'attività, abbiamo sopportato e causato disagi ma attualmente siamo a regime. Abbiamo cambia-to struttura organizzativa, sistema gestionale e strumentazione; so-no rimasti gli operatori, per i quali il nuovo laboratorio ha rappresen-tato occasione di ricollocazione professionale e di rinnovato entu-siasmo. Auguri a tutti noi.

LabNews hanno collaborato: Antonio La Gioia Maria Bombara Antonella Leoni Cinzia Martinelli Angela Matteucci Gerardina Russo Fabrizio Torsi Gabriele Turelli Laboratorio di Patologia Clinica Viale Alfieri 36 57100 Livorno

Orari per il pubblico

Prelievi Poliambulatorio: tutti i giorni dalle 7.30 alle 9.30

Prelievi DistrettoVia E.Rossi:

tutti i giorni dalle 7.30 alle 9.15

Prelievi DistrettoFiorentina: tutti i giorni dalle 7.30 alle

9.15

Prelievi DistrettoVia del Mare: tutti i giorni dalle 8 alle 9.30

Prelievi Distretto Collesalvetti Lun-Mer-Sab dalle 7.30 alle

8.30

Prelievi in Laboratorio: (solo emocromi per

chemioterapia )

• tutti i giorni dalle 8.00 alle 9.30

Informazioni al pubblico

Segreteria Laboratorio

Tel.223325 - dalle 10.30 alle 19.30

Via E.Rossi Tel. 223610 - dalle 11.30 alle 12.30

Fiorentina Tel. 223507

- dalle 11 alle 12.30

Via del Mare Tel. 223031 - dalle 12 alle 13

Distretto Collesalvetti Tel.

223094 - dalle 7.30 alle 13

Numeri Utili

del Laboratorio Segreteria 223325 Biochimica 223325 Ematologia 223215 Batteriologia 223378 Tossicologia 223220 Primario 223207

Consegna risposte : Presso Ufficio

Informazioni Atrio Ospedale

- feriali : 7.30 - 19.30 - festivi : 7.30 - 13.30

Indirizzo di posta elettronica [email protected]

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Da alcuni mesi è stato attivato presso il Poliambu-latorio un servizio di prenotazione che ha la finalità di permettere all'utenza un accesso alle prestazioni di laboratorio programmato secondo le proprie esi-genze personali. Lo sportello di prenotazione è a-perto tutti i giorni dalle ore 11.00 alle 12.30 e dà la possibilità a chiunque lo desideri di scegliere il giorno e l'ora esatta per il prelievo che viene suc-cessivamente eseguito senza nessuna attesa. Ulte-riori informazioni potranno essere richieste telefo-nando ai numeri riportati qui accanto.