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La dimensione interculturale appartiene in maniera costitutiva all’Europa. È parte del suo DNA, del suo passato e presente, e – sempre di più – del suo futuro. Da qui la necessità di interrogarsi sul tema del dialogo interculturale in Europa, sulle sue ragioni, sulle sue pratiche e sulle politiche. Questo libro scaturisce dal progetto “Stories of a Possibile Europe”, programma Europe for Citizens. Sette gruppi di abitanti dell’Europa, di sei Paesi differenti, si sono confrontati su problemi e pratiche legati al dialogo interculturale, attraverso il racconto di esperienze sia legate alla vita quotidiana, che di esperienze di chi opera in questo ambito a livello di ricerca e di lavoro sociale. Altro strumento è stato un concorso europeo attraverso il quale abbiamo invitato persone e organizzazioni a inviare le loro storie su questo tema sotto forma di testi, video, audio e foto narrazioni; storie che ora sono presenti nell’archivio digitale www.europeanmemories.eu, e che hanno contribuito a realizzare la presente pubblicazione. Dalle storie sono emerse idee, problematiche, chiavi di lettura e proposte che speriamo possano contribuire a diffondere le ragioni e le pratiche del dialogo interculturale in Europa, e a rafforzare quel circuito virtuoso tra cittadini, società civile e istituzioni, che il programma Europe for Citizens vuole alimentare. The intercultural dimension belongs to Europe right from its constitution. It is part of its DNA, its past and present and – increasingly – its future. Hence, the need to reflect on the theme of intercultural dialogue in Europe, the reasons for it, its actual practice and the policies needed to bring it about. This book springs from the “Stories of a Possible Europe Project” under the Europe for Citizens programme. Seven groups of European inhabitants from seven different countries reflected on the problems and practices linked to intercultural dialogue, by narrating experiences relating both to their everyday life and to working in the field within the sphere of research or social work. Another instrument was the European competition inviting individuals and organizations to submit stories on this theme in the form of written, video, audio and photo narrations – stories now included in the digital archive www.europeanmemories.eu, and which have contributed to producing this publication. The stories have given rise to ideas, issues, keys of interpretation and proposals which we hope can contribute to spreading the rationale and practices of intercultural dialogue in Europe and reinforce the virtuous circle between citizens, civil society and institutions, which the Europe for Citizens programme aims to promote. ANDREA CIANTAR MARIARITA PECA SETTE BUONE IDEE PER IL DIALOGO INTERCULTURALE IN EUROPA SEVEN GOOD IDEAS FOR INTERCULTURAL DIALOGUE IN EUROPE EDITED BY ANDREA CIANTAR MARIARITA PECA SETTE BUONE IDEE PER IL DIALOGO INTERCULTURALE IN EUROPA | SEVEN GOOD IDEAS FOR INTERCULTURAL DIALOGUE IN EUROPE EDIZIONI EDUP

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idee per un dialogo interculturale

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La dimensione interculturale appartiene in maniera costitutiva all’Europa. È parte del suo DNA, del suo passato e presente, e – sempre di più – del suofuturo. Da qui la necessità di interrogarsi sul tema del dialogo interculturale in Europa, sulle sue ragioni, sulle sue pratiche e sulle politiche. Questo libroscaturisce dal progetto “Stories of a Possibile Europe”, programma Europe forCitizens. Sette gruppi di abitanti dell’Europa, di sei Paesi differenti, si sono confrontati su problemi e pratiche legati al dialogo interculturale,attraverso il racconto di esperienze sia legate alla vita quotidiana, che diesperienze di chi opera in questo ambito a livello di ricerca e di lavoro sociale.Altro strumento è stato un concorso europeo attraverso il quale abbiamo invitatopersone e organizzazioni a inviare le loro storie su questo tema sotto forma di testi, video, audio e foto narrazioni; storie che ora sono presenti nell’archiviodigitale www.europeanmemories.eu, e che hanno contribuito a realizzare la presente pubblicazione. Dalle storie sono emerse idee, problematiche, chiavi di lettura e proposte che speriamo possano contribuire a diffondere le ragioni e le pratiche del dialogo interculturale in Europa, e a rafforzare quel circuitovirtuoso tra cittadini, società civile e istituzioni, che il programma Europe forCitizens vuole alimentare.

The intercultural dimension belongs to Europe right from its constitution. It is part of its DNA, its past and present and – increasingly – its future. Hence, the need to reflect on the theme of intercultural dialogue in Europe, the reasons for it, its actual practice and the policies needed to bring it about. This book springs from the “Stories of a Possible Europe Project” under the Europe for Citizens programme. Seven groups of European inhabitants from seven different countries reflected on theproblems and practices linked to intercultural dialogue, by narrating experiences relating both to their everyday life and to working in the field within the sphere ofresearch or social work. Another instrument was the European competition invitingindividuals and organizations to submit stories on this theme in the form of written,video, audio and photo narrations – stories now included in the digital archivewww.europeanmemories.eu, and which have contributed to producing this publication.The stories have given rise to ideas, issues, keys of interpretation and proposals whichwe hope can contribute to spreading the rationale and practices of intercultural dialogue in Europe and reinforce the virtuous circle between citizens, civil society andinstitutions, which the Europe for Citizens programme aims to promote.

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SETTE BUONE IDEE PER IL DIALOGO INTERCULTURALE

IN EUROPASEVEN GOOD IDEAS FOR

INTERCULTURAL DIALOGUE IN EUROPE

EDITED BY ANDREA CIANTAR MARIARITA PECA

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In copertina, “Il gioco semplice”, foto di Antonio Tiso(campo kurdo di Ayazma, Istanbul).

Il testo è curato da: Andrea Ciantar, Mariarita Peca, con la collaborazione di Alessandra Ciurlo.

Contributi fotografici:Ilenia Piccioni e Antonio Tiso. Fotoreporter, collaborano come freelance con magazine, imprese, gallerie, editori, sia in Italia che all’estero. Pubblicazioni, partecipazione a festival: “La CasaBlu e le voci assolate”, editore Del Cerro, 2007; Festival Internazionale di Fotografia di Roma 2008; Festival Rintracciarti 2009, Mantova. Premi: Festival del Giornalismo di Perugia 2007;Phodar 2009, Bulgaria; Com-Pa 2008, Italia; Sud-Est 2009, Roma (Ilenia Piccioni);Iasi 2009, Australia (Antonio Tiso).

Autrice delle illustrazioni:Grazia Amendola. Diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Roma in Decorazionee Scenografia. Ha frequentato il corso di specializzazione in “Illustrazione editoriale”presso la Scuola Internazionale di Comics a Roma. www.myspace.com/graziaamendola

La pubblicazione è realizzata all’interno del progetto “Stories of a Possible Europe”, realizzato con il supporto del programma Europa per i Cittadini, dell'Unione Europea.Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea.L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.N. progetto CP-2008-045

Cover photograph: “Il gioco semplice” (Simple Game), by Antonio Tiso (Ayazma Kurdish camp, Istanbul).

Text edited by: Andrea Ciantar, Mariarita Peca, with the collaboration of Alessandra Ciurlo.

Photographs:Ilenia Piccioni and Antonio Tiso. Freelance photo-reporters for magazines,

businesses, galleries and publishers, in Italy and abroad. Pubblications, participations infestivals: “La CasaBlu e le voci assolate”, Del Cerro publishing house, 2007;

Rome International Festival of Photography 2008; Rintracciarti Festival 2009, Mantova.Awards: Perugia Journalism Festival 2007; Phodar 2009, Bulgaria; Com-Pa 2008, Italy;

Sud-Est 2009, Rome (Ilenia Piccioni); Iasi 2009, Australia (Antonio Tiso).

Illustrations:Grazia Amendola. A graduate of the Rome Academy of Fine Art in Decoration

and Scenography, completed a specialization course in “Illustration for Publishing” at the International Comics School in Rome.

www.myspace.com/graziaamendola

This publication is a result of the project “Stories of a Possible Europe”, realized with thesupport of the Europe for Citizens programme of the European Union.

This project has been funded with support from the European Commission.This publication reflects the views only of the author, and the Commission cannot be held

responsible for any use which may be made of the information contained therein.No. Project CP-2008-045

© Edup S.r.l.Via Quattro Novembre, 157 – 00187 Roma - Tel. +39.06.69204371

www.edup.it • [email protected]

ISBN 978-88-8421-183-5

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SETTE BUONE IDEE PER IL DIALOGO INTERCULTURALE

IN EUROPASEVEN GOOD IDEAS FOR

INTERCULTURAL DIALOGUE IN EUROPE

EDITED BY ANDREA CIANTAR MARIARITA PECA

E D I Z I O N I E D U P

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Indice/Index

11 INTRODUZIONEIl piacere e la necessità del dialogoSi dialoga, tra persone o gruppi che compongono un grande corposociale, perché qualcosa – in quel grande corpo – duole o gioi-sce… Da un lato il piacere della differenza, dall’altro il conflitto,l’attrito, il dolore…

11 INTRODUCTIONDialogue: both a Pleasure and a NeedThere is dialogue between people or groups making up a great so-cial body, because something – in that great body – feels pain orjoy... On the one hand there is the pleasure derived from difference,on the other, conflict, attrition, pain...

Italia p. 19

Può esserci dialogo se non ci sono pari diritti? L’anno del dialogo interculturale rischia di essere ricordato pa-radossalmente, come l’anno del rafforzamento delle politiche direspingimento e dell’acuirsi di atteggiamenti di intolleranza versoi migranti. È possibile creare modalità migliori di inserimentonella società, sia dei migranti regolari che irregolari, che non sianouna corsa ad ostacoli che favorisca l’illegalità? Dialogo e dirittisono due facce della stessa medaglia…

Italy p. 19

How can there be dialogue if there are no equal rights?Paradoxically, the year of intercultural dialogue is in danger ofbeing remembered as the year when refusal of entry policies werestrengthened and attitudes of intolerance towards migrants inten-sified. Is it possible to create better ways for integrating migrants– both legal and illegal – into society, which will not turn into ahurdle race favouring illegality? Dialogue and rights are two sidesof the same coin…

Sette buone idee per il dialogo interculturale in EuropaSeven good ideas for intercultural dialogue in Europe

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Slovenia p. 32

Stimolare l’attenzione verso gli stereotipi e apprendere competenze per il dialogo interculturaleUn’esperienza fatta con gruppi Rom in Slovenia mostra come sipossano smontare forti stereotipi attraverso la conoscenza diretta.Ad esempio organizzando occasioni dove i Rom potevano inse-gnare le loro arti e la loro cultura, e nello stesso tempo impararedai non-Rom. Il dialogo interculturale è un apprendere reciproco,che necessita di luoghi, tempi, occasioni…

Slovenia p. 32

Raising awareness of stereotypes and acquiring competences for intercultural dialogueAn experience in Slovenia with groups of Roma shows how strongstereotypes can be broken through direct contact. For example, byorganizing occasions where the Roma can teach their arts andtheir culture, and at the same time learn from non-Romas. Inter-cultural dialogue is a mutual learning experience which needsplace, time, opportunity...

Gran Bretagna p. 43

Racconti per una nuova appartenenzaLe storie di immigrati italiani in Gran Bretagna ci dimostrano chel’identità e l’appartenenza culturale non sono qualcosa di statico.Vivere in comunità transnazionali può insegnarci l’arte della coesi-stenza e nuove forme di appartenenza multipla, da cui trarre ispira-zione per creare un nuovo concetto di cittadinanza.

Great Britain p. 43

Narratives for a new belonging Stories of Italian immigrants in Great Britain show us that identityand cultural belonging are not static. Living in a transnationalcommunity can teach us the art of co-existence and new forms ofmultiple belonging from which to take inspiration for creating anew concept of citizenship.

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Germania - Berlino p. 53

Sui sentimenti delle persone “camaleontiche” e di chi vive attorno a loro Attraverso il vissuto possiamo registrare i passi che compiono lesingole persone per riconoscersi in una nuova identità, forseanche per costruire un’identità europea.

Germany - Berlin p. 53

On the emotions of “chameleon-like” people and theirsurroundingsThrough life experiences we can record the steps individuals taketo recognize themselves in a new identity, perhaps in order to con-struct a European identity as well.

Germania - Ulm p. 62

Capire come favorire gli incontri tra persone e tra cultureLe persone anziane spesso hanno imparato nel corso della lorovita, attraversando grandi cambiamenti storici, l’importanza di in-contrare l’altro superando confini fisici e culturali. Come pos-siamo fare tesoro della loro esperienza?

Germany - Ulm p. 62

Better Understanding though Personal EncountersOlder people have, over a lifetime of historical change and up-heavals, understood the importance of encountering the otherand overcoming physical and cultural barriers. How can welearn from their experience?

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Spagna p. 80

Creare l’Europa con un occhio alla diversità: il caleidoscopio interculturale visto da LleidaPer molti giovani in Europa il contatto con la diversità culturale,l’apprendimento delle lingue, l’imparare gli uni dagli altri, rap-presentano concrete occasioni di creazione di una coscienza in-terculturale ed europea, che non è assimilazione che omologa,ma un conoscere e riconoscere l’“altro”,e accettare identità ibridee non-esclusive. Come il fatto di avere una identità nazionale euna identità europea allo stesso tempo.

Spain p. 80

Creating Europe with an Eye to Diversity: the Intercultural Kaleidoscope Seen from LleidaFor many young people in Europe, contact with cultural diversity,learning languages and learning from each other, are concrete op-portunities for creating an intercultural and European conscious-ness – which is not assimilation and sameness, but learning toknow and recognize “the other” and accepting hybrid and non-ex-clusive identities. Such as having at the same time both a nationaland a European identity.

Portogallo p. 89

Dall’emigrazione all’immigrazione. “Il ratto di Europa”La storia del Portogallo esemplifica quella di molti altri Paesi eu-ropei. Una forte emigrazione fino agli anni Sessanta, un immi-grazione – poi – dalle vecchie colonie negli anni Settanta, finoalla più recente dall’Est Europa. Il Portogallo, come molti altriPaesi, deve ora apprendere strategie di relazione con l’attuale so-cietà multiculturale facendo tesoro del passato. Molti aspetti siripropongono, oggi come ieri…

Portugal p. 89

From Emigration to Immigration. “The Abduction of Europa”The history of Portugal is exemplary of many other European coun-tries: High emigration until the 1960s followed by immigrationfrom former colonies in the 1970s, and then the more recent im-migrations from Eastern Europe. Portugal, like many other coun-tries, must now learn strategies for relating to today’smulti-cultural society by learning from the past. In fact, many as-pects are resurfacing from the past – today like yesterday…

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101 APPENDICEIl progetto “Stories of a Possible Europe”(Storie di un’Europa Possibile)

101 APPENDIX“Stories of a Possible Europe” Project

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IN EUROPASEVEN GOOD IDEAS FOR

INTERCULTURAL DIALOGUE IN EUROPE

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IntroduzioneAndrea Ciantar

Il piacere e la necessità del dialogo

Si dialoga, tra persone o gruppiche compongono un grande cor-po sociale, perché qualcosa – inquel grande corpo – duole o gioi-sce. Da questo punto di vista unasocietà funziona davvero come uncorpo biologico. Sono due, infatti,i momenti in cui maggiormentesentiamo il corpo: nel piacere enel dolore. Allo stesso modo sidialoga per piacere o per dolorosanecessità. Il lato piacevole del dialogo è le-gato al fatto di incontrare l’altro inquanto portatore di una differen-za che ci incuriosisce, che ci atti-ra. Perché noi ci nutriamo di diffe-

differences, our culture is nurturedby differences. This is evident start-ing from the first difference thatconcerns us as humans – the fact,that is, of being born a man or awoman. And this difference, as weknow, gives birth to life, to ourworld. Human beings have thenbeen able to create an incrediblekaleidoscope of cultures, defined interms of language, modes ofthought, social structures, ways ofnourishing themselves and produc-ing, ways of dressing and depictingbeauty, ways of creating family rela-tionships, ways of courting and lov-ing, ways of representing the divine,types of dwellings, ways of takingcare of the body and the soul, waysof dancing, moving, playing, etc.And it is the fascination of such dif-

renze, il nostro corpo e la nostramente, le nostre culture si nutronodi differenze. Ciò è evidente a par-tire dalla prima differenza che ciriguarda come genere umano, ilfatto, cioè, di venire al mondo co-me uomo o come donna. Da que-sta differenza, come sappiamo,nasce la vita, nasce il mondo. L’es-sere umano è stato – poi – capacedi creare un incredibile caleido-scopio di culture, intese come lin-gue, modi di pensare, strutture so-ciali, modi di cibarsi e produrre,modi di abbigliarsi e di rappresen-tare la bellezza, modi di stringererelazioni familiari, modi di corteg-giare ed amare, modi di rappre-sentare il divino, modi di abitare,modalità di cura del corpo e dellospirito, modi di danzare e di muo-versi, modi di giocare, ecc. Ed è lafascinazione di queste differenzeche ci spinge a viaggiare, a studia-re lingue a noi straniere, cosa checi porta la sensazione di conosce-re – attraverso il linguaggio – nonsolo una maniera differente di par-lare, ma anche di intendere il

IntroductionAndrea Ciantar

Dialogue: both a Pleasure and a Need

Dialogue develops, between peopleor groups who make up a great so-cial body, because something – inthat great body – feels either pain orjoy. From this point of view a societyreally does function like a biologicalbody. There are, in fact, two situa-tions in which one is most aware ofone’s body: pleasure and pain. Inthe same way, people seek dialogueeither for pleasure or out of painfulnecessity.The pleasant aspect is related to en-countering the other as the bearerof a difference that piques our cu-riosity – that attracts us. Because wenourish our body and our mind with

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ferences that impels us to travel andstudy languages which are foreignto us with the adventurous sensa-tion that we are learning – throughthe language – not only a differentway of speaking, but also of under-standing the world. It is the pleasureof such differences that makes ourcities crowded with restaurantsbringing the smells and tastes of thefood of other cultures... There is amultiplicity of examples of a happyblend of cultural codes and theseare part of our daily life as well as na-tional and European history.But we must not deny the fact thatwhile there is a part of this dialoguethat is pleasant, image-making, ad-

Ma non dobbiamo negarlo. Se c’èuna parte del dialogo che è piace-vole, immaginifica, avventurosa egioiosa, ce n’è un’altra che nascedal conflitto, dal fastidio, dall’attrito.È come il dolore del corpo, che pe-rò, come sappiamo, ha sempre unsignificato, è un sintomo; nasce perindicarci qualcosa, per richiamare lanostra attenzione.

mondo; è il piacere di queste dif-ferenze che affolla le nostre cittàdi ristoranti che ci portano saporie profumi di cibi di altre culture…Gli esempi del felice mescolarsi dicodici culturali sono tantissimi esono parte sia del nostro quotidia-no, che della nostra storia, nazio-nale ed europea.

venturous and joyful, there is anoth-er which arises through conflict, an-noyance, attrition. It is like the painof the body which, as we know,however always has a meaning: it isa symptom; it appears to tell ussomething, to capture our attention.

Paying attention to the symptom

There are three ways to deal withthe symptom:1 – Pretend nothing’s wrong, di-vert your attention to somethingelse; like when you have a headacheand you go on all the same, you try– as much as possible – not to pay

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“Mescolati ai coriandoli”, foto di Antonio Tiso (matrimonio a Cuneo, Italia).“Mescolati ai coriandoli” (in a shower of confetti), by Antonio Tiso (wedding in Cuneo, Italy).

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Ascoltare il sintomo

Di fronte al sintomo ci sono trepossibilità:1 – Fare finta di niente, distrarsi; co-me quando hai un mal di testa evai avanti lo stesso, cerchi – perquanto possibile – di non farcitroppo caso… È quanto accade –ad esempio – di fronte al conflitto,a contraddizioni laceranti che attra-versano il mondo, che solo la pre-senza massiccia di armi di “distra-zione di massa” ci permette diignorare. Come il fatto che ancoraoggi sono 1 miliardo e 200 mila lepersone che soffrono la fame nelmondo. O che sono 200 milioni ibambini dei Paesi poveri che a cau-sa della malnutrizione hanno pro-blemi di sviluppo; 15 mila i bambi-ni che muoiono di fame ogni gior-no1… Tutto ciò mentre basterebbesolo una minima parte delle som-me spese ogni anno in armamenti,

nological progress – that all our en-ergies, insofar as we are a communi-ty of human beings, have not beenharnessed to resolve such problems?A good part of what in Europe (andin the entire Western world) comesto us as intercultural conflict con-nected with migration, is in actualfact a long wave of lacerating in-equalities that force people to fleedictatorial regimes (often created orsustained by rich countries), or mis-ery (many of these countries are richin natural resources, exploited how-ever by European and North Ameri-can multinationals). The most gen-eral question we can ask ourselves inrelation to the different forms of in-tercultural conflict (even in socialgroups within Europe) is thus: howmuch opportunity is there in Eu-

o di quelle recentemente usate asostegno delle banche per arginarela crisi economica (prodotta dallafinanza stessa) per dare una svoltadecisiva a questi e altri problemi ur-genti… Come è possibile che – vi-

too much attention to it. This iswhat happens, for example, whenwe are faced with conflict, with theharrowing contradictions that rendthe world and which we manage toignore only through a plentiful sup-ply of arms of “mass distraction”.For example, the fact that there arestill one billion and 200 thousandpeople suffering from hunger in theworld today; or that there are 200million children in poor countrieswho have problems of growth be-cause of malnutrition, or that thereare 15 thousand children who starveto death every day(1). All this hap-pens when just a very small part ofthe money spent every year in ar-maments, or the amount used tobail out the banks in order to checkthe financial crisis (brought about bythe financial world itself), would suf-fice to decisively turn around theseand other urgent problems. How isit possible – given humanity’s tech-

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1 Nel settembre 2000, tutti i 191 Statimembri dell’ONU si sono impegnati araggiungere per l’anno 2015 i famosi“obiettivi del millennio”, che comprendo-no la riduzione di metà della povertàestrema, l’istruzione primaria per tutti, lasospensione della propagazione del HIV-AIDS, l’impegno di ridurre della metà lapopolazione che non ha accesso all’ac-qua, ecc. A nove anni di distanza gli obiet-tivi sono ancora molto lontani e i princi-pali governi del mondo non hanno – difatto – inserito la lotta a questi problemi inmaniera significativa nella loro agenda.

(1) In September 2000, all the 191 memberstates of the United Nations committedto achieving the famous “millennium ob-jectives” by the year 2015, including thereduction of extreme poverty by half, pri-mary education for all, an end to thespread of HIV-AIDS, reduction by half ofthe number of people who do not haveaccess to clean water, etc. Nine years la-ter, these objectives are still far from beingachieved, and the main governments inthe world have not – in fact – given ameaningful place on their agenda to thesolution of these problems.

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rope to seriously investigate, in-form and together deal with thecauses at the base of interculturalconflicts?

2 – Second option: suppress thesymptom; this is what happenswhen I take a painkiller, and I solvethe problem by suppressing the sen-sation of pain. This is an aptmetaphor in present-day Europe,where we look on in dismay – pre-cisely in the year of intercultural dia-logue and 20 years after the fall ofthe Berlin wall – as a culture of intol-erance reappears in which the mi-grant is identified as the cause of allour problems, and the solution isseen in the repression of migration,while as we know migration is an ir-repressible social phenomenon of a

cere la sensazione del dolore. Fa-cile metafora, nell’Europa odierna,nella quale osserviamo con sgo-mento – proprio nell’anno del dia-logo interculturale e a 20 anni del-la caduta del muro di Berlino – ilrinnovarsi di una cultura dell’intol-leranza che individua nel migran-te le cause di tutti i problemi, enella repressione del fenomenomigratorio la loro soluzione, men-tre quello della migrazione, sap-piamo, è un fenomeno socialeinarrestabile, di carattere storico, equindi una realtà che andrebbeamministrata più che repressa.

3 – Ascoltare il sintomo, capire, eagire per curare. Anche qui la si-militudine di quanto accade nelcorpo umano e di quanto accadenel corpo sociale è suggestiva…

Prima cura: ascoltare, comprende-re e creare nuovi significati – Pos-

sto il progresso tecnologico del-l’umanità – tutte le nostre energie,in quanto comunità umana, nonsiano dirette a risolvere questi pro-blemi? Una buona parte di ciò chein Europa (e in tutto l’occidente) ciarriva come conflitto interculturalelegato alle migrazioni, è in realtàl’onda lunga di diseguaglianze la-ceranti che spingono persone afuggire da regimi dittatoriali (spessocreati o sostenuti dai Paesi indu-strializzati), o dalla miseria (molti diquesti Paesi sono ricchi di risorsenaturali, sfruttate però da multina-zionali europee e nordamericane).La domanda più generale che pos-siamo farci, in riferimento alle di-verse forme di conflitto intercultu-rale (anche tra gruppi sociali inter-ni all’Europa stessa) è allora: quan-to spazio c’è in Europa per indagareseriamente, informare e affrontareinsieme le cause alla base dei con-flitti interculturali?

2 – Sopprimere il sintomo; è quan-to accade quando prendo un anti-dolorifico, e risolvo mettendo a ta-

historical nature (see chapter 3 and7), and thus a reality which is to beadministered rather than repressed(see chapter on immigration policiesin Europe).

3 – Third option: pay attention tothe symptom, understand it andtake action to cure it. Here as wellthe similarity with what happens inthe human body and the socialbody is interesting.

First treatment: Listen, understandand create new meanings – We cansee intercultural conflict as a pain inthe social body which calls on us tohearken to it and understand whatcauses it. It is an invitation to enter in-to a deeper understanding of theconcrete life of the different peoplewho are experiencing this reality. Atthe same time, it is an invitation torethink our society and update ourmental maps, as happens, for exam-

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siamo vedere il conflitto intercul-turale come un dolore nel corposociale che ci chiama all’ascoltodi ciò che lo muove. Esso è uninvito ad entrare maggiormentenella comprensione della vitaconcreta delle diverse personeche vivono queste realtà. Nellostesso tempo è un invito a ripen-sare la nostra società e ad aggior-nare le nostre mappe mentali.Come accade, ad esempio, per iconcetti di cultura e identità. E ineffetti in diversi dei brani che se-guono incontreremo questi duetemi, la cui trasformazione con-creta emerge dalle esperienze divecchi e nuovi abitanti dell’Euro-pa. Come nelle storie di migrantiitaliani in Gran Bretagna (capito-lo 3), o nel gruppo di abitanti diBerlino, italiani, turchi, ma ancheprovenienti dalla Germania del-l’Est (capitolo 4), fino alle più re-centi “migrazioni”, dei giovani

against individuals and society. It isas if we have often put this capacityto sleep, so that it becomes atro-phied, as if a part of ourselves hasbeen disabled. Speaking of intercul-tural dialogue in Europe – as manyof the voices we have presented inour work affirm (appearing both inthese pages and in the archivewww.europeanmemories.eu) – in-stead means redesigning an idea ofEurope. From a Europe which givespre-eminence to the economy to aEurope which puts democracy andrights first, and gives priority toforms of economy that are respect-ful of the dignity of the individualand the environment and developsdialogue between men and womenand all types of diversity. This will bediscussed in Chapter 1.

studenti Erasmus dell’Universitàdi Leida, in Catalugna (capitolo 6).

Seconda cura: immaginare, deside-rare, progettare – La seconda curaparte anch’essa dall’ascolto, ma ri-guarda la capacità di tornare a de-siderare e immaginare il cambia-mento. Tra i furti più subdoli aidanni delle persone e della collet-tività possiamo certo menzionarequello della capacità di immagina-re un mondo diverso da quello giàdato, una capacità che spesso ab-biamo come addormentata, atro-fizzata, come una parte di noi dicui siamo menomati… Parlare didialogo interculturale in Europa,come affermano molte delle vociche abbiamo raccolto nel nostrolavoro (presenti sia in queste pagi-ne che nell’archivio www.europe-anmemories.eu) vuol dire inveceanche riprogettare un’idea di Eu-ropa. Da un’Europa del primatodell’economia a un’Europa chemetta in primo piano la democra-zia e i diritti, forme di economia ri-spettose della dignità umana e del-

ple, for the concepts of culture andidentity. And in effects in several ofthe passages that follow we will findthese two themes, the concretetransformation of which emergesfrom the experiences of old and newinhabitants of Europe. This is the caseof Italian migrants in Great Britain(Chapter 3) and in the groups ofBerlin inhabitants, Turks and Italiansas well as those coming from EastGermany (Chapter 4), and on up tothe recent ‘migrations’ of young Eras-mus students at the University of Llei-da in Catalonia (Chapter 6).

Second treatment: imagine, de-sire, plan – The second treatmentalso starts with listening, but has todo with the capacity to start desiringagain and imagining change. Takingaway a person’s capacity to imaginea world different to the existing oneis surely among the most insidiousof thefts, the most devious of crimes

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Third treatment: act, participate –Many of the stories collected thusspeak about actions by inhabitants ofEurope leading towards real intercul-tural dialogue. These are groups, or-ganizations, institutions and individu-als as well, that like antibodies in thepresence of a disease in the bodyhave created projects or activities ofextraordinary efficaciousness and cre-ativity. We see this in the experienceswith the Roma people in Slovenia(Chapter 2), and the older adults atUlm in Germany, active participantsin encounters with other Europeans(Chapter 5). These stories, along withmany others that might have beentold, tell of experiences that can teachus a great deal. However, along withthese, we also need long-term politi-cal and structural actions as well as re-

senso di coesistenza, che faccianotesoro dell’esperienza del passato(come proposto nel capitolo 7).Da qui l’augurio che, attraversoquesto modesto ma utile progetto,qualche utile contributo possagiungere anche ai diversi livellidelle istituzioni europee, comenell’intento dei progetti del pro-gramma “Europe for Citizens”.

Cultura“Oggi abbiamo capito che occorredeetnicizzare e delocalizzare ilconcetto di cultura. Appadurai, unantropologo anglo-indiano che in-segna all’Università di Chicago, dàuna nozione nuova di cultura chenon ha niente a che vedere né conl’etnia né con il luogo. Quello cheAppadurai chiama cultura è il pa-norama mentale, è la finestra sulmondo, quello scorcio della realtàche riesci a vedere e che ti forma in

l’ambiente, il dialogo tra donne euomini, e tra tutte le diversità (diquesto parleremo nel capitolo 1).

Terza cura: agire, partecipare –Molte delle storie raccolte raccon-tano così di azioni messe in atto daabitanti dell’Europa verso un realedialogo interculturale. Si tratta digruppi, organizzazioni, istituzioni,o anche singole persone, che co-me anticorpi di fronte a un males-sere del corpo sociale europeohanno dato vita a progetti o attivi-tà di straordinaria efficacia e crea-tività. È quanto vediamo nelleesperienze che riguardano gli abi-tanti Rom in Slovenia (capitolo 2),o gli anziani di Ulm, in Germania,attivi partecipanti di incontri euro-pei (capitolo 5). Queste, comemolte altre che si sarebbero potu-te raccontare, sono esperienze chehanno molto da insegnare. Servo-no, però, insieme a queste, azionipolitiche e strutturali, di lunga du-rata come anche di risposta alleemergenze. Servono azioni ispira-te da modelli lungimiranti, e da un

sponses to emergencies. We need ac-tions inspired by far-sighted modelsand a spirit of co-existence and whichturn past experiences to good ac-count (as proposed in Chapter 7).Hence, the hope that through thissome modest but useful project,some useful contribution may reachdifferent levels of European institu-tions as well, in keeping with the aimof the projects within the “Europe forCitizens” programme.

Culture“Today we have understood that wemust “de-ethnicize” and delocalizethe concept of culture. Arjun Appadu-rai, an Anglo-Indian anthropologistwho teaches at the University ofChicago offers a new notion of culturethat has nothing to do with ethnicityor place. What Appadurai calls cultureis a mental landscape, it is a windowon the world, the glimpse you manage

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virtù dell’incidenza che hanno di-versi fattori sulla tua mente (…)Appadurai dice: vorrei sapere tan-to qual è la cultura di un turco do-po trent’anni che sta in Germa-nia… è la cultura turca? È la cul-tura tedesca? Ma forse non è nél’una né l’altra, bensì quello chenel frattempo si è venuto forman-

mind of that person (…) We mustmake the concept of culture less heavyand less static and not nail a person toa presumed culture which he insteaddoes not have, because we derive hisculture from his ethnicity and his placeof origin when we should delocalizeand de-ethnicize”.

do nella mente di quella persona(…) Dobbiamo rendere meno pe-sante e meno statico il concetto dicultura e non inchiodare una per-sona a una presunta cultura cheinvece non ha, perché noi la deri-viamo dall’etnia e dal luogo men-tre dobbiamo delocalizzare e deet-nicizzare”.

to have of reality which shapes you byvirtue of the incidence different factorshave on your mind (…) Appaduraisays: I would really like to know whatthe culture of a Turk is after he hasbeen in Germany for thirty years … isit the Turkish culture? Is it the Germanculture? But perhaps it is neither theone nor the other but rather what hasin the meantime taken shape in the

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“L’identità reversibile”, foto di Ilenia Piccioni (quartiere della Garbatella, Roma).“L’identità reversibile” (Reversible Identity), by Ilenia Piccioni

(Garbatella Neighbourhood, Rome).

