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Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 1 SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO SU “LA RESPONSABILITA’ NELLA MATERIA SANITARIA” Organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ancona in collaborazione con l’associazione “Accademia marchigiana di logica giuridica” 12 e 13 dicembre 2008 “La responsabilità civile, penale e amministrativa del medico e il consenso informato” Sabato 13 dicembre 2008 ore 12.10 Avv. Laura Catena LE INIZIATIVE LEGISLATIVE IN TEMA DI RESPONSABILITA’ DEI MEDICI La disamina delle ipotesi di riforma legislativa intervenute in materia di responsabilità medica è un tema che potrebbe a prima vista apparire meramente dottrinario in quanto, trattandosi di disciplina de iure condendo, appare di scarsa utilità pratica per un auditorio di avvocati. Tuttavia la copiosa presenza di disegni di legge e proposte di riforma in proposito è sicuro indice del fatto che la vigente normativa viene percepita come inadeguata o comunque non esaustiva.

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Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 1

SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO SU

“LA RESPONSABILITA’ NELLA MATERIA SANITARIA”

Organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ancona

in collaborazione con l’associazione

“Accademia marchigiana di logica giuridica”

12 e 13 dicembre 2008

“La responsabilità civile, penale e amministrativa del medico

e il consenso informato”

Sabato 13 dicembre 2008 – ore 12.10

Avv. Laura Catena

LE INIZIATIVE LEGISLATIVE

IN TEMA DI RESPONSABILITA’ DEI MEDICI

La disamina delle ipotesi di riforma legislativa intervenute in materia di

responsabilità medica è un tema che potrebbe a prima vista apparire meramente

dottrinario in quanto, trattandosi di disciplina de iure condendo, appare di scarsa

utilità pratica per un auditorio di avvocati. Tuttavia la copiosa presenza di

disegni di legge e proposte di riforma in proposito è sicuro indice del fatto che la

vigente normativa viene percepita come inadeguata o comunque non esaustiva.

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In particolare si lamenta da più parti la mancanza di una disciplina ad hoc che,

come avviene nella maggior parte dei Paesi, preveda leggi specifiche in ambito

sanitario. In Italia la responsabilità professionale del personale medico sia in

ambito civile che penale viene riconosciuta e sanzionata attraverso la

riconduzione a istituti e figure di reato generali.

Un dato è comunque certo: il problema del contenzioso per lesioni personali od

omicidi colposi ascritti al personale sanitario, medico in primis, ha subito un

notevole incremento negli ultimi anni, comportando da un lato un sempre

maggior accanimento giudiziario dei pazienti e, dall’altro, atteggiamenti

“difensivi” dei sanitari, preoccupati di tutelare la propria immagine

professionale. Questo circolo vizioso corre il pericolo di portare il medico a

scelte terapeutiche finalizzate non all’interesse effettivo del paziente, bensì a

salvaguardare la propria reputazione. Ciò metterebbe a repentaglio un diritto

fondamentale ed inviolabile del cittadino, quello alla salute, garantito dall’art. 32

della nostra Carta Costituzionale.

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La responsabilità civile:

E’ utile ricordare che, da una situazione di quasi immunità del medico

impegnato in attività di diagnosi e di cura, quale risultato di un’interpretazione

dell’art. 2236 c.c. accusata di sbilanciamento a favore della classe medica, si è

progressivamente giunti ad un atteggiamento di favore giurisprudenziale per la

posizione del paziente.

