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S ERVIZI & S OCIETA Poste Italiane Spa • Spedizione in abbonamento postale 70% DCB Milano • Proprietà di Confservizi Cispel Lombardia Registrazione Tribunale di Milano n. 360 del 3/10/1981 LA RIVISTA DELLE UTILITY IL RUOLO DI REGIONI E CITTA’ NELLA LOTTA ALL’INQUINAMENTO GREEN ECONOMY: LE NUOVE ECO-REGOLE PER IL POST COP21 1•2016 QUALITA’ DELL’ARIA A MILANO, CHE FARE? QUALE FUTURO PER LE FARMACIE?

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SERVIZI&SOCIETA

Poste Italiane Spa • Spedizione in abbonamento postale 70% DCB Milano • Proprietà di Confservizi Cispel LombardiaRegistrazione Tribunale di Milano n. 360 del 3/10/1981

LA RIVISTA DELLE UTILITY

IL RUOLO DI REGIONIE CITTA’ NELLA LOTTAALL’INQUINAMENTO

GREEN ECONOMY:LE NUOVE ECO-REGOLEPER IL POST COP21

1•20

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QUALITA’ DELL’ARIA A MILANO, CHE FARE?

QUALE FUTURO PER LE FARMACIE?

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IN QUESTO NUMERO

3EDITORIALELa trasformazione delle Utility nell’Italia che cambia 5L’AMBIENTE COME OPPORTUNITA’L’economia circolare: rivoluzione culturale e opportunità di sviluppo

8LA NUOVA LEGGE PER L’AMBIENTEGreen Economy: le nuove regole della Legge 221

11GALLETTI: L’ITALIA E IL DOPO COP21 COP21. La strategia ambientale a livello globale

14COP21 E IL RUOLO DELLA REGIONENelle politiche post COP21 cruciale il ruolo di regioni e città

16INQUINAMENTO: CHE FARELa qualità dell’aria a Milano? Ne parliamo con il Presidente di Arpa Lombardia

18SANZIONI EUROPEE Fognatura e depurazione: a Milano si fa il punto sulle sanzioni UE

20CAP WATER SAFETY PLANIl Gruppo CAP primo in Italia a utilizzare il Water Safety Plan

22MM ACADEMY Al via MM Academy una corporate university al servizio della città

24 LEGGE 221: IL PARERE LEGALE Il ‘collegato ambientale’: novità sulla gestione dei rifiuti e sul servizio idrico integrato

28CITTA’ METROPOLITANA +COMMUNITY: una piattaforma intelligente per lo sviluppo dei territori

31IL PUNTO SULLE FARMACIE Quale futuro per le farmacie?“Serve un equilibrio tra apertura al mercato, servizio e senso del farmaco”

35 UTILITY-AUTORITY: QUALI RAPPORTI?Programmi aziendali di prevenzione e per la conformità alla normativa antitrust e regolamentare

39LA LEGGE CONCESSIONI E APPALTISettori speciali sempre meno… speciali

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DIRETTORE RESPONSABILEBiagio Longo

DIRETTORE EDITORIALEGiuseppe Viola

COMITATO EDITORIALEGiovanni Bordoni, Biagio Longo, Giuseppe Viola

REDAZIONEBiagio Longo, Giuseppe Viola, Paola Busto, Raffaella Ciceri

COLLABORATORIPresidenti, Direttori, Amministratori Delegati, Uffici Stampa e Comunicazione delle aziende di Confservizi Cispel Lombardia

GIUNTA ESECUTIVAPresidente: Giovanni Bordoni

Vicepresidenti: Alessandro Conter e Alessandro Russo (vicepresidente vicario)

Consiglieri: Davide Alberti, Lorella Alda Bigatti, Enrico Boerci, Piero Bonasegale, Lelio Cavallier, Giuseppe Antonio Chiarandà, Franco De Angeli, Leonardo Ferrandino, Paolo Franco, Nicola Giugni, Iginio Granata, Alberto Grandi, Alessandro Lanfranchi, Renzo Moretti, Giovanni Orsenigo, Antonio Pezzotta, Antonio Redondi, Mario Angelo Sala, Delio Todeschini

Direttore Generale: Giuseppe Viola

REDAZIONE E PUBBLICITA’Confservizi Cispel LombardiaVia Brembo 27 20139 MilanoTelefono 02 [email protected]

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Anno 35Costo: 10 euro

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Coltiviamo il futuro

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EDITORIALE

Rubo il titolo di questo editoriale alla giornata romana di Utilitalia per premiare, tra le prime cento imprese dei servizi pubblici, quelle più

virtuose.Pubblico interessato delle grandi occasioni, con nuovi incontri e vecchi amici che ritroviamo dopo un anno non semplice per le aziende dei servizi pubblici, sulle quali incombe il sorriso un po’ accattivante e un po’ sornione del Ministro Madia, pronto a squadernare la sua ricetta sul mondo delle imprese a partecipazione pubblica. Officianti del grande giorno il Presidente Valotti, che non schiva il confronto con gli invitati, chiamati a dire la loro sul mondo delle partecipate, dal Presidente dell’Antitrust Petruzzella, a quello dell’Autorità garante dell’Energia del gas e del Servizio Idrico Bortoni e poi Besseghini presidente di RSE. L’avvio della giornata non è di quelli che scaldano i cuori. Petruzzella esordisce inneggiando al Decreto Madia perché mette in riga le aziende pubbliche dei servizi che avrebbero “frenato la libertà di impresa con l’in house”, che dovrebbe essere limitato a svolgere i lavori che per i privati non sono convenienti, a meno che non si aggreghino in soggetti in grado di ottimizzare le performance imprenditoriali e, con esse, i costi dei servizi.

Il Presidente dell’Autorità per l’energia e il servizio idrico si sofferma sul proprio ruolo di regolatore, al quale il Governo immagina di sommare presto anche i rifiuti, trasformando il nome già complesso di AEEGSI con un suffisso ancora indefinito, che però non potrà essere molto diverso da una “R” in fondo. Denominazione a parte, il Dott. Bortoni ci dice che, per occuparsi della questione serviranno risorse e adeguate competenze professionali, altrimenti l’indipendenza dell’Autorità naufragherebbe. Giustamente peraltro il Presidente ci ricorda che per energia e gas, regolati ormai da venti anni, c’è un rapporto tra equity e fatturato molto più alto di quello dei settori ambientali, perché la regolazione è intervenuta fissando norme precise per la remunerazione degli investimenti.La cosa è stata più complessa per il servizio idrico,

pesantemente condizionato da regole marcatamente localistiche, che hanno fin qui fortemente scoraggiato l’ingresso di risorse per gli investimenti, la cui remuneratività non appare altrettanto scontata come per il settore energetico, che ha assicurato comunque una seppure modesta redditività.A suo giudizio la ricetta da seguire sarebbe quella della riduzione dei costi operativi e l’aggregazione industriale delle imprese che vi operano. In conclusione Bortoni sostiene che ciò che conta per le imprese che svolgono il servizio non è gonfiare i guadagni di chi opera, bensì remunerare adeguatamente gli investimenti, migliorandone l’attrattività. Tocca quindi a Besseghini che presiede una società che si occupa di ricerca di sistema per

LA TRASFORMAZIONE DELLE UTILITY NELL’ITALIA CHE CAMBIA

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1•2016EDITORIALE

facilitare la convergenza dei vari interessi in campo. I servizi pubblici locali sarebbero in una posizione di “open innovation”, ove concorra a questo il raggiungimento di dimensioni adeguate per competere, magari ricorrendo alla individuazione di forme di aggregazione non tradizionali.Sotto questo aspetto le Autority hanno un ruolo fondamentale per indurre attenzione nel sistema per forme di collaborazione anche innovative.Il presidente Valotti, come di consueto, non gira intorno ai problemi e mette i piedi nel piatto parlando dei due ultimi decreti, sollecitando l’attenzione del legislatore sulle necessità che i provvedimenti vengano articolati su uno schema triangolare al cui centro stia il cittadino e sui cui lati operino la politica, le imprese e le Autorità, rimarcando come il risultato potrebbe portare per magia all’efficienza di sistema oppure, se i vari protagonisti dovessero procedere ciascuno per proprio conto, si potrebbe arrivare ad una sorta di triangolo delle Bermude, dove naufragherebbero inevitabilmente le buone intenzioni.

Perché ciò non succeda, occorre che politica, imprese e Autorità facciano ciascuno il proprio mestiere, impegnandosi su strategie congruenti all’obiettivo da raggiungere, che è semplicemente l’interesse dei cittadini.Non si può non rilevare come tariffe e ambiti ottimali siano afflitti da bulimia normativa e instabilità amministrativa. Antitrust e Autorità confliggono e interpretano in forme disomogenee la realtà: è indispensabile viceversa che collaborino per fornire certezze al sistema.Per finire qualche considerazione complessiva sullo schema di Decreto Legislativo del Testo Unico in

materia di Società a partecipazione pubblica.Andate a vedervi l’articolo 29, che elenca le abrogazioni di commi di vari articoli delle leggi che si sono occupate dei servizi pubblici locali dal 2000 fino al 2015. Nell’elenco manca solo l’ultima lettera dell’alfabeto, la z!Ma davvero possiamo pensare che un sistema complesso come quello dei servizi pubblici locali possa efficacemente organizzarsi tenendo in piedi pezzi di leggi degli ultimi 15 anni, insieme agli apprezzabili contenuti dell’ultima riforma che, a questo punto, tutto è tranne che un Testo Unico? Capisco che non è facile legiferare mettendo insieme norme europee, nazionali e sovente regionali, ma se neanche ci si prova in che successo si può sperare? Questo provvedimento avrebbe dovuto resettare tutto, a costo di impiegare un mese in più. Così restano aperti varchi interpretativi e possibili conflitti di competenza che rischiano di vanificare il grande sforzo di impianto messo in campo e di avere quale risultato una confusione ancora maggiore di quella che si voleva superare. Se una legge deve essere spiegata e interpretata è perché non è chiara e le conseguenze potrebbero alla fine compromettere l’intero sistema anziché vivificarlo, rinnovandolo con regole certe e mettendo da parte le logiche antiche che ci hanno obbligato ad amministrare le Aziende più con gli avvocati che con i manager.

Giovanni Bordoni, Presidente Confservizi Cispel Lombardia

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L’AMBIENTE COME OPPORTUNITÀ

L’ECONOMIA CIRCOLARE: RIVOLUZIONE CULTURALE E OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO

Lambiente non più materia per pochi! Mai come in questo momento, la riflessione globale sulla sostenibilità del Pianeta declinata in conferenze

internazionali (COP21 su tutte), pacchetti normativi eu-ropei, leggi nazionali, con il coinvolgimento del mondo delle imprese e consultazioni pubbliche, ha finalmente acceso i riflettori sulla necessità di un profondo cam-biamento culturale, economico e industriale trasver-sale. Lo potremo leggere da punti d’osservazione diversi nelle pagine di questo numero della rivista nell’inter-vista al Ministro dell’Ambiente che annuncia i pros-simi passi per il nostro Paese, nel contributo dell’as-sessore Regionale Claudia Maria Ter-zi, a margine della Conferenza di Pa-rigi o, ancora, del presidente di ARPA Lombardia Bruno Simini che parla di inquinamento dell’aria e misure per contrastarlo e dei nostri ‘tecnici’ che hanno illustrato, articolo per artico-lo, i cambiamenti principali apportati dal nuovo ‘Colle-gato ambientale’.È venuto il momento per l’Italia e l’Europa dei 28 di affrontare il passaggio da un’economia lineare ad un’economia circolare, il pilastro fondamentale per uscire da un modello che porta al consumo delle risorse che non sono ine-sauribili, e andare verso un modello rigenerativo. È venuto il momento di ar-chiviare la mentalità del “prendi-costruisci-usa e

getta” che ha finora per-meato gran parte della nostra economia per pas-sare a quella del “ricicla-riusa-condividi e ancora usa”, rendendo circolare il modo in cui noi producia-mo e consumiamo. Nell’economia circolare di cui parla il nuovo ‘pac-chetto europeo’ presentato

il 2 dicembre 2 0 1 5 d a l l a Commissione Europea (che rivede 6 precedenti direttive in materia di rifiuti) il valore dei prodotti e dei materia-li si mantiene il più a lungo possibile, si riduce al minimo l’uso delle risorse e la produzione di rifiuti, quando i prodotti rag-giungono l’ultima fase di vita sono riutiliz-zati e smembrati per creare nuovo valore. Il fine di tutto ciò? Per spiegarlo prendo a prestito le parole di Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione

Europea intervenuto a Parigi: “Non si tratta solo della cosa giusta da fare per il nostro ambiente e l’eredi-

Giuseppe Viola

DI GIUSEPPE VIOLA, DIRETTORE GENERALE CONFSERVIZI CISPEL LOMBARDIA

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1•2016

tà che lasceremo alle generazioni future - chi semina raccoglie. È soprattutto la cosa più intelligente da fare - e può essere anche molto redditizia. Essere all’avanguardia in questo ambito ci può dare un van-taggio competitivo nei modelli di produzione e consumo futuri, ge-nerare nuove opportunità commer-ciali e creare nuovi posti di lavoro - che non saranno delocalizzati ma resteranno in Europa”.La battaglia per l’ambiente non può essere infatti relegata a una bandiera, nichilista, di pochi am-bientalisti, ma una grande e bella opportunità per ripartire con un’e-conomia, radicata nei territori, che porta ricchezza alle comunità. Nel ‘pacchetto economia circolare’ non si parla infatti solo di tutela dell’ambiente, dietro l’economia circolare c’è una politica industria-le che viene modificata alla radice: permetterà di ridurre gli sprechi e

la forte dipendenza del continen-te dall’importazione delle materie prime, creerà filiere interconnesse, dall’agricoltura ai rifiuti in modo circolare, porterà benefici econo-mici (secondo alcuni studi fino a 7% in più di Pil su base Europa e un aumento fino a 1 milione di posti

di lavoro di qualità) e innovazione. In linea con Utilitalia che in que-ste settimane sta avanzando le

proprie osservazioni al ‘pacchetto europeo,’ non possiamo che con-dividere l’impostazione generale di questa proposta che prevede inter-venti su tutto il ciclo dei beni e dei prodotti, prima e dopo la produzio-ne. Dai processi produttivi e modelli di consumo alla gestione dei rifiuti,

massimizzazione del riciclaggio e valorizzazione dei prodotti otte-nuti…, compreso il loro mercato, nonché le problematiche relative ad alcuni settori prioritari quali la plastica, i rifiuti alimentari, le materie prime essenziali, i rifiuti da costruzione/demolizione e la biomassa e i prodotti biologici.Scelte che, necessariamente so-prattutto nella prima fase, neces-siteranno di consistenti impegni finanziari a livello europeo per attuare una rivoluzione e conver-

sione nei processi produttivi e or-ganizzativi. Auspicando un’azione coordinata a

L’AMBIENTE COME OPPORTUNITÀ

ALCUNE AZIONI CHIAVE DELL’ANELLO MANCANTE PIANO D’AZIONE DELL’UE PER L’ECONOMIA CIRCOLARE

• Azioni per ridurre lo spreco alimentare, compresa una metodologia comune di misurazione, una migliore indicazione della data di consumo e strumenti per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile globale di ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030;• lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli operatori nel mercato unico;• contro l’obsolescenza programmata, misure nell’ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l’efficienza energetica;• creazione di un mercato fiorente delle materie prime secondarie;• una strategia per le materie plastiche, che affronta questioni legate a riciclabilità,

biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose e, nell’ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l’obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;• la revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;• una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue;• lo sviluppo di un programma di prove indipendenti per individuare le pratiche di obsolescenza programmata dei prodotti e i modi per contrastarla;• la diffusione degli appalti pubblici verdi, per i quali saranno elaborati nuovi criteri.

