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San Bonaventura Newsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum Editoriale San Bonaventura informa dedica uno speciale all’attesa festa della fede del prossimo 27 aprile. La canonizzazione di due pontefici dell’epoca contemporanea, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, così decisivi con il loro ma- gistero per una Chiesa capace di abbracciare il mondo. Un momento significativo per la fede e la devozione popolare, che potrebbe divenire un vero e proprio evento storico con la partecipa- zione alla cerimonia del papa emerito Bene- detto XVI. In quel caso, sull’altare in piazza San Pietro, ci sarebbe la presenza in preghiera di ben quattro papi: due santi, un emerito e un regnante. Una cerimonia che tocca direttamente anche la comunità del Seraphicum, non solo per l’even- to di fede, ma anche per lo stretto legame dei due pontefici con san Francesco. Quell’umiltà, quella semplicità, quell’attenzio- ne all’uomo e al creato, in una parola quella spiritualità francescana, che ritroviamo oggi anche in papa Francesco. Da tempo si parla della sua seconda enciclica, che riserverà una particolare attenzione al tema della tutela del creato: in questo numero di San Bonaventura informa conosceremo qual è il contributo dato al pontefice dalla grande Fami- glia francescana. E poi il senso della comunicazione oggi, attra- verso le nuove “autostrade” relazionali e infor- mative, per capirne il senso più profondo e per apprendere un nuovo stile di relazione che sia innanzitutto ascolto, dialogo e condivisione. “Se uno è francescano, lo è anche nella sua vita e nelle sue opere” scrive nel suo contri- buto il Padre Guardiano fra Felice Fiasconaro, così anche questo mese racconteremo e ci in- cammineremo sui tanti e differenti percorsi di fede, per acquisire sempre più consapevolezza del passato e per saper essere testimoni coeren- ti nella quotidianità. Elisabetta Lo Iacono Responsabile Ufficio Stampa e Comunicazione della Facoltà APRILE 2014 Focus del mese: il contributo francescano alla nuova enciclica di papa bergoglio pag. 2 Storia e personaggi: l’antica tradizione della “corda pia” Pag. 4 SPECIALE CANONIZZAZIONE: GIOVANNI XXIII, GIOVANNI PAOLO II E I FRANCESCANI PAG. 5 In dialogo con i nostri docenti: sui passi delL’IMMACOLATA E di PADRE KOLBE pag. 13 L’intervista: COMUNICATORI DI GIOIA E di VERITA’, come san francesco pag. 16 master: il CORSO in trasferta a moena pag. 18 Appuntamenti: CONVEGNO KOLBE et varia... pag. 19 Francescanamente parlando: UN MESE DI INIZIATIVE E NOVITA’ pag. 23 ANNO II - Nº 15 informa 1 In questo numero:

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San BonaventuraNewsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum

Editoriale

San Bonaventura informa dedica uno speciale all’attesa festa della fede del prossimo 27 aprile. La canonizzazione di due pontefici dell’epoca contemporanea, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, così decisivi con il loro ma-gistero per una Chiesa capace di abbracciare il mondo. Un momento significativo per la fede e la devozione popolare, che potrebbe divenire un vero e proprio evento storico con la partecipa-zione alla cerimonia del papa emerito Bene-detto XVI. In quel caso, sull’altare in piazza San Pietro, ci sarebbe la presenza in preghiera di ben quattro papi: due santi, un emerito e un regnante. Una cerimonia che tocca direttamente anche la comunità del Seraphicum, non solo per l’even-to di fede, ma anche per lo stretto legame dei due pontefici con san Francesco.Quell’umiltà, quella semplicità, quell’attenzio-ne all’uomo e al creato, in una parola quella spiritualità francescana, che ritroviamo oggi anche in papa Francesco. Da tempo si parla della sua seconda enciclica, che riserverà una particolare attenzione al tema della tutela del creato: in questo numero di San Bonaventura informa conosceremo qual è il contributo dato al pontefice dalla grande Fami-glia francescana. E poi il senso della comunicazione oggi, attra-verso le nuove “autostrade” relazionali e infor-mative, per capirne il senso più profondo e per apprendere un nuovo stile di relazione che sia innanzitutto ascolto, dialogo e condivisione. “Se uno è francescano, lo è anche nella sua vita e nelle sue opere” scrive nel suo contri-buto il Padre Guardiano fra Felice Fiasconaro, così anche questo mese racconteremo e ci in-cammineremo sui tanti e differenti percorsi di fede, per acquisire sempre più consapevolezza del passato e per saper essere testimoni coeren-ti nella quotidianità.

Elisabetta Lo IaconoResponsabile Ufficio Stampa e Comunicazione

della Facoltà

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Focus del mese: il contributo francescano alla nuova enciclica di papa bergogliopag. 2

Storia e personaggi: l’antica tradizione della “corda pia”Pag. 4

SPECialE CaNONiZZaZiONE: GiOVaNNi XXiii, GiOVaNNi PaOlO ii E i FraNCESCaNiPaG. 5

in dialogo con i nostri docenti: sui passi dell’iMMaCOlaTa E di PaDrE KOlBEpag. 13

l’intervista: COMUNiCaTOri Di GiOia E di VEriTa’, come san francescopag. 16

master: il COrSO in trasferta a moenapag. 18

appuntamenti: CONVEGNO KOlBE et varia... pag. 19

Francescanamente parlando: UN MESE Di iNiZiaTiVE E NOViTa’pag. 23

aNNO ii - Nº 15 informa

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in questo numero:

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IL CONTRIBUTO DEI FRANCESCANI ALLA NUOVA ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO SUL TEMA DELL’ECOLOGIA

Francesco di nome e di fatto, anche per l’attenzione al tema del creato che sarà al centro della prossima enciclica con il contributo della Famiglia francescana. Papa Francesco, nella sua scelta di prendere il nome del Poverello di Assisi, ha puntualmente dimostrato, in questo primo anno di pontificato, una particolare attenzione e sensibilità per i valori

del francescanesimo.La Chiesa povera e per i poveri e la custodia del creato sono due tra i principali echi francescani che risuonano nelle sue omelie e nei discorsi, riportando le lancette dell’attenzione e delle priorità su un equilibrio mondiale e su una “saggezza ecologica perenne” come la Famiglia francescana definisce la visione e la vita di Francesco d’Assisi, a favore di un’esistenza ispirata dalla relazione fraterna con tutti gli esseri umani e con la terra.

Un tema, quello dell’ecologia, divenuto una vera e propria emergenza non solo dal punto di vista ambientale ma anche sotto il profilo sociale e della pace. Ecco il punto chiave della questione che da prettamente ambientale, nel senso di tutela della natura, diviene sempre più politico e sociale, implicando tematiche come lo sfruttamento delle risorse e i pesanti squilibri mondiali nella loro distribuzione. In gioco, dunque, non c’è solo la necessità improcrastinabile di preservare la natura con le sue creature, uomo in primis, ma anche quella di ripensare il nostro modo di vivere.Papa Francesco lo aveva detto, con un vero e proprio appello, già nell’omelia di inaugurazione del ministero petrino, il 19 marzo dell’anno scorso: “siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo”.La questione è assolutamente delicata tanto che papa Francesco proporrà questo tema nella prossima enciclica. I lavori sono in corso e un contributo è stato offerto a Bergoglio proprio dai francescani. “Abbiamo consegnato un documento di tutta la Famiglia francescana, attraverso il Ministro Generale OFM, fra Michael A. Perry, nell’udienza a lui concessa - spiega Encarnación del Pozo, ministro generale dell’OFS, l’Ordine francescano secolare - che sarà considerato dalla commissione di esperti chiamata a lavorare su questa seconda enciclica di papa Francesco. E il papa ha detto di aver gradito molto questa offerta di contributo”.Nel documento “Francescani per l’ecologia”, redatto dalla Commissione interfrancescana di giustizia, pace e integrità del creato in occasione del 35° anniversario della proclamazione di san Francesco d’Assisi patrono dell’ecologia, si ripercorre trasversalmente il rapporto e la visione della natura da parte di Francesco e dei suoi “discepoli”, sino ai giorni nostri, attraverso una ricca lettura che va a

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FOCUS DEL MESE

Encarnación del Pozo Ministro Gen. OFS

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intersecare i piani spirituale, economico, sociale, culturale, programmatico. “Questa riflessione - si legge nel documento consegnato a papa Francesco - viene proposta con lo scopo di aiutare ad approfondire la nostra comprensione su cosa significhi chiamare Francesco patrono dell’ecologia e aiutare a esplorare la responsabilità, che condividiamo con tutti i nostri fratelli e sorelle, di farci carico della cura del creato come suoi amministratori”.

