Settembre 2020 9 Testimoni - Dehoniane · 2020. 9. 15. · 2 • Testimoni 9/2020 ATTUALITÀ...

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Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna” CONVERSAZIONE PER I PRETI DEL PRADO Impatto umano, spirituale e sociale del Covid-19 La crisi della pandemia ha avuto anzitutto aspetti positivi, ossia dei benefici sia a livello sociale che personale; ma anche aspetti negativi, alcuni di tipo più personale. Che cosa concludere: ne usciremo migliorati o disperderemo il bene che questo periodo ci ha insegnato? L a crisi pandemica ha avuto un triplice livello di vissuto e di impatto: biologico (il fatto clinico, demografico del contagio), economico (brusca interruzione della produttività) e culturale (blocco della mobilità e confinamento con le sue conseguenze psicologiche e materiali). È stata un’esperienza umana molto dura, qualcuno l’ha paragonata alla seconda guerra mondiale. Chi è stato ammalato di coronavirus lo sa bene quanto è stata dura. Tutti abbiamo sofferto per il lungo confinamento (lockdown), per l’impossibilità di muoversi, per la sospensione del lavoro con gli inter- MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA IN QUESTO NUMERO 6 VITA CONSACRATA Intervista a sr. Véronique Margron 9 7 8 8 8 1 0 0 5 1 4 9 8 9 QUESTIONI SOCIALI Dopo l’esplosione a Beirut la difficile rinascita del Libano 12 VITA DELLA CHIESA Denunce e sospetti ombre sui fondatori 15 VITA DEGLI ISTITUTI Discepole del Vangelo diocesane per la missione 18 PROFILI E TESTIMONI Dom Pedro Casaldáliga Poeta, profeta e testimone 25 MONACHESIMO Lettera alle clarisse in tempo di Covid-19 27 PROFILI E TESTIMONI Marella beato, un padre con il cappello in mano 30 FORMAZIONE La profezia dell’anzianità nella vita consacrata 33 VITA CONSACRATA Lettura della vita consacrata da uno sguardo “esterno” 35 PASTORALE Carcere: misure straordinarie, ordinarie, alternative 38 BREVI DAL MONDO 40 VOCE DELLO SPIRITO Uno sguardo in alto che cambia la vita 41 SPECIALE Dove abita il Dio della Bibbia? Testimoni Settembre 2020 9 21 SPIRITUALITÀ La Vergine Maria, celeste abbadessa dei monasteri

Transcript of Settembre 2020 9 Testimoni - Dehoniane · 2020. 9. 15. · 2 • Testimoni 9/2020 ATTUALITÀ...

  • Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna”

    CONVERSAZIONE PER I PRETI DEL PRADO

    Impatto umano,spirituale

    e sociale del Covid-19La crisi della pandemia ha avuto anzitutto aspettipositivi, ossia dei benefici sia a livello sociale che

    personale; ma anche aspetti negativi, alcuni di tipo piùpersonale. Che cosa concludere: ne usciremo migliorati odisperderemo il bene che questo periodo ci ha insegnato?

    La crisi pandemica ha avuto un triplice livello di vissuto e di impatto:biologico (il fatto clinico, demografico del contagio), economico (bruscainterruzione della produttività) e culturale (blocco della mobilità econfinamento con le sue conseguenze psicologiche e materiali). È stataun’esperienza umana molto dura, qualcuno l’ha paragonata alla secondaguerra mondiale. Chi è stato ammalato di coronavirus lo sa bene quanto èstata dura. Tutti abbiamo sofferto per il lungo confinamento (lockdown),per l’impossibilità di muoversi, per la sospensione del lavoro con gli inter-

    MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

    IN QUESTO NUMERO6 VITA CONSACRATA

    Intervistaa sr. Véronique Margron

    9 788810 051498

    9 QUESTIONI SOCIALIDopo l’esplosione a Beirutla difficile rinascita del Libano

    12 VITA DELLA CHIESADenunce e sospettiombre sui fondatori

    15 VITA DEGLI ISTITUTIDiscepole del Vangelodiocesane per la missione

    18 PROFILI E TESTIMONIDom Pedro CasaldáligaPoeta, profeta e testimone

    25 MONACHESIMOLettera alle clarissein tempo di Covid-19

    27 PROFILI E TESTIMONIMarella beato, un padrecon il cappello in mano

    30 FORMAZIONELa profezia dell’anzianitànella vita consacrata

    33 VITA CONSACRATALettura della vita consacratada uno sguardo “esterno”

    35 PASTORALECarcere: misure straordinarie,ordinarie, alternative

    38 BREVI DAL MONDO

    40 VOCE DELLO SPIRITOUno sguardo in altoche cambia la vita

    41 SPECIALEDove abita il Dio della Bibbia?

    TestimoniSettembre 2020 9

    21 SPIRITUALITÀLa Vergine Maria,celeste abbadessa dei monasteri

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    rogativi che l’accompagnavano, chiha dovuto sospendere il lavoro conil rischio di perderlo, chi ha atteso emagari ancora attende invano i sol-di della cassa integrazione …espe-rienza dura soprattutto per la ma-lattia e spesso per la perdita di per-sone care decedute senza che si po-tessero accompagnare… neppure damorte!

    Gli aspetti positivi, ossiai benefici della crisi…

    Come ogni esperienza ha avutoanche aspetti o impatti positiviQualcuno la considera una “grace indisguise” … Infatti possiamo direche i benefici sono molti e di variotipo, personali, familiari, civili edecclesiali o religiosi.

    La pandemia a livello socialeè stata …

    Un brusco ritorno alla realtà cheha shoccato le persone costringen-do a rimettere i piedi per terra, a ri-prendersi in mano e a riflettere sudi sé e sulla propria maniera di es-sere e vivere: cosa non scontata, an-zi, cosa che diventa sempre più raranel tempo dello smartphone cheprivilegia l’immagine di ciò cheserve, il futile e l’effimero. È statoquindi un salutare scossone che ciha richiamati alla realtà. “La realtàè più importante delle idee”, ricor-da Papa Francesco (Evangelii gau-dium 231-233).

    Un tempo per convincerci che lascienza pur necessaria, è insufficien-te; che non basta sapere, program-mare e avere i mezzi tecnici o scien-tifici per poter fare quello che vo-gliamo: non siamo onnipotenti! An-zi, basta un virus, un essere invisibi-le, a metterci tutti a piedi. Tutta lanostra tecnologia così potente nonci ha salvato. Chi ci salva e dà pie-nezza alla nostra esistenza è altro eun Altro! Questa è stata una buonascoperta di questa pandemia!

    – Un’occasione per misurare, ve-rificare e (al meglio) che “o ci si sal-va insieme o non si salva nessuno”perché siamo “soli, ma uniti!”, unitidal bisogno, dalla speranza e anchedalla paura, ma …soli, ma solidali!Questo a livello nazionale e conti-nentale. È stata lo stimolo a metterin piedi un Recovery Fund europeo.Il coronavirus ha fatto fare all’Euro-pa un importante passo avanti…!

    Un tempo per tornare a sentire lasofferenza altrui e ricuperare queisentimenti di semplice umanità, dibenevolenza, compassione e solida-rietà che si sono perduti nell’euforiascientifica e tecnologica del nostrotempo che produce - purtroppo - la“cultura dello scarto”.

    Il nostro Paese si è reso conto diaver bisogno della manodoperastraniera e ha deciso di rivedere ildecreto sicurezza e di dare la citta-dinanza ai lavoratori stranieri fino-ra non considerati.

    A livello personale e spiritualeè stata…

    Un tempo per ripensare, ricupe-

    rare e apprezzare il valore della vitache spesso diamo per scontata, chenella pandemia è stata spesso mes-sa a grave rischio. La vita è il valoresupremo da salvare a tutti i costiprima dei soldi e degli interessiumani!

    Un tempo per ritrovare la bellez-za e il bisogno della comunità e dellerelazioni sia familiari che sociali;un tempo per i genitori per starecon e ascoltare i figli e per i figli perconoscere i loro genitori e parlarecon loro, dopo tempi della fretta edella assenza forzata per lavoro.

    Un tempo per riconoscere la pre-senza e il valore dell’«altro» chespesso ci passa accanto senza che losentiamo (perché vogliamo fare dasoli) o che sentiamo solo quando neabbiamo bisogno.

    È stato anche un tempo in cuimolti hanno ricuperato il senso del-la presenza dell’«Altro», di Dio cioè.Molti si sono ritrovati a pregare, aseguire le trasmissioni religiose del-la TV, ad ascoltare papa Francesco.Hanno così ritrovato la dimensionereligiosa della vita dopo tempi diamnesia religiosa: quando tutto vabene ci si dimentica di Dio, cosa tut-to sommato normale anche se in-giusta.

    La religione non può essere fi-glia della paura, ma in tempi dipaura quando altre risorse vengo-no meno, quando cresce la paura …si torna più facilmente a pensare aDio e ad affidarsi a Lui nella pre-ghiera.

    Non potendo andare in chiesa, siè sviluppata una nuova maniera dipregare a casa, in famiglia e di pre-gare insieme, che in tempi normalinon avveniva. Così la catechesi si èricostruita attorno ai genitori e altavolo di casa… ritrovando la sua ve-rità, non delegabile ai catechisti ealla parrocchia!

    La pandemia ha fatto scoprire lasolidarietà vicina e lontana finoall’abnegazione di quelli che sispendono per gli altri, volontari,protezione civile, medici e operatorisanitari, ma anche dei vicini di ca-sa, ignorati nei tempi normali.

    Ha detto bene Edgar Morin chequesta è una “salutare crisi esisten-ziale” che aiuta l’uomo a “ritrovarese stesso” (Avvenire 15 aprile 2020).

    Settembre 2020 – anno XLIII (74)DIRETTORE RESPONSABILE: p. Lorenzo PrezziCO-DIRETTORE: p. Antonio Dall’OstoREDAZIONE:p. Enzo Brena, p. Marcello Matté,sr. Anna Maria Gellini, sr. Elsa Antoniazzi,Mario ChiaroDIREZIONE E REDAZIONE:Centro Editoriale Dehonianovia Scipione Dal Ferro, 4 – 40138 BolognaTel. 051 3941511 – Fax 051 3941399e-mail: [email protected]:Tel. 051 3941255 – Fax 051 3941299 –www.dehoniane.ite-mail: [email protected] la pubblicità sulla rivista contattareUfficio commerciale CED – EDBe-mail: [email protected]. 051 3941206 – Fax 051 3941299Quota abbonamento 2020:Italia .................................................. € 42,00Europa .............................................. € 65,50Resto del mondo ............................ € 73,00Una copia .......................................... € 5,00On-line .............................................. € 33,00c.c.p. 264408 oppure bonifico bancario suIBAN IT90A0200802485000001655997intestato a: Centro Editoriale DehonianoStampa: - FerraraReg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. – Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

    associatoall’unione stampa periodica italiana

    L’editore è a disposizione degli aventi diritto chenon è stato possibile contattare, nonché pereventuali e involontarie inesattezze e/o omis-sioni nella citazione delle fonti iconografiche ri-prodotte nella rivista.

    Questo numero è stato consegnato alle posteil 7-9-2020

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    sanità e della scuola, fatte seguen-do il principio dell’aziendalizzazio-ne e della privatizzazione che ora lapandemia ha fatto emergere in tut-ta la loro fragilità e insufficienza.

    Le incertezze nell’analisi dellapandemia e dei suoi numeri hamesso in vista l’incompetenza deipolitici insieme all’imbarazzo e al-l’incertezza dei tecnici e dei virologiche hanno detto tutto e il contrariodi tutto, aggiungendo alla sofferen-za dei cittadini anche il panico.

    L’insieme di questi aspetti nega-tivi ha prodotto o almeno fatto cre-scere la povertà del ceto medio, deiprecari: ne sono segno le richiestealle Caritas e l’improvviso afflussoalle mense dei poveri frequentatenon più solo dai senzatetto e daimigranti ma anche dagli italiani.