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Identity“Identity is not a permanent fact, it isa process. Identity is not. Identity ismade, it is in the making. It is like aroom with three walls: the fourth walldoes not exist, you cannot close it – itis always open, always transparent.This is identity...Identity is plural, pris-matic, it is never univocal, unitary,rather it is always something compos-ite, even when we are not aware of it.(...) In this moment, people feel theneed to create a strong and certainidentity for themselves, but this shouldnot mean more rigid and more dog-matic, we must not have identitiesthat are more fundamentalist andmore integralist, but more open, tend-ing toward dialogue and inter-rela-tionships (…) Identity must be as-sertive, because I exist and I must not

to al dialogo” (Antonio Nanni, Do-cente di Filosofia e Scienze del-l’educazione. Coordinatore del-l’Ufficio Studi delle Acli Naziona-li. Condirettore del Centro diEducazione alla Mondialità; inter-vista di Andrea Ciantar e Alessan-dra Ciurlo).

Identità“L’identità non è un fatto perma-nente, è un processo. L’identitànon è. L’identità si fa, è un fieri,un farsi. È come una stanza a trepareti: la quarta parete dell’identi-tà non esiste, non la puoi chiude-re, è sempre aperta, sempre traspa-rente. Questa è l’identità… L’iden-tità è plurale, prismatica, non èmai univoca, unitaria, ma è sem-pre qualcosa di composito, anchequando non ne siamo consapevoli(...) In questo momento le personeavvertono la necessità di crearsiun’identità forte e sicura, ma que-sto non deve significare più rigidae più dogmatica, perché noi nondobbiamo avere identità più fon-damentaliste e più integraliste, mapiù aperte, più dialogiche e più re-lazionali (…) L’identità deve essereassertiva, perché io esisto e non de-vo indietreggiare e scomparire. Iovoglio il rispetto per quello che so-no, ma allo stesso tempo l’identitàdeve essere flessibile come un pon-te levatoio che si può abbassare perdialogare e incontrare chi è aper-

step back and disappear. I want re-spect for what I am, but at the sametime identity must be flexible, like adrawbridge that can be lowered in or-der to communicate and meet thosewho are open to dialogue” (AntonioNanni, Professor of Philosophy andEducation Science. Coordinator ofthe Studies Office of National AcliAssociations. Co-director of the Cen-tre for Education towards a WorldView; interviewed by Andrea Ciantarand Alessandra Ciurlo).

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ItaliaPuò esserci dialogo se non ci sono paridiritti?Parlare di dialogo interculturale inEuropa significa parlare di pieni edi vuoti; vuol dire comunicareesperienze virtuose, ma anche for-ti debolezze, e necessità di cam-biamento. Noi del gruppo italianodi “Stories of a Possible Europe”abbiamo scelto di trattare del dia-logo in relazione al tema dei dirit-ti, partendo dalla realtà dei mi-granti in Italia. Molti degli aspettiche le persone che hanno parteci-pato al progetto hanno sollevatopossono certo però essere validiper l’intera Europa.

First: equal rights for inhabitants.“At the age of 41 I have no future andneither do my children and this is thecase for all those people who findthemselves in a situation like mine. Idon’t even have a birth certificate, Iwas born at home and was not regis-tered; I do not exist... If I could relive mylife I would not want to live like this, be-cause when I was a girl I did not seethings the way I do now; it was a men-tality of living hand to mouth, weweren’t interested in anything else.Now we have become a little moreopen-minded, we have become moreintegrated in society; now we socializemore... If I had had this opportunity be-fore, I would have changed a lot ofthings, even for those kids who are nowexperiencing hardship… Now I am ap-plying for stateless status through some

Primo: pari diritti per gli abitanti.“Io non ho un futuro a 41 anni enon ce l’hanno i miei figli e questovale anche per tutte quelle personeche si trovano nella mia stessa si-tuazione. Io non ho neanche ilcertificato di nascita, sono nata acasa e non sono stata registrata; ionon esisto… Se potessi tornare in-dietro non vorrei vivere un’altravita così, perché quando ero ra-gazza non avevo la mentalità diadesso: era una mentalità di vive-re giorno per giorno, non è che ciinteressavamo ad altre cose. Ades-so abbiamo aperto un po’ di più ilcervello, ci siamo un po’ di più in-tegrati nella società; adesso unosocializza più con le persone… Seavessi avuto prima questa possibi-lità, avrei cambiato tante cose an-che per quei ragazzi che stannoadesso in queste difficoltà… Ades-so sto chiedendo l’apolidia con leavvocatesse, che è l’unico modoper avere i documenti perché alconsolato jugoslavo ho chiesto imiei documenti, ma anche lì ionon esisto… Che futuro potrò ave-

ItalyHow can there bedialogue if thereare no equalrights?When one speaks of intercultural dia-logue in Europe one speaks of brightand dark spots, meaning that thereare experiences of good practice aswell as tremendous gaps and condi-tions which need to be changed. Wein the Italian group of Stories of a Pos-sible Europe have chosen to deal withdialogue in relation to the issue ofequal rights, starting from the mi-grant phenomenon in Italy. Many is-sues raised by participants in fact canbe applied to all of Europe.

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dove vivi, dove passi la maggiorparte della tua vita, perché a par-tire da questo, dal domicilio, cioèdall’abitazione, dalla residenza, sipuò riconoscere un diritto di citta-dinanza” (Antonio Nanni).

Il tema del dialogo interculturale èstrettamente legato a quello dei pa-ri diritti. È difficile immaginare unareale interazione sociale se primanon viene garantita la condivisionedei diritti e delle opportunità. Diffi-cilmente riusciremo a sentire la vo-ce di persone per le quali ottenerela cittadinanza nel Paese dove vi-vono, lavorano, fanno nascere ecrescere i propri figli, è una lontanachimera; persone la cui permanen-za nella nostra città “scade” insiemeal contratto di lavoro, persone chesono escluse dalla partecipazionealla vita politica... Il diritto alla citta-dinanza – per il quale è in corso unprocesso di evoluzione inevitabile –

lawyers, which is the only way to getdocuments because I asked for my doc-uments at the Yugoslav consulate, butthere too I don’t exist… What futurecan I have?” (Umika, Roma womanliving in Rome).

“The present Italian law on citizenship(Law no. 91 of 5 February 1992) isbased on the criterium of ius sanguinis,meaning that the Italian citizen is thechild of Italians with Italian blood in hisveins…blood…blood = citizenship. Andthere is a problem here – that is, this isa principle of citizenship based on aconception of the tribe, the clan, thefamily, parents, which is really too lit-tle… it doesn’t work.The other fundamental criterium is thatof ius soli – meaning the ground, theterritory where you are born; this prin-

re?” (Umika, donna Rom abitantea Roma).

“La legge attuale italiana sulla cit-tadinanza, la n. 91, quella del 5febbraio 1992, è fondata sul crite-rio dello ius sanguinis cioè è citta-dino italiano il figlio di italiani,colui che porta nel sangue il san-gue italiano... sangue... sangue =cittadinanza. Ed è qui che c’è unproblema, cioè un principio di cit-tadinanza che è basato su unaconcezione tribale, clanica, fami-listica, parentale che veramente ètroppo poco... non può andare. L’altro criterio fondamentale è loius soli del suolo, del territorio do-ve sei nato; questo è già più aper-to, ma secondo me in una societàcosi complessa e globale comequella attuale, sottoposta a proces-si di mobilità umana, a processimigratori sul pianeta, tutti e duequesti criteri sono insufficienti: ab-biamo bisogno di passare dallo iussanguinis e dallo ius soli allo iusdomicilii; cioè è importante capiretu dove sei domiciliato, dove abiti,

ciple is already a little broader, but inmy view in a society which is as com-plex and global as the current one, sub-ject to processes of human mobility, mi-gratory processes all over the planet,both these criteria are insufficient: weneed to go beyond the ius sanguinisand the ius soli to the ius domicilii; thatis, it is important to understand whereyou have your home, where you live,where you spend most of your life, be-cause starting from this, from yourhome, your dwelling, your residency,the right to citizenship can be acknowl-edged” (Antonio Nanni).

The theme of intercultural dialogue isclosely linked to the issue of equalrights. It is difficult to imagine thatpeople for whom obtaining citizen-ship in the country they have chosenremains an impossible dream, are ina position to take part in a dialogueon an equal footing and to integrateinto our society. These are people

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Second: rights of migrants.“Everyone has the right to free-dom of movement and residencewithin the borders of his country,and has the right to leave anyCountry, including his own, and toreturn to his country” Art.13 of theUniversal Declaration of HumanRights.

“I never would have wanted to tell youmy story. I have decided to do so onlyafter having given it a lot of thought,because it is a terrible story that I do notwant to remember. But at the sametime you can’t forget your own sto-ry…and I have learned that telling ithelps soothe the pain a little. My destination was not Italy, butFrance, because my brother was al-ready in Paris and because I knew

è il presupposto per l’esercizio e l’af-fermazione di tanti diritti fonda-mentali; come fondamentali sono ildiritto alla salute, il diritto di vedersiriconosciuto un titolo di studio, il di-ritto di ricongiungersi con i propricari, il diritto alla pratica della pro-pria religione… Diritti che spessoesercitiamo senza quasi pensarci.Ma se ci fossero impediti, capirem-mo quanta sofferenza e difficoltàporta – la loro esclusione – a mi-gliaia di persone che pure vivononel nostro Paese, e in Europa.

Secondo: diritti dei migranti. “Ogni individuo ha diritto alla liber-tà di movimento e di residenza nelproprio Paese, ed ha diritto di lascia-re qualsiasi Paese, incluso il proprioe farvi ritorno” Art.13 della Dichiara-zione Universale dei Diritti Umani.

“Mai ti avrei raccontato mia sto-ria. Ho deciso di farlo solo dopo

who want to be citizens of the coun-try they live in, the country they workin, the country where their childrenare born and raised, people to whomthe opportunity to express their polit-ical ideas is denied and who have theright to remain only until their workcontract expires. The right to citi-zenship – which is in a process ofinevitable evolution – is the prem-ise for being able to exercise andclaim a great number of funda-mental rights, such as the right tohealth, the right to have one’s edu-cational qualifications recognized,the right to be re-united with one’sloved ones, the right to practiseone’s religion... These are rights thatwe often exercise without even think-ing. But if they were to be taken awayfrom us, then we would understandhow much suffering and hardshiptheir denial brings to thousands ofpeople who nonetheless live in ourcountry, and in Europe.

averci molto pensato, perché è unastoria terribile che non voglio ri-cordare. Però non puoi nemmenoscordare, la tua storia… Io ho im-parato che raccontare un po’ cal-ma il dolore.Il mio destino non era l’Italia, mala Francia, perché mio fratello eragià a Parigi e perché conosco ilfrancese. Dovevo prima passaredalla Spagna insieme a tanti altriche venivano dal Nordafrica. (…)Ma la notte che con una barcaclandestina ci mettono sul mare,scafisti dissero che era pericolosoandare in Spagna perché GuardiaCivil faceva controlli. E così cam-biano direzione, tutti protestiamoperché abbiamo pagato per anda-re in un posto sicuro della Spagna. Per me crolla un sogno, ma scafi-sti sono anche armati e ci costrin-gono a fare quello che dicono loro.(…) Il viaggio diventò molto lungo,anche per i guasti al motore… Sifermava, ripartiva, non capivi piùche giorno era. Poco cibo ma lamancanza più grande era l’ac-qua. E non tutti ce l’hanno fatta.

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French. I was supposed to first gothrough Spain along with many otherswho came from North Africa. (…) Butthe night that we set sail on an illegalboat, we were told that it was danger-ous to go to Spain because the CivilGuard was patrolling the area. And sowe went in another direction and we allprotested because we had paid to go toa safe place in Spain.I saw my dream collapse, but the boatowners were armed and they forced usto do what they said. (…) The journeybecame a very long one, because themotor kept breaking down as well… Itwould stop, then re-start, in the end youhad no idea what day it was. There was-n’t much food, but the greatest shortagewas water. And not all of us made it. Wewere like animals, there were so many,so many of us and my husband, Hamid,

Erano condizioni di bestie, erava-mo tanti tanti, e non ce l’ha fattaHamid, mio marito… Aveva 30 an-ni Hamid (io ne avevo 20, oggi neho 31), se n’è andato [Karima è inlacrime]… scafisti l’hanno buttatoin mare … Dopo undici anni nonho superato questo, ancora piangose penso a quella tragedia, non vavia questo dolore… (…) Ti dico, luiè morto tra le mie braccia ed io, di-sperata che non immagini, volevoandare via con lui. Ho tentato ilsuicidio in mare… è un ricordoconfuso, ero pazza dal dolore, ri-cordo solo che compagni di viaggiomi hanno tenuta stretta stretta permani e piedi… Ancora ho dolore!”(Karima, donna del Marocco, at-tualmente abitante a Roma).

Quello degli ingressi è un tema spi-noso, accentuato – recentemente –dall’intensificazione della politicadei rimpatri e dei respingimenti.L’Anno Europeo del dialogo inter-culturale è stato paradossalmentesegnato il 18 giugno 2008 da un av-venimento: il Parlamento europeo

didn’t make it. Hamid was 30 (I was 20,now I am 31), he died [Karima is intears]… the boat owners threw him intothe sea… After eleven years I haven’tgotten over this, I still cry if I think aboutthat tragedy, this pain never leaves me…(…) I’m telling you, he died in my arms

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“IN-DOMANI”, opera di Grazia Amendola, Tecnica mista.“IN-DOMANI”, by Grazia Amendola,

Mixed technique.

ha votato un testo “Rimpatri”, che ipiù importanti attori del settore,quali Amnesty International, aveva-no definito una “vergogna”, e cheera stato duramente criticato dal Va-ticano, dal Commissario Europeo aiDiritti Umani del Consiglio d’Euro-pa Thomas Hammarberg, dall’AltoCommissario delle Nazioni UniteLouise Arbour. Quest’ultima ha in-sistito affinché i Paesi UE non rati-fichino le norme. La direttiva mette

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a disposizione 676 milioni di europer rimpatri nel periodo 2008-2013,e stabilisce che i “clandestini” at-tualmente in Europa siano rinchiu-dibili nei Centri di PermanenzaTemporanea (attualmente denomi-nati Centri di identificazione edespulsione-CIE) fino a 18 mesi infunzione dell’espulsione, una nor-ma che riguarda circa 6 milioni diimmigrati irregolari, oltre l’1% del-l’intera popolazione1.

and I, desperate in a way you can’timagine, wanted to go with him. I triedto commit suicide by throwing myself in-to the sea... I can’t remember well, I wascrazy with grief, I only remember thatmy travel companions held me tight,held me by the hands and feet… I amstill grieving!” (Karima, Moroccanwoman living in Rome).

The issue of entry is a particularlythorny problem, rendered more com-plicated – recently – by the intensifi-cation of a policy of repatriation andrefusing entry. Paradoxically, the Eu-ropean Year of Intercultural Dialoguewas marked on 18 June 2008 by asignificant event: The European Par-liament approved a text on “Repatri-ation”, which the most important ac-tors in the sector, such as Amnesty In-ternational, defined “shameful” andwhich was harshly criticized by theVatican, the European Commissionerfor Human Rights of the Council of

Europe Thomas Hammarberg, andthe United Nations High Commis-sioner Louise Arbour. The latter insist-ed that the European Union countriesnot ratify the regulations. The direc-tive provides 676 million euro forrepatriations in the 2008-2013 periodand establishes that the illegal immi-grants now in Europe may be de-tained for up to 18 months for thepurpose of being finally expelled, aregulation which concerns about 6million illegal immigrants, over 1% ofthe entire population(1). If thus the territory within Europe hasbecame a space with freedom ofmovement, the barriers which sepa-rate us from other countries on theother hand have become even high-er, to the point where the expression“Fortress Europe” has been coined(2).

1 Questo inasprimento era stato, del resto,già preparato dal Patto europeo per l’im-migrazione, approvato il 16 ottobre2008, che chiede anche di bloccare le re-golarizzazioni diffuse, e prevedeva, ap-punto, un potenziamento degli accorditransnazionali finalizzati al rimpatrio. Lostesso giorno veniva bocciata la propostaa considerare il voto alle europee e alleamministrative agli immigrati con per-messo di soggiorno di lunga durata comeuno strumento di integrazione (presenteall’interno della risoluzione annuale sullostato di libertà, sicurezza e giustizia, fir-mata dal liberale belga Gerard Deprez).

(1) The road to these harsher policies, mo-reover, had already been prepared by theEuropean Pact on Immigration, approved16 October 2008, which asks for a banon mass regularisations and foreseesbroader transnational agreements for re-patriation. On the same day the proposalto consider allowing immigrants withlong-term permits of stay to vote in localand European elections as a tool of inte-gration, failed to pass (it was contained inthe annual resolution on the state of free-dom, security and justice, signed by theBelgium liberal Gerard Deprez).

(2) In Italy the issue related to turning backmigrants at sea has been particularly dra-matic due to the high number of peopledying in the Mediterranean in their at-tempt to reach Italy, and its agreementwith the Libyan government, which hasnot ratified the Geneva Convention withits principle of “non-refoulement”, whichprohibits the forced return of a refugee to-wards the frontiers of territories where hislife or freedom would be threatened (art.33). Italy has ratified the convention, andunder the Bossi-Fini Law passed in 2002,the return of asylum-seekers is prohibited,along with that of pregnant women andminors. Policy and turning back immi-grants at sea seem thus to openly violatethese provisions, as stated by the main na-tional and international organisms con-cerned with migration and asylum. Inter-national law would also prohibit collecti-ve returns insofar as they prevent theidentification of migrants and recognitionof applications for political asylum. This

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Today, twenty years after the fall ofthe Berlin wall, there are those whosay that the wall has been movedoutside our borders. Reporting fromCeuta, a Spanish territory in Moroc-co, where a double barbed-wirefence – one of these new walls of Eu-rope – winds for 12 kilometres, Cris-tiano Colombi writes: “The average European citizen has noidea that indiscriminate imprison-ment, torture and deportations ofthousands of migrants in the desert,with an incalculable number ofdeaths, are the consequences of oursystem. In the fortress ditch, wherenothing can be seen and where criescannot be heard, atrocities are perpe-trated and tragedies consummated,for which one day perhaps we will becapable of feeling shame” (Cristiano

Se quindi lo spazio interno al-l’Europa è diventato uno spazio dilibera circolazione, le barriere checi separano da altri Paesi si sono al-zate ancora di più. Tanto che qual-cuno ha coniato l’espressione “For-tezza Europa”2. Oggi, a vent’anni

Colombi, from Solidarietà Inter-nazionale no. 9, September 2009).

In the face of this – and to return tothe case of Italy – the panel we haveconsulted does not believe that theproblem of a social phenomenon likemigration, which is by now unstop-pable, and which Europe itself hascontributed to creating(3), can besolved simply through repression andcriminalization. Nor does it feel thatcampaigns which fuel the idea of in-vasion are acceptable: “Multination-als, natural resources and arms crossborders easily; and we feel threatenedby the excluded…” (C. Colombi). Thisphenomenon must be managed dif-ferently. And from this point of view,experts and professionals in the fieldagree that the migration flow mecha-nism does not work, and the problemstarts right from its basic structuralframework: “This is a country which has had need

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2 In Italia il problema dei respingimenti inmare è risultato particolarmente dram-matico per l’altissimo numero di personemorte nel mediterraneo nel tentativo diraggiungere l’Italia, e per l’accordo conun governo, come quello libico, che nonha ratificato la Convenzione di Ginevracon il principio di “non-refoulement”,che vieta di respingere forzatamente unrifugiato verso i confini di uno Stato in cuila sua vita o libertà siano minacciate (art.33). L’Italia aderisce alla convenzione, eper la legge Bossi-Fini, varata nel 2002, ilrespingimento dei richiedenti asilo è vie-tato, assieme a quello delle donne incintae dei minorenni. La politica e i respingi-menti in mare sembrano quindi violareapertamente queste disposizioni, come

affermato dai principali organismi nazio-nali e internazionali che si occupano dimigrazione e di asilo. Lo stesso diritto in-ternazionale vieterebbe i respingimenticollettivi in quanto non permettonol’identificazione dei migranti e il ricono-scimento di richieste di asilo politico.Questa operazione appare, a detta dimolti, un’operazione soprattutto di carat-tere mediatico; i respingimenti in maresono presentati infatti come presunta so-luzione del problema degli ingressi irre-golari, anche se in realtà si tratta di unapercentuale che è poi solo un 10% deiflussi di ingresso, e per lo più costituita dapersone in condizioni di richiedere asilo.

initiative seems, in the opinion of many, tobe of an essentially public relations medianature; turning back migrants at sea infact is presented as a supposed solution tothe problem of illegal entry, even thoughin actual fact only 10% of total flow of en-tries is involved, and these consist mostlyof people qualifying for asylum.

(3) European multinationals are in the frontline in exploiting the resources of Africa andLatin America, as well as being responsiblefor the ecological disruption of these envi-ronments, and meddling in local policies;phenomena which are at the root of pover-ty and the subsequent need to migrate.

dalla caduta del muro di Berlino,c’è chi dice che il muro si è sposta-to fuori dai nostri confini… ScriveCristiano Colombi, dal suo reporta-ge a Ceuta, territorio spagnolo in

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terra di Marocco, dove si snoda, neisuoi 12 km di doppio reticolato,uno di questi nuovi muri d’Europa:

“Il cittadino europeo medio non so-spetta che le carcerazioni indiscri-minate, le torture e le deportazioninel deserto di migliaia di migranti,con un numero incalcolabile di de-cessi, siano la conseguenza del no-stro sistema. Nel fossato della fortez-za, dove non arrivano gli sguardi,e da dove non si percepiscono le gri-da, si compiono atrocità e si consu-mano tragedie di cui un giorno,forse, riusciremo a vergognarci”(Cristiano Colombi, Solidarietà In-ternazionale n. 9, settembre 2009).

Di fronte a ciò, e tornando al casoItalia, il panel che abbiamo inter-pellato non crede che la soluzionedi un fenomeno sociale comequello migratorio, ormai inarresta-bile, e che la stessa Europa ha con-

of four amnesties to regularise twothirds of the migrants who today havea permit of stay: this is clear evidencethat the mechanism of migration flowdecrees does not work – it is mistaken.And there is a strange gap between therequests put forward by Confindustria –for example – or employers offering jobswhich – except in this period of crisis –normally require 500 to 600 thousandpeople each year, while government au-thorisations are restricted to 170,000people (applications for regularisationmade by employers just for the year2007 were 740,000; editor’s note);and I must say that this approach hasbeen characteristic of all the govern-ments which have followed one anoth-er in recent years and which have notsucceeded in developing policies in har-mony with real job opportunities. (…).In Rome, for example, there is a lack ofbakers and Italians seem to reject thisjob; there is an enormous crisis in breadbakeries which no longer have person-

nel which can do this work, while on theother hand we have migrants whowould be willing. A circuit could be cre-

3 Le multinazionali europee sono in primafila nello sfruttamento delle risorse di Afri-ca e America Latina, nonché sono re-sponsabili di molti dei dissesti ambientalidi questi territori, e di ingerenze nelle po-litiche locali; fenomeni che sono alla basedella povertà e della necessità di migrare.

“CO-META”, opera di Grazia Amendola,Tecnica mista.

“CO-META”, by Grazia Amendola, Mixed technique.

tribuito a creare3, possa risolversisemplicemente attraverso la re-pressione e la criminalizzazione. Enon ritiene neanche accettabile lapresenza di campagne che alimen-tano un immaginario dell’invasio-ne: “Le multinazionali, le risorsenaturali e le armi si spostano sen-za frontiere; e noi ci sentiamo mi-nacciati dagli esclusi…” (C. Co-lombi). Questo fenomeno va go-vernato diversamente. E da questopunto di vista esperti e operatoriconcordano sul fatto che il mecca-nismo dei flussi non funziona, giànella sua ossatura:

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ated encouraging Italian languagelearning on the one hand and then, onthe other, access to training courses forthis type of work; this is an example ofsomething – which is not difficult toachieve – that can be applied to manyother trades” (Augusto Venanzetti).

Our panel, consisting of both Italianand non-Italian residents, as well asexperts in the field of immigrationand intercultural dialogue, came upwith a number of proposals:

A. Regularise what already exists.First of all, evidence emerges of thefact that if the introduction of a lawmaking illegal immigration a crime

di converso abbiamo migranti chesarebbero disponibili. Si potrebbecreare un circuito che da un latofavorisce l’apprendimento dell’ita-liano e successivamente l’accesso aicorsi professionali mirati a questaattività; è un esempio – non com-plicatissimo da realizzare – che va-le per molti altri mestieri” (AugustoVenanzetti).

Dal panel che abbiamo interpella-to, fatto di abitanti, italiani e non,come anche da esperti nel campodell’immigrazione e del dialogointerculturale, sono emerse diver-se proposte:

A.Regolarizzare l’esistente. Emer-ge, in primo luogo, l’evidenza delfatto che se l’introduzione di unalegge, come quella del reato di

has the effect of placing hundreds ofthousands or millions of people – al-ready participating, albeit illegally, inthe productive fabric – into a situa-tion where they are forced to hide (ina climate of demonization of immi-grants, with at times an explicit invi-tation to inform on them), then thismeans that the system is not work-ing. This – as we all know – is a Euro-pean problem: “There are at leasteight million illegal foreigners – sanspapier – without documents, who areliving in Europe. An expulsion cam-paign of such breadth is not possible.The only possibility is regularisation.But until this happens, the result will bea class without rights, an underclass ofpeople exposed to every kind of ex-ploitation and slavery…” (C. Colom-bi). As a result of the lack of lawspermitting a real possibility of reg-ularisation, in Italy as well as manyother European countries, an armyof men and women are thus forced

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“Questo è un Paese che ha avutobisogno di 4 sanatorie per regola-rizzare i due terzi dei migranti cheoggi hanno il permesso di soggior-no: questo significa, con evidenza,che il meccanismo dei decreti flus-so non funziona, è sbagliato. E c’èuno strano scarto tra le richiesteche vengono avanzate per esempiodalla Confindustria o dal mondodatoriale che – salvo questo periododi crisi – normalmente richiede 5-600.000 persone ogni anno, men-tre le autorizzazioni del governo silimitano a 170.000 persone (le do-mande di regolarizzazione presen-tate da datori di lavoro solo nel2007 sono state 740.000; ndr); e de-vo dire che questo approccio ha ri-guardato tutti i governi che si sonosucceduti negli ultimi anni e chenon sono riusciti a realizzare poli-tiche armonizzate con le reali op-portunità di lavoro. (…) A Roma,ad esempio, mancano i panettieri egli italiani sembrano rifiutare que-sta attività; c’è una crisi enorme deiforni che non hanno più personaleche sa fare questo mestiere, mentre

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clandestinità, ha l’effetto di tra-sformare centinaia di migliaia omilioni di persone – spesso giàinserite, seppure al nero, nel tes-

suto produttivo – in una condi-zione per cui sono costrette a na-scondersi (in un clima di demo-nizzazione dell’immigrato, con –

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to perform work which borders onslavery , or to become victims oforganized crime (as is the case ofthousands of women in the sextrade): “We ought to organize a con-ference on the illegal labour of immi-grants by putting at the centre of thetable one of the baskets used for pick-ing tomatoes…two and a half euro fora basket that involves about two hoursof work… obviously all illegal” (A. Ve-nanzetti).

B. Revise the system for managingimmigration flow. Another issuewhich emerged from the differentopinions expressed both by expertsand different panel participants, is theneed to identify a different mecha-nism for organizing the flow of im-migration, in order to bring it clos-er to the real needs of the job mar-

ket. For example, there are thosewho suggest creating regional man-agement systems, based on theneeds of local areas and businesses.But it would also be useful to involvecommunities of foreigners which arethe reference points for fellow citizensarriving from their countries…

C. Facilitate the pathways to legali-ty. The challenge of identifying differ-ent mechanisms for regularisation isalso important: “The Bossi-Fini decree,which foresees distance hiring, is notpracticable in actual fact; in those end-less queues for applications under theimmigration flow decree there were im-migrants who already live here; the em-

“I lavoratori stagionali”, foto di Antonio Tiso (campi di patate in Bulgaria).“Lavoratori stagionali” (Seasonal workers), by Antonio Tiso (potato fields in Bulgaria).

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ployer was officially the applicant, but itwas the workers who were there physi-cally… the snapshot of what exists isentirely different” (A. Venanzetti). Im-portant as well is the possibility oftemporary permits of stay, socialassistance and longer job-seekingperiods for immigrants who losetheir jobs, so as to prevent their be-ing forced into illegal status.

Third: right to education. More opportunities for learningItalian. In order to communicate,you have to know each other… Language skills are increasingly im-portant, both for relations betweenEuropeans and migrants and amongdifferent European populations. Thisdoes not mean losing one’s own lan-guage – for the different languages

pomodori… due euro e mezzo peruna cesta che comporta circa dueore di lavoro… ovviamente tuttoin nero” (A. Venanzetti).

B.Rivedere il meccanismo dei flus-si. Altra necessità che emerge dadiversi pareri, sia degli esperti chedei diversi partecipanti al panel, ri-sulta essere quello di individuareun meccanismo diverso di organiz-zazione dei flussi, per avvicinarlomaggiormente alle esigenze delmercato del lavoro. Ad esempio c’èchi propone di creare sistemi re-gionali di gestione, sulla base del-le esigenze dei territori e delle im-prese. Ma sarebbe utile anchecoinvolgere le comunità straniere,che sono quelle che fanno da rife-rimento per i connazionali quandoarrivano nel Paese ospitante...

a volte – espliciti inviti alla dela-zione), significa che il sistemanon funziona. Si tratta – comesappiamo – di un problema Eu-ropeo: “Sono almeno otto milionigli stranieri irregolari – sans pa-pier – “senza documenti”, che sitrovano in Europa. Non è possibi-le una campagna di espulsionicosì vasta. L’unica possibilità è re-golarizzare. Ma finché ciò nonavviene il risultato è una classe disenza diritti, una sottoclasse dipersone esposte a qualsiasi tipo disfruttamento e schiavitù…” (C.Colombi). In Italia, come in altriPaesi d’Europa, a causa della man-canza di norme che permettanouna reale possibilità di regolarizza-zione, un esercito di uomini e don-ne sono quindi costretti a svolgerelavori al limite della schiavitù, o so-no vittime della criminalità orga-nizzata (come per le migliaia didonne vittime della tratta): “Do-vremmo fare un convegno sul la-voro nero degli immigrati metten-do al centro del tavolo la cesta cheviene utilizzata per la raccolta dei

are a great heritage of humanity – butrather having the means of under-standing the language, and throughit “the world” of the other person;and of communicating our own“world” to others… But the supplyof language courses in relation todemand is very low; and a signifi-cant part of this supply is moreoverprovided by volunteers in the socialsector(4).

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(4) Knowledge of the Italian language isfundamental for migrants, the first steptowards social inclusion, for finding ajob, a place to live. “Demand is veryhigh. For example, in a city like Rome,the supply of free Italian language clas-ses covers about 15.000 people. Effecti-ve demand, on the other hand, is aboutdouble that number. Of these 15.000,about half are served by schools run byvolunteer groups in the social sector;this means that the public school mana-ges to cover only a part of the need…(A. Venanzetti)

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C. Facilitare i percorsi di regolarità.Importante la sfida di individuareanche dei meccanismi diversi di re-golarizzazione: “Il decreto Bossi-Fi-ni, che prevede l’assunzione a di-stanza, non è praticabile nella real-tà; in quelle file interminabili per ledomande della presentazione deldecreto flusso c’erano migranti chegià stanno qua; il datore di lavorofigurava come presentatore delladomanda, ma fisicamente c’erano ilavoranti… la fotografia dell’esi-stente è un’altra” (A. Venanzetti).Importante, poi la possibilità di pre-vedere permessi di soggiorno tem-poranei, ammortizzatori sociali etempi più lunghi per la ricerca del la-voro tra gli immigrati che lo perdono,in modo da impedire la possibilitàche cadano nell’irregolarità.