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L’AMBIENTE COME OPPORTUNITÀ

livello europeo, forte deve comunque essere il richiamo alla responsabilità dei produttori (nella progettazione sostenibile) e dei consumatori (nella scelta consape-vole). Certo non partiamo da zero, pensiamo solo alla diffusione dei car sharing a Milano, degli imballaggi verdi, dell’acqua del sindaco e del riuso delle acque in agricoltura. Tante delle nostre aziende potrebbero raccontarci sforzi tecnologici e innovativi che ora sono diventati best practice a livello nazionale e non solo. Ma occorre ribadire la necessità (attraverso provvedimenti più specifici e puntuali) di incentivi finanziari in grado di accelerare il cambia-mento, di accompagna-re e incentivare il ruolo determinante del setto-re produttivo nella cre-azione di una domanda sostenibile e ‘circolare’. Per fare un esempio che Utilitalia ha già sottopo-sto come osservazione al ‘pacchetto’, pensia-mo solo al tema della riduzione dei rifiuti (in quantità e pericolosità) come parametro di ef-ficienza e sostenibilità ambientale ed economi-

ca sia per chi produce che per chi gestisce il ciclo dei rifiuti urbani (i Comuni e i cittadini che sostengono il costo del servizio). Per ragionare in una logica di eco-nomia circolare, il testo di revisio-ne della Direttiva quadro dovrebbe: riconoscere la priorità della pre-venzione non solo in linea di prin-cipio, ma anche programmando e destinando le risorse. Dovrebbe dare indicazioni sugli strumenti in grado di sostenere tutti gli attori nell’implementazione delle misu-re programmate (responsabilità estesa del produttore, tariffa rifiuti, ecotassa, …). Dovrebbe promuovere l’informazione, la sensibilizzazione e la responsabilizzazione di tutti gli attori coinvolti. Data l’importanza della partita in gioco, il Senato della Repubbli-

ca – Commissione Territorio ha deciso di allargare la partecipazione e aprire una ‘consultazione pubblica sull’economia circolare’ pronto ad accogliere informa-zioni e suggerimenti da cittadini, imprese, Università… (termine ultimo per la presentazione delle proposte: il 1° aprile 2016, info www.senato.it – application). Come associazione di aziende di servizi pubblici locali sia-mo convinti che il traguardo che l’Europa e l’Italia si sono posti è ambizioso ma realizzabile, con lo sforzo di tutti. Un’opportunità che mette a sistema le competenze scientifiche e tecniche, pubbliche e private, nel set-

tore idrico e dei ri-fiuti, nell’agricol-tura e alimentare cercando d i mi-gliorare la qualità di suoli, dell’aria e dell’acqua incro-ciando le innova-zioni tecnologiche con i grandi pro-blemi ambientali e sociali, trasfor-mandoli in un’op-portunità enorme che i l Paese, la Lombardia, saprà cogliere. n

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1•2016LA NUOVA LEGGE PER L’AMBIENTE

Gian Luca Galletti, 53 anni, è il Ministro dell’Ambiente dell’attuale governo Ren-

zi. Negli ultimi tre mesi il Ministe-ro dell’Ambiente è stato al centro di importanti provvedimenti che hanno ridisegnato strategie e linee guida della politica ambientale. Si è co-minciato con la COP 21 nella prima settimana di dicembre e della Legge 28 dic. N.221 (www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/1/18/16G00006/sg) che promuove misure di green economy con una serie di appositi provvedimenti incentivanti. Proprio su questi punti abbiamo incentrato le nostre domande al Ministro Galletti.

Ministro, le nuove norme ambientali previste dalla legge n.221 sono ormai entrate, a partire dal 2 feb-braio 2016 data in cui è scattato il periodo di “vaca-tio legis”, a far parte del nostro Ordinamento giu-ridico. Qual’è il significato di questo provvedimento? Le norme del ‘Collegato Ambientale’ entrate in vigore sono una strategica manovra ‘green’, con nuove misu-re e investimenti in tutti settori nevralgici dell’econo-mia verde, coerenti con l’impegno preso alla COP21 di Parigi e con il modello di sviluppo circolare proposto dall’Europa.

Un occhio quindi particolare alla sostenibilità? Per la mobilità sostenibile sono stanziati 35 milioni di euro, in un programma sperimentale di spostamento casa-scuola e casa-lavoro.

Anche il territorio è interessa-to da queste norme?Si. Infatti nasce il fondo per la progettazione degli interventi

contro il rischio idrogeologico e sono messi a disposi-zione dei comuni 11 milioni di euro per l’abbattimento degli edifici in zone a rischio costruiti senza i necessari permessi.

Cosa contiene il provvedimento su rifiuti e riciclo?Ci sono una serie di misure per incrementare la diffe-renziata e il riciclo, tra cui il ‘vuoto a rendere’ speri-mentale e su base volontaria. Così come si rafforza il percorso di bonifica dall’amian-to attraverso un credito d’imposta da 5,6 milioni l’anno fino al 2019 per le imprese che si occupano della sua rimozione.

Ha molto colpito l’opinione pubblica il provvedimento sui mozziconi di sigaretta?Le multe per chi getta mozziconi, gomme e rifiuti di piccolissime dimensioni a terra, nelle acque e negli scarichi sono misure di civiltà. Per proteggere l’am-biente occorre anche una maturazione culturale dei cittadini.

Viene affrontato anche il tema dell’inquinamento ma-rino?Anche per il mare ci sono importanti novità, come i 2,8 milioni in 3 anni per le aree marine protette e l’obbligo per il proprietario del carico inquinante via mare di mu-nirsi di una polizza assicurativa a copertura integrale dei rischi anche potenziali. Nel provvedimento c’è anche molta attenzione per il GPP.Si. Molto importante è l’intervento che riguarda il ‘gre-

GREEN ECONOMY: LE NUOVE MISURE DELLA LEGGE 221INTERVISTA CON IL MINISTRO DELL’AMBIENTE GIAN LUCA GALLETTI

Gian Luca Galletti

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LA NUOVA LEGGE PER L’AMBIENTE LA NUOVA LEGGE PER L’AMBIENTE

en public procurement’, ovvero i criteri verdi minimi cui si devono adeguare tutte le amministrazioni dello stato nei loro acquisti: dai toner al riscaldamento, dall’illu-minazione alla ristorazione.

Cosa contiene il ‘collegato’ riguardo ai servizi idrici?

Nasce inoltre il fondo di garanzia per le opere idriche, comprese le reti di fo-gnatura e di depurazione, mentre viene assicurato agli utenti domestici del ser-vizio idrico integrato in condizioni eco-nomico sociali disagiate l’accesso alla fornitura di acqua per i bisogni fonda-mentali a condizioni agevolate.

C’è anche una attenzione particolare alla protezione degli animali?Ricordo che era una norma molto atte-sa: essa estende l’impignorabilità anche agli animali d’affezione e da compagnia, come a quelli impiegati a fini terapeutici o di assistenza.

Il ‘collegato’ racchiude qundi una serie di norme ad ampio spettro. Soddisfatto, signor Ministro?Ci sono tanti buoni motivi per dire che questo insieme di misure possa segnare un passo in avanti per il Paese a livello ambientale e anche culturale. n

• 35 MILIONI DI EURO PER UN PROGRAMMA

NAZIONALE DI MOBILITA’ SOSTENIBILE CASA-SCUOLA

E CASA-LAVORO

• PIU’ TASSE PER I COMUNI CHE INQUINANO

PIU’ 20% SULLA TASSA DEI RIFIUTI IN DISCARICA

PER I COMUNI CHE NON HANNO RAGGIUNTO LE PERCENTUALI

PREVISTE PER LEGGE

• MENO TASSE PER I COMUNI CHE DIFFERENZIANO RIDUZIONE DEL TRIBUTO DAL 30 FINO AL 60%PER CHI SUPERA IL LIVELLO DI DIFFERENZIATA DEFINITO DALLE NORME NAZIONALI

LE PRINCIPALI MISURE DEL PROVVEDIMENTO

• 11 MILIONI DI EURO PER FINANZIARE INTERVENTI DI RIMOZIONE O DEMOLIZIONE DA PARTE DEI COMUNI DI OPERE ABUSIVE

• ISTITUITO IL FONDO PER LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO AMBIENTALE

• NASCE IL FONDO DI GARANZIA PER

POTENZIARE LE INFRASTRUTTURE IDRICHE TRA CUI LE RETI FOGNARIE

E LA DEPURAZIONE

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1•2016LA NUOVA LEGGE PER L’AMBIENTE

GPP: LA DEFINIZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEAACQUISTI VERDI O GPP (Green Public Procurement) è definito dalla Commissione europea come “[...] l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pub-bliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il mi-nore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”.Si tratta di uno strumento di politica ambientale vo-lontario che intende favorire lo sviluppo di un mer-cato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambien-tale attraverso la leva della domanda pubblica. Le autorità pubbliche che intraprendono azioni di GPP si impegnano sia a razionalizzare acquisti e consumi che ad incrementare la qualità ambientale delle pro-

prie forniture ed affidamenti (cfr. il manuale Buying Green! predisposto per conto della Commissione Europea).OBIETTIVI DEL GPP• Riduzione degli impatti ambientali• Tutela della competitività• Stimolo all’innovazione• Razionalizzazione della spesa pubblica• Integrazione delle considerazioni ambientali nelle

altre politiche dell’ente• Miglioramento dell’immagine della pubblica am-

ministrazione• Diffusione di modelli di consumo e di acquisto so-

stenibili• Accrescimento delle competenze degli acquirenti

pubblici• Miglioramento della competitività delle imprese

GPP: OBIETTIVO SOSTENIBILITA’PER GLI APPALTI PUBBLICI UNO STRUMENTO EFFICACE DI ORIENTAMENTO ALLO SVILUPPO SOSTENIBILIE

In tutta Europa gli acquisti “verdi” o Green Public Pro-curement, cioè gli acquisti di prodotti e servizi con ca-ratteristiche di sostenibilità ambientale, si sono affer-

mati come uno strumento chiave per ridurre i consumi di energia e per orientare la domanda e l’offerta verso beni e servizi a minore impatto ambientale.Recentemente le istituzioni Europee hanno approvato tre nuove direttive, modificando sensibilmente il settore ap-palti pubblici in chiave di trasparenza, semplificazione e soprattutto dei criteri di se-lezione dei prodotti che sa-ranno acquistati dai soggetti pubblici a livello europeo e nazionale.Attuare il green public procu-rement (GPP), ossia acquisti verdi pubblici, significa intro-durre criteri volti alla riduzio-ne degli impatti ambientali nelle politiche di acquisto di beni e servizi degli enti pub-blici. La riduzione degli impatti ambientali è relativa a tre aspetti: ciclo di produzione - minore consumo di materie prime ed energia; ciclo di consumo - minori emissioni, minori rischi

per la salute umana; ciclo di smaltimento - maggiore dura-ta di vita, migliori possibilità di riutilizzo, minore produzione di rifiuti. Le dimensioni della spesa pubblica (si stima che gli acqui-sti di beni e servizi effettuati dal settore pubblico raggiun-gano circa il 15% del PIL nella media dei paesi europei) sono tali per cui i vantaggi del GPP non si limitano alla ri-duzione degli impatti ambientali diretti derivanti dall’attività della Pubblica Amministrazione, ma altrettanto importante

è l’incremento dell’attenzione all’ambiente generato nell’in-tero sistema economico. Il comportamento del “consu-matore PA” può infatti eser-citare un notevole livello di influenza sul comportamen-to del mercato sia dal lato dell’offerta, poiché i produtto-ri di prodotti e servizi risultano incentivati a ridurre il proprio impatto ambientale per man-tenere la possibilità di vendita

verso la PA, sia dal lato della domanda, dove la PA esercita la funzione di modello per la condotta dei cittadini, delle istituzioni private e delle imprese. n

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GALLETTI: L’ITALIA E IL DOPO COP21

1. LA COPDal 30 Novembre al 12 Dicembre 2015, si è svolta a Parigi la 21° Con-ferenza delle Parti della Convenzio-ne Quadro per la lotta contro i cam-biamenti climatici (da cui l’acronimo COP), che ha visto anche l’ultima sessione dell’ADP (Ad Hoc Durban Platform) ovvero il gruppo negozia-le a cui è stato affidato in questi anni

il compito di preparare l’Accordo di Parigi.In linea con i nostri obiettivi e le no-stre aspirazioni, posso dire che la Conferenza di Parigi ha segnato un momento storico che, come sapete, è culminato con l’adozione di un accordo internazionale, sottoscrit-to da tutti i paesi e quindi realmente universale, finalizzato a regolare le emissioni di gas ad effetto serra, individuate ormai con certezza dalla scienza come maggiori responsabili dell’aumento della temperatura del pianeta.Per la prima volta nella storia, infat-ti, quasi 200 paesi si sono impegna-ti ad agire e, ancor più importante, a rispondere delle loro azioni per affrontare i cambiamenti climatici. Tali azioni, che hanno preso forma di contributi nazionali volontari (INDC) presentati dai governi nell’arco del

2015, consentiranno nei prossimi anni una deviazione sostanziale del trend delle emissioni rispetto alla situazione attuale (Business As Usual), contribuendo concretamen-te a trasformare Parigi in una tappa chiave nella lotta ai cambiamenti del clima.Naturalmente l’evoluzione del cli-ma, così come gli assetti socio-

e co n o m i c i d e i vari paesi, il loro sviluppo, le loro politiche energe-tiche, l’inciden-za degli impegni nazionali di ridu-zione delle emis-sioni, non sono elementi fissati al dicembre 2015 e immutabili. Anzi sia i cambiamenti

climatici che le dinamiche socio-economiche ed energetiche sono, per antonomasia, soggette ad evo-luzioni e cambiamenti.Ed è per questo motivo che l’Accordo svolge un ruolo determinante, perché fornisce un’architettura duratura e solida per rivedere pe-riodicamente ed accrescere nel tempo gli sfor-zi di tutti i pae-si verso i nostri comuni obiettivi di lungo perio-do. A Parigi, in-fatti, i governi si sono impegnati a ritornare regolar-mente al “tavolo” per riconsidera-re i rispettivi piani e programmi in

ambito climatico e collettivamente assicurare che siano intraprese le necessarie misure per affrontare i cambiamenti climatici e limitare la temperatura al di sotto dei 2°C.