    La dimenticanza e/o la negligen-za (frutto di narcisismo collettivo)da parte dei cittadini, dei poveri edei migranti abbandonati a se stessia causa della paura e della preoccu-pazione per il nostro benessere mes-so in pericolo dalla pandemia. “Liabbiamo dimenticati in mare …”

    Due fenomenidi tipo più personaleparticolarmente negativi

    Oggi a comandare e determinarecomportamenti e decisioni perso-nali e soprattutto collettivi è la pau-ra, causata dalla consapevolezza -dolorosa e paralizzante - della vul-nerabilità personale fino a quelladella morte diventata così prossimae frequente; pensiamo all’impattosulla popolazione di quella scenadei camion militari nella notte conle bare da portare al crematorio o al

    cimitero, ripetutamente passata al-la TV nazionale.

    La pandemia ha inquinato le re-lazioni interpersonali con una sortadi sfiducia, di diffidenza nei con-fronti dell’altro ritenuto o almenosospettato di essere portatore dicontagio: “Sarà infettato? Potrebbeinfettarmi …”. Per questa pauramolti non escono di casa dopo cheil lockdown è stato tolto, neppureper andare in chiesa o per andare afar visita agli amici in momenti im-portanti della vita sociale. Questoatteggiamento di diffidenza mettein pericolo e blocca la convivenza ela vita sociale. Di fiducia nel mondopolitico non ce n’era molta prima…oggi non ce n’è più.

    Da questi due fenomeninascono altricomportamenti

    Anche in piena pandemia abbia-mo assistito a forme di rancorosità,di razzismo e di irresponsabilità neiconfronti dei «diversi», ad es. neiconfronti di Silvia Ahisha Romano,forme di bullismo e di irresponsabi-lità nei giovani, ad es. il riprendereimmediato della movida, fino a but-tare in acqua un povero bengaleseche vendeva rose. Si sperava chequeste forme si fossero attenuate einvece sono state solo ritardate …sono invece di nuovo molto vive.

    Si è fatta evidente la fatica di “vi-vere con se stessi”, in un mondo incui le cose hanno preso il soprav-vento sulla persona, il fare sul sen-tire e sul pensare.

    La violenza nelle famiglie, i fem-

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    Gli aspetti negativiemersi

    Sono molti e parecchi di essi sono“ambivalenti”, perché sono ancheappelli a una nuova maniera di vi-vere; potrebbero essere positivi per-ché portano in sé un invito ad ap-profondirli per raggiungere il posi-tivo che è nascosto in essi.

    Gli aspetti sociali macroscopiciA causa del Covid-19 è stato decre-

    tato il confinamento (lockdown) equindi il blocco della produzione einsieme dell’occupazione che hamesso in crisi il sistema industrialeed economico del Paese (parlo del-l’Italia, ma vale per tanti altri paesie per la rete mondiale!), con una se-rie di conseguenze che sono sotto gliocchi di tutti e che saranno ancorapiù visibili nel prossimo autunnoalla ripresa. Chi paventa una possi-bile “rivoluzione sociale”, con mani-festazioni della rabbia popolare,non si sbaglia. Si parla di 400.000posti di lavoro andati perduti; nes-suno sa quanti precari sono rimastisenza impiego, quanto indotto coin-volto nella crisi delle grandi impre-se. Lo si vedrà alla ripresa in autun-no. Sarà un duro risveglio.

    Da questa situazione trarrannoprofitto la mafia e la camorra: chinon può pagare i debiti, le bollette,le tratte, chi ha bisogno di denaro li-quido che non gli viene dalle ban-che …è vittima designata dei poterimafiosi che intervengono subito ad“aiutare”. Lo afferma senza giri diparole la Direzione investigativaantimafia.

    La crisi del Covid-19 ha mostratola fragilità del sistema sociale eco-nomico-finanziario (un “castello dicarta”, è stato definito) e dello statosociale già precario. Questo si riper-cuote non solo sul settore industria-le e amministrativo, ma sulle fami-glie con i loro progetti ormai avviatiche rimangono senza supporto fi-nanziario, con i mutui da pagare,con gli studi dei figli programmatie ora non finanziabili, con cure sa-nitarie particolari non prorogabiliecc.

    La crisi ha evidenziato la non so-stenibilità di certe riforme neocapi-taliste e liberiste, come quella della

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    minicidi che sono stati esacerbatidal confinamento.

    Il traffico e il commercio delladroga che ha continuato a circolareinsieme al virus …

    Le crisi di fede e il rimprovero ri-volto a Dio: “Perché non interviene?Dov’è Dio?”. Crisi e dubbi di fede chein qualche caso hanno potuto esse-re provvidenziali per purificare unareligione miracolistica e un’imma-gine di Dio che non è quella di GesùCristo, ma che in altri casi hannoportato all’abbandono della fede:“Non so che farmene di un Dio chenon interviene”.

    La perdita del senso della comu-nità e dei sacramenti facilitati dalleMesse in streaming con la conclu-sione: è più facile guardare la Messain modo virtuale invece di parteci-parvi di presenza; quindi… conti-nuiamo a restare a casa. Già le chie-se erano vuote prima, ma non sistanno certamente riempiendo ora.

    Che cosadobbiamo concludere?

    Ne usciremo migliorati? Chedobbiamo fare per non disperdereil bene che questo periodo ci ha in-segnato?

    Una nuova catechesisulle virtù umane ed ecclesiali

    È urgente ricostruire e rinforzareil tessuto comunitario delle nostrecomunità umane ed ecclesiali fa-cendo leva sul principio che il Papaci ha ripetuto: “Siamo tutti nellastessa barca” e sul principio dellasolidarietà della salvezza cristiana.

    Si vede oggi necessario rieducarela persona umana alla relazione ealle relazioni per non perdere quel-lo che nella pandemia abbiamo im-parato in questo bisogno fonda-mentale della persona umana e del-la nostra famiglia umana.

    Bisogna anche puntare al mante-nimento e all’incremento di quellepratiche di solidarietà apprese neltempo del lockdown attraverso ilvolontariato e il desiderio e la bel-lezza del mettersi al servizio degli«altri», perché sarebbe un peccatoritornare all’indifferenza del tempoprima della pandemia.

    Un punto delicato e decisivo del

    programma pastorale sarà di rifareuna catechesi su Dio e la sua presen-za nella storia superando l’idea diun Dio dei miracoli (idea pagana)che interviene a cambiare la storiaper toglierci dai problemi. Sarà ne-cessaria una catechesi improntataalla teologia della storia, al princi-pio dell’Incarnazione, al senso dellacomunione ecclesiale che rinforzi ilsenso di responsabilità personale(“che cosa faccio io per superare ledisgrazie della storia?”) e sociale,l’impegno di tutti per una societàsicura, attenta e solidale; è necessa-rio far riflettere sul mistero dellasofferenza (rompicapo di tutti i filo-sofi …) per aiutare la gente a com-prendere che non si può sognare unmondo perfetto, senza il male, datoche il male è parte della realtà uma-na; non l’ha prodotto e neppurepermesso Dio, è insito nella struttu-ra creaturale. Tocca a noi curarlo osopportarlo. È una realtà nostra.

    Domandiamoci Non sentiamo nessuna respon-

    sabilità in questa pandemia? È frut-to solo del caso o … dei cinesi?

    Questa pandemia non l’abbiamovoluta noi. Questo è vero, ma bastaa tranquillizzare la nostra coscien-za? Ricordiamo la severa parola diGesù che ci chiede di saper leggere isegni della storia (Lc 12,55-56: “Quan-do soffia lo scirocco, dite: “Farà cal-do”, e così accade. Ipo-criti! Sapete valutarel’aspetto della terra edel cielo; come maiquesto tempo non sa-pete valutarlo?”) e cheinvita a “far peniten-za”, a convertirci cioècome disse a chi riflet-teva sulle disgrazie al-trui: “Gesù disse loro:«Credete che quei Gali-lei fossero più peccato-ri di tutti i Galilei, peraver subìto tale sorte?No, io vi dico, ma senon vi convertite, peri-rete tutti allo stessomodo”.

    Non scarichiamotroppo in fretta la no-stra responsabilità

    perché forse c’è qualche cosa dacambiare, dice Don Roberto Filippi-ni, vescovo di Pescia (cf. fuoritesto p.5). Non diamoci in fretta una “tran-quilla, quanto superficiale assoluzio-ne generale per uscire dalla quaran-tena e tornare a fare tutto come pri-ma, come se migliaia di morti, mi-lioni di contagiati e sofferenti, mi-liardi di persone esposte agli effettieconomico-sociali della pandemia,fossero le vittime di un fatale ura-gano primaverile, di cui scordarcipresto e per tornare a considerare lanostra moderna società occidenta-le, capitalista, neoliberista, tecno-scientifica, come la migliore delleciviltà passate e future. Siamo sicuriche non ci sia niente da ripensare erettificare, niente da cui prendere ledistanze, niente da cui convertirci?Non si tratta di colpevolizzarci, madi riflettere e scegliere modi di viverepiù sostenibili, imparando dalla cri-si in corso le lezioni giuste…. Pensoal consumismo insensato, alle disu-guaglianze sociali, all’indifferenzaverso l’inquinamento e verso i cam-biamenti climatici, e all’assolutizza-zione del sistema economico-finan-ziario fondato sul mercato, alle cuiregole intere popolazioni devonosottostare, spesso rinunciando aipropri diritti fondamentali” (pub-blicato da Settimana News 24 aprile2020).

    GABRIELE FERRARI

    4 • Testimoni 9/2020

    EDBpp. 168 - € 16,50

    Il creato tra meraviglia e problema

    AMBROGIO SPREAFICO

  • Dalla lettera di mons. Roberto Filippini

    Può essere (ma di questo sono meno convinto) che l’at-tuale crisi sanitaria e sociale mondiale non sia l’effettodiretto delle nostre scelte o delle nostre omissioni in rap-porto al pianeta. Né dobbiamo pensarla come la nemesidi una natura in rivolta.1

    Facciamo però attenzione a evitare una tranquilla,quanto superficiale assoluzione generale, che ci permettadi uscire dall’arca di Noè dopo la quarantena, per tornarea fare tutto come prima, come se nientefosse accaduto. Come se migliaia dimorti, milioni di contagiati e sofferen-ti, miliardi di persone esposte agli ef-fetti economico-sociali (ancora diffi-cilmente calcolabili) della pandemia,fossero le vittime di un fatale uraganoprimaverile, di cui scordarci presto. Pertornare a considerare la nostra mo-derna società occidentale – capitali-sta, neoliberista, tecno-scientifica –come la migliore delle civiltà che lastoria umana ha conosciuto e potràconoscere in futuro.

    Certo, sono d’accordo: possiamo edobbiamo essere orgogliosi degli importanti traguardiraggiunti in tanti settori della conoscenza, della società edella politica, così come di tante meravigliose conquistedella scienza e della tecnologia, frutto dell’ingegno dell’-homo sapiens e della sua intraprendenza. Non vorrei af-fatto tornare indietro nel tempo, rinunciando a molti di-ritti, libertà e opportunità faticosamente conquistati.

    Ma siamo sicuri che non ci sia niente da ripensare e ret-tificare, niente da cui prendere le distanze, niente da cuiconvertirci? E che non ci siano aspetti del vivere umano,spesso silenziati o marginalizzati, che vadano al contrarioriscoperti e promossi, da qui in avanti, e proposti come al-trettanti ideali e mete a cui tendere? Gesù, di fronte al cie-co nato, risponde ai suoi discepoli che gli chiedono chi hapeccato: “né lui, né i suoi genitori ma è perché in lui sianomanifestate le opere di Dio” (Gv 9,1). Non si tratta dunquedi colpevolizzarci, ma di riflettere e scegliere modi di vive-re più sostenibili, imparando dalla crisi in corso le lezionigiuste.

