Avv. Laura Paolucci1 Scuola, obbligo di vigilanza, responsabilità avv. Laura Paolucci.
Sentenza 8 aprile 1960; Pres. Prato P., Est. Rivero; Forapani (Avv. Bara) c. I.n.p.s. (Avv. Bozza,...
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Sentenza 8 aprile 1960; Pres. Prato P., Est. Rivero; Forapani (Avv. Bara) c. I.n.p.s. (Avv. Bozza,Fortini)Author(s): Claudia RestaSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 327/328-345/346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151924 .
Accessed: 25/06/2014 08:57
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327 PARTE PRIMA 328
di carattere generale, l'altra eccezione, in funzione della
pericolosità di quest'ultima, è chiaro elie non possa ravvi
sarsi responsabilità ex art. 96, 2° comma, senza una esecu
zione attuata, e di questo non può parlarsi a proposito di
una istanza di fallimento non accolta. (Omitsis) Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI MILANO.
Sentenza 23 settembre 1960 ; Pres. Della Valle P., Est.
Odorisio ; Negri (Avv. Ferraris, Pavesi) c. Pedroni
(Avv. Lillia, Pedroni).
Distanze lejjali -— Vasche spostabili — Distanza «li
«lue metri <la] confine — Necessità Insussi
stenza (Cod. civ., art. 889).
Non va osservata la distanza (li due metri dal confine, pre vista dall'art. 889 cod. civ., per le vasche spostabili, pog
giate su pilastrini e non destinate alla raccolta di acque luride. (1)
La Corte, ecc. — Con l'unico motivo di appello il Negri
Giuseppe censura la sentenza, perchè, al fine di potere determinare la sostanziale affinità con le altre opere, ha
dichiarato che requisito comune delle opere contemplate nell'art. 889 cod. civ. è la loro particolare condizione di
essere scavate nel terreno e denuncia in proposito l'assurdo
che ne deriverebbe, secondo cui una piscina scavata nel
terreno dovrebbe rispettare la distanza legale, mentre
quella sopraelevata da terra non la dovrebbe rispettare. La censura, non è fondata.
Nella ricerca della caratteristica comune di tali opere, che sono costituite dai pozzi, dalle cisterne e dalle fosse,
l'interprete non deve dimenticare lo scopo, per cui la
tutela è predisposta : evitare al fondo del vicino il pericolo, che può derivare dalle infiltrazioni delle acque luride, raccolte in dette opere. Tale pericolo che si presume sen
z'altro per le innovazioni contemplate nel codice deve
essere dimostrato volta per volta per altre opere, che alle
prime si vogliano assimilare.
Orbene, esistono in materia due orientamenti, l'uno
dottrinale e l'altro giurisprudenziale, che rispettivamente dichiarano l'elenco di queste opere tassativo o esemplifi cativo. I due indirizzi, pur differenziandosi per il metodo
con cui procedono alla ricerca delle opere similari, in quanto l'uno tende a fare rientrare fra i tre tipi di opere altre
equivalenti in modo che a queste opere « analoghe » si
estenda senz'altro l'obbligo della distanza, mentre l'altro estende l'obbligo alle altre opere, soltanto dopo avere accertato che queste sono in realtà potenzialmente dannose ; in definitiva, nonostante l'apparenza, concordano nel
fondarsi, implicitamente l'uno, esplicitamente l'altro, sul l'attitudine della innovazione a cagionare danno con
possibili infiltrazioni, spandimenti, ecc. Da tali premesse, comuni alle due teorie, è lecito argo
mentare che il criterio comune è dato appunto dalla sud detta attitudine, che deve riscontrarsi allorché la nuova
opera è stabile, minaccia un pericolo permanente al fondo
attiguo ed è destinata a raccogliere acque di latrina o
concime.
Sulla scorta di questi elementi la Corte esclude che lo
vasche, poste nel cortile dell'appellato, si possano assi milare alle opere espressamente previste dal codice, in
(1) Conf., nella motivazione, Cass. 28 febbraio 1957, Foro it., 1957, I, 549, eoa nota di G. Branca. Vedi anche App. Firenze 23 gennaio 1959, id., Rep. 1959, voce Distanze legali, n. 51 ; App. Venezia 7 novembre 1957, id., Rep. 1958, voce cit., mi. 53, 54.
Sull'argomento, con accenno ai contrasti dottrinari e giu risprudenziali, di cui in motivazione : De Martino, in Commen tario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, 1954, n. 2, sub art. S89 (sulle vasche, cfr. pag. 280).
quanto non presentano carattere di stabilità, non minac
ciano permanentemente il fondo del vicino e non sono
destinate alla raccolta delle acque luride. La stabilità è
esclusa dalla circostanza che non sono scavate o, comunque,
incorporate nel terreno e poggiano su pilastrini, in modo da
poter essere spostate. Non m'nacciano permanentemente il fondo del vicino, sia perchè possono essere tolte da quel
posto, sia perchè hanno le pareti impermeabilizzate. Non
hanno la destinazione voluta dalla legge, perchè servono
alla conservazione del vino, come è stato accertato in
sede di ispezione della località.
Queste considerazioni consentono anche di affrontare
il problema, sollevato dalla motivazione della sentenza, e
posto in evidenza dall'appello, perchè non escludono, com
pletamente, che tra i requisiti comuni dei tre tipi di
opere possa ritenersi compresa la circostanza di essere
scavate nel terreno. Tale particolarità, se non è essen
ziale, assume però un valore preminente nel senso che, trattandosi di opere scavate nel terreno, può conferire
loro carattere di stabilità e spiega pure la ragione del
l'obbligo di distanza, perchè è appunto attraverso le
falde del sottosuolo che vengono facilitate le possibili infiltrazioni o i paventati spandimenti. Inoltre, la stessa
intestazione della sezione nel codice « Delle distanze nelle
costruzioni, piantagioni e scavi » induce a ritenere esatta
la motivazione del primo Giudice, perchè la parola « scavi »
non può riferirsi che ai pozzi, alle cisterne e alle fosse, in
una parola alle innovazioni elencate nell'art. 889 cod. civ.,
senza dire che sono precisamente gli scavi, mediante le
infiltrazioni e gli spandimenti nel fondo del vicino attra
verso la falde del sottosuolo, a rendere potenziale il pericolo minacciato dalle opere elencate.
Per questi motivi, ecc.
I
CORTE D'APPELLO DI TORINO.
Sentenza 8 aprile 1960 ; Pres. Phato P., Est. Rivero ;
Forapani (Avv. Bara) e. T.n.p.s. (Avv. Bozza. Fortini).
Previdenza sociale — Fondu adeguamento pensioni — Smarrimento di marche assicurative — Riac
quisto — Nuovo versamento dei contributi — Ne
cessità— Rimborso dei contributi originariamente versati — Limiti — Sanzioni civili — Inapplica bilità (L. 4 aprile 1952 n. 218, riordinamento del'e
pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e i superstiti, art. 8, 16).
Il datore di lavoro, che smarrisca le marche assicurative acqui state insieme al versamento del contributo per il fondo di adeguamento pensioni, ed effettui un secondo preleva mento di marche, è tenuto a versare nuovamente il contri
buto, ma, se provi la perdita delle marche acquistai0 originariamente, può chiedere la restituzione del contri
buto a percentuale corrisposto in coincidenza a detto acqui sto ; mentre Vl.n.p.s. non può ottenere, a titolo di sanzione
civile, il versamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quella versata. (1)
li
TRIBUNALE DI FOGGIA.
Sentenza 21 marzo 1960 ; Pres. Oiacci Manfredi P.. Est. Celentano ; Casullo (Avv. Jannarelli) c. I.n.p.s. (Avv. Capano).
Previdenza sociale — Fondo adeguamento pensioni — 'Smarrimento di marche assicurative — Riac
quisto — Nuovo versamento dei contributi a per centuale— Necessità— Insussistenza— Sanzioni
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19 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 330
civili — Inapplicabilità (L. 4 aprile 1952 n. 218, art. 8, 16).
In caso di smarrimento di marche per le assicurazioni sociali
obbligatorie acquistate in coincidenza col versamento dei
contributi dovuti al fondo adeguamento pensioni, il datore
di lavoro, che provveda al riacquisto delle marche, non è
tenuto a versare, contestualmente e per una seconda volta, i contributi a percentuale, nè può essergli imposto, a titolo
di sanzione civile, il pagamento d'una somma aggiuntiva
pari a quella che si sostiene debba essere nuovamente
versata. (2)
(1-2) Furto e smarrimento delle marche dell'assicura
zione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
e i superstiti.
1. — L'art. 8 legge 4 aprile 1952 n. 218 dispone che : « L'ac
quisto delle marche per le assicurazioni sociali obbligatorie deve essere effettuato in coincidenza col versamento del contributo dovuto al Fondo per l'adeguamento delle pensioni e per l'assi stenza di malattia ai pensionati (F.a.p.a.m.p.), presso il medesimo ufficio che riceve il versamento ».
L'interpretazione di tale norma — che nella sua stesura let terale appare di una semplicità quasi meccanica — determina
spesso l'insorgere di serie controversie (1) nel caso, non infre
quente, in cui il datore di lavoro — che non abbia a suo tempo applicato, sulle tessere dei propri dipendenti, le marche acquistate contestualmente al pagamento della quota contributiva spet tante al predetto F.a.p.a.m.p. — smarrisca le marche stesse o ne sia derubato (2) e si trovi, quindi, in condizione di non poter ottemperare a tutte le formalità necessarie per porre in atto l'assicurazione obbligatoria dei lavoratori, cui le marche in parola erano destinate.
In linea teorica, il datore di lavoro potrebbe sanare la sua
posizione irregolare o ripetendo il versamento del contributo
integrale, nelle sue quote base e adeguamento, ovvero acqui stando nuove marche da sostituire a quelle andate perdute, col versamento del valore sulle stesse dichiarato, che corrisponde, per la generalità delle marche di cui trattasi (3), all'importo della sola quota base del contributo integrale.
Dall'adozione dell'una o dell'altra delle due soluzioni, pe raltro, scaturiscono conseguenze che incidono in maniera assai diversa nel campo di applicazione della citata norma, sia sotto il profilo sociale sia sotto quello giuridico ed economico, onde
preme stabilire quale delle due risponda alla più corretta appli cazione dei principi, ai quali la norma stessa si ispira.
Prima di affrontare la disamina del problema è bene sgom berare il terreno dagli aspetti concreti dei fatti, aspetti che se
appaiono preoccupanti dal momento che son volti ad influenzare
spesso le decisioni giurisprudenziali intervenute in materia, non hanno tuttavia nè possono avere alcuna importanza ai fini di una definizione di stretto diritto del problema medesimo.
In pratica il datore di lavoro che sa di aver interamente sod disfatto il suo debito contributivo, si ribella all'idea di doverlo
ripetere in toto, solo per aver smarrito quei cosiddetti « franco bolli » che, al postutto, siccome portano un valore di facciata, non si comprende perchè non si possano sempre riacquistare col
semplice versamento dell'importo relativo. Queste ovvie considerazioni, in verità, lasciano perplessi
anche i sostenitori della prima soluzione, soprattutto perchè il datore di lavoro sarebbe tenuto, in definitiva, a soddisfare due volte l'unico debito.
