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Sessa Aurunca: società e consenso politico Ricerca sulle visioni politiche del mondo

di Pasquale Stanziale

Sessa Aurunca: società e consenso politico 1- Premessa L’analisi dei flussi elettorali in un territorio è operazione complessa che richiama molte variabili e correlazioni. In particolare: analisi delle caratteristiche sociodemografiche del territorio, elaborazioni statistiche generali, estrapolazione dei coefficienti di correlazione delle statistiche dei voti, correlazioni tra tendenze politiche e fattori sociali, economici, storici, religiosi ecc. . Si tratta quindi di un ambito analitico abbastanza articolato che potrebbe essere oggetto di studio per uno staff in grado di applicare un vasto ambito di conoscenze nel campo delle scienze umane, dell’informatica e della statistica. Per quanto riguarda le note che seguono ci si è avvalsi di alcuni parametri che riteniamo significativi quali il modello socioantropologico territoriale nella sua processualità (da cui non è possibile prescindere per un corretto approccio all’analisi dei flussi elettorali), gli schemi statistici dei flussi elettorali ed alcune ricerche sociologiche. Tutto finalizzato a delineare, con sufficiente approssimazione, un quadro del rapporto tra società locale e strutturazione del consenso politico nell’ambito elettorale. 2- Definizioni, modelli e paradigmi 2.1- Sessa Aurunca e le sue frazioni fanno parte e sono omologate (P. Stanziale 1999), dal punto di vista delle problematiche sociali, economiche e politiche all’area casertana e quindi campana, nel contesto di un Mezzogiorno che si presenta con una vasta serie di contraddizioni rispetto ad uno sviluppo possibile e ad una modernizzazione effettiva, visibile ed operante. In tale ambito si inserisce Sessa Aurunca con la sua storia che può anche essere studiata, in una certa fase, in modo circoscritto ma deve essere pur sempre rapportata alla storia generale del Mezzogiorno d'Italia e facendone, quindi, risaltare i tratti specifici... E subito alcuni interrogativi a questo punto: come l'essere stata Sessa una cittadella della fede (M.Volante 1993) abbia influito sulla sua evoluzione sociopolitica; secondo quali modalità si è venuta delineando nel '500-'600 una qualche classe borghese nel territorio sessano; come viene ad emergere in modo specifico il filoborbonismo locale; come prende forma in modo specifico (e con una certa costanza) l'estraneità di grandissima parte del tessuto socioculturale della zona sessana, e non solo, ad idee e fatti storici orientati verso innovati assetti socio-politici... Certo sono domande già caratterizzate ideologicamente ma che indicano - in un certo qual modo - produttive possibilità di approccio al Problema. In ogni caso vorrei concludere questa linea di considerazioni cominciando a dare alcune risposte riferendomi a quanto sostiene Giuseppe Galasso (1965- 1982) a proposito della storia del Mezzogiorno d'Italia. Mi sembra che tre siano i punti interessanti che pone in evidenza Galasso nell’ambito dei suoi fondamentali itinerari di ricerca e su cui, anche attraverso percorsi diversi, vengono a convergere altri storici. Il primo riguarda la specificità culturale di origine contadina delle zone come quella di Sessa Aurunca che, pur avendo come confine il mare non hanno mai mostrato uno sviluppo di elementi culturali di civilizzazione legati alla pesca ed alla navigazione; la mancanza, storicamente puntuale, di una capacità locale autonoma di elaborazione politica; il fatto che innovazioni sociali e politiche nella zona sessana, come nel Mezzogiorno in generale, sono state originate, nella gran parte dei casi, dall'esterno. Le suddette conclusioni- che di fatto finiscono per rappresentare delle costanti, facilmente inverabili a livello locale- possono ben costituire un paradigma interpretativo.

2.2- Un altro paradigma interpretativo, quindi, può essere quello basato sulla tecnica dell’osservazione e dell’analisi partecipante (T. Tentori 1960) e su una serie di indagini, di interviste, di storie di vita, di colloqui e, se volete, di intuizioni verificate come modello culturale (cultural pattern), antropologicamente significativo (P. Stanziale: L’illusione e la maschera, 1977 e Civiltà Aurunca 2/85) per la nostra zona; in altre parole l’evidenza di valori, comportamenti, attitudini e tutto ciò attraverso cui una comunità si rappresenta il mondo e come si rapporta con i problemi dell'esistenza (si trattava di indagini da intendersi come ricerche d’ambiente di taglio

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socio-antropologico- P. Guidicini 1991- giocate tra i classici E. C. Banfield- 1961- e R. Benedict- 1934). In grande sintesi il risultato di queste nostre ricerche nel sessano vede collegate le contraddizioni sociali e politiche, ed un certo livello di non-progresso generalizzato, ad un non consequenziale processo evolutivo tra Cultura Contadina, Cultura Umanistico-Idealistica, Cultura Dell'Età Industriale (naturalmente in tale ambito cultura vuol dire kultur, civilizzazione, un ambito che comprende anche situazioni quali la scelta del tipo di scuola per un figlio o il grado di sindacalizzazione di gruppi sociali ecc.). In base a questi assunti è possibile, quindi, spiegare situazioni quali l'eccesso di familismo, il qualunquismo, forme di ribellismo fine a se stesso, la mancanza di senso dello Stato, il ruolo frenante della cultura contadina dal punto di vista del progresso socio-politico e tanto altro ancora: tutto ciò che, in effetti, può condurre ad un approccio esplicativo al tema della costante storica del disagio (indicando, sostanzialmente, con tale termine la consapevolezza sofferta di talune costanti sociali frenanti rispetto a reali risorse e a prospettive di razionale modernizzazione sociale possibile). E ciò, naturalmente riguarda non solo Sessa ma gran parte del Mezzogiorno e del Meridione ed è una analisi che può correttamente venire, per molti aspetti, come vedremo, a riguardare anche l’attualità e costituisce un riferimento ineludibile rispetto alla strutturazione del consenso elettorale nelle sue dinamiche del voto.

2.3- In ogni caso, nello sviluppo di queste note, non è possibile prescindere dal substrato della cultura contadina (altrimenti detta agraria o rurale)- per quanto delineato nelle analisi suddette- nel cui contesto riscontriamo che, parallelamente e successivamente, vi è stata l’egemonia umanistico-idealistica (quella incentrata sulla figura e sul ruolo sociale del Professore e dell’Avvocato, ma anche su quella del Medico) a cui poi si sono sostituiti altri valori e comportamenti generalizzati legati ad altre figure di riferimento del successo sociale emergenti nell’ambito di un processo dai tempi piuttosto lenti e quasi sempre caratterizzati da una certa sfasatura rispetto alle dinamiche sociopolitiche pertinenti alla modernizzazione della società nazionale. I modelli di riferimento hanno orientato di volta in volta scelte sociali e valori ma quello che emerge in modo piuttosto palese- e che è utile puntualizzare ulteriormente- è quanto segue.

