Sentenza n. 2824/2016 pubbl. il 18/05/2016 RG n. … 1 di 14 RG n. 33455/2014 REPUBBLICA ITALIANA IN...

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pagina 1 di 14 RG n. 33455/2014 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Il collegio composto dai magistrati: dott. Umberto Scotti Presidente dott.ssa Maria Cristina Contini Giudice dott. Luca Martinat Giudice rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA DEFINITIVA Nella causa civile iscritta al n. 33455/2014 Promossa da Oma s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Maurizio Rogora, Alessandro Lavagno ed Elisabetta Lavagno, ed elettivamente domiciliata in Torino, via Botero n. 17, per procura a margine dell’atto di citazione; - PARTI ATTRICE - contro Anchieri Claudio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marisa Zariani, Patrizia Adamczik ed Elena Papurello, ed elettivamente domiciliato in Torino, corso Ferrucci n. 8, per procura in calce alla comparsa di costituzione; - PARTE CONVENUTA – Camera di consiglio: in data e nella composizione del 6 maggio 2016 Firmato Da: SCOTTI UMBERTO LUIGI C Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 13e0d1 - Firmato Da: MARTINAT LUCA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 28ed0 Sentenza n. 2824/2016 pubbl. il 18/05/2016 RG n. 33455/2014 http://bit.ly/2kg7Lli

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RG n. 33455/2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Il collegio composto dai magistrati:

dott. Umberto Scotti Presidente

dott.ssa Maria Cristina Contini Giudice

dott. Luca Martinat Giudice rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA DEFINITIVA

Nella causa civile iscritta al n. 33455/2014

Promossa da

Oma s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Maurizio Rogora, Alessandro Lavagno ed Elisabetta

Lavagno, ed elettivamente domiciliata in Torino, via Botero n. 17, per procura a margine dell’atto di

citazione;

- PARTI ATTRICE -

contro

Anchieri Claudio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marisa Zariani, Patrizia Adamczik ed Elena

Papurello, ed elettivamente domiciliato in Torino, corso Ferrucci n. 8, per procura in calce alla comparsa

di costituzione;

- PARTE CONVENUTA –

Camera di consiglio: in data e nella composizione del 6 maggio 2016

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CONCLUSIONI DELLE PARTI:

Parte attrice:

“Voglia l’Ill.mo Tribunale, respinta ogni contraria domanda ed eccezione,

- accertato che l’uso del patronimico <<Anchieri>> nell’ambito dell’attività di impresa funebre determina un

illecito ed in particolare concorrenza sleale a danno della società OMA srl,

- accertato quindi il diritto della OMA srl di utilizzare in via esclusiva il patronimico <<Anchieri>> nell’ambito

dell’attività di impresa funebre,

- accertato altresì che anche l’associazione dell’immagine del sig. Anchieri Claudio alla ditta La Storica

determina un illecito ed in particolare concorrenza sleale a danno della società OMA srl,

- nonché a conferma del provvedimento cautelare emesso:

a) inibire radicalmente al sig. Claudio Anchieri di utilizzare il nome “ANCHIERI” nell’ambito dell’attività

commerciale di onoranze funebri, condannando il medesimo a non farne uso, nonché inibire al sig. Claudio

Anchieri di utilizzare la propria immagine per pubblicizzare la neocostituita impresa funebre La Storica,

condannando all’uopo il medesimo ad eliminare e/o rimuovere ogni pubblicità che utilizza la propria

immagine;

- in subordine inibire al sig. Claudio Anchieri di usare ai fini di informazione pubblicitaria, e comunque in

relazione a tutti i luoghi e i modi con cui si comunica o si informa terzi - inclusi i richiami pubblicitari,

indicazioni, pieghevoli promozionali, inserzioni in pubblicazioni a stampa o via internet, ed ogni altro simile

mezzo di richiamo - il nome “ANCHIERI” nell’ambito dell’attività commerciale di onoranze funebri e la propria

immagine associata alla neocostituita impresa funebre La Storica;

b) ordinare per l’effetto al sig. Anchieri Claudio di eliminare e/o rimuovere dagli elenchi telefonici e da tutti i

siti web il patronimico “Anchieri” laddove associato anche indirettamente all’attività di impresa funebre;

c) fissare ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c. una somma di denaro dovuta dal sig. Anchieri Claudio per ogni

violazione o inosservanza dell’emananda sentenza dell’Ill.mo Tribunale;

d) condannare il sig. Anchieri Claudio a risarcire i danni arrecati alla OMA srl nella misura in cui verranno

quantificati in causa, oltre interessi e rivalutazione.

Con favore di spese competenze ed onorari di causa”.