Terzo: diritto all’istruzione. Più opportunità per imparare la lin-gua italiana. Per dialogare bisogna co-noscersi.Le competenze linguistiche sonosempre più importanti, sia per la re-lazione tra europei e migranti, cheper quelle tra le diverse popolazio-ni europee. Non si tratta di perderele specificità linguistiche, che rap-presentano un grande patrimonioimmateriale dell’umanità, ma di ave-re la possibilità di comprendere lalingua, e attraverso di essa il “mon-do” dell’altro; e di comunicare aglialtri il nostro “Mondo”… Ma l’offer-ta di corsi di lingua è bassa di frontealla richiesta; e in più è coperta peruna parte significativa dal volontaria-to sociale4.

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It is precisely from this voluntary workthat some important experiences inteaching methods have emerged,methods which can be useful modelsat Italian and European level. La Casa dei Diritti Sociali, in Rome, forexample, where language classes aretaught each evening, which migrantsare free to follow according to theirlevel, as they wish even for single les-sons. Students can join a class atany time during the year and canstop attending for a period, if hin-dered for work or family reasons.When they have acquired a certaincompetency they will go on to thenext level… The different contexts in which theItalian language is taught to foreign-ers have given rise to effectivemethodologies offering not just an

opportunity for language learningbut also for reciprocal knowledge ofdifferent cultures, and are concernedwith the individual as a whole.These are all experiences which,along with many others, demonstratethat intercultural dialogue in Europeis not only necessary but also felici-tously possible and that equal rightsfor Europe’s residents, men andwomen of every culture and socialclass, can be achieved.

CONTRIBUTIONS AND INTERVIEWS

Antonio Nanni, professor of Philso-phy and Education Sciences; coordi-nator of the Research Department ofthe National Acli associations; co-di-rector of CEM (Centro di Educazionealla Mondialità). Edits the “Intercul-turar/si” series published by EMI Pub-

4 La conoscenza della lingua italiana è fon-damentale per i migranti, è il primo scalinodell’inclusione sociale, per trovare lavoro,una abitazione “La richiesta è molto alta.L’offerta formativa di corsi gratuiti di linguaitaliana intercetta, ad esempio in una cittàcome Roma, circa 15.000 persone. Mentrela domanda effettiva è circa il doppio. Diquesti 15.000 poi, a Roma, circa la metàsono intercettati dalle scuole del volonta-

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lishing in Bologna (an interview ofAndrea Ciantar and Alessanda Ciurlo).Augusto Venanzetti, coordinator ofRete Scuolemigranti, Rome (an inter-view by Andrea Ciantar).Cristiano Colombi, economist, Vi-cepresident of the SAL Onlus Associa-tion; Coordinator, Osservatorio Ro-mano sulle Azioni Contro la Povertà,Università degli Studi Roma Tre, From“L’Europa della Vergogna”, by Cris-tiano Colombi, published in Solidari-età Internazionale no. 9 September2009.

Sono poi diverse le realtà di in-segnamento della lingua italianaagli stranieri che hanno sviluppatodelle metodologie efficaci, cherappresentano non solo una occa-sione di apprendimento linguisti-co, ma anche di conoscenza reci-proca delle culture, e di cura del-la persona nella sua globalità.

Esperienze – queste – che di-mostrano, insieme a molte altre,che un dialogo interculturale inEuropa è non solo necessario, maanche felicemente possibile. Pur-ché i pari diritti per gli abitantidell’Europa, uomini e donne, diqualsiasi cultura e ceto sociale,vengano realizzati.

CONTRIBUTI E INTERVISTE

Antonio Nanni, docente di Filoso-fia e Scienze dell’educazione. È co-ordinatore dell’Ufficio Studi delleAcli Nazionali. È condirettore delCEM (Centro di Educazione alla

Proprio dal volontariato socialeemergono alcune rilevanti espe-rienze di modalità d’insegnamen-to, che possono rappresentare deimodelli utili a livello italiano edeuropeo.

La Casa dei Diritti Sociali, diRoma, ad esempio, dove ogni se-ra si svolgono contemporanea-mente classi di lingua che i mi-granti possono seguire libera-mente a seconda del loro livello,seguendo anche solo la singolalezione. Gli allievi possono inse-rirsi quindi in ogni momento del-l’anno, e anche interrompere perun certo tempo, se impediti damotivi di lavoro o familiari. Quan-do avranno raggiunto una certacompetenza passeranno al livellosuccessivo…

AUTO-BIOGRAPHYCAL CONTRIBUTIONS

“A Story of Smiles and Pain” Biographyof Umik Halivovich, a Roma womanborn in Bosnia Herzegovina and livingin Rome, collected by AldoPietrangelini.“Migrant Stories”, research study byAlfredo Varone.The stories are available on www.eu-ropeanmemories.eu

AUTHORS

Andrea Ciantar, sociologist, expertin autobiographical methodologies.Alessandra Ciurlo, sociologist, expertin migrational issues.Mariarita Peca, linguistic-culturalmediator, sinologist, Italian languageteacher.With the support of Alessio Surian,researcher, Department of EducationScience, University of Padova.

ORGANIZATION

Upter, People’s University of Rome

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riato sociale; ciò vuol dire che la scuolapubblica arriva fino ad un certo punto…(A. Venanzetti)

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Mondialità). Dirige la collana “In-terculturar/si” della casa editriceEMI di Bologna; intervista di An-drea Ciantar e Alessandra Ciurlo.Augusto Venanzetti, coordinatoreRete Scuolemigranti, Roma; inter-vista di Andrea Ciantar.Cristiano Colombi, economista, Vi-cepresidente Associazione SAL on-lus, Coordinatore Osservatorio Ro-mano sulle Azioni Contro la Po-vertà, Università degli Studi RomaTre. Contributo tratto da “L’Europadella Vergogna”, di Cristiano Co-lombi, pubblicato su Solidarietà In-ternazionale n. 9 settembre 2009.

CONTRIBUTI AUIOBIOGRAFICI

“Una storia tra sorrisi e dolore” bio-grafia di Umika Halivovich, donnaRom nata in Bosnia Erzegovina e

abitante a Roma, raccolta da AldoPietrangelini, nell’ambito del pro-getto “Un Mondo di Storie”.“Storie migranti”, di Alfredo Varone.La storie sono disponibili su:www.europeanmemories.eu

AUTORI

Andrea Ciantar, sociologo espertoin metodologie autobiografiche.Alessandra Ciurlo, sociologa, esper-ta in tematiche migratorie.Mariarita Peca, mediatrice linguisti-co-culturale, insegnante di linguaitaliana. Con il supporto di Alessio Surian, ri-cercatore, Dipartimento Scienze del-l’Educazione, Università di Padova.

ORGANIZZAZIONE

Upter, Università Popolare di Roma

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“L’alfabeto del mare”, foto di Ilenia Piccioni (Riace-RC, “Paese dell’accoglienza”).

“L’alfabeto del mare” (Sea alphabet), by Ilenia Piccioni (Riace-RC, “Paese dell’accoglienza” - Town receiving immigrants).

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SloveniaRaising awarenessof stereotypes and acquiringcompetences forinterculturaldialogue

“Although we can read in the mediastories of symbiosis between the Romapeople and other inhabitants of thePrekmurje Region, the reality of life in thePrekmurje Region is quite different. The

a non essere derubata o violenta-ta; invece, in questa mia primavisita venni accolta come rara-mente mi era capitato in nessunaltro posto. Il giorno in cui arri-vai al campo Rom Kamenci pio-veva a dirotto e subito uno degliabitanti mi corse incontro per of-frirmi un ombrello e indicarmidove andare (in quel luogo stavaper essere inaugurato il primomuseo Rom in Slovenia). Mentremi precipitavo a raggiungere illuogo dell’inaugurazione, il por-tafogli con tutto il denaro dellamia borsa di studio di quel mesemi cadde dalla tasca senza cheme ne accorgessi, finché mi corseappresso un ragazzino di cinqueanni gridando: Signora, ha persoil portafogli!Da quel momento in poi mi sonoconvinta che gli stereotipi su que-ste persone non si sono formatisulla base dei fatti, ma sono sorti

SloveniaStimolarel’attenzione versogli stereotipi e apprenderecompetenze peril dialogointerculturale“Anche se nei media possiamoleggere racconti di simbiosi tra iRom e gli altri abitanti della re-gione di Prekmurje, la realtà del-la vita là è ben diversa. I raccon-ti popolari che circolano tra lagente della regione raccontanodegli insediamenti Rom come deiluoghi più pericolosi della zona.Quando mi recai per la primavolta da sola in uno di questi in-sediamenti mi fu premurosamen-te raccomandato di stare attenta

folk tales that are alive among the peo-ple of the region tell us that the Romasettlements are the most dangerousplaces in the surrounding area. When Iwas headed for the first time to one ofthese settlements by myself I waswarned in good faith to be careful not toget robbed or raped. However, on thisfirst visit I was welcomed in a way I hadrarely been welcomed anywhere else.On the day I arrived at the Kamenci set-tlement it was raining cats and dogsand immediately one of the inhabitantsran towards me, offered me an umbrel-la and gave me directions to the grandopening of the first Roma museum inSlovenia which was taking place there.When I was hurrying to the event a wal-let with my entire scholarship money forthe month fell out of my pocket withoutmy noticing it until a boy of five camerunning after me yelling: “Ma’am, youhave lost your wallet!”.Since then I have been convinced thatstereotypes about these people had

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invece nelle menti delle personeche potevano così utilizzare glistereotipi per contrastare la pau-ra che provavano nei confronti dichi era sconosciuto e non eranopronti a conoscere. Oggi, che tra-scorro le mie estati a Kamencicon i bambini dei campi Rom, mirendo conto che troppo spesso essivengono tacciati dagli altri comeun problema o, in modo più spe-cifico, come il problema Rom, an-che se in realtà loro non sono af-fatto un problema ma, anzi, han-no delle potenzialità incredibiliche la società spesso ignora, ne-gandogli la possibilità di dimo-strare pienamente le proprie ca-pacità. Ed è questo il motivo percui desidero che questi bambiniin Europa possano brillare in tut-to il loro splendore e che non sia-no giudicati in base alla loro et-nia e al loro luogo di origine, maprincipalmente in base alle loro

capacità e al fatto che possono co-struire una società migliore pertutti noi” (Julija Sardelic).

Come promuovere la visione nonstereotipata degli altri, come con-cittadini e propri pari, da partedella maggioranza dei cittadini?Il popolo Rom in Slovenia rap-presenta uno dei gruppi etnici“altri”. Spesso le percezioni ste-reotipate, che si differenziano daquello che viene considerato nor-male in una società, si creano già

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not been formed on the basis of factsbut rather took shape in the minds ofthe people to block the fear they felt to-wards people who were unknown tothem and whom they were not pre-pared to know. Now that I spend mysummers in Kamenci with the childrenin Roma camps I also realise that toomany times they are marked out as aproblem by others – or to be more spe-cific as the Roma problem. However,they are not the problem themselvesbut rather possess incredible potentialthat society too often overlooks anddoes not give them the opportunity tofully show their capabilities. It is pre-cisely for this reason that I wish forthese children in Europe to shine intheir brightest light and not to bejudged by their ethnicity and place oforigin but mostly by their potential andthe fact that they can build a better so-ciety for all of us” (Julija Sardelic ).

“Gioco”, opera di Grazia Amendola, Collage.

“Gioco” (Game), by Grazia Amendola, Collage.

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Encouraging the majority to thinkof others in non-stereotypical ways– as fellow citizens and equals.In Slovenia, the Roma people are oneof the “other” ethnic groups. Oftenstereotypical perceptions, different towhat is considered normal in a socie-ty, are created already in the primarysocialization phase through educa-tion that is culturally and ethnicallyinsensitive, lack of contact with peo-ple of different ethnic backgrounds,lack of peer contact and segregationof non-Roma and Roma children.Culture and society influence the be-liefs we have on a personal level.The author of the personal experi-ence narrated above was on her wayto the Roma community surroundedby numerous stereotypes althoughshe was aware that this was a result

problema. Ben venga l’atteggia-mento critico. Una buona praticain questo campo è risultata esserequella del membro di un gruppodi esperti che ha deciso di non ri-lasciare dichiarazioni ai giornalistifinché non le fosse stata data lapossibilità di spiegare approfondi-tamente il contesto di un caso.

È necessario a questo punto par-lare di uno stereotipo particolar-mente radicato che ideologica-mente presenta l’“analfabeta po-polo Rom” come un popolo biso-gnoso di essere aiutato, educato,istruito sulla propria identità etni-ca, con l’idea che solo allora po-trà sperimentare una rinascita edentrare a far parte di una societàdalla quale è escluso a causa del-la disoccupazione, del basso li-vello di istruzione, dell’analfabe-tismo funzionale, ecc. Che direinvece di noi stessi, i non-Rom,

nella fase di prima socializzazio-ne tramite un’educazione etnica-mente e culturalmente indifferen-te, la mancanza di contatto conpersone appartenenti a differenticontesti, la mancanza di contattoalla pari e la segregazione dibambini Rom e non-Rom. La cul-tura e la società influenzano lenostre convinzioni personali. L’autrice dell’esperienza persona-le raccontata sopra si avviava ver-so la comunità Rom circondatada numerosi stereotipi, benchéconsapevole che questi erano ilrisultato di raccomandazioni datecon buone intenzioni. Quello cheaccadde confermò la sua consa-pevolezza di come gli stereotipisiano irrazionali anche se conten-gono un’apparenza di razionalità.È l’esperienza diretta di un indivi-duo che permette una differentevisione di un gruppo etnico parti-colare con il quale conviviamo.I media, soprattutto a causa del-l’utilizzo di espressioni ridondan-ti da parte dei giornalisti, ritrag-gono il popolo Rom come un

of well-intentioned warnings. Theevent confirmed to her the aware-ness that stereotypes are irrational al-though they have an aspect of ra-tionality. It is the direct experienceof an individual that enables a dif-ferent view of a particular ethnicgroup we co-inhabit with.In dealing with the Roma people, themedia, especially because of journal-istic rhetoric, often portrays them asa problem. The critical view is morethan welcome. A good practice inthis field proved to be the experi-ence of an expert panel memberwho had decided not to issue anystatements to the press until shehad an opportunity to explain theentire context of a case.

An especially strong stereotype needsto be mentioned here according towhich the illiterate Roma are por-trayed ideologically as people whoneed to be helped, educated and

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che, come maggioranza, ci sen-tiamo detentori del ruolo di sape-re cosa è meglio per il popoloRom? La verità è che sono loro asapere meglio cosa vogliono ecosa non vogliono. Sfortunata-mente, essi sono per lo più esclu-si dai processi decisionali che ri-guardano le loro possibilità.

Pratiche che permettono l’ap-prendimento e l’arricchimento at-traverso le diversità e le somi-glianze culturali.In ambito europeo si stanno rea-lizzando molti progetti che hannocome oggetto di osservazione ilpopolo Rom. I progetti si dovreb-bero realizzare “con” e non “per”lepersone. Davvero stiamo favoren-do la loro partecipazione attiva ola loro emancipazione? Così molti

are being carried out with the Romapeople as an object of observation.Projects should be done with thepeople and not for the people. Wemust ask ourselves whether in effectwe are allowing their active partici-pation or their emancipation. Thus,many of the projects that are takingplace in the Roma settlements in thePrekmurje Region are giving jobsand other advantages to the Romapeople and thereby fulfilling theprinciple that what you give iswhat you get.One very interesting experience wasthat of an expert panel participantwho recalls an event which occurredwhile he was participating in a stu-dent camp. The students connectedwith the Roma people and helpedthem with everyday chores. He says:

progetti che si stanno portandoavanti nelle comunità Rom nellaregione di Prekmurje produconooccupazione e profitto per il po-polo Rom, realizzando il principioper il quale si riceve ciò che si dà.Particolarmente interessante èl’esperienza di un partecipanteesperto del gruppo, che ricordaun fatto accadutogli in un campostudenti. Gli studenti riuscirono asocializzare con il popolo Rom eli aiutavano nelle faccende gior-naliere. Egli afferma: “Eravamoarrivati lì con l’intenzione di im-parare le loro competenze incambio del nostro aiuto. Le stu-dentesse ammiravano le donneRom e la loro abilità nel cucire legonne. Chiesero allora di impara-re il mestiere e poi scoprironoche le donne Rom volevano faredelle gonne per omaggiarle. Ab-biamo imparato anche a ricono-scere e a togliere dai rami la cor-teccia con proprietà curative. Po-tete immaginare quanto sia statointeressante il momento in cui ilpopolo Rom si è reso conto che i

taught about their ethnic identity as ifonly then would they be able to ex-perience renaissance and becomepart of the society that they had beenexcluded from because of unemploy-ment, low education, functional illit-eracy etc. But perhaps we shouldconsider the view that we, the non-Roma people, as the majority alwaysput ourselves in the role of those whoknow what is best for the Roma peo-ple. The truth is that they are the oneswho know best what they do or donot want. Unfortunately, they are forthe greater part excluded from thedecision-making process that estab-lishes what possibilities they can have.

The practice that enables learningand enrichment through culturaldiversity and similarities.In the European area, many projects

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“We went there with the intention oflearning their skills in exchange forour help. The female students ad-mired the Roma women and theirskill in sewing skirts. The studentsasked to be taught the skill and laterfound out that the Roma womenwanted to make skirts for them toplease them. At that time we alsolearned to recognise and scrape thehealing bark of branches. Can youimagine how interesting the mo-ment was when the Roma peoplerealised that their knowledge wasvalued and important and equal toour knowledge. If we had arrivedthere with the idea that we knewsomething and they knew nothing,we would have placed ourselves in aposition of a hegemon and someoneimportant. Our desire was an ex-

In Slovenia esiste una società chesi occupa di produzione di film eche porta avanti, tra le varie tema-tiche, anche quella di rappresenta-re le difficoltà dei gruppi margina-li. La società organizza campi incui bambini Rom e di altri gruppietnici partecipano – insieme abambini non-Rom – alla realizza-zione di brevi film. I bambini rac-contano in questi film parte delleloro esperienze e del loro bagaglioculturale, e allo stesso tempo im-parano l’uno dall’altro, si arricchi-scono a vicenda. Le loro produ-zioni dimostrano come sia neces-sario partire da se stessi, e che nonsi può mai sbagliare se si crede inquello che si fa. I giovani creatorinon sono ancora intrappolati neipunti di vista che noi adulti siamocosì pronti ad assumere, e questopermette loro di imparare l’uno dal-l’altro e di avere una visione inno-vativa delle diversità interculturali e

suoi saperi erano apprezzati econsiderati importanti e di pari va-lore dei nostri. Se invece fossimoarrivati lì con l’idea che noi sape-vamo qualcosa e loro niente, al-lora ci saremmo posti nella posi-zione di egemoni, di persone im-portanti. Il nostro desiderio eraquello di scambiare delle espe-rienze, il che significa che abbia-mo condiviso conoscenze e abili-tà e che abbiamo stabilito una re-lazione simmetrica. Tutti noi sia-mo soggetti apprendenti e questotipo di consapevolezza porta adun flusso di richezza culturale inentrambe le direzioni”.

Le buone pratiche delle varie so-cietà, delle organizzazioni di vo-lontariato, l’impegno individualesono ciò che dimostra, una voltaancora, come la partecipazioneattiva e l’apertura a nuove realiz-zazioni possano creare nuoveprospettive per la nostra società eoffrano possibilità di apprendi-mento e arricchimento a partiredalla diversità culturale.

change of experiences, which meanswe shared the knowledge and skillsand set up a symmetrical relationship.We are all learning subjects and thistype of awareness on the part of themajority enables a stream of culturalenrichment to flow in both direc-tions”.

It is the good practices of differentsocieties and volunteer organisationsand the personal engagement of in-dividuals which prove again andagain that active participation andopeness to new realisations createnew perspectives for our society andoffer the opportunity for learning andenrichment from cultural diversity.In Slovenia there is a film productioncompany and among the subjects ittreats is the hardships experienced bymarginal groups. The company or-ganises camps where Roma childrenand children of other ethnic groupsmake short films together with non-

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delle cose che alla fine ci legano. Leloro creazioni sono quindi fresche,divertenti e sopratutto oneste. E che dire dei più giovani? La fiabadi Cassandra è stata creata nei la-boratori interattivi durante il tradi-zionale campo creativo nella co-munità di Kamenci sotto la direzio-ne di Julija Sardeli. La fiaba Rom è

you can never do wrong. Young cre-ators are not yet entrapped in theviews that we, the adults, are sokeen to adopt and this enablesthem to learn from each other andto take a fresh view of interculturaldifferences and the things that ul-

stata pubblicata in un libro in lin-gua Rom, ungherese e slovena. So-no i bambini Rom stessi a dimostra-re che essi non sono un problemama, al contrario, hanno infinite po-tenzialità artistiche ancora nonsfruttate, sia nel campo letterarioche in quello delle arti e della reci-tazione. Questa prima fiaba Rom in

Roma children. They bring to them apart of their experiences and the cul-tures they derive from and at thesame time they learn from and enricheach other. Their products show thatit is necessary to arise from yourselfand that if you believe in what you do

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Questa foto è stata scattata durante il campo estivo per realizzare un documentario nelcampo di Drnovo. Il progetto nasce dalla collaborazione tra gruppi di ragazzi coetanei Rom

e non-Rom secondo un approccio di peer learning, in cui chi aveva competenze nell’usodella videocamera le trasmetteva agli altri. Per molti giovani sloveni questa era la prima volta

che si relazionavano a bambini Rom. L’organizzazione che realizza il progetto si chiamaDZMP-Society of allies for soft landing (Società di Alleanza per l’atterraggio morbido), e pro-muove attività e seminari estivi che incoraggiano i bambini e giovani Rom a realizzare film e

cartoni animati. Autore: Cecile Horreau.

This photograph was taken during the summer camp to produce a documentary in the Drnovocamp. The project was based on collaboration between groups of Roma and non-Roma children

according to a peer learning approach in which those who knew how to use a video-camerataught the others. For many young Slovenes this was the first time they had ever had relations

with Roma children. The organization which carried out the project is called DZMP-Society of Al-lies for a Soft Landing and promotes activities and summer seminars to encourage Roma children

and youth to produce films and animated cartoons. Photographer: Cecile Horreau.

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timately connect us. Therefore theircreations are fresh, amusing andabove all honest.

And what about the youngest ones?The fairy tale Kasandra was created inthe interactive workshops during thetraditional Roma creative camp in theKamenci community under the men-torship of Julija Sardeli . The Romafairy tale was published in book formin the Roma, Hungarian and Slovenelanguages. The Roma childrenthemselves show that they are notthe problem but that they have in-finite unexploited artistic potentialin the literary field as well as in thefields of fine arts and acting.The first Roma fairy tale in book formis of extreme importance for the Romachildren in Slovenia because it can

ease the transition to school when theRoma children find themselves in a for-eign language culture. In the Prek-murje region there are actually twoforeign language cultures, the Sloveneand Hungarian. The fairy tale is alsoimportant from other points of view,because the Roma people of the Prek-murje region do not know their ownfairy tales since they have not beenpreserved in writing. Through the Ro-ma fairy tales, non-Roma childrencan experience what is a (possibly)different world for them, which isan excellent opportunity for parentsto have a conversation with a child.

A theatre play was produced on thebasis of the fairy tale, in which the Ro-ma children preformed. The audiencewas enthusiastic about the workwhich was presented at the Roma fes-

musica, danza e poesia, film, ma-rionette e altro ancora. Denomi-nato Romano Chon (Il meseRom). Il Festival rappresenta unimportante passo avanti nel rico-noscimento della cultura, dei co-stumi e delle tradizioni del popo-lo Rom sloveno. Il Festival di cul-tura Rom ha avuto luogo nelle duecittà maggiori della Slovenia, of-frendo un’ottima occasione perl’incontro tra il popolo Rom e lagente non-Rom, attraverso una par-tecipazione interattiva. I visitatorihanno partecipato attivamente aidiversi laboratori, come ad esem-pio quello sulla lingua Rom con-dotto da persone qualificate, dicui una rappresentava la comuni-tà Rom e l’altra quella non-Rom.

Una comunità priva di rappresen-tanti istruiti trova difficoltà nelpromuoversi fuori dai propri con-fini, come ben sanno i fondatori

forma di libro è di estrema impor-tanza per i bambini Rom in Slove-nia perché può facilitare la lorotransizione verso la scuola, quandosi trovano in mezzo a una culturadi lingua straniera. Nella regione diPrekmurje, poi, ci sono due cultu-re di lingua straniera, quella slove-na e quella ungherese. La fiaba èimportante anche da altri punti divista, perché il popolo Rom nellaregione di Prekmurje non conoscele proprie fiabe, perché non sonostate conservate in forma scritta. Ibambini non-Rom possono vivereattraverso le fiabe Rom un mondo(forse) diverso, il che offre un’otti-ma occasione ai genitori di dialoga-re con il proprio figlio.

È stata poi allestita una pièce tea-trale ispirata alla fiaba, recitata daibambini Rom. Il pubblico è statomolto entusiasta delle opere pre-sentate durante il “Festival Rom”,che comprendeva laboratori di

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tival and which included music,dance, dance and poetry workshops,film, puppets and more. The Festivalwas called Romano Chon / The RomaMonth, and represents an importantstep forward in recognising Romaculture, customs, traditions andhabits of the Slovenian Roma people.The festival of Roma culture took

place in the two largest cities ofSlovenia and presented an excel-lent oportunitiy for the encounterof Roma and non-Roma peoplethrough interactive participation.The visitors took active part in differ-ent workshops, such as the one onthe Roma language which was con-ducted by qualified instructors, one

Nella foto, Rešek Katarina e Martina Hudorovic, durante le riprese di un film-documentariosulla vita delle donne Rom. Entrambe sono ancora studenti nella scuola secondaria,

ma hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti per il loro lavoro. In febbraio, nell’ambitodel workshop KINOmeja (Film di Frontiera) a Lubiana, girano il documentario

“Benvenuti a Fužine”, che indaga l’identità dei profughi Rom del Kossovo. Questi lavori, che vedono la collaborazione anche di ragazzi non-Rom, sono parte di una

rete che connette giovani registi Rom in Europa. Foto realizzata da DZMP-Society of allies for soft landing

(Società di Alleanza per l’atterraggio morbido).

In the photograph: Rešek Katarina and Martina Hudorovic , during shooting of a documentaryfilm on the life of Roma women. Both are still students in high school, but have already receivedmany prizes for their work. In February, in the KINOmeja (Frontier Films) workshop in Ljubljana,

they filmed a documentary, “Welcome to Fužine,” investigating the identity of Roma refugees from Kosovo. These works, which also involve the collaboration of non-Roma

youth, are part of a network connecting young Roma directors in Europe. Photographs taken by DZMP-Society of Allies for a Soft Landing.

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representing Roma society and theother non-Roma.

A community with no educated repre-sentatives has difficulty in promotingand fulfilling itself outside its own con-fines, a fact of which the founders ofthe already active Roma academic clubare well aware. Members can also in-clude non-Roma people, which isvery encouraging. Participation inthe club encourages both sides toreflect on ourselves and our preju-dices and reinforces empathy withother people. They offer free tutoringfor students in primary and secondaryschools, organise meetings betweenthe Roma and the majority secondaryschool students, conduct learning andlanguage workshops for the childrenin the Roma settlement...

In order to develop intercultural com-petences, personal engagement onthe part of an individual is essential,both when occasional learning is in-volved as in the case of an Erasmus ex-change programme and when the ap-proach is more structured. As an ex-ample of the latter it is worthwhile cit-ing the field work of the students ofthe Faculty of Social Work. For threemonths the students went to the Ro-ma settlements in Ljubljana whereeach was assigned a child that theyspent time with every week offeringhim or her the opportunity of havinglittle experiences that he/she would nototherwise have. These were their basicinstructions. It was desirable to takethe child outside the settlement as of-ten as possible, for example to the li-brary, for a walk, to the castle, for ice-cream, etc. The main objective was tooffer the Roma children things that aretaken for granted by non-Roma chil-dren but inaccessible to them. The

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del già attivo Club AccademicoRom. Un segno molto incorag-giante è il fatto che i membri pos-sono essere anche persone non-Rom. Questo tipo di partecipazio-ne stimola entrambe le parti a ri-flettere su di sé e sui propri pre-giudizi, e rinforza l’empatia tra lepersone. I membri offrono soste-gno scolastico gratis per studentidella scuola primaria e seconda-ria, organizzano incontri tra iRom e gli studenti della scuolasecondaria e conducono labora-tori di studio e di apprendimentolinguistico per i ragazzi della co-munità Rom.

Per sviluppare competenze inter-culturali è necessario il coinvolgi-mento personale dell’individuo,sia quando si tratta di un’espe-rienza di apprendimento occasio-nale, come il programma di scam-bio Erasmus, sia quando si trattadi approcci più strutturati. Comeesempio del secondo caso, vale lapena menzionare il lavoro sulcampo degli studenti della Facol-

tà di Lavoro Sociale. Per tre mesisi sono recati nelle comunità Romin Ljubljiana, dove a ciascuno erastato assegnato un bambino con ilquale passavano del tempo ognisettimana, dandogli la possibilitàdi fare piccole esperienze che al-trimenti gli sarebbero state pre-cluse. Queste erano le loro istru-zioni di base. Era desiderabileportare il bambino fuori dalla co-munità il più possibile, per esem-pio in biblioteca, a fare una pas-seggiata, al castello, a prendereun gelato, ecc. L’obiettivo princi-pale era quello di offrire ai bam-bini Rom la possibilità di fare co-se scontate per i bambini non-Rom ma inaccessibili per loro.Durante gli incontri settimanali siconoscevano anche i genitori e leloro idee sull’educazione dei figli,il loro ambiente, la vita di ognigiorno, il loro modo di pensare, laloro cultura, cosicché l’apprendi-

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mento era inter-personale, portan-do entrambe le parti a delle rifles-sioni programmate e a dei risultatidiversi, che probabilmente non sisarebbero mai raggiunti senzal’esperienza diretta...

L’Europa delle minoranzeNell’Europa attuale ci sono 300minoranze etniche.Un europeo su sette appartiene auna minoranza etnica.In Europa ci sono più di 90 lin-gue. 23 sono le lingue ufficialidell’Unione Europea.Fonte:http://www.europarl.europa.eu/news (sito Parlamento europeo)

CONTRIBUTIONS AND INTERVIEWS

Julija Sardelic. Her thesis in sociolo-gy of culture with the title “Moder-nity, Identity, Minorities: Europeanextensions of the position of the Ro-ma community in Slovenia”, writtenwith Miro Samardžija, received astudent Prešeren’s prize for the bestthesis at the Faculty of Arts, Ljubl-jana. The paper also received a prizefrom the Slovenian Ministry of For-eign Affairs and a prize for contribu-tion to sustainable development.Sašo Kronegger has a bachelor’s de-gree in social pedagogy, and is theauthor of a manual for volunteers, atrainer for volunteers in the field of so-cial work, and co-author of the tool-kit “Do you speak interculturally?”.Sonja Sikošek, consultant for Unit-ed Nations High Commissioner for

CONTRIBUTI E INTERVISTE

Julija Sardelic , la sua tesi in socio-logia della cultura dal titolo “Mo-dernità, identità, minoranze: am-pliamenti europei della posizionedella comunità Rom in Slovenia”,scritta con Miro Samardžija, ha ri-cevuto il premio studenti Prešerencome migliore tesi alla Facoltà diLettere, Ljubljana. Il lavoro ha rice-vuto inoltre un premio dal ministrosloveno per gli Affari Esteri e unpremio per il contributo allo svi-luppo sostenibile.Sašo Kronegger, ha una laurea inpedagogia sociale, ed è l’autore diun manuale per volontari, è for-matore di volontari nel campo del-l’assistenza sociale, e co-autore delprontuario “Do you speak inter-culturally?”.Sonja Sikošek, consulente dell’AltoCommissariato delle Nazioni Uniteper i Rifugiati per due progetti: Na-tional Project Officer per il Proget-to sulle Procedure di Asilo e Assi-stant National Evaluator per Asy-lum System Quality Ensurance Me-chanism Project.

weekly gatherings also meant meetingtheir parents and learning about theirviews on upbringing, their environ-ment, their everyday life, their way ofthinking, and their culture, so thatlearning was interpersonal, whichthrough planned reflection broughtto both sides different realisations,which would never have happenedwithout the direct experience... orwould they?