A riprova della ferma determinazio-ne collettiva di raccogliere la sfida che abbiamo di fronte e avviare un processo serio di decarbonizzazio-ne delle nostre economie, l’Accordo racchiude inoltre un obiettivo di lun-go termine che stabilisce la neces-sità di effettuare rapide riduzioni al fine di pervenire ad un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda parte del secolo.In questo contesto, l’Unione Europea e l’Italia, forti dei risultati ottenuti a livello domestico e degli impegni ambiziosi assunti dai nostri capi di stato e di governo al 2030 (che ri-cordo sono il taglio di almeno il 40% le emissioni rispetto al 1990, la crescita fino al 27% della produzio-ne di energia da fonti rinnovabili e l’incremento del 27% dell’efficienza energetica) hanno svolto un ruolo di

primo piano, esprimendosi con un’unica voce e lavo-rando costan-temente con tutti i partner negoziali per la realizzazio-ne di questo successo.

E n o n è u n caso che tale successo sia

pienamente in linea non solo con il mandato negoziale dell’Unione Europea per la Conferenza di Pa-

COP21. LA STRATEGIA AMBIENTALE A LIVELLO GLOBALEI PUNTI DELL’ACCORDO E I PROSSIMI PASSI DEL NOSTRO PAESE

RELAZIONE DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE ALLA COMMISSIONE AMBIENTE DEL SENATO (3/2/2016)

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1•2016GALLETTI: L’ITALIA E IL DOPO COP21

rigi, costruito con il contributo degli esperti del nostro ministero in tutti i gruppi tecnici negoziali europei, ma anche con gli obiettivi dell’Italia che ha, in particolare, spinto l’U-nione Europea a costruire le proprie posizioni negoziali per un accordo che consenta la più ampia partecipazione possibile, superando le limitazioni del Protocollo di Kyoto.

2. ELEMENTI CHIAVE DELL’ACCORDOCome abbiamo già avuto modo di constatare prima della mia partenza per Parigi, l’Accordo comprende diversi elementi e affronta la que-stione dei cambiamenti climatici a più livelli:• l’obiettivo di lungo termine (già concordato a Cancún nel 2010), di limitare l’incremento della temperatura entro i 2°C al 2100 rispet-to ai livelli preindustriali. Come vi avevo promesso nel nostro ultimo incontro prima di Parigi, sono fiero di po-tervi informare che non solo siamo riusciti a confermare il nostro obiettivo comune di mantenere la temperatura media globale entro i 2° centigradi ma abbiamo sostenu-to con forza e con successo anche l’esigenza di mettere in campo tutti gli sforzi necessari per giungere a 1.5° centigradi. L’Italia e l’Unione Europea si sono impegnati con successo a far emergere il senso di urgenza che la natura del problema ci impone e a includere coeren-temente nel testo dell’Accordo una visione collettiva di lungo periodo che miri ad avviare un percorso verso la neutralità carbonica entro la seconda metà del secolo.• gli aspetti di mitigazione, per cui l’Unione Europea si è spesa considerevolmente negli anni riuscendo ad ottenere ottimi risultati a Parigi. Si è deciso infatti di mettere in piedi, mantenere e realizzare politiche, mi-sure e strategie nazionali e di presentarne di nuove e di più ambiziose ciclicamente ogni 5 anni, a partire dal 2020. Abbiamo di fatto costruito un sistema duraturo e dinamico che consentirà di adeguare progressivamente i nostri sforzi ai nostri obiettivi di lungo termine, evitan-do di rinegoziare e concordare ogni 5 o 10 anni azioni specifiche.• la differenziazione, intesa come la possibilità che gli obblighi dei Paesi che aderiranno al nuovo regime debbano essere formulati tenendo conto delle diversità delle realtà ambientali ed economiche e dell’evolversi delle mutate circostanze nazionali presenti e future, è stata universalmente riconosciuta. Il compromesso rag-giunto a Parigi pur confermando, con diverse sfumature a seconda se si tratti di mitigazione, finanza e adatta-mento, il ruolo guida dei paesi industrializzati, amplia a

tutti i paesi che ratificheranno l’accordo l’obbligo (azioni di mitigazione) e l’opportunità (finanza per il clima) di contribuire agli sforzi messi in campo, in funzione del loro stadio di sviluppo. Questo cambio di passo, che rappresenta uno dei principali risultati raggiunti duran-te la Conferenza, pone le basi per un approccio equo, dinamico ed efficace in grado di tracciare un percorso impegnativo ma realizzabile per raggiungere l’obiettivo di lungo termine di rimanere al di sotto dei 2° C.• la finanza per il clima, in altre parole il bilanciamento tra gli impegni richiesti e il supporto finanziario garanti-to a favore dei Paesi in via di sviluppo. I paesi industria-lizzati hanno confermato e rinnovato i propri impegni a favore dei Paesi in via di sviluppo fino al 2025, quando tali impegni saranno nuovamente rivisti e aggiornati alla luce dei cambiamenti nel frattempo intercorsi. I nostri sforzi consentiranno di aiutare in modo concreto ed efficace tali paesi a ridurre le emissioni, adattarsi ai cambiamenti climatici e a rafforzare le loro capacità di implementare l’accordo nel lungo periodo.• le regole e la governance, per un sistema di rendi-contazione degli sforzi intrapresi e dei risultati raggiunti dai singoli paesi. Siamo riusciti a concordare e stabilire un unico sistema che assicuri la trasparenza del nuovo regime e richieda a ciascun paese di riportare i rispetti-vi progressi nella realizzazione dei piani di mitigazione, valutandone regolarmente con cadenza quinquennale la portata collettiva alla luce dell’obiettivo di rimanere al di sotto dei 2°C e di adattare rapidamente tali obiettivi alle mutate situazioni socio-economiche.Nonostante la portata della sfida che ci attendeva a Pa-rigi per chiudere un’intesa sul clima davvero efficace ed ambiziosa, credo di poter affermare con assoluta cer-tezza che l’Italia e l’Unione Europea sono stati all’altezza

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GALLETTI: L’ITALIA E IL DOPO COP21

delle aspettative contribuendo alla definizione di un accordo al tempo stesso inclusivo, dinamico e allarga-to, dove tutti i Paesi sono chiamati a partecipare e a collaborare in linea con le proprie responsabilità comu-ni e differenziate secondo le proprie circostanze nazionali.

Come Unione Europea, mi sento di dire che abbiamo svolto un ec-cellente ruolo di guida nel dibatti-to che ha alimentato la visione alla base dell’accordo di Parigi e, più in dettaglio, di alcuni degli elementi principali e più innovativi del nuo-vo regime quali: la revisione quin-quennale degli impegni; l’obbietti-vo di lungo termine; le regole del sistema di rendicontazione. Siamo stati tra coloro che hanno fornito la maggior parte delle risorse fi-nanziarie per i paesi in via di svi-luppo per la lotta ai cambiamenti climatici. Abbiamo portato avanti un continuo e quanto mai pazien-te lavoro di tessitura di alleanze e relazioni dei più importanti atto-ri statali del processo negoziale come gli Stati Uniti, il Brasile e il Sud Africa, quale passo essenziale per costruire il consenso indispen-sabile alla chiusura dell’accordo. Abbiamo sostenuto con continuità e con pieno successo il tentativo della Presidenza Francese di coin-volgere attivamente tutti coloro che al di fuori dei governi (le città, le regioni e gli altri enti subnazio-nali, le organizzazioni internazio-nali, le imprese, i popoli indigeni, le donne, i giovani, le istituzioni accademiche) realizzano iniziative serie ed efficaci nella lotta ai cam-biamenti climatici.

Credo sia inoltre giusto ricordare che l’Italia è stata tra coloro che hanno sostenuto a gran voce all’in-terno e al di fuori dell’Unione Eu-

ropea la necessità di un robusto quanto chiaro sistema di Governan-ce per dare certezza agli impegni di ognuno e creare le premesse per uno sforzo collettivo che riveda pe-riodicamente gli impegni al rialzo.A tal fine, come sapete, l’Italia si era fatta promotrice di una propo-sta specifica sulla costruzione delle capacità dei Paesi in via di sviluppo per un robusto sistema di rendicon-tazione e verifica, proposta che oggi con nostra grande soddisfazione è a pieno titolo parte integrante dell’Ac-cordo di Parigi.Sono dunque convinto che il Gover-no italiano, rappresentato al tavolo negoziale dal Ministero dell’Ambien-te, abbia giocato un ruolo attivo in questo appuntamento e abbia soste-nuto più che mai l’azione europea, facendo valere tutta la sua influen-za e le sue relazioni, contribuendo a segnare un momento storico della lotta ai cambiamenti climatici.

3. PROSSIMI PASSIDal resoconto che vi ho appena pre-sentato appare chiaro che l’appun-tamento di Parigi rappresenta un enorme passo in avanti nella lotta ai mutamenti del clima, ma è solo uno dei molti passi di un lungo percorso. L’accordo definisce l’architettura e il mandato per un’azione collettiva e concertata, la sfida vera è ora quel-la di attuare la profonda transizione concordata verso un futuro a basse emissioni e resiliente al clima a tutti i livelli.In primo luogo, i contributi nazionali comunicati dalle Parti devono esse-re attuati. Per molti Paesi in via di sviluppo questo richiede un soste-gno costante per migliorare le limi-tate capacità nazionali, e su questo l’Italia ha dimostrato chiaramente di aver compreso prima di altri il ruolo chiave che questo tema avrà per il futuro dell’accordo.

I governi nazionali dovranno rive-dere periodicamente le loro azio-ni e laddove possibile dimostrare maggiore coraggio e ambizione negli sforzi da intraprendere. In questo contesto, un primo pas-so chiave sarà determinato dalla rapidità con cui questo accordo entrerà in vigore e dal grado di partecipazione. Il segnale politico che scaturirà da questo processo contribuirà ad aumentare la pro-babilità che gli attori nazionali, soprattutto in settori chiave, siano disposti a perseguire riduzioni più ambiziose di gas serra.Innalzare l’ambizione dell’accor-do, per i Paesi in via di sviluppo, sarà legato, in buona misura, an-che alla messa a disposizione per questi Paesi dei cosiddetti “mezzi di implementazione”: ovvero risor-se finanziarie, capacity building, tecnologie. Vorrei qui ricordare che il sistema di Monitoraggio, Ren-dicontazione e Verifica, che tanto abbiamo sostenuto come elemento sostanziale per assicurare la dina-micità dell’accordo, si applica non solo agli obbiettivi di riduzione delle emissioni, ma anche a quelli finan-ziari. Ne consegue che l’obbiettivo dei famosi 100 miliardi l’anno co-stituisce, oggi, un elemento impre-scindibile dell’accoro al quale il no-stro Paese dovrà obbligatoriamente contribuire con il giusto contributo.

Pertanto, la cooperazione con i Pae-si partner, e in particolar modo con quelli più vulnerabili, dovrà essere un elemento costante della nostra azione internazionale. In tal sen-so siamo impegnati al Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con i colleghi del MAE e del MEF a rafforzare tale impegno, ben consa-pevoli che può trasformarsi anche in un volano per l’internazionalizza-zione delle nostre imprese. n

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1•2016COP21 E IL RUOLO DELLA REGIONE

NELLE POLITICHE POST COP21CRUCIALE IL RUOLO DI REGIONI E CITTÀ

Econ grandissimo orgoglio che su delega del pre-sidente Maroni ho potuto rappresentare Regio-ne Lombardia alla COP21 di Parigi, il principale

evento mondiale dedicato alle tematiche ambientali e incentrato in particolare sulla riduzione dei livelli di emissione del gas serra.Regione Lombardia, in collaborazione con la Fondazione Lom-bardia per l’Ambiente e gli enti del sistema regionale, ha svolto nell’ultimo decennio numerosi studi e pro-getti e ha sviluppato le basi conoscitive per individuare le misure d’intervento nell’ambito della mitigazione, che mira a contribuire alla riduzione delle emissioni dei gas ser-ra. Queste esperienze sul campo hanno permesso di creare un importante base conoscitiva; di riconoscere il cambiamento climatico come un tema trasversale da affrontare con lo sviluppo di politiche regionali in tutti i settori e a diversi livelli di responsabilità. Alla luce dei dati a nostra disposizione sono quindi state promosse diverse politiche attive di settore che contribuiscono al raggiungimento di obiettivi di mitigazione dei gas serra e di adattamento ai cambiamenti climatici (Pria e Pear su tutti). Regione Lombardia, con le attività finora intraprese dalla Giunta e con il ricono-scimento e l’indirizzo politico del Consiglio, potrà e dovrà continuare a giocare un ruo-lo di rilievo nelle politiche sul cambiamento climatico sia a breve-medio termine (2016-2020) che a lungo termine (2020-2050), prefigurando l’orientamento del modello di sviluppo lombardo verso una sempre maggiore sostenibilità.

Nel settembre 2014, in occasione del Climate Summit dell’ONU di New York, Regione Lombardia ha aderito all’associazione internazionale no-profit The Climate Group e alla sottoscrizione degli impegni previsti dal Compact of States and Regions.

In conseguenza di tale impegno, la Lombardia ha elaborato una prima proposta di obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas climalteranti al 2020 e al 2030 e ha definito un sistema di monitoraggio delle emissioni.Gli impegni sono stati trasmessi alla rete The Climate Group ad agosto 2015, il primo re-port globale dei firmatari del Com-pact che è stato

presentato alla Conferen-za delle Parti delle Nazio-ni Unite sul Clima di Pari-gi (COP21).Inoltre, Regione Lombar-dia nell’ottobre 2015 ha sottoscritto il protocollo “UNDER 2 MOU” (formalmente “Subnational Global Climate Leadership Memorandum of Understanding”), un’iniziativa nata dalla collaborazione tra la California e il Baden-Württemberg per raccogliere l’impegno dei

governi sub-nazionali a ridurre le proprie emissioni climalte-ranti entro il 2050 dall’80 al 95% rispetto al valore del 1990.Una grande novità perseguita dalla COP21 è stato il ricono-scimento del ruolo cruciale che assumono le regioni e le città impegnate in politiche per lo svi-luppo di società “post carbon”.