L'I.n.p.s. tuttavia — cui un quarantennio di esperienza insegna come una marca smarrita dal suo legittimo possessore, difficilmente, in pratica, vada perduta, almeno per quanto con cerne i diritti che essa incorpora — deve difendersi contro il
pericolo, sempre presente, derivante dall'applicazione della se
ti) V. Trib. Parma 28 dicembre 1956, Foro it., Rep. 1957, voce Previdenza sociale, nn. 147-149 ; Trib. Firenze 24 giugno 1957, ibid., n. 146; Trib. Foggia 21 aprile 1959, Mazzacurati c. I.n.p.s., ined. ; e la sentenza, ora confermata, Trib. Torino 17 aprile 1959, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 202, 203.
(2) Nel caso di marche distrutte, il problema non si pone : infatti le marche distrutte non saranno mai più utilizzate, non si presente ranno mai più sul mercato e quindi possono essere duplicate senza correre il rischio di dare una doppia estrinsecazione al diritto in esse incorporato.
(3) Sono esclusi da questo studio alcuni tipi di marche, predisposte per corrispondere ad esigenze speciali (marche per versamenti volon tari, per assicurazione domestici, ecc.). che conglobano, anche nelle indicazioni di facciata, le due quote del contributo integrale.
I
La Corte, ecc. —- I primi Giudici hanno principiato il
ragionamento, contro il quale è mossa censura dal Fora
pani, notando che era pacifico avere il medesimo pagato il
contributo per l'adeguamento delle pensioni, del gennaio 1954, indicato nel ricorso per ingiunzione. Hanno poi ade
rito alla tesi dell'I.n.p.s., che il Forapani era tenuto a pa
gare per la seconda volta tale importo, perchè, dopo aver
acquistato le marche in coincidenza, come vuole la legge, con il versamento del contributo di adeguamento alle pen sioni, aveva ritirato, presso un ufficio postale, una se
conda soluzione, che, potenzialmente conduce a dover erogare due distinte prestazioni su di un unico contributo versato. ;
Per giungere alla auspicata definizione del problema ac cennato, pertanto, è necessario chiarire i valori che la marca rappresenta, i fini per i quali è predisposta, i vincoli che a suo mezzo si istituiscono, nonché il suo comportamento nel campo dei rapporti giuridici in genere, dal quale si dedurrà la sua par ticolare natura e il regolamento cui essa deve sottostare, nel caso di specie.
2. — La marca dell'assicurazione generale obbligatoria rap presenta formalmente il contributo che deve essere versato dal datore di lavoro all'I.n.p.s. per adempiere l'obbligo impostogli dalla legge di coprire determinati rischi, cui il prestatore di opera va incontro nel corso della sua vita lavorativa.
In sostanza, gli elementi del rapporto che si instaura col ver samento della marca si identificano in un oggetto, rappresentato dalla copertura assicurativa del rischio, e in tre soggetti che sono : il datore di lavoro, debitore del contributo ; il lavoratore, benefi ciario coperto dal rischio ; l'Ente assicuratore, creditore del valore di copertura del rischio stesso e debitore delle prestazioni rela tive. Il rapporto testé chiarito è retto da una norma basilare che
può essere espressa così : ogni contributo copre un solo rischio, ogni rischio è coperto da un solo contributo.
Poiché ogni rischio è coperto da un unico contributo, da versare da un unico datore di lavoro ad un unico creditore, per un unico beneficiario, l'obbligazione che ne deriva deve essere considerata indivisibile, nei confronti sia dei soggetti sia del
l'oggetto (4). Indubbiamente, quando la legge dispone (art. 19 della legge
citata, n. 218 del 1952) che il contributo di assicurazione sociale è dovuto per ogni rapporto di lavoro soggetto all'obbligo assicu rativo e deve essere versato, in favore del lavoratore vincolato da quel rapporto, per intero a carico del datore di lavoro, anche per la parte dovuta dal lavoratore medesimo, crea un caso di
obbligazione indivisibile in rapporto ai soggetti. Quanto all'oggetto, se la sua indivisibilità non si rileva al
trettanto ovvia dalla lettera delle norme, essa tuttavia può es sere facilmente dimostrata con un non peregrino buon senso giu ridico. È facile comprendere come una legge (la n. 218 del 1952), preoccupata di riordinare quella farraginosa creatura di
tempi di depressione economica e di inflazione finanziaria, che è il F.a.p.a.m.p., non abbia disposto con la dovuta accuratezza la sistemazione, nel quadro del diritto positivo assicurativo, di una materia tanto nuova e difficile, già di per se stessa, ad essere regolamentata in schemi prefissati : essa infatti accenna talvolta ad un contributo inteso in senso globale (art. 17), talaltra a « contributi » in senso generico, facendo con ciò un coacervo dei concetti di contributo unico e di pluralità di contributi da pagare in una unica soluzione.
Peraltro tutto il contesto delle disposizioni — anche senza comprendere in esso l'art. 8 di cui si discute — è inteso a fissare il concetto della unicità e inscindibilità del contributo assicura tivo. L'obbligo imposto dalla legge al datore di lavoro, di provve dere all'assicurazione del suo dipendente, si sostanzia e si esau risce nel contributo che egli deve versare all'Ente che gestisce quella particolare forma assicurativa, in favore di quel dipen dente medesimo.
Tale contributo è calcolato sull'ammontare lordo della retri buzione percepita (5), sicché per un lavoratore, il cui salario è
(4) Forse, il caso di una obbligazione che sia indivisibile, nei confronti dei soggetti obbligati per disposizione di legge, non si pre senta molto frequente, pur non mancandone gli esempi (le obbligazioni dei coeredi di una eredità indivisa e indivisibile per minore età di taluni), ma non è questo il luogo di approfondire l'argomento sotto un punto di vista generale.
(5) L'importo totale delle retribuzioni, in rapporto alle quali viene eseguito l'acquisto delle marche, deve corrispondere a quello
Il Foro Italiano — Volume LXXXIV — Parte 7-22.
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331 PARTE PRIMA
eonda uguale partita di marche, al prezzo su di esse stam
pato, sebbene il loro valore fosse costituito dalla somma di codesta cifra con l'ammontare del contributo. Ed hanno motivato tale avviso asserendo che le marche valgono come quietanza solo in via sussidiaria, perchè la prova
dell'acquisto è data anche dall'annotazione dell'ufficio sul modello G.S. 2 ; che esse, principalmente, sono titoli al
portatore, per prestazioni dovute dall'I.n.p.s., al lavora
tore. nel cui libretto personale sono applicate. Onde, hanno arguito, la loro perdita, anche senza colpa, è a ca
compreso nella classe X di contribuzione, deve essere corrisposto un contributo globale Y, di cui Y 1 è conferito alla gestione base e Y 2 alla gestione F.a.p.a.m.p. (6). La quota di contributo da versare al F.a.p.a.m.p., calcolata in percentuale e la quota da versare alla gestione base, a mezzo marche di valore prefissato e calcolata per classi di retribuzione, sono omogenee e, anche se
quantitativamente diverse, sono qualitativamente uguali fra di loro e all'intero, ed hanno ciascuna un valore proporzionale al tutto. Esse cioè sono parti di un contributo unico che si presta, per la sua materiale estrinsecazione, attuata attraverso l'ero
gazione di una somma in denaro, ad essere, in pratica, corri
sposto, per comodità, pro quota e per ogni quota, con sistemi diversi, senza che l'obbligazione cambi, per ciò solo, la sua natura.
Infatti il debitore (datore di lavoro), qualora in luogo di pa gare « contestualmente i> le due sopradette quote di contributo ne versi una sola, sia essa, la minore, prefissata nella marca, o la
maggiore, calcolata in misura direttamente percentuale alla re tribuzione, non adempie al suo obbligo contributivo e nei suoi
confronti, scaduti i termini stabiliti per il versamento, comincia a correre la prescrizione di cui all'art. 55 r. decreto legge 4 ot tobre 1935 n. 1827, e sono elevabili le sanzioni previste dall'art. Ili del decreto medesimo e dall'art. 23 della citata legge n. 218, che fa riferimento espresso al « mancato pagamento dei contri buti o delle ■parti di contributo ».
Siamo di fronte, indubbiamente, ad una obbligazione indi visibile con prestazione indivisibile di cosa materialmente divi sibile che si scompone, con imputazione delle quote, solo nel modo di pagamento.
Tradotto nelle parole proprie di questo studio, ciò vuol dire che per coprire di assicurazione un periodo di lavoro dipendente è necessario in ogni caso il versamento di un contributo inte
grale nelle sue quote base e adeguamento e che la marca è le
gittimamente acquistata solo se in coincidenza con il pagamento del contributo percentuale : in caso diverso, e cioè di acquisto di marche isolate, l'acquisto medesimo è comunque illegittimo perchè separa la quota contributiva base (1. ila sua corrispondente quota di contributo adeguamento, dando alle due quote una di versa destinazione.
3. — La disciplina dei rapporti tra aziende datrici di lavoro e I.n.p.s., in relazione agli impegni derivanti ai datori di lavoro dalle norme di legge che disciplinano l'obbligo assicurativo, e cioè al pagamento del contributo unico di cui dianzi detto, av viene a mezzo di un modulo di denuncia (contraddistinto con la sigla Gr.S.2) destinato :
a) all'acquisto delle marche da applicare sulle tessere dei lavoratori dipendenti e relative all'assicurazione obbligatoria (7) ;
b) al versamento del contributo dovuto al F.a.p.a.m.p. ; c) al versamento del contributo dovuto alla Cassa unica
a<segni familiari e di altri contributi integrativi e somme dovute a titoli vari ;
d) alla richiesta di conguaglio delle somme corrisposte agli aventi diritto per conto dell'I.n.p.s., a titolo di assegni
sul quale devono essere versati in percentuale i contributi. Ciò significa che per ogni retribuzione è pagato un contributo percentuale di cui una quota è calcolata di volta in volta e non figura nella marca e Tina quota ò calcolata, in precedenza, in base a classi fisse di retribuzione e segnata sulla marea.
Questo è il solo modo di esprimere correttamente il debito assi curativo, nella sua essenza economica.
(6) Traducendo in pratica l'esempio teorico, di cui sopra, una marea mensile del valore nominale di lire 64 — predisposta per la terza classe di contribuzione, a coprire cioè retribuzioni comprese tra mi minimo di lire 21.200 mensili ed un massimo di lire 33.400 -— può es sere acquistata solo versando un importo complessivo che, a seconda della retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore interessato, ontro i sopradetti limiti, può variare da lire 3.303 a lire 5.324, di cui lire 64 di contributo base. .
(7) Le marche sono pagate in contanti e l'acquisto viene effet tuato a mezzo del mod. G. S. 2 nel momento in cui questo viene con segnato all'Ufficio incaricato (eassa sede I.n.p.s., uffici postali, banca autorizzata).
rico del datore di lavoro ; e poiché, a mente dell'art. 8 legge n. 218 del 1952, l'acquisto delle marche va fatto in coinci denza con il versamento del contributo a percentuale, a causa dell'acquisto sostitutivo sorge un nuovo obbligo con tributivo.
Con la censura esposta, l'appellante sostiene che l'ob
bligo del pagamento dei contributi sorge in virtù della
legge e in relazione a determinati rapporti di lavoro subor
dinato, oltreché in proporzione al numero dei lavoratori ed alla loro mercede, e non può quindi nascere dall'acquisto
familiari e prestazioni varie, e le quote del contributo dovuto, calcolate a percentuale (8).