The Europe of minoritiesIn Europe today there are 300 ethnicminorities.One in seven inhabitants belongs toan ethnic minority.In Europe there are more than 90 lan-guages. The European Union has 23official languages.Source: http://www.europarl.europa.eu/news(European Parliament)

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Refugees on two projects: NationalProject Officer for the Asylum Proce-dures Project and Assistant NationalEvaluator for the Asylum SystemQuality Ensurance Mechanism Proj-ect.Lana Zdravkovic is a researcher atthe Peace Institute. A Ph.D studentin Political Philosophy at the Scien-tific Research Centre of the Sloven-ian Academy of Sciences and Arts inLjubljana, her fields of research in-clude the national state, nationalidentity, nationalism, nationality,ideologies, migrations, social in-equality, political involvement andemancipation practices. She is activein print journalism (publishes articlesin Dialogi, a magazine for cultureand society; Ve er, a daily newspa-per; and Medijska preža, where she

AUTORI

Viktorija Drnovšek, giurista, me-diatrice.Valerija Cucek, psicologa.Maja Nikcevic , assistente sociale.

ORGANIZZAZIONE

Kadis d.o.o.

Lana Zdravkovic , è una ricercatri-ce al Peace Institute. È dottorandain Filosofia Politica al Centro di Ri-cerca Scientifica dell’AccademiaSlovena delle Scienze e delle Arti aLjubljana; i suoi ambiti di ricercaincludono lo stato nazionale,l’identità nazionale, il nazionali-smo, la nazionalità, le ideologie, lemigrazioni, la diseguaglianza so-ciale, il coinvolgimento in politicae la pratiche di emancipazione. Èattiva nella stampa (pubblica arti-coli in Dialogi, una rivista di cultu-ra e società; Vecer, un quotidiano;e Medijska preža, dove è anchemembro della direzione editoria-le), e lavora anche come corri-spondente radiofonico (per MARŠe Radio Študent). È un’attivista po-litica e co-fondatrice di KITCH, unistituto di produzione artistica e ri-cerca.

is also an editorial board member),and also works as a radio corespon-dent (for MARŠ and Radio Študent).She is a political activist and co-founder of KITCH , an institute forart production and research.

AUTHOR

Viktorija Drnovšek, jurist, mediator.Valerija Cucek, psychologist.Maja Nikcevic, social worker.

ORGANIZATION

Kadis d.o.o.

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Gran BretagnaRacconti per unanuova appartenenzaLa dimensione multipladell’identità tra gliimmigrati friulani inGran Bretagna

Il crescente fenomeno delle mi-grazioni e dei rapporti trasversalitra le nazioni sembra essere untratto caratterizzante della nostraepoca. La globalizzazione e ilmovimento di beni e persone, ineffetti, stanno influendo profon-damente sulla struttura del mon-do, a livello non solo economico,ma soprattutto e in modo più du-raturo, a livello culturale. Una si-mile situazione ha prodotto la ne-

gies and practices of intercultural dia-logue. In this sense, migrants and,more generally individuals from mi-grant backgrounds are accustomedto living and working in an intercul-tural context and are able to makemultiple connections across nationalboundaries. Their experiences canfoster development, stimulate inno-vation and prompt new ways of re-ciprocal respect. Furthermore, peo-ple who have experienced migra-tion carry in their personal life-sto-ries the complexity and the contex-tual character of identity and canlay the ground for intercultural di-alogue.

The oral history project we have runconsisted in gathering memories andnarratives of Friulian immigrants in

cessità di sviluppare nuove stra-tegie e pratiche di dialogo inter-culturale. In questo senso, i mi-granti – e più in generale gli indi-vidui con un retroterra connessoalla migrazione – sono abituati avivere e lavorare in un contestointerculturale e sono in grado diintrecciare relazioni multiple oltrei confini nazionali. Il loro baga-glio di esperienze può favorire losviluppo, stimolare l’innovazionee suggerire nuovi percorsi di ri-spetto reciproco. Inoltre, le per-sone che hanno sperimentato lamigrazione portano con sé, nelleproprie storie di vita vissuta, lacomplessità e il carattere conte-stuale dell’identità e possono pre-parare il terreno per un dialogo in-terculturale.

Il progetto di memoria storicaorale che abbiamo condotto èconsistito nel raccogliere ricordi eracconti di immigrati nel RegnoUnito e ha avuto due obiettiviprincipali: in primo luogo, co-struire una coscienza storica sul-

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Great BritainNarratives for anew belongingThe multipledimension of identityamong Friulianimmigrants in GreatBritainThe growing phenomenon of migra-tion and transnationalism seems to bethe trope of the current era. Globali-sation, movement of people andgoods, in fact, are profoundly affect-ing the world structure, not solely inan economical way, but, above alland even more permanently, at a cul-tural level. Such a situation has led tothe necessity of building new strate-

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the UK and had two main aims: first-ly to build an historical consciousnessupon the experience of Italian emi-gration, secondly to hand this her-itage down to the future generations.The oral narrations of the participantshave to be considered as a precioushistorical and ethnographic docu-mentation and as fundamental ac-count of the encounter with a differ-ent socio-cultural environment. In aworld dominated by the idea thatidentity boundaries coincide with thenational ones, the interviewees’ nar-rations have proven wrong such anassumption. As a matter of fact thelevel of social and economic integra-tion, the high presence of mixed mar-riages and the identitary narration ofsecond generation migrants haveemphasised the dynamic and nego-

da un ripensamento dei concetti dicultura e identità.La retorica nazionalista di una par-te della classe politica considera lacultura come qualcosa di statico,definito e provvisto di limiti, e perdi più determinante dell’identità in-dividuale e collettiva. In questocontesto si avverte esplicitamentela cultura come storica, radicata,autentica e tradizionale. Al contra-rio, la cultura dovrebbe essere con-siderata come in continua evoluzio-ne: dinamica, strutturata storica-mente e socialmente e costante-mente impegnata in un processo di“creolizzazione”, nel quale identitàibride e multiple sono negoziate dicontinuo. L’individuo, nei fatti, èportatore di un’identità multipla co-struita attorno a numerosi fattori di-versi, come il sesso e il retroterraetnico e sociale. Ancora più com-plessi sono i modelli dell’identifica-zione culturale che possono emer-

la base dell’emigrazione italiana,e in secondo luogo trasmetterequesta eredità alle generazioni fu-ture. I racconti orali dei parteci-panti devono essere consideratiuna preziosa documentazionestorica ed etnografica e un reso-conto fondamentale dell’incontrocon un ambiente socio-culturalediverso. In un mondo dominatodall’idea che i confini dell’identi-tà coincidano con quelli naziona-li, i racconti degli intervistati han-no dimostrato l’erroneità di unasimile convinzione. Nei fatti, il li-vello d’integrazione sociale edeconomica, l’alta presenza di ma-trimoni misti e il racconto identi-tario dei migranti di seconda ge-nerazione, hanno enfatizzato lanatura dinamica e negoziabiledelle identità e delle appartenen-ze culturali.

Qualsiasi discorso relativo al dialo-go interculturale dovrebbe partire

tiable nature of identities and culturalbelongings.

Any discourse on intercultural dia-logue should start from a rethink-ing of the concept of culture andidentity. The nationalist rhetoric of apart of the political class considersculture as static, finite and bounded,and besides, as determining individ-ual and collective identities. In thiscontext, there is an explicit sense ofculture as historic, rooted, authenticand traditional. In reverse, cultureshould be thought as continuouslyevolving; dynamic, historically andsocially constructed and constantlyengaged in “creolization”, wherethe hybrid and plural identities arecontinuously negotiated. The indi-vidual is in fact, bearer of a multipleidentity which is built around several

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gere da un contesto multiculturale.La migrazione è un processo cheporta inevitabilmente alla necessitàdi una ridefinizione dei costumi,delle credenze, dei modi di vivere,dell’identità e del senso di apparte-nenza dei migranti. Questo proces-so comporta una serie di nuovi si-gnificati ricreati individualmente ecollettivamente, la cui validità e“autenticità” può aver luogo solo inspazi trans-nazionali. Tali spazi so-no “spazi di negoziazione”, dovemondi diversi coesistono, non co-me indifferenti e separati tra loro,

“authenticity” can only take place ina transnational space. Such spaces are“spaces of negotiation”, where differ-ent worlds cohabit, not as indifferentand separated from one another, butrather as dialoguing. The idea of dif-ferent cultural heritages rigidly sepa-rated and bounded, and the conse-quent idea of a necessary culturalclash can be revised in the light of thetransnational identities emerged fromthe interviews.

ma come dialoganti. L’idea di ere-dità culturali diverse rigidamenteseparate e confinate, e la conse-guente idea di un inevitabile scon-tro culturale possono essere rivistealla luce delle identità trans-nazio-nali emerse nelle interviste.

Vivere in spazi trans-nazionali:l’appartenenza multipla deimigranti di prima e secondagenerazione

È particolarmente interessante no-tare il carattere eterogeneo delle

different factors, such as gender andethnic and social background. Evenmore complex are the models of cul-tural identification which can arisefrom a multicultural environment. Mi-gration is a process that inevitablyleads to the necessity of a redefinitionof the customs, beliefs, ways of life,identity and sense of belonging of mi-grants. This process entails a series ofnew meanings individually and col-lectively recreated, whose validity and

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Nicesio Fantini con altri minatori friulani e gallesi a Llanhary, nel 1951.

Nicesio Fantini with other Friulan and Welsh miners at Llanhary, in 1951.

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Living within transnational spaces:multiple belonging of 1st and 2nd

generation migrants

It is particularly interesting to noticethe heterogeneity of the interviewees’answers, when questioned on theirsense of belonging and identity. Thecomplexity that emerged does not fitinto predetermined identitary cate-gories; rather it is the result of a con-tinuous “temporary” self-determina-tion which depends on the relation towhat or where they are collocatingthemselves. All the participants liveand perform their own identitieswithin transnational spaces oftendefining their sense of belonging notin absolute terms, but in connectionto the different realities they experi-ence. Many of them explicitly ac-knowledge belonging to a plurality

usanze della comunità ucraina e lapartecipazione alla società inglesetradizionale sono tutti elementiche contribuiscono ugualmentealla costruzione della sua identitàculturale. Similarmente, un’altraintervistata, di seconda generazio-ne, riflettendo sul proprio senso diappartenenza afferma:“Beh…mi sento, davvero sento diessere inglese, britannica; mi de-scrivo sempre come britannica;ma faccio tesoro delle mie originiitaliane. Penso che sia davveroimportante conservarle […] miopadre abbracciò la cultura ingle-se e credeva che quando sei in In-ghilterra, devi fare quello che uninglese farebbe […] ma sentiva chele sue radici sono italiane, e an-ch’io, nonostante sia nata qui,sento che le mie radici sono italia-ne, perciò posso definirmi unaitalo-britannica” (Lilia MariuttoCox).

risposte degli intervistati riguardoal loro senso di appartenenza eidentità. La complessità che èemersa non rientra in categorieidentitarie predeterminate; piutto-sto è il risultato di una auto-deter-minazione continua e “tempora-nea” che dipende dalla relazionecon il “cosa” e il “dove” ognuno diessi si colloca. Tutti i partecipantivivono ed esercitano la propriaidentità all’interno di spazi trans-nazionali che spesso definisconoil loro senso di appartenenza nonin termini assoluti, ma in connes-sione con le diverse realtà di cuifanno esperienza. Molti di essi ri-conoscono apertamente di appar-tenere ad una pluralità di culture, equesta pratica è più comune sia trale prime generazioni che hannocontratto matrimoni misti sia tra leseconde. Ad esempio, una dellenostre intervistate che ha sposatoun ucraino, ha affermato di ap-partenere a tre culture diverse, ita-liana, ucraina e inglese. La sua ori-gine italiana, il ruolo attivo svoltoall’interno delle tradizioni e delle

of cultures and this practice is morecommon among either first gener-ations who have contracted mixedmarriages or second generations.One of our interviewees, for instance,who married a Ukrainian man, statedshe “belongs to three cultures” oneItalian, one Ukrainian and one British.Her Italian origin, the active roleplayed in the Ukrainian community’straditions and practices, and the par-ticipation in the mainstream Britishsociety are all elements which equallycontribute to the construction of herown individual identity. Likewise, an-other interviewee, a second genera-tion, reflecting on her own sense ofbelonging asserts:“Well... I feel, really I feel I’m English,British, I always describe myself asBritish, but I treasure my Italian origins.I think it’s very important to keep that[...] my father embraced the English cul-ture and he believed that when in Eng-land do as the English do […] but he

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spaces gives necessarily life to aprocess of hybridisation of identities.Even more noteworthy is, in thissense, the account of another sec-ond generation whose mother wasItalian and the father Ukrainian. Thenarration of his childhood is signifi-cant to understand the multicultur-al environment around which hisidentity has developed:“There were a lot of Italian andUkrainian people on that street[thestreet where he used to live]; therewere a very mixed community. [...]there were lots of Europeans from

felt that his roots are Italian and I feel,though I was born here, my roots areItalian so I can cast myself as Italo-British” (Lilia Mariutto Cox).

She has been living all her life inEngland and she considers herself asBritish, however her Italian originsand the fact she has been broughtup within an Italian environment,cannot be denied or hidden. It is ev-ident here the flimsiness of theparallelism between nationalboundaries and identity bound-aries. The existence of transnational

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Alice Sartor in sella ad una vespa con un amico a Kensington, Londra, anni Sessanta.

Alice Sartor on a Vespa scooter with a friend in Kensington, London, in the 1960s.

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many different countries. It was agreat place where to grow up. […]There was a real community life” (Pe-ter Ruszczak).

Such an internally diverse context,as well as the individuals who expe-rience it, can be considered pioneermodels of pacific cultural cohabita-tion. Their individual and collectiveidentities are mutually accepted andperformed within transnationalspaces through dialoguing, ratherthan confrontational, relationships.The mechanism which stands be-hind such a small society is, un-doubtedly, the absence of a prede-termined cultural hierarchy.

Un contesto così internamente ete-rogeneo, come anche gli individuiche ne fanno esperienza, può es-sere considerato un modello pio-neristico di pacifica coesistenzaculturale. Le loro identità indivi-duali e collettive vengono accetta-te mutualmente ed esercitate al-l’interno di spazi trans-nazionali,attraverso rapporti di dialogo piùche di confronto. Il meccanismoche opera dietro una società di co-sì piccole dimensioni consiste, sen-za dubbio, nell’assenza di una ge-rarchia culturale predeterminata.

Difatti, la coesistenza di persone diorigini tanto diverse non porta ne-cessariamente ad un conflitto; piut-tosto può provocare scontri cultu-rali quando all’individuo viene ri-chiesto – dalla parte maggioritaria

L’intervistata ha vissuto sempre inInghilterra e considera se stessacome britannica, anche se le sueorigini italiane e il fatto che è sta-ta cresciuta in un ambiente italia-no non possono essere negati onascosti. È qui evidente l’inconsi-stenza del parallelismo tra i confi-ni nazionali e i confini dell’identi-tà. L’esistenza di spazi trans-nazio-nali genera necessariamente unprocesso di ibridazione di identitàdiverse. Ancor più degno di nota,in questo senso, è il resoconto diun altro esponente della secondagenerazione, di madre italiana epadre ucraino. Il racconto dellasua infanzia è significativo percomprendere l’ambiente multi-culturale nel quale si è sviluppatala sua identità:“C’erano molti italiani e ucrainiin quella strada [la strada doveabitava]; era una comunità moltovariegata. […] C’erano molti eu-ropei di molti Paesi diversi. Eraun bel posto dove crescere. […]C’era una vita comunitaria au-tentica” (Peter Ruszczak).

As a matter of fact, the coexistenceof such different belongings doesnot necessarily lead to a conflict;rather it can originate culturalclashes when the individual isasked by the wider society to collo-cate himself within a precise identi-tary group. Such a practice is wide-spread and is the direct consequenceof the power relations which standbehind the cultural hierarchies of thesociety. Problems of cultural recogni-tion and cultural identification arise,in fact, since culture, as well as indi-vidual identitary positions, is usuallydefined from outside; as one of theparticipants commented, migrantsoften are considered outsiders both inthe country of immigration and in thecountry of origin:

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della società – di collocarsi all’inter-no di un preciso gruppo identitario.Una pratica del genere è molto dif-fusa e rappresenta la conseguenzadiretta dei rapporti di forza alla ba-se delle gerarchie culturali della so-cietà. Problemi di riconoscimento edi identificazione culturale, nei fat-ti, emergono nel momento in cui lacultura, così come le posizioniidentitarie individuali, vengono de-finite dall’esterno; come uno deipartecipanti ha commentato, i mi-granti vengono spesso consideratistranieri sia nel Paese di immigra-zione che in quello di origine:

“È tutta una mescolanza, tuttauna mescolanza, che uno non èqui, e non è lì…a mio figlio, quan-do andò in Australia, ero solita di-re: quando andrai lì non sarai mainiente, perché non ti sentirai di ap-partenere né a una parte né all’al-tra […] io sento di essere italiana,

turns out to be looked at as rathera “double absence” from an out-sider’s point of view. There is a sub-stantial difference between how theindividual defines himself and how hisposition is perceived by the main-stream society. The relevance of the“external recognition” in theprocess of “identity building” iscrucial.As a matter of fact, among the fac-tors which determine the extent towhich the identitary space will be di-aloguing or static, the issue ofrecognition gains particular rele-vance. An insufficient acknowl-edgement of the position of indi-viduals bearing transnationalidentities as members of thewider society, might involve thestrengthening of identitary and

ma ho vissuto qui per molti anni,perciò mi sento anche inglese. […]A volte mi sembra di non apparte-nere né qui, né lì. Perché quandosiamo andati in Italia, ci dicevanodovete andare in Inghilterra, nonqui. E quando eri qui non eri dav-vero inglese, perché non appenaaprivi bocca eri uno straniero, per-ché anche se il tuo inglese è buono,non sarà mai come il loro. Adessosono 55 anni che vivo qui…perciòmi sento anche di essere inglese,ma è tutta una mescolanza” (An-gelina Massera).

Quella che potrebbe essere ricono-sciuta come “appartenenza doppia”dal punto di vista di uno straniero, fi-nisce per essere vista più come una“assenza doppia”. C’è una sostan-ziale differenza tra il modo in cuiun individuo definisce se stesso e ilmodo in cui la sua posizione è per-cepita dalla società tradizionale. Larilevanza del “riconoscimento ester-

“It’s all a mix, all a mix, that one is nothere, is not there... I used to say to myson when he went to Australia: “whenyou go there you’ll never be anything,because you’ll not feel neither on oneside, nor on the other” [...] I feel I’mItalian, but I have been living here formany years, I also feel I’m English [...]sometimes I feel I don’t belong neitherhere, nor there. Because when we wentto Italy they used to say “you should goto England, not here”. Then when youwere here you weren’t English becauseas soon as you opened your mouth youwere a foreigner, because even if yourEnglish is good, it will never be liketheirs. I have been living here for 55years... I also feel I’m English, but it’s alla mix” (Angelina Massera).

What could be acknowledged as a“double belonging” in this case

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cultural boundaries and some-times auto-segregation. Neverthe-less, this latter eventuality has notbeen noticed among the intervie-wees at issue. Where the claim of“Italianess” appeared to be strongerit never implied an actual conflictwith other identities or belonging,thus underlining a high capacity ofnegotiation of identities.From research among Friulian immi-grants in the UK a truly diversegroup has surfaced. The respon-dents spanned a range of experi-ences with identities lying betweenthe Italian and the British side, alsoincluding other transnational identi-ties, in which some intervieweesdraw on both original and new cul-tural experiences.

rienze di identità poste tra la spon-da italiana e quella inglese, inclu-dendo anche altre identità trans-nazionali, dalle quali alcuni hannoattinto esperienze culturali nuoveed originali.

Dialogo interculturale e associazioni di migranti:essere pionieri nellamediazione linguistico-culturale

Un’altra importante questionestrettamente connessa al dialogointerculturale che è emersa dal re-soconto degli intervistati è il ruolosvolto dalle associazioni di assisten-za dei migranti. Tali organizzazionida tempo forniscono agli immigra-ti supporto psicologico, legale elinguistico. Nella maggior parte dei

no” in un processo di “costruzionedell’identità” è cruciale.Infatti, tra i fattori che determina-no fino a che punto lo spazioidentitario sarà dialogante o stati-co, la questione del riconoscimen-to acquista rilevanza particolare.Un riconoscimento insufficientedella posizione di individui porta-tori di identità trans-nazionali, co-me parte integrante di una più am-pia società, può comportare il raf-forzamento dei confini identitari eculturali e a volte anche una auto-segregazione. Cionondimeno, que-st’ultima eventualità non è stataravvisata nelle persone intervista-te. Dove la rivendicazionedell’“italianità” è apparsa più forte,essa non ha mai comportato unconflitto vero e proprio con altreidentità o origini, sottolineandocosì un’alta capacità di negozia-zione tra le identità stesse.Dalla ricerca condotta tra gli immi-grati friulani nel Regno Unito èemerso un gruppo decisamentediverso dagli altri. Gli intervistatihanno coperto un arco di espe-

Intercultural dialogue andmigrant associations:pioneering the cultural-linguistic mediation

Another important issue strictly re-lated to intercultural dialogue,which has arisen from the intervie-wees’ account, is the role played bythe migrant assistance associa-tions. Such organisations have beenproviding crucial support to the im-migrants at a counselling, legal andlinguistic level. In most cases thesewere Italian associations whichworked in order to build a bridgebetween the Italian immigrant com-munity and the British mainstreamsociety. Many of the participants re-sulted to have made use of the serv-ice provided or even to have active-ly taken part in the organisations.

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casi si tratta di associazioni italianeche lavoravano per costruire unponte tra la comunità italiana diimmigrati e la società inglese loca-le. È risultato che molti dei parte-cipanti hanno fatto uso dei serviziforniti o hanno anche preso parteattiva nelle organizzazioni stesse.L’impegno all’interno di queste as-sociazioni va considerato un segnodella notevole comprensione e co-noscenza del Paese di destinazio-ne. In particolare uno degli inter-vistati, presidente per un certo pe-riodo dell’Acli Club di Cardiff, èsempre stato un punto di riferi-mento e ha fornito supporto psi-cologico a molti immigrati italianianche all’esterno dell’associazione:“Ho fatto molto per gli Italiani, nonsolo all’interno dell’Acli…anche ilconsole italiano a volte mi chia-mava: c’è un italiano…non parlainglese e vorrebbe fare una chiac-chierata con qualcuno, potresti?

have represented the embryonicpattern of the modern cultural-lin-guistic mediators. They and theabovementioned organisations havedefinitively fostered and helped thecommunication between the Italiancommunity and the wider society,giving the people means of integra-tion and raising awareness of theirtransnational lives.

Within a world where spaces are be-coming increasingly more transna-tional, overcoming the nationalboundaries, the interviewees’ livesso far reported play an importantrole in investigating how practicesare negotiated in the context of in-

Così abbiamo organizzato un in-contro […] Ero solito farli venire acasa mia per parlarci e farli rima-nere per un’ottima cena cucinatada mia moglie”.

Perciò bisogna credere che le per-sone che hanno giocato un ruoloattivo all’interno di queste organiz-zazioni hanno rappresentato il mo-dello embrionale dei moderni me-diatori linguistico- culturali. Questi– e le organizzazioni sopra men-zionate – hanno senza dubbio in-coraggiato e aiutato la comunica-zione tra la comunità italiana e ilresto della società, fornendo allepersone mezzi di integrazione edaumentando la coscienza delle lo-ro vite trans-nazionali.

All’interno di un mondo dove glispazi stanno diventando progres-sivamente più trans-nazionali, ol-trepassando i confini nazionali, levite degli intervistati illustrate fino-

The engagement within such associ-ations is to be considered as sign ofa quite high understanding andawareness of the country of destina-tion. In particular one of the inter-viewees, who used to be presidentof the Acli Club in Cardiff, has al-ways been a reference point and hasacted as psychological support formany Italian immigrants even out-side the Acli association:“I have done a lot for Italian people,not only with the Acli... even the Ital-ian Consul used to call me sometimes:“There is an Italian… he doesn’tspeak English and he would like tohave a chat with someone, wouldyou?”. We arranged a meeting […] Iused to bring them home to have achat and my wife used to cook a nicemeal”.

We must, therefore, believe that theindividuals who played an activerole within these organisations

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tercultural interactions. They are theconcrete proof that different iden-tities can not only coexist, butgenerate new forms of belongingwhich, in many ways, epitomize anew notion of citizenship.

AUTORE

Lucia Bugitti, direttrice dell’EnaipGran Bretagna e presidente del-l’Eraple GB (Ente regionale Acliper i Problemi dei Lavoratori Emi-grati). Dal 2006 ha iniziato a pro-gettare e gestire progetti di storiaorale in Gran Bretagna. Tra questi:Rimembranze dall’Emilia Roma-gna e dalla Sicilia, Memorie Italia-ne in Galles e Storie e Memorie diFriulani in Gran Bretagna.

ORGANIZZAZIONE

ACLI-ENAIP (Ente Nazionale Acliper la Formazione Professionale)

ra svolgono un ruolo importantenell’investigare in che modo lepratiche vengono negoziate nelcontesto delle interazioni intercul-turali. Esse costituiscono proveconcrete del fatto che identità di-verse possono non solo coesistere,ma generare anche nuove forme diappartenenza che, in molti modi,esemplificano un nuovo concettodi cittadinanza.

AUTHOR

Lucia Bugitti is the director of EnaipUK and president of Eraple UK (AcliRegional Body for the problems ofemigrant workers). Since 2006 shehas designed and run oral historyprojects in the UK, among these:Memories from Emilia Romagna andSicily, Italian Memories in Wales andStories and Memories of Friulians inGreat Britain.

ORGANIZATION

ACLI-ENAIP (Ente Nazionale Acliper la Formazione Professionale)

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Germania (Berlino)

Sui sentimenti delle persone“camaleontiche” e di chi vive attorno a loroQual è il contrario dellapaura? Il coraggio o lasensazione di sicurezza?In che modo le esperienze di sin-goli individui possono contribuireall’incontro tra persone di originidiverse (europee ed extraeuro-pee) che vivono in Europa? Comepossono queste esperienze favori-re il dialogo reciproco? Può l’Eu-ropa diventare una nuova identitàunificante per tutti?

swers to be miracously found in thetreasure chest of personal experience.Yet, by recording the past, one canshow what individual steps might in-duce people to share their personalidentity with others, to recognizethemselves in new identities and thus,perhaps, build a European identity.

Every identity (the European,as well) starts from small andprivate things.

“I come from an island, where Europedoes not exist. When I was young, I re-member a letter box. There were twoslots, with two inscriptions: Sicilia – Con-tinente. I knew what Sicilia was. Later

Sicuramente non ci si può aspetta-re che il vissuto costituisca un ci-lindro magico da cui possano sca-turire soluzioni pionieristiche o ri-sposte veramente risolutive. Facen-do memoria del passato però sipuò mostrare quali passi compiutida singoli individui possono indur-re le persone a condividere la pro-pria identità personale con altri, ariconoscersi in una nuova identità,forse anche a costruire un’identitàeuropea.

Ogni identità (anche quella euro-pea) comincia nel piccolo e nelprivato.

“Vengo da un’isola dove Europanon è. Da piccolo ricordo la cas-setta della posta. C’erano duescomparti. In uno c’era scritto Sici-lia, nell’altro Continente. La Siciliasapevo che cosa era. Il continentescoprii più tardi di che si trattava,proprio dell’Europa. Questa è l’Eu-

Germany (Berlin)

On the emotions of “chameleon-like”people and theirsurroundingsWhat is the contraryof anxiety? Courageor security? How can the life experiences of indi-viduals contribute to bringing togeth-er Euro peans of different origins (Euro-pean or non-European) and to the im-provement of dialogue betweenthem? Can Europe be transformed in-to a new, unifying identity? Of course, one cannot ex pect anyepoch-making solutions or final an-

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avere un nido caldo” (Filiz). Lavita però prosegue inesorabil-mente e si è costretti a osare, aspiccare il volo abbandonando ilnido. Alcuni, molti, sono costrettia osare un volo che lì porterà viadal luogo in cui sono nati.

“La mia vera identità è cominciatail 14 giugno 1975, giorno in cui misono sposata e ho cambiato cogno-me. Perché quel giorno sono anda-ta via dalla mia famiglia di originedove non ero nessuno; e finalmen-te avevo capito chi ero e cosa vole-vo” (Piera).

“I miei sentimenti: fino alla mortedi mia madre sentivo un legameaffettivo, voglia di tornare per pe-

ropa per me: uno scomparto nellacassetta della posta” (Filippo).

“L’identità personale è legata alleorigini, l’ambiente, il luogo nativo,l’educazione ricevuta nell’infan-zia” (Giulio).

Ogni nuova identità nasce dallarottura con quelle vecchie, ancheattraverso evoluzioni dolorose, conla perdita della vecchia identità oaddirittura in conflitto conquest’ultima.

Ciò di cui tutti hanno bisogno è“una famiglia, un focolare, unnido caldo. Ognuno dovrebbe

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“Ritratto di Famiglia: sognando il volo…”, foto di Ilenia Piccioni (Comunità Resistente “La Reversa”, Colombia).

“Ritratto di Famiglia: sognando il volo…” (Family Portrait: dreams of flying…), by Ilenia Piccioni (“La Reversa” Resistance Community, Colombia).

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riodi brevi o lunghi alla casa ma-terna. Dopo la morte di mia madresi è un po’ spento questo sentimen-to, e si è spento ancora di più conla morte di mia sorella. Ora non èprimario rivedere mio padre (…)Ora non sento più nulla tranne lanostalgia di qualche specialità ga-stronomica” (Giulio).

Una buona (indispensabile)premessa per una nuova identitàè la disponibilità delle persone aevadere dal proprio guscio e acercare qualcosa di nuovo. I germidelle nuove identità spesso sonogià contenuti nelle vecchie.

“Da ragazzo sognavo di andarelontano dal paesino (…) (Qui) mitrovo a mio agio dal punto di vistalinguistico-professionale. Mi sono

sempre piaciute l’affidabilità e laprecisione. Non per nulla uno deimiei soprannomi da bambino erail tedesco” (Giulio).

“Quando avevo dieci anni la mae-stra ci dette un compito a scuola.Scegliete una città europea e fateuna ricerca. Dovevamo mettere in-sieme il materiale trovato su uncartoncino da portare in classe.L’estate scorsa ho ritrovato quel car-toncino di cui avevo perso le tracceda molto tempo. Con mia grossasorpresa mi resi conto che la cittàche avevo scelto era Berlino. Non lascelsi solo quella volta; e non so sefu un caso che trent’anni più tardici andai a vivere” (Filippo).

Si deve avere una buona motivazio-ne per affidarsi all’“avventura” conuna nuova identità e con nuovepersone. L’amore, ma anche sem-plicemente l’esperienza direttadell’“altro da sé”, sono una buona

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on, I discovered that the continent was –Europe. That is what Europe is for me: adiscovery from a letter box” (Filippo).

“Personal identity is connected withone’s origin, surroundings, place of birth,upbringing as a child” (Giulio).

Every new identity emergesfrom breaking with past events,sometimes painful ones, fromlosing or even fighting againstthe former identity.

What we all need is “a nest, a family, ahome, a warm nest. Everyone shouldhave a warm nest” (Filiz). But life goeson, mercilessly. And you must gatheryour courage to leave the nest, some,many – their own place of birth.

“My true identity began on June, 14th,1975. On that day I got married and

changed my surname. That day I left myorignal family, where I was no-one; onthat day, I finally understood who I wasand what I wanted” (Piera).

“My feelings: until the death of my moth-er I felt an emotional bond, the desire toreturn to my mother’s house for a short orlonger period of time. After my mother’sdeath this feeling has somewhat fadedaway, even more so, after the death ofmy sister. Now, meeting my father issomewhat superficial. I do not feel any-thing any more, only nostalgic longing forsome gastronomical specialities” (Giulio).