Infatti secondo quanto dichiarato dall’UNDP (Program-ma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite), dal 50% all’80% delle azioni di mitigazione e adattamento necessarie

Claudia Maria Terzi

DI CLAUDIA MARIA TERZI, ASSESSORE REGIONALE ALL’AMBIENTE, ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE

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COP21 E IL RUOLO DELLA REGIONE

per affrontare il cambiamento cli-matico saranno implementate a livello sub-nazionale e locale. Il governo sub-nazionale è infatti il livello più adeguato ad affrontare il cambiamento climatico in quan-to è responsabile dello sviluppo e dell’implementazione delle poli-tiche che hanno il maggiore im-patto sul cambiamento climatico: qualità dell’aria, trasporti, ener-gia, efficienza energetica, gestio-ne e pianificazione del territorio, innovazione tecnologica, ecc.Per concludere posso dire che la XXI sessione della Conferenza delle Parti - COP21 ha segnato una tappa decisiva dei negoziati sul nuovo accordo mondiale per il clima che si prevede entrare in vigore nel 2020.Regione Lombardia di fatto sta in-vestendo tutte le risorse a nostra disposizione, seppur esigue, per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni e delle aziende, se-guendo il motto: “La qualità costa meno e aiuta l’ambiente”, fissando “impegni” e obiettivi chiari come: • investire in nuove politiche inte-

grate che garantiscano il raggiun-gimento degli obiettivi di tutela ambientale (trasporti meno inqui-nanti; mobilità condivisa, ciclistica e elettrica; green economy, ener-gie rinnovabili; riciclo e riuso delle materie; limitazioni al consumo di

suolo; innovazione nel settore agri-colo e forestale); • la condivisione degli obiettivi con enti e amministrazioni locali;• l’implementazione di processi di innovazione nel sistema produttivo; • collaborazione con mondo dell’U-niversità per programmi di ricerca; • ci siamo posti come parte attiva per favorire scambi di esperienze

e sviluppo di protocolli di collabo-razione locali nazionale e interna-zionali;• e cosa significativamente im-portante è la responsabilizzazione a tutti i livelli attraverso politi-che di comunicazione improntate sull’informazione e l’educazione attraverso l’insegnamento di buo-ne pratiche e di stili di vita più so-stenibili.Abbiamo insomma davanti a noi una grande sfida: quella della sostenibilità ambientale, sulla quale le Istituzioni devono anco-ra fare molto, investendo sulla green economy. E con un ultimo grande obiettivo, che però non di-pende da noi: tutti gli investimen-ti per contrastare i cambiamenti climatici siano esclusi dal Patto di stabilità. Perché un ambiente più sosteni-bile lo si costruisce insieme: con le piccole e grandi aziende, con la cultura diffusa delle nostre comunità e l’apporto delle istitu-zioni pubbliche. Insieme all’inno-vazione tecnologica e strategie a medio e lungo termine. n

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1•2016INQUINAMENTO: CHE FARE

Pm10, particolato, polveri sottili. Tut-te parole entrate ormai a far parte del lessico quotidiano di chi vive nel

Bacino Padano. Il nostro territorio è una stanza chiusa senza finestre, un contesto davvero anomalo, perché qui non c’è ven-to”, spiega Bruno Simini, presidente Arpa-Lombardia.

Rispetto al resto d’Europa come si pone la nostra area?Le condizioni meteo che, nel Bacino Padano definia-mo favorevoli, nel resto d’Europa - grazie al vento o alla pioggia - sono la normalità. Mentre le condizioni tipiche della nostra area corrispondono a quelle sfa-vorevoli ovunque. In sintesi, se noi avessimo le carat-teristiche delle altre regioni del nord Europa avremmo situazioni di inquinamento di gran lunga ridotte.

Presidente Simini, un bi-lancio sulla qualità dell’a-ria del 2015?Dopo un 2013 e un 2014 in cui abbiamo raggiunto tra-guardi storici come il dato del non superamento della media annua che l’Ue fis-sa a 40 microgrammi per metrocubo, il 2015 è l’anno in cui abbiamo registrato superamenti importanti delle soglie consentite dal-le norme europee: abbiamo raggiunto 101 giorni di superamenti (l’Ue fissa il limite a 35 in un anno) della soglia di 50 µg/m3.

Questo è un dato negativo.Sicuramente ci consente di dire che non respiriamo una buona aria. Ma un lato positivo c’è.Quale?Innanzitutto se noi confrontiamo questo dato dei 101 giorni di superamenti con la tendenza degli ultimi 10-15 anni, vediamo subito che ogni anno c’è stato

un netto miglioramento grazie alle politiche am-bientali attuate. Queste prevedono misure strut-turali, come per citarne quelle più note, il rinno-vo di tutto il parco auto e il divieto di circolazione per i veicoli ormai datati e inquinanti. Perciò i tre

mesi di superamento del 2015 sono comunque la metà dei mesi di 10 anni fa quando si superavano 160 giorni.

Quanto ha contribuito il meteo al risultato negativo del 2015?Il maggior imputato è il meteo. Per due mesi non è

piovuto. Il 2014 invece è stato un anno particolarmente piovoso e ne ha be-neficiato sicuramente lo stato di salu-te dell’aria. Se escludiamo deboli pre-cipitazioni avvenute due o tre giorni nello scorso autunno, possiamo affer-mare che l’assenza di precipitazioni significative su Milano è iniziata il 29 ottobre fino al 30 dicembre. Periodo in cui sono caduti solo 110 mm circa di pioggia.

E questo ha portato ai 36 giorni con-secutivi di superamento della soglia

dal fine novembre a fine dicembre. Tutto ciò ha sen-sibilizzato l’opinione pubblica tanto da portare le Amministrazioni ad adottare misure antismog.Chiariamo subito un fattore. Sono fortemente convin-to - e la mia convinzione si basa sui numeri - che i provvedimenti occasionali o parziali producono effetti irrilevanti sulla qualità dell’aria. Bisogna puntare sulle misure strutturali come il rin-novo del parco auto e soprattutto il riscaldamento, quindi il rinnovo delle caldaie. È molto meglio una mi-sura anche piccola, che riduca di poco le emissioni, ma per sempre in modo irreversibile. Queste portano

LA QUALITA’ DELL’ARIA A MILANO?NE PARLIAMO CON IL PRESIDENTEDI ARPA LOMBARDIA

Bruno Simini

INTERVISTA A BRUNO SIMINI, PRESIDENTE ARPA LOMBARDIA

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INQUINAMENTO: CHE FARE

nel tempo a risultati apprezzabili e a volte molto significativi.

Parlava di numeri. Può farci un esempio?Certo. A Milano nei giorni di fine dicembre in cui c’è stato il blocco totale del traffico i valori del Pm10 sono addirittura saliti. Nei provvedimenti occasionali emerge l’idea che io definisco della bolla di sapone chiusa sopra la propria testa, come se non ci sia un rime-scolamento dell’aria. Le misure a macchia di leopardo non hanno effetti. Servono provve-dimenti omogenei per tutto il Bacino. Regione Lombardia si muove in questo senso anche attraverso i Tavoli dell’aria che vedono coin-volti non solo le istituzioni, ma tutti i rappre-sentanti delle categorie produttive e sociali.

Quali sono le principali fonti che producono le polveri sottili?Riscaldamento e traffico sono i settori che più contribuiscono, ecco perché il problema si acuisce nel periodo invernale quando gli impianti sono accesi. Dico riscaldamento perché questo incide per il 45 per cento, il traffico per il 25.

Si parla anche del riscaldamento a legna?Molti pensano che sia in disuso, invece per-sino a Milano città occupa il 22 per cento del-la produzione di Pm10.

In che senso?Le do subito un dato. Un caminetto a legna inquina come un anno di ri-scaldamento a metano. Può bastare come esempio?

Presidente Simini, prima ha parlato di una presa di coscienza da parte dell’o-pinione pubblica. Quanto è importante che alcune abitudini siano cambiate?Moltissimo. Ogni grado in meno di riscaldamento fa risparmiare il 7 per cento di emissioni. Percentuali basse, ma provocano punte di inquinamento altissime. C’è da dire che oggi tutti siamo più attenti all’ambiente, perché abbiamo tutti compreso che ognuno di noi per la vita del pianeta gioca un ruolo decisivo. n

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1•2016SANZIONI EUROPEE

Scaduto il termine previsto dall’Unione Europea, fissato al 31 dicembre scorso, per adeguare im-pianti e reti di depurazione e per risolvere l’in-

frazione comunitaria. È tempo di fare i conti sulle multe salate di cui il Paese dovrà farsi carico: secondo i dati forniti dalla Struttura di Missione contro il dissesto idro-geologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Italia la stangata supererà i 250 milioni di euro. Tuttora nel Nord Italia il 15% del territorio non è a norma sul fronte di depurazione e fognatura, un dato che sale al 20% al Centro e che supera il 30% al Sud.“Una Caporetto - la definisce Mauro Grassi, responsabi-le della Struttura di missione - anche considerando che su 3 miliardi e 200 milioni di euro messi a disposizione per effettuare gli investi-menti, la maggior parte non sono nemmeno stati avviati a cantiere. Stiamo di fatto commissariando diverse zone d’Italia per risolvere la situazione. Quello che è successo nell’area metropolita-na di Milano - continua Grassi - è ciò che ci aspettavamo: laddove c’è un’impresa in grado di risolvere i problemi è giusto raccontarne la best practice”.

Tra tante cattive notizie, infatti, ce n’è una buona: nel pa-norama dei gestori idrici, Gruppo CAP, monou-tility del settore idrico della Città Metropolitana milanese, si è rimboccato le maniche ed è riuscito a concludere in tempo i lavori necessari per af-frontare e superare le sanzioni europee.Con un investimento di 134 milioni di euro, che ha permesso il finanziamento di 111 interventi (53 conclusi nel 2014 e 58 nel 2015) in 60 comuni, il caso di Gruppo CAP è stato quindi presentato dalla Struttura di Missione e dalla Regione Lom-bardia come una best practice in tema di miglio-

ramento della qualità ambientale: garantire fognature e depuratori a norma è indispensabile per tutelare lo stato

di salute dei corsi d’acqua e, più in ge-nerale, per abbattere l’impatto delle attività umane sull’ambiente in cui viviamo.A discutere di questo tema e a pre-sentare i dati aggiornati, si sono ri-uniti il 29 gennaio a Milano, presso Palazzo Pirelli, Mauro Grassi, re-sponsabile della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; Viviane Iacone, dirigente della Struttura pianificazione tutela e riqualificazione delle risorse idriche presso la DG Ambiente, energia e svi-luppo sostenibile di Regione Lombar-

FOGNATURA E DEPURAZIONE:A MILANO SI FA IL PUNTOSULLE SANZIONI UE

Da sinistra: Alessandro Russo, Mauro Grassi e Eugenio Comincini

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SANZIONI EUROPEE

dia; Eugenio Comincini, vicesindaco Città Metropolitana di Milano e Gian-carla Marchesi, presidente ATO Città Metropolitana di Milano; Alessandro Russo, presidente Gruppo CAP.La normativa di riferimento per il trattamento delle acque reflue è la direttiva 91/271/CEE, recepita dall’I-talia con il D. Lgs. 152/2006 (il cosid-detto Codice dell’Ambiente). Si oc-cupa degli agglomerati superiori a 2mila abitanti equivalenti, imponendo che siano forniti di adeguati sistemi di reti fognarie e impianti di tratta-mento delle acque reflue. Su questo tema l’Italia registra un ritardo infra-strutturale grave e persistente: una vera e propria emergenza nazionale, con due italiani su dieci senza fogne, tre su dieci senza depuratori e il 40% dei fiumi gravemente inquinati.“Al momento per la prima procedura d’infrazione (2009/2034) ci risultano ancora aperti 6 casi: 2 in fase di riso-luzione, a Melegnano e Pogliano Mi-lanese (dove il cantiere è fermo dopo il ritrovamento di reperti archeologici), e 4 che stiamo monitorando a Mortara (Pv), Valle San Martino (Lc), Calco (Lc) e Vigevano (Pv) - ha spiegato Viviane Iacone per Regione Lombardia -. Nei soli ultimi due anni abbiamo investito 82 milioni di euro di cui 22 finanziati dallo Stato. Lo sforzo che

stiamo facendo è rilevare la situa-zione reale lombarda e renderla evi-dente, facendo emergere i problemi che persistono per poi pianificarne la risoluzione con le Autorità d’ambito e i gestori”.Esempio virtuoso è l’area della Cit-tà Metropolitana di Milano, grazie al programma massiccio di investi-menti concluso dal Gruppo CAP. Al momento della sua nascita, avvenu-ta nel 2013 grazie alla fusione tra le aziende idriche preesistenti, il Grup-po si è trovato ad affrontare la sfida di realizzare 111 interventi rientranti nella procedura di infrazione, entro la fine del 2015. Da lì è iniziata una

vera e propria corsa contro il tempo che ha consentito di evitare le multe ma soprattutto di tutelare l’ambiente, consegnando ai cittadini reti fogna-rie e depuratori in ordine, rispettosi delle norme e dell’ambiente, contri-buendo a costruire un futuro migliore per il territorio. Oltre ai benefici ambientali, am-modernare le infrastrutture idriche genera da subito benefici socio-eco-nomici: gli investimenti in condotti fognari e impianti di depurazione rappresentano infatti una formida-bile operazione di Green Economy, con valore anticiclico e con impatti positivi sull’occupazione. n

Aprendo tanti cantieri in contemporanea è inevitabile creare disagi alla cittadinanza. Ecco allora il progetto di comunicazione del Gruppo CAP “Mettiamo in cantiere un ambiente migliore” che, con striscioni sulla recinzione di cantiere, informa chi abita o transita nelle vicinanze sul motivo dei lavori, l’area interessata, la durata, il costo e il numero di persone impiegate. I cittadini vengono avvisati anche attraverso manifesti affissi negli spazi comunali e possono approfondire la conoscenza dei lavori consultando i volantini, con l’illustrazione più dettagliata dell’intervento, presenti in biblioteche, centri anziani, luoghi di ritrovo e aggregazione.

“METTIAMO IN CANTIERE UN AMBIENTE MIGLIORE”

Nell’immagine, il progetto pilota a San Donato e San Giuliano Milanese

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1•2016CAP WATER SAFETY PLAN

Si scrive Water Safety Plan (in breve WSP) e si legge rivoluzione per l’acqua del rubinetto. È quella annunciata a Milano dall’Istituto Superio-

re di Sanità, dal Ministero della Salute, dall’Organizza-zione Mondiale della Sanità e da Gruppo CAP, il gestore del servizio idrico integrato della Città Metropolitana di Milano, che sarà il primo in Italia ad adottare il WSP sul proprio sistema acquedottistico.Il tema è stato al centro di un convegno internazionale lo scorso 15 gennaio al Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, organizzato con il pa-trocinio del Ministero della Salute, dell’Istituto Supe-riore di Sanità, di Regione Lombardia, Città Metropo-litana di Milano, ATO Città Metropolitana, Utilitalia e Confservizi Cispel Lombardia. Il meeting ha fornito l’occasione per confrontare le migliori esperienze eu-ropee e programmare i prossimi passi italiani per l’at-tuazione e implementazione del Water Safety Plan. La giornata ha preso il via con gli interventi istituzionali di Emilia de Biasi, presidente della Commissione Salute del Senato; Claudia Maria Terzi, assessore regionale all’Ambiente; Eugenio Comincini, vice sindaco della Città Metropolitana; e Mauro d’Ascenzi, vicepresiden-te di Utilitalia, e con le relazioni di inquadramento sul WSP da parte di Liliana La Sala (Ministero della Sa-lute), di Luca Lucentini (ISS), e dell’europarlamentare Patrizia Toia.

“Il passaggio al WSP significa per il Gruppo un investi-mento importante in innovazione tecnologica, in ricerca e sviluppo della conoscenza, nell’ottica di intensificare ulteriormente il dialogo con i Comuni e più in generale con gli stakeholder, che avranno un ruolo attivo nel WSP - ha spiegato Alessandro Russo, presidente di Gruppo CAP -. È il coronamento di un percorso che ha portato la nostra azienda a dotarsi di strumenti innovativi quali il Piano Infrastrutturale Acquedotti, il WebGIS, l’accreditamento ISO 17025 del Laboratorio Acque Potabili, e a con-cludere il censimento degli scarichi”. “Tappe senza le quali l’adozio-ne del Water Safety Plan non sarebbe nemmeno immaginabile - ha sot-tolineato Michele Falco-ne, direttore generale di CAP -. Tutto per garan-tire un’acqua ancora più di qualità, sulla quale i controlli non sono solo puntuali e continui, come avvie-ne già adesso, ma anche ritagliati sulle caratteristiche della falda e del territorio”.