    La situazione che l’umanità sta vivendo in questi mesiè stata più volte definita apocalittica. E in un certo sensolo è davvero, se si richiama il significato letterale del ter-mine Apocalisse: siamo in una situazione rivelatrice. Tantinostri mali, tante nostre contraddizioni vengono messein piena luce dall’epidemia. Tante piaghe, a cui ci si eraadattati, ora danno maggior dolore. Tante storture, in que-ste peggiorate condizioni, diventano più difficilmentesopportabili. Penso al consumismo insensato, che ci ha re-so incapaci di distinguere l’essenziale dal superfluo, dal-l’inutile, dal dannoso.

    Penso alle disuguaglianze sociali, che emergono ora piùchiaramente nelle differenze tra chi ha un reddito garan-tito e chi ne è privo, tra chi può lavorare da casa e chi è co-stretto a guadagnarsi da vivere mettendo a rischio la pro-

    pria salute, tra chi aspetta che finisca la quarantena perriprendere le proprie attività e chi vive nell’invisibilità diun lavoro irregolare o, come gli stranieri senza permessodi soggiorno, può sperare di essere “regolarizzato” solo acondizione che sia “utile” alla nostra società.

    Penso all’indifferenza verso l’inquinamento e verso icambiamenti climatici, di cui adesso iniziamo a compren-dere i nessi con la propagazione del virus.

    Penso, infine, all’assolutizzazione delsistema economico-finanziario fonda-to sul mercato, alle cui regole interepopolazioni devono sottostare, spes-so rinunciando ai propri diritti fonda-mentali.

    L’apocalisse-rivelazione del Corona-virus manifesta, però, anche elementipositivi insospettabili, spesso trascu-rati. Si è a volte sostenuto che il mo-tore ultimo del sistema economico-politico e sociale sia l’egoismo, chel’avidità, la sete di potere, la competi-

    zione siano, alla fine, la principale moti-vazione dell’agire umano: homo homini lupus. In questesettimane, invece, è emersa una straordinaria energia so-ciale guidata dalla solidarietà, dalla coscienza di condivi-dere una medesima vulnerabilità e dalla necessità di farvifronte collettivamente. In tanti luoghi è risorto, come unsole splendente, l’amore per l’altro, senza interesse e cal-colo, senza ritorno e vantaggio. L’amore che si esprime nel-la logica sublime del dono, che ha contraddistinto il sacri-ficio di tante e tanti, fino al dono della stessa vita nellasperanza di salvare la vita degli altri. Si è sperimentatoconcretamente che la tecnologia può e deve avere un sen-so e un uso orientato a garantire la vita di tutte e tutti. Eche la scienza può guidare la politica e gli stessi cittadininel compiere le scelte giuste, avendo di mira il benesserecollettivo.

    Si è riacceso un dibattito sul rinnovamento della demo-crazia, delle istituzioni, delle relazioni tra gli Stati e le na-zioni, che spinge a superare la logica della competizionee dell’autosufficienza, per valorizzare la cooperazione e lacondivisione.

    Sono convinto che la crisi in corso sia l’occasione per ri-flettere, con analisi e strumenti scientifici adeguati, conun approccio etico-filosofico e una visione sociopoliticaorientata alla giustizia, sul nostro sistema di vita. Serveun confronto ampio e interdisciplinare, se vogliamo intra-prendere nuove vie per la vita umana sul nostro pianeta.

    1. La riflessione di mons. Roberto Filippini, vescovo di Pescia, è stata pub-blicata in risposta a un editoriale di Pierluigi Battista, apparso il 3 aprile2020 sul Corriere della Sera. La questione centrale, intorno a cui si ac-cende il confronto, riguarda le cause della pandemia in corso e le sueimplicazioni più profonde, rispetto alla sostenibilità del nostro sistemadi vita e alla necessità di ripensarlo, a partire dalle azioni di solidarietàsollecitate dalla crisi.

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  • 6 • Testimoni 9/2020

    – Suor Véronique,1 vuoleparlarci anzitutto dellasua congregazione, isti-tuto di diritto pontificio nell’ambitodel terz’ordine domenicano?

    «Nel XVII secolo che ha visto fon-dersi le istituzioni spirituali e lefondazioni caritative, Marie Pousse-pin, nata a Dourdan (Essonne, Fran-cia) nel 1653, diventa, alla morte disuo padre nel 1683, una imprendi-trice geniale. Abbandona il lavoroartigiano, ormai obsoleto, per unaazienda tessile. Recluta nei ceti po-polari apprendisti e apprendiste frai 15 e i 18 anni a cui assicura con sen-sibilità sociale la formazione e lapromozione, e allo stesso tempo fa-vorisce lo sviluppo economico dellacittà. Sviluppa contemporanea-mente una intensa vita spirituale,nutrita dall’azione educativa e dallaspiritualità del terz’ordine di sanDomenico. Nel 1696 avendo cono-sciuto l’ignoranza e la miseria delvillaggio di Sainville, a 17 km daDourdan, decide di abbandonaretutto per dare vita a «una comunitàdel terz’ordine di san Domenico perl’ “istruzione della gioventù e il ser-vizio ai malati poveri”».

    Abitare la Parola– È stata la prima comunità do-

    menicana femminile di vita aposto-lica, non contemplativa: una sceltao una coincidenza?

    «Marie Poussepin non ha volutoper le sue sorelle né clausura, né vo-ti solenni: “Andranno là dove ven-gono richieste” per offrire un servi-zio di carità. In coerenza con questaintuizione, nel 1697, invia due suorea una città a 30 km da Sainville perprendersi cura dell’ospedale di Jan-ville, su domanda del vescovo di Or-

    léans. MariePoussepin dàforma a unacomunità fra-terna domeni-cana, a partiredalla Parola diDio con una vi-sione apostoli-ca precisa e su“solide basi”.Una comunitàdove “quelloche riguarda tutti, sia discusso datutti”, e dove l’annuncio della Paro-la nell’insegnamento domenicalealla gente del villaggio è costitutivodella vita comune».

    – Quale spazio ha la Parola di Dionella vostra spiritualità oggi? La suatrasmissione passa soltanto per il ca-nale della formazione intellettuale?

    «Si diventa “predicatori” (secon-do il carisma di Domenico) anzitut-to ascoltando la Parola di Dio.L’ascolto comune durante l’Ufficio.Poi nel contatto personale con laScrittura nella Lectio divina. Si trat-ta di comprendere per ciascuna eciascuno l’appello evangelico: “Ec-co, io faccio nuove tutte le cose” (Ap21,5). La Bibbia è compagna delle no-stre giornate. La leggiamo, la rumi-niamo, l’amiamo. La beata Jourdainde Saxe (nel 1225) consigliava: “È ne-cessario rileggere il Verbo nel tuocuore, riproporlo al tuo spirito; è ladolcezza da avere sulla tua boccacome quella del miele. È questo Ver-bo che bisogna meditare senzastancarsi, senza che Esso smetta diagire nel tuo intimo; ch’Egli abbiadimora in te e abiti presso di te”. Ec-co il ruolo che desideriamo dare allaParola. Senza questo, il lavoro teolo-gico e la formazione biblica sareb-

    bero solo cembali squillanti. Sonoun bene indispensabile ma dentroquesta conversazione costante conla Parola come ciò che ci afferra, cidisloca da noi stessi e ci conducesulle orme di Cristo».

    Lo “svuotamento”pasquale

    – Avete legami organici con i lai-ci? E con i due ordini domenicani?

    «Si tratta anzitutto di pensarel’Ordine in quanto tale. E di viverneil carisma. L’Ordine è composto dacirca 6.000 fratelli, monache, laici esuore. È questa la “famiglia dome-nicana” o “fraternità domenicana”che è sorta dalla santa predicazioneinaugurata da san Domenico nell’“incontro di Montpellier” nel 1206.Mentre i legati papali – inviati percontrastare l’eresia catara – voglio-no rinunciare davanti al fallimentodella loro missione, Diego, vescovodi Osma in Castiglia, accompagnatodal suo “socio”, Domenico di Cala-ruega, provoca una rottura rivolu-zionaria: rinvia i bagagli, i servitorie i soldati che accompagnano lamissione di predicazione dei vesco-vi e dei legati pontifici. Così è natala “santa predicazione”, entrando incollisione con la ricchezza e i poteri

    N. HAUSMAN – V. MARGRON

    Il “segno” dei consacrati/eSr. Noëlle Hausman, responsabile della rivista Vies consacrées (il sito: www.vies-consacrees.be), intervista sr. Véronique Margron, presidente della Conferenza dei

    religiosi/e di Francia. Note di famiglie, appunti di Chiesa e sguardo al futuro.

    V I TA C O N S A C R ATA

  • Testimoni 9/2020 • 7

    V I TA C O N S A C R ATA

    ostensivi del clero e il disprezzo deilaici, per lasciare spazio alla povertàmendicante e alla semplicità del-l’Evangelo.

    È la stessa intuizione, in tutt’altrocontesto, di Marie Poussepin e dellesue prime compagne. Un Vangeloannunciato nella semplicità dellavita comune e del lavoro in favoredei poveri del suo tempo. Un Vange-lo offerto. Non c’è alcun legame disubordinazione fra le suore di vitaapostolica e i fratelli. Bensì una for-te amicizia che ricorda come soloassieme, gli uni con le altre, possia-mo annunciare la buona Novella

    del Cristo, ciascuno secondo i propritalenti. La stessa cordialità ci legaagli amici laici. Non sono anzituttorelazioni istituzionali. Esse sono unsegno permanente che senza gli al-tri siamo amputati. È necessarial’alterità, una comunione differen-ziata per testimoniare con maggio-re fedeltà il Vangelo, alla maniera diDomenico».

    – Lei ha già scritto su Vies consa-crées (n. 73, 2001, pp. 90-98) che, asuo avviso, non si trattava di rifon-dare la vita religiosa, nel senso di ri-chiedere ai fondatori una sorta di

    “nuovo racconto”; parlava piuttostodi rendere possibile una esperienzadi Dio, di attraversare uno “svuota-mento” pasquale. Lo pensa ancora?

    «Sì. Assolutamente. La nostrastoria va accolta. In altri termininon abbiamo nulla da rifondare.Sappiamo del resto come conside-rarsi fondatori possa rivelarsi pro-blematico, se non pericoloso. Si trat-ta di ascoltare ciò che l’intuizione,vissuta da decine e centinaia di ge-nerazioni, può aprire e impegnareper l’oggi. La creatività non parte dazero ed è questo che ci obbliga. Sì,credo ancora che al centro ci sia il

    Pandemia dantescaIl coronavirus è arrivato in un momento in cui si stava lanciando l’anno dedicato a Dante Alighieri,ricorrendo nel 2021 il settimo centenario della morte del Sommo Poeta.E così anch’io ho ripreso in mano il vecchio Dante, scoprendolo, questa volta, come maestro di vita

    spirituale, anche per l’oggi, compreso l’oggi della vita religiosa.Un maestro attendibile, per la sua sofferta autobiografia, un maestro realista per la sua conoscenza delmondo e dei suoi drammi, delle sue miserie e delle sue potenzialità, un maestro affascinante perl’inarrivabile bellezza della sua poesia. Dante dedica ampio spazio alla vita religiosa, ai suoi problemi (vedi i canti IV e V del Paradiso doveaffronta la questione dei voti e della loro serietà (Non prendan li mortali il voto a ciancia. Par. V,65).Presenta grandi figure di santi religiosi, come sostegni della Chiesa (Francesco e Domenico furono inviati“a mantener la barca di Pietro in alto mar per dritto segno” Par. XI,18-19). Senza non ricordare, con terzinesferzanti, che non basta appartenere alle loro famiglie religiose per essere santi ( ‘U’ ben s’impingua senon si vaneggia Par. XI,139). Da qui sorge un’idea che può essere una proposta: perché non fare entrare Dante nel programma diformazione permanente, negli incontri e nei ritiri del prossimo anno?Il programma potrebbe comprendere una rivisitazione del tradizionale percorso delle tre età della vitaspirituale, attraverso i tre regni, partendo dalla “selva oscura”, ove si è bloccati dalle tre fiere dellalussuria, dell’orgoglio e dell’avidità, passando attraverso la purificazione del desiderio che permette diunirsi a Dio nella partecipazione alla sua gloria.Il percorso comprenderebbe la ripresentazione dei vizi, e l’acquisto delle virtù, oltre alla considerazionedei grandi santi (Benedetto, Pier Damiani, Bernardo e altri) che hanno permesso alla vita religiosa diessere, in tempi tumultuosi, di sostegno alla Sposa di Cristo. C’è poi il tema della preghiera ecclesiale, splendidamente rivisitata sia in Purgatorio che in Paradiso. Aquesto proposito basta l’inizio del XXVII Canto del Paradiso: “Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo/cominciò ‘gloria’ tutto il paradiso/,sì che mi inebriava il dolce canto. / Ciò ch’io vedeva mi sembrava unriso/de l’universo; per che mia ebbrezza /entrava per l’udire e per lo viso./ Oh gioia, oh ineffabileallegrezza!/Oh vita integra d’amore e di pace!/ Oh sanza brama sicura ricchezza!Oltre la proposta, viene una sfida: la necessità di preparare uno strumento che aiuti le comunità ad

    arricchirsi della sapienza e della bellezza profuse a piene mani dal Sommo Poeta della cristianità.Chi ha forze, competenza e passione, si rimbocchi le maniche! Sarebbe un buon servizio a concretizzarequella via pulchritudinis, che permette al vero e al bello di camminare assieme. Senza un tocco di poesiala vita religiosa rischia di inaridirsi…e perdersi dietro alle favole mondane.Buon lavoro!