Parte convenuta:

“Ogni contraria istanza, azione od eccezione respinta,

Voglia l'Ill.mo Tribunale di Torino,

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previa rimessione della causa in istruttoria per l’ammissione delle prove richieste dal convenuto con le

memorie ex art. 183, comma VI° C.p.c. n.° 2 e 3, datate, rispettivamente, 12.10.2015 e 29.10.2015;

NEL MERITO: contestato integralmente sia l’an che il quantum delle pretese ex adverso formulate,

respingere integralmente tutte le domande avanzate dalla Società attrice nei confronti del convenuto, poiché

infondate in fatto ed in diritto, previa sospensione e/o revoca del provvedimento d’urgenza, emesso in data

30.09.2014 e di tutte le statuizioni ivi contenute, ivi compresa la misura di cui all’art. 614 Bis C.p.c., così come

da ultimo modificata con ordinanza del 7.12.2015;

CON FAVORE di spese, diritti ed onorari di giudizio e di ripetizione di tutte le somme riconosciute all’attrice, a

seguito dell’esecuzione del provvedimento d’urgenza del 30.09.2014, dell’ulteriore provvedimento, di

riduzione della penale, adottato in data 25.03.2015, nonché dell’ultimo, in ordine di tempo, provvedimento

modificativo assunto in data 7.12.2015.

Con favore di spese, diritti ed onorari di giudizio”.

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO

1) Nel presente giudizio Oma s.r.l. citava in giudizio Anchieri Claudio esponendo: 1) che la società Oma

era stata costituita nell’anno 1995 e le sue quote sociali erano state intestate, nella misura del 50%

ciascuno, a Mandrini Claudio (suo attuale legale rappresentante) ed al Sig. Tartaglione Alfredo

(quest’ultimo quale interposto del convenuto Anchieri, effettivo proprietario delle quote; 2) che il

convenuto aveva ricoperto la carica di amministratore unico della Società dal 01.06.1997 al 14.09.2002; 3)

che, sempre nel 1995, Oma aveva acquistato l’azienda della Società Anchieri Snc, di Anchieri Villi

Pasqualina e C., società che sin dall’anno 1957 aveva svolto in Domodossola e circostanti valli l’attività di

pompe funebri, con la ditta e l’insegna “IMPRESA ONORANZE FUNEBRI ANCHIERI”; 4) che, da allora, la

OMA aveva svolto l’attività inerente i servizi di pompe funebri, esponendo tale insegna; 5) che, in data

14.09.2002, il convenuto aveva ceduto al Sig. Mandrini Claudio le proprie quote, pari al 50%,

impegnandosi nella scrittura privata di cessione a “non svolgere alcuna attività concorrenziale con quella

svolta alla data odierna dalla Società OMA SRL, né personalmente, con interposta persona e tantomeno alle

dipendenze”; 6) che il convenuto, tuttavia, aveva immediatamente posto in essere una serie di atti di

concorrenza sleale ed in violazione del patto di non concorrenza, già oggetto di precedenti procedimenti

giudiziari, di cui il primo risalente all’anno 2003, quando l’Anchieri avrebbe speso il proprio nome e la

propria professionalità, in collaborazione con la Società MAAP (costituita nell’anno 2002), al fine di sviare

la clientela a danno della Società Oma (circostanze oggetto di procedimento ex art. 700 c.p.c e successivo

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giudizio di merito, conclusosi con la sentenza del Tribunale di Verbania, Sezione Distaccata di

Domodossola, n. 66/2005 con la quale era stato ingiunto alla MAAP ed all’odierno convenuto di cessare

ogni attività concorrenziale nei confronti di Oma); 7) che il secondo atto di concorrenza sleale si ebbe

nell’anno 2007, allorquando l’Anchieri, che in quell’anno 2007 aveva avviato una propria impresa

individuali di pompe funebri, utilizzò il patronimico ANCHIERI in maniera sleale, fatto che diede origine ad

altro procedimento cautelare avanti al Tribunale di Verbania conclusosi con l’ingiunzione al convenuto di

cessare immediatamente di far uso del nome ANCHIERI nell’ambito dell’attività commerciale di onoranze

funebri da lui intrapresa; 8) che, in seguito, l’odierno convenuto aveva cessato di far uso del patronimico;

9) che, tuttavia, nel 2014 il convenuto avrebbe compiuto un terzo atto di concorrenza sleale, oggetto del

presente procedimento, avente ad oggetto, ancora una volta, l’utilizzo del patronimico, nell’ambito

dell’attività dallo stesso esercitata, comparendo il nome ANCHIERI nell’elenco delle pagine bianche e

gialle ed in numerosi siti internet; 10) che, conseguentemente, Oma aveva introdotto un procedimento

cautelare (ove il convenuto non si costituiva) avanti al Tribunale delle Imprese di Torino che, con

provvedimento del 30.09.2014, aveva inibito al convenuto l’utilizzo del nome ANCHIERI nell’ambito

dell’attività commerciale di onoranze funebri, ordinato al convenuto di rimuovere dagli elenchi telefonici

e dai siti web il nome ANCHIERI, laddove associato all’attività d’impresa e fissato, a carico del Sig.