Il WSP è divenuto parte integrante del-la legislazione europea con la direttiva 2015/1787 e concede due anni di tempo ai singoli Stati per adeguarsi alla nuova nor-mativa. Di fatto il WSP ridefinisce il model-lo del controllo dell’acqua potabile, basato fino ad ora sulla sorveglianza di segmenti circoscritti del sistema-acquedotto e sul monitoraggio a campione dell’acqua distri-buita in rete, trasformandolo in un siste-ma globale di gestione del rischio esteso all’intera filiera idrica dalla captazione al punto di utenza finale.

“In pratica, per ogni sistema acquedottisti-co - ha spiegato Luca Lucentini, ricerca-

IL GRUPPO CAPPRIMO IN ITALIA A UTILIZZARE IL WATER SAFETY PLAN

Mauro D’Ascenzi

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tore dell’ISS - vengono valutati i possibili peri-coli che possono com-promettere la sicurezza dell’acqua in ogni fase dalla captazione fino al rubinetto, stimandone il rischio e il possibile impatto sulla salute e, soprattutto, ridefinen-do le misure per evi-tare pericoli. Un lavoro multidisciplinare e po-liedrico, definito in una Linea guida nazionale, che CAP intende attuare in una filiera idro-potabile comples-sa e di larga estensione, in cooperazione con le Auto-rità sanitarie e ambientali regionali e lo-cali, e con il supporto tec-nico-scienti-fico dell’ISS. Certamente, da ta la sua p o r t a t a i n -novat i va , le esperienze del progetto andranno a contribuire alle azioni di prevenzione in tema di ac-qua e salute coordinate dal Ministe-ro della Salute e condotte da molte Regioni, fornendo anche elementi di conoscenza originali da condividere in ambito europeo e con l’OMS”. Ha partecipato direttamente alla co-struzione delle Linee guida dell’OMS per l’acqua potabile John Fawell, uno dei massimi esperti interna-zionali sull’attuazione dei Water Safety Plan, che nel suo intervento al convegno si è concentrato sull’ap-proccio olistico garantito dai WSP, e sul cambiamento di prospettiva ne-cessario: “In questa regione avete acqua di qualità - ha commentato a fine convegno - e ho riscontrato po-

sitivamente che c’è la consapevolezza di quanto sia indispen-

sabile adot-tare un nuo-vo approccio orientato alla gestione del rischio”.

Il WSP con-s e n t i r à d i decidere in-s ieme a l le ATS (le ex-ASL) e alle altre autorità competenti, sulla base di una profonda va-lutazione dei rischi, quali parametri monitorare in

relazione ai rischi realmente pre-senti sul territorio e accuratamen-te analizzati. Sarà possibile, infatti, scegliere di au-mentare o ridur-re la frequenza dei campiona-menti nelle zone di approvvigio-namento, non-ché estendere la lista di sostanze da monitorare in caso di pre-occupazioni per la salute pub-bl ica . I l tut to anche grazie al coinvolgimento

attivo dei Comuni e degli stakeholder. Fondamen-tale in quest’ottica è l’al-largamento del dialogo a diversi soggetti: non a caso nel convegno del 15 gennaio al Museo della scienza sono intervenuti come relatori anche di-versi esponenti del mon-do universitario (Paolo Frattini, per l’Università

di Milano Bicocca; Marco Petitta, dalla Sapienza di Roma; Manuela Antonelli del Politecnico di Milano; Marco Masetti dell’Università degli Studi di Milano) e del servizio sani-tario (Maurizio Montanelli, direttore del Dipartimento di pubblica sanità dell’ATS Città Metropolitana), insie-

me con Marco Fantozzi, componente del Water Loss Specialist Group di IWA (International Water Association), con Rosario Lembo, presidente del Co-mitato Italiano per un con-tratto mondiale sull’acqua; e con diversi esponenti delle istituzioni (Regione Lombardia, Città Metro-politana, ATO) e di aziende idriche italiane e straniere (Brianzacque di Monza, e Vivaqua e De Watergroep dal Belgio). n

CAP WATER SAFETY PLAN

John Fawell

Luca Lucentini

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1•2016MM ACADEMY

Un’accademia dei saperi aperta ad altre Utility, Enti e ONG, professionisti, giovani tecnici e di-rigenti di enti locali. Presentato a Milano nel

mese di gennaio un ambizioso progetto firmato Me-tropolitana Milanese. MM Academy intende infatti rac-cogliere al proprio interno le molteplici attività di alta formazione che già vengono sviluppate dall’azienda. MM Academy, che ha ottenuto anche il patrocinio di Utilitalia e Confservizi Cispel Lombar-dia, intende raccogliere al pro-prio interno le molteplici atti-vità di alta formazione che già vengono sviluppate dall’azien-da. Tra esse l’aggiornamento professionale, l’investimento in borse di studio, la realizza-zione di partenariati con uni-versità e centri di ricerca, la programmazione di workshop e confronti tematici con tecnici dell’Amministrazione comunale (e non solo), corsi di aggiornamento profes-sionale accreditati dall’Ordine degli Ingegneri.

Il modello operativo di MM Academy sarà quello della corporate university con l’obiettivo di sviluppare spe-cifiche competenze professionali attraverso la valoriz-zazione dei talenti.MM Academy sarà quindi un’autentica “accademia dei saperi” aperta a professionisti, giovani tecnici e diri-genti di enti locali, consorzi, gestori dell’acqua.

MM Academy si presenta per MM - e quindi per la città - come lo strumento capace di patrimonia-lizzare il patrimonio di know how sin qui maturato nel corso dei primi sessant’anni di attività di MM con un’attenzione specifica al consolidamento del patrimonio immateriale che costituisce uno degli asset principali della società sviluppato tra l’altro con il costan-te contributo dei principali atenei quali Politecnico, Università Bicoc-

ca e Università Bocconi.

“La divulgazione dei saperi aziendali deve diventare patrimonio per la città metropolitana e per l’intero Paese - ha dichiarano Da-vide Corritore, Pre-sidente MM - che in stretta sinergia con i l mondo accade-mico, anche inter-nazionale, può di-ventare un punto di riferimento sull’alta innovazione e sulla gestione delle ac-que, delle grandi infrastrutture per la mobilità e per l’edi-lizia popolare”.

“Il nostro ruolo di società pubblica ci porta responsabil-

AL VIA MM ACADEMYUNA CORPORATE UNIVERSITY AL SERVIZIO DELLA CITTA’

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Da sinistra: Giovanni Valotti Presidente di Utilitalia e A2A, Stefano Cetti DG di MM SpA, Davide Corritore Presidente di MM SpA, Pierfrancesco Maran Assessore alla Mobilità

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SERVIZI&SOCIETÀ

mente a condividere il patrimonio di innovazione tecnologica e know how – rilancia Stefano Cetti, Diret-tore Generale MM.“Oggi abbiamo presentato la MM Academy, un progetto in cui cre-do molto - sostiene Pierfrancesco Maran, assessore all’acqua, ener-gia e infrastrutture del Comune di Milano -. Dentro le società pubbli-che ci sono competenze che vanno trasmesse ai più giovani e al tempo stesso la formazione dei lavorato-ri deve essere continua. La col-laborazione tra MM, fondazioni e università può formare una nuova generazione di professionisti che speriamo via via trovi spazio anche nel settore pubblico per portare qualità e nuove competenze.”

“La vecchia azienda municipaliz-zata non esiste più - ha sostenuto Giovanni Valotti, Presidente di Uti-litalia e Presidente di A2A - e solo chi investe sulle competenze per il futuro sarà punto di riferimento e eccellenza per tutti”.

“MM Academy dà un respiro inter-nazionale con strumenti di ricerca sui temi cari a Laboratorio Expo - ha commentato Massimiliano Tarantino di Laboratorio Expo - la lotta allo spreco dell’acqua e il rapporto tra tecnologia e strumenti di sostenibilità. Siamo contenti di aver avviato questa collaborazione con MM”.“La vera eredità di Expo è stata la grande coesione che ha creato fra tutti gli attori che sono stati coin-volti in questo grande evento”.

“L’Ordine degli Ingegneri - ha so-stenuto Silvio Bosetti, Presidente Fondazione Ordine Ingegneri - è felice di avere parte attiva in que-sta innovativa attività di una delle più significative aziende pubbliche italiane”. n

MM ACADEMY

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Presenti al debutto del progetto targato MM: Pierfrancesco Maran, Assessore alla Mobilità Ambiente Metropolitane Acqua pubblica Energia; Davide Corritore, Presidente MM SpA; Stefano Cetti Direttore Generale MM SpA; Giovanni Valotti, Presidente Utilitalia; Silvio Bosetti, Presidente Fondazione Ordine Ingegneri di Milano; Massimiliano Tarantino, Segretario generale Fondazione Feltrinelli, Coordinatore Carta di Milano, Segretario dell’associazione Laboratorio Expo; Massimo Labra, Università Milano Bicocca (in rappresentanza del Magnifico Rettore Cristina Messa); Alberto Contri, Presidente Fondazione Pubblicità Progresso; Carlo Antonio Pescetti, Consigliere Delegato alla Gestione Fondazione Sodalitas; Manuela Antonelli, Gianfranco Becciu, Roberto Canziani, Laura Scesi del Politecnico Milano.

SAPERIINNOVAZIONEKNOW HOWFUTUROINTEGRAZIONECITTA’SVILUPPOURBANUTILITYSHARESOSTENIBILITA’GESTIONESICUREZZAVIVIBILITA’MANAGEMENT

diffusionedeisaperiACADEMY

MM ACADEMY_Layout 1 12/01/2016 10:15 Pagina 1

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1•2016

Sulla Gazzetta ufficiale del 18 gennaio, è stata pubblicato il c.d. Collegato Ambientale alla leg-ge di stabilità per il 2014, la Legge 221 del 28

dicembre 2015 recante “Disposizioni in materia ambien-tale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, che è entrata in vigore il 2 febbraio 2016.Essa introduce nuove norme in materia di gestione dei rifiuti e bonifiche, sviluppo sostenibile, valutazioni am-bientali, energia, acquisti verdi, difesa del suolo, risor-se idriche ed istituisce l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).Nel presente articolo saranno esaminate le disposizio-ne di maggior interesse per le aziende che gestiscono servizi pubblici locali. Alcune norme sono di immediata applicazione, altre invece rimandano la loro operativi-tà a futuri decreti del Ministero dell’Ambiente. L’esame delle nuove norme verrà effettuato suddividendole per specifica materia.

GESTIONE DEI RIFIUTIATTIVITA’ DI VIGILANZA SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI L’Art. 29 attribuisce al Ministero dell’ambiente i com-piti precedentemente spettanti all’Osserva-torio nazionale sui rifiuti (oggi abolito), ed in particolare: - l’elaborazione di parametri per l’individua-zione dei costi standard, e la definizione di un sistema tariffario equo e trasparente ba-sato sul principio “chi inquina paga” e sul-la copertura integrale dei costi efficienti di esercizio e di investimento;- l’elaborazione di uno o più schemi tipo di contratto di servizio; - la verifica del rispetto dei termini di cessa-zione delle gestioni “in economia”; - la verifica del raggiungimento degli obietti-vi stabiliti dall’Unione europea in materia di rifiuti e l’accertamento della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori

e degli importatori di beni. L’attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti è garantita almeno dalla fruibilità delle seguenti informazioni: a) produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune; b) percentuale di raccolta differenziata totale e percen-tuale di rifiuti effettivamente riciclati; c) ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata e capacità tecnica delle piattaforme per il conferimen-to dei materiali raccolti in maniera differenziata, degli impianti di selezione del multimateriale, degli impianti di trattamento meccanico-biologico, degli impianti di compostaggio, di ogni ulteriore tipo di impianto desti-nato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati e degli inceneritori e coinceneritori; d) per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico e per ogni ulteriore tipo di impianto destinato al tratta-mento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre a quan-to previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso e quantità di prodotti in uscita, suddivisi per codice CER; e) per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso, suddivisi per codice CER; f) per le discariche, ubicazione, proprietà, autorizzazio-

IL ‘COLLEGATO AMBIENTALE’:NOVITÀ SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI E SUL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

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DI BERNARDINO ALBERTAZZI, GIURISTA AMBIENTALE E CONSULENTE CONFSERVIZI CISPEL LOMBARDIA

LEGGE 221: IL PARERE LEGALE

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SERVIZI&SOCIETÀ

LEGGE 221: IL PARERE LEGALE

ni, capacità volumetrica autorizzata, capacità volume-trica residua disponibile e quantità di materiale ricevuto suddiviso per codice CER, nonché quantità di percolato prodotto.

TARIFFA DEL SERVIZIO DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI L’Art. 42 modifica il testo del comma 667, dell’art. 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante “Disposi-zioni per la formazione del bilancio annuale e plurien-nale dello Stato (legge di stabilità 2014)”, annunciando un decreto del Ministro dell’ambiente, da emanarsi en-tro il 2 febbraio 2017, che stabilirà criteri per la realiz-zazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pub-blico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servi-zio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati.

MISURE PER INCREMENTARE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E IL RICICLAGGIOL’Art. 32 dispone che nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale ovvero in ogni comune, non siano conse-guiti gli obiettivi minimi di rac-colta differenziata è applicata un’addizionale del 20 per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei comuni che non abbiano rag-giunto le percentuali previste dalla nuova norma. Inoltre la misura del tributo sul conferi-mento dei rifiuti in discarica (ar-ticolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549) è modulata in base alla quota percentuale di superamento del livello di raccolta dif-ferenziata (RD). Spetta alla regione definire, con apposita deliberazione, il metodo standard per calcolare e verificare le percen-tuali di RD dei rifiuti solidi urbani e assimilati raggiunte in ogni comune.L’addizionale sul conferimento dei rifiuti in discarica è dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo re-gionale destinato a finanziare gli interventi di preven-zione della produzione di rifiuti previsti dai piani regio-nali, gli incentivi per l’acquisto di prodotti e materiali riciclati, il cofinanziamento degli impianti. Inoltre l’art.

34 estende il tributo speciale per il deposito in discarica anche al conferimento dei rifiuti in impianti di incene-rimento senza recupero energetico. L’art. 45 dispone che le regioni possono promuovere misure economiche di incentivo, da corrispondere con modalità automatiche e progressive, per i comuni che attuano misure di prevenzione della produzione dei ri-fiuti in applicazione dei principi e delle misure previsti dal programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, e dai rispettivi programmi regionali ovvero riducono i ri-fiuti residuali e gli scarti del trattamento di selezione delle raccolte differenziate da avviare a smaltimento. Gli incentivi si applicano tramite modulazione della ta-riffa del servizio di igiene urbana.