-La cultura contadina tende a permanere per vari aspetti come substrato caratterizzante il modello socio-culturale generale e non è solo pertinente a quelle che erano le classi subalterne. Questa cultura, definita da Percy A. Allum (1975) Gemeinschaft rurale si articola principalmente sui seguenti orientamenti:

utilitarismo -valore fondamentale della tradizione e della religione -diffidenza nei confronti dell’altro -accettazione di consuetudini e regole dominanti -concezione gerarchica della società -impossibilità di cambiare la struttura sociale -atteggiamenti di rivolta o di rinuncia -ruolo decisionale della donna-madre.

Questo tipo di cultura per fortuna ha perso negli studi sociali, a partire dagli anni ‘60, un certo alone di esaltazione e di privilegio di derivazione ottocentesca per essere riportata nei termini di una critica storico-sociale che ne ha posto in luce gli aspetti di utilitarismo, di inconsistenza emancipativa e di anarchismo. Stiamo parlando di studiosi quali De Martino, Galasso, Tullio-Altan e Amalia Signorelli (1984).

-Il modello umanistico-idealistico, quindi, è stato il modello della classe egemone e riferimento di avanzamento sociale per le classi subalterne. Per vari aspetti, ha costituito l’ideologia di un ceto di potere che nell’area politica e nel campo amministrativo in generale ha trovato il suo sbocco naturale fino ai giorni nostri attraversando una fase di generale affermazione nel ventennio fascista. E qui il riferimento è alla figura del funzionario statale (A. Gramsci 1971) proveniente da una famiglia contadina che, attraverso una formazione umanistico-giuridica, accede ai quadri statali. Questo pattern, (articolato quasi sempre tra conservazione e idealismo) che meriterebbe uno specifico studio, molto più circostanziato rispetto a quanto accennato in precedenza da noi (P. Stanziale 1977- 1985), ha sempre privilegiato lo Stato inteso come ambito di sicurezza occupazionale e di esercizio del potere. Ciò anche per il ruolo di importanza assegnato ad un certo tipo di intellettuale nel quadro di una concezione idealistica dello Stato stesso, concezione che nella variante crociana dell’ utopia moderata ha caratterizzato l’egemonia culturale napoletana dalla quale però si sono distaccati vari intellettuali perché sganciata da una praxis avente pure nel Mezzogiono connotazioni nuove (B. De Giovanni 1978). Vengono a completare questo modello alcuni indicatori (indicatore qui va inteso in senso generale) - cui è utile accennare in modo sintetico- quali:

-l’emarginazione della cultura scientifica – l’osservanza religiosa per vari aspetti di tipo formale -l’esaltazione dell’eloquenza e di una armonia di derivazione letteraria - una certa xenofobia

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verso elaborazioni culturali altre - privilegio del monumento rispetto alla struttura -armonizzazione idealistica della prassi (P. Stanziale 1999).

Successivamente il processo di modernizzazione sociale ha portato un ovvio aumento della complessità del quadro sociale con l’affermarsi di valori e comportamenti legati alla cultura dell’età industriale o, se si vuole, post-industriale. Anche qui è possibile individuare qualche orientamento :

-partecipazione maggiore ad attività associative - competizione sociale -forme di conformismo legate a modelli veicolati dai mass-media -consumismo ed esibizione sociale dei consumi -edonismo.

Come già delineato in precedenza l’attualità del modello- che definiamo tradizionale o anche di dominio- ovvero il proponibile quadro di un ethos locale (anche con le sue strategie di sopravvivenza e di perpetuazione) vede la coesistenza, la convivenza, a volte contraddittoria, di elementi e situazioni relativi ai tre modelli precedenti, con le opportune scansioni rispetto agli scarti generazionali (e localistici), con tutto ciò che ne consegue in termini di immobilismo, produzione culturale, atteggiamenti politici, sviluppo economico, attitudini sociali.... E va qui sottolineato e non dimenticato il fatto che la dinamica sociale e il comportamento sociale nascono da una visione del mondo originata proprio da un modello culturale che ne orienta comportamenti, atteggiamenti e attitudini. Per quanto ci riguarda il cultural pattern sopra-esposto- come anche quello relativo alla dicotomia gemeinschaft/gesellschaft di cui al punto- possono, tali modelli, essere ritenuti validi per la lettura socio/antropologico-culturale di gran parte del territorio sessano e non solo. Tale validità può essere confermata localmente attraverso l’individuazione di talune componenti significative a scapito di altre, trattandosi di un modello componenziale aperto alle stratificazioni ed alle preminenze.

3- Processi e modulazioni

Non si può considerare come dato di partenza l’egemonia della Democrazia Cristiana, partito sorto nel dopoguerra ad opera di esponenti dell’azione cattolica e di persone provenienti da esperienze politiche diverse. L’ampio consenso assicurato a questo partito era basato fondamentalmente su quello che Allum (1975) definisce boss politico (coincidente nel territorio sessano col capo-elettore) avente capacità di organizzazione e di mediazione rispetto alla canalizzazione del consenso politico. Questi, secondo l’identikit che ne fa Allum è un professionista minore che organizza intorno a sé una clientela... prospera in una società poco industrializzata e si muove in una realtà economica poco florida per cui l’unica ricchezza è data dal favore, inscrivibile nella sua capacità di mediazione e di relazioni con la burocrazia statale in generale e ministeriale. Per quanto riguarda la nostra zona il boss aveva l’appoggio incondizionato della Chiesa, almeno fino agli anni ‘70, epoca in cui comincia a delinearsi una certa autonomia dell’episcopato rispetto al potere politico (Quaderni del Sinodo n.1- 1990). In ogni caso era decisiva la sua struttura organizzativa nel momento delle elezioni che ponendo Sessa come centro aveva propri referenti in tutte le frazioni del Comune assicurando, attraverso un controllo capillare, un pacchetto di voti da spendere- con una certa disinvolta autonomia- al fine di aumentare il proprio peso politico rispetto all’ambito parlamentare e rispetto alla burocrazia statale. Era questo un sistema di clientela abbastanza consolidato che, per vari aspetti, esulava pure da un circoscritto rapporto di tipo politico per essere strutturato secondo un familismo tipico per cui ci si rivolgeva al boss non solo per il favore ma anche per altri motivi connessi all’ambito familiare (malattie, matrimoni ecc.). Questo tipo di boss rientra, in senso generale nella tipologia di Whyte (1955) e Weber (1966) e negli studi di Kirchenheimer (La Palombara e Weiner 1966), ma se ne discosta per il fatto di essere calato in una realtà sociale di transizione, come ben mostra Allum (1975). Transizione tra un tipo di società agraria ed un tipo di società industriale secondo lo schema seguente. Società di transizione e caratteristiche predominanti Rapporti di classe: frammentari. Forme di organizzazione politica: boss/apparati politici. Sfera di attività: locale /nazionale. Richiamo ideologico: populista. Natura dei legami politici: ristretti/verticali.