Il credito globale dell'I.n.p.s. verso il datore di lavoro, per i dipendenti che questi occupa e per converso, il debito del datore di lavoro verso l'I.n.p.s. e verso i dipendenti medesimi, è provato dalle registrazioni dei libri contabili dell'azienda, i quali fanno fede, a termini dell'art. 2709 cod. civ., solamente contro l'imprenditore.
Il mod. G.S.2 è quindi un riepilogo contabile, un rendiconto dettagliato del debito dell'azienda (dichiarato per numero di unità non indicate nominativamente), destinato a portare a conoscenza dell'I.n.p.s. l'adempimento delle modalità inerenti agli obblighi imposti dalla legge al datore di lavoro, per questa partita.
Il controllo che l'I.n.p.s. esercita sul modello suddetto, all'atto del suo ricevimento, è puramente formale e non entra nel merito dei rapporti di debito e di credito ; a riprova di tale controllo l'I.n.p.s. appone, sulla copia del modello G.S.2 desti nata al datore di lavoro, un timbro che serve a documentare esclusivamente la tempestività e la regolarità della sua denuncia.
Da quanto è stato detto sopra risulta che : — sul mod. G.S.2 non figurano i nominativi di coloro per i
quali furono pagati i contributi, sicché tanto il versamento delle quote F.a.p.a.m.p., quanto l'acquisto delle marche appaiono coperti da un anonimato e fatti globalmente, tenendo conto solo dell'ammontare delle retribuzioni sulle quali è dovuto il contri buto ;
— dal modello medesimo non può trarsi la prova del pa gamento dei contributi e ciò vale sia nei confronti dell'I.n.p.s., sia nei confronti del lavoratore, il quale appare, finora, come un terzo estraneo al negozio concluso (9).
Il negozio giuridico che si è concretato tra il datore di lavoro e l'I.n.p.s. con la consegna delle marche, deve essere seguito dall'applicazione delle marche stesse sulle tessere dei lavoratori aventi diritto : con quest'ultima formalità, che in un certo senso personalizza le marche, il datore di lavoro pone fine ai suoi impegni verso l'I.n.p.s. e verso il suo dipendente, il quale si inserisce così, direttamente, nel rapporto assicurativo ormai perfezionato, come beneficiario di quei diritti per il raggiun gimento dei quali i contributi furono versati.
4. — L'ipotesi cui è dedicato questo studio, peraltro, si verifica prima di tale momento e, in genere, prima dell'appli cazione delle marche sulle tessere.
Fino a quando le marche, già anonime, non vengono attri buite ad una persona determinata, il datore di lavoro viene ad assumere, nei loro confronti, la figura di un qualunque posses sore di cosa mobile, il che significa che le marche possono subire una destinazione diversa da quella prevista, vuoi per atto volon tario del datore di lavoro che può venderle, donarle, lasciarle in eredità o distruggerle, vuoi contro la sua volontà, nel caso di smarrimento o furto.
È ovvio che la diversa destinazione delle marche, avvenuta per una qualsiasi delle cause sopraspecificate, mentre, da un lato, determina l'inadempienza del datore di lavoro per non aver applicato le marche sulla tessera del lavoratore cui in base
(8) Per le modalità e il significato giuridico del conguaglio, v. Resta, Prescrizione e decadenza in tema di assegni familiari, in Foro it., 1959, I, 101.
(9) È inesatto il Persiani nella nota alla citata sentenza del Trib. di Torino (17 aprile 1959, Mass. giur. lav., 1959, 306), quando asserisce che « mancando le marche assicurative » la prova del ver samento dei contributi si raggiunge ugualmente quando « risulti dal mod. G. S. 2 che il datore di lavoro adempì regolarmente agli obbli ghi assicurativi per quel lavoratore il cui nome risulti dai libri paga e matricola » . Egli dimentica infatti che il mod. G. S. 2 non prova se non la tempestività della denuncia e che i libri contabili fanno fede, ai sensi dell'art. 2709 cod. civ., solamente contro e non in favore di chi li ha compilati. Infatti il datore di lavoro, che ha presentato una denuncia formalmente regolare, potrebbe aver applicato le marche, relative ai contributi versati, sulla tessera di un lavoratore non segnato sui libri paga e matricola, di un parente, ecc.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
delle marche ; clie queste non sono titoli al portatore,
perchè il loro uso senza il pagamento dei contributi a per centuale costituisce frode alla legge, e ciò basta, assor
bendo ogni altra ragione, ad escludere in esse i caratteri, indefettibili nei titoli di credito in genere, della formalità
e dell'autonomia ed astrattezza ; che la pretesa dell'I.n.p.s. resta dunque imperniata sul solo fatto, manifestamente
inidoneo a giustificarla, dell'incapacità od impossibilità materiale dell'ente stesso di attuare la coincidenza, voluta
dall'art. 8 legge n. 218 del 1952, dell'acquisto delle marche
al negozio originario erano destinate, dall'altro, permette che le marche stesse, una volta iniziata la loro circolazione abusiva, vadano a creare possibili nuovi rapporti giuridici, autonomi e
indipendenti l'uno dall'altro. Per quanto concerne l'inadempienza, il lavoratore — che,
avendo prestato la sua opera presso l'azienda dalla quale furono
acquistate le marche in questione ed essendo stato regolarmente iscritto nei suoi libri paga e matricola, ha diritto alla .copertura assicurativa per il periodo relativo a quella iscrizione, e che è venuto a conoscenza della omissione avvenuta nei suoi con fronti (10) — ha cinque anni per reclamare l'adempimento degli obblighi cui l'azienda è tenuta verso di lui. Se reclama, l'azienda dovrà provvedere ad assicurarlo (onde il problema, se l'azienda debba versare ex novo, per il periodo in questione, l'intero con tributo dovuto, ovvero riacquistare solo le marche per il loro valore di facciata) ; se invece tralascia di difendere tale suo diritto o se, avendo egli agito tempestivamente, il datore di lavoro non provveda in merito, il lavoratore medesimo non
potrà vantare alcuna pretesa verso l'I.n.p.s., perchè non risulta assicurato.
Questo può apparire un non senso : un contributo pieno è stato pure versato, a suo tempo, nelle casse dell'I.n.p.s., contri buto che, nell'intenzione del datore di lavoro, doveva coprire di assicurazione quel certo lavoratore avente diritto. L'I.n.p.s. dal canto suo, a riprova dell'avvenuto versamento e dell'im
pegno assunto in conseguenza, ha rilasciato una marca assicura tiva. Il possesso di detta marca forniva al datore di lavoro la
possibilità di adempiere — con la sua applicazione sulla tessera di quel determinato lavoratore — ai suoi obblighi di legge nei confronti del medesimo, d'altro canto il lavoratore, a seguito dell'applicazione della marca sulla tessera, avrebbe potuto far
valere il titolo dei diritti da quella garantiti. Ma la marca non è stata utilizzata per la sua naturale
destinazione : smarrita o rubata, essa veleggia lungi dal suo
pi'imo acquirente e soprattutto dal suo primo beneficiario. Non è facile reperirla materialmente e, se reperita, non può essere
rivendicata, in quanto non porta seco alcun elemento che dimostri la sua provenienza ; la sua titolarità, da parte dei con traenti del primo negozio giuridico, non può essere provata con altri mezzi se non con il suo possesso ; non può esserne nemmeno chiesto l'ammortamento, in mancanza di qualsiasi dato — sia pure un numero di serie — atto alla sua identifi cazione (11).
Essa deve considerarsi una marca interamente e definiti vamente perduta, sia per il datore di lavoro che l'acquistò, sia
per il lavoratore che avrebbe dovuto esserne il beneficiario ; tuttavia essa esiste, passa di mano in mano, trasmettendosene il possesso con la sola consegna e, quel che è più grave, porta seco i diritti per i quali fu istituita, che è quanto dire gli impegni anonimi assunti dall'I.n.p.s. con la sua consegna al primo acqui rente : marca smarrita o rubata, infatti, non è marca distrutta, cioè marca invalidata ai fini dell'assicurazione.
Interessa ora conoscere chi possa ambire al possesso di
questa inarca che circola abusivamente. Il datore di lavoro che applica, sulle tessere dei suoi dipen
denti, marche valide, si libera da ogni obbligo che la legge assi curativa gli impone nei loro riguardi e consegna ad essi un titolo utile a tutti gli effetti ; ciò, sia che egli abbia regolarmente acquistato le marche — versando l'intero contributo dovuto, base e adeguamento — sia che le abbia ottenute clandestina
mente ; i lavoratori che intendono coprire periodi rimasti privi di assicurazione (per inadempienza delle aziende o per mancanza
di occupazione dipendente, ecc.) ; coloro che, pur non apparte nendo alla categoria dei lavoratori dipendenti, intendono ugual mente ottenere, con la frode, i benefici dell'assicurazione (12)
(10) Il lavoratore ha per legge (art. 42 r. decreto 28 agosto 1924 n. 1422) la facoltà di controllare in ogni momento la regolarità della sua posizione assicurativa.
(11) La legge è esplicita al riguardo : v. art. 47 regol. 28 agosto 1924 n. 1422.
(12) Specie di quelli dell'assicurazione per la invalidità e la
e del pagamento del contributo per l'adeguamento delle
pensioni per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (I.V.S.). La doglianza, pur partendo dall'esatta premessa che
gli argomenti esposti nella sentenza impugnata non sono
attendibili, sembra alla Corte senza pregio, in quanto altre
ragioni convalidano l'opinione del Tribunale che l'acquisto delle marche assicurative comporta sempre l'obbligo del
pagamento del contributo complementare. L'inconsistenza degli anzidetti argomenti emerge, per
vero, dall'evidente,, diretta derivazione dalla legge n. 218
costituendosi posizioni fittizie ; i trafficanti, che speculano sul commercio abusivo delle marche, sono tutti coloro che hanno interesse ad impossessarsene.
Giova dire che, essendo illecito, questo interesse, è natu ralmente perseguito e soggetto a tutte le sanzioni della frode e della truffa (13) ; tali sanzioni tuttavia risultano sempre inade
guate allo scopo di prevenire la distorta, ma estremamente
duttile, abilità dell'uomo in simile genere di cose. La descritta trama di azioni illegittime si svolge nel sotto
bosco di un mercato clandestino, fino al momento in cui l'ultimo
possessore delle marche non decida di esserne altresì l'esibitore, e cioè di presentarsi all'I.n.p.s., per vantare un rapporto assi curativo e pretendere le relative prestazioni.
Da quanto è stato detto in precedenza appare evidente che il possesso delle marche isolate dà solo un diritto astratto e potenziale, che si concreta e diventa attuale attraverso la loro applicazione sulle tessere (14).
Pertanto colui che, essendo venuto in possesso — lecita mente o illecitamente delle marche, intenda utilizzarle ai fini del raggiungimento del diritto alle prestazioni, deve munirsi di una tessera su cui applicarle.
La tessera si presenta, così, come un documento indispen sabile perchè le marche possano esplicare la loro efficacia ; il suo apporto, al negozio giuridico che stiamo trattando, tuttavia, è di carattere meramente materiale.
La tessera in bianco è appena un modulo, dei tanti che
l'I.n.p.s. emette per facilitare l'adempimento dei suoi fini ; è rilasciata su richiesta motivata e, smarrita prima dell'appli cazione delle marche, può essere duplicata senza particolari difficoltà. Essa assume un certo significato quando, intestata ad un nominativo completo di generalità, munita del numero di posi zione, del timbro con data di emissione, viene consegnata agli interessati per l'apposizione delle marche ; anche in questa fase
tuttavia, essa è soltanto un documento di titolarità predisposto per portare materialmente le marche assicurative.