    PIERGIORDANO CABRA

    F R A G M E N TA

  • 8 • Testimoni 9/2020

    V I TA C O N S A C R ATA

    mistero pasquale: far perce-pire, seppur nei nostri limiti,che la nostra esistenza uma-na trova la sua gioia in undono in favore di altri, dellaloro crescita, dignità e verità.Un dono pericoloso che pre-vede delle perdite e passa daun consenso di fondo allacondizione umana-carnale,all’incarnazione. Una vita dicui attestiamo, nella morte erisurrezione di Cristo, chenon è affidata al fato, chepuò sempre rinnovarsi.Niente e definitivamentechiuso. La vita religiosa nonha in se stessa la sua finalità.C’è per traghettare la genero-sità originaria della passione pergli umani del Dio di Gesù Cristo. Ènecessario che ci preoccupiamo delnostro futuro, non per abbarbicar-visi e ritenersi indispensabili, ma inragione dell’impegno con sorelle efratelli e verso tutti quelli di cui ab-biamo in qualche maniera una re-sponsabilità».

    Gli abissi e lo splendore– Domenicana e teologa morale:

    come vede la situazione attuale del-la vita consacrata (e non solo religio-sa) nella Chiesa francese, attraversa-ta da molte tempeste?

    «Anzitutto rendendo grazie pertante vite magnifiche, travolgentidi prossimità con il Signore, in rela-zione a donne e uomini che cono-scono il soffrire. Vite che non cerca-no un rilievo sociale ma che vannoal cuore. È davvero magnifico: unafolla di testimoni di oggi che parte-cipano a tenere in piedi il mondononostante tutto, a dargli un voltoumano al di là delle brutalità.

    Con realismo. Non tanto per lacontinua decrescita sul piano socia-le e numerico, quanto per ciò chescopriamo in relazione agli scanda-li e abusi. Aggressioni sessuali, cer-to, ma anche abusi di potere, di con-fidenza, di coscienza. Toccano molteforme della vita consacrata oggi.Come non farsi interrogare in pro-fondità? Non solo per l’immensodolore che essi hanno provocato suvite devastate e sbriciolate, ma an-che per noi che li scopriamo oggi e

    ci interroghiamo su come sia statopossibile. Tradimenti che ci obbli-gano a riprendere il nostro fonda-mento e a discernere come una con-cezione nefasta dell’obbedienza, adesempio, o della castità può avercondotto agli abusi.

    Infine con speranza. Perché vedooggi una autentica presa di coscien-za di molti su questi fatti dolorosi euna reale volontà di lottare controogni pratica deviante e di formarsiadeguatamente. Vedo anche un im-pegno di fondo per sostenere le vit-time. Credo che la vita consacratadal cuore di questa tempesta possadiventare semplicemente più evan-gelica. Se la nostra Chiesa non vatroppo bene – come ignorarlo – cre-do tuttavia che il Vangelo vada mol-to bene».

    Donne e uomini:un cammino di Chiesada fare

    – Vuole aggiungere qualche cosa,in particolare sul rapporto uomo-donna nella Chiesa?

    «La vita religiosa ha una grandeopportunità. Essa è mista da sempreperché donne e uomini hanno sceltodi seguire il Cristo in questa forma.Nella nostra Chiesa, tale alterità co-stitutiva è una forza perché essa cirende più sensibili alle donne e agliuomini del nostro tempo e in parti-colare alla crescita del ruolo delledonne nelle nostre società. Essa per-mette anche, e in ogni caso lo spero,

    di comprendere diversamen-te le questioni del potere digoverno come le questioni so-ciali. Niente è già raggiunto eniente è facile. Ma sono testi-mone di una vera fraternitànei nostri incontri istituzio-nali. Testimone anche che laparità nelle nostre strutturedi rappresentanza come laCORREF (Conferenza delle re-ligiose e religiosi in Francia),funziona molto bene ed è unavera forza in numerose que-stioni da affrontare. Lo sap-piamo, molto cammino restaancora da fare nella nostraChiesa rispetto alle relazionidonne-uomini. La vita religio-

    sa è oggi modesta per numeri e peretà. Ma questo non impedisce che ilsuo ruolo discreto possa diventareun segno, senza ostentazione e sen-za pretendere di dare lezioni. Un se-gno semplice, con limiti e fragilità,verso relazioni più equilibrate e giu-ste. Perché il Vangelo ci pretende in-sieme e ha bisogno delle sensibilitàe delle competenze di tutte e tuttiper offrirsi a questo tempo comebuona notizia per quanti si credonolontani».

    NOËLLE HAUSMAN

    1. Sr. Véronique Margron o.p., è provinciale del-le Suore della carità Domenicane della Pre-sentazione della santa Vergine, presidentedella Conferenza dei religiosi e religiose diFrancia. È teologa morale e ha studiato conX. Thévenot e C. Geffré, e poi con B. Cadoré.

    Non chiamateci

    barboni

    ANGELO ROMEO

    dehoniane.it

    pp. 152 - € 10,00

    IL VANGELO TRA I POVERI

  • Testimoni 9/2020 • 9

    L’esplosione che ha devastato ilporto di Beirut il 4 luglio scor-so è avvenuta in un momentoin cui il Libano si trovava già datempo sull’orlo dell’abisso: il paesecon il suo gigantesco debito statale,una crisi economica tra le più gran-di della sua storia e la dilagante cor-ruzione, con un governo che si è di-messo e un sistema politico implo-so e non più riproponibile ha da-vanti a sé un avvenire denso di in-cognite. Potrà da questa crisi nasce-re qualcosa di nuovo? È quanto mol-ti si domandano e tutti sperano. Maa quali condizioni?

    Un sistema politicodecrepito e insostenibile

    Un po’ di storia può aiutare acomprendere la portata dei proble-mi. In Libano ci sono 18 comunitàreligiose riconosciute dallo Stato. Inuclei principali sono costituiti dacristiani, musulmani sunniti e scii-ti. La maggiore comunità cristianaè formata dai maroniti, nome chederiva dall’eremita siriaco Maronevissuto tra il IV- V secolo. È veneratocome santo dalla Chiesa cattolica eanche da quella ortodossa. I Maro-niti riconoscono il Papa come lorocapo supremo. Oltre ai cristiani e aimusulmani ci sono i drusi, nati dauna scissione dagli ismailiti siriacimusulmani. Abitano nelle monta-gne dello Shuf a sud di Beirut e rap-presentano il cinque per cento dellapopolazione. Temuti guerrieri e abi-li strateghi sono stati finora coin-volti e rappresentati nel governo.

    I cristiani nel Libano si sono af-fermati nel paese nel secolo 7° lot-tando contro l’espansione musul-mana. Nel sec. 19° un nucleo sempremaggiore di essi si stabilì in quella

    che oggi è la Siria. Ciò comportò unaguerra civile con i drusi. Verso lametà del sec. 19°, in seguito all’inter-vento della Francia, il Libano diven-ne una specie di “isola cristiana inmezzo ad un mare musulmano”.

    In Libano, le comunità religiosehanno una grande influenza sullavita privata della gente. Gli eventipiù importanti della vita, come ilmatrimonio, il divorzio o i problemiriguardanti l’eredità ricadono sottola loro responsabilità. Molte coppieinterreligiose vanno a sposarsi al-l’estero, per esempio a Cipro, poichéin Libano il matrimonio civile èproibito.

    I libanesi riconoscono subito chiappartiene a questa o quella comu-nità: dagli idiomi, dal dialetto, dagliornamenti, dai tatuaggi, dai giorna-li che leggono o dal luogo in cui vi-vono.

    I quartieri delle città e le zone delpaese sono state divise dopo laguerra civile (1975- 1990) in baseall’appartenenza religiosa. Molticristiani vivono a Beirut est e sullemontagne a nord della città. Beirutovest, Sidone, Tripoli sono invece in

    prevalenza sunniti, mentre gli sciitisi sono stabiliti nel sud e nella peri-feria sud di Beirut.

    Fino ad oggi è rimasto in vigorenel governo e nella pubblica ammi-nistrazione il sistema proporziona-le; un sistema introdotto dall’ex po-tenza coloniale francese circa 100anni fa, dopo la prima guerra mon-diale del 1914-18.

    La convinzione che aveva guida-to i legislatori di allora era che unapartecipazione ben definita e pro-porzionale dei gruppi religiosi al-l’organizzazione del Paese sarebbestata in grado di assicurare la coe-sistenza pacifica. Dopo il ritiro del-la Francia tale partecipazione pro-porzionale fu accolta e sancita nel-la Costituzione nel 1947. La riparti-zione prevedeva che il presidentedello stato fosse sempre un cristia-no maronita, il primo ministro unmusulmano sunnita, il presidentedel parlamento un musulmanosciita.

    La ripartizione dei poteri si basa-va su un censimento del 1932. Aquell’epoca i maroniti erano pocomeno del 30%, i musulmani sunniti

    DOPO L’ESPLOSIONE AL PORTO DI BEIRUT

    La difficile rinascita del LibanoIl paese oggi ha bisogno di rigenerarsi e di reinventarsi. Il vecchio sistema è ormai infrantumi. La speranza viene dai giovani. Ma niente sarà possibile senza un ingente

    aiuto internazionale e senza la liberazione dalle interferenze dei paesi vicini.

    Q U E S T I O N I S O C I A L I

  • Q U E S T I O N I S O C I A L I

    circa il 22% e gli sciiti quasi il 20%.Ma da allora, la popolazione musul-mana è cresciuta più rapidamentedi quella cristiana. Non ci fu più tut-tavia alcun censimento.

    Dal 1975 al 1990 il paese fu teatrodella guerra civile. Una delle causefurono i conflitti religiosi. Tuttaviarimase confermato il sistema go-vernativo proporzionale.

    Dopo le vicende belliche, i signoridella guerra, come li chiama spre-giativamente la gente – come scriveMey Dudin nell’agenzia di stampaevangelica tedesca epd – si vestiro-no di giacca e cravatta, si trasferiro-no in parlamento. Una legge sul-l’amnistia garantiva che nessuno diquesti signori dovesse essere rite-nuto responsabile delle atrocità

    commesse. E fino ad oggi, le mede-sime famiglie il cui potere si basasulla legalità delle rispettive comu-nità continuano ad avere voce in ca-pitolo, approfittando del vecchio si-stema, ora crollato.

    Dopo la catastrofe appena acca-duta. è ben difficile che questo si-stema sia riconfermato. Tanto piùche, indipendentemente dai fattiattuali, già da circa undici mesi nelpaese hanno continuato a susse-guirsi manifestazioni contro la cor-ruzione e il malgoverno.