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Metodi di controllo politico: manipolazione/coercizione. Rapporti con l’apparato statale: dipendenza totale. Questo tipo di boss è stato sostituito, successivamente negli anni, orientando un certo successo di consensi elettorali- sia nelle elezioni amministrative che in quelle politiche- da altri tipi di boss più legati all’ambito industriale, più legati ad un dominio organizzativo e tecnocratico, con una parziale autonomia rispetto all’apparato statale ed alla Chiesa locale e collegati con lobbyes di potere economico e talvolta con aree di interessi diversi..... Si tratta di boss che sono anch’essi figure di transizione dato che presentano sia caratteristiche legate ad un tipo di società agraria semplice sia caratteristiche legate ad tipo di società più moderna. In ogni caso permane un tipo di dominio personale in un ambito localistico e con richiami ideologici di tipo populistico. Quello che ci interessa sottolineare qui è che la tipologia del boss politico rappresenta un indicatore rispetto ad una modernizzazione della politica come tale nella zona sessana, pure presente, anche con modalità diverse, in altri ambiti del Mezzogiorno. 4- Qualche confronto di analisi E siamo così arrivati a tempi recenti i quali, prima di essere presi in esame, richiedono riflessioni su almeno due spunti analitici. Il primo riguarda lo studio di P. A. Allum (1975)- cui ci siamo frequentemente richiamati- che riguarda anche la nostra zona delineando sociologicamente ciò che era emerso per via antropologica, successivamente (1977), nelle ricerche suddette e che può essere così descritto in via di grossa semplificazione: gran parte della società civile dell’area Napoli-Caserta viveva tendenzialmente con continuità una propria situazione conflittuale dovuta al fatto che essa (società civile) non era ormai più una Comunità (gemeinschaft) e non andava neanche a diventare una Società (gesellschaft- F. Tönnies 1963) in senso moderno. Ovvero modelli comunitari e modelli societari convivevano, si sovrapponevano e collidevano. Vale a dire che conservazione di valori strumentali (utilitarismo, anarchismo ecc.) -propri di un comunitarismo di tipo rurale - tendevano a convivere con valori e comportamenti tipici della civiltà industriale (consumismo, crisi di valori morali, omologazione di massa, tipologie di acculturazione di tipo conformistico, l’uso di droghe ecc.), ovvero come sostiene D. De Masi (1969) c’era un assetto comunitario che andava disgregandosi rispetto ad una struttura societaria che appena si annunciava... (E’ necessario, a questo punto, puntualizzare che il nostro modello antropologico-culturale, rispetto a quello di Allum era più specifico per la nostra zona. Allum non prendeva in considerazione l’ambito culturale umanistico-idealistico dato che l’impianto della sua analisi era di tipo sociologico centrato sul rapporto comunità- società - sulla linea Marx- Weber- Gramsci- Tönnies - e riguardava i rapporti tra potere e società nel collegio Napoli- Caserta). Questi erano i punti d’arrivo delle analisi le quali oggi si presentano con una validità inficiata solo marginalmente, permanendo come quadro analitico anche dell’attuale situazione sociale dell’area locale e non solo. Una conferma di ciò può essere lo studio CENSIS del 1998 sul Mezzogiorno. Il secondo spunto nasce da un esame della società sessana dal dopoguerra ad oggi: rapporti tra politica e società, il tipo di cultura politica, rapporti tra politica ed economia... Uno spazio sterminato di ricerca e di analisi ma in cui è possibile individuare qualche situazione particolarmente indicativa come la convergenza - all'inizio degli anni sessanta - tra il potere politico consolidato della borghesia medio-alta (che altrove abbiamo ritenuto definibile come parassitaria- P. Stanziale 1985) e gruppi economici locali e/o nazionali: e ciò come in moltissime altre realtà nazionali nell'epoca del boom economico. Nella zona sessana questo tipo di sviluppo - il quale ha originato grosse iniziative imprenditoriali, con i tradizionali risvolti clientelari (pur se nella zona sessana non è esistita né esiste una tradizione imprenditoriale vera e propria)- non è avvenuto, purtroppo, secondo metodi non estranei ad iniziative varie della magistratura: ciò che nei fatti, costringe a non identificare lo sviluppo di queste iniziative con un progresso democratico reale e generalizzato del tessuto sociale. Del resto alcune di queste iniziative, nel tempo hanno mostrato i loro limiti imprenditoriali attraverso cessioni, ricomposizioni, riduzione delle attività o scomparendo. (Va annotato, a tale proposito che una storia degli insediamenti industriali nel Comune di Sessa Aurunca deve essere opportunamente delineata sia per ciò che riguarda le cattedrali nel deserto del boom degli anni ‘70 che per l’effettiva possibilità insediativa di tipologie industriali rispetto alla vocazione economico-produttiva del territorio).