Il punto di partenza è dunque l’amore di Francesco per la creazione, ripercorrendo poi - c’è da immaginare al pari dell’attesa enciclica di papa Francesco - i numerosi riferimenti a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nel documento consegnato al papa i francescani rimarcano anche la necessità di un impegno ecumenico: “La visione di Francesco, accuratamente recuperata, - si legge - testimonia ancora con potenza come la tradizione cattolica e cristiana possa contribuire a una visione rinnovata dell’umanità in rapporto alla natura. Ogni tradizione religiosa deve intraprendere questo tipo di lavoro di recupero per dare il proprio contributo ad affrontare la nostra attuale crisi ambientale”. Da parte della grande Famiglia francescana le idee sono chiare, attingendo a una tradizione spirituale che parte dal 1200, con azioni concrete in molti Paesi e con considerazioni pratiche imprescindibili. Tra queste

la diseguaglianza esistente tra nord e sud del mondo e la distruzione di habitat locali che richiedono quindi un diverso stile di vita e garanzie legislative; la necessità di ripensare l’organizzazione e l’auto sostentamento delle comunità; la sensibilizzazione sulle tematiche della “giustizia ecologica”attraverso la messa domenicale come momento di condivisione ma anche di informazione. Il carisma francescano trova le diverse famiglie nate da san Francesco pronte e motivate attorno al suo capostipite così come a fianco del papa, con la consapevolezza - si legge nel documento della Commissione interfrancescana - che “una risposta vocazionale contemporanea può ancora attingere all’esempio di consapevolezza ecologica di Francesco, ma avremo bisogno di sviluppare una visione morale nuova, operando una sintesi che saggiamente combini la sua ispirazione religiosa con le migliori informazioni scientifiche”.

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Da questo numero la rubrica “Storia e personaggi” sarà dedicata a eventi e figure strettamente legati al Seraphicum, avviandoci in questo modo alle celebrazioni di ottobre, per il 50° del trasferimento di Facoltà e Collegio nell’attuale sede dell’Eur. Un’occasione per riscoprire e ricordare capitoli di storia della Facoltà e del francescanesimo, attingendo alla cronaca e alle ricostruzioni di fra Francesco Costa, docente emerito e autore di un libro, di prossima pubblicazione, che avrà a oggetto proprio quest’ultimo e significativo mezzo secolo di storia.

“Corda pia inflammantur,/ dum Francisci celebrantur, /stigmatum insignia” (“I cuori pii si infiammano, celebrando i segni delle stimmate di Francesco”).

Le due prime parole della terzina (“Corda pia”) danno il nome a un inno processionale, che intende rievocare le sante piaghe di Cristo e le stimmate impresse da Cristo sul corpo del Poverello di Assisi. Il pio esercizio, in uso presso i Frati minori conventuali dalla fine del secolo XVI, invita alla meditazione della perfetta conformità di Francesco a Cristo, sigillata, sull’altura della Verna due anni prima della morte, dalle cinque piaghe, che trasformarono il Serafico Padre in perfetta immagine del Crocifisso.“L’incrementarsi della devozione alle stimmate di san Francesco, oltre che alla letteratura sulla perfetta conformità del Patriarca di Assisi con Cristo Crocifisso - scrive il professor Francesco Costa - sembra da ricercarsi anche nelle rappresentazioni iconografiche del prodigio. Alla diffusione di queste rappresentazioni contribuì soprattutto Gregorio IX che nel 1237 difese la veridicità del fatto prodigioso. Altro evento significativo, l’approvazione della festa delle stimmate di san Francesco al Capitolo generale di Cahors del 1337, sotto il ministro generale Geraldo Oddone che compose anche i testi liturgici”. Le prime notizie sulla celebrazione della “Corda pia” risalgono al tempo del Ministro generale p. Filippo Gesualdi da Castrovillari (1593-1602). “L’impressione di trovarsi dinanzi a un doppione ha una ragione - aggiunge il professor Costa - e va ricercata nella devotio moderna che non riteneva sufficienti le celebrazioni liturgiche per nutrire la vita spirituale”. La prima testimonianza ufficiale della “Corda pia” appare nel Caeremonialis Ordo Romanus ad usum Fratrum Minorum Conventualium del 1631. La cerimonia iniziava con la processione dei frati che, al canto dell’inno “Corda pia”, si recavano all’altare del crocifisso dove venivano recitate altre preghiere con canti alle cinque piaghe di Gesù e alle stimmate di san Francesco. Chiudeva il rito la benedizione impartita dal celebrante con il crocifisso. Una tradizione ripresa con devozione anche dalla comunità del Seraphicum che, attingendo alla propria storia e a quanto avviene nella Basilica del Santo ad Assisi, pratica questo particolare pio esercizio i mercoledì di Quaresima, alternandolo con la Via Crucis. “L’insegnamento e l’incentivo che scaturiscono dalla meditazione del corpo piagato del Serafico Padre - conclude fra Francesco Costa - sono tuttora validi: seguendo la povertà e l’umiltà del Cristo, ripercorrendo la via dolorosa del Calvario, Francesco ha meritato le stimmate e le piaghe che lo hanno reso visibilmente alter Christus. Anche il cristiano, in sintonia con il nome che porta, è chiamato a essere alter Christus. Francesco, uno di noi, è la prova che la trasformazione del cristiano in Cristo non è impresa impossibile”.

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storia e personaggi

Prof. Costa

Conoscere il passato Vivere l’oggi Progettare il futuro

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sPECIALE CANONIZZAZIONE

Domenica 27 aprile papa Francesco, con la probabile e auspicabile presenza del suo predecessore Benedetto XVI, proclamerà santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Una giornata di grande festa per la fede, con la canonizzazione di due pontefici della storia più recente che hanno segnato in maniera profonda la Chiesa dal punto di vista storico e spirituale. Il papa del Concilio Vaticano II e quello dell’abbattimento della cortina di ferro, il “papa buono” e il papa dello “spalancate le porte a Cristo”, entrambi autori di una forte apertura al mondo e di un nuovo modo di comunicare la Parola e la figura del successore di Pietro. In questi giorni di grande attesa la nostra Facoltà sta ripercorrendo i passi e i ricordi dei due pontefici, pensando allo stretto legame con il francescanesimo, con i suoi testimoni e con la comunità del Seraphicum. Nello Speciale canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, pensato per condividere questo grande evento ecclesiale, vi proponiamo due ritratti intensi e inediti di

papa Roncalli e di papa Wojtyla. Due ritratti a pennellate francescane curati rispettivamente da fra Felice Fiasconaro, docente di Mariologia e Padre Guardiano del Seraphicum, e da fra Zdzislaw Kijas già preside della Facoltà e oggi relatore alla Congregazione per le cause dei santi. Prima ancora un ricordo, che in questi giorni si fa più vivo, relativo alla visita di Giovanni Paolo II alla nostra Facoltà, il 27 febbraio del 1986, in occasione di tre importanti commemorazioni: il quinto centenario della morte di papa Sisto IV, il quarto dell’elezione a pontefice di Sisto V - entrambi appartenenti all’Ordine dei frati minori conventuali - e i quattrocento anni della

fondazione del “Romanum S.Bonaventurae Collegium”, detto anche Collegio Sistino, fondato appunto da papa Sisto V, dando così inizio a una tradizione culturale ininterrotta che ci porta all’oggi, alla Pontificia Facoltà teologica “San Bonaventura” Seraphicum.