Le Società Scientifiche presenti sul nostro territorio lamentano una situazione di

disagio venutasi a creare in particolar modo per la classe dei medici chirurghi,

ginecologi, ostetrici e radiologi. Secondo una statistica frutto di un’indagine

anonima eseguita dalla Cattedra di Diritto Penale dell’Università Cattolica di

Milano, infatti:

- nel corso della propria vita professionale 8 medici su 10 ricevono almeno una

richiesta di risarcimento e molti di loro incorrono in un procedimento

giudiziario;

- il costo delle assicurazioni personali per colpa professionale è salito negli

ultimi anni del 300%;

- l’80% dei medici intervistati dichiara di aver adottato nell’ultimo mese di

lavoro almeno uno dei c.d. comportamenti di “Medicina difensiva” che di

seguito si riportano:

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l’inserimento nella cartella clinica di annotazioni evitabili, determinato

dalla preoccupazione di possibili problemi medico-legali;

la proposta di ricovero di un paziente in ospedale, anche se le condizioni

avrebbero consentito una gestione ambulatoriale;

la prescrizione di un numero maggiore di esami diagnostici rispetto a

quello necessario;

la consultazione non necessaria di altri specialisti.

La situazione dei professionisti si è fatta ancora più complessa nella recente

interpretazione giurisprudenziale che, riconducendo i vari profili della

responsabilità medica nell’alveo della responsabilità contrattuale, assegna al

medico l’onere di provare la non colpevolezza, il tutto in procedimenti il cui

giudizio finale è forzatamente basato su conclusioni probabilistiche (c.d. criterio

del più probabile che non).

Pertanto le varie proposte di modifica legislativa si pongono principalmente i

seguenti obiettivi:

- attenuare la pressione psicologica e l’animo a volte vendicativo del

paziente nei confronti dei sanitari;

- accelerare la soluzione delle vertenze giudiziarie;

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- garantire, nelle vicende giudiziarie, che gli esperti chiamati ad esprimere

un parere spesso determinante in tema di responsabilità medica (CTU ed

arbitri) siano all’altezza della situazione.

Per realizzare tali obiettivi, i vari disegni di legge succedutisi dal 2004 ad oggi

(si fa riferimento in particolare alla proposta di legge d’iniziativa dei deputati

Marras, Bernardo, Ciccioli, Colucci, Conti, Fallica, Ferrigno, Franzoso, Giudice,

Holzmann, Lenna, Lo Monte, Mazzocchi, Mistrello Destro, Misuraca, Mormino,

Romagnoli e Tucci presentata il 16/5/2006 ed al recente disegno di legge n. 50

d’iniziativa dei senatori Tomassini e Malan comunicato alla Presidenza il

29/4/2008) propongono le seguenti soluzioni:

I) Innanzi tutto, ricondurre la responsabilità civile per danni a persone sempre ed

in ogni caso alla struttura sanitaria, pubblica o privata che sia. Tale

responsabilità va estesa a tutte le prestazioni erogate dall’ente ospedaliero,

incluse le attività ambulatoriali e diagnostiche. Far ricadere tutte le

responsabilità per danni occorsi nelle strutture sanitarie ospedaliere sugli enti

stessi è possibile in base al principio affermato dalla più recente giurisprudenza

secondo cui l’attività del sanitario (medico, infermiere, ostetrica) è solo un

momento, una parte di una più complessa prestazione alla cui realizzazione

concorre integralmente un assetto organizzativo che ha come compito

istituzionale l’erogazione di servizi sanitari in regime contrattuale.

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A differenza della situazione attuale, che prevede una responsabilità

patrimoniale solidale tra medico e struttura all’interno della quale opera, in tal

modo il paziente dovrebbe agire per il risarcimento dei danni, patrimoniali e

non, unicamente nei confronti dell’ente ospedaliero.

Per quanto concerne la posizione del medico (nei cui confronti, come detto, il

paziente danneggiato non potrebbe più pretendere alcun risarcimento) la

proposta di legge prevede che la struttura sanitaria possa avviare un’azione

disciplinare contro i propri dipendenti solo qualora il fatto dannoso sia stato

compiuto dal professionista con dolo o colpa grave.

Solo in caso di dolo, potrebbe essere avviata dall’ente ospedaliero azione di

rivalsa o azione amministrativa per danno erariale nei confronti dei sanitari

responsabili.