Il suo valore cambia in toto quando su di essa sono state
apposte le marche — legittime o abusive, ma comunque valide —
regolarmente annullate per il periodo cui la tessera si riferisce. Da tale momento essa fa corpo con le marche, e diviene la prova provata del perfezionamento del rapporto assicurativo, nei confronti di tutti e tre i suoi soggetti, e, ad un tempo, il titolo necessario e sufficiente per l'esercizio del diritto — alle presta zioni — che vi è incorporato.
All'atto in cui la tessera portante marche gli viene con
segnata per l'archiviamento in una determinata posizione assi
curativa, l'I.n.p.s. opera un sommario esame al fine di accertare che la tessera e le marche in essa contenute non portino altera zioni o contraffazioni evidenti e ne rilascia ricevuta.
L'I.n.p.s. non è tenuto — non essendo ciò previsto da alcuna disposizione di legge — ad un più approfondito controllo, nè in senso formale nè in senso sostanziale, e il fatto di aver accettato le tessere così come sono, non lo impegna come un riconoscimento della loro regolarità, sicché — salvo il disposto dell'art. 8 decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818 — esso resta libero di impugnarle in ogni tempo (15).
Per essere certi della materiale impossibilità — oltreché della antieconomicità — di un controllo preventivo, sia pure in senso formale, basti pensare alla costosissima impresa di
vagliare, una per una, i milioni di tessere che vengono annual mente depositate negli uffici dell'I.n.p.s., ognuna delle quali
vecchiaia, io cui prestazioni., non essendo automati eli e, si concedono solo a chi possa far valere un certo numero di marche contributo.
(13) Regol. 28 agosto 1924 n. 1422, art. 42 ; legge 4 aprile 1952 n. 218, art. 23.
(14) Le marche sciolte possono essere, tutt'al più, oggetto di un rimborso.
(15) V. sent. Trib. Potenza 16 aprile 1959, Bochicchio c. I.n.p.s. Ove le marche, peraltro, al primo controllo suddetto, presentassero falsi o manipolazioni di qualsiasi genere, l'I.n.p.s. potrebbe invalidarle per eccezione di forma (v. art. 42 r. decreto 31 dicembre 1923 n. 3184) come avviene per qualsiasi titolo di credito.
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335 PARTE PRIMA 336
del 1952 (in relazione agli elementi indicati dal Forapani), e non dall'acquisto delle marche, dell'obbligo del datore di lavoro di pagare i contributi I.V.S.
E si desume, del pari chiaramente, dall'inapplicabilità, alla stregua della citata legge, nei rapporti fra l'I.n.p.s. a il lavoratore (titolare del libretto contenente le marche
annullate), del principio fondamentale in materia di titoli
di credito, che in tanto il portatore è titolare del credito, in quanto è proprietario del documento, che lo incorpora.
A codeste considerazioni non resistono, secondo la
può portare duecentcsessanta marche, che a loro volta, dovreb bero essere, una per una, oggetto di accurata verifica.
Per quanto concerne un controllo sostanziale, se si consi dera che la data di inizio dell'assicurazione è al compimento del
quattordicesimo anno di età, e la data del pensionamento per vecchiaia al compimento del s. ssantesimo, se ne deve dedurre che le tessere possono permanere agli atti dell'I.n.p.s. nel corso di quarantasei anni : di questi, solo gli ultimi cinque anni possono essere oggetto di accertamento in merito alla sussistenza del
rapporto di lavoro, che avrebbe dato origine al rapporto assicu rativo (art. 8 decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818 cit.).
L'I.n.p.s., si badi bene, può sempre predisporre un con trollo — limitatamente ai cinque anni precedenti la data del l'ultimo contributo versato — circa la veridicità del rapporto di lavoro denunciato dal titolare della tessera, alle dipendenze della ditta che avrebbe applicato e annullato le marche : ma non potendo il dubbio rilevarsi dalla forma delle tessere, ciò accade solo in caso di legittima suspicione, o su denuncia di
terzi, e data la facilità di contrarre rapporti di lavoro fittizi, l'I.n.p.s. deve affrontare l'alea di una probatio diabolica.
Comunque, una volta accertata l'esistenza della prestazione d'opera dipendente, che avrebbe dovuto costituire il substrato essenziale del rapporto assicurativo formalmente perfetto, l'I.n.p.s. è autorizzato ad invalidare tale rapporto, ed a negare le
prestazioni. Questa conclusione, com'è evidente, non coinvolge la vali
dità delle marche portate dalla tessera in parola, che risultano essere state indebitamente versate per colui che le ha fatte
'valere : le marche stesse, tuttavia, essendone stato constatato l'illecito uso, che ne è stato fatto, e ignorandosene — nè essendone in alcun modo possibile il reperimento — il legittimo titolare, vengono annullate e il loro valore, cioè il contributo integrale in esse incorporato, viene incamerato automaticamente a bene ficio della mutualità degli assicurati, contro i quali la truffa era stata tentata.
Ciò facendo l'I.n.p.s. si avvale del potere discrezionale di annullamento per motivi di legittimità.
In qualsiasi altro caso, e cioè, sia che la tessera sia sfuggita al controllo, sia che il controllo effettuato non abbia rivelato le tare delle marche o della loro applicazione, l'I.n.p.s. è tenuto alla erogazione delle prestazioni richieste. E paga bene, e con effetto liberatorio erga omnea anche se, sostanzialmente, paga a chi non avrebbe diritto in base al negozio d'origine, mentre
pagherebbe male, in ogni caso, ove pagasse a colui che, avva lendosi di una documentazione diversa dalla marca, sostenesse di essere il titolare della contribuzione versata in coincidenza con l'acquisto di quella marca, di cui sarebbe stato defraudato.
Questo è l'iter che seguono le marche smarrite o rubate, dal loro primo acquirente all'ultimo possessore : esso dimostra come ben pochi dubbi possano sussistere riguardo alla facilità con la quale le marche stesse possono essere riutilizzate.
D'altra parte l'interesse che al loro possesso dimostrano truffatori e ladruncoli comuni e rapinatori in grande stile ne è la riprova palmare.
Infine, non è in base alla frequenza che si determina il sussistere o meno di un rischio, a ciò bastando la teorica possi bilità del suo verificarsi.
5. — Si potrebbe osservare che le marche assicurative — finora considerate da giurisprudenza e dottrina, almeno
prevalentemente, come semplici contrassegni — tendono ad
assumere, in questo studio, i caratteri di veri e propri titoli di
credito. In verità, al tempo in cui il Messineo (Titoli di credito,
vol. I e II, 1934) accennava fra gli altri titoli impropri ed appa renti anche alle marche assicurative, qualificandole come destinate a « comprovare il versamento dei contributi per l'assi curazione » il che era, allora come ora, vero sia pure parzial mente, era ancora possibile parlare con tanto trascurata bona rietà di tali strumenti. Oggi tuttavia, dopo l'istituzione del Fondo per l'adeguamento delle pensioni e per l'assicurazione di malattia ai pensionati, con l'aumento costante dei contri
Corte, neppure le ragioni onde l'I.n.p.s. vorrebbe suffra
gare, avvertendo i vizi del procedimeli io logico seguito dal
primo Giudice, l'opinione alla quale lo stesso è pervenuto :
quelle, cioè, elle avendo il datore di lavoro un obbligo contributivo unico, con oggetto composto dal contributo base (importo stampato sulle marche) e da quello com
plementare, la marca non possa essere se non un docu mento formale, recante incorporato il diritto all'accredito del contributo stesso sul conto personale dell'assicurato, tenuto dall'I.n.p.s., e alle prestazioni correlative; che per
buti che le marche rappresentano e delle prestazioni cui dànno
diritto, la loro importanza le circonda di una particolare consi
derazione, lecita ed illecita, che reclama una precisa identifi cazione della loro natura giuridica.
Esse invece continuano ad essere studiate in una ai franco
bolli, agli scontrini di viaggio, alle contromarche del guardaroba e in genere a tutti i titoli impropri od apparenti, ciò che rende necessario un breve esame della situazione in cui sono posti, nel campo del diritto, questi « parenti poveri » dei titoli di
credito, per accertare di quale ramo della famiglia le marche in parola facciano parte.
Non è esatto parlare di titoli impropri (Vivante, Trattalo, nn. 1390-1442) come di titoli emessi per soddisfare « bisogni » o « comodità di uso » personali, in quanto talvolta, come nel caso delle marche assicurative, essi sono destinati proprio a
sopperire a necessità sociali, né come di titoli di « scarso valore »
(basta pensare alla contromarca di una pelliccia di visone, al tesserino di una cassetta di sicurezza, ad una schedina dei concorsi pronostici o ad un biglietto della lotteria di Merano) 0 di « vita effimera » (le marche assicurative producono i loro effetti per un periodo che va dal 14° al 60° anno di età) (16).
Non possono essere gli aspetti materiali ed esterni del modo di comportarsi di questi documenti, quelli che giovano a delineare la loro struttura giuridica, tanto più che tali aspett i non sono in contrasto con i canoni basilari dei titoli di credito.
Il nuovo codice che fa oggetto di una apposita disposizione, 1 titoli di cui trattasi (art. 2002) non appare più chiarificativo ed icastico.
Nuovi autori ricalcano le orine dei vecchi, torna il discorso della « destinazione originaria » alla circolazione, della « volontà dell'emittente » della « facilitazione » del trasferimento dei cre
(16) È vero, al contrario, che strumenti emessi con eccessiva leggerezza, privi delle debite forme per comodità di uso, presentano rischi assai maggiori dei tardi ma sicuri mezzi classici usati per perve nire ad identico fine.
Ci si chiede, ad esempio, se il custode della guardaroba o del deposito bagagli prima di consegnare l'oggetto, debba richiedere i documenti comprovanti la proprietà dell'oggetto medesimo e se, in mancanza, possa opporre un rifiuto — ed eventualmente con quali mezzi o su quali basi — alla persona che si presenta a ritirarlo (pel liccia divisone) esibendo la contromarca giusta (peraltro, forse sottratta al vero proprietario) ; e se il custode medesimo che ha consegnato l'oggetto senza richiedere i documenti suddetti, possa essere imputato, in assenza di una prescrizione specifica, di non aver osservato le norme generali che disciplinano il suo contratto di lavoro.
Lo stesso dicasi dei biglietti di viaggio, di spettacoli o manife stazioni varie, semprechè non siano collegati ad un particolare docu mento di riconoscimento, specie i biglietti di spettacolo, che, come è noto, tanto più sono appetiti, e tanto più formano oggetto di incette e mercati illeciti, dei quali è impossibile chiamare responsabile il terzo, possessore-esibitore, di buona o di mala fede che sia.
Per quanto concerne i francobolli, poi, i ladri, con sempre mag giore frequenza, visitano fruttuosamente le rivendite di valori bollati, senza preoccuparsi troppo della natura giuridica di ciò che asportano ; essi infatti sanno con inequivocabile certezza, di prendere qualche cosa che vale in sè e per sè e che può essere facilmente, senza possi bilità di identificazione, smerciato come, moneta, sia pure entro certi limiti e con certi accorgimenti.