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5- Dal paternalismo clientelare al contrattualismo clientelare In ambito di analisi generale la cultura politica- in generale della zona sessana- e la storia della Democrazia Cristiana nel territorio comunale prima e dopo la secessione cellolese sono temi abbastanza importanti. In realtà, per vari aspetti, i due temi tendono a coincidere e andrebbero studiati parallelamente al lavoro di ricerca che avevano cominciato a portare avanti G. Capobianco (1987) e G. Ciriello (1987) per ciò che riguarda la storia della sinistra del nostro territorio. Non mi sembra tanto scontato rilevare nella cultura politica locale anzitutto la storica dimensione clientelare - frutto della mediazione politica- secondo i meccanismi che già aveva evidenziato Gramsci- ma anche come derivazione del familismo rurale da intendersi come modalità culturale sistemica (meriterebbe questo tema uno studio specifico a livello locale, come pure i rapporti tra famiglie e politica, là dove la partecipazione all’attività politica del capofamiglia/notabile viene intesa come passaggio obbligato in vista della sistemazione opportuna dei familiari), clientelismo che, d’altra parte, ha storicamente prodotto l’estraniazione della gente dallo Stato, come opportunamente sottolinea L. Graziano (1980): "...Il Clientelismo ha effetti disfunzionali per due processi cardine della società: la legittimazione del potere e la creazione di opposizioni organizzate. Mina l’autorità in almeno due modi: comportando un uso privato delle risorse pubbliche, come modo di gestione del consenso; impedendo, per ciò stesso, quella dissociazione tra i ruoli di autorità istituzionalizzata... i metodi clientelari lungi dall’avvicinare cittadini e autorità, hanno rafforzato l’estraneità delle masse allo Stato. Di più hanno creato una situazione che non esiterei a definire illegittimità morale della politica ..." (vedi anche J. La Palombara 1964 e L. Graziano 1974) E poi: le costanti dimensioni filoministeriali e trasformistico-clientelari secondo quanto già accennato in precedenza; il correntismo come variante del trasformismo storico; le difficoltà, per il modello culturale dominante, di progettare e perseguire uno sviluppo democratico del territorio (S. Bertocci 1977) a fronte di un consenso politico ampio e consolidato nonché la formazione di una classe politica dirigente di ricambio come successione ad un potere politico- amministrativo sempre più accentrato (S. Franco 1996). E quindi: il modello per la cattura del consenso della Democrazia Cristiana nel periodo di Giacinto Bosco e successivamente. Vari studiosi oggi sono d’accordo nel ritenere, pur nel quadro e nei limiti del modello socioculturale operante (P. Allum 1975 e S. Bertocci 1977), l’epoca di Bosco come uno dei periodi positivi per lo sviluppo dell’area sessana a fronte di tutta una serie di motivi, da quelli occupazionali a quelli delle relazioni politiche tra la base e il vertice parlamentare. Come abbiamo già accennato altrove (P. Stanziale 1991) il modello boschiano poteva essere definito di tipo paternalistico-clientelare (la concezione paternalistica della politica è elemento fondamentale della tradizione cattolica meridionale- P. Allum 1975 1978) in cui la struttura di partito (segreteria di sezione ecc.) aveva un proprio ruolo ed in cui il rapporto tra elettore e parlamentare aveva non rilevanti sbarramenti. G. Bosco in realtà ha rappresentato un argine- per il periodo dell’egemonia fanfaniana- all'espansione della DC napoletana la quale ha prevalso, in seguito, imponendo un modello per la cattura del consenso di tipo contrattualistico-clientelare: è il modello della political machine ovvero ciò che Allum riscontra e definisce già negli anni '70 nel tipo di organizzazione messo su da Silvio Gava padre e perfezionato poi dal figlio Antonio e analogo a tante strutture organizzative che sono alle spalle di molti parlamentari dagli anni ‘70 ai giorni nostri. E’ questo, certamente, un modello di cattura del consenso più moderno perché tiene in maggior conto la pluralità dei gruppi di interesse e di pressione, nonché dei vari intrecci tra politica ed economia - con una tendenza spesso a subordinare la prima alla seconda. C’è poi, nell’analisi di Allum (1975) un punto particolarmente rilevante rispetto alla politica democristiana nel Mezzogiorno e nel Meridione. Si tratta di un atteggiamento di tipo politico ben preciso basato su tre punti: 1- il fatto che il Sud ha bisogno d’aiuto data la sua inferiorità; 2- la necessità quindi di una forma di mediazione rispetto ai governi; 3- ogni aiuto al Sud, quindi, è da apprezzare ed ogni critica ai costi ed ai metodi usati per avere questo aiuto è irrilevante e ingrata e ingiusta rispetto a tale provvidenzialità. Questo tipo di atteggiamento, derivante dalla cultura rurale comunitaria, tende a permanere, per vari aspetti, nella cultura politica generale locale ed è, a ben guardare, alla base di svariate iniziative, indicando rappresentazioni abbastanza limitate di un sistema di amministrazione democratica, oltre ad un persistere pericolosamente regressivo di elementi pertinenti al modello di cui abbiamo parlato nei punti precedenti. Rispetto poi ad un altro indicatore quale il fatto che Sessa Aurunca non esprime propri parlamentari si può rilevare che, da una parte, il consenso politico locale è ormai colonizzato (si decide a Napoli, e a Caserta come sappiamo) da un'altra parte si nota come questa stessa società locale è portata a vivere una accettata cultura della delega in bianco, delle necessità strumentalizzate, e tutto ciò con la conseguente tendenza alla immobilizzazione orientata della

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maggioranza dei consensi. A tutto questo va aggiunto quanto dice A. Lamberti (1991) sulla funzione addirittura stabilizzante ed occupazionale del riciclo di denaro derivante da attività illegali. D’altra parte alla perdita della dimensione comunitaria non viene - come abbiamo detto - a corrispondere un insieme di valori e orientamenti relativi ad un modello di società nazionale in positivo: una democrazia non proprio compiuta e alla ricerca di valide formule rappresentative- un Mezzogiorno che annega nella disoccupazione (ma in cui faticosamente attraverso varie esperienze, ma soprattutto, ci sembra, attraverso il fenomeno Bassolino e attraverso nuove figurazioni dello sviluppo emerse negli ultimi anni, sembrano prendere forma i parametri possibili di una modernizzazione razionale del governo politico di un territorio)- un capitalismo che nel momento in cui è vincente assume su di sé nuovi costi di libertà ed origina conflitti relativi a vecchie e nuove subalternità.... 6- Gli anni ’80: una svolta? In ogni caso bisogna tenere presente che negli anni '80 qualcosa si è mosso nella società sessana in modo non conforme al modello culturale dominante, articolando una certa dinamica emancipativa dall’interno del modello culturale tradizionale stesso, sotto la spinta di quelli che si potrebbero definire isolati focolai di cultura progressista (a cui andrebbe dedicato una ricerca apposita soprattutto per individuare e distinguere situazioni e motivazioni, inscrivibili in una effettiva presa di coscienza sociale, da forme reattive, da ribellismi e da particolarismi minacciati e da altri atteggiamenti di origine trasformistica- piccolo-borghesi- derivanti dal modello culturale tradizionale). In ogni caso emerge un certo fermento sociale. Si avvertono spinte verso la figurazione di una nuova coscienza sociale basata sulla salvaguardia dell'ambiente e della salute collettiva; il sorgere di timide forme di elaborazione culturale più moderne; la presenza di due Vescovi che, il primo- V. M. Costantini con il recupero del patrimonio monumentale-religioso e il secondo- R. Nogaro con una forte opera di sollecitazione sia della coscienza sociale popolare che delle energie intellettuali progressiste- hanno cercato di incidere, in qualche modo, sulla direzione del mutamento sociale. E ancora: l'emergenza di possibilità di sviluppo del territorio attraverso progetti possibili- penso al notevole lavoro di promozione e di sensibilizzazione sociale svolto da un politico meridionalista come Franco Compasso (1963-1997; il profilarsi di una struttura di piccola impresa; una agricoltura che presenta qualche sforzo di razionalizzazione strutturale; il timido emergere di iniziative spontanee nel campo del turismo e del terziario avanzato. Tutti indicatori, questi, di una dinamica progressista trasversale venuta ad affiorare difficoltosamente... E da un'altra visuale, invece: la presenza di una massiccia disoccupazione, incombenze ecologiche, mancanza di servizi efficienti, una cultura politica che affonda nell'ordinaria amministrazione o nella radicalizzazione personalistica, illecito e violenza affioranti spesso, una embrionale cultura imprenditoriale statica o troppo speculativa, scelte culturali qualunquistiche o di fuga, masaniellismi intellettuali... Aspetti negativi presenti- e verificabili- con una certa costanza. Come pure il fatto che alcune delle iniziative messe in campo negli anni ‘80, più che collegarsi ad una autentica capacità di razionalità e di emancipazione sociale, hanno mostrato, alla fine delle spinte propulsive anti-involutive poste in atto, ad esempio, dal Vescovo Nogaro (R. Sardo 1997), il loro ritorno nel solco dell’andamento processuale del modello culturale tradizionale di cui ai punti precedenti. Tutto ciò che era risultato movimento- in opposizione e talvolta in collaborazione con i partiti politici -relativo a tematiche specifiche (nucleare- ospedale- discarica) e che era riuscito a mobilitare faticosamente la popolazione raggiungendo risultati positivi, ha solo in parte proseguito la sua opera, convergendo nei partiti o restando nella forma-movimento, ma senza il consenso e la vitalità riscontrati nella fase rivendicativa.