Infine, solo in caso di colpa grave accertata con sentenza passata in

giudicato, il Direttore Generale della struttura ospedaliera, sentito il Collegio di

Direzione, potrebbe disporre nei confronti del medico responsabile il parziale

recupero del risarcimento del danno riconosciuto, il cui ammontare, fissato in

modo equitativo, sarebbe recuperato attraverso trattenute sullo stipendio, nella

misura massima di un quinto, per un periodo comunque non superiore a cinque

anni.

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Tutte le suddette modifiche permetterebbero di “alleggerire” notevolmente la

posizione dei professionisti. Tuttavia, non possono tacersi le seguenti

considerazioni critiche:

a) Per quanto concerne il profilo della responsabilità disciplinare del medico,

rispetto alla situazione attuale, il disegno di legge n. 50 del 2008

introdurrebbe una scriminante disciplinare nelle ipotesi di colpa lieve,

ponendo in discussione sostanzialmente le sanzioni dell’avvertimento e

della censura (ex art. 40 del D.P.R. n. 221 del 1950), ma incidendo

sensibilmente su una materia – la determinazione delle regole

deontologiche, dalla cui violazione discende la responsabilità disciplinare

– demandata agli Ordini Professionali.

b) Come può notarsi dal dettato legislativo, il DDL 50/2008 pone in

correlazione la responsabilità disciplinare e la responsabilità civile,

prevedendo che l’azione disciplinare possa essere esperita solo nel caso in

cui la condotta del medico abbia determinato un danno a terzi : al riguardo

può osservarsi che risulta del tutto arbitrario esautorare gli Ordini

Professionali Medici di un autonomo potere decisionale, dovendo essi

essere liberi di adottare provvedimenti nei confronti dei loro iscritti a

prescindere dalla provocazione o meno di danni a terze persone.

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c) Arbitraria risulta altresì la correlazione effettuata tra responsabilità

disciplinare e responsabilità patrimoniale nella parte in cui si prevede che,

in caso di colpa grave accertata con sentenza passata in giudicato, è

possibile addivenire alla misura (in realtà disciplinare) del parziale

recupero del risarcimento del danno in base a parametri stabiliti dalla

Direzione Sanitaria.

d) Infine non può non segnalarsi, in particolare all’attenzione dei

rappresentanti della Corte dei Conti, come il disegno di legge n. 50 del

2008, prevedendo espressamente la possibilità del giudizio di rivalsa nei

confronti dei sanitari responsabili del danno unicamente nelle ipotesi di

dolo degli agenti (e pertanto escludendo la possibilità di azionare il

giudizio amministrativo per danno erariale in caso di condotta colposa),

introdurrebbe, qualora convertito in legge, un’arbitraria violazione dei

principi stessi posti alla base della responsabilità amministrativa.

* * *

II) Il secondo punto fermo nelle varie proposte di legge è la necessità che le

strutture sanitarie, cui, come detto, spetterebbe sempre la responsabilità nei

confronti dei pazienti, stipulino obbligatoriamente l’assicurazione per

risarcimento dei danni causati a persone da personale medico e non medico.

Tutte le strutture ospedaliere pubbliche o private non coperte dall’assicurazione

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per la responsabilità civile nei confronti degli assistiti non potranno esercitare

alcuna attività.

In analogia con l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile

automobilistica, il contratto tra struttura sanitaria e compagnia assicurativa dovrà

essere stipulato con massimali idonei a garantire la copertura assicurativa della

responsabilità civile di tutti gli operatori sanitari e prevedendo elementi

integrativi per quei reparti quali pronto soccorso, terapia intensiva, unità

coronarica, rianimazione, sala parto, neonatologia, ad elevato rischio.

In tale modo il paziente danneggiato a seguito di prestazioni sanitarie ricevute in

strutture per le quali vi è l’obbligo dell’assicurazione obbligatoria, avrebbe

azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti della compagnia

assicuratrice. La domanda di risarcimento potrebbe essere presentata

direttamente dal paziente danneggiato molto semplicemente, inviando alla

assicurazione una lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata da

idonea documentazione medica comprovante il danno subito.