In pratica, chi è in possesso di un francobollo da trenta lire, possiede trenta lire, nè una più nè una meno ; non deve dimostrare perchè e da chi lo ha avuto, nè perchè esso vale tanto : può regalarlo, venderlo, può anche lasciarlo in eredità, e infine usarlo per gli scopi per cui fu emesso : il che, non può essere fatto se non per suo mezzo. Se l'acquirente giusto ha smarrito il «pezzo di carta» francobollo, a nulla gli gioverà dimostrare che egli lo aveva regolarmente acquistato presso la rivendita autorizzata, allo scopo di spedire quella corrispon denza e, per converso, nulla importerà allo Stato debitore, che il francobollo, apposto su di una corrispondenza viaggiante, sia stato rubato, in quanto esso debitore vendendo il francobollo ha venduto il servizio, che attualmente presta, senza riferimento alla legittimità del possesso di chi ne usufruisce. Ci si perdoni questa appassionato ed invero un po' comica « difesa » del francobollo nei confronti delle Loro Maestà i titoli di credito. Può sembrare di cattivo gusto asserire che il francobollo abbia la stessa natura giuridica di una cambiale, ma forse la natura di un titolo è conseguente ad un ordine di dimensioni ?
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337 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 338
tanto nella marca debba ravvisarsi un bene di valore eco
nomico pari al complessivo esborso dei contributi che
condiziona il suo rilascio, e suscettivo di trasferimento, onde
la sua perdita resta a rischio del possessore. Invero lo stesso I.n.p.s. ha messo a nudo la fragilità
del proprio assunto, riconoscendo una palese verità, come
<lucila che le marche, per volontà della legge, non possono essere adoperate se non da chi le prelevò, avendone diritto.
Tale limitazione, escludendo la liceità della circolazione,
sotto specie di « bene » consistente nella marca, del credito
diti (17), ma è difficile supporre seriamente che la qualificazione giuridica di una categoria di titoli possa dipendere dalla inten zione di chi li ha emessi, o che esistano mezzi per la cessione dei
diritti, che siano più semplici dei titoli di credito, pur offrendo
quel minimo di garanzia che è richiesto da ogni atto giuridico. La realtà è che questa sottospecie di titoli che opera con
tanta frequenza, creando e sciogliendo rapporti giuridici dal
l'apparenza dimessa ma dalla portata spesso formidabile, in una sfera di azione che praticamente non conosce limiti, deve ancora avere la sua sistemazione, che li inserisca in una delle
categorie già esistenti o li costituisca in una nuova categoria, autonoma ed esattamente configurata.
Comunque, poiché sembra, secondo le più seguite e degne e anche recenti teorie, che i titoli impropri ed apparenti man chino in ogni caso — sia pure in misura diversa l'uno dal l'altro — di quella funzione di legittimazione piena che è carat teristica dei titoli di credito, riconduciamo il discorso alle marche assicurative per accertarne, al lume di quanto sopra, la vera natura.
6. — Preme accertare, ai fini di questo studio, se le marche assicurative possano essere considerate titoli soggetti alla disci
plina degli art. 2006 e 2007 cod. civile. A tale intento è necessario operare subito una distinzione. Le marche possono essere prese in considerazione nel
momento in cui appaiono, in fogli o sciolte, come bollini isolati, ovvero nel momento in cui essendo state applicate su di una tessera e annullate con data e firma dell'autentico o presunto datore di lavoro, vengono a fare corpo con la tessera stessa (18).
Furti e smarrimenti di marche « annullate » o di tessere
portanti marche, con la conseguente deviazione dei relativi valori dalla loro attribuzione originaria, sono sempre possibili e avvengono assai più spesso di quanto non si pensi (19), ma
implicano in ogni caso un falso. Questo pone la loro circolazione e il loro uso in un aspetto diverso da quello che assumono la
circolazione e l'uso abusivi di marche nuove. Inoltre nel caso in esame, la constatazione del falso comporta
l'accertamento di una giusta causa del titolo e la dottrina e la
giurisprudenza esitano a consentire l'assimilazione dei titoli
causali ai titoli di credito veri e propri. Per queste ragioni la natura giuridica delle marche applicate
su tessere o delle tessere portanti marche annullate — il che è 10 stesso — appare più complessa (20) e, d'altro canto, la su."
definizione è inutile agli scopi che si prefigge questo studio. Considerando solo le marche nuove, isolatamente prese, e
quanto si è detto avanti, del loro comportamento, si può con cludere che esse sono effettivamente il titolo letterale ed auto nomo del diritto che si è menzionato :
— letterale, in quanto il diritto stesso esiste solo nel tenore e nei limiti in cui è indicato sul documento ;
— autonomo, perchè il possessore della marca, sia che la utilizzi direttamente, sia che la ponga in circolazione, esercita
sempre un diritto proprio « che non può essere ristretto o distrutto dai rapporti corsi tra i precedenti possessori e il debi tore » (ViVANTE, Trattato, n. 953), sicché ogni trapasso è indipen dente da quelli che lo hanno preceduto o che gli succedono (21) ;
(17) V. su tutta la materia uu recente accurato studio del Libo nati, in Banca borsa, ecc., 1960, I, 229 e segg.
(18) « Annullai e » è il termine tecnico, peraltro non corretto, seoondo quanto sarà detto in seguito, né dal punto di vista lessico logico nè da quello sostanziale.
(19) Il mercato delle marche sciolte comprende anche quelle staccate dalle tessere, alterate, scolorinate, rimesse in pristino stato e poste in circolazione come marche mai usate prima.
(20) Per un tentativo di giungere a tale definizione, v. Resta, 11 ricorso amministrativo contro il rifiuto di duplicazione di tessere (Assicurative distrutte o smarrite, in Foro it., 1959, I, 1767.
(21) Tale è l'autonomia di questo titolo che, in linea di stretto diritto, lo stesso reale annullamento delle marche assicurative che risultano indebitamente versate, operato dall'I.n.p.s. -— nei casi in cui esso accerta che il possessore esibitore della tessera non era stato soggetto all'obbligo assicurativo, per il periodo cui la tessera stessa
di prestazioni assistenziali acquisito con il versamento dei
contributi, impedisce alla marca stessa di assumere la fun
zione economica, onde trae ragione l'incorporazione del cre
dito in un documento formale, di imprimere a siffatto cre
dito una capacità di circolazione, che gli mancherebbe se
restasse distinto dalla documentazione ad esso relativa.
L'indiscutibile unicità dell'obbligo contributivo non è
dunque elemento sufficiente a determinare l'incorporazione del credito di prestazioni, che costituisce, salvo il disposto dell'art. 2116, 1° comma, cod. civ., la contropartita del
— la marca infine è il titolo necessario per esercitare il diritto che si è menzionato, infatti solo il suo possesso, lecito o illecito che sia, di buona o di mala fede non importa, può attribuire quel diritto, mentre senza possesso non esiste nè può esistere alcun diritto (22).
Vero è che funzione essenzialissima dei titoli di credito è la circolazione e loro caratteristica peculiare la destinazione alla circolazione (23), mentre le marche assicurative, lungi dall'essere, all'origine o dopo la loro emanazione, destinate alla
circolazione, dovrebbero portare impresso — ove ciò fosse utile ad impedirne ogni trasferimento non previsto dalla legge —
un divieto, con espresse sanzioni, di circolare. Peraltro esse circolano : abusivamente, spesso fraudolen
temente, ma circolano, secondo la legge comune dei titoli di credito. Il loro possesso si trasmette brevi manu e con il trasferi mento del titolo si attua il trasferimento del rapporto in esso menzionato.
La discussione in merito alla circolazione dei titoli di credito
propri ed impropri, è tuttora aperta (24) ; sembra tuttavia che la verità sia una sola. La circolazione è una funzione meramente economica che, per esistere, non ha bisogno di essere configurata come lecita, onde l'illiceità della circolazione di un titolo non ha senso per la qualificazione del jatto — sempre sotto il profilo economico — essendo a ciò sufficiente la constatata realtà del circolare. La circolazione produce, peraltro, in ogni caso, effetti che debbono essere disciplinati sotto il profilo giuridico.
Dovendo procedere a questa sistemazione, nel caso delle marche assicurative, si dovrà pensare ad esse come a « titoli cir colanti » o, se si preferisce, come ad una « ricchezza mobile » (25).
si riferisce — appare illegittimo : infatti le marche in se stesse sareb bero tuttora perfettamente valide a rappresentare il contributo a suo
tempo corrisposto per ottenerle, mentre la persona che le ha fatte valere, non era quella giusta. A rigor di termini, in un caso del genere, l'I.n.p.s. dovrebbe negare le prestazioni e restituire le marche : se non
chè, ove esso agisse in tal senso, le marche riprenderebbero la loro cir colazione verso un più abile profittatore dei valori in esse incorporati e
questo deve essere evitato. È sempre opportuno che l'illecito, ove venga scoperto, sia fer
mato e punito. Questo fine giustifica altresì l'incameramento, in favore della mutualità degli assicurati di un diritto, che risulta — e non po trebbe essere diversamente — privo del suo titolare.
(22) Non è esatto quanto dice il Persiani nella nota alla citata sentenza del Tribunale di Torino del 17 aprile 1959, a proposito del diritto alle prestazioni che si potrebbe conseguire « iudipendentemente dal possesso di una tessera e di marche assicurative »> specie per l'assi curazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, è vero proprio il contrario, e cioè che senza marche e tessere non esiste diritto.
Si intende che non ad ogni marca corrisponde una prestazione, ma bensì a quel certo mimerò di marche prefissato dalla legge, onde ciascuna marca porta in sè un'aspettativa di quel diritto. Le altre condizioni sono tutte personali (età, invalidità, ecc.) e quindi da com
prendere in quelle eccezioni che sono opponibili anche in materia di titoli di credito.
(23) Ciò che è stato chiamato « intenzione » « volontà » dell'emit tente (Ferri, I titoli di credito, pag. 12), per quanto io ritenga che le stesse polizze di carico e le lettere di vettura — di cui nessuno pone in dubbio la natura di titoli di credito — non siano davvero sorte, nella mente di chi le ideò, come mezzi per commerciare liberamente le merci da esse rappresentate.
(24) Il Messineo, op. cit., T, pag. 46-49 dichiara che la circola zione è « mera funzione pratica » : ante codice, Vivante, op. cit., pag. 509 ; Carnelutti, in Riv. proc. civ., 1933, I, pag. 400; post codice, Ferri, op. cit., pag. 1 ; Pellizzi, in Riv. dir. civ., 1959, I, 238 ; Martorano, in Ranca, borsa, ecc., 1959, II, 405 ; Fiorentino, Com
mentario, cit.; Greco, in Riv. dir. comm.. 1934, I, 440-451 ; Buttaro, in Commentario, cit., pag. 259.
(25) V. Ferri, op. cit., pag. 1. Il concetto di un diritto reso mobile, e cioè trasferibile in ogni
caso senza bisogno di ricorrere alle solenni forme della cessione, risponde compiutamente alla strutturazione logica di questi perfetti strumenti dei traffici moderni, ai quali può veramente applicarsi l'adagio omnia
mea mecum porto. Non v'è dubbio che le marche assicurative rappresentino una
ricchezza mobile. Anche se si può obiettare che esse — avendo bisogno, per la
loro definitiva utilizzazione, di essere personalizzate mediante l'appli
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339 PARTE PRIMA 340
contributo, nel documento formato dalla marca applicata sul libretto del lavoratore ed annullata ; nè l'inclusione
stessa può arguirsi, in difetto della funzione pratica su
indicata, e soprattutto per la mancanza, nella marca, del
carattere della letteralità, dal mero precetto dell'art. 8
legge n. 218 del 1952, onde l'acquisto delle marche va fatto
in coincidenza del pagamento del contributo a percen tuale.