    Una catastroficacrisi economica

    Oltre al sistema governativo dareinventare e rifondare, sul paese

    grava anche una catastrofica situa-zione finanziaria ed economica, or-mai fuori di ogni controllo, da cuinon potrà rialzarsi senza un ingen-te massiccio aiuto internazionale.Come se non bastasse, ora si è ag-giunta nel paese anche la crisi delcoronavirus.

    Dallo scorso mese di marzo il Li-bano è ormai insolvente. Con 1,5milioni di profughi siriani, il 40%della gente senza lavoro e una mo-neta in libera caduta, con un’infla-zione dell’80%, l’esplosione di Bei-rut non ha fatto altro che accelera-re il collasso.

    A un debito nazionale di oltre 90miliardi, occorrerà ora aggiunger-ne almeno altri 15 per la ricostru-zione del porto di Beirut. Il porto

    Non è facile capire l’AmericaLatina dal di fuori o in basea una razionalità unica che hadominato finora. Le culture do-minanti devono accettare chenel mondo ci siano altri modi divedere, di conoscere, di espri-mersi, di pregare e di vivere la vi-ta di tutti i giorni.

    Per comprendere cosa stasuccedendo nel contesto politi-

    co e sociale dell’America Latina, prenderò in prestito unaparola che appare in alcuni passaggi dell’esortazione po-stsinodale di papa Francesco Querida Amazonia. A miomodo di vedere, questo termine dice molto del modo disentire latinoamericano e certamente dice molto allostesso papa Francesco. Si tratta del termine “colonizza-zione” che, nell’esortazione, ricorre sia come verbo siacome sostantivo. Nel documento appare undici volte eciò dimostra la sua importanza nel testo e nel contesto.

    Il colonialismo resisteLe colonie, intese come forma politica territoriale e di

    governo, non sono qualcosa che riguarda il passato, nésono scomparse con le vicende legate alle lotte per l’in-dipendenza. Di fatto, il contesto della storia politica deipaesi dell’America Latina oggi continua ad essere colo-niale.

    Dire questo significa accettare che il paradigma poli-tico-sociale del nostro continente non riflette la diversitàdelle etnie e delle culture presenti al suo interno, ma è ilriflesso di un modo di essere che ha più di europeo-spa-gnolo che di meticcio, indio, nero o mulatto. Questoaspetto non è insignificante, poiché la maggioranza delnostro popolo è meno europea-spagnola che caraibica,

    nera, rivierasca, montanara, indigena, meticcia…È per questo che, nella coscienza del popolo latinoa-

    mericano, continua ad essere viva l’idea di una liberazio-ne dalle oppressioni, di un’indipendenza non ancora rag-giunta e del rispetto per la sua dignità. Non è casualetutta l’enfasi presente nella celebrazione degli eroi dellapatria o del giorno dell’indipendenza dei paesi di questaregione. Queste celebrazioni sono accompagnate da unacerta nostalgia di raggiungere un giorno l’agognata li-bertà. Il desiderio di liberazione non è uno slogan ideo-logico e non è un caso che questa aspirazione sia statapercepita anche da Ratzinger quand’era prefetto dellaCongregazione per la dottrina della fede, come testimo-nia l’istruzione apostolica Libertatis nuntius.

    Il desiderio di superare i colonialismi non costituisceun aspetto insignificante nella configurazione delle lea-dership politiche del continente. Non è casuale il fre-quente ritorno di partiti di sinistra al potere dopo breviparentesi di governi di destra. L’ideologia delle sinistretende ad avere maggiori attrattive rispetto alla destra,tuttavia, anche l’ideologia delle sinistre si trova in crisie stiamo forse nel preludio di qualcosa di nuovo che èdifficile descrivere per la novità che comporta. Non soquanto tempo ci vorrà per dare alla luce qualcosa di nuo-vo, ma è certo che siamo nel momento critico del parto.Le ideologie di sinistra hanno esaurito il discorso dei po-veri, poiché il povero di cui parlano i politici è un concet-to puramente ideale e non ha nulla a che vedere conquel povero concreto che ha un suo modo di vivere la vi-ta, di conoscere, di affrontare i problemi e di pregare Dio.

    Un desiderio da non ignorareI piani politici ed economici, per quanto possano es-

    sere promettenti, se non si tiene conto di questo deside-rio di liberazione dai colonialismi dominanti, sembrano

    10 • Testimoni 9/2020

    Cosa succede in America Latina?

  • Q U E S T I O N I S O C I A L I

    costituiva una linfa vitale per ilpaese e una fonte cospicua di in-troiti. Con l’esplosione è stato di-strutto anche il più grande granaiodel paese. Adesso, mancano i soldiper gli acquisti e il paese è minac-ciato anche da una crisi alimenta-re. Anche il sistema sanitario nonè in grado di far fronte alla crisi.Già prima del disastro, gli ospedalierano saturi e avevano raggiunto ilimiti massimi di capacità di accet-tazione.

    La gente ormai da tempo ha per-so ogni fiducia nei suoi governantie ne invocava le dimissioni. L’appel-lo a dimettersi era stato sostenutoanche dal patriarca maronita, il car-dinale Bechara Rai e le chiese han-no appoggiato con decisione le ri-

    chieste di riforme al centro di tantemanifestazioni.

    Le riforme sono necessarie se ilpaese vuole ottenere aiuti finanzia-ri internazionali. “In Libano abbia-mo bisogno di un nuovo sistema”ha dichiarato il presidente francese,Emmanuel Macron durante una vi-sita a Beirut dopo l’esplosione alporto di Beirut. Ma ha fatto capirechiaramente che gli aiuti di emer-genza non andranno “in mani cor-rotte”.

    Se ci saranno nuove elezioni, c’èda auspicare che nasca un nuovo ti-po di governo non più confessiona-le, ma democratico, affidato a per-sonalità politiche capaci, integre edi prestigio. Cent’anni dopo la pro-clamazione dello Stato del Grande

    Libano e 40 dopo il trattato di pacedi Taif, il paese è chiamato ancora areinventarsi.

    La speranza – scrive AndreaKrogman (KNA 13 agosto) – vienedal fatto che attualmente ampi set-tori della nuova generazione e del-l’esercito non si definiscono più inbase alla loro appartenenza religio-sa; vogliono essere semplicementelibanesi. Ciò che manca però è unleader capace e rispettato, oltre lebarriere confessionali. Ma sarà ne-cessario anche un nuovo accordointernazionale che stabilisca i limitidi influenza delle comunità religio-se e argini le interferenze dei loropotenti vicini.

    A.D.

    destinati al fallimento. Forse è questa la ragione per cuiil governo di Maduro non è caduto di fronte alla spintadi un politico come Guaidó che ha avuto l’appoggio in-ternazionale di oltre 60 paesi. Forse questa è anche laragione per cui il partito dell’ex presidente Evo Moralesè in testa ai sondaggi, nelle intenzioni di voto in Bolivia.Forse questo è stato il motivo per cui gli indigeni ecua-doriani sono scesi in piazza per protestare contro misure«salutari per l’economia» dettate dal loro presidenteMoreno, o forse è la ragione per cui il partito di CristinaKirchner ha riconquistato il potere politico in Argentina.

    I latinoamericani non sono dei politici ignoranti, enemmeno sono degli opportunisti, sono una popolazio-ne con molti modi di vivere sconosciuti ad un modo uni-co di vivere e di vedere il mondo, e che cerca di reinven-tarsi.

    Una consapevolezza nuovaPerché solo ora si verificano fenomeni di instabilità

    politica? Credo che sia perché c’è un maggior grado diconsapevolezza e di protagonismo politico da parte dellediverse etnie e culture dei nostri paesi.

    Inoltre, occorre tener presente che alcuni movimentipolitici, più o meno consapevolmente, hanno contribuitoa far maturare questa coscienza. In questo senso è op-portuno sottolineare l’introduzione dell’espressione«democrazia partecipativa e protagonista» nella Costi-tuzione del Venezuela che, al di là delle derive del chavi-smo, ha avuto un impatto nella coscienza politica del cit-tadino venezuelano. Questa espressione ha sostituitoquella di “democrazia rappresentativa”.

    L’effetto prodotto dall’espressione ha provocato il ca-os, poiché l’ordine e l’equilibrio politico raggiunti fino adallora sono andati in crisi a causa della pluralità delle vo-ci e dei punti di vista che sono sorti nell’ambito politico-

    sociale. Come conseguenza, né agli indigeni, né ai neri,né ai meticci, né a quelli che vengono da fuori è suffi-ciente essere rappresentati in parlamento o in qualsiasialtra istanza di governo.

    Attualmente i diversi gruppi etnici e culturali che vi-vono nel continente chiedono che la loro voce sia ascol-tata, che la loro cultura e il loro modo di conoscere sianotenuti in considerazione, che la loro sapienza sia consi-derata uguale ai principi filosofici che sostengono il si-stema dominante, che si tenga conto della loro organiz-zazione, che non ci siano ripartizioni discriminatorie deiterritori e che le loro espressioni religiose non siano con-siderate sprezzantemente come superstizione.

    Questo, ovviamente, sta cambiando lo scacchiere nelcampo politico e sociale; tutto sembra caotico e l’Ameri-ca Latina sembra diventata una moderna torre di Babele.Dobbiamo ricordare, tuttavia, che il racconto della Torredi Babele (cf. Gen 11) narra il primo intervento di Dio a fa-vore della liberazione dei popoli che erano sottoposti alcomando di un popolo che imponeva il proprio unico lin-guaggio.

    Sicuramente dopo Babele regnò il caos politico, socia-le e territoriale e i popoli dovettero imparare a ristruttu-rarsi e a costruirsi. Così è l’America Latina di oggi: som-mersa in una specie di caos politico e sociale.

    Questa fase richiede che i latinoamericani imparinoad ascoltarsi e a rispettarsi per poter reinventarsi. Siamoin un momento di resistenze, di violenze, di dialogo trasordi, ma anche di opportunità, di nuove visioni e di ric-chezze culturali inedite.

    È il momento di imparare, di avere pazienza e di scom-mettere su un dialogo nel quale tutte le voci possanofarsi sentire.

    ANTONIO TEIXEIRA

    Testimoni 9/2020 • 11

    Un continente ancora impregnato di colonialismo

  • 12 • Testimoni 9/2020

    Due fondatori edue ombre. De-nunce e sospettidi comportamenti im-propri hanno investitola figura di p. GeorgesFinet (1898-1990), co-fondatore assieme allamistica Marthe Robin(1902-1981) dei Foyersde charité, e di p. JosefKentenich (1885-1968)fondatore dell’Opera diSchönstatt.

    Il 7 maggio è stata resa pubblicauna sintesi di 24 pagine dello studiodi una commissione di indagine av-viata dall’attuale presidenza dei Fo-yers de charité che si espone in ungiudizio esplicito: «Condanniamosenza riserve i maneggi gravemen-te devianti di p. Finet, che sotto tuttii punti di vista sono contrari al di-ritto, al rispetto delle persone e agliinsegnamenti del Vangelo. Questerivelazioni rappresentano un dolo-re per tutte le persone che sono sta-te vittime, per tutti i membri dei Fo-yers de charité e risultano sorpren-denti per quanti hanno apprezzatoil padre Finet come fondatore, pre-dicatore ed educatore». Gli abusi inquestione sono stati testimoniatida 26 donne che, da adolescenti,hanno subito varie forme di aggres-sioni sessuali da parte di p. Finetdentro la celebrazione della confes-sione, nel periodo che va dal 1945 al1983. La commissione di indagine,indipendente rispetto all’Associa-zione ecclesiale, ha raccolto in seimesi (a partire dal settembre 2019)143 testimonianze, 116 delle qualisono state orali e scritte. Fra di esse26 affermano comportamenti irre-golari di p. Finet attraverso tocca-menti impropri del corpo e questio-

    ni intrusive a carattere sessuale av-venuti durante le confessioni che leragazze della scuola, attiva nella se-de di fondazione dei Foyers a Châte-auneuf-de-Galaure (Drôme – Fran-cia), erano invitate a fare nella ca-mera del fondatore.

