Seneca (Alcune Lettere)

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Epistola 62 07/04/10 13:27 Epistola 65 Neanche ora perdo tempo come tu credi. Tutte queste cose, se non vengono spezzettate e distrutte in questa sottigliezza inutile, sollevano ed elevano l’animo, che oppresso da un pesante fardello desidera liberarsene e tornare alla sua origine. Il corpo infatti è il peso e la pena dell’anima; dato che quel peso lo opprime, è tormentato, è in catene, se la filosofia non gli è andata incontro e non l’ha indotto a prendere fiato sullo spettacolo della natura e non l’ha allontanata dalle cose terrene a quelle divine. Questa è la sua libertà, questa la sua evasione; sottrae se stessa dalla prigione in cui è rinchiusa e si rigenera in cielo. Come quando gli artigiani fanno un lavoro di attenzione e precisione che affatica la vista, se la luce è debole e fioca, escono tra la gente e si rigenerano gli occhi alla piena luce in qualche luogo destinato allo svago del popolo, così l’anima, rinchiusa in questo triste ed oscuro domicilio, quando può, esce all’aperto e si rigenera nella contemplazione della natura. Il saggio e chi aspira alla saggezza sono un tutt’uno con il loro corpo ma la loro parte migliore è lontana e il loro pensiero si rivolge a cose ben superiori. Come un soldato che ha prestato giuramento egli reputa la vita un servizio militare; e si è formato in modo tale da non odiare né amare la vita, adattandosi al suo destino mortale pur sapendo che è destinato ad un destino superiore.

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Epistola 62 07/04/10 13:27

Epistola 65

Neanche ora perdo tempo come tu credi. Tutte queste cose, se non

vengono spezzettate e distrutte in questa sottigliezza inutile, sollevano ed

elevano l’animo, che oppresso da un pesante fardello desidera liberarsene

e tornare alla sua origine. Il corpo infatti è il peso e la pena dell’anima;

dato che quel peso lo opprime, è tormentato, è in catene, se la filosofia

non gli è andata incontro e non l’ha indotto a prendere fiato sullo

spettacolo della natura e non l’ha allontanata dalle cose terrene a quelle

divine. Questa è la sua libertà, questa la sua evasione; sottrae se stessa

dalla prigione in cui è rinchiusa e si rigenera in cielo.

Come quando gli artigiani fanno un lavoro di attenzione e precisione che

affatica la vista, se la luce è debole e fioca, escono tra la gente e si

rigenerano gli occhi alla piena luce in qualche luogo destinato allo svago

del popolo, così l’anima, rinchiusa in questo triste ed oscuro domicilio,

quando può, esce all’aperto e si rigenera nella contemplazione della

natura. Il saggio e chi aspira alla saggezza sono un tutt’uno con il loro

corpo ma la loro parte migliore è lontana e il loro pensiero si rivolge a

cose ben superiori. Come un soldato che ha prestato giuramento egli

reputa la vita un servizio militare; e si è formato in modo tale da non

odiare né amare la vita, adattandosi al suo destino mortale pur sapendo

che è destinato ad un destino superiore.

Vuoi negarmi il contatto con il cielo, ossia mi imponi di vivere a testa

bassa ? Sono troppo grande e nato per un destino troppo illustre per

essere schiavo del mio corpo, che non vedo in altro modo che non una

catena che intrappola la mia libertà; questo lo oppongo alla sorte, perché

vi si arresti contro e non permetto che nessun colpo, trapassandolo, arrivi

a me. Il corpo è l’unica mia parte a poter subire offesa : in questa fragile

dimora abita l’anima libera. Mai questa carne mi indurrà alla paura, mai

alla simulazione indegna all’uomo virtuoso, mai mentirò per riguardo a

questo piccolo corpo. Quando mi sembrerà opportuno, romperò ogni patto

con esso; e anche ora, mentre siamo insieme, non siamo soci alla pari :

l’anima rivendica a se ogni diritto. Il disprezzo per il proprio corpo è sicura

libertà.