CLAUDIO ANCHIERI, una penale pari ad Euro 500,00, per ogni violazione del provvedimento e per ogni

giorno di ritardo nell’esecuzione; 11) che in questo giudizio di merito Oma intendeva ottenere la conferma

dei provvedimenti cautelari, oltre al risarcimento del danno.

Anchieri Claudio, quindi, costituitosi in giudizio, negava di aver compiuto atti di concorrenza sleale in

quanto: 1) il nome “Anchieri” non compariva affatto sugli elenchi telefonici delle pagine bianche e gialle,

già da alcuni anni, dato che la sua ditta individuale era pubblicizzata esclusivamente quale “Impresa

Funebre Valdossola”; 2) nessuno dei siti Web in cui il suo patronimico era accostato all’impresa funebre da

lui esercitata gli apparteneva, né era stato da lui creato e/o registrato, né risultava a lui in alcun modo

ricollegabile, in termini di titolarità del dominio; 3) egli, infatti, non aveva mai stipulato alcun contratto

con le Società che gestiscono o risultano, comunque, titolari dei siti di cui sopra, né aveva mai sottoscritto

alcun servizio al fine di consentire a tali Società di inserire i propri riferimenti e dati anagrafici all’interno

dei suddetti portali, tant’è vero che, una volta venuto a conoscenza, anche a seguito della notifica degli

atti esecutivi, scaturiti dopo la pronuncia dell’ordinanza cautelare del settembre 2014, che il patronimico

“ANCHIERI” compariva su ciascuno su tali siti, associato alla Ditta di cui egli risulta titolare (“Impresa

Funebre Ossolana) cliccando, semplicemente, il cognome ANCHIERI, si era attivato inoltrando a ciascuna

delle suddette società espressa diffida a non voler trattare i suoi riferimenti anagrafici ed, anzi,

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invitandole alla cancellazione degli stessi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 del Codice in materia di

protezione dei dati personali.

A seguito dell’udienza del 25.03.2015, quindi, il convenuto si impegnava a cessare la propria ditta

individuale ed ad esercitare sotto altra forma l’attività di pompe funebri, cosa effettivamente avvenuta,

ma in modo non sufficiente per parte attrice in quanto la moglie del signor Anchieri (Chiara Merlo) aveva

costituito una ditta individuale denominata “La Storica“ gestita di fatto dal marito, circostanza che,

unitamente all’utilizzo a caratteri cubitali di una fotografia del convenuto nelle comunicazioni

pubblicitarie, continuava a rappresentare secondo Oma una forma di concorrenza sleale, dal momento

che con tale condotta il convenuto cercava di far apparire come fosse la ditta della moglie l’impresa vera,

originaria di pompe funebri in Val d’Ossola.

La causa giungeva, infine, a decisione previe alcune modificazioni apportate dal giudice istruttore al

provvedimento cautelare emesso ante causam, e senza l’assunzione dei mezzi istruttori dedotti dalle

parti.

2) Tanto premesso, il Collegio in via preliminare rileva come le parti, anche in forza della sentenza n.

66/2005 del Tribunale di Verbania passata in giudicato, siano concordi nel ritenere che il convenuto non

possa esercitare l’attività di pompe funebri in Val d’Ossola pubblicizzandola e/0 rappresentandosi al

pubblico al fine di contraddistinguere l’impresa con l’impiego del patronimico “Anchieri”.

Analogamente, le parti sono concordi che l’Anchieri possa di per sé svolgere, in proprio o alle dipendenze

di terzi, l’attività di pompe funebri in Val d’Ossola, purché tale attività sia esercitata nel rispetto dei diritti

di proprietà intellettuale/segni distintivi (marchio di fatto, insegna, ditta) di spettanza di Oma, la quale

infatti legittimamente dal 1995 pubblicizza e contraddistingue la propria attività mediante l’impiego nella

propria ditta/insegna/marchio di fatto del patronimico “Anchieri”, per averlo acquisito dalla società

storica ossolana di pompe funebri fondata e gestita dai genitori dell’odierno convenuto (che pure

partecipò all’acquisto nel 1995 quale socio occulto di Oma).

Deve, quindi, procedersi all’individuazione dell’esatto contenuto del giudicato della sentenza del

Tribunale di Verbania la cui autorità è stata in questa sede invocata da parte attrice a fondamento della

propria domanda.

Al riguardo va in primo luogo rilevato che parte del contenuto di quella sentenza non ha rilievo per i fatti

oggetto di questo procedimento in quanto fondata sulla violazione del patto di non concorrenza

sottoscritto dall’Anchieri nel 2002 allorquando vendette la propria quota di Oma: tale patto, dunque,

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rendeva di per sé illecita ogni attività concorrenziale esercitata dal convenuto (fino alla sua scadenza

avvenuta nel 2007), ipotesi non più attuale.