RIFIUTI IN DISCARICA L’Art. 46 ha abrogato la lettera p) dell’articolo 6, comma 1, del Dlgs 36/2003 e cioè il divieto di ammissibilità in discarica dei rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) > 13.000 kJ/kg.L’Art. 48 ha specificato il disposto di cui all’art.7 del Dlgs 36/2003 in base al quale i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo un trattamento. Quale eccezione a tale regola era già previsto il caso dei “rifiuti

il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità del Dlgs 36/2003, e non risulta indispensabi-le ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente”.La nuova norma dispone che sarà compito dell’ISPRA, entro il 2 apri-le 2017, individuare i criteri tecnici da applicare per stabilire quando “il trattamento non è necessario ai pre-detti fini”.

L’art. 47 ha aggiornato gli obiettivi di riduzione dei rifiuti in discarica imponendo a ciascuna regione, entro il 2 febbraio 2017, l’elaborazione ed ap-provazione di un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica ad in-tegrazione del piano regionale di gestione dei rifiuti, allo scopo di raggiungere a livello di ambito territoriale ot-timale, oppure, a livello provinciale, i seguenti obiettivi: a) entro il 2 febbraio 2021 i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante; b) entro il 2 febbraio 2024 i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante; c) entro il 2 febbraio 2031 i rifiuti urbani biodegradabili devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.

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1•2016LEGGE 221: IL PARERE LEGALE

MISCELAZIONE DEI RIFIUTI L’Art. 49 conferma quanto già af-fermato in dottrina (anche dal sot-toscritto) e dalla giurisprudenza, cioè che le miscelazioni di rifiuti non vietate in base all’articolo 187 del Dlgs 152/2006 non possono es-sere sottoposte ad autorizzazione e non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge.Tale norma si è resa necessaria perché è stata prassi di molte Pub-bliche amministrazioni l’inserimen-to di tali gravose prescrizioni o limi-tazioni .

SCAMBIO DI BENI USATI L’Art. 66 ha inserito nel Dlgs 152/2006, il comma 1-bis dell’ar-ticolo 180-bis, ai sensi del quale i comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di raccolta , per l’esposizione tempo-ranea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono al-tresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono an-che essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l’obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell’u-sato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana.

RIFIUTI DI PRODOTTI DA FUMO E RIFIUTI DI PICCO-LISSIME DIMENSIONI L’Art. 40 istituisce un esplicito di-vieto di abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo nonché dei rifiuti

di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, sul suolo, nelle acque e negli scarichi. La violazione del divieto relativo ai prodotti da fumo è punito con la sanzione amministrativa pecunia-

ria da euro sessanta a euro trecen-to, mentre quella relativa agli altri rifiuti con la sanzione amministrati-va pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta.

BONIFICHEINTERVENTI DI BONIFICA DA AMIANTO L’Art. 56 ha stabilito che ai sogget-ti titolari di reddito d’impresa che effettuano nell’anno 2016 interven-ti di bonifica dall’amianto su beni e strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato è attribuito, nel limite di spesa complessivo di 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, un credito d’imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per i predetti interventi nel periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Il credito d’imposta non spetta per gli investimenti di importo unitario inferiore a 20.000 euro. Il credito d’imposta è ripartito non-ché utilizzato in tre quote annuali

di pari importo e non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’imposta regio-nale sulle attività produttive. Le disposizioni attuative di tale di-sposto devono essere adottate entro il 2 aprile 2016 con decreto del Mini-stro dell’ambiente. Inoltre è istitui-to, presso il Ministero dell’ambiente il Fondo per la progettazione preli-minare e definitiva degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto.

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO FONDO DI GARANZIA DELLE OPERE IDRICHEL’Art. 58 ha istituito, a decorrere dall’anno 2016 presso la Cassa con-guaglio per il settore elettrico, un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale, e a garantire un’adeguata tutela del-la risorsa idrica e dell’ambiente. Il Fondo è alimentato tramite una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, da in-dicare separatamente in bolletta, volta anche alla copertura dei costi di gestione del Fondo medesimo, determinata dall’Autorità per l’e-nergia elettrica, il gas e il sistema idrico nel rispetto della normativa vigente.

TARIFFA SOCIALE DEL SER-VIZIO IDRICO INTEGRATO L’Art. 60 ha disposto che spetti all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, assicura-re agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni eco-nomico-sociali disagiate l’accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali.La medesima Autorità definisce le

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SERVIZI&SOCIETÀ

LEGGE 221: IL PARERE LEGALE

necessarie modifiche all’arti-colazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, deter-minando i criteri e le modali-tà per il riconoscimento delle agevolazioni. La medesima Autorità, ai sen-si dell’Art. 61 adotta direttive per il contenimento della mo-rosità degli utenti del servizio idrico integrato, assicurando che sia salvaguardata, tenuto conto dell’equilibrio economi-co e finanziario dei gestori, la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento e ga-rantendo il quantitativo mini-mo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi. Viene introdotto il comma 3-bis all’articolo 190 del Dlgs 152/2006, ai sensi del quale «I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manu-tenzione delle reti relative al servizioidrico integrato e degli impianti a queste connessi possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del ge-store, o altro centro equivalente, previa comunicazione all’autorità di controllo e vigilanza». Il suo significato appare in linea con quanto già previsto dal comma 4 dell’art.230 “Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture”, ai sensi del quale:“4. Fermo restando quanto previsto nell’articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1”.La nuova norma appare solo più specifica di quel-la di cui all’Art. 230 in quanto il nuovo comma 3-bis dell’art.190 è indirizzato unicamente a disciplinare la gestione dei registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione “delle reti rela-tive al servizio idrico integrato e degli impianti a queste connessi ”, mentre il comma 4 dell’Art. 230 disciplina la gestione dei registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione “alle infrastrut-ture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastrut-tura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico”.La terminologia adottata dalla nuova norma è diversa in quanto fa riferimento alle “sedi di coordinamento orga-

nizzativo del gestore, o altro centro equivalente”.La novità più significativa riguarda l’obbligo della “pre-via comunicazione all’autorità di controllo e vigilanza” relativa appunto alle sedi di coordinamento organizza-tivo del gestore, o altro centro equivalente, che non era prevista dalla normativa previgente.

ACQUE REFLUE DEI FRANTOI OLEARI L’Art. 65 introduce il comma 7-bis nell’articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che inserisce nell’elenco delle acque reflue assimilate, per legge, alle acque reflue domestiche, ma al solo fine dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari che erano da considerarsi preceden-temente come scarichi industriali.Lo scarico di acque di vegetazione in fognatura è am-messo però solo alle seguenti condizioni:1) che l’ente di governo dell’ambito e il gestore d’ambito non ravvisino criticità nel sistema di depurazione,2) che i frantoi trattino olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terre-ni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamen-to che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle carat-teristiche e all’effettiva capacità di trattamento dell’im-pianto di depurazione. n

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1•2016

La Città Metropolitana di Milano è impegnata in un programma di innovazione denominato “+COM-MUNITY”, che parte dall’Area Tutela e Valorizza-

zione Ambientale della Città Metropolitana di Milano per essere replicabile come modello di governance multilivel-lo in altre aree metropolitane. Si tratta di un programma per avvicinare la pubblica amministrazione ai cittadini e alle imprese, per quanto riguarda i temi ambientali e i relativi adempimenti.Una pubblica amministrazione aperta all’innovazione, veloce, trasparente, utile ed efficace, che prevede la de-materializzazione e la digitalizzazione delle attività. Una piattaforma intelligente per lo sviluppo dei territori, con l’obiettivo di “fare comunità” tra soggetti pubblici e privati intorno ai temi della fruibilità delle risorse ambientali: la difesa del suolo e la rigenerazione dei terreni, gli insedia-menti produttivi e le infrastrutture, la qualità dell’aria, la riqualificazione energetica e il riutilizzo dei rifiuti.Tra i partner che hanno già siglato un accordo per innovare la gestio-ne delle politiche ambientali con la Città metropolitana, cabina di regia di “+COMMUNITY”: Ato Città metro-politana, CAP Holding, Camera di Commercio di Milano, ARPA Lom-bardia, Ordine degli Avvocati di Mi-lano, ENEA Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo svi-luppo economico sostenibile.Il programma “+COMMUNITY” è sta-to presentato a Milano in forma uf-ficiale lo scorso 25 settembre 2015. Sono molte le novità che la Città Metropolitana di Milano ha inserito nel programma, tra cui una forte spinta alla semplificazione e dematerializzazione dei procedimenti.Il 5 febbraio 2016, nel convegno “Ambiente digitale” in Sala Del Consiglio a Palazzo Isimbardi in via Vivaio, 1 a Milano, nell’ambito del Piano Strategico la Città Metro-politana ha presentato la nuova piattaforma informatica a sostegno del processo di dematerializzazione. La piat-taforma informatica è un centro operativo e gestionale che rappresenta una trasformazione significativa, non già

per la possibilità tecnica di tracciare la propria pratica, quanto per il lavoro di ana-lisi che ha preceduto la sua realizzazione. Semplificare significa in questo senso sia eliminare quello che non serve, come le ridondanze informative o la ripetizione disfunzionale dei riferimenti normativi, sia limitare la propria azio-ne amministrativa a ciò che viene prescritto dalla norma, evitando di eccedere in approfondimenti che possono ri-sultare superflui e quindi causare rallentamenti nella ge-stione delle richieste, con il rischio di risultare addirittura di intralcio per un corretto rapporto con le imprese, che

necessitano di tempismo e affida-bilità. Semplificare significa altresì la-vorare sul linguaggio, che passa dall’essere burocratico, lontano dall’uso quotidiano e in ciò a trat-ti ostile, ad un linguaggio chiaro e diretto, che sia il più semplice possibile ma non semplicistico, senza perdere in esattezza.A partire dall’analisi dei flussi di lavorazione di ogni atto, è stata ridotta la documentazione, così come sono stati semplificati i for-

mat utilizzati dall’Ente per comunicare e relazionarsi con le imprese e i cittadini. La modulistica dei diversi Settori dell’Area Ambiente e Valorizzazione ambientale è stata standardizzata e uniformata, riducendo il numero dei mo-duli usati di quasi il 50%. Per fare fronte all’ingente mole di lavoro è stata costituita una task force interna all’Area che si è occupata di affrontare l’esame di pratiche gia-centi o parzialmente trattate, con l’obiettivo di riallineare i tempi dell’esame delle richieste ai tempi indicati dalla normativa di riferimento.

CITTÀ METROPOLITANA

+COMMUNITY: UNA PIATTAFORMA INTELLIGENTE PER LO SVILUPPO DEI TERRITORIDI ANNA SCAVUZZO, CONSIGLIERE DELEGATO AMBIENTE, AGRICOLTURA, PARCHI DI INTERESSE METROPOLITANO E POLITICHE GIOVANILI DELLA CITTA’ METROPOLITANA DI MILANO

Anna Scavuzzo

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29 SERVIZI&SOCIETÀ

Tutto ciò per rendere l’ente più visibile e valutabile da parte della società civile a favore della quale sta lavorando. Si vuole così rap-presentare un modo nuovo di ap-plicare la norma, più chiaro, più trasparente e più facile per tutti.Una volta avvia-to il processo di semplificazione, si è proceduto a lavorare per la dematerializza-zione dei proce-dimenti, attra-verso il sempre maggiore e più efficace utilizzo degli strumenti che le tecniche informa-tiche mettono a disposizione. Così, la creazione della piattaforma infor-matica e il testing interno si sono af-fiancati ai percorsi di aggiornamento delle competenze richieste ai dipen-denti dell’Area Tutela e Valorizza-zione ambientale. Tutti i dipendenti hanno partecipato ai corsi di aggior-namento professionale: dall’utilizzo della PEC al flusso firma digitale, dal funzionamento della piattaforma all’utilizzo del programma CAD – Co-dice Amministrazione Digitale.Con lo scopo di rendere la nuova piattaforma funzionante ed efficace

fin da su-bito dopo la messa in produ-zione, sono

stati predisposti dei percorsi di training per i dipendenti dei comuni della città me-tropolitana, degli enti parco e delle aziende partecipate, che hanno avuto perciò la possibilità di sperimentare il nuovo sistema, offrendo feedback e preziosi suggeri-

menti per migliorarne l’usabilità.A partire da un’area complessa e al-tamente burocratizzata come l’Area Tutela e Valorizzazione Ambientale, “+COMMUNITY” diventa un labora-

torio istituzionale che modellizza un nuovo modo di interpretare l’iter amministrativo, con un’attenzione al miglioramento del lavoro quotidiano che guarda oltre i confini del sempli-ce licenziamento della pratica. “Milano ha una tradizione di inno-vazione: su questo ossimoro costru-iamo un laboratorio istituzionale che guarda avanti” ha sottolineato Anna Scavuzzo, Consigliera delega-ta Ambiente, agricoltura, parchi di interesse metropolitano e politiche giovanili, che aggiunge “Ci stiamo rimboccando le maniche e lavoria-mo per diventare quell’ente che vo-gliamo essere”. n

CITTA’ METROPOLITANA

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SERVIZI&SOCIETÀ

Emilia Grazia de Biasi, senatrice PD, presidente della 12a Commissione permanente (Igiene e Sanità).

A lei relatrice di numerosi DDL in materia sanitaria tra cui il “Riordino della disciplina degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie”, farmacisti compresi, abbia-mo rivolto alcune domande con l’intento di tracciare il futuro delle farmacie in Italia.

Il mondo della farmacia italiana privata e pubblica è da anni in una condizione di disagio economico e di prospettiva. Come vede il futuro delle farmacie alla luce del disegno di legge sulla concorrenza che sen-za porre limiti stringenti alla titolarità di farmacie da parte del capitale pri-vato apre ai grandi gruppi multinazionali per i quali soprattutto le farmacie pubbliche potrebbero es-sere una ghiotta preda a danno proprio dei principi della concorrenza stessa? Non c’è dubbio che la far-macia tradizionale stia attraversando una fase di transizione e mutazione importante. Anche il Patto per la Salute (2014-2016) tra Governo nazionale, Regioni e Provincie autonome di Trento e Bolzano - che ha l’obiettivo di riconvertire in modo efficiente il sistema sanitario nazionale - rivede pesi tra assistenza ospedaliera e territorio. Prevede una presa in carico e una rete di servizi in cui si inse-risce anche la farmacia intesa non come un esercizio commerciale, ma come servizio. Il farmacista, se ci pensiamo, è il primo tramite per il cittadino quando si trova ad avere un problema di salute. È un punto di ri-ferimento che viene riconosciuto e serve anche al Ser-vizio Sanitario Nazionale. Proprio in quest’ottica una

legge sulla concorrenza che si pone contraddizio-ne rispetto ad un’ottica di servizio preoccupa.

La continua reiterazione di proposte di legge per far uscire la fascia C dal-la farmacia, nonostante che più volte sia già sta bocciata in Parlamento non rende lecito pensare che siano più gli interessi

di potentati e c o n o m i c i che il desiderio di contenere i costi del servizio farmaceutico a stringere d’asse-dio il mondo della farmacia?Tengo a ribadire che la farmacia dei servizi ha un prodotto come il farmaco che non può essere in alcun modo assimilabile a nessun altra merce per la sua specificità terapeutica. Non può essere relegata ad un angoletto del supermercato. Richiede caratteristiche di contesto in cui possa essere venduto previa presentazione di ricette. E tutto questo riguarda da vicino anche il futuro delle parafarmacie e la loro identità. Le farmacie, dal canto loro, devo-

no tornare ad essere non saloni di bellezza, ma punti di smistamento rispetto al presidio sanitario, il primo approccio per altri servizi. Non si può pensare che in virtù della crisi economica valga tutto. Occorre trovare un equilibrio tra apertura al mercato, servizio e senso del farmaco.