GIOVANNI xxiii E GIOVANNI PAOLO II

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LA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II AL SERAPHICUM

“Con immensa gioia accogliamo nella nostra fraternità il papa, Giovanni Paolo II, giunto fra noi per commemorare i “nostri” papi, Sisto IV e Sisto V, per salutare i padri capitolari che oggi terminano i lavori del Capitolo generale straordinario, per visitare la nostra Facoltà e tutta la nostra comunità. Dire la nostra gioia è impossibile! Solo un grazie al Signore per questa occasione che ci è stata regalata”. La cronaca della Facoltà, scritta a mano con bella calligrafia e gelosamente conservata negli archivi, inizia così il racconto di quel giovedì 27 febbraio 1986 quando papa Wojtyla visitò il Seraphicum, accolto dal ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori conventuali fra Lanfranco Serrini, dal vice preside fra Giovanni Iammarrone (il preside fra Francesco Saverio Pancheri era improvvisamente scomparso appena qualche giorno prima), dal rettore del Collegio e guardiano fra Luciano Fanin. Giovanni Paolo II giunse al Seraphicum nel pomeriggio: dopo essersi soffermato in preghiera nella cappella “San Bonaventura”, seguì il discorso nell’affollatissimo auditorium, la visita alla biblioteca e alla mostra documentaria su fra Francesco Antonio Fasani (canonizzato da Karol Wojtyla il 13 aprile di quell’anno) curata dall’allora bibliotecario fra Bonaventura Danza, il saluto ai padri capitolari e, uno a uno, a tutti i frati con i quali si intrattenne poi in refettorio per prendere un the. La visita di Giovanni Paolo II seguiva di dodici anni quella del suo predecessore Paolo VI che visitò la Facoltà il 24 settembre del 1974, in occasione del settimo centenario della morte di san Bonaventura. “Questa eccezionale occasione – disse nel suo discorso al papa il Ministro generale fra Lanfranco Serrini - fa riaffiorare il ricordo della visita che vi fece il suo venerato predecessore Paolo VI. Un riallaccio ideale che, per noi francescani in particolare, è simbolo della continuità di amore e obbedienza che ci lega al vicario di Cristo in terra. San Francesco sentirebbe la gioia di poter ridire il suo attaccamento profondo e indiscusso al papa. Noi sentiamo la gioia di essere solidali con lui, esprimendo questi sentimenti a nome di tutta la nostra Fraternità e anche a nome del serafico padre”. La presenza di Giovanni Paolo II già di per sé rappresentava un omaggio all’impegno dell’Ordine dei Frati minori conventuali nella coltivazione della tradizione degli Studi generali e nella trasmissione di un sapere teologico che, partendo da Francesco di Assisi, si è alimentato di grandi menti, da san Bonaventura in poi, appassionando alle materie teologiche generazioni di religiosi e aprendo le porte della Facoltà, dagli anni ’70, anche agli studenti laici.Proprio l’aspetto della formazione fu evidenziato da papa Wojtyla che, nel suo discorso, sottolineò come “la vostra famiglia religiosa ha voluto costituire in Roma questo istituto per tre finalità fondamentali: dare agli alunni un’istruzione teologica a livello universitario, introducendoli all’uso delle fonti e del lavoro scientifico; preparare i docenti degli altri collegi teologici dell’Ordine; conservare e rinnovare l’illustre tradizione scientifica, che vi è propria.

Giovanni Paolo II con l’attuale Preside, fra Paoletti

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Tutto questo nel contesto primario della formazione religiosa, sacerdotale, intellettuale e apostolica degli alunni; infatti la nuova sede vi era necessaria per l’accresciuto numero degli studenti e per lo sviluppo delle esigenze moderne dello studio. Io mi compiaccio con voi per questa opera così insigne e funzionale”.Nel corso dell’incontro con Giovanni Paolo II, alla presenza del cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli, fu evidenziato l’impegno che ha sempre caratterizzato la Facoltà, ovvero “comprendere sempre meglio quanto la Chiesa si aspetta oggi da questi centri di studio”, anche in considerazione del fatto che Seraphicum significa ricchezza interculturale da conoscere e condividere alla luce dei valori universali della cattolicità e del magistero ecclesiastico. Una Facoltà che ha formato e che, al contempo, si è alimentata della presenza di grandi testimoni come fra Massimiliano Kolbe: “a lui guardiamo come a un segno di benedizione del cielo verso questo centro di studio - aggiunse il ministro generale - ma anche come ad un orientamento coraggioso ed incisivo verso i traguardi che la sua figura ci suggerisce”. E proprio fra Kolbe è rappresentato nel quadro a olio - oggi conservato nella Sala Capitolare - che Giovanni Paolo II donò nel corso della sua visita. Una raffigurazione del martire di Auschwitz che i frati conventuali polacchi avevano consegnato a papa Montini il 17 ottobre del 1971, in occasione della cerimonia di beatificazione. Quindici anni dopo, dunque, la volontà di Giovanni Paolo II di donare quel quadro alla Facoltà dei confratelli di Kolbe dove era maturata la sua formazione culturale e spirituale.“I doni devono circolare” disse il papa consegnando quell’opera nel corso dell’incontro in aula magna e rimarcando come proprio “san Massimiliano ci ha lasciato l’esempio della circolazione dei doni”.

Il discorso integrale di Giovanni Paolo II: http://www.seraphicum.org/news_facolta.php?id_art=802

L’album fotografico della visita: http://cineforum.seraphicum.net/p/news-facolta.html

Giovanni Paolo II mentre firma la pergamena ricordo

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GIOVANNI XXIII E L’AMMIRAZIONE PER SAN FRANCESCO

di fra Felice Fiasconaro*

Quel pomeriggio del 4 ottobre 1962, c’ero anch’io nella basilica inferiore di san Francesco in Assisi. Ai novizi del Sacro convento avevano riservato i posti sui banchi di destra, a metà della navata e io mi trovavo al primo posto dal corridoio. Tutti si respirava l’attesa. C’era un’agitazione come diffusa nell’aria, ma non influiva sull’ordine ben controllato dagli agenti di servizio. Le persone su banchi davano l’impressione di essere immobili. Giovanni XXIII comparve quasi d’improvviso. Ricordo accanto a lui il nostro Ministro generale, fra Basilio Heiser, e fra Stano.

Avevo la consapevolezza di essere capitato dentro a un grande fatto storico e l’emozione di poterlo guardare con i miei occhi. Ma non ne conoscevo la portata. Avevo appena 16 anni.Ricordo che il papa parlò poi di bellezza e di verità, di giustizia e di pace. Parole, queste, a cui si crede tanto negli anni dell’adolescenza. Altro non ricordo né so concatenare insieme queste parole ricordate. Mi sembra strano che, oggi, di quel pomeriggio ho dei ricordi come in bianco e nero. Forse per la penombra che quella basilica ci donava, forse per la gran quantità di frati e suore presenti o per l’abito elegante dei laici. Certo è che ricordo tutto in bianco e nero, che non sono i colori di Francesco d’Assisi, né quelli che mi vivevano dentro.Il maestro, fra Giacomo Panozzo, ci spiegò, in quei giorni, che il papa, era venuto ad Assisi, come nella mattinata era andato a Loreto, per pregare e la Madonna e san Francesco alla vigilia, quasi, dell’apertura del Concilio Vaticano II. Anche sul Concilio avevo, allora, l’idea di un grande avvenimento, ma non della sua straordinaria importanza e significato. Quello che colpì un po’ tutti noi novizi, fu che il papa fosse venuto ad Assisi per pregare san Francesco prima del Concilio ecumenico. Si capiva bene che fosse andato a Loreto. Ma ad Assisi? Certo, san Francesco era patrono d’Italia, ma il papa è papa di tutta la Chiesa e il Concilio era “ecumenico”. E poi, in Italia, non mancavano sicuramente santuari dedicati a qualche Padre o Dottore della Chiesa! Il maestro ci spiegò, allora, l’importanza di san Francesco nella spiritualità del papa, perché fin dalla sua giovane età aveva preso parte al Terz’Ordine francescano, e dello spirito ecumenico del Poverello d’Assisi.Da allora il mio riferimento a Giovanni XXIII non fu mai staccato da quello della sua spiritualità francescana.Lo stesso Giovanni XXIII ebbe a confessare più volte la sua appartenenza al Terz’ordine francescano. Più volte e in vari momenti della sua vita, come nell’omelia nel 750° anniversario dell’approvazione della regola francescana: «Diletti figli! Lasciateci aggiungere una speciale parola del cuore a quanti qui presenti appartengono all’esercito pacifico dei Terziari laicali di S. Francesco: Ego sum Joseph frater

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vester. Con tenerezza amiamo dirvelo. Lo siamo da quando giovinetto, quattordicenne appena, il 1° marzo 1896, vi fummo ascritti regolarmente per il ministero del Canonico Luigi Isacchi, nostro padre spirituale, quale direttore che egli era nel Seminario di Bergamo: ed amiamo benedire il Signore per questa grazia che ci accordò con felice sincronia coll’atto di iniziarci, giusto quell’anno e in quei mesi, alla vita ecclesiastica con la Sacra Tonsura» (AAS, LI, 1959, 311-312).Credo che non si faccia fatica, a questo punto, a riandare con la mente a un altro momento, questa volta, tra i più importanti della vita di Giovanni XXIII, in cui si professa fratello di tutti. È la sera del famoso discorso della luna, la sera dell’apertura del Concilio Vaticano II: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero: qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo […]. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà di nostro Signore... Ma tutti insieme, paternità e fraternità, e grazia di Dio, tutto, tutto...». Bene, questo sentirsi fratello, inusitato nel linguaggio di un papa se rivolto ai fedeli, a mio modo di vedere, non è senza quella sua radice francescana. Come quella sua semplicità e umiltà non è senza quella sua provenienza familiare e, ancora una volta, francescana.