Epistola 70

Page 2: Seneca (Alcune Lettere)

Come una vita più lunga non è di certo migliore, una morte più lunga è

senz’altro peggiore. In nessuna cosa più che nella morte dobbiamo

compiacere il nostro animo. Esca per dove senta il desiderio : sia che

cerchi una spada, sia un cappio o una pozione che scorra nelle vene

avanzi e spezzi i vincoli della sua schiavitù. La vita ognuno di noi deve

renderla accettabile anche agli altri, la morte solo a se stesso : la meglio è

quella che piace. È insensato pensare :”qualcuno dirà che avrò agito poco

coraggiosamente, qualcuno che avrò agito troppo coraggiosamente, altri

che c’era una morte più eroica”. Vuoi pensare che si tratta di una

decisione per la quale non conta il giudizio degli altri! Solo questo devi

capire : a sottrarti nel modo più rapido possibile alla sorte; del resto ci

sarà sempre qualcuno che giudicherà male una tua azione. Troverai anche

uomini che hanno fatto professione di saggezza che sostengono che non

si debba fare violenza alla propria vita e che giudicano empio uccidersi :

bisogna aspettare l’esito che la natura ha stabilito. Chi dice così non si

accorge che si sta chiudendo la via per la libertà : nulla di meglio ha fatto

la legge eterna che darci un’unica via d’entrata per la vita, ma parecchie

vie d’uscita.

Epistola 8

“Tu mi esorti ad evitare la folla e a vivere in disparte, e di essere contento

della mia coscienza ?” “Dove sono andati a finire quei precetti della vostra

filosofia che dicono di essere attivi fino alla morte ?” Ma come ? Credi che

io ti inviti all’inerzia ? Per questo io mi sono appartato e ho sbarrato le

porte, per essere d’aiuto al più gran numero di persone. Nessun giorno

per me è perduto nell’ozio; parte della notte la dedico agli studi; non mi

abbandono al sonno ma vi soccombo, e gli occhi costringo al lavoro che si

chiudono stanchi per la veglia. Non mi sono allontanato tanto per gli

uomini quanto dagli impegni, e in primo luogo dai miei impegni : sono al

servizio dei posteri. Scrivo cose che possono essere un aiuto per loro;

consigli utili, come ricette di medicine utili, mando lettere, la loro efficacia

l’ho sperimentata sulle mie ferite, che anche se non sono guarite del

tutto, almeno hanno smesso di diffondersi. Mostro agli altri la retta via,

che ho conosciuto tardi e quando ero stanco per l’errare.

Se dico queste cose a me stesso, se le dico ai posteri; e non ti sembra che

mi renda più utile che se mi presentassi come difensore in giudizio o

imprimessi il sigillo ai testamenti o mettessi gesto e voce al servizio di un

candidato senatoriale ? Credi a me fa di più chi sembra non faccia niente :

si cura allo stesso tempo delle faccende umane e divine.

Page 3: Seneca (Alcune Lettere)

Ma ormai è tempo di concludere e saldare il mio conto per questa lettera.

Non sono miei versi : attingo ancora una volta da Epicuro di cui proprio

oggi ho letto questa frase :”devi farti servo della filosofia se vuoi essere

veramente libero”. Chi si sottomette e si affida ad essa, non deve

aspettare : è libero subito; questo stesso servire la filosofia è libertà.