La questione clie ne occupa va risolta, secondo la Corte, cominciando con l'indagare a quali esigenze sopperisce, e
quindi quale funzione pratica adempie la marca nello svol
gimento degli atti implicati dal regime delle assicurazioni
obbligatorie I.Y.S.
Lo si desume, a parere di questa Corte, dalla considera
zione che se il pericolo di frodi, nel lasciare il datore di
lavoro arbitro di acquistare le marche in coincidenza o no
con il pagamento del contributo complementare, fu urgen temente avvertito dal legislatore, come deve arguirsi dalla
prescrizione fatta di attuare la coincidenza stessa, si è
perchè esso pose mente all'impossibilità dell'I.n.p.s. di ri
Non resta ora che accertare se ed in quale misura le marche assicurative rispondano all'altra funzione preclara dei titoli di
credito, e cioè alla legittimazione attiva e passiva. Risulta chiaro da tutto il nostro esame che chi non ha il
possesso del titolo marca assicurativa, non può legittimarsi aliunde per il diritto all'assicurazione, anche se sia il contraente
originario o il suo diretto beneficiario. Nel caso di marche isolate — che è quello di cui ci stiamo
occupando — è ovvio che, dato il loro assoluto anonimato e
quindi l'impossibilità di identificarne il primo acquirente o
comunque il giusto titolare, colui che le vende, vende sempre bene cosi come sempre bene acquista colui che le acquista, non essendo consentita alcuna rivendicazione.
Questo dovrebbe essere sufficiente : ad abundantiam tut
tavia è bene osservare che anche quando le marche, a seguito della loro applicazione sulla tessera, sono state dichiarate perti nenti ad una determinata persona, l'I.n.p.s., sia che non attui alcun controllo circa la sussistenza del rapporto di lavoro dipen dente che deve giustificare l'assicurazione dell'esibitore, sia che annulli le marche di cui è stato provato l'indebito versa mento (26), sia che, in applicazione dell'art. 8 decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818, debba considerarle comunque utili, non deve rendere conto a nessuno del provvedimento che, adotta
perchè nessuno dei precedenti possessori della marca, neppure il suo originario acquirente, potrebbe reclamare, e quando decide di pagare, paga bene in ogni caso, mentre pagherebbe in ogni caso male se si lasciasse indurre — da qualciasi altro mezzo di prova che non sia il possesso della marca assicurativa —
a ritenere di aver trovato il legittimo proprietario della marca stessa e di dovere a lui, anziché al possessore, le prestazioni promesse all'atto della vendita.
Anche in questo caso quindi la funzione di legittimazione è piena.
7. — Le marche assicurative sono dunque veri e propri titoli di credito ?
La verità deve cercarsi in un altro campo. La marca infatti è un titolo superato dai tempi : nacque come agile mezzo di
prova degli adempimenti assicurativi da un lato e del diritto alle prestazioni dall'altro, poi, cresciuta di valore e sempre più apprezzata per le fruttuose utilizzazioni di cui è suscettibile, rivelò propri « congegni interni ed esterni » che le consenti rono di comportarsi alla guisa di un titolo di credito.
Allo stato delle cose, ogni tentativo si è dimostrato vano a che le sia impedito di circolare abusivamente, con le note, ormai, conseguenze il cui alto costo è sopportato dalla massa
degli assicurati. Proprio per questo essa è destinata ad essere
oazione su di una tessera regolarmente intestata e l'annullamento con data e firma del datore di lavoro — incorporano non già un diritto ma un'aspettativa di quel diritto, il fatto che dopo essere state rubate o alterate o contraffatte o addirittura falsificate, esse sono commer ciate ad un prezzo che è di molto superiore al loro valore di facciata sebbene inferiore al contributo integrale che rappresentano, dimostra che quella aspettativa è considerata, da tutta una classe di « abusivi », alla stessa stregua di un diritto pieno.
(26) L'eccezione di indebito versamento —- che non invalida la marca in sè nè il diritto in essa incorporato, ma solo inabilita colui ohe la fa valere — può essere compresa fra le eccezioni personali che sono ammesse contro la temprata corazza, entro cui circolano i titoli di credito.
scontrare, sul solo documento in suo possesso, il modello
G.S. 2 (di cui meglio si dirà in seguito), non contenente
l'elenco nominativo dei lavoratori assicurati, se i contri
buti previdenziali dovuti siano stati corrisposti dagli ob
bligati, per tutti i lavoratori occupati nelle rispettive im
prese. Ed anche perchè avvertì la complessità, e quindi la
non speditezza, e l'incerta efficacia (stante la possibilità di mancanza od irregolarità dei libri contabili) del solo
modo di riscontro esperibile attraverso il detto modello, ossia del confronto tra esso ed i libri matricola e paga.
Onde il bisogno di un mezzo di verificazione attendi
bile, e nel contempo spedita, come richiede il numero
ingentissimo dei lavoratori considerati dalla legge n. 218, è stato soddisfatto con l'imposizione al datore di lavoro,
giusta il citato art. 8, di modalità per l'acquisto delle mar
che, tali da farle servire, dopo l'applicazione sui libretti, come documenti non solo dell'acquisto stesso, ma anche
del pagamento del contributo complementare. Sembra così doversi ravvisare nelle marche il mezzo
per l'adempimento, da parte del datore di lavoro, di un
sostituita da mezzi più moderili ed adeguati, che possano servire solo al suo vero scopo, che è quello di documentare la titolarità di un diritto.
8. — Premesso che il contributo dovuto per ciascuna delle assicurazioni obbligatorie gestite dall'I.n.p.s. è unico ed inscin dibile ed integralmente rappresentato dalla marca ; che questa porta — per mere ragioni di comodità di calcolo da parte degli uffici — un valore di facciata corrispondente ad una quota parte del contributo stesso ; dimostrato che la marca si com
porta erga omnes come un vero e proprio titolo di credito, si deve necessariamente concludere che colui che l'ha smarrita 0 ne è stato derubato ha perduto, con essa, il solo mezzo valido, a provare l'adempimento dei suoi obblighi nei confronti dell'assi curazione — se si tratta di un datore di lavoro — o a far valere 1 propri diritti se si tratta di un lavoratore.
Chiunque abbia interesse a far rivivere legittimanente il contenuto della marca perduta o di cui è stato defraudato, dovrà versare ex novo un contributo integrale, nelle sue due quote, base e adeguamento, ed ottenere così una nuova marca da sostituire a quella di cui è stato privato (27).
Qualora infatti si accedesse alla tesi opposta, secondo la
quale detto interessato dovrebbe essere ammesso a ricostituire la posizione assicurativa rimasta scoperta di contribuzione, mediante il riacquisto — che comunque non potrebbe avvenire se non con mezzi illeciti, non essendo le marche in libera vendita —
delle marche, al loro valore nominale, si verificherebbe, in sin tesi. la seguente situazione : le marche acquistate originaria mente in coincidenza col versamento del contributo percentuale, pervenute ad un nuovo possessore che le utilizza, darebbero luogo alla prevista erogazione delle prestazioni integralmente coperte dalla contribuzione a suo tempo versata ; le marche acquistate ex novo dietro pagamento del solo valore di facciata e sostituite a quelle perdute — allo scopo di perfezionare l'ori ginaria posizione assicurativa rimasta priva di contribuzione —
conferirebbero all'interessato un diritto pieno alle prestazioni senza la corrispondente copertura assicurativa.
In sostanza, con un solo contributo si istituirebbero due rapporti assicurativi e si erogherebbero due ordini di presta zioni.
Un principio del genere contrasterebbe apertamente con il criterio regolatore delle assicurazioni, avanti enunciato, per cui ad ogni contributo deve corrispondere una prestazione ed ogni prestazione deve essere coperta da un contributo, e sarebbe indice non solo di pessima amministrazione del patrimonio della mutualità degli assicurati, ma soprattutto di errata interpre tazione delle nonne vigenti.
Dott. Claudia Resta
(27) Non può seguirai, per quanto innanzi detto, la tesi della riportata sentenza della Corte d'appello di Torino, secondo la quale «il datore di lavoro ha diritto al rimborso del contributo complementare, ogni qualvolta dimostri la perdita delle marche in circostanze tali da lasciar fuori, dalle possibilità discernibili dalla ragione, quella che le; ritrovi ». In linea di diritto non ha importanza che il datore di lavoro non possa mai ritrovare le marche, potendo ritrovarle e utilizzarle altri per lui : in linea di fatto se la prova che il datore di lavoro dà dello smarrimento è tale da far concludere che le marche stesse siano da considerare ormai perdute per tutti, il problema potrebbe essere riesaminato, ma è, in tal caso, sempre problema di marcile distrutte e non di marche smarrite.
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341 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 342
duplice obbligo di legge : di pagare il contributo base (o fisso) e di precostituire a favore del singolo dipendente, verso l'I.n.p.s., la prova del versamento dei contributi, fissi ed a percentuale, che, come ognuno sa, è uno dei tre elementi necessari a conferire al dipendente stesso il diritto alla pensione di invalidità o di vecchiaia (gli altri due es sendo l'esistenza del rapporto di lavoro, e l'invalidità, o il
compimento dell'età prevista dalla legge). Codesto duplice obbligo si adempie, come è noto, acqui
stando presso l'I.n.p.s., o in un ufficio postale, ed appli cando ed annullando poi la marca sul libretto personale del lavoratore.
Ma mentre fa piena fede del pagamento del contributo
base, la marca applicata ed annullata dà adito alla mera
presunzione semplice del pagamento del contributo a per centuale, che scaturisce dalla serie degli atti necessari,
giusta le norme in vigore, perchè tale contrassegno giunga nelle mani del datore di lavoro.
Tali atti consistono, come è noto : a) nella consegna all'ufficio, incaricato della riscossione, di due esemplari del modello G.S. 2, in cui il datore di lavoro ha scritto i dati occorrenti per il calcolo del contributo a percentuale dovuto, ed ha eseguito tale calcolo ; b) nel versamento di tale somma all'ufficio medesimo ; e) nell'annotazione, da parte di que sto, sul detto modello, del pagamento ricevuto e dell'elenco delle marche consegnate, con l'indicazione, per ciascuna, del relativo prezzo segnato a stampa ; d) nella trasmissione
all'I.n.p.s. di uno dei moduli, e nella restituzione dell'altro al datore di lavoro.
Al fine di assicurare alle marche applicate ed annullate il valore probatorio in parola si informa dunque il precetto che esse siano acquistate in coincidenza con il pagamento del contributo complementare, e che una unica docu mentazione si formi delle due operazioni/
Ora la rilevata ratio della norma sarebbe elusa, se il datore di lavoro potesse procurarsi marche senza corrispon dere i relativi contributi a percentuale, con la mera asser zione di avere smarrito quelle ritirate precedentemente con le modalità dianzi riferite. Invero, per tal modo, egli verrebbe rifornito di marche in misura superiore a quella rispondente al rapporto stabilito dalla legge tra le marche stesse e i contributi complementari corrisposti. Sì che
ognuno di tali contrassegni, una volta applicato, non
avrebbe il valore, che la legge ha inteso assicurargli, di prova del pagamento del contributo complementare, ma documen terebbe soltanto il versamento della minor somma, che sarebbe proporzionale, giusta il diverso rapporto così for
matosi, al contrassegno stesso.