7- Gli anni ’90: un difficile progresso 7.1- La situazione del territorio del Comune di Sessa Aurunca, nella specificità dei suoi assetti strutturali e socioculturali, relativamente al processo di modernizzazione in atto, si inscrive senza differenze rilevanti nell’ampia crisi del Mezzogiorno e nello specificità di quella casertana che si presenta, nel Mezzogiorno, stesso con un quadro aperto di contraddizioni e di varie negatività. Ciò relativamente anche agli ultimi anni che hanno visto tutta una serie di mutamenti a partire da Tangentopoli, con il crollo della prima Repubblica, l’emergere del fenomeno leghista, oltre alla rivoluzione tecnocomunicativa, alla nuova legge elettorale nel ‘93 e all’avvicinarsi di Maastricht. Ma, come scrive F. Barbagallo (1997) all’inizio degli anni ‘90 non si avverte nel Mezzogiorno

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alcun mutamento... ciò anche perché è abbastanza operante l’egemonia meridionale della DC e del PSI basata sul volume di affari intercorrente tra politici ed imprenditori rispetto al pubblico denaro. Sarà la tangentopoli napoletana che coinvolgerà quasi tutti i partiti nel 1993 ad incidere ancor di più in senso strutturale e morale sulla storica crisi del Mezzogiorno. Successivamente e parallelamente le inchieste della magistratura denominate TAV, Spartacus, Phoney Money e Chèque to Chèque hanno avuto come passaggio quasi obbligato la Campania e l’area Caserta- Aversa per ciò che riguarda il rapporto tra politica e criminalità organizzata, seguendo una tradizione tardo-ottocentesca, con il pesante coinvolgimento di boss politici della prima Repubblica e presenti sulla scena politica nella metà degli anni ‘90, referenti provinciali anche dell’area politica sessana. R. Sardo (1996) descrive con parole dure la situazione della provincia di Caserta : "...Le fabbriche sono diventate sempre più rare. ... I piani regolatori? Sono ancora oggetti non identificati. La Pubblica Amministrazione? Uno sfascio completo.... Il Litorale? Un mare che è diventato una fogna, una speculazione edilizia che ha arricchito i soliti noti.... Eppure i flussi di denaro sono stati enormi soprattutto dopo il terremoto del 23 novembre 1980..... E’ il fallimento di una classe politica, di una generazione intera di politici che hanno prodotto il disastro ambientale nel senso più largo del termine. Oggi nei confronti della politica c’è disaffezione. E come non potrebbe esserci dopo questa devastazione... Parole che sembrano venate di estremismo ma che riportano a quanto è possibile riscontrare in gran parte nella realtà sociale del Mezzogiorno con i soliti indicatori: estraneità agli interessi collettivi e dello Stato, la mancanza della coscienza di classe in larghi settori sociali (C. Tullio-Altan 1986), il pubblico denaro e il patrimonio collettivo come ciò di cui si può abusare, un privatismo trasgressivo legato a quello che Banfield (1961) chiamava familismo amorale, strettamente connesso con l’ambito clientelare politico e con altre aree non chiaramente delimitate. Il riscontro a tale quadro sociale viene pienamente dato dal recente Rapporto CENSIS (1998) che, disegna un quadro di situazioni e di tendenze abbastanza vicino alle conclusioni sopra esposte.

7.2- La visione gramsciana del Mezzogiorno come disgregazione sociale (1945) ha costituito e costituisce un paradigma fondamentale per comprendere ciò che accade ancora oggi in talune aree di Terra di Lavoro ed a Sessa Aurunca, con riferimento a quanto abbiamo già scritto ma anche per ciò che riguarda la sfasature socioculturali di detti territori rispetto alle sollecitazioni del ciclo modernizzante in atto. Nel territorio sessano, ad una osservazione coerente dei fatti sociali, risulta abbastanza evidente un quadro di disgregazione che riguarda fermenti che non si traducono in consensi o dissensi organizzati, velleitarismi ed anarchismi ribellistici di derivazione contadina, tentativi di secessione amministrativa, osmosi strumentali tra pubblico e privato, particolarismi di fatto istituzionalizzati, il tradizionale clientelismo, indifferenza ed estraneità di aree sociali alle dinamiche politiche ecc.. Questa disgregazione, che delinea, come marcante paradigma sociale, quanto è stato già abbozzato come ethos locale- sessano e non- ben si richiama a quella che Galasso (1982), con ricorso all’ambito hegeliano, chiama coscienza infelice e a ciò che faceva scrivere al Vescovo Nogaro: ".... la gente di qui mi piace. Ma si deve liberare dalle catene che ha alla coscienza" (in R. Sardo 1997). Questa coscienza sociale, che risulta tendenzialmente compiaciuta di circoscritti risultati utilitaristici, sembra situarsi lontano da una consapevolezza della propria inadeguatezza rispetto alle sfide ed alle prospettive di un effettivo sviluppo socioeconomico di respiro europeo. A tal proposito certamente grosse responsabilità riguardano quella che oltre mezzo secolo fa Gaetano Salvemini (1955) chiamava piccola borghesia intellettuale. Una borghesia che è parte della più ampia borghesia delle aree del Mezzogiorno stesso e che, in modo più accentuato di quella nazionale, trova difficoltà ad essere protagonista attiva dello sviluppo capitalistico progressivo non avendo come background proprio un tradizione culturale (libertà, individualità, razionalità ecc.) atta a trasfondersi in modo positivo nel processo modernizzante (E. Galli della Loggia 1976 e quindi C. Tullio-Altan 1986). A questa borghesia locale, portata a vivere con maggiori conseguenze sociali le contraddizioni della borghesia italiana, non è estranea quella componente di anarchismo che secondo Galli della Loggia (cit.) tende a svilupparsi proprio là dove esistono sconnessioni culturali tra aree locali ed i processi del sistema sociale globale, anarchismo che nasce dalla non comprensione dei processi e/o dal subire processi di cui non si posseggono le coordinate culturali: ecco quindi l’individualismo fazioso e ribellistico (C. Tullio Altan 1986), il non riconoscersi in alcuna aggregazione sociale o la partecipazione conflittuale... e quindi il disprezzo per il lavoro manuale da parte della piccola borghesia, la prevalenza dello stato d’animo e del pregiudizio sociale, la preferenza per una routine impiegatizia ecc. (C. Morandi 1944) e ancora "...la rivolta morale ed istintiva del singolo che insorge contro qualcosa o contro qualcuno, accanto ad altri singoli , contro un mondo che lo soffoca intellettualmente e psicologicamente..(G. M. Bravo 1977).