    La mistica e il fondatorePadre George Finet nasce a Lione

    nel 1898, diventa prete nel 1923, è di-rettore delle scuole cattoliche delladiocesi di Lione nel 1933. IncontraMarthe Robin nel 1936 e, su suaispirazione, fonda i Foyers de chari-té. Muore nel 1990. I Foyers nasconocome luoghi di ritiro spirituale, maesercitano anche altri servizi, comescuole, dispensari e case di ferie. Ilcuore del loro servizio è la predica-zione degli esercizi spirituali conl’intuizione di affidarli non solo aipreti, ma a una comunità prevalen-temente di laici (uomini e donne).La spinta all’evangelizzazione eall’annuncio cherigmatico in uncontesto di crescente scristianizza-zione ha trovato significative con-ferme. L’intuizione originaria è del-la mistica Marthe Robin, dichiaratavenerabile nel 2014. Segnata dal-l’encefalite e totalmente paralizza-ta, Marthe ha rappresentato in

    Francia uno straordinario punto diriferimento. Senza alcuna alimen-tazione se non l’eucaristia, la misti-ca riviveva la passione del Signoreogni venerdì con il fenomeno dellestigmate. I suoi visitatori sono staticirca 100.000 e fra di essi quasi tuttii “nuovi fondatori”, moltissimi ve-scovi, teologi e uomini di spicco nelcristianesimo francese.

    P. Finet diventa il suo padre spiri-tuale e colui che ne interpreta i pen-sieri e le indicazioni. È lui che tra-smette ai Foyers le intuizioni fonda-tive e le interpreta con una spiccatacentralità della figura sacerdotalenel contesto delle comunità. Circon-dato da una grande stima e da at-teggiamenti adulatori, ha datoun’impronta fortemente devozio-nale alla spiritualità dell’associa-zione, una relazione non semprecordiale con le Chiese locali di ap-partenenza delle varie comunitàche nel frattempo crescevano e unagestione “monarchica” della funzio-ne di animazione. Il successo deinumeri e dei consensi ha concessoal fondatore un’aura che non ha fa-vorito lo spirito critico. Fortementeportato e dotato nell’azione educa-tiva, p. Finet incrocia e interpreta leprime attenzioni della Chiesa allericerche sull’affettività e sulla ses-

    FOYERS DE CHARITÉ – OPERA DI SCHÖNSTATT

    Ombre sui fondatoriUna inchiesta interna e un saggio storico denunciano comportamenti impropri di due

    fondatori: p. Georges Finet (Foyers de charité) e p. Josef Kentenich (Opera diSchönstatt). Interrogarsi senza avvilirsi.

    V I TA D E L L A C H I E S A

  • Testimoni 9/2020 • 13

    V I TA D E L L A C H I E S A

    sualità. Un impegno che la commis-sione di indagine indica come «in-genuo e abborracciato». L’associa-zione laicale dei Foyers cresce inmaniera vistosa. Oggi vi sono 78 co-munità con 970 membri che ani-mano altrettanti luoghi di ritiro e diesercizi, attive in 4 continenti. Sicalcola che ogni anno passano daloro circa 50.000 credenti alla ricer-ca di momenti di riflessione e pre-ghiera. Dal 1986 ha ricevuto dalConsiglio pontificio per i laici il ri-conoscimento di Associazione in-ternazionale di fedeli di diritto pon-tificio. In Italia vi sono tre comuni-tà: a La Salera (Aosta), a Ronciglione(Viterbo) e ad Altamura (Bari).

    Conclusioni discusseLa prima generazione ha vissuto

    lo stato nascente di un carisma ori-ginale nella convinzione di un ser-vizio nuovo, necessario e richiesto.Il clima cambia con l’elezione delnuovo moderatore (Moïse Ndione),eletto, assieme al nuovo consigliointernazionale nel 2016. Si avvia unmovimento di riforma nella strut-tura interna: moderatore, consiglio,segretariato. L’assemblea generaledel 2016 vota i nuovi statuti, operala distinzione di responsabilità traforo interno e foro esterno e si im-pegna ad approfondire la nozionedi paternità spirituale. Nel 2018-2019 si infittiscono le voci circacomportamenti reprensibili delfondatore con la diffusione di dolo-rose testimonianze attraverso radioe internet. Nel settembre del 2019 ilconsiglio e il moderatore decidonol’avvio della commissione di inda-gine chiamata a fare luce sul passa-to, a valutare l’efficacia delle strut-ture attuali in ordine alla lotta con-tro la pedofilia e gli abusi e a indi-care alcune tracce di riforma per ilfuturo. Affidata a Françoise Gaus-sen e composta da otto persone condiverse specializzazioni, essa pren-de indirizzi e contatti delle personedisposte a dare testimonianza per-sonale sugli atteggiamenti di p. Fi-net, garantendo rispetto, confiden-za e attenzione. Non è un’indaginegiuridica e giudiziaria, ma unacommissione di carattere storico-informativo e di accompagnamen-

    to dell’associazione. I risultati circaalcuni comportamenti inappropria-ti di p. Finet sono già stati ricordati.Il testo ricorda la sua appartenenzaa una generazione di preti che eser-citavano la pratica della confessio-ne e di guida spirituale esagerata-mente focalizzata sul tema dellamorale sessuale. Sottolineando, pe-rò, che le pratiche delle confessionidi p. Finet non rispettavano affattole norme canoniche e le indicazionipastorali allora proposte e suggeri-te. Fra i suggerimenti che la com-missione indirizza all’istituto vi èl’invito a una rinnovata concezionedella paternità spirituale, una con-ferma dell’intuizione originaria cir-ca l’importanza dei laici e una piùattenta formazione, iniziale e per-manente. Fra i suggerimenti anchela richiesta di un visitatore vatica-no. Su quest’ultima domanda si in-nesta la reazione vigorosa dei fami-liari di p. Finet e di una parte di co-loro che l’hanno conosciuto. Hannoscritto al Vaticano, alla nunziatura,al dicastero dei laici e al presidentedella Conferenza episcopale france-se per chiedere un riesame del dos-sier da parte di una autorità total-mente autonoma. Essi lamentanoche p. Finet sia di fatto consideratocolpevole senza alcuna possibilitàdi potersi difendere. Un gruppo dicollegiali degli anni ’50-‘60 annotacome la “condanna” sia irrispettosadel diritto: «essa trasforma la pre-sunzione di innocenza in presun-zione di colpevolezza e diffama lamemoria di un morto che non puòdifendersi». Si vedranno gli sviluppifuturi.

    La visita e la censuraIl 1 di luglio esce su un giornale

    tedesco (Tagespost) e sul blog diSandro Magister il saggio di unastorica: Alexandra von Teuffenbachche ricostruisce la visita canonica dip. Tromp (1889-1975) all’Opera diSchönstatt fra il 1951 e il 1953. Oltrealle questioni del carisma, dellastruttura dell’opera e della maturitàdei suoi membri, il visitatore evi-denzia nei suoi rapporti l’abuso dipotere del fondatore nei confrontidelle suore. Il suo potere pieno, ilsuo essere “equiparato” a Dio, l’aura

    di santità costruita attorno a lui eraun terreno di coltura per indebitedipendenze e subalternità interio-rizzate. La storica, sulla base del rap-porto di p. Tromp, cita in particolarel’obbligo per le suore di confessarsicol fondatore almeno in alcune cir-costanze e il sistema di dialogo con-fessore-penitente con pretese tota-lizzanti e domande intrusive. Sem-pre p. Tromp ricorda una lettera diuna suora tedesca che nel 1948 de-nuncia un abuso sessuale da partedel fondatore. La sua denuncia nonha conseguenze. La stessa personaconferma il racconto in un successi-vo incontro con p. Tromp. Interro-gando la superiora generale circadenunce similari da parte delle suo-re, si sente rispondere: sei-otto. Nel1951 un decreto del Santo’Ufficio al-lontana p. Kentenich dalla sua fon-dazione, inviandolo a Milwaukee(Stati Uniti) in una comunità di Pa-lottini (a cui il padre apparteneva).Solo 14 anni dopo, nell’ottobre 1965– a un anno dal riconoscimento del-la piena autonomia dell’Opera - po-té tornare in Germania e riprenderele sue attività, dove è morto il 15 set-tembre 1968.

    Non temere la veritàLa prima reazione di Schönstatt è

    molto dura. Il superiore generale J.P. Catoggio, a nome della presidenzascrive: «Respingiamo fermamentel’accusa che J. Kentenich sia colpe-vole di abusi sessuali verso membridell’istituto, fra le Sorelle di Maria».

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  • 14 • Testimoni 9/2020

    V I TA D E L L A C H I E S A

    Al contrario, il suo comporta-mento «è sempre stato carat-terizzato da una spiccata ri-verenza e stima», special-mente «nei confronti delledonne». L’intera vicenda delsuo allontanamento fa partedei documenti presentati inordine alla beatificazione ele opinioni espresse da p.Tromp erano marginali. Tan-to più che la memoria delsuo passaggio nell’Opera eramolto discussa per il caratte-re e il tradizionalismo. Non sipuò ignorare la buona provadi p. Kentenich nei 14 anni diesilio. Del resto fa parte delprocesso romano il nihil ob-stat rispetto ai materialid’archivio prodotti. Alla pri-ma reazione ne sono subito succe-dute altre, molto più guardinghe epossibiliste. Mons. Francesco Pistil-li, appartenente all’Opera e vescovodi Encarnación (Paraguay) scrive:«Penso che ci sarà richiesta moltaobiettività. Il nostro fondatore èmesso a dura prova. Confidiamoche superi la prova, ma deve esserein grado di mostrarsi in questo mo-do, con imparzialità. Sono convintoche, per parte nostra, non si trattadi metterci sulla difensiva, ma solodi essere incoraggiati nella luce … Ètempo di capire e di cercare rispostesenza paura, e senza bisogno di di-segnare un fondatore perfetto». P. D.

    Barata, superiore in Spagna, am-mette che nuovi documenti possa-no meglio illuminare il tempo del-l’esilio del fondatore, ma già oggi«dobbiamo chiedere scusa per nonaver trasmesso a tutto il movimen-to tutto ciò che sapevamo. Ci è man-cato il coraggio». «In questo dolorecondiviso siamo convinti del fattoche accedere a tutta la verità ci per-metterà di avere una conoscenzapiù profonda del carisma del nostrofondatore». E I. Serrano del Pozo dalCile sottolinea che la visitazione va-ticana e i successivi provvedimentisono sempre stati imputati a unamancata comprensione ecclesiale

    del carisma di Schön-statt in particolare delprincipio di paternità edella normatività deivincoli, senza chiarireil senso degli «abusi»che non appaiono maicome il fattore scate-nante l’esilio. E conti-nua annotando la fun-zione positiva di un ri-conoscimento recentedella nascita di Kente-nich da una donna(Katharina Kentenich)non sposata (a otto an-ni Josef fu portato inorfanatrofio). Anchenuove ricerche potreb-bero rivelarsi positive.E in proposito suggeri-sce di istituire una

    «commissione d’inchiestaper trattare in modo oggetti-vo quanto accaduto nella vi-sita canonica e le motivazio-ni del decreto disciplinaredel Sant’Ufficio».

    Il dibattito successivo sul-la stampa si è molto arricchi-to. La storica A. von Teuffen-bach pubblica una lettera (2aprile 1982) del card. J. Rat-zinger, allora prefetto dellaCongregazione della dottri-na della fede in cui si affer-ma che la Congregazionenon aveva annullato nessu-na delle precedenti decisionidel sant’Ufficio. Appare unalettera del card. F. S. Errázu-riz, allora presidente del-l’Opera di Schönstatt che

    chiede a Ratzinger di correggere iltiro. Il Prefetto risponde con una let-tera di elogio all’Opera, ma senzaaccennare alle disposizioni censorienei suoi confronti. Il movimentopubblica una lettera del card. Jo-seph Höffner, allora vescovo diMünster, del 1965 in cui si affermache la Santa Sede ha abrogato lenorme restrittive di p. Kentenich eche tutti i materiali resi pubblici fi-nora sono contenuti nella positiodepositata in ordine al processo dicanonizzazione.