Rileva in questa sede, dunque, la parte della sentenza del Tribunale di Verbania che tratta dell’attività di

concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., ed in particolar modo il dispositivo in cui è stato deciso che il

convenuto “ha compiuto atti di concorrenza sleale nei confronti di Oma a r.l. ingenerando confusione nella

clientela servendosi del nome “Anchieri” – caratterizzante invece la ditta e l’insegna facenti capo all’Impresa

Oma s.r.l. – in varia guisa”.

Per sapere, quindi, quali fossero le modalità dell’utilizzo del nome Anchieri contestate dal Tribunale di

Verbania occorre far riferimento alla parte motiva della sentenza (infatti, “il giudicato esterno è

assimilabile agli "elementi normativi", sicché la sua interpretazione deve effettuarsi alla stregua dell'esegesi

delle norme, non già degli atti e dei negozi giuridici, e la sua portata va definita dal giudice sulla base di

quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendosi far riferimento,

in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale”: Cassazione civile, sez. I,

10/12/2015, n. 24952).

Nella parte motiva, quindi, la sentenza di Verbania, oltre a trattare di questioni (quali il rapporto diretto

con la clientela tenuto dall’Anchieri per conto della società MAAP per cui all’epoca lavorava) più legate

alla violazione del patto di non concorrenza che in questa sede non rilevano (essendo tale patto ormai

scaduto, infatti, il convenuto può legittimamente esercitare l’attività di pompe funebri in Val d’Ossola in

proprio o alle dipendenze di terzi), enfatizza “la notorietà e l’importanza del nome Anchieri” nel settore

delle pompe funebri ossolane e quindi la scorrettezza concorrenziale commessa allorquando “sull’elenco

telefonico è stato apportato in grassetto maiuscolo con la colorazione tipica delle attività commerciali

(azzurro) il nome Claudio Anchieri” per pubblicizzare l’attività della società MAAP.

L’Anchieri, inoltre, pure appose sulla vetrina del negozio MAAP un cartello con scritto “Anchieri Claudio”,

come anche stigmatizzato dalla sentenza del Tribunale di Verbania.

Alla luce di quanto appena esposto, ritiene dunque il Collegio che il convenuto, in forza del giudicato

sopra ricordato ed in forza dei diritti sull’insegna, sulla ditta e sul marchio di fatto di titolarità di Oma, non

possa fare uso del proprio patronimico al mero fine di pubblicizzare e contraddistinguere al pubblico un

impresa di pompe funebri esercente in Val d’Ossola.

Così, del resto, si è pure pronunciat0 nel 2007 in sede cautelare sempre il Tribunale di Verbania (doc. n. 20

e 21 di parte attrice), allorquando ha inibito al convenuto l’esercizio dell’attività di pompe funebri sotto la

denominazione ampiamente pubblicizzata (sulla stampa locale e sulla vetrina del negozio) al pubblico di

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“Impresa funebre Valdossola di Anchieri Claudio”, dal momento che l’uso evidenziato ed esaltato

graficamente del nome “Anchieri” a meri fini di pubblicitari rappresentava un illecito confusorio.

Il Collegio, in questa sede, non può quindi che ribadire che l’utilizzo del patronimico “Anchieri” al mero

fine di pubblicizzare presso il pubblico un’impresa di pompe funebri in Val d’Ossola deve essere interdetto

al convenuto, in quanto atto costituente illecito concorrenziale confusorio ai danni di Oma, come già

accertato da un giudicato vincolante fra le parti.

Da quanto precede, tuttavia, non può farsi discendere il divieto per l’Anchieri di esercitare un’impresa di

pompe funebri nel territorio ossolano mediante una propria ditta individuale (come infatti regolarmente

avvenuto fra il 2007, dopo la seconda pronuncia del Tribunale di Verbania sopra citata; ed il 2014),

indicando sé stesso quale il titolare (o comunque l’esercente), come invece sembrerebbe sostenere parte

attrice.

Il contenuto del giudicato della sentenza di Verbania sopra citata, infatti, deve essere interpretato – alla

luce della giurisprudenza menzionata – nel contesto normativo generale, ovvero in modo particolare

tenendo in considerazione l’art. 8 c.p.i. secondo cui, “I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la

registrazione possono essere registrati come marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito

o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi. L'Ufficio italiano brevetti e marchi ha tuttavia la facoltà di

subordinare la registrazione al consenso stabilito al comma 1. In ogni caso, la registrazione non impedirà a chi

abbia diritto al nome di farne uso nella ditta da lui prescelta sussistendo i presupposti di cui all'articolo 21,

comma 1”, e per l’appunto il suddetto art. 21 secondo cui “I diritti di marchio d'impresa registrato non

permettono al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attivita' economica, purche' l'uso sia conforme ai principi

della correttezza professionale:

a) del

loro nome e indirizzo;

b) di indicazioni relative alla specie, alla qualita', alla quantita', alla destinazione, al valore, alla

provenienza geografica, all'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre

caratteristiche del prodotto o del servizio”.