Tutto questo traspare anche da tanto altro. Traspare dalla sua stessa persona, dai suoi atteggiamenti, dalla sua parola semplice e calda, e comunque sempre da quelle sue radici, anche francescane, come si può vedere ancora da quest’altro passo: «Gli occhi nostri per altro, sino dall’infanzia, furono familiari alla visione più semplice del conventino regolare dei Frati Minori di Baccanello, che nella distesa campagna lombarda, dove eravamo nati e cresciuti, era la prima costruzione tutta religiosa che incontravamo: chiesa,

modesto romitorio, campanile e, intorno intorno, umili fratelli che si spandevano fra i campi e i modesti casolari per la cerca, diffondendo quell’aria di semplicità tutta ingenua, che rendeva così simpatico san Francesco e i suoi figli» (AAS, LI, 1959, 312).Il suo rapporto con i francescani, poi, fu costante e tutte le volte che si trovava a contatto con loro era felice di poterlo esprimere, come quando si trovò di fronte a un gruppo di Associati del Messaggero di Sant’Antonio, accompagnato dai Frati minori conventuali: «Quando la Provvidenza ci trasse sulle rive fiorite del Bosforo, potemmo avere più intima consuetudine di apostolato con i figli del Poverello di Assisi, e fummo lieti di costatare come essi, col loro buon lavoro e zelo sereno, abbiano potuto sollevare tratti di profonda simpatia in mezzo alla cristianità e anche tra fratelli separati e i non cristiani» (F. Mattesini, Lettere inedite di Papa Giovanni XXIII, in Vita e pensiero, 47/1 (1964) 425.La semplicità e l’umiltà, quelle vere, non sono sinonimo di fragilità, di debolezza, ma di forza e di profezia: «Ha guardato l’umiltà della sua serva… Ha rovesciato i potenti … ha innalzato gli umili». La semplicità e l’umiltà di Francesco d’Assisi hanno dato un volto nuovo alla Chiesa. La semplicità e l’umiltà di Giovanni XXIII hanno dato ancora una volta un volto nuovo alla Chiesa, che lungo i secoli aveva accumulato incrostazioni tali da non renderlo più luminoso. La semplicità e l’umiltà fa i profeti, capaci di sapere leggere i «segni dei tempi» e di sapere dare ad essi le risposte adeguate.

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Solo dopo tre mesi dall’elezione, Giovanni XXIII annunziava ai cardinali, riuniti nella sala capitolare del monastero benedettino di san Paolo, la sua intenzione di celebrare un Concilio ecumenico. E ancora una volta lo fa con semplicità e umiltà: «Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri! Pronunciamo innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo diocesano per l’Urbe, e di un Concilio ecumenico

per la Chiesa universale» (AAS, LI, 1959, 68). L’impostazione di quel Concilio risente ancora di quelle virtù che, a mio modo di vedere, ha assimilato anche dallo spirito francescano e, comunque, denotano quello spirito. Ha voluto che esso fosse per tutti, accessibile a tutti, comprensibile a tutti, che - in una parola - fosse un concilio “pastorale” e non “dogmatico” con un linguaggio più specialistico e difficile. La parola «pastorale», però, non deve essere interpretata, come ha fatto qualcuno, in maniera riduttiva e distorta, non voleva dire per il papa che doveva essere qualcosa di pratico, staccato dalla dottrina, ma che la dottrina doveva essere attinta direttamente dal Vangelo, dalla

Parola di Dio, perché potesse diventare alimento per la vita nello Spirito di ogni cristiano.Ancora collegate con lo spirito francescano di questo papa trovo alcune delle sue encicliche, in modo particolare la Mater et magistra, sui cambiamenti sociali contemporanei analizzati alla luce della dottrina sociale della Chiesa, e la Pacem in terris, sulla necessità della pace tra i popoli fondata sulla verità, giustizia e amore. Quelle parole che avevo sentito da adolescente ad Assisi le avevo poi sempre collegate con queste encicliche.Cosa dire dello spirito ecumenico di questo papa? A mio modo di vedere, è ancora la forza della semplicità e dell’umiltà che gli conferisce il coraggio del dialogo. Come a Francesco d’Assisi con il Sultano. Giovanni XXIII fu stimato, per questo, dai capi delle altre Chiese che vedevano in lui un’autentica apertura al dialogo fraterno. Due mesi dopo la sua morte il Consiglio Ecumenico delle Chiese ebbe a dichiarare: «C’è motivo di sperare che il nuovo clima renderà possibile l’inizio di un autentico dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica romana e le altre Chiese».Giovanni XXIII fu un francescano. Amò san Francesco. Amò i francescani. Lo dichiarava ogni volta che se ne presentava l’occasione, come in questo caso mentre era patriarca a Venezia: «Amo san Francesco e i suoi figli dalla mia fanciullezza… Mi piacciono i ricordi del suo passaggio, e le chiese e gli altari edificati in suo onore; ma mi piacciono soprattutto i suoi figli, umili, bravi, lavoratori, pacifici e lieti, intesi alle opere della pace e del bene, cooperatori validi della mia ansiosa attività pastorale su queste rive» (Scritti e discorsi, II, 16). E se uno è francescano, lo è anche nella sua vita e nelle sue opere.

* Docente di Ecclesiologia e Mariologia, Padre Guardiano del Seraphicum

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LA SANTITÀ IN GIOVANNI PAOLO II

di fra Zdzislaw Józef Kijas*

La santità di Giovanni Paolo II, che verrà proclamata il giorno della Domenica della Misericordia di quest’anno, è indubbiamente stata una santità vissuta nel quotidiano e nel servizio. Essa si è manifestata in gesti e parole che egli ha fatto e che hanno rivelato la profondità di una vita radicata in Cristo. Contemporaneamente essi sono spesso stati di un’attualità sorprendente, che ha reso alcuni eventi da lui voluti e vissuti in prima persona, davvero profetici, cioè indicanti un futuro da tutti sperato e intimamente voluto, in parte oggi realizzato ma che, certamente, ancora molto deve rivelarsi.

Anzitutto gli incontri. Per Giovanni Paolo II incontrare le persone era non solo una necessità umana, spirituale e legata al suo ruolo. Si trattava di qualcosa di sacro e come tale di profondamente significativo. Possiamo definirlo l’uomo degli incontri e delle relazioni.Ad Assisi nel 1986 pensò, volle, celebrò il 1° Incontro internazionale dei rappresentanti delle grandi religioni per la Pace. Esso si rivelò l’inizio di un cammino di incontro e comunione tra tutti gli uomini e le donne religiose nel mondo, per implorare e lavorare affinché la pace trionfi. Nello stesso anno venne in visita al Seraphicum.Fece 250 viaggi apostolici in tutto il mondo, proprio spinto dalla necessità di incontrare i diversi popoli e annunciare loro, personalmente, il Vangelo di Cristo risorto. Numerosissime anche le visite alle parrocchie romane, già iniziate dal suo predecessore Paolo VI, ma che egli moltiplicò, nel desiderio che i cristiani di Roma, la città di cui lui era e si sentiva intimamente vescovo, potessero incontrarlo come loro pastore e padre.Questa dimensione del suo servizio pastorale, letta in un mondo come il nostro dove tutto è correre, fretta e dove prevalgono le comunicazioni mediatiche anziché quelle di persona, certamente il suo profondo desiderio di incontrare le persone, di guardarle negli occhi, di dialogare con loro ci indica un valore che rischiamo di perdere del tutto, impoverendoci nell’esercizio di una capacità tipicamente umana di infinito valore. Altra caratteristica della sua santità fu la necessità di vivere Cristo nel mondo come Salvatore di questo. Egli si è impegnato moltissimo per l’etica, ha richiamato ad essa nelle sue visite all’ONU, durante i viaggi apostolici, alle volte anche alzando il tono della sua possente voce. Si è schierato contro le ideologie che dimenticano la dignità umana o la calpestano, contro lo sfruttamento dei poveri e li ha voluti incontrare.Nel 1985 andò in Sardegna e incontrò i minatori di Monteponi (CA) ma spesso, anche all’estero si fermò con i lavoratori sfruttati. In Sicilia, il 9 maggio del 1993 ricordò ai mafiosi con quella famosa frase, la verità di Dio: “convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio”.