La farmacia pubblica, dove ben gestita, è un’oppor-tunità di introiti per le esauste casse dei Comuni. Gli attesissimi decreti attuativi della legge Madia dise-gneranno i futuri assetti dei servizi pubblici locali:

IL PUNTO SULLE FARMACIE>>

QUALE FUTURO PER LE FARMACIE?“SERVE UN EQUILIBRIO TRA APERTURA AL MERCATO,SERVIZIO E SENSO DEL FARMACO”

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INTERVISTA CON EMILIA GRAZIA DE BIASI, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE IGIENE E SANITA’ DEL SENATO

Emilia Grazia de Biasi

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1•2016

ritiene che le farmacie comunali saranno coinvolte negativamente dai processi riorganizzativi del settore pubblico e in che misura? La farmacia è certamente parte integrante del Servi-zio pubblico locale. Un bene. Se diamo senso alla farmacia come “modello assistenziale orientato alla promozione attiva della salute, anche tramite l’e-ducazione della popolazione a corretti stili di vita” (come reci-ta il Patto per la salute) acqui-sta un profondo valore sociale. Ciò non significa che nelle far-macie pubbliche non si debba perseguire il profitto, ma che il loro senso e la loro identità sia motivata da un fine sociale e sanitario. Penso soprattutto ai piccoli comuni. Nello specifico dobbiamo attendere ancora le deleghe, non ci sono ancora i decreti attuativi.

Le incertezze del mondo della farmacia sulle prospet-tive future sono collegate anche al mancato rinnovo della Convenzione farmaceutica che ormai da 14 anni viene prorogata con frequenti annunci di apertura dei tavoli cui seguono lunghi silenzi. Quale ritiene siano i motivi di questa inerzia? Non pensa che sia neces-sario ed urgente definire i rapporti tra la farmacia e le Regioni nell’inte-resse delle parti e dei cittadini? Il primo problema è che sono ferme tutte le convenzio-ni, non solo quel-la farmaceutica. Anche quella dei pediatri di libera professione, de i medici di medici-na generale e via dicendo. Lei parla di inerzia. Bene, la dobbiamo in par-te attribuire a una necessità di repe-

rire fondi, ma non dimentichiamo la grande difficoltà delle Regioni a lavorare in sinergia con lo Stato. Noi in Italia siamo di fronte a 21 sistemi sanitari differenti, il fatto di pensare ciascuno al proprio staterello che

va per sé non ha certo agevo-lato. Non vogliamo alimentare diseguaglianze in tema di sa-lute in Italia. Deve esserci un luogo, io mi auguro al più pre-sto all’interno della Conferen-za Stato Regioni, un po’ meno burocratizzata, dove si diano termini chiari per le conven-zioni e non si faccia del Patto per la Salute carta straccia.

In ragione degli interventi diretti al contenimento della spesa farmaceutica in molte regioni il valore medio della ricetta mutualistica è sceso a livelli di insostenibilità per le

farmacie. Dopo un quasi accordo per ridisegnare il sistema dei compensi del farmacista, il vuoto: che fine ha fatto la nuova REMUNERAZIONE della far-macia?Purtroppo la nuova remunerazione è finita nel decreto cosiddetto mille proroghe, e la sua attuazione è stata prorogata al 1 gennaio 2017.Il problema da affrontare oggi è quello del valore del

IL PUNTO SULLE FARMACIE

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farmaco e la necessità di rivedere l’intera filiera che lo riguarda.Il tavolo sulla farmaceutica deve fornire rapidamente elementi di innovazione e mettere in relazione Industria farmaceutica, Ministero dello Sviluppo economico, Ministe-ro della Salute e l’AIFA, l’Agenzia regolatoria del farmaco deve rap-portarsi con tutte le regioni per la definizione dei prezzi e i tempi di erogazione dei farmaci.Occorre inoltre affrontare il tema dei tetti ospedaliero e territoriale dei farmaci e il meccanismo del payback, cioè il rimborso da parte dell’industria farmaceutica della quota di sforamento di quei tetti.Sono passaggi delicati, che dovran-no ridisegnare i passaggi dai pro-duttori ai grossisti, ai distributori, ai farmacisti, sapendo che l’arrivo è costituito dal cittadino.La farmacia è il penultimo passag-gio, se non si rivedono quelli pre-cedenti il farmacista è destinato ad andare in difficoltà.

Il punto è che tutti devono produr-re innovazione farmaceutica, basti pensare al cambiamento epocale rappresentato dall’arrivo dei cosid-detti farmaci innovativi, una vera ri-voluzione nel campo. Come erogarli e da parte di quale servizio, se solo ospedaliero o anche farmaceutico è una riflessione che lascio all’AIFA e al Ministero della Salute.

Voglio solo ribadire che la farmacia è un servizio importante, prezioso, e non deve disperdersi. Ma tutti devo-no fare la loro parte. Anche i farma-cisti devono aprirsi al cambiamento: non sono impiegati, ma rappresen-tano una professione sanitaria e hanno una funzione sociale che la legge e i cittadini riconoscono. Un patrimonio che non va perso. n

IL PUNTO SULLE FARMACIE

LA SOLUZIONE INTEGRATA PER L’EFFICACIA DELLE PERSONE E DELLE ORGANIZZAZIONI

La nostra struttura opera con gli accreditamenti regionali e le autorizzazioni ministeriali previste dalla legge per: • Erogare attività formative finanziate, anche abilitanti e regolamentate, con i Fondi Paritetici Interprofessionali e con

la Regione Lombardia;• Gestire in outsourcing i piani formativi e le attività amministrative collegate;• Ricercare e selezionare il personale;• Erogare i servizi per l’inserimento lavorativo previsti da “Garanzia Giovani” e “Dote Unica Lombardia” attivando i

relativi bonus per l’azienda;• Promuovere e gestire tirocini formativi ed erogare la formazione per l’apprendistato;• Erogare le attività di outplacement, riqualifica e ricollocazione concordate con le Parti Sociali.

CONTATTI: Via Montenapoleone, 23 - 20121 Milano (MI) - Tel: +39 02 34931687 - [email protected]

FORMAWORK LIBERA IL POTENZIALE

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PUBBLICITA

FONSERVIZI

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SERVIZI&SOCIETÀ

Negli ultimi tempi si registra un intensificarsi dell’atti-vità di vigilanza da parte

dell’Autorità Garante della Con-correnza e del Mercato (“AGCM”) e dell’Autorità per l’energia elet-trica, il gas ed il sistema idrico (“AEEGSI”) nei confronti delle uti-lities e dei gestori dei servizi pub-blici locali, in particolar modo ver-so gli operatori attivi nei mercati dell’energia elettrica, del gas na-turale e del servizio idrico integra-to. Non a caso infatti negli ultimi anni tali settori sono stati oggetto di grande attenzione sia da parte degli organi-smi comuni-tari (dalla c.d. “sector inqui-ry” nel setto-re energetico all’ambizioso progetto “To-wards an Ener-gy Union” an-nunciato dalla Commissione e u ro p e a n e i primi mesi del 2015) sia delle au-torità nazionali (si vedano le re-centi indagini conoscitive congiun-te AGCM e AEEGSI in materia di stoccaggio, di aggiornamento dello stato della liberalizzazione nel set-

tore dell’energia elettrica e del gas naturale, i numerosi casi di proce-dimenti istruttori avviati in questi settori, ecc.).

Sempre in un’ottica di rafforza-mento dell’attività di vigilanza giova evidenziare, inoltre, l’intensificar-si di protocolli di collaborazione non solo tra l’AGCM e l’AEEGSI - le quali collaborano oramai da anni secondo protocolli ben collaudati - ma anche tra quest’ultime ed altre Authority attive nel nostro ordina-mento; si ricorda, a tale proposito, il recentissimo protocollo AEEGSI-

A u t o r i t à per le Ga-ranzie nel-le C o m u -n i c a z i o n i ( A G C O M ) s i g l a t o i l 23 dicem-bre 2015 , così come i l p r o t o -c o l l o t r a l’AEEGSI e

l’Istituto per la Vigilanza sulle as-sicurazioni (IVASS) del 17 febbraio 2015 per la tutela dei consumatori, con la specifica finalità di analisi e monitoraggio delle offerte congiun-te energia-assicurazioni).

Per le utilities attive in tali mer-cati ciò ha significato, specie ne-gli ultimi anni, l’avvio di numerosi procedimenti sanzionatori ed at-tività d’indagine culminati spesso con misure particolarmente one-rose, quali misure cautelari, ordini di cessazione della condotta lesiva e sanzioni pecuniarie amministra-tive che, nel caso di comportamenti ritenuti illeciti, possono, a seconda della gravità, arrivare - (anche non considerando le ipotesi limite di applicazione del massimo edittale che corrisponde, rispettivamente per ACGM e AEEGSI, a importi pari al 10% del fatturato totale realiz-zato dal Gruppo a cui appartiene l’impresa ritenuta responsabile ed a importi pari al 10% del fattura-to realizzato dall’esercente nello svolgimento delle attività afferenti alla violazione) - a importi comun-que significativi.Quanto detto vale all’ennesima po-tenza se sono in gioco gli interessi del consumatore finale(1). Del pari sul versante dell’AGCM, infatti con il recepimento della Di-rettiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori (v. D.lgs. n. 21/2014, in vigore dal 13 giugno 2014, con cui è stato novellato il Codice del Consumo) e la conseguente intro-duzione nel nostro ordinamento di

UTILITY-AUTORITY: QUALI RAPPORTI?

PROGRAMMI AZIENDALI DI PREVENZIONE E PER LA CONFORMITA’ ALLA NORMATIVA ANTITRUST E REGOLAMENTARE

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A CURA DELL’AVV. FRANCESCO PIRON, SENIOR PARTNER STUDIO LEGALE MACCHI DI CELLERE GANGEMI

1) Giova ricordare a tale proposito che il D.Lgs. 93/2011 ha ulteriormente orientato la missione dell’AEEGSI verso la logica del “con-sumer first” arricchendo in tal senso gli obiettivi alla stessa già assegnati dalla legge istitutiva (L. 481/1995), conferendole poteri di supervisione sul trattamento dei reclami e delle procedure di conciliazione, prevedendo l’introduzione, nell’ambito delle procedure sanzionatorie, del meccanismo riparatore degli “impegni”, già noto in ambito antitrust, nonché appunto un nuovo massimo edittale per le sanzioni irrogate (10% del fatturato realizzato dall’impresa verticalmente integrata nello svolgimento delle attività afferenti la violazione nell’ultimo esercizio chiuso prima dell’avvio del procedimento sanzionatorio). Un trend istituzionale che ha investito la stessa struttura dell’Autorità, che con la delibera GOP 55/11, ha, nell’ambito di un più generale riassetto organizzativo, ampliato la Direzione Vigilanza e introdotto un nuovo dipartimento denominato “Enforcement e affari dei consumatori”.

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1•2016UTILITY-AUTORITY: QUALI RAPPORTI?

nuove condizioni minime di tutela dei consumatori ap-plicabili a qualsiasi contratto concluso tra un profes-sionista ed un consumatore - inclusi i contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento (v. art. 46, co. 3) - l’attività di vigilanza e sanzionatoria dell’AGCM nei settori in parola si è fatta sempre più assidua.

Anche più di recente in esito ad una complessa istruttoria - in cui per gli aspetti strettamente re-golatori è stata coinvolta l’AEEGSI - l’AGCM ha in-flitto complessivamente 6 milioni di euro di san-zioni a diversi esercenti la vendita di energia elet-trica e/o gas naturale per violazioni circa le nuove regole e procedure contrattuali in tema di vendite fuori dei locali commerciali o a distanza introdotti dal D.lgs. 21/2014 (si veda il Bollettino AGCM n. 44/2015 del 07/12/2015).

Quest’ultima istruttoria come le numerose altre pre-cedenti evidenziano quanto oggi sia sempre più im-portante per le utilities attive in questi settori dotarsi di efficaci strumenti di compliance tesi a prevenire la commissione di violazioni della normativa anti-trust e/o regolamentare nonché rivolti a rispondere in modo adeguato e organizzato alle eventuali attività di vigilanza (ispezioni a sorpresa, richieste di informa-zioni ecc.) poste in essere dagli Uffici delle Authority (Antitrust e/o da quelle di Regolazione di settore). È utile evidenziare, infatti, che l’adozione di un manua-le/programma di compliance all’interno della società potrebbe essere valutata come “comportamento ope-roso”, e portare quindi ad una riduzione dell’importo di eventuali sanzioni.

Come noto, la finalità principale dei manuali/pro-grammi di compliance è la prevenzione della commis-

sione di comportamenti in contrasto con la normativa antitrust e regolamentare del settore specifico.In ambito antitrust ad esempio, a livello comunitario, nel documento “Compliance matters. What companies can do better to respect EU competition rules”(2), la

Commissione Europea “suggeri-sce” alle imprese di dotarsi di un programma di compliance anti-trust al fine di prevenire la viola-zione delle regole di concorren-za fissate dall’Unione Europea. Nella medesima pubblicazione la Commissione Europea afferma peraltro che: “La Commissione non intende imporre obblighi, ma un’azienda dovrebbe stanziare ri-sorse sufficienti - adeguate alle proprie dimensioni e ai rischi cui è esposta - all’elaborazione di un programma di compliance credi-bile”.

A livello nazionale, l’AGCM nelle proprie “Linee guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantifica-zione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità”(3), individua - tra le circostanze attenuanti ai fini dell’adeguamento dell’importo della sanzione - l’adozione ed il rispetto di uno specifico programma di compliance, adeguato ed in linea con le best practice europee e nazionali.Analogamente nel caso del “Regolamento recante la disciplina dei procedimenti sanzionatori e le modalità procedurali per la valutazione degli impegni” adottato dall’AEEGSI nel giugno del 2012, al Titolo V “Quantifi-cazione della sanzione”, art. 26 “Gravità della violazio-ne”, si prevede espressamente che: “La gravità della violazione si desume: (…) e) dal grado di colpevolezza dell’agente desunto, tra l’altro, dall’assenza di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire vio-lazioni della stessa specie (…)” (sottolineatura nostra, n.d.r.).Si può dunque affermare che sono molteplici i vantaggi che derivano dall’adozione di un programma aziendale di compliance regolamentare e antitrust, più in parti-colare:

2) http://ec.europa.eu/competition/antitrust/compliance/3) Cfr. delibera AGCM 22 ottobre 2014, n. 25152: “… 23. Le circostanze attenuanti includono, a titolo esemplificativo: - (…) l’adozione e il rispetto di uno specifico programma di compliance, adeguato e in linea con le best practice europee e nazionali. La mera esisten-za di un programma di compliance non sarà considerata di per sé una circostanza attenuante, in assenza della dimostrazione di un effettivo e concreto impegno al rispetto di quanto previsto nello stesso programma (attraverso, ad esempio, un pieno coinvolgimento del management, l’identificazione del personale responsabile del programma, l’identificazione e valutazione dei rischi sulla base del settore di attività e del contesto operativo, l’organizzazione di attività di training adeguate alle dimensioni economiche dell’impresa, la previsione di incentivi per il rispetto del programma nonché di disincentivi per il mancato rispetto dello stesso, l’implementazione di sistemi di monitoraggio e auditing)”.