An indispensable precondition fora new identitiy is a person’s

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readiness to break away from thechains, to look for something new.New identities are often hidden insome way inside the old ones.

“When I was a child, I often dreamt ofleaving our little village (...). (Here) I feltat home, as far as language and pro-fession are concerned. Reliability andcorrectness always pleased me. Conse-quently, in my childhood, one of mynicknames was the German” (Giulio).

“When I was 10 years old, our teachergave us a task: choose a European cityand look for information on it. We wereto arrange the material on a cardboardposter and then show it in the class-room. Last summer, I rediscovered thatposter of which I had lost sight for along time. To my great surprise, I no-

to da approvare – si poteva entrare(…) Così rimaneva la solo possibi-lità del contatto via lettera (…) Ungiorno mi sono trovato davantiuna lettera dall’Unione Sovietica.Una ragazza dal nome GalinaSchaulowa si presentava; aveva lamia stessa età e (…) più tardiavrebbe voluto lavorare come inse-gnante di tedesco e storia nella suacittà natale Grosny. Quando mi ri-trovai in mano la sua foto nella let-tera successiva, fui subito incantatodalla grazia e dall’esotismo di quelviso e decisi spontaneamente di la-sciare che lei diventasse la confi-dente di tutti i miei sentimenti, opi-nioni, preferenze per la musica e lamoda. Nacque uno scambio di let-tere con frequenza mensile che du-rò fino al 1968 (…) Il problema erapurtroppo che non era possibile nes-suna altra forma di conversazioneoltre allo scrivere lettere (…) E cosìaccadde che mi innamorai in una

premessa per creare motivazionianche in situazioni difficili, comedescrive Margret in “Cinque stra-nieri e io”:“A otto anni ho avuto il primo con-tatto con persone che non capiva-no la mia lingua. Io non potevocapire la loro. Appunto: stranieri.Loro come me” (Margret).

Poi ha luogo un’evoluzione traoscuri pregiudizi sociali e fascino,tra contatti privati proibiti neglianni di guerra e equivoci neglianni di Solidarnosc, una visita fa-mosa dall’Ovest e alla fine l’amo-re bulgaro che diventa un partnerper la vita.Anche (o tanto più) in condizionidrammatiche ha un effetto la forzae il fascino dell’altro, come descri-ve Peter in “Ricordando Galina”: “A questo proposito bisogna sapereche una visita nel Paese amico –come veniva chiamata alloral’Unione Sovietica – era pratica-mente impossibile. Solo con un in-vito personale della famiglia ospitee con un passaporto richiesto – tut-

ticed that the chosen town happened tobe Berlin. Not only had I chosen thattown then, but I do not know whetherit was just by chance that 30 years lat-er I moved to Berlin” (Filippo).

You need a strong motivation, toaccept “adventures” with newidentities and new people. Love,or simply direct contact with di-versity, are good preconditions tocontinue being motivated even indifficult situations, as emerges inthe description by Margret in “FiveForeigners and I”.

“At the age of 8 I first met people whodid not understand my language, andvice versa. Just foreigners. They – andme, too” (Margret).

Later on, lots of things happened: ob-scure social prejudice and fascination,forbidden private con tact during wartime and misunderstandings in the

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ragazza tedesca che sposai nel1968 (…) Poi ricevetti un’ultimalettera di Galina. Augurava a me ealla mia nuova famiglia molta for-tuna e salute. Sebbene io le abbiascritto ancora una volta, dopo lasua ultima lettera, non ho mai piùricevuto risposte, fino ad oggi nonho potuto dimenticarla!” (Peter).

called Galina Schaulova, wrote of herplans to work as a teacher of Germanand history in her home town Grozny.When I saw her photograph in her nextletter, I was immediately enchanted bythe exotic charm of her face and I de-cided spontaneously to share with herall my feelings, views,opinions and pref-erences in music and fashion. A month-ly exchange of letters ensued that lastedtill 1968. (..) The only problem, howev-er, was the fact that there was no othermeans of communication than writingletters, to our great regret. (...) So ithappened that I fell in love with a Ger-man girl whom I married in 1968.(...)There was a last letter from my Galinain which she expressed her best wishesfor the happiness and health of me andmy new family. Though I sent her one

Chi vive la multiculturalità indiret-tamente o direttamente, nella pro-pria persona, deve confrontarsi conuna situazione contraddittoria, de-ve potersela cavare con la diversi-tà delle sue identità:

years of Solidarnosc, a famous visitorfrom the West, and, finally, the Bul-garian lover, who became a life-longpartner.Under increasingly dramatic circum-stances, the power and fascination ofthe other becomes ever more virulentin the description by Peter in “Mem-ories of Galina”: “It is essential to know, that it was al-most impossible to travel to the broth-er country, as they used to call the So-viet-Union then. You could enter it onlyvia a personal invitation by a hostfamiliy and with a special travel permit,which had to be applied for and grant-ed well in advance. (...) So all that re-mained was contact by exchanging let-ters. (...) One day I got a letter from theSoviet Union in which a girl my age,

“Quando avevo dieci anni la maestra ci dette un compito a scuola. Scegliete una città euro-pea e fate una ricerca. Dovevamo mettere insieme il materiale trovato su un cartoncino da

portare in classe. (…) Trent’anni più tardi ci andai a vivere” (Filippo).“When I was 10 years old, our teacher gave us a task: choose a European city and look for infor-mation on it. We were to arrange the material on a cardboard poster and then show it in the cla-

ssroom. (….) 30 years later I moved to Berlin” (Filippo).

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more letter afterwards, there was no re-ply, and to this day I have not been ableto forget her” (Peter).

Those who experience multi-cultur-ality indirectly or directly – on thepersonal level – will have to dealwith a contradictory situation andcope with the diversity of their ownidentities:“Even when the entire family had toemigrate to Germany, my identity re-mained Italian, although I speak Ger-man, have been living in Berlin for 26years, abide by the laws, honour thelocal public holidays and three-quar-ters of my family have become Ger-man. Still, my heart and thus my iden-

e con tali persone “camaleonti-che”.

“Il mio cuore e la mia identità re-stano per sempre italiane. Dentroperò sono anche un’identità ca-maleontica perché sono multicul-turale. Questo mi aiuta a identi-ficarmi con ogni persona con cuivengo in contatto, perché mi pia-ce conoscere la cultura, gli usi ecostumi e la cucina degli altri.Questo è quello che nel mio sognoe nella mia idea significa avereun’identità mondiale” (Piera).

“Ho molte identità e percepiscoquesta situazione come soddisfa-cente, interessante e ricca; miapre molti mondi, in cui io possoguardare, sentirne gli odori,ascoltarne i rumori e assaggiarli.Per questo sono grata alla migra-zione; oggi emigrano molte perso-ne, volontariamente e no; come si

“Anche il giorno in cui tutta lamia famiglia è stata costretta aemigrare in Germania la miaidentità è rimasta italiana, anchese parlo tedesco, se vivo a Berlinoda 26 anni, se rispetto queste leg-gi e queste festività e tre quartidella mia famiglia è diventata te-desca. Il mio cuore e la mia iden-tità restano per sempre italiane.Dentro però sono anche un’iden-tità camaleontica perché sonomulticulturale” (Piera).

“Bisogna ricavare il meglio dallanuova situazione, trovare i van-taggi e il coraggio. Io non hoidentità. Io formo continuamentenuove identità, quando qualcosami unisce per un tempo con altriper uno scopo. Se lo scopo è rag-giunto, l’identità con queste per-sone è finita. Allora me ne cercouna nuova” (Claudio).

Naturalmente è desiderabile chela situazione permetta un con-fronto positivo con la propria di-versità, con “l’essere più persone”

tity has forever remained Italian. In-side I am always like a chameleon, be-cause I am a multicultural person”(Piera).

“One must make the best of the newsituation, seek out its advantages andgather one’s courage. I have no identi-ty. I always create a new identity, whensomething connects me to others for awhile, in pursuit of a certain goal. Oncethat is reached, the identity with thatperson comes to an end. I then look fora new identity” (Claudio).

Of course, it is desirable, that the sit-uation allows a positive treatmentof one’s diversity, of the “beingmany persons” – “chameleon-like”.

“Yet, my heart and thus my identityhave for ever stayed Italian. Inside,though, I am chameleon-like, becauseI am multicultural. That helps me toidentify myself with anyone I come in-to contact with, as I enjoy getting to

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può ricavare qualcosa di positivoda questo? Il mondo apre le sueporte. Io vivo Berlino, e soprattut-to il mio Kreuzberg (quartiere diBerlino) come un tavolo ricca-mente imbandito, con molte me-ravigliose identità che mi piaceveramente assaggiare” (Filiz).

“All’estero siamo uno dei pochi, acasa siamo uno dei tanti” (Giu lio).

La vita nell’“essere altro”, vienefacilitata dagli strumenti dell’autoriflessione.

“Finché nuotavo nel mare liberonon mi sono mai posto il problemadella mia identità così come diquella degli altri multiformi pesci.Paragono la questione dell’identi-tà in un contesto linguistico e cul-turale diverso dal proprio all’osser-vazione dei pesci in un acquario.Il silenzio prevale e lascia spazio al

“As long as I was swimming in aboundless lake, I never questioned thenotion of my own identity. Nor that ofthe different fishes around me. I com-pare the notion of identity in a linguis-tic and cultural context different tomine with the observation of fishes inan aquarium. Silence prevails andleaves room for the pure enjoyment offorms and colours. The incomprehensi-ble sounds of an unknown language...”(Filippo).

Nevertheless, shared experiences, ex-change and development of sharedemotions remain decisive factors.

“For me, Inge is like an older sister, afriend, she is everything for me. Inge is aretired teacher, tall and with black hair.She likes people without making distinc-tions. She likes to help and to share. She

puro godimento delle forme e deicolori. I suoni incomprensibili diuna lingua che non si conosce…”(Filippo).

Come sempre rimane però l’im-portanza decisiva delle esperienzecomuni, dello scambio e dello svi-luppo di sentimenti comuni: “Inge per me è come una grandesorella, un’amica, lei per me ètutto. Inge è un’insegnante inpensione, alta e con i capelli neri.Ama le persone senza fare diffe-renze. Lei ama aiutare e condivi-dere. È internazionale. Le nostrefiglie sono diventate amiche nellaprima classe della scuola elemen-tare e – attraverso le bambine –anche noi siamo diventate ami-che. Io ho imparato da Inge il te-desco, ho imparato da lei a essereinternazionale (aperta). Lei haimparato da me a cucinare fogliedi vite ripiene e börek, ad amare ead essere amata. Inge è per miafiglia come una madre di riservae io sono per sua figlia la madredi riserva” (Fat ma).

know the culture, traditions, habitsand cooking of others. That is what Iconceive and see in my dream of glob-al identity” (Piera).

“I have many identities and I perceivethat as something rewarding, interestingand bountiful, opening up many differentworlds to me, into which I can cast aglance, worlds I can smell, hear and taste.For that, I am thankful to migration,nowadays many people migrate, bothvoluntarily and involuntarily – how cansomething positive emerge from that?The world is opening its doors. I perceiveBerlin, and my Kreuzberg (Berlin district),above all, as a rich table with many won-derful identities I cherish” (Filiz).

“Abroad among foreigners, we are oneof the few, at home – one of the many”(Giulio).

Life in a different context, “in beingdifferent”, is made easier by usingthe tool of self-reflection.

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is international. Our daughters becamefriends in the first form of elementaryschool, and through them we madefriends as well. From Inge I learnt Ger-man and to be international (open-minded). From me she learnt to cookstuffed wine leaves and make Börek, tolove and be loved. For my daughter Ingeis like a second mother and I am thesame for her daughter” (Fatma).

Whether this kind of relationship willalways bear such positive results re-mains to be seen. Multi culturality is a

“Mi chiamo Mirjeta. Mirjeta signifi-ca in albanese bella vita. Mir signi-fica bella, e jeta significa vita. Tuttii nomi albanesi hanno un signifi-cato, il che significa che si dà a unneonato attraverso il nome un de-siderio per la vita di questo bambi-no. In base a questo principio ven-gono scelti i nomi. È però normaleche i nomi dei nonni, della nonnae del nonno, vengano dati ai bam-bini, come ricordo. Io personal-mente trovo spaventoso che il mio

Se questo confronto possa averesempre un risultato così positivoè una domanda a cui non si puòrispondere. Multiculturalità è unachance, ma è prima di tutto unarealtà inevitabile.

“Legno alla deriva, vagabondo,destino… dove ci porta il vento…dove ci porta l’acqua... Non ab-biamo tutto in mano, non possia-mo sempre determinare e decide-re tutto” (Filiz).

chance, but, above all, a reality youcannot escape.

“Driftwood, vagabound, destinies... towhere the wind us doth blow.. to wherethe waters may carry us... Not every-thing is in our power, it is not for us al-ways to decide…” (Filiz).

“My name is Mirjeta. In Albanianmeans beautiful life. Mir means beau-tiful and jeta means life. Albaniannames always have a meaning – that is,newborns are given names that express

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“Progetto Raccontare l’Europa: condividendo memorie…”, foto di Andrea Ciantar (Archivio dei diari e dei ricordi presso il Museo Regionale di Berlin Treptow).

“Narrating Europe Project: sharing memories…”, by Andrea Ciantar (Diaries and Memories Archive at the Regional Museum of Treptow, Berlin).

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nome abbia un significato, di cuiogni albanese si accorge subito, ap-pena lo pronuncio. Inoltre mi rie-sce molto difficile identificarmi conun nome che è o rappresenta soloun desiderio. Questo nome l’ho ri-cevuto da una mia zia, e per que-sto non le sono mai stata grata. Hotrovato molto strano il fatto che nel-la prima classe (a Steglitz) avevoaddirittura una compagna di clas-se che si chiamava Mirjeta. Alloraero veramente molto scontenta diquesto, ho sempre desiderato inve-ce perlomeno un nome che nessu-n’altro ha” (Mirjeta).

CONTRIBUTI ESPERTI

Filiz Müller-Lenhartz, esperta inlavoro sociale interculturale congli anziani; responsabile Centrodi incontro della AWO.Elisabetta Abbondanza, docente discrittura creativa, esperta lavorointerculturale.

AUTO-BIOGRAPHICAL AND EXPERTS’ CON-TRIBUTIONS

Piera, Giulio, Filippo, Fatma, Mirje-ta and other participants at the AWOworkshop, 2,3,4 October 2009, allmigrants living in Berlin,with Elisabet-ta Abbondanza and Karin Manke.Margrit Pawloff, Peter Rauch andothers autobiografical writer, collect-ed by Karin Manke.

AUTHORS WORKING GROUP

Herbert Spindler, pedagogue, socialworker.Claudio Cassetti, pedagogue.Karin Manke, teacher of autobio-graphical writing.

ORGANIZATION

sozial.label e.V.

CONTRIBUTI AUTOBIOGRAFICI

Piera, Giulio, Filippo, Fatma, Mirje-ta, e altri partecipanti al Wor-kshop alla AWO, Berlino, ottobre2009.Margrit Pawloff, Peter Rauch e al-tri autori del gruppo di scritturacondotto da Karin Manke.

GRUPPO DI LAVORO

Herbert Spindler, pedagogista, la-voratore sociale.Claudio Cassetti, pedagogista.Karin Manke, docente di scritturacreativa.

ORGANIZZAZIONE

sozial.label e.V.

a wish for their lives. It is also the customthat the names of the grandparents areadded, in order to remember them. I,personally, find it quite disgusting thatmy name bears a meaning which everyAlbanian understands as soon as I sayit. Apart from that, I consider it to berather problematic to identify myselfwith a name that is only a wish or de-scribes one. That name I got from myaunt, for which I was never grateful toher. It was quite funny that I had aclass-mate in the first form (at Steglitz)also called Mirjeta. And that was alsoquite annoying, and I always wanted atleast a name that no one else had” (Mi-rjeta).

EXPERTS’ CONTRIBUTIONS

Filiz Müller-Lenhartz, expert in inter-cultural social work and work with eld-erly people in the AWO center, Berlin.Elisabetta Abbondanza, teacher ofcreative writing and expert of inter-culture.

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Germany (Ulm)

BetterUnderstandingthough PersonalEncountersIn all European countries the propor-tion of older people in the total pop-ulation is increasing. The image ofolder adults, with their experienceand background, their interests andactivities, have changed significantly.Their life situation and life perspec-tives have become more manifold. Allover Europe, there is an increasingnumber of people who are pre-

corso della vita, alla capacità di os-servare i mutamenti sociali attra-verso lo specchio della propriaesperienza e alla ricerca di un nuo-vo approccio olistico.

Queste capacità dovrebbero esseremesse a frutto quando si tratta dicostruire il futuro della nostra so-cietà e dell’Europa.

Finora, i singoli Paesi europei nonhanno offerto ai loro cittadini piùanziani sufficienti possibilità di dia-logo e di informazione sulle diffe-renze e le affinità linguistiche, cul-turali e sociali all’interno e tra i sin-goli Paesi, né è stato preso abba-stanza in considerazione il temadel rapporto conflittuale tra “iden-tità nazionali” e “identità europee”.

I progetti europei che tengonoconto degli interessi, delle espe-rienze e del patrimonio di cono-

Germania (Ulm)

Capire comefavorire gli incontritra persone e tracultureIn tutti i Paesi europei la percen-tuale degli anziani rispetto alla po-polazione complessiva è in au-mento. L’immagine degli anziani,con il loro retroterra e le loro espe-rienze, i loro interessi e attività, ècambiata in modo significativo. Leloro condizioni e prospettive di vi-ta sono diventate molteplici. In tut-ta Europa c’è un numero sempremaggiore di anziani che sono pron-ti a continuare a istruirsi. Essi han-no ricche esperienze di vita e di la-voro e sono alla ricerca di impegnicostruttivi. Il loro potenziale in ter-mini di competenza, produttività ecreatività, si unisce in molti casi alrealismo pragmatico acquisito nel

pared to educate themselves fur-ther. They are rich in life and pro-fessional experiences and are seek-ing new constructive tasks. The po-tential they have in terms of compe-tences, productivity and creativity, isconnected in many cases with prag-matic realism acquired during theirlife, the ability to view social devel-opments in the mirror of their ownexperiences, and the search for anew holistic way of thinking.

These abilities should be utilised asa basis for shaping the future ofour society, the future of Europe.

So far, the individual countries in theEU have not offered sufficient oppor-tunity to its older citizens for dialogueand information regarding linguistic,cultural and social differences andsimilarities within and between theindividual countries; nor has therebeen enough consideration about

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scenze dei partecipanti possonoperò contribuire al superamento diuna mentalità egocentrica e nazio-nalista e favorire la comprensionedel fatto che lo sviluppo di una“casa Europea” è un compito (in-ter)generazionale e trasversale.

Il Centro per la formazione con-tinua generale scientifica del-l’università di Ulm (Zentrum fürAllgemeine WissenschaftlicheWeiterbildung dell’Università diUlm ZAWiW) è un istituto del-l’Università di Ulm specializzatonella formazione continua deglianziani. Il tema dell’“Europa edella Cooperazione europea” èstato per molti anni uno degli in-teressi centrali del ZAWiW (semi-nari, conferenze e progetti a li-vello regionale, nazionale e inter-nazionale). Attraverso le storie divita personali (soprattutto relati-vamente al periodo della II Guer-

from World War II and the post-warperiod, as well about lifestyles andplace of residence) and with their par-ticipation in private or group travel,town partnerships and learning part-nerships, these seniors have gained agreat deal of experience with regardto intercultural relations and have alsodiscovered the joy of learning aboutvarious aspects of Europe.

Within the context of this work, itbecame apparent that little use hasso far been made of the Europe-re-lated knowledge and experiencesof the older generation – partly an-chored in their life history – andthat seniors have had only limitedpossibilities for dialogue on topicsof common concern with olderpeople from other countries.

ra Mondiale e del dopo-guerra,nonché in relazione a modi eluoghi di vita) e con la loro par-tecipazione a viaggi di gruppo oprivati, gemellaggi tra Paesi e par-tnership di apprendimento, que-sti anziani hanno acquisito un ric-co bagaglio di esperienze sullerelazioni interculturali e hannoanche scoperto la gioia di ap-prendere vari aspetti dell’Europa.

Nel contesto di questo lavoro, si èdovuto constatare che le cono-scenze e le esperienze legate al-l’Europa delle generazioni più an-ziane – in parte ancorate alle sto-rie di vita – vengono messe pocoa frutto e che gli anziani hannoavuto finora poche possibilità perconfrontarsi su temi di interessecomune con anziani di altri Paesi.

Il progetto “Possible Europe”, intedesco: “Europa (er)leben” (“vi-vere e sperimentare l’Europa”) dàagli anziani la possibilità di riflet-tere su come viene vissuta e spe-

the field of tension created betweenthe issues of “national identities” and“European identities”.

European projects that take into ac-count the interests, experiences andknow-how of the participants canhowever contribute to overcomingegocentric and nationalistic ways ofthinking and lead to the understand-ing that the development of a “Eu-ropean House” is an (inter)gener-ational and transversal task.

The Zentrum für Allgemeine Wis-senschaftliche Weiterbildung der Univer-sität Ulm (ZAWiW) is an institute of UlmUniversity that specialises in continu-ing education for older people. Thesubject of “Europe and European co-operation” has for many years beenone of its key concerns (seminars, con-ferences, projects on regional, nation-al and international level). Throughtheir personal life stories (especially

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The “Possible Europe project” – inGerman “Europe (er)leben” (“expe-riencing Europe”) – gives older peo-ple the possibility to reflect on inter-cultural issues and how intercultural-ity is lived and experienced – by old-er people themselves as well as theenvironments they live in: what ex-periences with interculturality havethey had in the past/do they current-ly have in their personal environ-ments? how far can encounters withpeople from other national and cul-tural backgrounds enrich their livesand lead to a better understanding of“the other”? what importance do in-tercultural meetings have, upon re-flection, for the development of theirown identity and for an understand-ing of Europe?

In molti testi emerge chiaramenteche i concetti di “Europa” e di “in-contro interculturale” sono colle-gati per gli anziani ad esperienzepersonali di incontri (in parte in-volontari) con persone di altre ori-gini nazionali in guerra, alla finedella guerra e nel corso della fugae di allontanamenti forzati. Si trat-ta in parte di storie dense di no-stalgia per la “patria perduta” incui oggi vivono persone di unanazionalità diversa. Le ferite inte-riori, il desiderio di una “patria” –soprattutto in riferimento ai terri-tori dell’Europa centrale e sudo-rientale – emergono continua-mente nei testi; ma anche il com-promesso con la situazione attua-le, come nei testi in cui HildegardNeufeld e Elsa Koch, parlano del-la loro patria, rispettivamenteDanzica e Mariakemend nell’Un-gheria meridionale:

rimentata l’interculturalità, sia per-sonalmente che nel proprio conte-sto: quali esperienze interculturalihanno vissuto nel passato o vivonooggi nel proprio ambiente? Quantogli incontri con persone di retroter-ra nazionale e culturale diversopossono arricchire la propria vita efavorire una migliore comprensio-ne dell’altro? Che importanza rive-stono gli incontri interculturali perlo sviluppo della propria identità eper la comprensione dell’Europa?

La sfida del progetto ha avuto co-me risultato la creazione di testi me-morabili, di immagini e video cheesprimono aspetti importanti di co-me “l’altro”, lo “straniero” viene per-cepito e apportano riflessioni signi-ficative per capire quali sono lechance e le difficoltà che gli adultianziani sperimentano negli incontriinterculturali. Questi racconti (au-to)biografici si possono leggere sulsito del progetto “Possible Europe– Europa (er)leben” in tedesco e inparte anche in inglese (www.euro-pa-erleben.net).

The challenges of the project result-ed in impressive texts, images andvideos that give expression to impor-tant aspects of the ways in which“the other” / “the stranger” is per-ceived and capture reflections thatare important for an understandingof the changes and difficulties olderpeople experience in intercultural en-counters. These (auto)biographicalreports are presented in the project’s“Possible Europe – Europa (er)leben”website which is in German and part-ly in English (www.europa-erleben.net).

In many of the texts it becomesclear that for older people theterm “Europe“ is strongly con-nected with their experiences inWorld War II, at the end of thewar and during flight and banish-ment in (sometimes involuntary)encounters with people of othernational origins. In part, these are

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“Qui mi resi conto che Danzicaera diventata la loro città. Unanuova epoca, una nuova gioven-tù, nuove generazioni hanno pre-so possesso dei luoghi della miagiovinezza e li hanno riempiticon la loro vita. Sono nati e cre-sciuti qui, non diversamente dame allora. Hanno trovato la loropatria, che adesso si chiamaGdansk e Polonia, e non piùDanzica e Germania, e nessunodovrebbe portargliela via” (Hilde-gard Neufeld, “Patria vecchia –Patria nuova”).

“Questa piccola bambina nonverrà probabilmente mai a sapereche i miei genitori hanno costrui-to questa casa. Probabilmentenon verrà mai a sapere che inquesta casa a Hechwald molti,molti anni fa è nata una piccolabambina e ha trascorso qui un’in-fanzia così felice e spensierata…

“This little girl will probably never findout, that my parents have built thishouse. Maybe she will never find outthat in this house in Hechwald, many,many years ago a girl was born andhad had a happy and carefree child-hood there… All this is history, the past, and thisyear, as I stood in front of our house inHechwald, for the first time I did notfeel the urge to go in. Something hadchanged from having seen this smallgirl. My wish for her is that she will behappy and that she will never have toexperience the injustice that happenedto us” (Elsa Koch, “The small girlfrom Hechwald”):In many texts, there also emergesthe fear of “the unknown” as experi-enced immediately after the end ofthe war from the perspective of chil-

Questa adesso è tutta storia, èpassato, e quando io mi sono tro-vata davanti alla nostra casa aHechwald quest’anno, per la pri-ma volta non ho più sentito ilgrande bisogno di voler entrare.Qualcosa è cambiato da quandoho visto questa piccola bambina.Le auguro che sia felice e che nondebba mai vivere un’ingiustiziacome quella che abbiamo vissutonoi” (Elsa Koch, “La piccola bam-bina di Hechwald”).

In molti testi è percettibile anchela paura dell’“estraneo”, comeveniva sentita dai bambini dopola fine della guerra e come venivatrasmessa ai bambini dagli adulti.Però emerge chiaramente che at-traverso l’incontro concreto conl’“altro” si modificano gli atteggia-menti interiori:“…ero diffidente verso tutto ciò cheera estraneo. Per tutta la nostra vi-ta eravamo stati isolati e nutriti dipropaganda. Come avrei potutoavere fiducia in un nemico controcui i nostri padri e fratelli avevano

stories full of sadness for a lost homewhere people of other nationalitiesnow live. The yearning for home, es-pecially the home in the Middle andEast European areas comes throughnow and again, but there is also rec-onciliation with the current situa-tion, as in the following passages byHildegard Neufeld and Elsa Koch,when they speak respectively abouttheir homes in Danzig and Mariake-mend in the South of Hungary: “Here I became conscious of the factthat Danzig had now become theirtown. A new time, a new youth, newgenerations have claimed ownershipof the towns of my childhood andfilled them with their own life. Andthey – as I once had been – were bornand raised here. They have their homehere – what is now called Gdansk inPoland, and no longer Danzig – andno one should dispute the fact tothem” (Hildegard Neufeld, “Oldhome – new home”).

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dren and also passed on to them byadults. However, it is also manifestthat inner attitudes change throughreal encounters with the “other”.

“…I regarded all strangers with suspi-cion; we had been isolated and fed withpropaganda our whole life. How could Itrust an enemy against whom our fa-thers and brothers had fought hardbattles?.. Already at that time, I calmedmy wounded patriotism by the idea ofa united Europe, I became an enthusi-astic European” (Eva Braun, “End ofthe war 1944/45 in Ulm and the firstencounters with the enemy”).

la parola “Gastarbeiter”, “lavoratoriimmigrati”, invitati in Germania ne-gli anni Sessanta. Un allora addettoal collocamento ricorda:“C’era anche la bella sensazionedi poter aiutare i molti candida-ti, affinché la loro vita potessematurare una prospettiva profes-sionale ed economica. In qualchemisura opprimente era invece ladomanda: da quale ambiente de-

combattuto dure battaglie?… Giàallora il mio patriottismo ferito eramitigato dall’idea di un’Europaunita. Io diventai presto un’euro-pea ardente” (Eva Braun, “Finedella guerra 1944/45 a Ulm e i pri-mi incontri con il nemico”).

La seconda epoca di memorie sugliincontri interculturali è collegataper molti anziani della Germania al-

The second large era of memoriesabout intercultural encounters isconnected for many older peoplein Germany with the word immi-grant-worker, who was invited toGermany in the 1960s. A formerjob-placement officer writes: “Also there was the nice feeling of be-ing able to help the many job appli-cants, so that their life acquired pro-fessional and financial perspective. Butsomewhat worrying is the question:from which environments had I placedpeople and their relatives in a cold –not just in terms of climate – land? As-

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“Il soffio allo specchio”, foto di Antonio Tiso (Museo di Treptow, Berlino).

“Il soffio allo specchio”, by Antonio Tiso (Museum of Treptow, Berlin).

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vo trapiantare le persone e i lorofamiliari in un Paese freddo nonsolo dal punto di vista climatico?Un esempio deprimente di ciò cheaccadeva è un episodio accadutonel periodo del miracolo econo-mico. Dalla Germania ricevem-mo una lettera con il testo: Perpiacere subito manovali, duepezzi. Tali richieste (o simili) so-no probabilmente arrivate anchenegli uffici d’ingaggio a Verona oa Napoli. Per me che allora erogiovane è stata un’esperienzaamara” (Hans-Jörg Eckardt,“Esperienze come addetto al col-locamento”).

Alcuni “Gastarbeiter” hanno trova-to in Germania una “seconda ca-sa” e hanno influenzato in mododecisivo i modi di vita dei luoghiin cui si sono stabiliti:“Una parte considerevole dellaprima generazione è rimasta a

Caselle. At the same time, inGottmadingen as in many otherplaces a piece of Europe came to be-ing…378 citizens of Italian origin arestrongly integrated in Gottmadingercommunity life. And the old inhabi-tants of Gottmadignen have adoptedmuch from Italy, without being con-scious of it. Ciao became meanwhile aGerman greeting” (Roland Huber,“Mamma Fahr”).

With “two homes” live not only thepeople who were forced to leavetheir home, but also people, whohave found in another countrytheir “second home”, like Adel-heid Reichling, who calls Lithuaniaher “second home”:“How quickly the society had grown outof this stage, how rapidly over the years

Gottmandigen e dintorni. Cinquedecenni che legano figli e nipotiin uno stesso luogo. Così essi han-no due luoghi natii in modo asso-lutamente naturale, Gottmadin-gen e Caselle.Contemporaneamente a Gottma-dinge è nato un pezzo d’Europa,come in molti altri luoghi… 378cittadini di origine italiana sonofortemente integrati nella vita del-la comunità a Gottmadingen. Egli abitanti di Gottmadingen dilunga data hanno preso moltodall’Italia senza esserne consape-voli. Ciao è diventato nel corso deltempo un saluto tedesco” (RolandHuber, “Mamma Fahr”).

Con “due patrie” vivono non solopersone che hanno dovuto ab-bandonare la loro prima patria, maanche persone che hanno trovatouna “seconda patria” per sé in unaltro Paese, come Adelheid Rei-chling, che considera la Lituaniala sua seconda casa:“Come la società è cresciutauscendo da queste condizioni,

sociated with this is for me a depress-ing experience that was related to theperiod of the economic miracle. FromGermany we received a letter saying:Please immediately two pieces im-migrant-workers. Such or similar re-quests arrived possibly also in the re-cruitment offices in Verona or Naples.For me, as a young man, this was abitter realisation” (Hans-Jörg Eckardt“Experiences of a job placement of-ficer”).

Some of the immigrant-workershave found their “second home” inGermany and have decisively in-fluenced the life in the placewhere they settled.

“A considerable part of the first gener-ation stayed in Gottmadingen and thearea. Five decades in one place, thechildren and grandchildren bind one.So they have as a matter of coursetwo homes, Gottmadingen and

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a connection to Europe had come to be-ing – and which features remained fromthe old times, still amazes me, evennow, when I spend only the summerhere now. The unknown in the famil-iar, the familiar in the unknown”(Adelheid Reichling, “Lithuania, myLithuania”).