L’esistenza, quindi, di diritti di proprietà intellettuale o la titolarità di segni distintivi dell’impresa su

determinati nomi di persone non impedisce quindi inevitabilmente al portatore di quel nome di farne uso,

se tale uso è conforme alla correttezza professionale.

Infatti, come anche recentemente statuito dal Tribunale delle Imprese di Venezia (sent. n. 2602/2015,

caso Cipriani, assai simile a quello oggetto del presente procedimento dato che ha riguardato l’esame

delle legittimità o meno del marchio/insegna “By Cipriani” da parte di esponente della famiglia Cipriani

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dopo che questa aveva ceduto il marchio “Cipriani” ad una società terza) “la coincidenza fra un nome e un

marchio non consente al titolare del marchio di impedire al portatore del nome di impiegare tale nome

nell’attività economica, specie se la spendita di quel nome è finalizzata a fornire un’informazione in ordine ai

soggetti che quell’attività svolgono, in via diretta o in via indiretta, ed al patrimonio di esperienza, personale e

familiare, con il solo limite del rispetto dei principi di correttezza professionale”.

Un siffatto uso, di conseguenza, prosegue la citata sentenza “rispondendo all’esigenza di fornire,

attraverso l’indicazione del nome, un’informazione sulla provenienza e sulla qualità dei servizi resi per il fatto

di essere gestiti da specifiche persone, riveste valenza descrittiva e non distintiva”.

Nello stesso senso si è anche pronunciata la Corte di Appello di Milano, Sezione specializzata in materia di

Imprese (sent. 3443/2015 del 21.08.2015, caso Fiorucci), che, rifacendosi ai propri precedenti (fra cui

quello di cui alla sentenza 881/2013), ha ritenuto concorrenzialmente lecita l’indicazione da parte del noto

stilista Elio Fiorucci del proprio nome (mediante l’utilizzo di un’espressione quale “By Fiorucci”) al fine di

farsi identificare quale creatore di determinati prodotti malgrado la precedente cessione del marchio

“Fiorucci” ad un terzo.

In particolare, la citata sentenza d’appello del 2013 ebbe a confermare la sentenza di primo grado del

Tribunale di Milano delli 18.09.2008 (in Diritto industriale, n. 1/2009, pag. 40 sg), la quale stabilì che l’uso

del nome è consentito anche come uso distintivo di un’attività economica, a condizione che il segno

stesso non sia rivolto a contraddistinguere il prodotto ma costituisca una parte della comunicazione tesa

a far conoscere qualità o altre caratteristiche del prodotto stesso fra le quali la provenienza dallo stilista o

dal designer che lo ha disegnato, progettato o realizzato.

In considerazione, quindi, di questo principio il Tribunale di Milano prima e la Corte d’Appello poi

considerarono legittimo l’uso come marchio del nome e cognome di Elio Fiorucci preceduto dalla

particella “by” con una scritta in rilievo grafico minore rispetto alle altre componenti denominative

utilizzate e con carattere corsivo onde meglio rappresentare l’apposizione di una firma, ed in posizione

subalterna e defilata rispetto ai disegni e agli altri termini che componevano i marchi contestati, dal

momento che da tali elementi si poteva ricavare che l’utilizzo del nome veniva effettuato quale mera

firma dell’autore rispetto al prodotto così presentato.

L’uso del proprio nome, quindi, qualora abbia finalità di individuare l’autore di un determinato prodotto o

servizio deve essere considerato legittimo se conforme alla correttezza professionale, circostanza da

ritenere sussistente qualora il nome impiegato sia idoneo a comunicare informazioni rilevanti al pubblico

dei consumatori, come avviene nel caso del convenuto.

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Non può essere messo in dubbio, infatti, come questi non solo provenga da una nota famiglia ossolana

attiva nel settore delle pompe funebri (avendo da essa Oma acquistato l’azienda e la ditta/insegna

contenente anche il patronimico Anchieri), ma sia lui stesso attivo da sempre nel suddetto settore

commerciale, il che gli ha sicuramente consentito di acquisire esperienza e notorietà nel settore.

L’utilizzo, quindi, del patronimico Anchieri deve essere ritenuto legittimo se destinato esclusivamente ad

indicare l’autore dei servizi di pompe funebri in quanto esso richiama un substrato esperienziale,

personale e famigliare, di cui il convenuto è indubbiamente titolare, sicché deve essere ritenuto

legittimato a comunicare tale circostanza al pubblico, non potendosi infatti pretendere dal convenuto una

totale cancellazione da parte sua della comunicazione a terzi del patrimonio professionale di cui è in

possesso.

Tale principio, anche di recente, è stato indirettamente ribadito dalla Suprema Corte nella seguente

pronuncia (che ha trattato il caso opposto in cui non vi era alcun motivo specifico per utilizzare il

patronimico oggetto di marchio altrui), secondo cui “ai sensi degli artt. 21, comma 1, lett. a), e 22 del d.lgs.