L’assicuratore, entro novanta giorni dalla domanda di risarcimento, comunicherà

al danneggiato la misura della somma offerta, ovvero indicherà i motivi per i

quali ritiene di non fare alcuna offerta; nello stesso periodo di tempo il paziente

danneggiato sarà tenuto ad acconsentire agli accertamenti, ai controlli ed alle

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verifiche che si rendano necessari per l’accertamento e la quantificazione del

danno subito.

Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l’assicuratore dovrà

provvedere al pagamento entro venti giorni dal ricevimento per iscritto

dell’accettazione. Qualora, invece, la somma offertagli sia inferiore a quella

richiesta ed il danneggiato si dichiari non soddisfatto del risarcimento, l’impresa

dovrà comunque corrispondere tale somma entro venti giorni, che verrà

imputata a titolo di acconto nella liquidazione definitiva del danno.

Inoltre, al fine di prevenire i contenziosi, si prevede che ogni Regione istituisca

presso tutte le strutture ospedaliere presenti nel proprio territorio, pubbliche o

private che siano, un ufficio di valutazione del rischio di responsabilità civile del

personale sanitario denominato “unità di rischio”. Ogni Regione ha altresì

facoltà di istituire un Fondo di garanzia per la responsabilità civile del personale

di tutte le aziende sanitarie ubicate sul proprio territorio sostitutivo delle polizze

assicurative, attribuendo al Fondo direttamente le risorse finanziarie necessarie.

* * *

III) In caso di mancato raggiungimento di un accordo tra il danneggiato e la

compagnia di assicurazione si propone di favorire, senza renderlo obbligatorio

(il che potrebbe porsi in contrasto con gli artt. 24 e 25 Cost.), il ricorso

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all’arbitrato. Il deferimento al collegio arbitrale deve avvenire su proposta del

danneggiato e previa accettazione della controparte.

Il collegio arbitrale è composto da 3 membri, dei quali due designati da ciascuna

delle parti ed il terzo dal Presidente del Tribunale, secondo le forme e le

modalità di cui all’art. 810 c.p.c.. Il procedimento, il lodo e le impugnazioni

devono essere svolti in conformità agli artt. 816 e seguenti c.p.c., con la

differenza che il procedimento arbitrale dovrà concludersi nel termine breve di

90 giorni dalla data in cui è avvenuta l’ultima accettazione da parte degli arbitri,

salvo che le parti stabiliscano di comune accordo un termine diverso. Ciò

consentirebbe la rapida risoluzione di numerose vertenze, con auspicabile

soddisfazione sia del danneggiato sia delle imprese di assicurazione che non

vedrebbero protratte all’infinito le loro vertenze giudiziarie.

Si contempla, inoltre, la facoltà delle parti di chiedere di comune accordo al

collegio arbitrale insediato una pronuncia secondo equità, con la conseguenza

che il lodo emesso sarà esente da ogni impugnazione. Questa eventualità

dovrebbe auspicabilmente riguardare le vertenze minori, che sarebbero così

risolte definitivamente in tempi brevi.

* * *

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IV) Infine, il disegno di legge n. 50 disciplina la costituzione in ogni Regione o

Provincia autonoma di un albo nazionale di arbitri e consulenti tecnici d’ufficio

cui ricorrere obbligatoriamente in caso di simili contenziosi.

Tale albo dovrebbe prevedere l’annotazione delle singole specialità in modo che

il giudice sia in grado, qualora venga inoltrata specifica istanza delle parti, di

nominare un CTU o un arbitro con piena cognizione sui temi oggetto della

vertenza.