Erna Subklew asks the most importantquestion:“How many homes does one have?What is home? Home for me is there,where I feel well, where, without think-ing about it too much, I can act. I havetwo homes: Istanbul and Frankfurt. Mybirth place is no longer my home, as theconditions I mentioned are not giventhere” (Erna Subklew, “My Istanbul”).It becomes apparent in many textsthat home is the place where one’s

Una serie di testi raccontano di in-contri che risalgono al periodo de-gli anni Sessanta e che sono carat-terizzati fortemente dagli sforzi po-litici e umani per abbattere l’ostili-tà franco –tedesca e costruire pon-ti tra i due popoli.

“I francesi, arrivati come occu-panti nel 1945, erano natural-mente per noi tedeschi dapprimanemici. E così a noi bambini eraproibito il contatto con i bambinifrancesi, i cui genitori erano ac-quartierati nel vicinato. Presumoche il divieto valesse anche vice-versa. La situazione cambiò peròrapidamente perché – come è no-to – la comunicazione tra bambi-ni segue le proprie regole e i divie-ti dei genitori esercitano un fortefascino. Cosi si verificarono prestoindimenticabili partite di calcio in-ternazionali, tra bambini tedeschi

come si è delineato negli anni ilvertiginoso collegamento all’Eu-ropa centrale, ma anche qualicaratteristiche del passato si sonoconservate, tutto questo suscitaancora in me uno stupore conti-nuo, anche adesso, quando tra-scorro lì tutta l’estate. L’estraneonel familiare, il familiare nel-l’estraneo” (Adelheid Reichling,“Lituania, Lituania mia”).

Erna Subklew pone la domandafondamentale:“Quante patrie ha una persona?Che cos’è la patria? La patria è perme il posto dove mi sento bene,dove posso agire senza rifletteremolto. Io ho due patrie: Istanbul eFrancoforte. Il mio luogo natio nonè più la mia patria, perché man-cano i presupposti citati” (ErnaSubklew, “La mia Istanbul”).

Anche in molti altri testi emergechiaramente che la patria è il luogodove c’è un tessuto sociale, dove lepersone si sentono bene, si sento-no familiari, dove ci sono gli amici.

social base is, where one feels welland has one’s friends.

Several texts speak about meetingsthat took place in the 1960s andwhich are strongly coloured by thepolitical efforts to reduce German-French antagonisms and to buildbridges between the two peoples.

“When the occupation armies came in1945, they were at first enemies for usGermans. And so we children were notallowed to mix with the French chil-dren whose parents were stationed inthe neighbourhood. Probably this wasalso valid for the French children. Butthis changed very quickly, as commu-nication between children follows itsown rules and something that is for-bidden by the parents has a special at-traction. And so, unforgettable inter-national football games soon tookplace between the German and theFrench children in the nearby school-

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e francesi nel cortile della scuola.Da qui nacquero oltre a contusio-ni e graffi anche (e non di rado)amicizie. A ciò si aggiunse il fattoche studiavamo il francese a scuo-la come prima lingua straniera, ilche favoriva la nostra compren-sione della cultura estranea. Cre-

1955.This was the entry of the Feder-al Republic into NATO when suddenlyboth states became partners. This wasalso reflected in the behaviour of theFrench and the Germans” (HannsHanagarth, “Our French Neigh-bours – from enemy to friend”).

do che il salto di qualità, il passag-gio dall’immagine del nemicoall’amicizia avvenne nel 1955. Al-lora avvenne l‘entrata della Re-pubblica Federale nella NATO, eall’improvviso i due Paesi diven-nero partner. Questo cambiamen-to era percettibile anche nel con-

yard. And from this, besides scratchesand bruises, friendships also devel-oped. Moreover, the first language inour school was French, which fosteredour understanding of foreign cultures.I believe that the breakthrough on theway from enemy to friend came in

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Incontri europei (ZAWiW, Zentrum für Allgemeine Wissenschaftliche Weiterbildung, Ulm, Germania).

European Encounters (ZAWiW, Zentrum für Allgemeine Wissenschaftliche Weiterbildung, Ulm, Germany).

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Reports about the founding of Ger-man-French partner associationsduring this period and their devel-opment show what importance re-al meetings between people fromdifferent countries have in reduc-ing prejudices. Many people hadnot expected that friendships lastingover generations would also comeinto being.

“Besides the partnership meetings, thefriendly trusting relations between theGerman and the French neighboursleading to the disappearance of manyprejudices and to overcoming bordersby building many small bridges wereexemplified in many individual visits,

Duong, “Struttura e sviluppo diun’associazione di partenariatofranco-tedesco”).

Viaggi come apri porta, come vied’accesso a persone e culture. In alcuni testi viene descritto inmodo molto chiaro come i viaggihanno portato a incontri sponta-nei, gentilezze inaspettate, hannoaperto dei cuori, come è accadu-to alla famiglia Koch in Ungheriain occasione di un guasto dellamacchina.

“Mentre eravamo in piedi attornoalla macchina ha iniziato a piove-re a dirotto. Io sono l’Anna disse lanostra interprete. E adesso, primadi tutto, venite da me, per asciu-garvi! Non ci furono obiezioni e co-sì ci portò a casa sua. Ricevemmo

tatto reciproco tra francesi e tede-schi” (Hanns Hanagarth, “I nostrivicini francesi – da nemico adamico”).

Le relazioni sulla nascita di asso-ciazioni di partenariato francote-desco in quel periodo mostrano ilruolo centrale che hanno gli incon-tri reali tra persone di diversi Paesinell’abbattimento dei pregiudizi.Pochi si sarebbero aspettati le au-tentiche amicizie che sono scaturi-te da questi incontri, e che sonocontinuate anche nelle successivegenerazioni:“Oltre agli incontri di partenaria-to sono i molti incontri singoli, ipiccoli scambi di lettere, gli scam-bi di regali tra gli amici franco-tedeschi, gli acquisiti rapporti difiducia tra vicini, che hanno fat-to scomparire molti pregiudizi eche hanno valicato i confini na-zionali gettando innumerevolipiccoli ponti” (Brigitte Nguyen-

brief correspondence by letter and ex-changes of presents” (Brigitte Nguyen-Duong, “Development of a German-French partnership association”).

Travel as a door opener, as accessroute to people and cultures. Insome texts it is clearly described howtravel has resulted in spontaneous en-counters, unexpected kindnesses,opened hearts, as in the case of theKoch family in Hungary during a carbreak-down.

“As we stood around the car, it startedto rain. The interpreter Anna invited usto her home. There was no declining,she took us home, gave us dry towelsand a hairdryer. Her husband Josi stoodthere the whole time and did not say aword. Oh, I thought, he does not like itthat his wife brought the Germans

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asciugamani asciutti e un asciu-gacapelli. Suo marito Josi restò tut-to il tempo a guardare senza direuna parola. Oh, pensavo, a quellonon piace che sua moglie abbiaportato con sé dei Deitschländer(stranieri dalla Germania), e già erasparito. Poi però fummo colti di sor-presa quando ritornò con unagrossa brocca di vino bianco, misesul tavolo 4 bicchieri con un largosorriso ironico e disse Egesegedre!(salute). Lui non sa parlare tedesco!disse l’Anna” (Elsa Koch, “Se unocompie un viaggio”).

Alcuni incontri culturali nella gio-ventù portano ad amicizie che du-rano tutta la vita e sono significati-ve per il proprio modo di concepi-re il mondo e la cultura.

“Cristo si è fermato a Eboli (in ita-liano nel testo originale) è uno deiprimi libri che ho letto o piuttosto

Italian language, I feel as though Iam in my second home, a placewhere I can live, a palace in which Ican meander through many roomsand halls” (Roland Huber, “A Euro-pean Friendship”).

“Like so many people in Switzerland,our friends represent their country ex-emplarily in language and tradition:they try to speak many languages,which is very useful in their country forunderstanding one another. But in thevarious language regions and theircantons, the Swiss also have their owncultures which they wish to preserve.They have preserved their independ-ence in that they, in spite of their posi-tion in the middle of Europe, did notenter the EU and we are now not con-nected by the euro, Europe’s common

elaborato in italiano. Negli ultimianni leggo con grande interessequello che scrive Norberto Bobbio.Mi ha commosso particolarmenteTiziano Terzani, il suo modo diconfrontarsi con il cancro dagiornalista esperto del mondo, diprepararsi alla propria morte nel2004 (“Ancora un giro di giostra”e “La fine è il mio inizio”). La lin-gua italiana è come una secondacasa in cui ho il permesso di vi-vere, un palazzo in cui posso pas-seggiare attraverso molte stanzee sale” (Roland Huber, “Un’amici-zia europea”).

“I nostri amici rappresentano lalingua e le tradizioni del loro Pae-se in modo esemplare, come moltepersone in Svizzera. Si danno dafare per apprendere lingue diverse,perché è necessario nel loro Paeseper capirsi reciprocamente, mahanno anche una propria cultura,presente nelle diverse aree lingui-stiche, fino al Cantone, e la voglio-no conservare. Hanno conservatola loro autonomia non entrando

home with her. But we were surprisedwhen he came with a large jug of whitewine and with a wide grin put fourglasses on the table saying Egesege-dre! (to your health). He can’t speakGerman! said Anna” (Elsa Koch,“When One Travels”).

Some of these intercultural meetingsin childhood lead to lifelong friend-ships and are significant for theway we perceive the world and itscultures.

“Cristo si è fermato a Eboli was one ofthe first books that I read, or ratherworked through, in Italian. In the lastfew years, I have read with great inter-est what Norberto Bobbio wrote. I wasespecially moved by Tiziano Terzani,how he, a world-experienced journalist,dealt with his cancer and how he pre-pared for his death in the year 2004.("Another Turn on the Carousel", and“The End is my Beginning“). With the

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currency and practical form of pay-ment. With people in this country Eu-rope is possible without it being amember of the EU” (Dorothee Durka,“Three-generation French-Swiss-German Friendship”).

Today, German-French friendship istaken for granted, and the challengefor German seniors now comes whenthey meet older and younger people,especially from the East and SouthEast European countries, whose lan-guage they do not know and whosepolitical, social and cultural back-ground is foreign to them. But spiri-tual and emotional openness canovercome many barriers even in

come ospite a Kursk da una pa-drona di casa russa, la seconda co-me padrona di casa di due ospitibulgare a Ulm:“Il giorno dopo, nella minuscolacucina, la colazione è pronta eprendiamo posto sui piccoli sgabel-li attorno al tavolino. C’è un caffèmolto liquido o del tè, un meravi-glioso quark fatto in casa, del paneaccettabilmente buono, salumi eformaggio. A quest’ ultimo nonfaccio onore in modo particolar-mente assiduo. E adesso, come fac-ciamo a capirci? Nessun problema,ognuno prende il proprio vocabo-lario, e anche gli occhiali, perchétutte e due abbiamo bisogno diquesto supporto visivo. Prima ditutto è importante chiarire le que-stioni organizzative. Quanto tem-po abbiamo per la colazione, qualè il programma, cosa facciamoquesta sera. Poi si passa ai dettagliessenziali, ad esempio che il quark

nella Comunità Europea, nono-stante si trovino al centro dell’Eu-ropa, e non collegandosi a noi conil pratico mezzo di pagamentodell‘Euro. Con le persone di questoPaese l’Europa è possible, anche senon fanno parte della ComunitàEuropea” (Dorothee Durka,“L‘amicizia di tre generazioni tra laSvizzera tedesca e la Germania”).

Oggi l’amicizia franco-tedesca èun’ovvietà. La sfida per gli anzianitedeschi sono gli incontri sia con igiovani che con gli anziani, primadi tutto dell’Europa centrale, orien-tale e sudorientale. Gli anziani nonconoscono le lingue di queste per-sone, il cui retroterra politico so-ciale e culturale è loro estraneo.Con l‘apertura mentale ed emozio-nale da tutte e due le parti si posso-no superare molti ostacoli, anchese non c’è una lingua comune, co-me mostrano le relazioni di Barba-ra Heinze e Marlene Faul, la prima

the absence of a common lan-guage, as the reports from BarbaraHeinze and Marlene Faul show. Thefirst writes of her experience as aguest in Kursk with her host Vera,and the second as a host to two Bul-garian women:“The next morning breakfast has beenprepared for us in the tiny kitchen andwe take our places on the small stoolsand table. There is chicory coffee or tea,a wonderfully prepared curd cheese,good bread, sausage and cheese, thelast did not fill me with enthusiasm.Now, how are we to understand eachother? No problem, each of us takes outa dictionary, then our glasses, as weboth need this optical aid. It is importantto clarify the organisational things first:How long do we have for breakfast,what is the program for today, what arewe going to do in the evening? Then tothe essential details, e.g. that I love thecurd cheese: skussna, bolschoi, spasi-bo. Vera explains in return by hands

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mi piace moltissimo: skussna, bol-schoi spasibo! Vera spiega con ma-ni e piedi come prepara il quark incasa. Si china per spiegarmi i con-tenitori con cui lavora, e così via.Notiamo subito che ci piacciamol’un l’altra e che qui mi sento bene”(Barbara Heinze, “La mia padronadi casa Vera”).

“Così avevamo invitato degli anzia-ni a Ulm, in occasione di un Festi-

Serbia, Austria and of course lived withus in our homes. There were some difficulties in our livingtogether. Through body language I al-ways tried to find out, if everything wasok, if they had slept well, etc. But theyalways shook their head. I was in de-spair, I had tried so hard to make every-thing nice and good for them – drinks,fruit, sweets, cosmetics, were preparedfor them. Then I learned from our offi-

val sul Danubio. Sono venuti dallaRomania, dall’Ungheria, dalla Mol-davia, dalla Bulgaria, dalla Serbiae dall’Austria e naturalmente li ab-biamo ospitati nelle nostre case.C’erano alcune difficoltà nella no-stra convivenza. Con il linguaggiodei gesti cercavo continuamente dicapire se andava tutto bene, se ave-vano dormito bene, e così via. Loroscuotevano sempre il capo. Ero di-sperata, mi ero data così tanto da

and feet how she prepared the curdcheese, and she stoops down to explainthe utensils with which she worked etc.We both realize, that we like each oth-er, and that I will feel well here” (Bar-bara Heinze, “My Host Vera”).

“And so in connection with theDanube-Festival we invited seniors toUlm. They came for example from Ro-mania, Hungary, Moldavia, Bulgaria,

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Incontri europei (ZAWiW, Zentrum für Allgemeine Wissenschaftliche Weiterbildung, Ulm, Germania).

European Encounters (ZAWiW, Zentrum für Allgemeine Wissenschaftliche Weiterbildung, Ulm, Germany).

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cial interpreter that in Bulgaria shakingone’s head means yes and noddingmeans no. How I laughed! But I wantto point out, that even without lan-guage we spent some nice hours to-gether. We sang – without understand-ing the text, we danced and laughed alot and simply felt, how good it was toknow and understand each other”(Marlene Faul, “Possible Europe, whatdoes it mean to me?”).

Experiencing Europe – this takesplace not only in other Europeancountries, but also in one’s owncountry, in one’s residential area, inintercultural seniors’ clubs, in mi-grants’ centres:

persone di Paesi diversi. Questo miha aiutato – in un primo tempo in-consapevolmente – ad avvicinarmiad una competenza interculturale.Queste esperienze mi hanno porta-to ad imparare, a farmi delle do-mande sul mio modo di socializza-re, su ciò che mi ha caratterizzato,sulla mia cultura. Inoltre sono di-ventata più prudente nei confrontidi altri Paesi. Quella che la scienzachiama inculturazione non è altroche l’accettazione in età adulta delcarattere di processo e di mutabili-tà della propria identità culturale”(Hanna Müller “Con lo sguardo piùacuto”).

Tali esperienze nascono anche dalvolontariato, quando ad esempio icittadini anziani si impegnano adaiutare i giovani figli dei migranti aorientarsi meglio nella vita e nel la-voro e a sostenerli nella vita scola-stica. Questo tipo di lavoro richie-

fare per farli stare bene, avevo pre-parato bevande, frutta, dolci, co-smetici. Fino a quando, con l’aiu-to della traduttrice ufficiale, ho sa-puto che scuotere il capo in Bulga-ria significa si e annuire significano. Quanto ho riso! Però vorrei sot-tolineare che anche senza linguaabbiamo passato bei momenti in-sieme. Abbiamo cantato senza ca-pire il testo, abbiamo danzato esemplicemente sentito come può es-sere bello conoscersi e capirsi” (Mar-lene Faul, “Possible Europe – cosasignifica per me?”).

Vivere e sperimentare l’Europa nonavviene soltanto spostandosi in altriPaesi d’Europa, ma anche nel pro-prio Paese, nel quartiere, nel vicina-to, negli incontri interculturali deglianziani, nei centri per i migranti:“Durante il mio lavoro a ikubiz (In-terkulturelles Bildungszentrum,centro di formazione interculturalea Mannheim) ho potuto conoscere

“At my workplace in a ikubiz (Inter-kulturelles Bildungszentrum, inter-cultural centre in Mannheim) I wasable to get to know people from vari-ous countries. This helped me – at firstnot consciously – to acquire some in-tercultural competence. These experi-ences taught me to question my ownsocialisation, my conditioning, my cul-ture. Besides this, I found that I wasmore careful in encounters in othercountries. What science calls encul-turation, is simply, for adults, noth-ing else but the acceptance of thenature of process and change ofone’s own cultural identity” (HannaMüller, with sharpened view).

Such experiences also occur in vol-untary work, when older citizenscommit their efforts to helpingyoung immigrants by makingtheir start in life and professionalorientation easier and helpingthem in their daily school life. This

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de disponibilità a dare fiducia e adascoltare questi giovani che ven-gono da un retroterra di socializ-zazione in cui i genitori non sonomediatori di cultura, istruzione einterculturalità. Bisogna saper tol-lerare la frustrazione per potercontinuare:“Alla mia partenza Tolga mi avevaproposto di mandarmi delle mail.Aveva un PC in casa. Io le avrei ri-spedito i suoi testi corretti. In effettimi mandò le sue mail, però conun’ortografia veramente strana. Inogni caso lui riusciva a comuni-carmi quello che era cambiato nel-la sua casa e nel suo giardino. Tol-ga però non reagì alle mail da mecorrette. Mi chiedevo se non fosseroarrivate o se fossero state cancella-te... Ciò nonostante ricevevo di tan-to in tanto una mail, prima che lacorrispondenza si interrompessedel tutto. Nella sua ultima mail miscrisse: Sento la tua mancanza, e

Volunteer work in European asso-ciations brings not only insight intovarious volunteer work organiza-tions and their legal frameworks,but also an idea of how particularproblem situations are solved invarious countries. In his account,“Differences in Attitudes to DisabledPersons”, Reinhard Rüdel, makes thefollowing observations:“But I don’t need necessarily to refer toexperiences made abroad to writeabout differences in different cultureswith regard to disabled people. I livedfor 10 years in the neighbourhood ofa fitness centre and a Turkish bazaar.When I wanted to take a heavy objectout of my car, I had the choice of ask-ing a muscular German or a totallynormal Turk. I have quickly learnedthat the fitness-conscious ones only re-

Mert anche” (Erdmute Dietmann-Beckert, “Le mie esperienze comeinsegnante nel doposcuola”).

Il volontariato in associazioni euro-pee non dà solo un’idea delle di-verse strutture del volontariato edel loro contesto legale, ma veico-la anche un’immagine di come de-terminate situazioni problematichevengano risolte nei diversi Paesi.Reinhard Rüdel, nel suo contributo“Diversi modi di comportarsi neiconfronti di portatori di handicap”fa le seguenti osservazioni:“Ma io non ho bisogno necessaria-mente di ricorrere a esperienze fat-te all’estero per mostrare le diffe-renze tra le culture rispetto al rap-porto con i portatori di handicap.Da dieci anni abito a Ulm vicino auna palestra e a un bazar turco. Sevoglio scaricare un oggetto pesantedalla mia macchina ho la possibi-lità di scegliere tra un tedesco mu-scoloso e un turco perfettamentenormale, a cui chiedere aiuto. Mol-to velocemente ho imparato che chiva in palestra non si occupa volen-

form of engagement requires broadpreparation in working with youngpeople from social backgrounds inwhich the parents are not mediatorsof culture, education and intercul-turality, and a great ability to toler-ate frustration is necessary in orderto be able to continue.

“On my departure Tolga offered towrite me emails. There was a PC in thehouse. I would then send the correctedtexts back to him. And he sent me hisemails, but with very personalizedspelling. Nevertheless, he could write tome what changes took place in myhouse and garden. But Tolga did not re-spond to the corrected emails. Did henot receive them or were they delet-ed?...But now and again, before thecorrespondence stopped completely, Igot an e-mail from him. In his last e-mail he wrote: I miss you, and Mert al-so” (Erdmute Dietmann-Beckert, “MyExperiences as a Private Teacher”).

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luctantly have anything to do with adisabled person. For the Turks,whether old or young, this was nevera problem: they were always helpful,often before one even asked them forhelp. This is one really impressive dif-ference between the two cultures thatthe Turks managed to bring over withthem also to Germany: natural help-fulness!” (Reinhard Rüdel, “Differ-ences in Attitudes to Disabled Per-sons”).

Volunteer work by older people abroadis a new challenge that has since2009 been supported by the SeniorVolunteer Projects programme of theEuropean Commission (SVP). Therehave already been some positive ex-periences.

sati nel proprio Paese o nella pro-pria città. L’aspetto europeo mette ingioco le componenti interculturali erinforza la comprensione dei popo-li. Quindi è un contributo alla pacetra i popoli. Se il volontario possiedele premesse indispensabili verrà an-che ricompensato e tornerà a casaarricchito. Avrà la spinta a nuoveazioni. Questo è l’aspetto migliore diquesta tappa della vita” (DietmarEisenhammer, “Come volontarioanziano in giro per l’Europa”).

“Europei? In qualche modo lo sia-mo già da lungo tempo”; questo èquanto viene constatato da tuttiquelli che si addentrano nella sto-ria della propria famiglia, dellapropria regione o del proprioPaese. Così osserva Werner To-porski al matrimonio del figlio:

tieri di una persona sulla sedia arotelle, ammesso che lo faccia. Peri turchi invece, che siano giovani ovecchi, questo non è mai stato unproblema e non lo è tuttora: loroaiutano sempre volentieri, spessoprima che glielo si chieda. Questa èveramente una differenza cultura-le particolarmente rilevante che iturchi in Germania hanno saputoconservare: questa disponibilità co-sì naturale!” (Reinhard Rüdel, “Mo-di di atteggiarsi diversi nei con-fronti di portatori di handicap”).

Interventi di volontariato di anzia-ni all’estero è una sfida totalmentenuova che dal 2009 viene sostenu-ta anche attraverso il programmaSenior Volunteer Projects dellaCommissione Europea (SVP). Giàesistono alcune esperienze positive:“Gli interventi di volontariato deglianziani dopo il pensionamento co-stituiscono una nuova fase della vi-ta, creativa e orientata verso il futu-ro. Bisogna utilizzare queste chan-ce se non ci si vuole atrofizzare.Questi interventi non sono solo sen-

“Seniors’ engagement in volunteerwork after retirement presents a newcreative and future-orientated stage inlife. One must take the chance, if onedoes not want to wither in thisstage….Volunteer work makes sense not onlyin one’s own country, one’s own town.The European aspect brings additionalintercultural components to strength-ening mutual understanding betweenpeople. Volunteer work abroad istherefore a contribution to securingpeace. If one as a senior fulfils the necessaryprerequisites for volunteer work, therewards are great and one returnshome enriched. One receives wings fornew actions. That is the nicest presentin this new stage of life” (DietmarEisenhammer, “On the Way in Eu-rope as an “Older Volunteer”).

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“Inoltre c’è uno stemma familia-re che è riportato in un libro sugliantichi stemmi polacchi. La no-stra origine è senza dubbio polac-ca. E poi gli altri nonni. Welsch:anche questo nome dice qualcosasulle origini, perché i Welschenerano quelli che venivano daiPaesi del Sud, dall’Italia o dallaFrancia. Tra gli antenati emergeancora il nome Bezani, sicura-mente italiano. Allora non siamoper niente tedeschi? – Al contra-rio, noi siamo tipicamente tede-schi! E anche il vostro matrimo-nio, Marinko e Anja, sarà tipica-mente tedesco. Perché tedesco èda sempre un miscuglio colora-to. Chi è che non ha abitato qui?Prima c’erano i cacciatori nel-l’oscura preistoria, allontanatidai celti e dagli slavi, poi venneroi germani; i romani sono entraticon la forza, gli unni ci hannoattraversato come furie. Più tardi

And also your marriage, Marinko andAnja, is typically German. Because Ger-man has always been a colourfulmixture. Everyone has lived here! Therewere the hunters from grey prehistory,driven away by the Celts and the Slavs,the Germanic people came, the Ro-mans fell, the Huns stormed over us.Later the Swedes were here, then theFrench and in more recent times theAmericans and the Russians as well.And all of them not only smashed eachothers’ heads, as soon as the brawlwas over, they also had more pleasantthings to do! And all this has of courseleft its traces. The German race? Streetdogs are more purebred! But it is notonly an issue of origins, of our genes, itis also an issue of our culture. The Ro-mans have left deep traces, we havethe Irish to thank for our Christianiza-

sono arrivati gli svedesi, poi ifrancesi e recentemente anche gliamericani e i russi. E tutti loronon si sono solo rotti la testa a vi-cenda. Quando la rissa è finitaavevano da fare anche cose piùgradevoli! E tutto questo ha la-sciato delle tracce. La razza tede-sca? – I cani randagi sono di raz-za più pura! Ma non si tratta solodelle origini dei nostri geni, sitratta anche della nostra cultura.I romani hanno lasciato tracceprofonde, anche gli irlandesi, acui dobbiamo la cristianizzazio-ne, più tardi i francesi e gli ingle-si. Basta solo guardare la linguatedesca per riconoscere tutti quel-li che hanno avuto un influsso.La Germania è sempre stato unPaese la cui cultura è particolar-mente intrecciata all’Europa. A tale proposito, diamo solo unosguardo alla cucina tedesca. Sta-remmo ancora mangiando sol-tanto Weißwurst con mostarda oSpätzle con crauti se non fossestato per gli italiani, i cinesi, i tur-chi e tutti quelli che hanno arric-

“European? We have for a longtime been European in some way.”This will be ascertained by all thosewho get involved with their familyhistory, the history of their region ortheir country. Werner Toporski un-derstands this during his son’s wed-ding celebration:“Into the bargain there is a family em-blem that crops up in a book about oldPolish emblems. There is no doubtabout our Polish origins. And then theother grandparents: Welsh. This nametoo says something about our origins,after the Welsh, they were those whocame from the Southern countries,somewhere from Italy, or France.Amongst the ancestors there also ap-pears the name Bezani, Italian, forsure. Are we not Germans then? Onthe contrary, we are typical Germans!

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tion, then the French, the English. Oneneed only look at the German lan-guage to recognize that all these peo-ple have left their influence. Germanyhas always been a country whose cul-ture was interwoven to a great extentwith that of Europe. And by the way, just take a little lookat German cuisine. We would still beeating only Weißwurst with mustardor Spätzle with Kraut, if it weren’t forthe Italians, the Chinese and the Turksand all those who have enriched oursense of taste! And let’s not forget theFrench and the Spanish with theirwines. What happened here and is stillhappening is a great fertilisation, anabsorption of a multiplicity of influ-ences that one nation would not be ina position to produce on its own. Andfertilisation not only in a biological,

Weiterbildung (ZAWiW) (“Centroper l’Educazione Continua Scien-tifica Generale”) dell’Università diUlm. Esperta in ricerca-azione,formazione continua delle donnee delle persone della terza età,auto-organizzazione dell’appren-dimento degli adulti anziani conl’aiuto dei nuovi media, metodo-logie autobiografiche, e appren-dimento interculturale. Presiden-te della rete nazionale VILE e.V. edell’Institut für virtuelles und rea-lesLernen in der Erwachsenenbil-dung an der Universität Ulm(ILEU) e.V., membro del consi-glio di gestione di BAG WIWAGermania, Vice-Presidentessa perl’Europa di A.I.U.T.A, autrice dinumerose pubblicazioni. Gabriela Körting, assistente di ri-cerca presso il ZAWiW. Esperta inprocess management nei progettidi cooperazione europea. Ricer-catrice nell’ambito della forma-

chito il nostro senso del gusto! Enon dimentichiamo i francesi egli spagnoli con i loro vini. Ciòche è successo e continua a suc-cedere è una fecondazione ecce-zionale, è il recepire una varietàdi influssi che un singolo popolonon sarebbe stato in grado di pro-durre con le proprie forze. È fe-condazione non in senso mera-mente biologico, ma anche insenso culturale –anche se a ungiovane romano che corteggiauna ragazza tedesca probabil-mente non potrebbe importare dimeno! – Tutta la ricchezza dellanostra cultura non sarebbe con-cepibile senza i tanti stranieri.Questi stranieri erano tali solo alloro arrivo, poi sono diventatiuna parte di noi, rimanendo quie trasmettendoci le loro abilità”(Werner Toporski, “Europa vissu-ta – Un viaggio di nozze”).

AUTORI

Carmen Stadelhofer, Direttrice Ac-cademica. Capo del Zentrum fürAllgemeine Wissenschaftliche

but also in a cultural sense – even ifthe young Roman just flirting with aGermanic girl probably could not careless! The whole richness of our culturewould be unthinkable without themany “strangers”. These “strangers”were only strange when they came,then they became part of us, in thatthey stayed or they left us their skills”(Werner Toporski, “Lived Europe – ahoneymoon trip”).

AUTHORS

Carmen Stadelhofer, Academic Di-rector. The head of Zentrum für All-gemeine Wissenschaftliche Weiter-bil-dung (ZAWIW) (“Centre for GeneralScientific Continuing Education”) atUlm University, Expert in action re-search, continuing education ofwomen and people in the third age.Self-organised learning of older adultswith the aid of the new media, auto-biographical methodologies, inter-cultural learning, Chair of the national

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zione interculturale degli adultianziani.

ESPERTI

Hildegard Neufeld, economista, bu-siness editor, esperto e formatore indiversi stili di scrittura. Ralph Schneider, assistente di ri-cerca presso il ZAWiW. Esperto diapprendimento virtuale e coopera-tivo rivolto agli adulti anziani e ditematiche interculturali.Prof. Dr. phil. Ulrich Klemm, Profes-sore Onorario di Educazione degliadulti presso l’Università di Aug-sburg, esperto in materia di ap-prendimento attraverso la ricerca ela formazione autobiografica. Prof. Jean-Paul Martin, professore diDidattica francese presso l’Universitàdi Eichstätt-Ingolstadt. Esperto inmateria di apprendimento virtuale enuovi media (blog, twitter, wiki). Ellen Salverius-Krökel, esperta di e-learning, di metodologie di ap-

prendimento basate sul web, digiornalismo on-line, di apprendi-mento virtuale e cooperativo. Dr. Erna Subklew, esperta di culturaturca e di ricerca sulla migrazione. Werner Toporski, autore, esperto didiverse forme narrative e testuali,ma soprattutto di testi autobiografici.

ORGANIZZAZIONE

ZAWiW, Zentrum für AllgemeineWissenschaftliche Weiterbildungder Universität Ulm.

network ViLE e.V. and the Institut FürVirtuelles und Reales Lernen in derErwachsenenbildung an der Univer-sität Ulm (ILEU) e.V. Member of themanaging board of BAG WiWA Ger-many, Vice-President for Europe ofA.I.U.T.A., author of numerous publi-cations. Gabriela Körting, Research Assistantat ZAWiW. Expert in process man-agement of European cooperationprojects. Research work in the inter-cultural education of older adults.

EXPERTS

Hildegard Neufeld, Economics,business editor, expert and trainer fora variety of writing styles.Ralph Schneider, Research Assistantat ZAWiW. Expert in virtual and co-operative learning of older adults, in-tercultural issues. Prof. Dr. phil. Ulrich Klemm, Hon-orary Professor of Adult Education atthe University of Augsburg, Expert on

learning by researching and learningautobiographical.Prof. Jean-Paul Martin, Professor ofFrench Didactics at the University ofEichstätt-Ingolstadt, Expert on virtuallearning and new media (blog, twit-ter, wiki).Ellen Salverius-Krökel, expert ineLearning; web-based learning envi-ronments, online journalism, virtualand cooperative learning.Dr. Erna Subklew, expert in Turkishculture and migration research.Werner Toporski, Author, expert ondifferent narrative and text formats,but particularly autobiographical texts.