10 febbraio 2005, n. 30, un segno distintivo costituito da un nome anagrafico validamente registrato come

marchio non può essere, di regola, adottato, in settori merceologici identici o affini, né come marchio, né

come denominazione sociale, salvo il principio della correttezza professionale, neppure dalla persona che

legittimamente porti quel nome, in quanto, nell'ambito dell'attività economica e commerciale, il diritto al

nome subisce una compressione ove sia divenuto oggetto di registrazione ad opera di altri. Ne consegue che

non è conforme alla correttezza professionale l'inserimento, nella denominazione sociale, del nominativo di

uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, che

non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai

servizi offerti, la cui ravvisibilità non può consistere nella sola circostanza che il nome sia patronimico di un

socio” (Cassazione civile, sez. I, 25/02/2015, n. 3806).

Ed ancora, in modo diretto: “in materia di marchi, ai sensi dell'art. 21 d.lg. 10 febbraio 2005 n. 30,

l'utilizzazione commerciale del nome patronimico, corrispondente al marchio già registrato da altri, non può

avvenire in funzione distintiva, ma solo descrittiva, in quanto l'avvenuta modifica normativa, rispetto alla

previsione dell'art. 1 bis r.d. 21 giugno 1942 n. 929 (con la soppressione dal testo normativo delle parole «e

quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva»), lascia ferma la necessità che l'uso del

marchio debba essere conforme ai principi della correttezza professionale” (Cassazione civile, sez. I,

14/03/2014, n. 6021).

L’uso, dunque, da parte del convenuto del proprio patronimico per contraddistinguere la propria attività

nel settore delle pompe funebri deve essere considerato lecito se realizzato a fini meramente

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identificativi/distintivi dell’autore delle prestazioni svolte, il che esclude l’utilizzo a meri fini pubblicitari,

come tali finalizzati esclusivamente a contraddistinguere presso il pubblico i servizi resi mediante

l’impiego di un determinato patronimico.

Ritiene, quindi, il Collegio, visti anche i precedenti giurisprudenziali citati (casi Fiorucci e Cipriani, che

hanno delibato le condizioni concrete in forza delle quali l’uso del patronimico doveva essere considerato

lecito), che l’uso del patronimico da parte del convenuto nell’esercizio dell’attività di pompe funebri

nell’ossolano debba essere considerato legittimo se: 1) caratterizzato da modalità grafiche che prevedano

l’uso di caratteri di dimensioni uguali o inferiori rispetto a quello delle altre parole che necessariamente

devono essere presenti; 2) il patronimico non risulti evidenziato mediante segni distintivi quali l’utilizzo

del grassetto o di colorazioni particolari; 3) il patronimico occupi una parte minoritaria della

denominazione; 4) il patronimico sia accompagnato dalla presenza di altri elementi testuali quali “by” o

“di”, che siano chiaramente ed univocamente idonei ad indicare la provenienza dei servizi dalla specifica

persona del convenuto; 5) il patronimico sia completo del nome e del cognome del convenuto, in quanto il

nome non è oggetto dei diritti di Oma, ragion per cui la spendita congiunta del nome e del cognome da

parte del convenuto è maggiormente idonea ad evitare confusione fra le due imprese ed ad individuare

l’impresa del convenuto.

Da quanto precede discende altresì la legittimità da parte del convenuto all’utilizzo della propria

immagine personale a supporto della ditta/insegna della propria impresa: tale utilizzo, infatti, è

manifestamente rivolto a comunicare al pubblico la persona fisica che concretamente si occupa di gestire

l’attività di pompe funebri, e come tale deve essere sicuramente considerato legittimo in quanto assolve

alla legittima funzione di identificare l’autore materiale delle prestazioni commerciali.

Alla luce di quanto precede deve quindi essere esaminato se le condotte concretamente imputate al

convenuto in questo giudizio abbiano travalicato i limiti sopra indicati.

Ritiene, quindi, il Collegio che il convenuto in passato abbia indubbiamente utilizzato il proprio

patronimico in maniera incompatibile con la correttezza professionale: al riguardo è sufficiente notare

come nel 2007 (doc. n. 13, 14, 15, 16 e 17 parte attrice) l’Anchieri fosse solito pubblicizzare la propria

impresa individuale mediante una sovraesposizione più volte ripetuta del proprio patronimico,

caratterizzata da caratteri in grassetto il triplo se non il quadruplo più grandi di qualsiasi altra parola: tali

condotte, tuttavia, sono state già oggetto di valutazione da parte del Tribunale di Verbania nel 2007, e

non sono pertanto oggetto di questo giudizio.

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Successivamente alla pronuncia di Verbania del 2007, in effetti, il convenuto ha iniziato ad esercitare la

propria attività sotto l’insegna “Impresa funebre Valdossola di Anchieri Claudio”, senza particolari

caratterizzazioni grafiche riguardanti il patronimico.