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La santità di Giovanni Paolo II era molto attenta a tutte le componenti della vita dell’uomo, compresa quella dell’arte. Egli amava la Bellezza già da ragazzo e vi riconosceva la presenza di Dio. Impegnato nella recitazione e lui stesso scrittore di poesie, viveva i diversi aspetti della vita umana sempre in Cristo.Fu memorabile la sua famosa Lettera agli artisti del 1999. Conscio che tutto ciò che Dio ha creato fosse buono intrinsecamente, indirizzò agli artisti una Lettera dove come premessa pose parole significative del suo punto di vista: “A quanti con appassionata dedizione cercano nuove «epifanie» della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica”.Il suo pontificato però, e la sua testimonianza di vita, furono anche segnate da una dimensione razionale molto chiara e forte. Il suo invito a ricercare sempre la Verità, con la chiara coscienza che essa fosse Cristo, ritornava frequente nei suoi discorsi. Egli scrisse ben due encicliche sul tema, visto da due diversi punti di vista: Veritatis splendor (1993) e Fides et Ratio (1998). Ma non solo. Durante il suo Pontificato venne pubblicato il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, il nuovo Codice di Diritto Canonico, venne rinnovata la Congregazione dell’Educazione Cattolica con la Costituzione Sapientia Christiana (1979). Il tutto ad indicare con chiarezza, un profondo interesse per la verità del messaggio cristiano, per lo studio e l’insegnamento della Verità, in cui del resto egli stesso si era impegnato a lungo

prima di diventare Papa.Infine non possiamo dimenticare l’impegno di Giovanni Paolo II per far conoscere a tutti la natura e il valore della misericordia divina. Avendo conosciuto da vicino il messaggio di S. Faustina Kowalska sulla misericordia divina, volle riprendere questa verità cristiana e volle riproporla al popolo di Dio. La sua prima enciclica: Redemptor Hominis (1979) già introduceva l’argomento, la successiva Dives in misericordia (1980) lo affrontava direttamente e ne riproponeva l’attualità in un mondo gravato già allora da molta disperazione. Nell’aprile del 2000, poi, istituì la Domenica della Misericordia da celebrarsi in quella che era stata la Domenica in albis e nei cui formulari liturgici già si invocava la misericordia divina. Egli tornò alla casa del Padre proprio sabato 2 aprile nel 2005, alle 21.37, cioè liturgicamente già nella Domenica della Misericordia di quell’anno che si celebrava il 3 aprile. La provvidenza permette oggi che il giorno della sua canonizzazione, insieme

a quella di Giovanni XXIII, cada proprio nella Domenica della Misericordia di quest’anno, il prossimo 27 aprile. Forse una conferma divina della pressante necessità che il nostro tempo ha di aprirsi alla Misericordia divina e di imparare a donarsela reciprocamente, che Giovanni Paolo II intuì ormai 14 anni fa, e che è continuamente riproposta da Papa Francesco.

*Relatore della Congregazione delle Cause dei Santi

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Anna Maria Calzolaro, pugliese di nascita, è missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe con una formazione teologica maturata prima a Bologna, con il conseguimento del Baccalaureato, e poi a Roma dove ha ottenuto Licenza e Dottorato al Marianum, rispettivamente con tesi su “Maria e la donna nel periodo preconciliare” e “Maria e la donna nel magistero post conciliare”. Impegnata nella formazione e con la passione per l’ecumenismo, insegna alla Scuola di teologia di base di Palermo e, dal 2007, è docente di Mariologia alla Cattedra Kolbiana della Facoltà. Diverse le pubblicazioni, ultima delle quali “Maria nel pensiero e nell’esperienza di san Massimiliano Kolbe - Ermeneutica e attualizzazione” (ed. Miscellanea Francescana, Roma 2013).

Professoressa Calzolaro, a quando risale la sua scelta di vita consacrata come missionaria dell’Immacolata padre Kolbe e come nasce questa attenzione per l’ecumenismo?Una scelta che parte da lontano e che si è approfondita nel corso degli anni. Nel 1978 mi trasferii da Taviano, in Puglia, a Bologna come missionaria dell’Immacolata p. Kolbe, iniziando lì gli studi teologici che ho poi approfondito a Roma. In questo percorso la passione per la mariologia si è sposata con l’ecumenismo, tanto da promuovere convegni mariani ma con una apertura a queste tematiche, favorendo così puntualmente il dialogo con rappresentanti delle altre confessioni e religioni. Una passione senz’altro alimentata anche dalle numerose missioni nel mondo, con esperienze in Corea, Bolivia, Argentina, Brasile e nei diversi Paesi europei.

Terreni di azione delle Missionarie dell’Immacolata p. Kolbe, appunto… Come nasce questa realtà?Si tratta di un istituto secolare fondato nel 1954 da padre Luigi Faccenda OFM Conv., con l’obiettivo

di essere nel mondo al servizio dell’uomo, ascoltando attentamente i segni dei tempi e offrendo risposte alla povertà spirituale, morale e anche materiale di molte persone. Attualmente siamo circa duecento missionarie, un centinaio operanti in Europa e altrettante in America Latina.

Tra i suoi numerosi impegni, un posto di rilievo è senz’altro occupato dall’insegnamento, con una chiave di lettura specifica che salda Maria, Massimiliano Kolbe e l’oggi…Sicuramente è un ambito di grande interesse in quanto la spiritualità mariana è letta attraverso padre Kolbe, non fermandoci però a lui ma andando oltre nel tempo, per approdare all’oggi e per cercare di offrire una fedele interpretazione e attualizzazione dei suoi pensieri. Ovviamente padre Kolbe è un autore preconciliare, per questo portare il suo pensiero nell’attualità rappresenta una grande, appassionante ma direi anche inevitabile sfida culturale.

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in dialogo con i nostri docenti

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Quale il percorso per un’attualizzazione del messaggio e della spiritualità kolbiani?Il metodo è quello di attingere ai tratti principali della mariologia del Concilio Vaticano II e della Marialis cultus, non ripetendo semplicemente i percorsi spirituali di Kolbe bensì tentando di attualizzarli partendo proprio dalla sua intuizione in merito alla fede e a Maria. Insomma, partire da dove è rimasto per recuperare quella ricchezza mariologica postconciliare non solo in senso stretto ma anche sotto il profilo pastorale. In fin dei conti si tratta di fare quanto lui stesso si aspettava dalle generazioni successive ed è quanto ci permette di scongiurare il rischio di relegarlo nell’isolamento di un passato importante ma cristallizzato, senza ricadute fondamentali nell’oggi.

Quindi con un chiaro filo conduttore tra il passato e l’oggi di padre Kolbe...È evidente la ricchezza di una testimonianza e di una esperienza di vita con Maria che ha reso e rende la sua esistenza conforme a quella di Cristo e che ci mostra, quindi, la pienezza della spiritualità mariana. Quella di Kolbe non era semplice devozione a Maria ma una esperienza profonda e di comunione.

A proposito di spiritualità mariana, quali sono gli aspetti principali sui quali si è trovata a riflettere dalla sua formazione a oggi?Credo che a livello mariologico sia stato compiuto dal Concilio in poi un percorso eccezionale, che ha dimostrato la vivacità e la solidità di un cammino basato su Cristo e sul Vangelo. Dal punto di vista popolare e pastorale, invece, ho avuto spesso la percezione di una sorta di scollamento con forme di devozione che non sono riuscite a recepire quella ricchezza dottrinale. C’è da dire che un buon lavoro è stato fatto dal Collegamento dei santuari mariani che hanno operato a favore di una maturazione della sensibilità, facendo sì che mariologia e culto mariano fossero più centrati sugli indispensabili aspetti cristologici e biblici. Per questo è evidente che una sfida importante consiste anche nell’evangelizzare la pietà popolare, senza atteggiamenti di supponenza, senza togliere nulla alla spontaneità dell’amore alla Madonna, ma accompagnando ad una conoscenza e ad una maturazione della fede.