ORGANIZATION

ZAWiW, Zentrum für AllgemeineWissenschaftliche Weiterbildungder Universität Ulm.

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or created as fictions, these storieshave intercultural dialogue as com-mon topic and main textual concern.Together with the archives created byother partners in the project, thesetexts conform a polyedric image of aplurinational, multicultural, polyglot-tal Europe which can visualize andconstruct itself as a communitythrough the individual perspective ofits citizens.The words of Hawa Kandeh, a seven-teen-year-old resident in a small Cata-lan town of Gambian origin, illustratethis view as follows:“When they ask me where I am from,I do not know what to answer... Onthe one hand, I am African, and I amproud of it, but on the other hand Iam Catalan. We could say I amAfrican on the outside and Catalan onthe inside. Europe is my continent, theplace where I live. Europeans are myneighbours. I could not imagine livinganywhere else”.

e poliglotta, che può percepirsi ecostruirsi come una comunità at-traverso la prospettiva individua-le dei suoi cittadini.Le parole di Hawa Kandeh, undiciassettenne originario delGambia residente in un piccolopaese catalano, illustrano questavisione come segue:“Quando mi chiedono di dove so-no, non so che rispondere…daun lato, sono africano, e ne sonofiero, ma dall’altro sono catala-no. Potremmo dire che sono afri-cano fuori e catalano dentro.L’Europa è il mio continente, ilposto dove vivo. I miei vicini sonoeuropei. Non potrei immaginaredi vivere da alcun’altra parte”.

La creazione delcaleidoscopio: le metodologie

Questo sguardo doppio, indivi-duale e collettivo, è stato creato

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SpainCreating Europewith an Eye toDiversity: the InterculturalKaleidoscopeSeen from LleidaAs members of the project “Stories ofPossible Europe”, we have created acorpus of narratives that can be con-sidered part of the contemporary his-tory of the old continent. Either writ-ten as pieces of biographical writing

SpagnaCreare l’Europa con un occhio alla diversità:il caleidoscopiointerculturale vistoda LleidaCome membri del progetto “Sto-ries of Possible Europe”, abbiamodato vita ad una raccolta di rac-conti che può essere considerataparte della storia contemporaneadel vecchio continente. Concepi-te come scritture biografiche ocome brani di narrativa, questestorie hanno il dialogo intercultu-rale quale argomento comune etema principale. Insieme agli ar-chivi creati da altri partner delprogetto, questi testi formanol’immagine poliedrica di un’Euro-pa plurinazionale, multiculturale

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ti di vista venivano condivisi congli altri partecipanti. Queste tre fa-si erano finalizzate ad ottenere ri-sposte ben strutturate e testi daimembri dei gruppi di scrittura.Nelle interviste sono state seguitelinee guida aperte, sebbene que-ste abbiano tenuto conto delleclassiche domande “quando”, “do-ve”, “come”, “chi”, “cosa”, “per-ché”, in modo da garantire rispo-ste complete e coerenti. Allo stes-so tempo, alla fine dei contributidei partecipanti ci si aspettavasempre un qualche tipo di rifles-sione attraverso cui potesserospiegare in che misura l’esperien-za che avevano ricordato e rac-contato li aveva aiutati a com-prendere l’interculturalità o unodei suoi aspetti. Alcune delle in-terviste sono state trasformate inracconti audiovisivi che collegava-no il soggetto del racconto (nar-rante) con il proprio testo, arric-chendo la storia di un nuovo ca-nale espressivo.Infine, il gruppo di discussione èstato designato tenendo conto di

from the ‘living-I’ to the ‘writing-I’;and a third stage of exchange, inwhich all texts and views wereshared amongst the participants.These three phases were aimed atobtaining well-structured responsesand texts from the members of thewriting panels.Open guidelines were followed inthe interviews, even if they also tookinto account the classical wh-words“when”, “where”, “how”, “who”,“what”, “why” in order to guaran-tee complete and coherent answers.At the same time, some sort of re-flection was always expected at theend of the participants’ contribu-tions, through which they could ex-plain to what extent the experiencethey had remembered and re-toldhelped them understand intercul-

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seguendo metodologie qualitati-ve di ricerca, che hanno compor-tato le seguenti tecniche etnogra-fiche: laboratori di scrittura, inter-viste a singole persone, e un fo-cus speciale su un gruppo di di-scussione.I laboratori di scrittura sono statiorganizzati con cittadini di diverseetà e contesti, e gli esercizi che so-no stati richiesti loro prevedevanotre fasi principali: una fase di ri-flessione, in cui gli autori sceglie-vano il concetto principale di untesto, ricordavano un aneddotoche potevano utilizzare comepunto di partenza, e focalizzavanol’esperienza positiva o negativaconnessa al concetto di incontrointerculturale; una fase di espres-sione, in cui l’aneddoto o la rifles-sione prendeva forma, e l’autorepassava dall’“io-vivente” all’“io-scrivente”; e un terzo livello discambio, in cui tutti i testi e i pun-

Creating the kaleidoscope:methodologies

This dual gaze, individual and col-lective, has been created followingqualitative methodologies of re-search, which involved the followingethnographic techniques: writingworkshops, interviews with individ-uals and a special focus on a discus-sion group.The writing workshops were organ-ized with citizens of different agesand backgrounds, and the exercisesthey were asked to do followedthree main stages: a phase of reflec-tion, in which authors would choosethe main idea of the text, rememberan anecdote which they could useas starting point, and think of a pos-itive or a negative experience relat-ed to the notion of intercultural en-counter; a phase of expression, inwhich the anecdote or reflectiontook shape and the author moved

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Respect or Abuse?Interrogating Interculturality

Having gathered the results of theinterviews and texts from the writ-ing workshops, it can be stated thatin many cases an “intercultural, Eu-ropean consciousness” emergedthanks to the textualization of theindividual experience: once the crit-ical memory placed a personal eventwithin a historical and sociologicalbackground, and a discussion withthe other participants was followed,the subjective view on intercultural-ity could materialize in the form of atext and, thus, a re-interpretation ofthe event became possible. Theevent and the experience alreadyexisted in each participant, but theiridentification or verbalization was fa-cilitated by personal reflection andcollective discussion.Amongst a variety of considerationsarising from the texts of the corpus,

alla rielaborazione testuale del-l’esperienza individuale: una voltache la memoria critica ha collocatoun evento personale all’interno diun contesto storico e sociologico,e che si è prodotta una discussionecon gli altri partecipanti, il punto divista soggettivo sull’interculturalitàpoteva materializzarsi nella formadi un testo e, quindi, una re-inter-pretazione dell’evento divenivapossibile. L’evento e l’esperienzagià esistevano in ciascun parteci-pante, ma la loro identificazione overbalizzazione veniva facilitatadalla riflessione personale e dalladiscussione collettiva.Nella varietà di considerazioni cheemergono dai testi della raccolta, sidistinguono in particolare una se-rie di esperienze positive sull’inter-culturalità, come quelle raccontatedagli studenti Erasmus nel loro la-boratorio di scrittura. In molte del-le loro storie, il viaggio, l’esperien-

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turality or one of its aspects. Someof the interviews were transformedinto audiovisual narratives thatlinked the narrating subject withhis/her own text, enriching the storywith a new channel of expression.Finally, the discussion group was de-signed taking into account a seriesof profiles which were coherent withthe topic of the project(1). Hence, agroup of 8 citizens was formed, in-cluding 4 men and 4 women, 5 sen-ior adults and 3 young people, and2 locals and 6 immigrants (4 fromregions in the same country and 2extra-communitarian). The topics ofdiscussion were mainly three: dem-ocratic citizenship and participation,intercultural competences, and thespaces and conditions which maypromote intercultural dialogue.

una serie di profili che fossero coe-renti con l’argomento del progetto1.Dunque è stato formato un gruppodi 8 cittadini, di cui 4 uomini e 4donne, 5 anziani e 3 giovani, 2 abi-tanti del posto e 6 immigrati (4 pro-venienti da regioni della stessa area,e 2 extracomunitari). Gli argomentidella discussione erano principal-mente 3: la cittadinanza e la parte-cipazione democratica, le compe-tenze interculturali, e gli spazi e lecondizioni che possono promuo-vere il dialogo interculturale.

Rispetto o abuso? Interrogarel’interculturalità

Dopo aver riunito i risultati delleinterviste e dei testi dei laboratoridi scrittura, si può affermare che inmolti casi è emersa una “coscien-za interculturale Europea” grazie1 Queste variabili coerenti sono state garan-

tite non solo attraverso il valore minimo as-soluto – 2 persone – ma anche attraverso ilvalore minimo relativo – 3 persone.

(1) These coherent variables were guaranteednot only through the absolute minimum va-lue – that is, 2 people – but also through therelative minimum value – that is, 3 people.

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Rispetto, flessibilità ed empatiasono stati messi in evidenza sianelle interviste che nei laboratoridi scrittura come atteggiamentiessenziali e valori necessari perl’integrazione e l’uguaglianza nel-le società multiculturali europee.L’assimilazione, in contrasto, èstata considerata invece comeuna strategia politica e sociale chepuò mettere in pericolo la ric-chezza delle culture a contatto.Contro l’omogeneizzante poteredell’assimilazione, le storie e leopinioni dei partecipanti al pro-getto pongono l’enfasi sulla vo-lontà di conoscere e riconoscerel’“altro”, e di accettare identitànon-esclusive e ibride. Identitàmultiple che non escludono maincludono costituiscono un buo-no sbocco per le situazioni multi-culturali, come riflesso nelle pa-role di Claire Sawer, una studen-tessa con esperienza universitariasia in Italia che in Spagna:

which always underline superficial as-pects of a nation and never go deep ina country’s ethos”.

Respect, flexibility and empathywere pointed out in both interviewsand writing workshops as essentialattitudes and values that are neces-sary for integration and equality inmulticultural European societies. Incontrast, assimilation was regardedas a political and social strategythat can endanger the wealth ofcultures in contact. Against the ho-mogenizing power of assimilation,the stories and opinions of the proj-ect participants put an emphasis on

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za universitaria in altri Paesi e l’ap-prendimento di lingue straniere so-no presentati come ponti che per-mettono la scoperta dell’“altro” nelmosaico europeo. Questo si riflet-te nella storia di Valentino Paoloni.Valentino proveniva dall’Universi-tà di Macerata e ha trascorso duesemestri a Lleida. Riguardo a que-sta esperienza ha detto:“Grazie all’Erasmus sono stato ingrado di capire come vedevano lecose non solo gli spagnoli ma an-che molte persone di altre nazio-ni: Francia, Repubblica Ceca, Po-lonia, Germania. Una volta chehai superato lo scontro culturale,ti rendi conto che incontrare per-sone di culture diverse è una cosapositiva per abbattere le barrierepersonali e demolire gli stereotipi,che sottolineano sempre gli aspet-ti superficiali di una nazione enon vanno mai in profondità nelcarattere etico di un Paese”.

a series of positive experiences oninterculturality stand out, such asthose narrated by the Erasmus stu-dents in their writing workshop. Inmany of their stories, travelling,having academic experience inother countries and learning for-eign languages are presented asbridges that enable a discovery of‘the other’ in the European mosaic.This is reflected in ValentinoPaoloni’s story. Valentino came fromthe University of Macerata andspent two semesters in Lleida. Hesaid of this experience:“Through this Erasmus period I havebeen able to learn not only about theattitudes of the Spanish but also frommany other people coming from othercountries: France, Czech Republic,Poland, Germany. Once you overcomethe cultural clash, you realize it is pos-itive to meet people from different cul-tures in order to break down personalbarriers and demolish stereotypes,

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“The cultural diversity of the countriesin the European Union and the pridethat each country takes in its own cus-toms can help them preserve theirown social and cultural identity. TheEuropean Union is a mixture of cul-tures and stories, and I think it is pos-itive that the people from Europe havean European identity and a nationalidentity at the same time”.

Le storie riunite nell’archivio e leinterviste contengono ancheesperienze negative, anche senon costituiscono la maggioran-za. Esse si riferiscono principal-mente a situazioni di emargina-zione in cui frasi discriminatoriesono state rivolte all’autore delracconto e alla sua cultura o raz-za. Nel gruppo di discussione, siè ravvisata una certa mancanza difiducia reciproca in alcuni deicontributi al dibattito. Lo scontro

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the willingness to know and rec-ognize ‘the other’, and to acceptnon-exclusive, hybrid identities.Multiple identitites which includeand do not exclude are a good out-let for multicultural situations, as re-flected in the words of Claire Sawer,an English undergraduate with aca-demic experience in both Italy andSpain:

“La diversità culturale dei Paesinell’Unione Europea e l’orgoglioche ciascuna nazione possiedeper i propri costumi possono aiu-tare a preservare la propria iden-tità sociale e culturale. L’UnioneEuropea è una mescolanza diculture e storie, e io credo che siauna cosa positiva il fatto che lepersone dell’Europa abbianoun’identità europea e un’identitànazionale allo stesso tempo”.

“Progetto Raccontare l’Europa: i partecipanti rappresentano, col corpo, gli stereotipi del loropaese; laboratorio teatrale di Luca Ricci”, foto di Andrea Ciantar (Bruxelles).

“Narrating Europe Project: the participants use their bodies to represent the stereotypes of theircountries; theatre workshop by Luca Ricci”, by Andrea Ciantar (Brussels).

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un luogo di interrogazione inun’Europa apparentemente senzaconfini.

L’Europa come spazio multi-religioso: un’opportunità dicredere nell’altro

Nel gruppo di discussione la reli-gione è diventata una fonte di di-battito, generando perciò opinio-ni contrastanti. Alcuni dei parteci-panti hanno identificato la reli-gione con il fondamentalismo el’intolleranza. Altri, quelli più gio-vani, hanno difeso il pluralismoreligioso come un segno di cultu-ra e hanno affermato che un at-teggiamento civile dovrebbe in-cludere il rispetto per tutte le reli-gioni e le forme di spiritualità, enon dovrebbe minare la coesionedella comunità.

Come è stato concluso, il dialogointerreligioso implica ampliare la

racist attacks in stories such as thoseby Jing Jing, an eleven-year-old boy,or Mo Zhao, a young undergradu-ate, both of Chinese origin. Even sto-ries written by local citizens, such asAstrid Ballesta’s, mirror the ever-pre-sent racial frontier, which is still a siteof interrogation in an apparently bor-derless Europe.

Europe as a Multi-religiousSpace: an Opportunity toBelieve in the Other

Religion became a source of debatein the discussion group, therebygenerating contrasted opinions.Some of the participants identifiedreligion with essentialism and intol-erance. Others, in fact, the youngestones, defended religious pluralism

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tra culture e l’atteggiamento do-minante degli abitanti del postoverso i migranti potrebbe rag-giungere livelli critici di confron-to verbale e fisico nell’ambientescolastico, come è riflesso nelleparole di Agrijan Roxana Samida,una studentessa rumena che an-cora ricorda chiaramente gli in-sulti razzisti che ha ricevuto da al-cuni compagni di classe nel suoprimo anno alla scuola superiorecatalana. Spazi pubblici anonimiche rappresentano la città, qualiparchi o mezzi di trasporto, di-ventano lo scenario di attacchirazzisti in storie come quella diJing Jing, un ragazzo di 11 anni,o di Mo Zhao, un giovane stu-dente universitario, entrambi diorigine cinese. Anche storie scrit-te da abitanti del luogo, comequella di Atrid Ballesta, rispec-chiano l’onnipresente frontierarazziale, che rappresenta ancora

The stories gathered in the archiveand the interviews also contain neg-ative experiences, even if they donot constitute a majority. They main-ly refer to situations of marginaliza-tion in which discriminatory com-ments have been made of the story’sauthor and his/her culture or race. Inthe discussion group, a certain lackof mutual trust was also reflected insome of the contributions to the de-bate. The clash between cultures andthe dominant attitude of local citi-zens with respect to migrants mayreach high levels of verbal and phys-ical confrontations in the school do-main, as reflected in the words ofAgrijan Roxana Samida, a Rumanianstudent who still remembers vividlythe racist insults she received fromsome of her classmates in her firstyear at the Catalan high school.Anonymous public spaces that epito-mize the city, such as parks or meansof transport, become the scenario of

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she witnessed over religious differ-ences between a Catalan and aSenegaleses with these words:“I did not say a word during their ar-gument. I just listened, observingwhat was being said from both sides. Ithought I could not say what wasright or wrong. When we witness acase of cultural clash I think we firsthave to learn to love the other culture,and then we can give our opinion”.

Plurilingual Europe: Divisionor Exchange?

Linguistic diversity is an importanttopic in Catalonia, where there aretwo official languages: Catalan,which is the first language of the au-tonomous province, and Spanish,which is official in all the regions ofthe State. This linguistic duality ispresent in practically all the sto-ries, where it may appear as an en-riching experience – as with most

dove ci sono due lingue ufficiali:il catalano, la prima lingua dellaprovincia autonoma, e lo spa-gnolo, che è la lingua ufficiale intutte le regioni dello Stato. Questadualità linguistica è presente pra-ticamente in tutte le storie, dovepuò apparire come un’esperienzaarricchente – come in molte del-le storie degli studenti Erasmus edei migranti – o come una fontedi conflitto – in alcune delle sto-rie dei primi e in alcuni raccontidei cittadini adulti. Principalmen-te per motivi storici e generazio-nali, i membri più giovani delgruppo di discussione – inclusi idue migranti extracomunitari, chepercepivano il catalano come unvarco per l’integrazione – hannousato il catalano, mentre lo spa-gnolo è stato preferito da alcunidei cittadini adulti quale linguaprincipale di comunicazione. Inogni caso, il gruppo di discussio-

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as a sign of culture and claimedthat a civic attitude should includerespect towards all religions andforms of spirituality, and should nev-er undermine the cohesion of acommunity.

As it was concluded, inter-religiousdialogue implies broadening one’sviews, being open to the possibil-ity of learning from others, andwanting to look for similaritiesmore than finding differences. Asimilar thought is present in ShenMeng’s story. Shen Meng is a Chi-nese student at the University of Llei-da. She remembered an argument

propria visuale dei fatti, essere aper-ti alla possibilità di imparare daglialtri, e voler trovare somiglianze piùche differenze. Un pensiero similelo ritroviamo nella storia di ShenMeng, una studentessa cinese al-l’Università di Lleida. Shen Mengha ricordato una discussione sulledifferenze religiose cui ha assistitotra un catalano e un senegalesecon queste parole:“Durante la loro discussione nonho aperto bocca. Ascoltavo sol-tanto, osservando ciò che venivadetto da ambo le parti. Ho pensa-to che non potevo dire ciò che eragiusto o sbagliato. Quando assi-stiamo a un caso di scontro cul-turale credo che dobbiamo primadi tutto imparare ad amare lacultura degli altri, e solo dopo sia-mo in grado di dare le nostra opi-nione”.

L’Europa plurilinguista:divisione o scambio?

La diversità linguistica è un argo-mento importante in Catalogna,

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comunicazione o linguae fran-cae. Oltre alla comunicazioneverbale, anche la musica, il teatroe gli sport sono stati citati qualilinguaggi universali che possonofavorire la comunicazione inter-culturale.

ish was preferred by some of thesenior citizens as the main languageof communication. In any case, thediscussion group was carried out inboth languages in a perfect situationof bilingualism.Both in the discussion group and inthe archive of stories, English andSpanish were regarded positively aslanguages of communication or lin-guae francae. Beyond verbal com-

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ne ha lavorato in entrambe le lin-gue, in una perfetta situazione dibilinguismo.Sia nel gruppo di discussione chenell’archivio delle storie, l’inglesee lo spagnolo sono stati conside-rati positivamente quali lingue di

stories by Erasmus students and mi-grants – or as a source of conflict –in some of the Erasmus’ stories anda few narratives by the senior citi-zens. Mainly due to historical andgenerational reasons, Catalan wasused by the youngest members ofthe discussion group – including thetwo extra-communitarian migrants,who perceived Catalan as a gate to-wards integration – whereas Span-

“La dimestichezza del velo”, foto di Ilenia Piccioni (Riace-RC, “Paese dell’accoglienza”).

“La dimestichezza del velo” (Familiarity of the veil), by Ilenia Piccioni Riace-RC, “Paese dell’accoglienza” - Town receiving immigrants).

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travelling and everyday ex-changes with migrants were per-ceived as great opportunities togrow as citizens insofar as they let usknow about “the other” and aboutourselves.

At the same time, writing or pro-ducing oral narrative forms aboutthe personal experience or visionabout diversity has been proved togive a certain order to a mirror ofimpressions we retain in our memo-ry; and has forced us to look at our-

la visione della diversità si sono ri-velati funzionali a conferire un cer-to ordine allo specchio di impres-sioni che conserviamo nella nostramemoria; e ci ha costretti a riflet-terci in esso, riconoscendo l’ele-mento familiare nello straniero eviceversa. È attraverso queste nuo-

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“Progetto Raccontare l’Europa: raccolta diinterviste”, foto di Andrea Ciantar

(Pieve Santo Stefano, Italia).

“Narrating Europe Project: collection of interviews”, by Andrea Ciantar

(Pieve Santo Stefano, Italy).

munication, music, theatre andsports are also mentioned as univer-sal languages that can foster com-munication between cultures.

Beyond the fragment

In all cases, in the writing work-shops, interviews, narration of anec-dotes and stories, and in the discus-sion group, knowing “the other”,as well as the promotion of indi-vidual and collective thought andreflection, empathy and actions ofsocialization, were regarded as es-sential in order to ensure intercultur-al values in the “Europe of diversity”– not “of homogeneity”. Education,

Oltre il frammento

In tutti i casi, nei laboratori di scrit-tura, nelle interviste, nel raccontodi aneddoti e storie, e nel gruppodi discussione, conoscere l’“altro”,così come la promozione del pen-siero e della riflessione individuali ecollettivi, l’empatia e gli atti di so-cializzazione, sono stati consideraticome essenziali per garantire valo-ri interculturali nell’“Europa delladiversità” – non dell’“omogeneità”.L’educazione, i viaggi e gli scambiquotidiani con i migranti sono statipercepiti come grandi opportunitàper crescere come cittadini nellamisura in cui ci permettono di co-noscere “l’altro” e noi stessi.

Allo stesso tempo, scrivere o pro-durre forme di narrativa orale ri-guardanti l’esperienza personale o

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PortogalloDall’emigrazioneall’immigrazione. “Il ratto di Europa”“Nei tempi antichi, viveva un refenicio di nome Agenore. Egli an-dava orgoglioso della ricchezza edella fama del suo regno, ma, piùdi tutto, della sua bellissima fi-glia, la principessa Europa. Inna-moratosi di lei, Zeus, l’onnipoten-te re dei tuoni, decise di rapirla.Si trasformò in un toro bianco etrasportò Europa attraverso unmare turbolento.Se osserviamo una mappa delmondo, l’Europa non impressionaper le sue dimensioni. Dopo l’Au-stralia, rappresenta il continentepiù piccolo. Ma è anche dove han-no avuto luogo eventi decisivi nel-la storia mondiale per molte gene-razioni. Sin dai tempi degli anti-chi romani, questi e le popolazio-

PortugalFrom Emigrationto Immigration.“The Abductionof Europa”

“In ancient times, there lived aPhoenician king called Agenor. He hadpride in the wealth and fame of hiskingdom, but above all, in his beauti-ful daughter, the princess Europa.Zeus, the mighty God of Thunder, fellin love with Europa and decided toabduct her. Transforming himself intoa beautiful white bull, he carried Eu-

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ve scoperte che, nel nostro calei-doscopio europeo, i frammentipossono essere percepiti comeparti di un tutto.

AUTORI

Dott. Fidel Molina, Università diLleida (Catalogna, Spagna).Dott.ssa Núria Casado, Universitàdi Lleida (Catalogna, Spagna).

ORGANIZZAZIONE

Universidad de Lleida

selves in it, recognizing the familiarin the strange and viceversa. It isthrough these new discoveries thatthe fragments in our subjective Eu-ropean kaleidoscope can be per-ceived as the parts of a whole.

AUTHORS

Dr. Fidel Molina, Universitat de Llei-da (Catalonia, Spain).Dr. Núria Casado, Universitat deLleida (Catalonia, Spain).

ORGANIZATION

Universidad de Lleida

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Once we were a country ofemigrants

Traditionally Portugal has been acountry of emigrants. In the 15thcentury we conquered the seas andnew continents, we discoveredBrazil, the sea route to India andreached every “corner of theworld”. In the late 1950s, Portuguese emi-gration started to increase, withpeople leaving not only to flee thedictatorial regime that lasted from1926 to 1974, but also in responseto labour market demands. By 1974(which marked the beginning of thenew democratic regime), more than1.5 million Portuguese had emigrat-ed to take up jobs in low-wage, low-productivity sectors. In the 1960’sthe flow of emigrants turned to-wards new destinations, mainly inthe expanding economies of North-ern and Central Europe, particularly

no al 1974 (l’anno di inizio delnuovo governo democratico), ol-tre 1,5 milioni di portoghesi emi-grarono per ottenere posti di la-voro in settori a basso stipendio ebassa produttività. Negli anni Ses-santa l’ondata dei migranti prose-guì verso nuove destinazioni,principalmente verso le econo-mie emergenti dell’Europa setten-trionale e centrale, soprattutto laFrancia. Attualmente il Portogalloha una popolazione di 10 milionidi abitanti all’interno dei propriconfini, mentre altri 5 milioni vi-vono all’estero.

Accogliere gli immigrati

Verso la metà degli anni Settantasi verificò un boom dell’immigra-zione dovuto alla de-colonizza-zione di ex-colonie portoghesi co-me il Mozambico, l’Angola, e laGuinea-Bissau. Ciò portò ad un

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ropa on his broad back across a tur-bulent sea.If we look at the map of the world, Eu-rope will not impress us with its size. It isin fact the smallest continent after Aus-tralia. But this is a place where decisiveevents in world history have occurredfor many generations. Since the time ofthe Romans, they, the Germanic peo-ples, Slovenes and others have labouredfor many centuries towards a single Eu-ropean culture, which was destined toperform a very important role in humanhistory. This culture has crossed oceansand high mountains, bringing itswealth to the nations of other conti-nents” (Iryna Skulska, immigrant fromUkraine, in Portugal).

ni germaniche e slave (e altre an-cora) hanno operato per secoli percostruire una cultura europeaunitaria, destinata a svolgere unruolo di primaria importanza nel-la storia umana. Questa culturaha attraversato oceani e monti,portando la propria ricchezza al-le nazioni degli altri continenti”(Iryna Skulska, immigrata dal-l’Ucraina in Portogallo).

Un tempo eravamo un Paesedi migranti

Tradizionalmente il Portogalloè un Paese di migranti. Nel XVsecolo conquistammo i mari enuovi continenti: scoprimmo ilBrasile, la via marittima per l’In-dia e raggiungemmo tutti gli “an-goli del mondo”.Alla fine degli anni Cinquanta delsecolo scorso, l’emigrazione por-toghese iniziò ad aumentare, nonsolo per sfuggire al regime ditta-toriale che durò dal 1926 al 1974,ma anche per soddisfare le ri-chieste del mercato del lavoro. Fi-

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ni, non solo sceglievano un Pae-se con la stessa lingua e con unretroterra culturale simile, matraevano vantaggio anche dalleleggi portoghesi e dalla Costitu-zione che garantisce, agli stranie-ri provenienti da Paesi di linguaportoghese, diritti in materia so-ciale, politica e di cittadinanza.Tra il 2001 e il 2004 il Portogalloha concesso 100.282 permessi disoggiorno a immigrati provenien-ti dall’Europa dell’est (Moldavia,Ucraina, Russia e Romania). Que-sta improvvisa e inaspettata on-data migratoria ha cambiato lacomposizione della popolazioneimmigrata in Portogallo e sta co-stituendo una sfida per la societàportoghese.

Confrontare il passatoe il presente

Le storie di vita dei migrantipiù anziani danno conto princi-palmente delle difficoltà riscon-trate nel varcare il confine. Le sto-rie raccontate dagli immigrati in

settle in other countries of Northernand Central Europe. There was a continuous increase inthe number of foreign residents,dominated by Africans and, to alesser extent, Brazilians and WesternEuropeans.When choosing Portugal, Africansfrom the former Portuguese coloniesand Brazilians, were not only choos-ing a country with the same lan-guage and a similar cultural back-ground but they were also takingadvantage of Portuguese laws thatgave foreigners from Portuguese-speaking countries certain rights inmatters related to obtaining citizen-ship. Between 2001 and 2004 Portugal is-sued 100,282 stay permits to immi-grants from Eastern Europe

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flusso improvviso di quasi un mi-lione di persone verso il Porto-gallo. La maggior parte di questeerano “retornados” (persone natein Portogallo che emigravano nel-le colonie africane), e i loro di-scendenti, ma anche africani.Dalla metà degli anni Ottanta finoai tardi anni Novanta emerse unnuovo ciclo di migrazione: dopol’entrata del Portogallo nell’Unio-ne Europea nel 1986, esso diven-tò una destinazione più attraenteper quelle persone, non apparte-nenti alla UE, che cercavano distabilirsi in altri Paesi dell’Europasettentrionale e centrale.Da quel periodo si registrò un in-cremento continuo di residentistranieri, in primo luogo africani,e, in piccola parte, brasiliani e al-tri provenienti dall’Europa occi-dentale.Scegliendo il Portogallo, gli afri-cani delle ex-colonie e i brasilia-

France. Currently Portugal has apopulation of 10 million within itsborders and another 5 millionpeople living abroad.

Being host to immigrants

In the mid 1970s an explosion ofimmigration occurred, due to thedecolonization of former Por-tuguese colonies such as Mozam-bique, Angola, and Guinea-Bissau.This led to a sudden movement ofnearly one million people to Portu-gal. The majority of these were “re-tornados” (people born in Portugalthat had migrated to colonies inAfrica) and their descendants, butalso Africans. From the mid 1980s to the late1990s a new migration cycleemerged: with Portugal joining theEuropean Union in 1986, the coun-try became a more attractive desti-nation for non-EU citizens trying to

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misunderstandings, difficulties andchallenges caused by linguistic bar-riers. The stories are separated by 5decades (1968-2009) but they seemalways to be similar.

The (Unbreakable?) LanguageBarrier

Ought a person be allowed to emi-grate to a country without having agood knowledge of that country’slanguage? This question might sound xeno-phobic and discriminatory but it is afocus for political discussion and ac-ademic study. In fact, language bar-riers have had a high influence in

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Pedro Pimenta, emigrato in Brasile nel 1959.Pedro Pimenta, emigrated to Brazil in 1959.

(Moldova, Ukraine, Russia and Ro-mania). This sudden and unexpectedmigratory wave has changed thecomposition of the immigrant popu-lation in Portugal and is posing somechallenges to Portuguese society.

Comparing Past and Present

The life stories of older emigrantsspeak primarily of the difficulties incrossing the border. The stories nar-rated by immigrants in Portugal to-day speak of rights. Separated by decades, both “old”and “recent” stories are markedby the difficulties that languageinvolves, the effort and tenacityrequired to survive, the longingfor family and hope that their off-spring will have a better future.Below we will compare situations of

Portogallo di oggi, invece, parla-no di diritti.Separate da decenni, entrambe le“vecchie” e “nuove” storie sono se-gnate dalle difficoltà della lingua,dallo sforzo tenace per sopravvi-vere, dalla nostalgia per la propriafamiglia e dal desiderio di un futu-ro migliore per i propri figli.Qui di seguito metteremo a con-fronto situazioni di incompren-sione, difficoltà e sfide riguardole barriere linguistiche. Le storiesono separate da 5 decenni(1959-2009), ma sembrano esseresempre molto simili.

L’(invincibile?) barriera della lingua

Può una persona emigrare in unPaese se non ha una buona pa-dronanza della lingua di quest’ul-timo?Questa domanda potrebbe sem-brare xenofoba e discriminatoria,però è oggetto di discussioni po-litiche e studi accademici. Nei fat-ti, le barriere della lingua hanno

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understand anything. I needed to getover the hurdle, there was no other op-tion” (Maria Rosa Oliveira, emigrantto Germany in 1968).

“In a cardboard suitcase I took a little ofwhat I needed to begin my new life,and as I was pregnant with my daugh-ter, the worst here was to speak Frenchwith doctors and other officials” (Mariada Mota Azevedo emigrant to Francein December 1969).