La responsabilità penale:

Per quanto concerne i profili di responsabilità penale del medico, le iniziative

legislative più recenti suggeriscono di apportare modifiche radicali al Codice

penale vigente, al fine di disciplinare la responsabilità medica in modo difforme

rispetto alle altre fattispecie di responsabilità dei prestatori d’opera intellettuali;

lo specifico reato di colpa medica, infatti, presente nei Codici penali di tutto il

mondo, latita in quello italiano e in un solo altro paese al mondo, il Messico.

Tra le esperienze straniere a noi vicine, il recente Codice penale della Slovenia

(aggiornato nel 1995) prevede specifiche figure di reato in tema di assistenza e

di negligenza nelle prestazioni del personale medico e sanitario in genere.

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Singolarità è rappresentata dal fatto che il Codice penale sloveno dedica un capo

apposito ai reati contro la salute dell’uomo.

Il Servizio Sanitario Nazionale Italiano spende per assicurazioni 500 milioni di

Euro l’anno e la conflittualità fra medico e paziente è in costante aumento, con

un numero crescente di cause che finiscono in Tribunale (sono 16mila l’anno gli

esposti dei malati per danni legati a presunti errori medici). La questione della

sicurezza e il rischio clinico, temi costantemente d’attualità nella sanità italiana,

sono ora diventati di emergenza dopo lo scandalo della clinica Santa Rita di

Milano.

Un documento redatto dall’Ordine dei medici in collaborazione con i sindacati

di categoria e le Società Scientifiche ed approvato dalla Conferenza Nazionale

della Professione medica, propone l’introduzione di alcune novità nelle

disposizioni giuridiche che possono così sintetizzarsi:

- introdurre nel Codice penale lo specifico reato di colpa medica;

- riformare la disciplina degli artt. 40 (rapporto di causalità) e 41 (concorso

di cause) del Codice penale, precisando il significato ed i limiti del nesso

eziologico in medicina;

- definire la problematica relativa al consenso informato, dando una giusta

dimensione al difetto di consenso (che oggi può far sconfinare un atto

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terapeutico in un atto doloso), magari inserendo nel Codice penale tra i

delitti contro la libertà morale il trattamento medico-chirurgico su persona

non consenziente o trattamento medico-chirurgico arbitrario;

- limitare la punibilità del medico ai soli casi di colpa grave, da intendersi

come divergenza della condotta del camice bianco rispetto a quella che

avrebbe dovuto tenere in base alla regola cautelare violata;

- introdurre il tentativo obbligatorio di conciliazione (come nel civile);

- introdurre misure di sostegno per una tutela extrapenale cui il giudice

possa subordinare la non punibilità del medico: l’esito positivo

dell’accordo con il paziente sul risarcimento del danno; l’adozione di

misure preventive da parte dell’ospedale in cui è avvenuto l’errore; la

frequenza del medico a corsi di formazione anti-sbaglio; l’apertura di un

procedimento disciplinare da parte dell’Ordine;

- istituire un Osservatorio Nazionale con il compito di raccogliere tutti i dati

regionali sugli errori in medicina;

- nominare, all’interno di ogni ASL, un risk manager, figura preposta a

valutare i rischi di errore in ogni servizio di cura offerto e già operativo in

alcune strutture ospedaliere del nord.

* * *

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 15

Come auspicato da diversi camici bianchi (ginecologi in primis in quanto

categoria maggiormente a rischio di contenziosi), il 20/05/2007 il Consiglio dei

Ministri, su proposta dell’ex Ministro della Salute Livia Turco, aveva approvato

un disegno di legge per:

- creare un sistema per la gestione del rischio clinico per la sicurezza dei

pazienti, incluso il rischio di infezioni nosocomiali;

- istituire all’interno di ogni Azienda Sanitaria un servizio di ingegneria

clinica che garantisse il controllo tecnico delle strutture e la verifica delle

apparecchiature. Il servizio di ingegneria clinica contribuisce alla

programmazione delle nuove acquisizioni ed alla formazione del

personale all’uso delle tecnologie;

- creare meccanismi o camere di conciliazione tra medico e paziente, invece

di far scattare la denuncia penale, per la definizione stragiudiziale delle

vertenze.