Tale modalità comunicativa (presente pure sulla vetrina dell’esercizio), dunque, ad avviso del Collegio

deve essere considerata legittima in forza di quanto appena esposto: l’uso del patronimico da parte del

convenuto, infatti, è chiaramente volto ad individuare l’esercente l’attività di pompe funebri, non è

caratterizzato da evidenze grafiche, assolve allo scopo di comunicare che l’attività è svolta da soggetto

con grande esperienza nel settore di riferimento e, infine, contiene altresì il nome proprio del convenuto.

Le forme di pubblicizzazione della propria impresa riconducibili con certezza (in quanto da lui

commissionate) all’Anchieri (ci si riferisce alle pagine bianche e gialle cartacee prodotte da parte

convenuta: doc. da 1 a 7) rispettano pure esse i criteri sopra indicati, dal momento che negli anni più

risalenti (2011/2012, 2012/2013) l’espressione “Onoranze funebri Valdossola” compariva in grassetto con

caratteri da 2 a 3 volte più grandi del nominativo del convenuto, che peraltro si firmava semplicemente

“di A. Claudio”, in tal modo neppure utilizzando il proprio cognome, mentre dal 2013/2014 in poi era pure

scomparso qualsiasi riferimento al nome ed al cognome del convenuto: alcun illecito concorrenziale,

dunque, può essere ascritto all’Anchieri in relazione alle suddette condotte.

Né a diversa conclusione può giungersi valorizzando le pagine web prodotte da parte attrice (doc. da n. 23

in poi).

Tali pagine, infatti, non sono chiaramente in alcun modo riconducibili alla volontà del convenuto (la

circostanza, in effetti, neppure è stata contestata in corso di causa da Oma), essendo al contrario frutto

dell’opera di vari portali di ricerca su internet (pagine bianche.it, tuugo.it, aziende.it, cercoimprese.com,

misterimprese.it, tuttoindirizzi.it, informazione-azeinde.it….), i quali, attingendo a banche dati di

pubblica consultazione (quali ad esempio la Camera di commercio ove la denominazione dell’impresa

esercitata dal convenuto compariva per esteso, ivi compresi pertanto il nome ed il cognome

dell’Anchieri), contemplavano mediante l’utilizzo dei loro motori di ricerca la ditta di pompe funebri del

convenuto, dando evidenza più o meno marcata al patronimico dello stesso.

La maggior parte di tali portali, peraltro, rispettava le regole di comunicazioni sopra descritte, ragion per

cui anche sotto tale profilo alcun illecito può essere ravvisato.

In ogni caso, la non riconducibilità alla volontà del convenuto di tali pagine web (egli, infatti, non ha né

commissionato né autorizzato i vari portali all’utilizzo dei propri dati) unitamente all’inoltro da parte sua

ai suddetti portali di diffide dal continuare a pubblicizzare la sua attività commerciale con le modalità

contestate da Oma impediscono di ritenere illecita la condotta.

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Infatti, per poter imputare all’Anchieri una condotta concorrenzialmente illecita, avrebbe dovuto essere lo

stesso convenuto l’autore delle condotte illecite, presupposto non esistente nella fattispecie in esame

ove, di tutta evidenza, la menzione della sua azienda presso innumerevoli portali di ricerca su internet

(anche internazionali) è dipesa dall’acquisizione da parte dei suddetti portali di dati messi –

legittimamente – a disposizione del pubblico da parte di pubblici registri.

In ogni caso, con considerazione assorbente, va pure detto che il convenuto ha successivamente inoltrato

delle diffide ai suddetti portali, in tal modo ponendo in essere quanto ragionevolmente a lui pretendibile

per far cessare la menzione della sua impresa presso i suddetti portali.

L’Anchieri, dunque, ad avviso del Collegio non ha posto in essere alcun illecito concorrenziale con le

condotte contestate da Oma con l’atto di citazione, dal momento che le forme di comunicazione a lui

riconducibili sono da ritenere scriminate dagli art. 8 e 21 c.p.i., mentre quelle a lui non riconducibili o

erano a loro volta rispettose degli art. 8 e 21 c.p.i. (con conseguente loro liceità per ciò solo) oppure,

proprio per il non essere a lui riconducibili, non possono essergli imputate, specie dopo che il convenuto si

attivò per farne cessare la pubblicazione.

Con la memoria n. 2 parte attrice ha quindi esposto come il convenuto, in adempimento di un impegno

assunto durante il corso di un’udienza di questo giudizio, avesse cessato la propria ditta individuale,

continuando tuttavia ad esercitare l’attività di pompe funebri mediante una ditta individuale intestata alla

moglie Chiara Merlo, ditta chiamata “La Storica” e pubblicizzata mediante la fotografia dell’Anchieri (doc.

da n. 33 in poi parte attrice).

All’udienza di precisazione delle conclusioni, infine, parte attrice ha chiesto di accertare altresì che “anche

l’associazione dell’immagine del sig. Anchieri Claudio alla ditta La Storica determina un illecito ed in

particolare concorrenza sleale a danno della società OMA srl”, con correlata richiesta di inibitoria.