Immigrants unable to communicatein the official language of the countryto which they have migrated, face ad-ditional difficulties in their daily lives,from the simplest activities (finding ajob, a house, buying food) to themost complex (knowing their rights,following security measures, describ-

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“Mi ero trasferita a Dusseldorf, ela città mi piaceva molto, ma lalingua…non capivo nulla. Dove-vo superare l’ostacolo, non c’eraaltra opzione” (Maria Rosa Oli-veira, emigrata in Germania nel1968).

“Portai con me in una valigia dicartone lo stretto indispensabile periniziare la mia nuova vita, equando ero incinta di mia figlia,la cosa peggiore era parlare infrancese con i dottori e le autorità”(Maria da Mota Azevedo emigrò inFrancia nel dicembre 1969).

Gli immigrati incapaci di comuni-care nella lingua ufficiale del Pae-se dove si stanno trasferendo af-frontano difficoltà extra nelle lorovite quotidiane, dalle attivi-tà più semplici (trovare lavoro,una casa, scegliere il cibo) a quel-le più complesse (conoscere i pro-pri diritti, seguire misure di sicu-rezza, descrivere sintomi ad undottore). Quando si estende neltempo, l’isolamento linguistico

avuto un’alta influenza sulla mi-grazione. È generalmente accetta-to e riconosciuto che gli emigratisono molto più propensi a trasfe-rirsi in un Paese dove si che par-li la loro stessa lingua.

“Nonostante l’essere emigrati inun Paese che parla la nostra lin-gua – il Brasile – le barriere, lecattive intenzioni, gli sguardi po-co amichevoli, e ora che c’è la cri-si con molta più forza, ci fannosentire in colpa perché siamo ve-nuti a rubar loro il lavoro” (Pe-dro Pimenta, emigrato in Brasilenel 1959).

La lingua da sola non previene tut-ti i problemi di immigrazione macostituisce un importante fattoredi integrazione.

migration. It is widely accepted andrecognised that emigrants from onecountry are far more likely to moveto a destination country whichspeaks the same language as theemigrant’s country of origin.

“Despite having emigrated to a coun-try with the same language – Brazil –barriers, bad intentions, unfriendlylooks, and now that there is a crisisthey make us feel much more guiltybecause “we came to steal their jobs”(Pedro Pimenta, emigrant to Brazilin 1959).

Language alone does not prevent allmigration problems but it is a veryimportant factor of integration.

“I went to Dusseldorf, and I really likedthe city, but the language… I could not

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or cultural identity is associated withparty identification and political objec-tives are raised from the premises ofethnic and cultural diversity, which mayor may not be associated with religiouscauses” (Viriato Barros).

“In the factory where I worked, theythought that just because I could notspeak French that I did not know howto work and to defend myself. One dayI said to the boss: «I do not speakFrench, but if you want me to producemore you should assign a helper to me,as you did to another colleague on adifferent shift»” (Maria Rodrigues em-igrant to France in November, 1969).

“One day a quantity of meat disap-peared (later it was discovered that theboss’s wife had taken it without previ-ous notice). Of course, everyone sus-pected me, because I was the only for-eigner. Not being able to speak Por-tuguese in order to explain that I had-

parlavo francese non sapevo la-vorare o difendermi. Un giornodissi al capo che visto che nonparlavo francese, se avesse volutofarmi produrre di più mi avrebbedovuto assegnare un aiutante,come aveva fatto con un altro inun turno diverso” (Maria Rodri-gues, emigrata in Francia nel di-cembre 1969).

“Un giorno sparì una certa quan-tità di carne (in seguito si scoprìche la moglie del capo l’avevapresa senza preavviso). Ovvia-mente i sospetti caddero su di me,perché ero l’unica straniera. Nonpotevo parlare in portoghese perspiegare che non avevo toccatonulla, mi sentii così umiliata, ar-rabbiata e impotente, così rimasiin silenzio, il che peggiorò la si-tuazione” (Larysa Shotropa, im-migrata dalla Romania in Porto-gallo, 2009).

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ing symptoms to a doctor). Aversionor reluctance to learn the languageof the host country generates aprocess of progressive isolationfrom society. Learning the local lan-guage is vitally important not onlyto become familiar with the cul-ture, traditions and life-styles of acountry, but also to create bondswith other people. The oppositemay lead to dangerous situations.

“Isolation and segregation lead to thecomplete ignorance of those who be-come “others” and the formation ofprejudices and preconceived ideas,which will replace the mutual trust thatfamiliarity, exchange and mutual un-derstanding bring to life. The situationis aggravated or exacerbated when theformation of groups based on ethnicity

può escludere un immigrato dallasocietà. Imparare la lingua locale èdì importanza vitale non solo perconoscere la cultura, le tradizioni ei modi di vita di un Paese, ma ancheper creare legami con altre perso-ne. La situazione opposta puòportare a situazioni pericolose.

“L’isolamento e la segregazioneportano alla completa ignoranzapolitica di ciò che diventano gli al-tri ed allo sviluppo di pregiudizi eidee preconcette, che vanno a so-stituire la fiducia reciproca chenasce dalla familiarità, dalloscambio e dalla comprensione re-ciproca. La situazione si aggrava osi accentua quando la formazionedi gruppi sulla la base di etnicità edi identità culturale si associa al-l’identificazione con un partito esorgono obiettivi politici a partiredalle premesse di natura etnica oculturale, associate o meno a cau-se religiose” (Viriato Barros).

“Nella fabbrica dove ho lavorato,credevano che solo perché non

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“Ho iniziato a imparare le basidel tedesco, in modo da integrar-mi in un altro Paese, in questo ca-so la Germania. Apprendere lalingua rende più facile la vitagiorno per giorno, e ci permette dicapire meglio le persone” (MariaJoão Hille, emigrata in Germania).

“Ho iniziato a lavorare in un’im-presa di opere pubbliche comedonna delle pulizie, ma per lamaggior parte del tempo all’inter-no di una squadra composta dame, una moldava e un’ucraina.Per comunicare tra di noi, io el’ucraina abbiamo dovuto impa-rare il portoghese” (Elisabeta Eca-terina Necker, immigrata dallaRomania in Portogallo nel 2000).

Circa il 40% degli immigrati inPortogallo provengono da Paesidi lingua portoghese (Africa eBrasile), ma un programma go-vernativo (“Portugal Acolhe”) of-fre corsi gratuiti di lingua porto-ghese a tutti gli altri che non loparlano. Ci sono anche molti cor-

efits not only migrants but the en-tire population.

“I started to learn the essentials of theGerman language in order to integratein another country, in this case, Ger-many. Learning the language makesour day-to-day life easier, and allows usto better understand people” (MariaJoão Hille, emigrant in Germany).

“I started working in civil constructionwork as a cleaner, but most of the timeas an assistant in a team consisting ofmyself, a Moldovan and a Ukrainian. Inorder to communicate me and theUkrainian had to learn Portuguese”(Elisabeta Ecaterina Necker, immi-grant from Romenia, in Portugal since2000).

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Così, la lingua può giocare unruolo di prim’ordine nell’integra-zione dei migranti. Investire inprogrammi linguistici significa be-neficare non solo i migranti, mal’intera popolazione.

n’t touched anything made me feel sohumiliated, angry and helpless, and Iremained in silence, which has wors-ened the situation” (Larysa Shotropa,immigrant from Romenia, in Portu-gal, 2009).

Thus, language can play a major rolein the integration of migrants. In-vesting in language programs ben-

Maria João Hille, emigrata in Germania nel 1998.

Maria João Hille, emigrated to Germany in 1998.

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ticultural integration in which every-one – wherever they live – will pro-mote the culture of their Country in in-teraction with the culture of theadopted Country. This Europe, whichis believed to be an inclusive society,will only differ in the cultural diversityof each nation, giving it a cultural di-versity, as this is the intrinsic wealththat can never be set aside in a unionof peoples with different cultures”(Jorge Oliveira).

According to Jorge Malheiros, a pro-fessor at the Centre for Geographi-cal Studies – Faculty of Humanities,University of Lisbon,

“The tensions and conflicts that com-bine social, ethnic and generationaldimensions occur in specific places,this is where the reciprocal fears, acts

un’unione di popoli con culturediverse” (Jorge Oliveira).

Per Jorge Malheiros, docente delCentro di Studi Geografici – Fa-coltà di Umanistica, Università diLisbona:“Le tensioni e i conflitti nei quali simischiano dimensioni sociali, et-niche e generazionali accadono inluoghi specifici – ed è lì che si svi-luppano le paure reciproche, gli at-ti di vandalismo, la sensazione diinsicurezza, e le manifestazioni dirazzismo. Dunque è essenziale in-crementare – a livello locale inparticolare – l’innovazione cultu-rale portata dagli immigrati”.

All’interno di questa prospettiva,egli indica numerosi esempi di at-

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Around 40% of immigrants in Portu-gal come from Portuguese-speakingcountries (Africa and Brazil), but agovernment Programme (“PortugalAcolhe”) offers free Portuguese lan-guage courses to all other non-Por-tuguese speakers. There are also plen-ty of commercial «teach yourself» lan-guage courses and other private op-tions.

…and yet another Europe is possible

“I believe in an inclusive society whereall humans have full rights, from the“so-called-normal persons”, whatevertheir race, ethnicity or country, to peo-ple with bio-psycho-social problems.Thus, I believe in a Global Europe inwhich such an inclusive society willnecessarily exist, thus creating a mul-

si di lingua autodidattici commer-ciali e altre opzioni private.

Eppure è possibile un’altra Europa...

“Io credo in una società inclusivadove tutti gli esseri umani hannopieni diritti, a partire dai cosid-detti normali, qualunque sia laloro razza, etnia o Paese, fino acoloro che hanno problemi bio-psico-sociali. Di conseguenza,credo in un’Europa Globale nellaquale tale società inclusiva, ne-cessariamente, si troverà ad esi-stere, creando quindi un’integra-zione multiculturale nella qualeciascun popolo, dovunque risie-da, promuoverà la cultura delproprio Paese in interazione conil Paese dove risiede. Questa Eu-ropa, che si considera una socie-tà inclusiva, si differenzierà solonella specificità culturale di ogninazione, conferendogli così unadiversità culturale, poiché questaè una ricchezza intrinseca chenon potrà mai annullarsi in

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“Ho sempre detto: voglio essereun cittadino di questo Paese. Hoamato vivere in Francia. È il Pae-se in cui sono cresciuta, sono sta-ta educata e mi sono sviluppata.Il francese, per me, è ancora mol-to importante. I francesi, con me,erano molto buoni. Mi hanno sti-mata, apprezzata ed allevata. LaFrancia rimarrà sempre dentrodi me. La adoro” (Maria de Fáti-ma Sousa Pinheiro, emigrata inFrancia nel settembre 1970).

“Perché i portoghesi ci hanno in-segnato a credere in noi, a fidar-ci, ad amarci e ancora amarci.Abbiamo pianto insieme nei gior-ni di dolore, e celebriamo tutte lefeste. Perché se mi chiedi dov’è lamia casa non lo so, so solo che lamia anima oggi è qui, in Porto-gallo” (Elisabeta Ecaterina Nec-ker, immigrata dalla Romania inPortogallo nel 2000).

“Strasburgo è una città francesecon una forte influenza tedesca.Questa città è stata sede di grande

• Regional network of assistance toimmigrants: they find solutions toproblems and act as a mediatingstructure with other entities.

• Multicultural education: schoolsupport and extra-curricular activi-ties (dance, sports), with the help ofcultural mediators.

“I always said: I want to be a citizenof this country. I have loved living inFrance. It was the country I havegrown up in, where I have been edu-cated and evolved. French for me isstill very important. The French havebeen very good to me. They have ap-preciated me, praised me and nur-tured me. France will be always withinme. I love it” (Maria de Fátima SousaPinheiro, emigrated to France inSeptember 1970).

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tività utili per l’integrazione deimigranti:• Eventi culturali: settimane inter-

culturali di celebrazione delladiversità in città o quartieri.

• Background artistico: supportoalle attività giovanili (gruppi dihip-hop batuquee, graffiti).

• Commercio etnico: promozionedel commercio etnico/immigra-torio, anche attraverso guideche illustrano l’offerta, turismoetno/gastronomico.

• Consulenza: stimolare la parteci-pazione politica locale alle attivi-tà, aiutando ad accentuare il sen-so di appartenenza alla comunità.

• Rete regionale di assistenza agliimmigrati: ricerca soluzioni aiproblemi e agisce da struttura dimediazione con le altre entità.

• Educazione multiculturale: sup-porto scolastico e attività extra-scolastiche (danza, sport…), conl’aiuto di mediatori culturali.

of vandalism, insecurity and manifes-tations of racism are generated. So, itis vital to boost, especially at the lo-cal level, cultural innovation broughtby immigrants”.

Within this perspective, he indicatesseveral examples of good practice tointegrate migrants:• Cultural events: intercultural

weeks of celebrations of diversityin cities or neighbourhoods (linkto Neighbour Day, for example).

• Artistic background: support foryouth activities (groups ofbatuque hip-hop, graffiti design).

• Ethnic Trade: promoting eth-nic/immigrant trade, leaflets onthe range of offers, guided tours,and varied restaurant experiences.

• Advisory: stimulate pro-active lo-cal political participation, helpingto accentuate the feeling of be-longing to the community.

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great waves of support from manywomen, which was fantastic because Iwas never alone.” (Maria João Hille,emigrated to France).

“My soul is torn apart, split between amixture of sadness and joy almost si-multaneously: I am concerned aboutthe Ukraine and at the same time, Iam proud of my second homeland,Portugal, which also dealt with a to-talitarian regime, and came out ofthat struggle holding its head high”(Iryna Skulski, immigrant fromUkraine, in Portugal).

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“Because the Portuguese taught us tobelieve in ourselves, to trust in ourselves,to love ourselves and again to love our-selves. We cried together in the days ofsorrow and celebrated all the holidays.Because if you ask me where my homeis, I do not know, I just know that mysoul is here today, in Portugal” (Elisabe-ta Ecaterina Necker, immigrant fromRomenia, in Portugal since 2000).

“Strasbourg is a French town with astrong Germanic influence. This city wit-nessed great solidarity among women.In difficult moments of my life I got

solidarietà tra le donne. Nei mo-menti difficili della mia vita ho ri-cevuto un grande aiuto da moltedonne, e ciò era bellissimo, perchénon mi sentivo mai sola” (MariaJoão Hille, emigrata in Francia).

“La mia anima è straziata, divisatra un misto di tristezza e gioia

Larysa Shotropa, immigrata in Portogallo dalla Romania nel 2009.

Larysa Shotropa, immigrant from Romenia to Portugal, 2009.

quasi allo stesso tempo: mi inte-resso della situazione in Ucrainae allo stesso tempo sono fiera dellamia seconda patria, il Portogallo,che ha avuto a che fare anch’essocon un regime totalitario, uscen-do dalla lotta a testa alta” (IrynaSkulski, immigrata dall’Ucraina inPortogallo).

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Viriato de Barros, ex diplomaticonella Repubblica di Capo Verde,insegnante, ricercatore e scrittore.Preside della facoltà del Centroper gli Studi Multiculturali.

GRUPPO DELL’ASSOCIAZIONE VIDATeresa Almeida Pinto, ex membrodel gruppo di Esperti Europeicontro la Discriminazone (2004-2009) e della Rete Europea per lePari Opportunità (2003-2006).Paulo Tomás Neves, avvocato,membro del gruppo di lavoroportoghese “Per la diversità. Con-tro le discriminazioni”.Pedro Afonso, sociologo.

ORGANIZZAZIONE

VIDA-Associação Valorização In-tergeracional e DesenvolvimentoActivo

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BIBLIOGRAFIA

Migration Online. Consultato al30.11.2009:http://www.oi.acidi.gov.pt/mod-ules.php?name=News&file=arti-cle&sid=1341 Fonseca, Maria Lucinda; Bagan-ha, M.I. (Eds.) (2004) – Newwaves: migration from Eastern toSouthern Europe, Fundação Lu-so-Americana, LisboaMalheiros, J. (2002) Migration In-formation Source. Consultato al30.11.2009:http://www.migrationinforma-tion.org/feature/display.cfm?ID=77

ESPERTI

Jorge Oliveira, dottorato in Psico-pedagogia creativa, Presidente diEspaço T, autore del libro “Os Di-tos Normais”.Jorge Malheiros, docente al Centrodi Studi Geografici – Facoltà diUmanistica, Università di Lisbona.

BIBLIOGRAPHY

Migration Online. Consulted at30.11.2009:http://www.oi.acidi.gov.pt/mod-ules.php?name=News&file=arti-cle&sid=1341Fonseca, Maria Lucinda; Baganha, M.I.(Eds.) (2004) – New waves: migrationfrom Eastern to Southern Europe, Fun-dação Luso-Americana, LisboaMalheiros, J. (2002) Migration Infor-mation Source. Consulted at30.11.2009: http://www.migrationinformation.org/feature/display.cfm?ID=77

EXPERTS

Jorge Oliveira, Ph.D. in Creative Psy-chopedagogy; President of Espaço T;author of “Os Ditos Normais”.Jorge Malheiros, Professor at theCentre for Geographical Studies –Faculty of Humanities, University ofLisbon.Viriato de Barros, former diplomat

from Republic of Cape Verde, teacher,researcher and writer. Dean of theCenter for Multicultural Studies.

ASSOCIATION VIDA TEAM

Teresa Almeida Pinto, former mem-ber of European Anti-discriminationExpert Group (2004-2009) and Euro-pean Network on Equal Opportuni-ties (2003-2006). Paulo Tomás Neves, Lawyer, mem-ber of the Portuguese Workgroup“For Diversity. Against Discrimina-tion”.Pedro Afonso, sociologist.

ORGANIZATION

VIDA-Intergenerational Valorisa-tion and Active Development As-sociation

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AppendiceIl progetto “Stories of aPossible Europe” (Storie di un’EuropaPossibile)

Panel di cittadini che lavorano sultema del dialogo interculturaleattraverso le metodologie di narra-zione di sé

Le memorie, raccontate oralmenteo scritte, ci aiutano a comprenderela vita concreta delle persone e del-la società. Esse sono quindi un’im-portantissima occasione di cono-scenza della realtà. Ci sono narra-zioni, poi, che ci mostrano nuovedirezioni e possibilità…

The aim of the “Stories of a PossibleEurope” Project is to work on thetheme of intercultural dialogue inEurope through the methodology ofself-narration and qualitative re-search.

MethodologyIn our view, telling the life stories ofindividuals is one way of exploringand making known the different cul-tures that make up Europe, and thusa contribution towards a possibleEurope that is “united and enrichedthrough its cultural diversity”;thanks to the stories, this knowledgecomes about not in an abstract way,but in a manner that is direct andalive, through the narration of the

Finalità del Progetto “Stories of aPossible Europe” è quello di lavo-rare sul tema del dialogo intercul-turale in Europa attraverso le me-todologie di narrazione di sé e del-la ricerca qualitativa.

La metodologiaDal nostro punto di vista, raccon-tare la storia di vita delle personeè un modo per esplorare e far co-noscere le diverse culture checompongono l’Europa, e quindiun contributo per una possibileEuropa “unita e arricchita dalla suadiversità culturale”; questa cono-scenza avviene – grazie alle storie– non in senso astratto, ma in ma-niera diretta e viva, attraverso ilracconto delle esperienze concre-te degli abitanti dell’Europa.

Appendix“STORIES OF A POSSIBLEEUROPE” PROJECT

Panels of citizens working onthe theme of cultural dialoguethrough stories of themselves

Memories, told orally or written down,help us to understand the life of individ-uals and society in a concrete way. Theythus offer us an extremely importantopportunity to grasp an understandingof reality. And then there are storieswhich point us in new directions andsuggest new possibilities…

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concrete experiences of people wholive in Europe. Furthermore, the stories can lead toan awareness of shared values andexperiences which can be the basisfor the building of a sense of Euro-pean identity.Telling one’s story is – in all this – aform of active citizenship, to the ex-tent to which it allows us to “take thefloor” and suggest interpretations ofreality, directions for change and con-crete ways to take social action.

The theme: intercultural dialoguein Europe...The project applied the methodolo-gy described above to explore thetheme of intercultural dialogue,from the standpoint of an increas-ingly multi-cultural European Union.

pa, per cogliere il contributodelle migliori pratiche;

• “Le donne”: il ruolo delle don-ne europee di ogni nazione nelpromuovere il dialogo cultura-le in Europa.

Il lavoro dei panel ha rappresen-tato anche un contributo ad unaEuropa world oriented; narrare didialogo interculturale vuol direinfatti necessariamente narraredelle relazioni tra l’Europa e il re-sto del mondo, e soprattutto del-l’importante ruolo che l’Europadeve e può avere nei confronti diproblematiche globali quali la lot-ta alla povertà, la difesa del’am-biente, l’affermazione della de-mocrazia.

Fasi del progettoFase 1. Le narrazioni di esperienzeinerenti le tematiche sopra elenca-te sono state realizzate sia in pri-

Le storie, inoltre, possono contri-buire alla conoscenza di valori erappresentazioni condivise chepossono essere la base per la co-struzione di un senso di identitàeuropea.Raccontarsi, è – in tutto ciò – unaforma di cittadinanza attiva, nellamisura in cui ci permette di“prendere la parola” e proporreinterpretazioni della realtà, dire-zioni di cambiamento e concretemodalità di azione sociale.

Il tema: il dialogo interculturale inEuropa...Il progetto ha applicato la meto-dologia descritta per esplorare iltema del dialogo interculturale,visto all’interno di un’Unione eu-ropea sempre più multiculturale.Temi specifici di indagine attra-verso le storie sono stati:• “Esperienze”: esperienze perso-

nali di dialogo interculturale dicittadini europei;

• “Saperi e metodi”: esperienzedi progetti di promozione deldialogo interculturale in Euro-

Specific themes explored throughthe stories included: • “Experiences”: personal experi-

ences of European citizens with in-tercultural dialogue;

• “Know-how and methods”: expe-riences of projects promoting inter-cultural dialogue in Europe, to col-lect best practices;

• “Women”: the role of Europeanwomen from every nation in pro-moting cultural dialogue in Europe.

The work of the panels also repre-sented a contribution towards aworld-oriented Europe; telling sto-ries about intercultural dialogue infact necessarily means talking aboutrelations between Europe and therest of the world, and above allabout the important role that Eu-rope must and can play in global is-sues such as the fight against pover-ty, environmental protection, andaffirmation of democracy.

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ma persona dai partecipanti al pa-nel (attraverso laboratori di scrit-tura autobiografica) sia raccoltedagli stessi partecipanti sotto for-ma di interviste e storie di vita(dopo una formazione specifica alriguardo), nonché attraverso ilconcorso autobiografico europeo“Un’altra Europa è Possibile”. Quest’ultimo è uno strumento giàsperimentato in altri progetti eu-ropei1, che in questa seconda edi-zione ha visto una specifica se-zione dedicata alla tematica deldialogo interculturale. Il concorsopermette un’ampia diffusione e

Phase 2. Once the stories were col-lected, another important aspect ofthe work of the panel was to facilitatethe emersion of practices and pro-posals starting from the experiencesnarrated.To this end, some “emergingthemes” were identified, in the senseof questions that can be used to ex-tract meaning and information con-tained in the stories. For example:• typologies of personal experiences

of intercultural dialogue of citizens; • typologies of successful projects in

the sphere of intercultural dia-logue;

• the way in which issues of intercul-tural dialogue are expressed in dif-ferent European countries and con-texts, within the concrete experi-ence of everyday life;

partecipazione, grazie anche alweb.La raccolta di narrazioni è avve-nuta attraverso l’utilizzo di varilinguaggi, come la video narra-zione e la foto narrazione, secon-do le varie opportunità offertedalle narrazioni digitali.

Fase 2. Una volta raccolte le nar-razioni altro aspetto importantedel lavoro dei panel è stato quel-lo di facilitare l’emersione di sa-peri e proposte a partire dalleesperienze narrate. A questo scopo sono stati indivi-duati alcuni “Temi emergenti”,nel senso di domande utili adestrarre i significati e le informa-zioni contenute nelle storie. Adesempio:• tipologie di esperienze perso-

nali di dialogo interculturale deicittadini;

• tipologie di progetti di succes-so nell’ambito del dialogo in-terculturale;

• il modo in cui si esprimono,nella concretezza della vita

Project PhasesPhase 1. The stories of experiencesdealing with the themes listed abovewere produced in the first person bypanel participants (through autobio-graphical writing workshops) and col-lected by the same participants in theform of interviews and life stories (af-ter specific training) as well asthrough the European “Another Eu-rope is Possible” competition. The latter is a tool that has alreadybeen utilized in other European proj-ects(1), which in this second editionsaw a specific section dedicated totheme of intercultural dialogue. Thecompetition allows wide diffusionand participation, thanks also in partto the web. The stories were collected throughvarious forms of expression, such asvideo-narration and photo-narra-tion, according to the various oppor-tunities offered by digital narrations.

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1 Il concorso è stato realizzato anche colsostegno dell’analoga iniziativa “Raccon-tare l’Europa!”, nell’ambito del progettoEuropean Memories (LLP-Multilaterale).

(1) The competition was realized with thesupport of the similar “Narrating Euro-pe!” initiative, within the European Me-mories (LLP-Multilateral) Project.

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• the different types of significanceintercultural work has in Europe;

• useful ideas and suggestions foradministrators and actors thatmake up civil society.

Phase 3. Subsequently the groupshad the task of creating simple dis-semination products for the restitu-tion and circulation of the know-how and interpretations proposed,in order to reach and involve bothother citizens and government rep-resentatives, both at local and Euro-pean levels. These products consistessentially in the re-working and in-terpretation of the narrative materi-al produced by citizens. They weredeveloped on two levels:• local and national level of the dif-

ferent countries involved;

I report nazionali comprendono an-che la descrizione del lavoro realiz-zato dal panel stesso, comprensivodei metodi adottati, allo scopo direndere l’esperienza trasmissibile eriproducibile anche da altri gruppidi cittadini. Il sito web www.possible-europe.eudarà rilevanza a tutti i lavori prodotti.

PartnershipCoordinatore: Italia, Upter, Uni-versità Popolare di Roma, viaQuattro Novembre 157, 00187,Roma, Italia.E-mail:[email protected]

quotidiana, le problematichedel dialogo interculturale neidiversi paesi e contesti europei;

• i molteplici significati del lavorointerculturale in Europa;

• idee e suggerimenti utili per gliamministratori e i soggetti checompongono la società civile.

Fase 3. Successivamente i gruppihanno avuto il compito di crearesemplici prodotti di diffusione, al-lo scopo di restituire e rimetterein circolo i saperi e le interpreta-zioni che vengono proposte, perraggiungere e coinvolgere sia altricittadini che i rappresentanti del-le istituzioni, a livello locale edeuropeo. Tali prodotti consisto-no, sostanzialmente, nella riela-borazione e interpretazione deimateriali narrativi realizzati daicittadini. Essi si sono sviluppati sudue livelli:• il livello locale e nazionale dei

diversi paesi interessati;• un livello europeo, scaturito dal-

la interpolazione dei singoli“quadri” locali e nazionali.

• European level, deriving from theinterpolation of the individual lo-cal and national “frameworks”.

The national reports also include adescription of the work carried outby the panel itself, including themethods adopted, with the aim ofmaking it possible to transfer the ex-perience so that other citizens canreproduce it. The www.possible-europe.eu web-site will highlight all the works pro-duced.

PartnershipCoordinator: Italy, Upter, UniversitàPopolare di Roma, via Quattro No-vembre 157, 00187, Rome, Italy. E-mail: [email protected]

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Slovenia

Kadis d.o.o. Koprska 72 1000 [email protected]

Great Britain

ACLI-ENAIP (NationalBody for ProfessionalTraining)134 Clerkenwell Road EC1R 5DL, [email protected]

Germany

sozial.label e.V.H. SpindlerSundgauer Str. 39 b14169 Berlinfax: 030.83 22 93 [email protected]

Germany

ZAWiW, Zentrum fürAllgemeine Wis-senschaftliche Weiter-bildung der UniversitätUlm Albert-Einstein-Allee 4789081 [email protected]

Spain

Universidad de LleidaPlaça de Víctor Siurana 1,25003 [email protected]

Portugal

VIDA-Intergeneratio-nal Valorisation andActive DevelopmentAssociationAv. das Cruzes 7184535-011 Lourosal [email protected]

Partners

Slovenia

Kadis d.o.o. Koprska 72 1000 [email protected]

Gran Bretagna

ACLI-ENAIP (Ente Na-zionale Acli per la For-mazione Professionale)134 Clerkenwell Road EC1R 5DL, [email protected]

Germania

sozial.label e.V.H. SpindlerSundgauer Str. 39 b14169 Berlinfax: 030.83 22 93 [email protected]

Germania

ZAWiW, Zentrum fürAllgemeine Wissen-schaftliche Weiterbil-dung der UniversitätUlm Albert-Einstein-Allee 4789081 [email protected]

Spagna

Universidad de LleidaPlaça de Víctor Siura-na 1, 25003 [email protected]

Portogallo

VIDA-Associação Valo-rização Intergeracio-nal e Desenvolvimen-to ActivoAv. das Cruzes 7184535-011 Lourosal [email protected]

Partner

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The European Competition“Un’altra Europa è Possibile…”

The “Stories of a Possible Europe”project is pleased to invite all Europeanresidents, men and women of all agesand cultural origins, to participate inthe autobiographical competition“Another Europe is Possible”.Through this initiative we wish to con-tribute to making visible all those indi-vidual and collective experienceswhich tell of an endeavour to build –day by day – a possible Europe ofrights and democracy.

Types of stories• Experiences of social commit-

ment in Europe• Experiences of intercultural dia-

logue

narrazioni, altri linguaggi (fumet-to, poesia, teatro, ecc.).

Studi e ricercheOltre ai racconti di sé (autobio-grafici o biografici), potrannopartecipare anche lavori di studie ricerca realizzati attraverso in-terviste e storie di vita, come an-che ricerche realizzate negli ar-chivi europei di memorie.

Modalità invio lavoriPer partecipare all’edizione 2009-2010 del premio è necessario invia-re i lavori entro il 30 novembre2009. Sarà comunque possibile in-viare i lavori al Premio anche oltrequesta scadenza, per contribuire al-l’Archivio di www.europeanmemo-ries.eu. È possibile inviare le opereattraverso le seguenti modalità:• attraverso il sito del progetto,

www.possible-europe.eu, owww.europeanmemories.eu;

Testo del concorso europeo“Un’altra Europa è Possibile…”

Il progetto “Storie di un’EuropaPossibile” è lieto di invitare tutti gliabitanti dell’Europa, donne e uo-mini, di ogni età e provenienzaculturale, al concorso auto-biogra-fico “Un’altra Europa è Possibile”.Attraverso questa iniziativa vo-gliamo contribuire a rendere visi-bili tutte quelle esperienze, indivi-duali o collettive, che raccontanodel tentativo di costruire – giornoper giorno – una Europa possibi-le dei diritti e della democrazia.

Quali storie• Esperienze di impegno sociale

in Europa• Esperienze di dialogo intercul-

turale

Narrazioni È possibile utilizzare diversi for-mati e modalità di narrazione: te-sti, foto narrazioni, video e audio

NarrationsDifferent formats and modalities ofnarration can be used: text, photo-narrations, video and audio-narra-tions, other forms of expression(comics, poetry, theatre, etc.).

Studies and researchIn addition to personal stories (auto-biographical and biographical), stud-ies and research realized through in-terviews and life stories are also eligi-ble, as well as research studies carriedout in European memory archives.

How to submit worksIn order to participate in the 2009-2010 edition of the award, worksmust be submitted by 30 November2009. Works for the Prize can also besubmitted after this deadline, for par-ticipation in the European MemoriesArchive. Works can be submitted inthe following ways:

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The winners will participate in the fi-nal event to be held in Rome at theend of January.

www.possible-europe.eu

I vincitori parteciperanno al-l’evento finale che si svolgerà aRoma a fine gennaio.

www.possible-europe.eu

• through the project website,www.possible-europe.eu, orwww.europeanmemories.eu;

• by post, to the award office in thedifferent countries;

• by email: [email protected].

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• per posta ordinaria, presso le se-greterie del premio nei diversipaesi;

• per posta elettronica, all’indiriz-zo [email protected].

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Prima edizione gennaio 2010

LA EDUP È SU FACEBOOKDIVENTA FAN

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Stampato per conto della EDUPpresso la Tipolitografia Empograph

Villa Adriana, Roma

gennaio 2010