Tale proposta non si è trasformata in legge a causa dello scioglimento anticipato

delle Camere e l’indizione di nuove elezioni.

Tuttavia la bontà del disegno di legge Turco ha ricevuto consensi da più parti e

il successivo governo, accogliendo un suo spunto, ha istituito con delibera del

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 16

25/07/2007 una Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo

sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari nazionali.

Quello che è stato criticato del DDL Turco è la mancata previsione di un

Osservatorio del Contenzioso Medico, che invece sarebbe utile per avere dati

che ci facciano capire le reali dimensioni della “malpractice” dei nostri medici,

distinguendola dalle ipotesi in cui viene sporta denuncia con il solo scopo di

attivare il procedimento civile. Inoltre non è contemplata l’istituzione di fondi di

garanzia dell’alea terapeutica per risarcire i pazienti dei danni dovuti alle

complicanze incomprimibili e imprevedibili, insite nelle cure stesse.

* * *

Nell’attuale legislatura, è dello scorso giugno la rivoluzionaria proposta del

sottosegretario al Welfare con delega alla Salute Ferruccio Fazio (l’attuale

governo ha ritenuto che un ministro ad hoc non fosse più necessario) di

depenalizzare la responsabilità dei medici.

Tale proposta di legge nasce dalla constatazione che l’85% dei processi contro

medici si concludono con l’assoluzione ed introdurrebbe nei Codici penale e

civile una serie di aggiunte e nuovi articoli che definiscano la colpa

professionale legata ad un atto medico e chiariscano i meccanismi del nesso di

causalità. Inoltre, per una parte dei reati di malpractice sarebbe prevista

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 17

l’automatica competenza del Tribunale civile: un meccanismo che, oltre ad

alleggerire il carico spesso inutile sui Tribunali penali, renderebbe

psicologicamente più libero il medico. Per queste ragioni il DDL Fazio è stato

accolto con favore dai medici che, ormai da anni, chiedono un argine alla loro

punibilità ed anche da alcuni parlamentari (i deputati Iole Santelli e Giuseppe

Palumbo sono tra i primi firmatari). Sembra addirittura che possa diventare

presto vigente grazie al meccanismo del decreto legge.

D’altra parte, però, la proposta di legge ha suscitato notevoli dissensi, soprattutto

dopo il clamore mediatico prodotto dal recente scandalo della “clinica

dell’orrore” di Santa Rita a Milano.

In definitiva appare condivisibile l’opinione di quanti, ritenendo eticamente

discutibile la depenalizzazione dei reati commessi nell’esercizio della

professione medica, suggeriscono ed auspicano piuttosto di superare le

problematiche legate all’eccessiva conflittualità medico-paziente attraverso la

previsione dello specifico reato di colpa medica.

* * *

Di notevole interesse è altresì il disegno di legge n. 10 d’iniziativa di un elevato

numero di senatori tra cui Marino, Finocchiaro, Zanda, Latorre, Astore, Bassoli,

Chiaramonte, Cosentino, Di Girolamo, Poretto, Adamo, Agostini, Amati,

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Bonino, Levi Montalcini, Magistrelli ed altri, comunicato alla Presidenza del

Consiglio dei Ministri il 29/4/2008 e contenente “Disposizioni in materia di

consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti

sanitari, al fine di evitare l’accanimento terapeutico, nonché in materia di cure

palliative e di terapia del dolore”.

L’attualità del problema si è evidenziato con il recente caso di Eluana Englaro

nel quale la Giurisprudenza di legittimità, con la nota sentenza Cass. Civ. n.

21748 del 16 ottobre 2007, ha riconosciuto, in caso di malato in stato vegetativo

permanente, la legittimazione ad intervenire, su richiesta del tutore e nel

contraddittorio con un curatore speciale, per disattivare presidi medici c.d.

salvavita, in presenza dei seguenti requisiti:

1) la condizione di stato vegetativo permanente deve essere, in base ad un

rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi deve essere alcun

fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello

internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un

qualche, sia pur flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una

percezione del mondo esterno;

2) tale istanza deve essere realmente espressiva, in base ad elementi di prova

chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta da

sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 19

vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire,

prima di cadere in uno stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della

persona.