Parlando di mariologia non si può prescindere dal dibattito in corso sulle apparizioni di Medjugorje che attendono il definitivo pronunciamento della commissione di inchiesta e di studio istituita dalla Santa Sede. Qual è la sua opinione su questa vicenda?Si tratta di un fenomeno che sta destando molto interesse, forse più di ogni altra apparizione mariana,

ma che richiede una precisazione di fondo. Ben venga Medjugorje come qualsiasi altro luogo dove la gente va a pregare e riesce a trovare o riacquistare la fede. La mia perplessità, semmai, deriva da comportamenti che dimostrano una sorta di settarismo, che assolutizzano il fenomeno con un “o Medjugorje o niente”. Al di là del pronunciamento della commissione su questo fenomeno preciso, credo che in linea di principio tutti siamo chiamati a essere testimoni

in ogni condizione, a partire dalla quotidianità della nostra vita, nella famiglia e nel lavoro, senza posizioni radicali. Il nostro compito e la nostra sfida è di testimoniare la robustezza e lo spessore di una vita semplice, capace di comunicare solidità di valori spirituali e umani.

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Papa Francesco sta arrivando al cuore dei fedeli attraverso una grande semplicità che, in qualche modo, ci riporta a un recupero dell’abc di un catechismo forse da molti dimenticato. Qual è l’input che ritiene stia dando alla mariologia?Un momento fondamentale è stato quello del 13 ottobre, anniversario dell’apparizione della Madonna a Fatima, quando il papa ha affidato il mondo a Maria. Quello che ho apprezzato, in modo particolare, è la trasparenza di papa Francesco che con la sua consueta semplicità ha valorizzato la pietà popolare mariana attraverso una bellissima preghiera che, per l’affetto e il calore, esprime una ricca relazione con Maria. Nello stesso tempo, proprio il linguaggio usato in quell’occasione, nella sua sobrietà, esprime una pietà mariana veramente autentica: ritengo importante, in particolare, che il papa abbia parlato di “affidamento” e non di “consacrazione” a Maria termine che rischia di creare confusione sul piano dottrinale.

Per concludere torniamo a parlare della testimonianza di Kolbe e, meglio ancora, della percezione che se ne ha oggi, a tanti anni di distanza dalla sua morte. Da docente e da missionaria impegnata nella formazione di molti giovani, cosa insegna l’esperienza umana e spirituale di san Massimiliano?La testimonianza di vita di Kolbe ha la caratteristica di quella totalitarietà che tanto piace ai giovani. Un ideale grande, coltivato per tutta la vita, che lo ha condotto a offrire se stesso per ciò in cui ha sempre creduto fermamente e coerentemente. Quello che più di tutto colpisce è dunque il messaggio che ha dato ad Auschwitz, un messaggio di grande amore, di autenticità e di servizio alla dignità dell’uomo.Assieme a questo aspetto, così dirompente, c’è l’apprezzamento per la sua spiccata attenzione ai media. In un’epoca oggi caratterizzata dal rapido diffondersi dei mezzi di comunicazione, padre Kolbe è apprezzato dai giovani anche per le sue grandi intuizioni in questo ambito, tanto da saper comprendere e utilizzare così bene le diverse tipologie di media, in un modo che potremmo definire senz’altro profetico.

Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe: http://www.kolbemission.org/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1

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COMUNICATORI DI GIOIA E DI VERITÁ:RIFLESSIONI FRANCESCANE SULL’INFORMAZIONE

Enzo Fortunato, francescano conventuale, è dottore in teologia e laureato in psicologia. È direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi e della rivista San Francesco. Conduce sulla Rai la rubrica settimanale Tg1 Dialogo. Il suo libro “Siate amabili” per le edizioni Messaggero, ha ricevuto il premio giornalistico Biagio Agnes. Da qualche settimana è in libreria il suo nuovo libro “Vado da Francesco”, edito da Mondadori.

Fra Enzo Fortunato, in questo numero di San Bonaventura informa dedi-chiamo uno speciale a Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due pontefici che hanno saputo senz’altro comunicare...Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno comunicato la gioia di vivere il nostro essere cristiani, il nostro essere francescani.Pensiamo a Giovanni XXIII che con un’affermazione breve e intensa, dopo la visita ad Assisi del 1962, ha fatto comprendere la smisurata bellezza di san Francesco che rappresenta il “ben vivere”, lui ci ha insegnato “come dobbiamo metterci in comunica-zione con Dio e con i nostri simili”.Giovanni Paolo II ci ha fatto comprendere che comunicare significa parlare con Gesù. Pensiamo ad esempio a una sua frase pronunciata ad Assisi nel 1993, rivolgendosi al padre Custode che vedendolo sveglio di buon mattino gli ricordò che l’appuntamento era più tardi, Giovanni Paolo II rispose: “Cosa dico ai convenuti, padre Giulio, se prima non parlo con Lui?”. Frasi brevi, ma ricche di una carica comunicativa significativa e spirituale.

Quali sono le suggestioni legate alla comunicazione che offre san Francesco di Assisi?Partiamo da un assunto: una notizia bella, una notizia buona, non può rimanere nascosta. Ecco perché Francesco d’Assisi ha operato un significativo passaggio sociale portando la predicazione dalle chiese alle piazze (Cfr. Umbria Terra Francescana). Possiamo affermare che della comunicazione, come la conosciamo oggi, san Francesco ne è stato un piccolo-grande precursore, la sua fertile parola ebbe una forza tale da scuotere gli animi e svegliare le coscienze. Con modalità diverse sicuramente, ma con la stessa perspicacia che spinge oggi le azioni comunicative a migliorarsi sempre di più e a rag-giungere tutti indistintamente.

Un altro aspetto lo traggo dai compagni di Francesco che furono mandati in tutto il mondo a vivere e annunciare il Vangelo. La ricognizione sui corpi di questi, avvenuta il 20 dicembre 2012 presso la Basilica di San Francesco di Assisi, e il loro esame me-dico hanno evidenziato un forte stress biomeccanico che testimo-nia l’impegno e la perseveranza per la diffusione del messaggio evangelico.

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l’intervista

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Pensiamo anche a sant’Antonio, la ricognizione del suo corpo ha fatto emergere che aveva rotule ap-piattite, segno delle ore trascorse in ginocchio presso l’altare del Dio della vita. Ed è da queste due ultime considerazioni che traggo una conclusione: per essere e vivere la comunica-zione oggi abbiamo bisogno di “stare” davanti al Signore e di “stare” tra la gente, di percorrere la strada dove possiamo incontrare gli uomini del nostro tempo, non quelli di ieri, né quelli di domani, ma quelli di oggi.

Quali sono le sicurezze ma anche i rischi che ravvisa nelle forme della comunicazione proprie di questo tempo?I rischi sono due, la bulimia di notizie e l’anoressia di contenuti. Bisogna affrontare queste incognite e far emergere più contenuti che notizie, abbiamo bisogno che la notizia diventi contenuto, come dicevo, è la strada di Francesco, quella di una comunicazione della verità che nasce da una identità dialogante che sa lasciare spazio a un ascolto che fa crescere le persone.

Un’ultima domanda legata alla sua fatica editoriale. Il suo libro “Vado da Francesco”, edito da Mondadori, è nella top dei 10 più venduti sul sito ibs.it, quali sono i motivi di questo successo?Non saprei. Quando mi hanno comunicato questo dato e la ristampa del volume dopo nemmeno un mese sono rimasto senza parole e anche un po’ intimorito. Ma credo che la nostra società desideri cose buone, cose belle, cose vere. E soprattutto sorgenti di acqua pura. Francesco d’Assisi rappresenta una di queste sorgenti. Inoltre l’esperienza dell’As-sisiate ci dice che se non ci difendiamo, se non attacchiamo, ma facciamo sempli-cemente accoglienza possiamo intraprendere la strada del dialogo, dell’incontro e del cammino verso la verità che ci sovrasta e ci attende. Solo così riusciremo a far emergere la bellezza presente in ognuno di noi, come ho cercato di farla emergere dal racconto di personaggi come Patti Smith, Gorbaciov, Arafat, Dalla, Don Benzi e tanti volti sconosciuti.