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In tale universo la borghesia intellettuale locale si presenta come una classe caratterizzata fondamentalmente da un fazionismo esasperato e da una costitutiva povertà di effettiva elaborazione politica. Fazioni, dunque, personalismi, velleitarismi che rivelano spesso un retroterra politico-culturale non proprio consistente e con il conseguente e frequente svilimento della funzione dei meccanismi rappresentativi e di delega, producendo ulteriore complessità (rumore di fondo) nella struttura dei rapporti socio-politici. E allora il quadro che emerge dal fondamentale studio di Salvemini sulla borghesia meridionale ben spiegava e spiega le dinamiche politiche locali caratterizzanti gran parte dei partiti dell’area (e a cui va aggiunta come ulteriore tensione la logica costrittiva che tende a piegare ad accordi politici fatti a nei capoluoghi, come Napoli e/o Caserta, le aree periferiche come quella sessana Un punto conclusivo sembra essere comunque il fatto che la situazione locale riflette gli aspetti propri di quella nazionale: quella identità italiana di cui parla Galli della Loggia (1998) basata sulle oligarchie corporative, sul familismo e sul trasformismo. E quindi una tradizione statuale e civica in cui il valore delle istituzioni rimane non storicamente partecipato, lasciando ogni decisione ad una politica, operante dall’alto che, per questo, si ipertrofizza lasciando spazio a quell’eterogenesi dei fini (Galli della Loggia cit.) ed a quel trasformismo qualunquistico mirato al piccolo beneficio, alla costruzione del notabilato, al patronage, alla riproduzione di oligarchie che però non si sono, nei fatti, trasformate in una forza-classe-dirigente in grado di rappresentare e gestire gli effettivi interessi generali in una nazione moderna. La recente legge elettorale nel suo impatto sulle aree politiche locali è argomento interessante, ancora da studiare nelle sue articolazioni. Essa non sembra essere stata, in una fase iniziale, effettivamente incisiva, tranne che in alcuni casi, pure eclatanti nei risultati, rispetto ai tradizionali parametri della cultura politica della generalità del Mezzogiorno e nel casertano. Ma il fatto che a nostro avviso è importante rilevare è che il consenso politico permane fondamentalmente assestato secondo un modello tradizionale, pur se sotto sigle partitiche diverse e con embrionali elementi di modernizzazione di tipo organizzativo e programmatico, mantenendo la centralità dell’ambito familistico e malgrado qualche anomalia. Il Mercato, ritenuto da Galasso (1982) uno dei possibili ambiti di spinta alla modernizzazione, sembra aver avuto una certa incidenza significativa sia rispetto agli assetti produttivi- in cui emerge qualche sporadica iniziativa- sia per ciò che riguarda il modello culturale dominante. 8- Il ruolo della sinistra Per quanto riguarda il ruolo della sinistra, nel contesto dei riferimenti che abbiamo delineato, Galasso (1982) parla della crescita del tessuto comunista come fattore di modernizzazione e di innovazioni nel comportamento politico nel Mezzogiorno. E sottolinea come l’osmosi di funzionari di partito, riguardo anche questa area, abbia costituito, come serie di interventi esterni al sistema, fattore di modernizzazione. Tale fatto però, relativamente all’area casertana, non pare abbia prodotto situazioni concretamente rilevabili come spazio di riorientamento dei consensi elettorali e/o convincenti fenomeni emancipativi. Del resto Galasso stesso (1982) scrive, successivamente, di un periodo del dopoguerra nel Mezzogiorno, in cui comunisti e socialisti, che si richiamavano ad una cultura della razionalità e dell’universalismo, restano un corpo estraneo rispetto al tradizione del Mezzogiorno. Per i decenni successivi pensiamo che tale giudizio sia valido per zone come quella del casertano e di Sessa Aurunca dato che, per quanto abbiamo esposto in precedenza, l’apporto culturale della sinistra è rilevabile solo entro ambiti circoscritti rispetto al modello culturale tradizionale. D’altra parte però va anche considerato il fatto che è stata la struttura organizzativa del PCI nelle sue proiezioni e nella sua coesione, a far si che, anche in relazione alla crisi della prima Repubblica, sia stata proprio tale struttura a far diventare il PDS punto di riferimento importante rispetto alla frantumazione del sistema di potere tradizionale, che pure ha coinvolto l’area del PCI-PDS stesso come a Napoli. Va altresì considerato come il passaggio dall’opposizione al potere abbia costituito per i socialisti, ad esempio, un passaggio da una ideologia di progresso verso un rapido adeguamento agli schemi affaristici del blocco di potere politico-imprenditoriale, attenuando nel concreto le spinte modernizzanti della sinistra in generale (Galasso 1982). Riteniamo che sia ancora tutta da completare la storia del PCI-PDS nel casertano. In ogni caso quello che sembra risultare con una certa evidenza dagli scritti di G. Amendola (1957), C. Graziadei (1979) e G. Capobianco (1981- 1987) è il difficile lavoro di organizzazione svolto nel Casertano dopo la guerra, nell’area contadina- principalmente- e operaia, di articolazione dell’opposizione politica a livello amministrativo e di sostegno alle rivendicazioni rispetto a situazioni specifiche: ciò secondo gli schemi del partito nuovo. Tale direttiva fu quella che ispirò