Pertanto la sentenza resa dalla Corte di Cassazione, Prima sezione civile, n.

21748/07, pur riconoscendo esplicitamente che l’alimentazione e l’idratazione

forzata non costituiscono accanimento terapeutico, ha ammesso la possibilità di

ricostruire la volontà del paziente attraverso le testimonianze dei familiari, in

assenza di una “dichiarazione anticipata di trattamento”, aprendo così la strada

verso il c.d. testamento biologico.

Dopo la pronuncia sul caso Englaro il Senato ha sollevato conflitto di

attribuzione tra i poteri dello Stato innanzi alla Corte Costituzionale dimostrando

come, in una situazione di vuoto legislativo in materia, sia risultato non

soddisfacente far colmare la lacuna da pronunce giurisprudenziali che hanno

destato clamore e diviso l’opinione pubblica.

Il DDL n. 10 si pone appunto l’obiettivo di dare soluzione al problema

dell’interruzione dei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento

terapeutico, nella consapevolezza che la vita biologica ha un limite, garantendo

comunque la qualità e la dignità della vita nelle fasi terminali di essa.

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 20

Il Codice Deontologico dei medici italiani in tema di eutanasia esprime una

posizione perentoria ed inequivocabile: “Il medico, anche se viene richiesto dal

malato, non deve effettuare, né favorire, trattamenti diretti a provocare la morte

(art. 36 C.D.). Questo articolo rispecchia il Codice penale vigente che agli

articoli 579 (omicidio del consenziente) e 580 (istigazione ed aiuto al suicidio),

prevedono per chi li viola molti anni di carcere. Esso indubbiamente si ispira

alla tradizione culturale e religiosa cattolica, prevalente nel nostro Paese, per la

quale la vita è un bene indisponibile, che deriva da Dio e quindi non vi sono

incertezze né compromessi possibili con la morale laica su questo tema.

Ogni giorno, tuttavia, i medici sono posti di fronte a scelte drammatiche quando

per un paziente non c’è più una ragionevole speranza di recuperare l’integrità

intellettiva ed una vita indipendente dalle apparecchiature e dalle terapie che la

sostengono. La tecnologia attuale è un grado di mantenere in vita malati per i

quali in passato non c’era più nulla da fare, permettendo di prolungare

artificialmente la vita di una persona che ha perso ogni risorsa, che non ritroverà

mai più una condizione accettabile di salute, e tutto questo rende sempre più

drammatico il problema dell’interruzione volontaria della terapie al fine di

evitare l’accanimento terapeutico. Dall’altra parte, da una figura di medico

ippocratico, autoritario e paternalistico del passato, che prendeva

autonomamente le sue decisioni per il bene del paziente (c.d. principio di

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 21

beneficialità) secondo scienza e coscienza, siamo passati ad un rapporto medico-

paziente nel quale un cittadino, più colto ed informato, rivendica la libertà di

scegliere se curarsi o meno e come curarsi ed il diritto di dare il suo consenso

alle proposte del medico dopo essere stato correttamente informato.

Di qui l’esigenza di formare medici e cittadini e dotare la società di strumenti di

decisione, come il testamento biologico, che rappresenta un valido supporto a

favore del medico per orientare le sue decisioni secondo quanto avrebbe

desiderato il paziente e per non andare incontro a situazioni paradossali dove

sono tutti a decidere tranne il diretto interessato.