La comunità di frati del Seraphicum

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master

LA TRASFERTA IN TRENTINO ALTO ADIGE DEL MASTER IN “ANTROPOLOGIA FILOSOFICA E FORENSE”

Si è svolta a fine marzo a Moena, in Trentino Alto Aldige, una sezione del master universitario in “Antropologia Filosofica e Forense” - organizzato dal Centro Studi Europa 2010 e dalla Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” - dedicata alla tutela delle persone vulnerabili. L’iniziativa è stata organizzata nell’ambito delle giornate di formazione professionale per gli operatori della polizia locale, convenuti da tutto il territorio nazionale, organizzate dall’ANVU (Associazione Polizia locale d’Italia) nel quadro delle competenze di Polizia di prossimità, che sempre più si ampliano per tale categoria di operatori della sicurezza.I temi trattati dal dottor Gianluca Giovannini e dalla professoressa Laura Volpini, entrambi psicologi

forensi e docenti del master, hanno riguardato i nuovi strumenti legislativi messi in campo sia a livello internazionale che nazionale e che vedono al cen-tro donne e minori, in particolare la prevenzione di azioni a danno di questi soggetti vulnerabili, così come le modalità di approccio che prevedono anche l’ausilio di tecniche psicologiche per proteggere le vittime, da parte di quan-ti, per la loro attività professionale, vengano in contatto con esse.Altro aspetto, affrontato dalla professoressa Rachele Schettini presidente di Europa 2010, e particolarmente interessante per la specifiche competenze af-fidate alle Polizie locali dalla recente legislazione, concerne la scomparsa di persone, fenomeno sempre più in crescita nel nostro Paese dove, a tutt’oggi, risultano scomparse 27.000 persone.

Un aspetto solo da qualche anno oggetto di specifiche misure amministrative e legislative per favorire le ricerche, assicurarne la tempestività e sostenere le famiglie nella traumatica fase della “sospensione” della vita del loro familiare.L’incontro di Moena ha consentito ancora una volta, come già avviene durante tutto il percorso forma-tivo del master, di portare al centro dell’interesse la vittima delle azioni antisociali, spesso ignorate, per generare e diffondere la cultura della vita umana che significa anche attenzione verso i più vulnerabili e deboli, soprattutto da parte di quanti operano per la sicurezza e la giustizia.

Per info sulle attività di Europa 2010:sito web: http://www.europa2010.org/Tel. e fax: 06 97274021E-mail: [email protected] [email protected]

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appuntamenti

CONVEGNO “KOLBE OGGI”

La Cattedra Kolbiana propone, sabato 3 maggio, l’annuale appuntamento di riflessione sulla figura di san Massimiliano, affrontando il tema “Kolbe oggi”. Il convegno, in programma nella sala Sisto V del Seraphicum, sarà aperto alle ore 15.15 dal saluto di fra Raffaele Di Muro, direttore della Cattedra Kolbiana, istituita presso la Facoltà.Alle 15.30, “La Mariologia del Concilio Vaticano II” con l’introduzione di monsignor Luis Francisco Ladaria, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.Seguirà, alle ore 16.30, “La Mariologia di San Massimiliano Kolbe: come

leggerla alla luce del Vaticano II e del Magistero post-conciliare?” con la relazione del professor Alfonso Langella, mariologo della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.Dopo la pausa caffè, i lavori riprenderanno alle 18.00 con la relazione di fra Felice Fiasconaro, docente di Ecclesiologia e Mariologia al San Bonaventura, sul tema “Il linguaggio teologico di Kolbe: elementi fondamentali e prospettive di attualizzazione nella Chiesa di oggi”.Alle 19.00 le conclusioni affidate a fra Domenico Paoletti, preside della Facoltà. Il convegno sarà moderato dalla professoressa Anna Maria Calzolaro, docente della Cattedra Kolbiana.

PRESENTAZIONE LIBRO

Sarà presentato sabato 10 maggio, alle ore 17.30 nella sala Sisto V della Facoltà, il libro “La povertà francescana e il capitalismo medioevale negli scritti di Pietro di Giovanni Olivi” di Maria Caterina Jacobelli. Interverranno il professor Piero Bini, ordinario di Storia del pensiero economico all’Università RomaTre e il professor Oreste Bazzichi, docente alla nostra Facoltà. A moderare l’incontro il professor Roberto Tamanti, docente del Seraphicum. Il libro è edito dalla Editrice Miscellanea Francescana (Roma, 2014)

NUOVE PUBBLICAZIONI

LITURGIA

“Il Mistero di Cristo nel tempo e nello spazio. La celebrazione liturgica” (Urbaniana University Press, Roma 2014) è il nuovo libro del professor Pietro Angelo Muroni, docente di Liturgia.Il volume analizza la celebrazione liturgica nelle sue varie dimensioni e componenti, in particolar modo nel suo rapporto inscindibile con il tempo e con lo spazio.Dopo aver chiarito l’aspetto della celebrazione liturgica e l’identità del popolo di Dio come soggetto celebrante, il volume si sofferma sul concetto cristiano del tempo e del suo profondo rapporto con la liturgia. Ma la liturgia è anche “spazio” e per questo acquista ampio risalto la chiesa come luogo della celebrazione, soffermandosi sulla funzione mistagogica dell’edificio di culto e sul significato dei vari spazi liturgici, quali l’altare, l’ambone, la sede e il fonte battesimale.

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MORALE

È uscita in queste settimane la seconda edizione, integrata, del “Corso di morale fondamentale” (Cittadella Editrice, 2014) del professor Roberto Tamanti, docente di Teologia morale e Bioetica. La pubblicazione, che offre una riflessione critica sui fondamenti dell’etica cristiana, si colloca dentro la tradizione teologico-morale degli ultimi secoli, cercando di accogliere l’invito al rinnovamento chiesto dal Concilio. Il libro ha come riferimento particolare l’enciclica Veritatis splendor, dalla quale deriva la sua struttura centrale, avendo come temi architettonici quelli che costituiscono il nucleo della proposta dell’enciclica: la legge, la coscienza, l’opzione fondamentale, l’atto umano, il peccato. Tutto ciò è preceduto da uno studio del messaggio morale biblico e della storia della teologia morale. Frutto dell’esperienza di insegnamento del prof. Tamanti, l’opera conserva una struttura schematica e uno svolgimento semplice e lineare, con l’ausilio di esempi e applicazioni.

FILOSOFIA E FRANCESCANESIMO

Nuova pubblicazione per il professor Orlando Todisco, docente di Filosofia: è appena uscito il libro “Nella libertà la verità - Lettura francescana della filosofia occidentale” (Edizioni Messaggero Padova, 2014). In questo libro la “scuola francescana” è assunta come guida storiografica dell’avventura occidentale del pensare filosofico. Nell’infinito la libertà assume il volto della necessità, nel finito i tratti della contingenza. Il reale non esiste perché è razionale che esista, quasi che ne abbia il diritto. Il reale è perché voluto e dunque è originariamente un dono. La gratuità scioglie le identità forti e proietta oltre le false alternative e le polarità immobili (I parte). Reinterpretata alla luce di tale assunto teoretico, la storia della filosofia risulta piuttosto ispirata alla concezione dell’essere come “diritto-a-essere” (II parte). Questa linea storiografica per un verso aiuta a mettere in luce il nucleo fondamentale del pensare occidentale,

per l’altro sollecita un nuovo stile di pensiero, secondo il quale la verità è la forma che la libertà in esercizio assume nel tempo (III parte).

IL VANGELO DOPO LA DOMENICA

Ogni lunedì la pagina Facebook della Facoltà ospita la rubrica di approfondimento della Parola, curata da fra Anh Nhue Nguyen. “Il Vangelo dopo la domenica” propone le riflessioni sul Vangelo della domenica appena trascorsa, per una condivisione dei pensieri suscitati da quella lettura e per illuminare il cammino della nuova settimana con una luce evangelica. Nella sezione “Note” della pagina, sono raccolti gli interventi delle settimane precedenti, così da poter leggere e meditare sulle sollecitazioni di questo periodo quaresimale. Pagina Facebook: https://www.facebook.com/PontificiaFacoltaTeologicaSanBonaventuraSeraphicum

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La pagina Fecebook della Facoltà

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UNA RILETTURA DI FELLINI

“Ricordando Fellini - Nulla si sa, tutto si immagina” è il tema della rilettura critica della filmografia di Federico Fellini, che il professor Italo Spada, docente di Scienza della comunicazione audiovisiva alla nostra Facoltà, critico cinematografico e capo ufficio studi del Comitato per la Cinematografia dei ragazzi, terrà giovedì 10 aprile alle ore 19 presso la multisala Margherita di Acireale (CT).

CAFFÈ, BIBBIA E PENSIERO

Si terrà sabato 12 aprile alle ore 16.30, in via Vincenzo di Marco 29 a Palermo, il nuovo incontro della rassegna “Caffè Bibbia e Pensiero” organizzato dalle Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe. La professoressa Annamaria Calzolaro, docente di Mariologia alla Cattedra Kolbiana, terrà un incontro sul tema della morte, muovendo da due approcci: “Nulla è per noi la morte” dall’Epistola a Meneceo di Epicuro e “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” dal Vangelo di Luca 23,46. Gli incontri sono tenuti in collaborazione con la dott.ssa Denise Adversi.