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l’azione di molti dirigenti, da C. Graziadei a G. Capobianco, a Gori Lombardi nell’area sessana. Ma due riflessioni vanno opportunamente sviluppate a questo punto. La prima riflessione riguarda il faticoso lavoro politico ed i risultati ottenuti dal PCI-PDS dal dopoguerra ai giorni nostri nel casertano e a Sessa Aurunca. A tale proposito ci si chiede se il consenso politico guadagnato sia stato l’effettiva espressione di un impianto di cultura politica generalizzata specificatamente richiamabile a Lenin, Gramsci, Togliatti (P. Bufalini 1947) e al pensiero socialista italiano. La seconda riflessione richiama il fatto che il modello culturale tradizionale è sempre stato ed è operante secondo le linee di cui abbiamo parlato in precedenza come background solido trasversalmente orientante la generalità del tessuto sociale. Riflessioni, queste che costituiscono una ipotesi di lavoro mirante a definire in senso antropologico-culturale l’ordine dei rapporti, delle incidenze, dei trasformismi e degli adattamenti tra il modello culturale tradizionale e la cultura di sinistra nelle sue elaborazioni, nelle sue rappresentazioni e nella sua politica. Alcuni dati possono aiutarci per l’ambito locale: -1920- si contano n. 26 socialisti a Sessa Aurunca; -1945- Caserta: C. Graziadei nella sua relazione al primo Congresso provinciale del PCI nota che il Partito ha solo un sindaco in provincia su 79 Comuni -1946- Sessa Aurunca: popol. 25.387, elettori 15.805, n. 460 voti al PCI; -1946- Referendum: in Sessa Aurunca al PCI il 4,20 % dei voti e alla Repubblica solo il 22,46 % dei voti: una delle percentuali più basse della Campania. Caserta con il 16,88 % dei voti alla Repubblica è al penultimo posto nella graduatoria delle province italiane (dati in G. Capobianco 1981); -1947- Caserta: crisi del PCI a Caserta con espulsioni, rimpasti e commissariamenti e con la denuncia di varie deficienze ( G. Capobianco 1981). - Sessa Aurunca, elezioni amministrative 1946: Liberali, Monarchici e Qualunquisti 4942 voti, Repubblicani, Comunisti e socialisti 1794 voti, DC 885 voti. E quindi l’andamento che segue. Voti elezioni politiche (camera - prop.) Comune di Sessa Aurunca (Caserta) …………….1948…. 1976… 1992 DC-----------5466---- 8621--- 8872 PCI PDS----1901---- 3643--- 1609 MSI AN------528---- 1484--- 1043 PSI PSU SI—417----- 677--- 1473 PRC-------------------------------466 (G. Monarca 1994 e Il Mensile Suessano Ann. Varie.) Questi dati convergono a definire lo spazio conquistato con difficoltà dal PCI dal dopoguerra rispetto ad un modello culturale e ad un consenso politico piuttosto irrigidito nei suoi poli di riferimento e su cui poi verrà a strutturarsi l’egemonia democristiana, negli anni successivi, coi boss politici di cui abbiamo accennato la tipologia e quindi successivamente il crescente successo, dopo il 1993, del centro-destra. Campania: % voti Camera dei Deputati Elezioni Politiche 1996 (s. prop.) ------------------------PDS-------F. It.--------------- A. N. Caserta-------------15,70 %-- 24,50 % -----------20,70 % Benevento----------17,00 %--14,80 %----------- 16,00 % Avellino------------20,30 %-- 14,80 %----------- 16,00 % Napoli--------------22,90 %-- 24,70 %----------- 18,10 % Salerno-------------15,90 %-- 24,70 %----------- 20,50 % Campania - Senato 1996 -------------------------------------Ulivo------- Polo Caserta-Maddaloni----------41,20 %---- 48,60 % Aversa--------------------------46,00 %---- 45,80 % Capua---------------------------41,50 %---- 46,70 % Napoli-Centro-----------------46,70 %---- 46,50 %

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(Annuario Statistico Campano 1997)

9- Excursus L’orientamento elettorale della circoscrizione Napoli-Caserta emerge con chiarezza sia nel Referendum del 1946, con il riconoscimento alla Monarchia della percentuale più alta di voti (79,8 %), che nelle elezioni politiche del 1946- 1948: ISTAT—M.I.- %--------1946-----------1948-----------1953----------1958----------1963--------1968 PCI---------------------- ---8,4-----(+PSI)20,5----(+PSI)20,4-----------24,2----------24,6---------27,2 PSI------------------------------------------------------------------------------8,0----------11,6---------3,3 a DC-------------------------35,3------------50,9------------35,3------------40,1----------38,1---------37,3 PLI------------------------20,4--------------5,0--------------3,2-------------2.4------------2,0---------4,2 MSI-----------------------12,6--------------4,7--------------7,4-------------3,2------------6,1----------7,1 PSDI-----------------------1,7--------------3,2--------------2,2-------------2,5------------5,0---------12,1b a PSIUP b PSI PSDI A questi dati è possibile affiancare per, una lettura integrata dei flussi il seguente quadro di correlazioni.

Correlazioni significative tra tendenze politiche e fattori socioecon. demogr. rel. storici Settori---------------comuni agricoli--------comuni impiegatizi ----------------------Sin.---DC----Destra—--Sin.—DC---Destra agricoltura……… -……+……..+…………+…………..- industria…………+……-……...-………….+…….- urbanesimo……...+…....-………-…………-…………...+ propr. Case……...-…....+………………….-……..+ pop. attiva……..............+ pop > 55 anni……-…….+…………………..-……+ impiegati………...+…….-…….+………………………..+ (Allum 75) Si tratta di correlazioni riferibili al quadro dei risultati elettorali della circoscrizione Napoli- Caserta validi fino alla fine degli anni 60. Non abbiamo studi relativi al periodo successivo studi che potrebbero riguardare gli incroci dei dati ISTAT degli ultimi censimenti e i dati delle ultime elezioni politiche in modo da verificare quali variazioni ha subito nell'ultimo cinquantennio il rapporto tra tendenze politiche e quadro socioeconomico. È ipotizzabile comunque che le possibili variazioni siano riscontabili nell’ambito dell’impiego e della popolazione attiva rispetto ai nuovi assetti dovuti al maggioritario, dal 1993. Il quadro dei flussi elettorali nella nostra zona fino al 1992 è il seguente (P. Stanziale 1995). ALCUNI DATI ELEZIONI POLITICHE (Casera) Comune di SESSA AURUNCA

SESSA AURUNCA………………..1948..1953…1958…1963…1968…1972…1976…1979…1983…1987…1992 -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- BLOCCO LIBERALE (P. L.I.) …………………………...1528…963….883….1549….653…..952…..174……105…..244…..110…..602

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MONARC. (P.N.M.)…………………………. 2635..2911 M. S. I…………………………….. 528….1583..1222.. 1993…1350…2235…1484…1081….1438….1015…1043 REPUBBL. (P.R.I.)……………….692….369…143…………………….236…..145…...225……232…..256…300 FRONTE COMUNISTA (P.C.I.) (P.D.S.) ………………….1901…2197…2733..2390…3314…2600….3643…3047…..2719….2469…1609 P.S.I. (P.S. U.) S. I………………………………….417…..506…869…..914…..938…..582……677…..724……895…1019…..1473 D. C………………………………..5466..5316…8174…8281….8634.. 9311…. 8621… 9102….8705.. .9979….8872

Andrebbero poi ben esplicitate, per definire meglio alcune dinamiche di flussi elettorali, correlazioni socioeconomiche e spostamenti relativi ai raggruppamenti che, dopo il 1993, hanno orientato i loro consensi elettorali su Alleanza Nazionale e Forza Italia costruendone il successo elettorale. In tale ambito è possibile disegnare un quadro empirico delle dinamiche che vedrebbero indicatori quali: aspettative di liberalizzazione economica, la necessità di un certo pragmatismo, una semplificazione della politica come tale, la reazione ad una certa tradizione, un bisogno di sicurezza, forme più o meno consapevoli di xenofobia... ma si tratta di un quadro ipotetico che andrebbe verificato da una apposita e corretta ricerca . Per quanto riguarda il quadro delle elezioni politiche successive al 1993 vediamo che il consenso politico si concentra sul centro-destra in un andamento proprio di tutta la Campania fino alle elezioni del 2001 in cui su 22 collegi uninominali n. 16 collegi sono appannaggio del centro destra con n. 8 per Alleanza Nazionale, mentre solo Aversa e Atripalda sono dell’area PDS e n. 4 (Irpinia) al P.S.U.P.