Tale concezione non lede, va detto in risposta ad una
obiezione dell'appellato, il principio per cui è ripetibile il
pagamento fatto in vista di una determinata prestazione,
quando la possibilità di questa venga meno.
Invero il datore di lavoro ha diritto al rimborso del
contributo complementare, ogni qualvolta dimostri la per dita delle marche in circostanze tali da lasciare fuori dalle
possibilità discernibili dalla ragione, quella che le ritrovi. Così sembra dover sorgere questo diritto non soltanto
nel caso di comprovata distruzione, ma anche in quello di
smarrimento delle marche, dimostrato nei suoi elementi
oggettivo e soggettivo, che si concretano, rispettivamente, nell'attuale inesistenza di esse nella sfera di attività patri moniale dell'acquirente e nell'avere questi ragionevole mo
tivo di credere di averle smarrite.
È ben vero che altri potrebbero rinvenirle, ma le pro babilità che essi possano servirsene e così facciano, o che
cerchino e trovino chi sia in grado ed abbia l'intenzione
di adoperarle, sembrano alla Corte talmente esigue (stante anche la remora frapposta dai gravi rischi che tale illecito
comporta), da non giustificare una misura di difesa del
valore probatorio dei libretti personali dei lavoratori, quale la conservazione, all'apposito fondo, del versamento avve
nuto in coincidenza con l'acquisto delle marche poi smar
rite, senza la possibilità pratica per il titolare di far valere
un correlativo diritto a prestazioni dell'I.n.p.s. Ciò posto, il Porapani, pur essendo tenuto a corrispon
dere all'I.n.p.s. una somma pari al contributo complemen
tare pagato per il mese di gennaio 1954, in relazione al
secondo prelevamento di marche effettuato, a suo dire,
per il periodo stesso (onde adempiere all'obbligo di docu mentazione probatoria su indicato), avrebbe potuto a sua volta dedurre e provare la perdita delle marche acquistate originariamente, e chiedere, per conseguenza, la restitu zione del contributo a percentuale corrisposto in coinci denza a detto acquisto.
Ma una siffatta prova il Forapani non ha offerto, nè ha chiesto la restituzione di alcuna somma. Egli si è limitato a contestare il diritto dell'I.n.p.s. di ottenere per la seconda volta il contributo percepito per un determinato periodo, quando il datore di lavoro abbia prelevato, successiva mente all'acquisto delle marche fatto in coincidenza con il
pagamento del contributo stesso, altre marche di pari numero e valore, asserendo di avere smarrito le prime.
Pertanto l'impugnata sentenza dev'essere tenuta ferma in quanto concerne il riconoscimento del su indicato di
ritto dell'I.n.p.s. Con il secondo motivo del gravame il Forapani si duole
per avere il Tribunale respinto anche la sua richiesta,
subordinata, di escludere che l'I.n.p.s. abbia diritto di ot
tenere da lui, come essa pretende, un'ulteriore somma pari a quella dianzi accennata, quale sanzione civile stabilita
dall'art,. 23 legge n. 218 del 1952 per il mancato o non
integrale pagamento dei contributi entro il termine sta
bilito. Sostiene l'appellante che tale sanzione ha per pre
supposto una oggettiva inadempienza del datore di lavoro, che nella fattispecie non fu commessa.
La censura sembra alla Corte fondata.
Per le ragioni dianzi esposte non può invero conve
nirsi con il Tribunale che l'omissione del pagamento, al
l'atto della rinnovazione dell'acquisto delle marche per il
gennaio 1954, di una somma pari al contributo a percen tuale corrisposto per quel mese in coincidenza col primo
acquisto, costituisca inadempimento di un obbligo contri
butivo e comporti come tale la sanzione civile prevista dal
citato articolo.
Tale omissione integra invece inadempimento del datore di lavoro al distinto obbligo di conferire alle marche, con
le testé descritte modalità di acquisto, il valore di prova verso l'I.n.p.s. (nel momento in cui ciascun lavoratore da
lui occupato ne richiederà le prestazioni), del pagamento del contributo complementare. Ed è pertanto giustificata la richiesta giudiziale di adempimento (mediante esborso
all'I.n.p.s. della somma che avrebbe dovuto esserle, e non
le fu versata in coincidenza con l'acquisto delle marche), mentre tale non è la pretesa della somma aggiuntiva, rap
presentando questa la sanzione per il mancato pagamento
tempestivo dei contributi, non dedotto nella specie, e non
per la mancata simultaneità della corresponsione del con
tributo-base e di quello complementare, che è la sola irre
golarità contestata al Forapani. Invero l'I.n.p.s. ha sempre premesso, nelle proprie di
fese, che il contributo complementare per il gennaio 1954
le era stato puntualmente pagato, e non ha sostenuto che
le marche per quel periodo (di paga) non siano state ap
plicate sui libretti personali ed annullate tempestivamente. È conseguenziale la determinazione, in parziale riforma
della sentenza impugnata, del credito dell'I.n.p.s. verso il
Forapani, anziché nella somma di lire 92.480 per cui fu
pronunziata l'ingiunzione opposta, in lire 46.240, e la limi
tazione della condanna del Forapani stesso al pagamento di questo importo.
Per questi motivi, ecc.
II
Il Tribunale, ecc. — Non è contestato che la Ditta
Casillo Francesco, avendo constatato lo smarrimento di
n. 121 marche assicurative di quelle prelevate in coinci
denza con il versamento dei contributi dovuti al fondo
adeguamento pensioni, effettuato con i mod. G.S. 2 per il
periodo 1° febbraio 1953-31 dicembre 1955, e da applicare sulle tessere di otto suoi dipendenti, provvide all'acquisto di altrettante marche che applicò sulle tessere di questi
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343 PARTE PRIMA 341
ultimi. L'opponente ha precisato che l'acquisto avvenne il
7 gennaio 1957 col mod. G-.S.-2 relativo al periodo lavorativo
26 novembre 1956-25 dicembre 1956. E di ciò fu anche
dato atto nel verbale di accertamento redatto in data 12
marzo 1958 da funzionari dell'I.n.p.s. in occasione della
ispezione presso l'Azienda, provocata dall'essere stato rile
vato l'acquisto delle centoventuno marche in soprannumero. Come risulta dalla esibita lettera raccomandata n.
1051-13 del 31 maggio 1958, l'Istituto non mise affatto in
dubbio il primo acquisto delle 121 marche assicurative,
che, del resto, era facilmente accertabile mediante il con
trollo dei documenti relativi al periodo lavorativo cui le
marche smarrite si riferivano, e l'avvenuto smarrimento.
Il dissenso fra le parti deriva dalla difforme interpre tazione che esse danno al disposto dell'art. 8 legge 4 aprile 1952 n. 218, sostenendosi dall'I.n.p.s. che il datore di la
voro in caso di smarrimento di marche assicurative, nel
provvedere al riacquisto ha anche l'obbligo di versare,
contestualmente per una seconda volta, i contributi a per centuale destinati al fondo adeguamento pensioni istituito
con detta legge (che nel caso di specie ammontano a lire
477.567) ; mentre si oppone dal Casillo che, verificatosi lo
smarrimento di marche assicurative acquistate in coinci
denza col versamento dei contributi dovuti al fondo, non
dovuto, in occasione del riacquisto di esso, il contributo in
percentuale al F.a.p., essendo esso già stato versato, giac ché si avrebbe, con la ripetizione del versamento, una in
giustificata duplicazione dei contributi a favore del fondo,
gravanti sul datore di lavoro, il quale, invece, è liberato
da ogni obbligo legale quando ha tempestivamente versato,
e nella misura calcolata sull'importo delle retribuzioni cor
risposte per un determinato periodo lavortivo, i contributi.
A sostegno dell'una e dell'altra tesi sono stati invocati
i pochi e difformi pronunciati delle magistrature di merito
avutisi sino ad oggi sulla controversia materia, fra i quali la sentenza di questo Tribunale 9 giugno-2I luglio 1959, in causa Mazzacurati Carlo c. Istituto nazionale della
previdenza sociale, favorevole alla tesi dell'I.n.p.s. La legge 4 aprile 1952 n. 218, disponendo la rivaluta
zione delle pensioni dei lavoratori e dando una nuova
regolamentazione all'intera materia delle assicurazioni so
ciali, istituì con l'art. 11, presso l'I.n.p.s., un fondo per
l'adeguamento delle pensioni, con separata contabilità, destinato a sostenere l'onere della rivalutazione delle pen sioni maturando (art. 9 e 10), della corresponsione di una
indennità pari a 45 volte l'ammontare dei contributi-base
versati, in caso di morte del lavoratore prima del consegui mento del diritto alla pensione (art. 13), dell'aumento
minimo di lire 3.600 annue alle pensioni in corso alla data
di entrata in vigore della legge (art. 26), della rivalutazione
delle pensioni agli iscritti all'assicurazione facoltativa (art.
29), della corresponsione di un'indennità pari ad un'annua
lità della pensione ai superstiti di un pensionato che avesse
conseguito la pensione nel periodo fra il 1° gennaio 1940
ed il 31 dicembre 1944 (art. 30), e della corresponsione della
pensione di vecchiaia e superstiti agli assicurati iscritti
all'E.n.p.a.l.s. Fu stabilito nell'art. 16 che agli oneri pre detti si deve provvedere con un contributo dei lavoratóri
soggetti all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, vec
chiaia e superstiti, con un contributo dei datori di lavoro e
col concorso dello Stato. Detto contributo, da calcolarsi in
percentuale sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori, fu
posto per il 50% a carico dei datori di lavoro, per il 25% a carico dei lavoratori e per l'altro 25% a carico dello Stato.
Al versamento del 75% dovuto complessivamente dol
datore di lavoro e dal lavoratore suo dipendente, provvede il datore di lavoro con i prescritti mod. G-.S.-2.
Allo scopo di evitare (vedi Eelazione alla legge) che i
datori di lavoro apponessero sulle tessere dei lavoratori
marche assicurative per la pensione-base di valore più elevato in rapporto ai salari corrisposti, dando così luogo al determinarsi di posizioni assicurative fraudolentemente
alterate ; per rendere facile il relativo controllo ed altresì
per semplificare le operazioni di adempimento da parte dei
datori di lavoro, si dispose con l'art. 8 della legge che
« l'acquisto delle marche per le assicurazioni sociali obbli
gatorie dev'essere effettuato in coincidenza col versamento
dei contributi dovuti al fondo per l'adeguamento delle pen sioni, presso il medesimo ufficio che riceve il versamento.
L'ufficio stesso farà risultare, mediante apposita annota zione sui documenti di versamento, l'avvenuto acquisto delle marche in corrispondenza col numero dei lavoratori
soggetti all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, vec chiaia e superstiti, e alle classi di retribuzione ».
Soltanto per il conseguimento delle predette finalità fu reso inscindibile il duplice adempimento dell'obbligo assi curativo da parte del datore di lavoro.
Il rapporto di lavoro subordinato genera quindi nel datore di lavoro l'obbligo contributivo nelle due forme indicate dall'art. 8 della legge. E la prova dell'adempi mento, per le assicurazioni obbligatorie, è data dall'appli cazione delle marche assicurative sulle tessere dei lavora
tori, e per i contributi dovuti al fondo adeguamentio pen sioni dal versamento diretto, in misura percentuale rispetto all'ammontare delle retribuzioni, sul conto dell'ufficio cui la gestione del fondo è affidata (I.n.p.s.).