Tali domande, tuttavia, ad avviso del Collegio devono essere dichiarate inammissibili in quanto tardive,

essendo state formulate per la prima volta all’udienza di precisazione delle conclusioni (osservandosi al

riguardo che la giurisprudenza citata da parte attrice a fondamento dell’ammissibilità delle suddette

domande attiene a modifiche apportate alle domande con la prima memoria istruttoria, quando è in

effetti ancora possibile procedere a modificazione ed aggiustamenti delle domande, e non quindi

all’udienza di precisazione delle conclusioni).

Peraltro, l’utilizzo dell’immagine dell’Anchieri non è nuovo, avendo il convenuto già impiegato proprie

fotografie per pubblicizzare la propria ditta individuale almeno sino al 2012/2013, senza ricevere

contestazioni di sorta da Oma.

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L’asserito illecito concorrenziale perpetrato con la ditta “La Storica” di titolarità della moglie del

convenuto ed attuato mediante l’associazione con l’immagine del volto dell’Anchieri, in effetti,

rappresenta un illecito concorrenziale del tutto nuovo rispetto a quello dedotto con l’atto di citazione, e

come tale non può essere oggetto di questo giudizio.

Trattasi, in ogni caso, in ipotesi più di una concorrenza sleale per appropriazione di pregi che confusoria

(contrariamente a quanto pare sostenere parte attrice), dal momento che “La Storica” sembrerebbe voler

far intendere di essere lei l’autentica ed originaria ditta di pompe funebri dell’ossolano: comunque, per

quanto sopra esposto, di tale vicenda non si può tener conto in questa sede.

Alla luce di quanto precede, quindi, non può che essere revocato il provvedimento cautelare adottato

ante causam in data 30.09.2014 (e successive modificazioni, con conseguente diritto del convenuto ad

ottenere la restituzione di quanto eventualmente già pagato), non avendo l’Anchieri compiuto alcun

illecito concorrenziale mediante le condotte contestate con l’atto di citazione.

Né può disporsi un’inibitoria generale per il futuro, necessitando una tale misura l’attualità della condotta

illecita da parte del convenuto, attualità che allo stato non sussiste (non rilevando, lo si ribadisce, in

questa sede le contestazioni relative alla ditta “La Storica”).

In assenza di illecito, infine, la domanda di risarcimento del danno formulata da parte attrice non può che

essere disattesa.

3. Le spese di lite, stante l’esito del giudizio e la complessità delle questioni trattate anche alla luce dei

precedenti giurisprudenziali intercorsi fra le parti, devono essere integralmente compensate ex art. 92

c.p.c.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE DI TORINO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

in composizione collegiale,

definitivamente pronunciando,

respinta ogni altra istanza, eccezione o deduzione,

nel contraddittorio delle parti,

1) accerta che l’uso del patronimico “Anchieri” a meri fini di pubblicità (volto cioè a contraddistinguere i

servizi resi presso il pubblico) dell’attività di un’impresa funebre nel territorio della Val d’Ossola

costituisce atto di concorrenza sleale ai danni della società OMA s.r.l.;

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2) accerta il diritto della OMA s.r.l. di utilizzare in via esclusiva il patronimico “Anchieri” a fini di pubblicità

(al fine cioè di contraddistinguere i servizi resi presso il pubblico) dell’attività di un’attività di impresa

funebre nel territorio della Val d’Ossola;

3) accerta la legittimità dell’uso del proprio patronimico da parte del convenuto Anchieri Claudio per

identificare quanto alla provenienza soggettiva un’impresa di pompe funebri attiva nella Val d’Ossola se:

1) caratterizzato da modalità grafiche che prevedono l’uso di caratteri di dimensioni uguali o inferiori

rispetto a quello delle altre parole che necessariamente devono essere presenti nella

ditta/insegna/marchio di fatto; 2) il patronimico non risulta evidenziato mediante segni distintivi quali

l’utilizzo del grassetto o di colorazioni particolari; 3) il patronimico occupa una parte minoritaria della

denominazione; 4) il patronimico è accompagnato dalla presenza di altri elementi testuali quali “by” o

“di”, che siano chiaramente ed univocamente idonei ad indicare la provenienza dei servizi dalla specifica

persona del convenuto; 5) il patronimico è completo del nome e del cognome del convenuto;

4) Dichiara inammissibili le domande attoree concernenti la ditta “La Storica”;

5) Revoca l’ordinanza 30.09.2014, ivi comprese le successive modificazioni apportate in corso di causa.

6) Rigetta ogni altra domanda formulata da parte attrice.

7) Compensa integralmente fra le parti le spese di lite.

Così deciso dalla Sezione specializzata in materia di Impresa in data 06.05.2016.

Il Presidente

Umberto Scotti

Il Giudice Estensore

Luca Martinat

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