SCUOLA FRANCESCANA DI PARIGI

“Dal possibile all’impossibile” è il tema della relazione che il professor Orlando Todisco, filosofo e docente emerito della Facoltà, terrà il 25 aprile a Parigi nell’ambito del seminario “Una teologia francescana per l’oggi”, organizzato dalla Scuola francescana di Parigi. L’iniziativa vede la partecipazione di relatori di grandi Università che, a cadenza mensile da ottobre scorso sino a maggio prossimo, intervengono su temi “classici” quali l’Immacolata, San Bonaventura, Duns Scoto, ma anche in una prospettiva finalizzata a comprendere e incidere sull’attualità come l’evangelizzazione attraverso il pensiero francescano e l’elaborazione di una teologia a partire dalle parole dei poveri.

FORMAZIONE LITURGICA

Fra Francesco Scialpi, docente di Liturgia, terrà una giornata di formazione liturgica - mercoledì 30 aprile - per i frati del convento di Sant’Antonio di Pescara. Tema dell’iniziativa di formazione è “Il dono di nozze di Cristo sposo alla sua Chiesa sposa. Iniziazione alla Celebrazione Eucaristica”.

FORMAZIONE ALLE CLARISSE

“Il combattimento spirituale” è il tema delle lezioni di formazione che il professor Guglielmo Spirito, docente di Spiritualità francescana, terrà dal 30 aprile al 2 maggio, alle Clarisse del monastero del Buon Gesù di Orvieto.

CONVEGNO SU TOLKIEN

“Melian’s Girdle: Boundaries and Hidden Thresholds in Arda” è la relazione che il professor Guglielmo Spirito terrà al convegno “Natur und Landschaft in Tolkiens Werk / Nature and Landscape in Tolkien’s Work - DTG Tolkien Konferenz”, in programma dal 9 all’11 maggio all’Università di Jena in Germania.

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CINEFORUM SERAPHICUM

Volge al termine la programmazione del Cineforum per la stagione 2013-2014 che propone nel

Cartellone Week end

venerdì 11 e sabato 12 aprile: “Su Re” - regia di Giovanni Columbu

Orario proiezioni: il venerdì alle ore 21 e il sabato alle ore 16 con dibattito alla presenza del regista.

Cartellone Cineformiamoci

Il cinema per i giovanissimi dà appuntamento a mercoledì 30 aprile, alle ore 16.45, con il film “Kung fu panda”, film d’animazione che racconta le vicende di un imbranato panda gigante intento a imparare le arti marziali.

I dettagli sull’attività del Cineforum Seraphicum, schede dei film e trailer sono disponibili sul blog:http://cineforum.seraphicum.net/

MOSTRA CINEFORUM

I cinquant’anni del Cineforum Seraphicum, il più longevo cineforum di Roma ancora attivo, sono raccontati nella mostra “Tracce di un cammino. La storia del Cineforum in un’esposizione”. In mostra le testimonianze sull’impegno dei Frati Minori Conventuali per far conoscere, comprendere e confrontarsi sull’attualità, anche attraverso il racconto che ne viene fatto dalle pellicole cinematografiche. In esposizione, oltre a un proiettore dei primi del ‘900, quello utilizzato dal fondatore fra Faustino Ossanna e dal quale sono passate le pellicole di Pier Paolo Pasolini e di Roberto Rossellini, primi ospiti con i loro film e ai dibattiti del Cineforum, le vecchie “pizze” di latta contenenti le pellicole, i libretti annuali riprodotti a grande scala e le locandine dei vecchi film proiettati.

Nella foto il direttore del Cineforum, fra Emanuele Rimoli, durante il servizio della troupe di Rai Uno con il giornalista Roberto Olla

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francescanamente parlando

FESTA DI SAN BONAVENTURA

Il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore presso il Tribunale della Penitenzieria Apostolica della Santa Sede, e il professor Maurizio Malaguti, docente di Filosofia teoretica all’Università di Bologna, sono stati gli ospiti della festa della Facoltà del 15 marzo, dedicata a san Bonaventura. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta dal cardinale Piacenza, il momento accademico con il saluto del Preside fra Domenico Paoletti e la Lectio del prof. Malaguti su “Audientes faciemus. L’operosa contemplazione nella sequela del Christus medius: la via di San Bonaventura”. A breve uscirà una pubblicazione della Facoltà nella quale saranno riproposti gli interventi di questi anni sulla questione del metodo in teologia. Omelia del cardinale Piacenza: http://www.seraphicum.org/news_facolta.php?id_art=801

NUOVO DOTTORE IN CRISTOLOGIA

“Il mistero del Figlio nei suoi misteri. Un confronto con la cristologia italiana” è il tema della tesi dottorale difesa da fra Enzo Galli e per la quale ha ottenuto la votazione “summa cum laude”. La tesi, che sarà integralmente pubblicata, è strutturata in due parti: nella prima è effettuata una ricognizione generale della cristologia italiana contemporanea, nella seconda è presentata un’analisi dei principali misteri della vita di Gesù Cristo, a partire dai testi della Sacra Scrittura, riletti dal punto prospettico della figliolanza divina di Gesù Cristo.

SEMINARIO SULLA VITA DI COMUNIONE FRATERNA

“La vita di comunione fraterna” è il tema del seminario di studio promosso dalla Pontificia Facoltà teologica “San Bonaventura” in collaborazione con il Comitato esecutivo per la revisione delle Costituzioni dell’Ordine dei Frati minori conventuali, svoltosi il 4 e 5 aprile. L’obiettivo dell’iniziativa, alla quale ha partecipato anche il ministro generale fra Marco Tasca, è stato di offrire un approfondimento accademico e una lettura critica sull’importanza della vita di comunione fraterna nelle Costituzioni.

LEZIONE DI MONS. PIERO MARINI

“La Costituzione Sacrosanctum Concilium - Il primato della Liturgia nella vita della Chiesa” è il tema della lezione tenuta, lo scorso 21 marzo, da monsignor Piero Marini, nell’ambito del corso di Liturgia della Facoltà. Monsignor Marini era stato invitato dal professor Francesco Scialpi, docente di Liturgia, proprio per offrire il suo importante contributo agli studenti che seguono il corso. Monsignor Piero Marini è stato per venti anni Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, prima di Giovanni Paolo II e quindi di Benedetto XVI. Estratto della lezione: http://www.seraphicum.org/news_facolta.php?id_art=782

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Il ministro generale fra Tasca con fra Di Muro

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BUONA PASQUA!

Certi che ciò che abbiamo di più caro come cristiani è Cristo stesso, morto e risorto, insieme con la novità di vita che sgorga da Lui,

il Preside, i docenti, gli studenti e tutto il personale della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” dei Frati minori conventuali di Roma

porgono gli auguri più fervidi di una Santa Pasqua di Risurrezione

(Nella foto: “Donne al sepolcro” di Beato Angelico)

IN PAROLE FRANCESCANE

«La fragilità della condizione umana, che aveva in comune con noi, non trattenne (il padre nostro Francesco) nell’osservanza dei precetti comuni; ma, trascinato da un amore intenso, volle camminare la via della perfezione e raggiunse la vetta della più sublime santità e contemplò il termine di tutta la perfezione (Sal 118,96).Perciò ogni persona, di qualsiasi condizione, sesso ed età, può trovare in lui limpide direttive di sana dottrina e splendidi esempi di opere virtuose. Chi vuole, dunque, metter mano a cose grandi e conquistare i doni più alti della via della perfezione, guardi nello specchio della sua vita e imparerà ogni perfezione. Chi invece preferisse un cammino meno arduo e esercizi più modesti, temendo di non farcela a scalare la cima del monte, guardi ancora a lui: vi troverà gli insegnamenti adatti anche a questo grado di vita spirituale. Chi infine va alla ricerca di rivelazioni prodigiose e di miracoli, badi alla santità di Francesco e sarà accontentato».

(Vita Prima di Tommaso da Celano, parte II, cap. I, 90: FF 477)

PONTIFICIA FACOLTÁ TEOLOGICA “SAN BONAVENTURA” SERAPHICUMVia del Serafico, 1 - 00142 Romatel 06.515031 - [email protected] Comunicazione: Elisabetta Lo Iacono - [email protected]://www.seraphicum.org/facolta.php http://www.facebook.com/PontificiaFacoltaTeologicaSanBonaventuraSeraphicum https://twitter.com/Seraphicum https://twitter.com/fraterdominicus (Preside P. Domenico Paoletti) https://www.youtube.com/user/SeraphicumRoma