    L’Opera di Schönstatt, poco notain Italia, è considerata un movi-mento ecclesiale che coinvolge oltre140.000 membri in 42 paesi delmondo (soprattutto Nord-Europa,Africa e America Latina). L’Opera èuna confederazione di una dozzinadi varie comunità e associazioni daipreti ai laici, da chi ha vita comunee chi no, da leghe apostoliche (comequelle delle famiglie) a istituti seco-lari e gruppi giovanili. Tutti legatidal carisma di un fondatore, da unparticolare legame con un santua-rio mariano, quello di Schönstatt(replicato oltre 200 volte in 33 paesidel mondo), da una spiritualità co-mune e dall’obiettivo condivisodell’evangelizzazione.

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  • Testimoni 9/2020 • 15

    V I TA D E L L A C H I E S A

    to la risposta che sr. Margron, presi-dente della Conferenza dei religiosie religiose francesi ha dato nella in-tervista (a p. 8) alla domanda su co-me valutare oggi la situazione dellavita consacrata: «Anzitutto renden-do grazie per tante vite magnifiche,travolgenti di prossimità con il Si-gnore, in relazione a donne e uomi-ni che conoscono il soffrire. Vite chenon cercano un rilievo sociale mache vanno al cuore. È davvero ma-gnifico: una folla di testimoni di og-gi che partecipano a tenere in piediil mondo nonostante tutto, a dargliun volto umano al di là delle bruta-lità. Con realismo. Non tanto per la

    continua decrescita sul piano socia-le e numerico, quanto per ciò chescopriamo in relazione agli scanda-li e abusi. Aggressioni sessuali, cer-to, ma anche abusi di potere, di con-fidenza, di coscienza. Toccano molteforme della vita consacrata oggi.Come non farsi interrogare in pro-fondità? Non solo per l’immensodolore che essi hanno provocato suvite devastate e sbriciolate, ma an-che per noi che li scopriamo oggi eci interroghiamo su come sia statopossibile. Tradimenti che ci obbli-gano a riprendere il nostro fonda-mento e a discernere come una con-cezione nefasta dell’obbedienza, ad

    esempio, o della castità può avercondotto agli abusi. Infine, con spe-ranza. Perché vedo oggi un’autenti-ca presa di coscienza di molti suquesti fatti dolorosi e una reale vo-lontà di lottare contro ogni praticadeviante e di formarsi adeguata-mente. Vedo anche un impegno difondo per sostenere le vittime. Cre-do che la vita consacrata dal cuoredi questa tempesta possa diventaresemplicemente più evangelica. Sela nostra Chiesa non va troppo bene– come ignorarlo – credo tuttaviache il Vangelo vada molto bene».

    LORENZO PREZZI

    Nel desiderio di vivere una vi-ta religiosa radicata nellapreghiera, nella Parola diDio e con i poveri ci siamo, a poco apoco, ritrovate nell’esperienza spiri-tuale di Charles de Foucauld: “ritro-vate”, poiché prima ancora di averscelto di seguire le sue orme, ricono-sciamo di essere state, in qualchemodo, scelte da lui. Fin dalla fonda-zione del nostro Istituto ci è stato,infatti, suggerito di andare a Spello,per condividere alcuni giorni con iPiccoli fratelli del Vangelo. In que-sto luogo siamo entrate a contattocon l’esperienza di Charles de Fou-cauld e ci siamo confrontate con gliaspetti della sua spiritualità, me-diati dalla ricca esperienza spiritua-le di Carlo Carretto e da quella deisuoi fratelli.

    Ci siamo trovate in sintonia con iprincipi ispiratori della spiritualità

    di Charles de Foucauld, figura a noi,appunto, quasi sconosciuta: un uo-mo alla continua ricerca della veri-tà, innamorato di Vangelo, di deser-to e di cura della vita spirituale, ap-passionato dei piccoli e dei poveri.Affascinate dalle proposte concilia-

    ri, abbiamo scelto di vivere con ra-dicalità la vita religiosa ispirandocia questa spiritualità, che era coe-rente con le attitudini spirituali ecomunitarie che già vivevamo. Ab-biamo fatto nostre tre caratteristi-che della via seguita da frère Char-

    UN CARISMA NATO NEL CUORE DEL VATICANO II

    Discepole del Vangelodiocesane per la missione

    Come Discepole del Vangelo ci siamo sentite interpellate dall’importanza diannunciare il Vangelo quando, nel 1973, le prime sorelle hanno raccolto le loro prime

    intuizioni, in ascolto del Concilio Vaticano II.

    V I TA D E G L I I S T I T U T I

  • 16 • Testimoni 9/2020

    V I TA D E G L I I S T I T U T I

    les: la preghiera e la contemplazio-ne; l’accoglienza e la condivisione;l’evangelizzazione secondo lo stileordinario e semplice della vita diNazareth. Dimensioni che viviamoin piccole fraternità e in comunionecon la diocesi.

    La nostra dimensionediocesana

    È stato nostro desiderio, fin dalleorigini, vivere inserite nella vitaparrocchiale e diocesana. La letturadei documenti conciliari e postcon-ciliari ci hanno condotto a fare no-stra la dimensione della Chiesa par-ticolare, per il fatto che la vita reli-giosa nasce nel cuore della Chiesaed è da essa custodita: «Spetta ai ve-scovi, quali maestri autentici e gui-de di perfezione per tutti i membridella diocesi, essere i custodi anchedella fedeltà alla vocazione religio-sa nello spirito di ciascun istituto»(MR 28).

    Scegliamo di mantenere viva lacomunione ecclesiale accogliendola speciale cura del vescovo delladiocesi di Treviso in cui siamo statefondate e ci impegniamo a viverequesta comunione con i vescovidelle sedi nelle quali sono presentile nostre fraternità. Attualmentesiamo presenti nelle diocesi di Tre-viso, Belluno, Milano, Torino, Vi-viers, Marsiglia, Tirana e a breveanche ad Algeri. Il dialogo con i Pa-stori di queste diocesi è aperto ecollaborativo, nella disponibilità adaccogliere le esigenze pastorali del-le Chiese nelle quali siamo inserite,conformemente alle caratteristichedel nostro carisma e nell’impegnocordiale a proporre esperienze diaccoglienza e di annuncio del Van-gelo, secondo lo spirito di frèreCharles. Cerchiamo di fare nostre lelinee guida della porzione del po-polo di Dio in cui siamo inserite edi approfondire il contesto sociale,culturale e religioso in cui ci trovia-mo. Frère Charles diceva: «La tua vi-ta di Nazareth puoi viverla ovun-que: vivila nel luogo più utile alprossimo».1

    L’essere diocesane è, dunque, unanostra specificità ecclesiale e spiri-tuale, prima che essere una nostracondizione giuridica. Ci riconoscia-

    mo, infatti, chiamate a vivere con laChiesa, per la Chiesa e nella Chiesa,con specifico riferimento alla Chie-sa particolare in cui siamo inserite.Così come siamo, vogliamo essereun segno di speranza per le donnee gli uomini di oggi. Con l’aiuto del-lo Spirito, in comunione con i pasto-ri, cerchiamo di essere sorelle dicontemplazione e di ascolto, facen-doci carico delle esigenze profondedella persona umana.

    La dimensionemissionaria

    La progressiva conoscenza diCharles de Foucauld ci ha introdottenell’esperienza missionaria di que-sto santo dal cuore universale, ilquale giunto nel Sahara scriveva:«Voglio abituare tutti gli abitanti,cristiani, musulmani ed ebrei e ido-latri, a considerarmi come loro fra-tello, il fratello universale… Comin-ciano a chiamare la casa ‘la frater-nità’ (la khaoua in arabo), e questomi è caro». Voleva essere «il fratellodi tutti gli uomini senza eccezionené distinzione».2 In una lettera en-ciclica di Paolo VI, Charles è ricorda-to per la sua opera missionaria, ap-punto, come “fratello universale”:«In parecchie regioni, essi [i missio-nari, n.d.r.] sono stati i pionieri delprogresso materiale come dello svi-luppo culturale. Basti ricordarel’esempio di Carlo de Foucauld, chefu giudicato degno d’esser chiama-to, per la sua carità, il “Fratello uni-versale”, e al quale si deve la compi-lazione di un prezioso dizionario

    della lingua tuareg».3Il nome che abbiamo scelto, “Di-

    scepole del Vangelo”, connota lo spi-rito e la finalità delle nostre frater-nità: rimanere alla sequela di Gesùe “gridare il Vangelo” con la vita, inuno stile semplice e umile, nasco-sto, in totale adesione alla volontàdel Padre. Charles stesso scriveva:«Tutta la nostra esistenza, tutto ilnostro essere deve gridare il Vange-lo sui tetti, tutta la nostra personadeve respirare Gesù; tutti i nostri at-ti, tutta la nostra vita devono grida-re che noi apparteniamo a Gesù, de-vono presentare l’immagine dellavita evangelica».4 Nella consapevo-lezza che la missione di portare ilVangelo è la grazia e la vocazionepropria della Chiesa (cfr. EN 14), c’èin noi sorelle il desiderio di annun-ciare a tutti l’amore di Dio, testimo-niando la Buona Notizia a ciascunuomo e donna, con la vita e con laparola, secondo lo stile ordinario esemplice di Gesù a Nazareth.

    L’esperienza missionaria di frèreCharles è cresciuta nella nostra Fra-ternità anche grazie alla condivisio-ne fraterna con diverse famiglie re-ligiose che in varie parti del mondosi ispirano a frère Charles. È sor-prendente la sintonia e la comunio-ne con questi Piccoli fratelli e Picco-le sorelle, laici e sacerdoti che spes-so vivono nelle periferie esistenzia-li, in attenta contemplazione dellastoria.

    Nate in un contesto ricco di risor-se, abbiamo avvertito l’esigenza divivere più profondamente lo spiritodi frère Charles aprendo fraternità

  • Testimoni 9/2020 • 17

    V I TA D E G L I I S T I T U T I

    in contesti più poveri materialmen-te e spiritualmente. Dopo aver aper-to alcune fraternità nel Nord Italia,abbiamo così fondato a Viviers(Francia), a Marsiglia nei quartierinord, in periferia di Tirana e a brevead Algeri.

    Si fa sempre più presente in noil’invito rivolto ai discepoli: «Andatein tutto il mondo e proclamate ilVangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).L’annuncio del Vangelo con la vitarichiede grande contemplazionedella storia e in contesti di missionearricchisce e rende fecondo anchelo spirito missionario delle fraterni-tà in Italia.

    Inserite in realtà anche piena-mente musulmane o in cui vivonopersone di diverse culture e religio-ni, vogliamo essere donne di dialo-go fraterno. E poiché la missione ènella natura della Chiesa e intrinse-ca ad ogni forma di vita consacrata,è nostro desiderio essere anche làdove il Vangelo non è conosciuto,convinte che la ricchezza del dialo-go coinvolge i diversi piani dell’esi-stenza umana, individuale e socia-le, e si concretizza nella condivisio-ne della vita, della comune ricercadella giustizia e della pace, nel dia-logo dell’esperienza religiosa. Sul-l’esempio di Charles de Foucauld,appassionato del dialogo con cre-denti e non credenti, abbiamo acuore la costruzione del Regno,nell’edificazione della casa comunein compagnia di altre persone, peraffrontare insieme le sfide comuni,attraverso legami di fiducia e diamicizia.