In caso di smarrimento delle marche attestanti il paga mento dei contributi per le assicurazioni obbligatorie (in validità, vecchiaia e superstiti), poiché tale obbligo assi curativo è adempiuto non soltanto con l'acquisto delle
marche, ma anche con la loro applicazione sulle tessere dei
dipendenti, il datore di lavoro è tenuto a riacquistare le marche smarrite e ad applicarle sulle tessere a dimostra zione del rapporto giuridico corrente tra il lavoratore e l'Isti tuto obbligato alle prestazioni verso costui.
Ciò perchè due sono i rapporti giuridici fondamentali che conseguono all'assicurazione contro l'invalidità, la vecchiaia e per i superstiti : uno collegante l'Istituto ed il datore di lavoro obbligato al versamento dei contributi (e viene dimostrato con l'annotazione sul mod. G-.S.-2 del
l'acquisto delle marche), e l'altro corrente, come già detto, tra lavoratore ed Istituto.
Nel caso di specie, premesso che il primo acquisto di marche in coincidenza col versamento dei contributi a
percentuale a favore del F.a.p. non è contestato dallo
I.n.p.s., il Casillo, constatato lo smarrimento di n. 121
marche, provvide a riacquistarne altrettante. Preliminarmente deve essere disattesa la pretesa avan
zata dall'I.n.p.s. di ottenere anche il pagamento, a titolo di sanzione civile, di una somma aggiuntiva pari a quella che sostiene debba essere nuovamente versata dal Casillo al fondo adeguamento pensioni.
Invero, l'accollo del pagamento della somma aggiuntiva presuppone ineluttabilmente l'oggettiva acclarata inadem
pienza del datore di lavoro, e cioè il difetto del versamento dei contributi o il ritardo, oltre i termini concessi dalla
legge, di detto versamento. E il pagamento della pari somma
aggiuntiva ha per fine la riparazione del danno derivante, con presunzione iuris et de iure, dalla inadempienza con tributiva. Avrebbe, perciò, dovuto versare il Casillo la somma aggiuntiva solo nel caso in cui l'ispezione avesse accertato che vi era stata da parte sua una inadempienza, costituita dal mancato o ritardato versamento dei contri buti dovuti al P.a.p.
Ma l'I.n.p.s. ha applicato la sanzione civile per l'inos servanza da parte del Casillo, dell'ingiunzione di versare nuovamente detti contributi, che il medesimo ritiene di non
dovere, per averli già versati. Ma la sanzione può essere
posta a carico del datore di lavoro solo in caso di mancato o ritardato versamento, come la legge prescrive, e non per la inosservanza di una ingiunzione fatta dall'Istituto in base alla interpretazione che esso ha dato ad una norma di
legge, interpretazione che potrebbe anche essere illegit tima e che il datore di lavoro ha il diritto di non accettare, opponendo una diversa interpretazione della norma, come difatti è avvenuto nel caso di specie.
Circa la pretesa di un secondo versamento dei contri buti al P.a.p. in coincidenza col riacquisto delle centoven tuno marche smarrite, va rilevato che errata è la conclu sione cui è pervenuto l'I.n.p.s. (lettera raccomandata 11.
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345 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 346
1051-13 del 31 maggio 1958 diretta al Casillo) clie « il datore
di lavoro in caso di smarrimento di marche assicurative, è
tenuto ... a sistemare le posizioni assicurative irregolari dei propri dipendenti mediante riacquisto delle marche
contestualmente al nuovo versamento dei contributi in
percentuale ».
Osserva in proposito il Tribunale, in riferimento al testo
dell'art. 8 legge 4 aprile 1952 n. 218, interpretato dal
l'I.n.p.s. nel modo suddetto, che versamento dei contributi
dovuti al fondo in coincidenza con l'acquisto delle marche
assicurative è cosa diversa dall'acquisto delle marche in
coincidenza con detto versamento, com'è prescritto dalla
legge. È l'acquisto delle marche che è stato agganciato al
versamento dei contributi dovuti al fondo per il consegui mento delle finalità di cui alla relazione sull'art. 8 della
legge ; e non può essere diversamento se si considera che
ogni marca assicurativa deve riferirsi ad un determinato
periodo di lavoro ed al salario per esso corrisposto, al quale il valore di essa è commisurato, tanto vero che gli uffici
cui è affidata in esclusiva la vendita delle marche (I.n.p.s. e uffici postali), che non è libera, devono annotarne l'acqui sto sui documenti di versamento dei contributi. E l'obbligo
dell'acquisto in coincidenza con detto versamento rende
anche impossibile l'utilizzazione, da parte di terzi, di mar
che smarrite, oltre che assicurare il controllo relativo al
valore di esse, al periodo di paga cui si riferiscono e la cor
rispondenza al numero ed alla qualità dei lavoratori sog
getti alle assicurazioni obbligatorie, essendo i dati relativi
agli operai ed alle classi di retribuzione riportati sui docu
menti di versamento dei contributi dovuti al F.a.p.
L'impostazione data dall'I.n.p.s. alla materia costituisce
un rovesciamento arbitrario della situazione voluta e rea
lizzata dal legislatore, col prescrivere che l'acquisto delle
marche assicurative deve avvenire in coincidenza ool ver
samento dei contributi in percentuale dovuti al fondo ade
guamento pensioni. In conclusione, deve affermarsi che va posto a carico
del datore di lavoro soltanto l'obbligo del riacquisto delle
marche per le assicurazioni obbligatorie in caso di smarri
mento di esse, giacché dell'adempimento degli oneri relativi
a tali assicurazioni dev'essere data dimostrazione con l'ap
plicazione delle marche assicurative sulle tessere dei lavo
ratori, che soltanto dà la prova del rapporto giuridico esi
stente fra il lavoratore e l'Istituto tenuto alle prestazioni assicurative.
L'onere relativo ai contributi in percentuale dovuti al
F.a.p. si assolve, invece, soltanto col versamento a mezzo
dei mod. G.S.-2, senza alcuna annotazione sui documenti
del lavoratore. E, pertanto, non potrà mai essere imposto al datore di lavoro un secondo versamento, quando l'adem
pimento dell'onere vi è stato ed è documentalmente di
mostrato.
E poiché il versamento dei contributi dovuti al F.a.p. dal Casillo per il periodo e per i dipendenti cui si riferivano
le n. 121 marche smarrite, è provato dalla documentazione relativa al versamento stesso esistente presso l'I.n.p.s., modificando i principi stabiliti nella propria sentenza
9-6-21 luglio 1959 in causa Mazzacurati c. I.n.p.s., afferma il Tribunale che non può imporsi all'opponente di versare nuovamente per gli otto dipendenti i contributi a percen tuale, per i quali venne concesso decreto ingiuntivo, essendo la pretesa dell'Istituto priva di giuridico fondamento e
giustificazione, in quanto frutto di errata interpretazione dell'art. 8 legge 4 aprile 1952 n. 218 ; ed avrebbe inoltre
per conseguenza, detta pretesa, un indebito arricchimento
del fondo adeguamento pensioni, in quanto finirebbe per riconoscere all'Istituto stesso l'incameramento di una con
tribuzione non riferibile alla copertura di alcuna posizione assicurativa e, pertanto, priva assolutamente di causa.
(Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI BRESCIA.
Sentenza 17 febbraio 1960 ; Pres. Fronza, Est. Carratello ; Bernasconi (Avv. Asquini, Gavazzasi) c. Banca com
merciale italiana (Avv. Brugnateixi, Pellizzi, Re
denti).
Cosa giudicata in materia civile — Limiti oggettivi —- Accertamento di un punto controverso — Ef
ficacia in altro processo tra le stesse parti —
Fattispecie in tema di interessi moratori (Cod. civ., art. 2909).
L'accertamento, contenuto in una sentenza passata in giudi cato, della data di costituzione in mora ai fini della decor renza degli interessi legali, fa stato, in un ulteriore processo tra le stesse parti, ai fini della determinazione del maggior danno derivante dalla mora, ai sensi del 2° comma del
l'art. 1224 cod. civile. (1)
La Corte, ecc. — La Corte suprema, nella sentenza di rinvio, lia rilevato clie la Corte di Milano, mentre ha con dannato la Banca commerciale italiana al risarcimento dei
maggiori danni ex art. 1224, capo v., cod. civ., per un fatto
(storno di un contratto, cagionato dal rifiuto della Banca di
pagare l'importo degli assegni rubati, nonostante fosse stata
richiesta del pagamento a fine luglio 1944) avvenuto nel
l'estate 1944, ha liquidato gli interessi « con decorrenza
della data della mora, che va fissata al 28 dicembre 1944
(notifica della ingiunzione), non risultando che vi sia stata
anteriormente richiesta scritta ».
La sentenza di rinvio ha osservato che si è, in tal modo, violato l'art. 1224, in quanto anche i maggiori danni si
rapportano sempre al caso di mora (mora in senso tecnico,
quale è definita, nei suoi presupposti, dall'art. 1219 cod.
civ.) non essendo giustificabile la ragione del divario tra
momento di decorrenza degli interessi legali e momento
rilevante agli effetti dei maggiori danni.
Se per il pagamento dei danni, consistenti nella correspon sione degli interessi legali, aggiunge la Corte suprema, l'anti
giuridicità ha inizio con la costituzione in mora « non si scorge
ragione per cui essa dovrebbe cominciare in un momento
anteriore, in rapporto alla più grave conseguenza del risar
cimento di danni maggiori ».
Per le accennate ragioni, la sentenza impugnata era cas
sata e la causa rinviata a questa Corte « la quale si unifor
merà al principio, secondo cui anche il risarcimento dei mag
giori danni ai sensi dell'art. 1224 presuppone la costituzione
in mora ai termini dell'art. 1219 ».
In relazione alla pronuncia della Corte di cassazio
ne, gli attori sostengono, in via principale : a) che, ante
riormente allo storno del contratto Standard, la danese, loro dante causa, aveva richiesto e sollecitato, per iscritto, alla Banca commerciale il pagamento degli assegni, inviando
alla Banca il certificato della Cancelleria del Tribunale di
Milano attestante la mancata opposizione al decreto di am
mortamento degli assegni ; b) che a tali richieste la Banca
tergiversò, tenendo celato di aver pagato erroneamente gli
assegni a terzi, e adducendo poi di aver tergiversato allo
scopo di coltivare il tentativo di recuperare le somme pa
gate, malgrado la riconosciuta « alcatorietà » di tale tenta
tivo. Per la prova dei fatti, specificati sub a) e b), deducono
capitoli per interpello e testi, precisando che i fatti sub b)
(1) Il principio affermato dalla Corte, secondo cui la pre clusione derivante dal giudicato può farsi valere anche in pre senza di una parziale identità delle azioni e cioè se, pur essendo identici i soggetti e la causa petendi, si abbia un diverso peti tum, è stato ribadito in numerose sentenze del Supremo collegio : da ultimo, sent. 18 gennaio 1960, n. 24, retro, 322, con ampia nota di richiami, cui adde, in ordine alla differente estensione del giudicato nelle azioni reali ed in quelle personali : Oass. 25 maggio 1959, n. 1588, Foro it., Rep. 1959, voce Cosa giu dicata civ., nn. 29, 30. La sentenza di rinvio, Oass. 27 marzo
1957, n. 1059, è pubblicata in questa rivista, 1957, I, 982 ed in Giur. it.. 1958. I. 1. 399 con nota di Aixobio.
Il Poro Italiano —• Volume LXXXIV — Parte I-23.
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