Epistola 16

So che a te è chiaro, o Lucilio, che nessuno può vivere felicemente, né in

maniera tollerabile, senza l’amore per la saggezza,e che la vita felice si

può conseguire solo con una saggezza perfetta, mentre una vita

tollerabile anche con una sapienza imperfetta. Ma questo, anche se

evidente, deve essere rafforzato e scolpito nel profondo da una riflessione

quotidiana : ci vuole più impegno per mantenere i buoni propositi che per

concepirne di onesti. Bisogna perseverare e accrescere le proprie energie

con uno studio costante, finché la buona volontà si trasformi in una

disposizione permanente al bene. La filosofia non è un’arte fatta per il

popolo e non è fatta per essere ostentata; non consiste nelle parole ma

nei fatti. Di essa non ci si avvale per far trascorrere piacevolmente le

giornate, né per eliminare il disgusto che viene dall’ozio : educa e forma

l’animo, regola la vita, dirige le azioni, delucida su ciò che si deve fare e

ciò che non si deve fare, siede al timone e dirige la rotta di chi fluttua in

mezzo ai pericoli agitato. Senza di lei nessuno può vivere tranquillo e

sicuro; in ogni momento si presentano circostanze che esigono una

direttiva, che a questa deve essere chiesta. Qualcuno dirà : a cosa mi

serve la filosofia se esiste il fato ? A cosa mi serve se c’è un dio che mi

governa ? A cosa mi serve se c’è il destino che detta legge ? Non si

possono cambiare le cose prestabilite, né difendersi contro quelle

avverse, ma o un dio è padrone delle mie decisioni e ha stabilito ciò che

devo fare, o la sorte non mi concede nessuna decisione”. Qualsiasi ipotesi

esista di queste, o Lucilio, anche se esistessero entrambe, bisogna

dedicarsi alla filosofia; sia che il destino ci vincoli con la sua legge

inesorabile, sia che un dio, arbitro dell’universo, abbia disposto ogni cosa,

sia che il caso sospinga e muova disordinatamente le vicende umane, la

filosofia deve proteggerci. Questa ci esorterà ad ubbidire di buon grado a

dio e con fierezza alla sorte, questa ci insegnerà a seguire il volere di dio e

a sopportare il caso.

Epistola 37

Page 4: Seneca (Alcune Lettere)

“In che modo me la caverò ?” dici. Non puoi fuggire al destino, puoi solo

vincerlo. Ci apre la strada con la forza e questa strada te la mostrerà la

filosofia. Volgiti a questa se vuoi essere salvo, sereno, beato, e infine se

vuoi essere, e questo è il massimo, libero; non puoi ottenere questo in

altro modo. La stoltezza è cosa meschina, ignobile, sordida, servile

soggetta a molte e ferocissimi passioni. Questi duri padroni, che a volte

comandano uno dopo l’altro, allontanano da te la saggezza, che è l’unica

vera libertà. Un’unica strada porta alla saggezza e diritta; non puoi

sbagliare; procedi a passo sicuro. Se vuoi sottomettere a te ogni cosa,

sottomettiti alla ragione; farai da guida a molti se sarà la ragione a

guidarti. Da essa imparerai come e in che modo devi procedere; non ti

imbatterai inaspettatamente negli eventi. Tu non mi indicherai nessuno

che sappia come ha cominciato a volere ciò che vuole : non è stato

condotto da un consiglio ma seguendo un impulso. La fortuna non ci viene

incontro se noi non andiamo incontro a lei. È vergognoso non avanzare

ma essere trascinati e, improvvisamente in mezzo al turbinio degli eventi,

stupito si chiede :”come sono arrivato fin qui ?”.

Epistola 62

Mentono quelli che vogliono far credere che l’impegno li distoglie dagli

studi liberali : fingono occupazioni e le ingigantiscono e si rendono

occupati da se stessi. Io sono libero, o Lucilio, sono libero e ovunque mi

trovi sono sempre padrone di me stesso. Difatti non mi dedico agli affari

ma mi do in prestito, né vado in cerca di pretesti per perdere tempo; e

dovunque mi capiti di indugiare, lì riprendo i miei pensieri e li trasformo in

qualcosa di salutare per l’anima. Quando sto con gli amici non mi

sottraggo a me stesso, né mi intrattengo con quelli a lungo, con i quali mi

ha unito solo un motivo occasionale o un motivo derivato da una dovere

sociale, ma i migliori sono con me; ad essi, in qualunque luogo, in

qualunque secolo fossero vissuti, dirigo il mio animo. Porto con me

Demetrio, uomo ottimo, e lasciati i porporati parlo con lui seminudo, e lo

ammiro. Perché non dovrei ammirarlo ? Mi sono accorto che a lui non

manca niente. Qualcuno può disprezzare ogni cosa, ma nessuno può

avere ogni cosa; la via più breve per ottenere dei beni è quella di

disprezzare tutti i beni. Il nostro Demetrio poi vive non come se abbia

disprezzato ogni cosa ma come se abbia permesso ad altri di possederle.