    Dal particolareall’universale

    La partecipazione alla vita par-rocchiale e diocesana ci ha condot-to, in questi ultimi anni, a maturaresempre più la convinzione chel’universalità dell’annuncio evan-gelico è tale se vissuta nella relazio-ne personale di ogni giorno conquanti incontriamo. Non si tratta diuna fraternità teorica, ma total-mente immersa nelle situazionibelle e tristi di ogni giorno, comescriveva Charles: «Mio Dio, comesiete buono! […] Amate talmente gliuomini, volete talmente che si ac-

    cordi loro tutto ciò che chiedono,che si vada incontro ai loro bisogni[…]. Volete veder regnare tra tutti lo-ro, che prediligete come un padre isuoi figli, una pace, una carità, unatenerezza celeste, […] assicurare ilregno di questa pace, di questoamore universale nella Vostra fami-glia umana».5

    Vivere il Vangelo significa, allo-ra, cercare di voler bene ad ognipersona con l’amore universale diGesù, con il suo Cuore che ama tuttiperché ama ciascuno. È l’esperienzache facciamo nel lavoro, in parroc-chia o nell’accoglienza di donne bi-sognose nelle nostre fraternità. So-lo nella personale cura delle rela-zioni possiamo essere sorelle uni-versali. Charles richiamando «l’u -niversale carità»6 di Gesù scriveva:«Sei venuto “ad accendere un fuocosulla terra” [cfr. Lc 12,49], il fuocodell’amore degli uomini per Dio, epoi il fuoco dell’amore degli uomi-ni tra di loro... “Accendere questofuoco”, è la tua opera, come dici tustesso, è l’opera di tutta la tua vita,è l’opera che lasci fare dopo di te al-la tua Chiesa...».7

    Ciò che ci proponiamo nelle no-stre giornate, è di essere sorelle checercano con umiltà di nutrirsi ognigiorno di Vangelo, di confronto ec-clesiale, di sincera fraternità, facen-doci carico dell’accoglienza fraternadi tutti e di ciascuno, di quanti han-no bisogni materiali o spirituali, inparticolare dei fratelli e sorelle che,come diceva Charles, non conosco-no Gesù e il suo Vangelo, per testi-moniare loro l’infinita bontà di Diocon la nostra stessa vita.

    sorella ANTONELLA FRACCARODiscepole del Vangelo

    1. C. DE FOUCAULD, Carnets de Tamanrasset 1905-1916, Nouvelle Cité, Paris 1986, 46-47.

    2. P. SOURISSEAU, Charles de Foucauld 1858-1916.Biografia, Effatà, Cantalupa (TO) 2018, 358-359.

    3. PAOLO VI, lett. enc. Populorum Progressio, 26marzo 1967, 12: EV II, 1057.

    4. M/314, C. DE FOUCAULD, La bonté de Dieu, Nou-velle Cité, Montrouge 1996, 285.

    5. M/304, in ivi, 270-271.6. Lettera a padre Jérôme, 17 luglio 1901, in C. DE

    FOUCAULD, «Cette chère dernière place». Lettresà mes frères de la Trappe, ed. A. Robert – P.Sourisseau, Cerf, Paris 1991,240.

    7. M/426, C. DE FOUCAULD, L’imitation du Bien-Aimé, Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 141.

    E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER RELIGIOSE E CONSACRATE

    � 1-10 ott: p. Pino Piva, sj “C’eranocon Lui i dodici e alcune donne …”(Lc 8,1-2) SEDE: Villa San Giuseppe, Via di SanLuca, 24 – 40135 Bologna (BO) tel.051.614 2341; e-mail:[email protected]

    � 4-11 ott: p. Elia Citterio “La porta diaccesso al segreto della preghiera: laseconda beatitudine” (Mt 5,4) SEDE: Centro di Spiritualità “BarbaraMicarelli”, Via Patrono d’Italia, 5/E –06081 Assisi – Santa Maria degliAngeli (PG); tel. 075.8043976; e-mail:[email protected]

    � 7-15 ott: p. Antonio Orazzo, sj“Sono con voi tutti i giorni sino allafine del mondo” (Mt 28,20) SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004; e-mail:[email protected]

    � 11-17 ott: p. Roberto Raschetti, CGS“Il tema della gioia nella Bibbia”(Sal 30,6)SEDE: Casa “Maris Stella”, ViaMontorso, 1 – 60025 Loreto (AN); tel.071.970232; cell. 333 8827790; e-mail:[email protected]

    � 11-17 ott: mons. Luigi Vari“Camminiamo secondo lo Spirito.Chiamati alla santità nel mondocontemporaneo” SEDE: Casa Gesù Maestro, Via S.Rocco,2 – 36030 Centrale di Zugliano (VI);tel. e fax 0445.362256; e-mail:[email protected]

    � 12-21 ott: don Dino Capra eDorotee di Cemmo “Dio mise allaprova Abramo: Genesi 12-25”SEDE: Eremo di Montecastello,Località Montecastello – 25080Tignale s/Garda (BS); tel.0365.760255; e-mail:[email protected]

    � 18-25 ott: p. Carlo Lanza, sj “Ilvolto umano di Cristo per unaumanità più autentica” SEDE: Centro Mater Divinae Gratiae,Via S.Emiliano, 30 – 25127 Brescia(BS); tel. 030.3847212; e-mail:[email protected]

    � 25-31 ott: p. Maurizio Cino, C.P. “Lavita consacrata: una chiamata acustodire e ravvivare il dono che Dioha affidato alla Chiesa” (2 Tm 1,14) SEDE: Casa di Esercizi dei Ss. Giovannie Paolo, Piazza Ss. Giovanni e Paolo,13 – 00184 Roma (RM); tel. 06.772711;e-mail: [email protected]

  • 18 • Testimoni 9/2020

    Dom Pedro era solito celebrareil Giorno dei defunti nel ci-mitero più povero di São Fé-lix do Araguaia (MT). In quel luogogiacciono i resti mortali di indigenie lavoratori attirati in Amazzoniadal sogno di una vita migliore. Mol-ti di essi, oltre a vedere le loro aspet-tative frustrate, furono uccisi conarmi da fuoco.

    Il vescovo disse alla gente e agliagenti pastorali della prelatura:“Ascoltatemi bene. Vi dico una cosamolto seria. È qui che desidero esse-re sepolto”.

    “Per riposare, voglio solo questacroce di legno / come pioggia e sole;/ la sepoltura e la risurrezione” (Poe-ma “Cemiterio do Sertão”, di DomPedro).

    Malato da alcuni anni del morbo

    di Parkinson, che chiamava“Fratello Parkinson”, Pedro a92 anni, ha avuto un peggio-ramento nel suo stato di sa-lute la prima settimana diagosto. Le risorse a São Félixsono precarie, e l’indigenza èaggravata dalla pandemiadel nuovo coronavirus. Lacongregazione claretiana acui Pedro apparteneva, deci-se di trasferirlo a Batatais(SP), dove sarebbe stato me-glio accudito. Sabato, 8 ago-sto – festa di S. Domenico,spagnolo come Pedro – spiròpoco dopo le 9.00 del matti-no. I suoi confratelli esaudi-rono il suo desiderio di ripo-sare nel cimitero di Karajá.

    Pedro era giunto in Brasile,come missionario, nel 1968,in piena dittatura militare.

    Era venuto per avviare i Cursillos diCristianità. Ma, imbattendosi nellosfruttamento dei braccianti nellefattorie dell’Amazzonia, fece un’op-zione radicale per i poveri. Lavora-tori disoccupati e senza istruzionesi inoltravano nelle foreste in cercadi migliori condizioni di vita, attrat-ti dall’espansione del latifondo nel-la regione amazzonica. Letteral-mente ammassati nelle città, cade-vano nella trappola del lavoroschiavizzato. Non avevano altrascelta che acquistare provviste e ve-stiario nei magazzini della fattoriaa prezzi esorbitanti che li irretivanonelle maglie di debiti impagabili.Se cercavano di fuggire, venivanoinseguiti dai capisquadra, assassi-nati o ripresi, frustati, e molte voltemutilati, mozzati di un orecchio.

    Pedro nominato vescovo

    São Félix è un municipio amazzo-nico del Mato Grosso, situato difronte all’isola del Bananal, inun’area di 36.643 km2. Nel decenniodel 1970, la dittatura militare (1964-1985) ampliò a ferro e fuoco le fron-tiere agrozootecniche del Brasile,devastando parte dell’Amazzonia eattirando fattorie latifondiste im-pegnate a disboscare per creare pa-scoli ai bovini.

    Casaldáliga, pastore di un popolosbandato e minacciato dal lavoroda schiavi, ne prese la difesa scon-trandosi con i grandi proprietariagricoli; con le imprese agrozootec-niche, minerarie o del legname; po-litici che in cambio del sostegno fi-nanziario e di voti, coprivano il de-grado dell’ambiente e legalizzava-no l’espansione fondiaria senza al-cun rispetto delle leggi del lavoro.

    Il 13 maggio 1969, Paolo VI creò laprelatura di São Félix do Araguaia.L’amministrazione fu affidata allacongregazione dei claretiani e, dal1970 al 1971, padre Pedro Casaldáli-ga fu il primo amministratore apo-stolico. Poco dopo fu nominato ve-scovo. Adottò come principi cheavrebbero dovuto guidare letteral-mente la sua attività pastorale:“Niente possedere, niente imporre,niente chiedere, niente tacere e, so-prattutto, niente uccidere”. Al dito,come insegna episcopale, un anellodi tucum (legno di una specie dipalma dell’Amazzonia, ndtr.) che di-venne simbolo della spiritualità deiseguaci della teologia della libera-zione.

    Nella Lettera pastorale del 1971,

    LA SCOMPARSA DI DOM PEDRO CASALDÁLIGA

    Poeta, profetae testimone

    Si é spento l’8 agosto 2020. Frei Betto, autore di questo articolo, amico di Casaldáliga,ha scritto di lui: “Ora mi accorgo di aver conosciuto un santo e un profeta.

    Santo per la sua fedeltà radicale al Vangelo e profeta per i rischi di vita affrontatie le avversità sofferte.

    P R O F I L I E T E S T I M O N I

  • Testimoni 9/2020 • 19

    P R O F I L I E T E S T I M O N I

    “Una chiesa in Amazzonia in con-flitto con il latifondo e l’emargina-zione sociale”, Pedro situò accantoai più poveri la prelatura appenacreata: “Noi - vescovo, sacerdoti,suore, laici impegnati - siamo qui,tra l’Araguaia e il Xingu, in questomondo, reale e concreto, emargina-to e accusatorio, che ho appena pre-sentato in sintesi.

    O rendiamo possibile l’incarna-zione salvifica di Cristo in questoambiente, al quale siamo stati in-viati, oppure neghiamo la nostraFede, ci vergogniamo del Vangelo etradiamo i diritti e la speranza an-gosciosa di un popolo che è anch’es-so popolo di Dio: gli abitanti dellezone interne, i posseiros (piccoliagricoltori), i braccianti, questo pez-zo brasiliano dell’Amazzonia. Poi-ché siamo qui, è qui che dobbiamoimpegnarci. Chiaramente. Fino allafine”.

    Poeta e profetaCinque volte imputato nei pro-

    cessi di espulsione dal Brasile, Ca-saldáliga viveva in una sempliceabitazione, senza alcun sistema disicurezza se non quello che gli assi-curavano tre persone: il Padre, il Fi-glio e lo Spirito Santo. Calzando deisemplici sandali infradito e indos-sando un vestito comune comequello dei braccianti che circolava-no per la città, ampliò la sua irradia-zione apostolica mediante un’in-tensa attività letteraria. Poeta rino-mato, portava l’anima a sintoniz-zarsi con le grandi conquiste popo-lari nella Grande Patria latino-ame-ricana. Levò la sua penna e la suavoce nelle proteste contro il FMI,l’ingerenza della Casa Bianca neipaesi del continente, la difesa dellarivoluzione cubana, la solidarietàcon la rivoluzione sandinista o perdenunciare i crimini dei militari delSalvador e del Guatemala.

    In un’occasione compì un lungoviaggio a cavallo per visitare la fa-miglia di un posseiro che era in pri-gione. Giunse senza preavviso. Da-vanti a un piatto di riso bianco e unaltro di banane, la figlia maggiorechiese scusa imbarazzata all’ora