Elez. Proporz.----voti------------1996 (liste amm. riparto seggi) Coll. 6 Sessa A. F. I.-------------------------------334.873 P.D.S.----------------------------254.284 C.C.D. C.D.U.-----------------172.599 R. C.-----------------------------115.414 Elezioni politiche Camera Collegio 6 Sessa Aurunca -%---------------------------1996---------------2001 POLO L.------------------45,8-----------------51,4(Casa L.) ULIVO--------------------42,5-----------------36,8 Elezioni senato Collegio 15 Sessa Aurunca CASA L.------------42,63 % ULIVO--------------41,24 % DI PIETRO---------2,92 % R. C.------------------3,55 %

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FIAMMA T---------2,28 % E quindi il quadro si presenta abbastanza significativo per le elezioni politiche per quanto riguarda Sessa Aurunca, ma anche per le aree limitrofe. La tendenza generalizzata a rifiutare forme di cambiamento istituzionali ed a perpetuare assetti consolidati emerge chiaramente dal contesto dei flussi elettorali. E ciò in relazione ai processi socioculturali di cui abbiamo parlato dei punti precedenti. L’assegnazione decisa del consenso politico alla DC dal 48 al 92 indica una caratterizzazione moderata in cui si riconosce una grandissima parte dell’elettorato locale e che ha visto spesso politici sessani. nei quadri dirigenti provinciali. Questa situazione ha accompagnato pure un costante pur se non discriminante trend di consensi alla destra mentre la sinistra giunge ad un massimo di ca. il 30 % dei consensi attribuiti alla sola DC nel 1992. Successivamente, dopo il 1993, abbiamo una netta assegnazione del consenso politico al centro-destra in generale con una marcata preferenza per la nuova destra. Nel quadro generale il centro-sinistra rimane distanziato da scarti che giungono al 15% nell’attuale fase nazionale con al governo il centro-destra, mentre nel governo di centro-sinistra precedente lo scarto si attestava sul 3%. Completa il quadro generale elettorale l’ambito regionale in cui il centro-sinistra è in testa con uno scarto del 10% rispetto al centro-destra, a livello provinciale si conferma il trend positivo per il centro-destra mentre nell’ambito amministrativo locale si conferma invece il trend positivo del centro-sinistra.

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RICERCA SULLE VISIONE POLITICHE DEL

MONDO (Sessa Aurunca)

di Pasquale Stanziale (1991)

Nel 1991, presso l’I. M. S. "T. Da Sessa" di Sessa Aurunca (Caserta), nel contesto delle attività del Corso Integrativo organizzammo una ricerca piuttosto complessa sulle Visioni politiche del mondo nel Comune di Sessa Aurunca partendo dalla parte seconda del libro di P.A. Allum (1975). Il tema che stavamo allora trattando con gli studenti era quello di verificare se, ad oltre 15 anni dalle ricerche di Allum, c’erano stati dei cambiamenti nella società sessana in quello che Gramsci definiva senso comune (Gramsci 1949 e Allum 1975)- ovvero la concezione del mondo quale si è venuta costituendo attraverso gli eventi storici, che riflette le problematiche della gente nella sua esistenza e il modo di porsi di fronte ai suoi problemi e di risolverli. Nel ‘91 ci sembrava estremamente interessante riprendere il tema suddetto in chiave, certo meno professionale, rispetto all’ampio lavoro di documentazione di Allum (che oltretutto, attraverso Verba, aveva anche intervistato persone di Sessa Aurunca tra cui Pietro L. impiegato comunale). Così partendo da una serie di indicatori quali: - l’acculturazione - la socializzazione - il rapporto con i candidati alle elezioni - le rappresentazioni dello Stato - il rapporto tra lo Stato e il territorio - le rappresentazioni della situazione politica locale strutturammo un questionario attraverso cui sarebbe stato possibile avere alcuni parametri di riferimento rispetto all’ipotesi che dagli anni ‘70 agli ‘90 non si erano verificati significativi cambiamenti nelle visioni politiche del mondo nella zona in esame. La ricerca sarebbe stata utile anche per un confronto con il modello culturale che avevamo formulato a suo tempo (1977-1985) e che abbiamo delineato in precedenza. Per il campione avevamo già in mano gli elementi metodologici che ci erano serviti per l’altra ricerca sul mondo giovanile (P. Stanziale 1993) ed a cui si rimanda per la parte metodologica. Si può comunque accennare al fatto che l’universo in questione riguardava una popolazione di ca. 18000 persone (ca. 23000 persone meno ca. 5000 giovani fino a 24 anni). Le fasce di età prescelte erano quelle 25-45 e 46-65 anni. Maschi 49 % - femmine 51%. Classi sociali: 9 % borghesia medio alta- 50 % classe media ( cl. media impiegatizia, piccola borgh. urbana, piccola borghesia agricola)- 41 % classe operaia ( cl. operaia agricola, classe operaia). Si cercò anche di tener conto della distribuzione sul territorio comunale degli insediamenti umani). Furono quindi somministrati ca. 700 questionari al campione in varie riprese (la gran parte prima della nuova legge elettorale), in anni successivi ed anche attraverso volontari al di fuori della istituzione scolastica fino a che non si arrivò ad una elaborazione ed alle tabulazioni nel 1997 presso il Liceo Scientifico Statale "E. Majorana" (attività extracurriculari relative al Laboratorio di Antropologia Culturale). Il risultato della ricerca confermò, per vari aspetti, pur in un quadro di contraddizioni e di complessità, le ipotesi di partenza e le analisi degli anni precedenti: -un tendenziale immobilismo -un non apprezzabile indice di acculturazione - passività sociale -forme di socializzazione riportabili ancora, per vari aspetti, ad un ambito comunitario di tipo rurale -svalutazione della politica come tale -fatalismo ed ineluttabilità del particolarismo -sostanziale e rassegnata accettazione dei valori dominanti.

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Ma anche la necessità di una maggiore presenza dello Stato nel territorio e di una effettiva tutela degli interessi della gente. Con ciò indicando pure la vischiosità di un modello culturale caratterizzato da una non precisamente delineata processualità emancipativa e la naturale tendenza generale ad adeguare alle proprie rappresentazioni le sollecitazioni del generale processo di modernizzazione della società .

Sessa Aurunca, marzo 2003

© by Pasquale Stanziale

OMOLOGAZIONI E ANOMALIE

IN UNA REALTÀ SOCIALE DEL MEZZOGIORNO

ALLE SOGLIE DEL DUEMILA EUROPEO:

SESSA AURUNCA IN PROVINCIA DI CASERTA

C. Zano Editore

Aprile 1999