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(i) si aumenta il grado di consapevolezza della nor-mativa specifica di settore, consumeristica e/o antitrust tra il personale direttivo direttamente coinvolto in attività decisorie/operative sensibili, in un’ottica così di prevenzione delle sue violazio-ni della da parte dei managers e dei dipendenti dell’impresa interessata così come da parte dei soggetti esterni ma strettamente collegati all’im-presa (es. fornitori);

(ii) si creano delle importanti circostanze “attenuanti” per la società che avrà adottato concretamente un programma di compliance, che potranno essere considerate dall’AGCM e/o dall’AEEGSI ai fini della valutazione del grado di colpevolezza dell’agente e della gravità della violazione, con una conseguen-te possibilità di riduzione della sanzione a carico della società;

(iii) si creano utili occa-sioni per instaurare confronti dialettici con le Authority an-che al fine di ottene-re risposte sulla le-gittimità delle azioni intraprese dall’im-presa in anticipo ri-spetto all’inizio di un eventuale procedi-mento/indagine;

(iv) si guadagna in ter-mini di immagine e credibilità nei con-fronti di interlocuto-ri esterni (organi di certificazione della qualità, istituti finanziari, potenziali investitori, istituzioni ecc.).

In concreto, tali programmi di compliance consistono nel prevedere una serie di procedure aziendali interne che permettano all’impresa interessata, e soprattutto ai loro top managers, di tenere in debito conto i vincoli posti dalle norme imperative a tutela della concor-renza e da quelle di regolazione specifiche del setto-re, limitando al minimo i rischi di violare tali norme e quindi di essere sottoposti a onerosi procedimenti sanzionatori. Inoltre, il manuale aziendale/program-

ma di compliance costituisce l’occasione per fornire internamente suggerimenti pratici circa il linguaggio da utilizzare nelle comunicazioni interne ed esterne, l’uso della posta elettronica e delle segreterie tele-foniche, il sistema di documentazione interna, ecc., nonché altri suggerimenti circa le condotte interne da seguire in caso di richieste di informazioni ed ispezioni a sorpresa (c.d. “dawn raids”) da parte dei funzionari dell’Antitrust e, con preavviso, da parte dell’autorità di regolazione, ed i principali diritti dell’impresa soggetta ad ispezione (“right to legal advice”, “right against self incrimination”, “legal professional privilege”, “relevan-ce” e “confidentiality”).Ovviamente solo un efficace attuazione del program-ma di compliance a livello aziendale porterà con sé tutti i benefici sopra detti. In particolare, specie sot-to il profilo della possibile mitigazione della sanzio-

ne amministrativa che ne potrebbe derivare dall’esistenza di un programma di com-pliance, l’AGCM nelle predette Linee Guida, puntual izza infatt i , che “la mera esisten-za di un programma di compliance non sarà considerato di per sé una circostanza at-tenuante, in assenza della dimostrazione di un effettivo e concreto impegno al rispetto di quanto previsto nello stesso programma”(4).

Posto che qualsiasi manuale e programma aziendale di compliance deve necessariamente essere persona-lizzato in relazione alle specifiche esigenze dell’impre-sa/gruppo societario che intende dotarsi dello stesso e alle peculiari caratteristiche del mercato rilevante in cui essa opera, il vero segreto per una compliance aziendale di successo, sia esso relativo a problema-tiche antitrust sia ad altri temi di compliance rego-lamentare (e non solo), consiste nel far sì che i com-portamenti in esso previsti entrino a far parte della cultura aziendale. n

UTILITY-AUTORITY: QUALI RAPPORTI?

4) Posto che ogni valutazione andrà fatta caso per caso, l’AGCM indica comunque alcuni esempi di condotte virtuose in tal senso: “un pieno coinvolgimento del management, l’identificazione del personale responsabile del programma, l’identificazione e valutazione dei rischi sulla base del settore di attività e del contesto operativo, l’organizzazione di attività di training adeguate alle dimensioni econo-miche dell’impresa, la previsione di incentivi per il rispetto del programma nonché di disincentivi per il mancato rispetto dello stesso, l’implementazione di sistemi di monitoraggio e auditing”.

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PUBBLIREDAZIONALE1•2016

NASCE NETRIBE DMU:UN’ALLEANZA STRATEGICAAL SERVIZIO DELLE UTILITIES

N asce oggi NETRIBE DMU una nuova ed importante realtà aziendale che si costituisce dalla fusione di due società già conosciute ed apprezzate nella produzione di software e servizi prevalentemente orientato al mercato delle Utilities: DataManagment Utility Srl e Netribe Business Solution srl.

NETRIBE DMU rappresenta però, già dalla sua nascita, una grande realtà: sono infatti numerose le Aziende del settore Idrico e dell’energia che si sono serviti in questi anni della qualificata esperienza di Netribe e di Datamanagment Utility.NETRIBE DMU eredita quindi competenze - soluzioni e piattaforme software e risorse professionali di grande profilo, che in questi anni si sono affermate in un mercato certamente competitivo ed esigente, fornendo soluzioni, servizi e realizzando progetti, che oggi costituiscono il patrimonio di esperienza che NETRIBE DMU mette, da oggi in poi, a disposizione dell’importante parco clienti che converge in essa e da nuove aziende che potranno apprezzare l’ampia offerta di soluzioni e servizi che NETRIBE DMU è in grado di mettere a disposizione. “È stato un passo importante e decisivo per entrambe le Società - afferma Fabio Codeluppi - Presidente di NETRIBE DMU - siamo convinti che questa sinergia possa contribuire efficacemente a rendere maggiormente articolata e competitiva un’offerta al settore pubblico così in forte evoluzione qual è quello delle Utilities (acqua - Gas ed energia). Abbiamo competenze e soluzioni innovative, già consolidate e radicate in molte Aziende che in questi anni ci hanno dato fiducia e che ci hanno convinto che questa alleanza strategica non potrà che migliorare ulteriormente la nostra capacità di mettere a disposizione servizi a valore aggiunto”.Ad esempio oggi la piattaforma Gridway rappresenta la punta avanzata delle piattaforme software che NETRIBE DMU può offrire alle Utilities: un vero e proprio ERP, su tecnologia Microsoft Dynamics NAV, evoluto quindi tecnologicamente ed in grado di gestire tutte le fasi di processo e di presidiare l’intera filiera delle attività del Gestore: front-office, back-office, billing, contabilità generale ed industriale, gestione degli impianti e delle reti e le diverse attività tecniche e così via, in un unico sistema integrato che permette grande flessibilità, controllo, trasparenza e semplicità d’uso.Siamo certi che le Aziende clienti e il mercato di riferimento sapranno apprezzare questa iniziativa che costituisce certamente un esempio di imprenditorialità e passione che vuole continuare a progredire camminando al fianco di Aziende che per il radicamento territoriale e l’importanza dei servizi offerti ai cittadini hanno necessità di costante evoluzione dei propri strumenti gestionali per un servizio sempre più puntuale ed efficace. NOI DI NETRIBE DMU CI SIAMO!

I nostri consulenti sono a vostra disposizione anche per un incontro presso la vostra sede per fornire tutti gli approfondimenti che riterrete opportuni.Marco Aleotti - Product Manager [email protected] - cell 3287216607 - www.netribegroup.it

Fabio Codeluppi

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SERVIZI&SOCIETÀ

La disciplina degli appalti nei cosiddetti settori speciali sta per conoscere una vera e propria rivoluzione, innescata dal legislatore europeo.

Entro il 18 aprile 2016 dovranno, infatti, essere re-cepite le direttive europee del 2014 in materia di ap-palti, ivi compresa la dir. 25, dedicata, per l’appunto, ai cd. settori speciali. Molte sono le novità in vista, che andranno ad arricchire un quadro normativo già contrassegnato da un costante dinamismo.I cambiamenti più rilevanti, veicolati dalla direttiva 25/2014, appaiono riconducibili a due idee di fon-do, che accomunano la nuova disciplina dei settori speciali e quella dettata, sempre nel 2014, dal le-gislatore UE, per i settori ordinari.La prima consiste nel riconoscimento del ruolo cruciale degli appalti pubblici nell’attuazione del-la strategia Europa 2020. Quest’ultima, come noto, promuove strumenti volti a realizzare, su scala eu-ropea, processi di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. La normativa sugli appalti viene perciò riconosciuta come leva fonda-mentale per l’attivazione di tali processi, i quali implicano che la selezione dei partner privati delle pubbliche amministrazio-ni si svolga non solo in regime di imparzialità, ma tenendo an-che in adeguata considerazio-ne i profili di tutela ambientale, sociale e del lavoro. Le com-messe pubbliche, dunque, da mere fonti di spesa divengono una fondamentale opportunità per innescare sinergie di lungo periodo tra amministrazioni e imprese, nell’ottica della costante ricerca di un sod-disfacente bilanciamento tra le esigenze di crescita economica e quelle di sostenibilità ecologica e socia-le della crescita medesima.La seconda linea ispiratrice della nuova disciplina europea consiste nello snellimento e nella flessibi-lizzazione delle procedure di selezione delle imprese aggiudicatarie. La crisi economica in atto ha, infatti, svelato l’urgente necessità di ridurre i tempi di svol-gimento delle gare, in modo da non disincentivare la

partecipazione degli operatori economici, e, in par-ticolare, delle PMI, con conseguente impoverimento del mercato. Per converso, anche sul fronte dell’inte-resse pubblico il modello classico della gara - imper-niato sulla assenza di interlocuzioni tra i protagonisti della procedura e sulla “meccanicità” della selezione dell’aggiudicatario - ha svelato tutti i suoi limiti. Le esigenze della committenza pubblica, soprattutto nei cd. settori speciali, sono, infatti, così complesse da suggerire l’apertura di un canale di “dialogo” con le imprese attive nel settore di riferimento, le quali – in quanto direttamente coinvolte nell’erogazione dei servizi di volta in volta considerati – sono spesso più consapevoli delle stesse pubbliche amministrazioni dei bisogni dell’utenza, bisogni su cui, ovviamente, andrà calibrato il contenuto del contratto di appalto di volta in volta da aggiudicare. Tutto quanto precede si riflette in una serie di di-sposizioni fortemente innovative rispetto all’assetto normativo finora vigente.

Senza alcuna pretesa di esausti-vità preme richiamare, ad esem-pio, il ruolo di preminente rilievo riconosciuto al criterio di aggiu-dicazione dell’offerta economi-camente più vantaggiosa, oppor-tunamente ribattezzato “miglior rapporto qualità/prezzo”. Tale criterio ha tradizionalmente ispi-rato una diffusa diffidenza, per via dei margini di discrezionalità che si accompagnano alla sua appli-cazione. Esso, tuttavia, presenta innegabili punti di forza, che con-sistono nella valorizzazione degli

aspetti qualitativi delle offerte, ivi comprese le even-tuali caratteristiche di virtuosità ambientale dei cicli produttivi sperimentati dalle imprese concorrenti.L’importanza dei profili di tutela ambientale emer-ge anche dall’introduzione di un concetto del tutto inedito e alternativo rispetto a quello basilare e sta-tico di “prezzo”. Si tratta del concetto di “costo del ciclo di vita”, il quale dovrà quantificare non già il mero valore economico della prestazione appaltata, bensì l’insieme dei costi per la collettività ascrivibili

LA LEGGE CONCESSIONI E APPALTI

SETTORI SPECIALI SEMPRE MENO… SPECIALIA CURA DELL’AVV. ANNALAURA GIANNELLI, STUDIO LEGALE RENNA

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al processo produttivo funzionale all’esecuzione della prestazione medesima. Il tutto, ovviamente, nel tentativo di selezionare offer-te contrassegnate da un soddi-sfacente grado di efficienza eco-nomica, che non necessariamente è sinonimo di risparmio nel breve periodo.Ancora più decisiva, sul fronte del superamento della tradizio-nale rigidità propria della disci-plina sull’evidenza pubblica, ri-sulta l’introduzione - sempre da parte della dir. 25/2014 - di una nuova procedura di aggiudica-zione, denominata “partenaria-to per l’innovazione”. Si tratta di uno strumento attraverso cui i committenti pubblici potranno cooperare con le imprese di volta in volta interessate per sviluppare prodotti, servizi o lavori non anco-ra presenti sul mercato, e rispetto ai quali dunque non sarebbe pos-sibile ipotizzare la celebrazione di una procedura ad evidenza pub-blica di tipo tradizionale. L’ogget-

to dell’appalto acquista, così, un inedito “spessore innovativo”, che implica una serrata interlocuzio-ne tra la committenza pubblica e gli operatori economici, al fine di individuare le soluzioni ottima-li alle esigenze di cui la prima è portatrice. Il tutto, ovviamente, nel pieno rispetto dei principi di imparzialità e non discriminazio-ne di cui l’ordinamento in materia di contratti pubblici è intriso.Un ultimo cenno, infine, merita di essere dedicato al tema dell’e-secuzione degli appalti pubblici, finora del tutto trascurato dalla legislazione europea e naziona-le. Nel silenzio della normativa, la giurisprudenza amministrativa nel recente passato ha formulato, in termini piuttosto netti, il prin-cipio di intangibilità del conte-nuto negoziale all’appalto all’in-domani della stipulazione. Ciò, evidentemente, per scongiurare il rischio di iniziative elusive del-le regole di gara applicate in fase di aggiudicazione. Sotto questo

profilo le direttive del 2014, e in particolare quella dedicata ai setto-ri esclusi, manifestano un atteggiamento meno drastico. La rinegozia-zione, infatti, viene vista come un fenomeno non necessariamente nega-tivo, ma al contrario po-tenzialmente foriero di vantaggi sia per la com-mittenza pubblica che per i fruitori dei servizi e dei beni di volta in volta appaltati. In quest’ottica, di nuova apertura ver-so le modifiche in fase post-stipula, la direttiva 25/2014 prevede la fis-sazione delle cd. soglie de minimis, al di sotto delle quali le pratiche

rinegoziative non potranno con-siderarsi antigiuridiche. Lo stes-so dovrà dirsi, sempre in base a quanto previsto dalla sopracitata direttiva, per le fattispecie rinego-ziative aventi ad oggetto modifi-che non sostanziali, ossia relative a condizioni che non avrebbero in-ciso sul risultato della procedura di aggiudicazione nel caso in cui fossero già state previste dalla lex di gara.La carrellata delle imminenti novità in materia di settori spe-ciali potrebbe continuare. Il dato di fondo, tuttavia, appare ormai chiaro, e consiste nel superamen-to di un’ottica orientata a consi-derare la realtà degli appalti pub-blici come un fenomeno foriero di rischi più che di opportunità. In questo senso sarà cruciale, ovvia-mente, l’approccio che gli inter-preti e, ancor prima, il legislatore assumeranno nei confronti delle nuove regole europee, e della ri-voluzione - anche culturale - che esse sottintendono. n

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