Negli Stati Uniti, in Canada, in Australia ed in diversi Paesi europei,

interrompere le terapie quando non esiste una ragionevole speranza di riportare

il paziente ad una condizione di vita accettabile non solo è una prassi comune

nelle strutture sanitarie, ma è una possibilità prevista da regole precise, rispettate

dagli operatori sanitari senza suscitare alcun clamore. Introdotto negli Stati Uniti

nel 1991, il living will, o direttiva anticipata di volontà, mira proteggere dal

rischio di accanimento terapeutico il paziente non più in possesso delle proprie

facoltà di intendere e di volere.

Con il disegno di legge n. 10 del 29/4/2008, si propone di introdurre anche nel

nostro Paese tale “dichiarazione anticipata di volontà”, ovvero un atto scritto,

datato e sottoscritto, con il quale ciascuno può disporre in merito ai trattamenti

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 22

sanitari, nonché in ordine all’uso del proprio corpo o di parti di esso dopo la

morte, incluse le disposizioni relative all’eventuale donazione del proprio corpo,

di organi o tessuti a scopo di trapianto, ricerca o didattica, alle modalità di

sepoltura ed alla assistenza religiosa. Tale atto scritto, una volta formato, deve

essere unito alla cartella clinica, di cui costituisce parte integrante.

Le forme e le modalità pratiche di compilazione del testamento biologico

saranno disciplinate con decreto del Ministero della Salute, e comunque spetterà

alle ASL, tramite i medici di medicina generale, informare i propri assistiti della

possibilità di rendere la dichiarazione anticipata di trattamento. Naturalmente,

essa è rinnovabile, modificabile o revocabile in qualsiasi momento.

Il medico ha il dovere di tener conto di queste disposizioni nel momento in cui si

accinge ad assistere un malato che non ha più una ragionevole speranza di

miglioramento ed è così sollevato dal dover prendere delle decisioni in maniera

autonoma, senza conoscere quali siano le intenzioni e le volontà del paziente.

La proposta di legge prevede, infatti, che la dichiarazione anticipata di

trattamento produca effetto solo dal momento in cui interviene lo stato di

incapacità decisionale del disponente. Lo stato di incapacità è accertato e

certificato da un collegio composto da tre medici, di cui un neurologo, uno

psichiatra e un medico specializzato nella patologia da cui è affetto il paziente,

designati dalla direzione della struttura sanitaria di ricovero.

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 23

Tale strumento, tuttavia, non deve essere rigido e il medico deve mantenere la

propria libertà di giudizio per valutare quando è il caso di proseguire le terapie e

quando è invece più giusto fermarsi, evitando un accanimento che non

rispetterebbe la dignità del paziente. Qualora il medico ritenga di dover agire

diversamente da quanto indicato nel testamento biologico, si ritiene necessario

coinvolgere il comitato etico dell’ospedale per valutare le motivazioni del

medico, confrontarle con le indicazioni del testamento e giungere ad una

decisione che salvaguardi il miglior interesse del malato anche nel rispetto

dell’art. 32 Cost. Rispettare un testamento biologico non dovrebbe mai portare

ad agire contro il benessere del paziente, come invece potrebbe accadere,

paradossalmente, nel caso di un documento redatto in maniera poco chiara o

pericolosamente restrittiva. Nello svolgere la propria professione, ogni medico

chiama in causa l’esperienza, la casistica, la letteratura scientifica e a volte

anche l’intuizione. Per questo un documento che stabilisca vincoli troppo stretti

non serve a scongiurare l’accanimento terapeutico, ma potrebbe addirittura

minare la concreta possibilità di recupero di un paziente non impossibilitato al

recupero dell’integrità intellettiva.

E’ comunque prevista la possibilità per il medico di disattendere le direttive

contenute nella dichiarazione anticipata di trattamento qualora, sulla base del

parere vincolante del comitato etico della struttura sanitaria, le stesse non siano

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 24

più rispondenti a quanto l’interessato aveva espressamente previsto al momento

della redazione della dichiarazione anticipata di trattamento, sulla base degli

sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche.

Per la stesura di un testamento biologico è fondamentale l’esistenza di un

rapporto di fiducia fra medico, paziente e familiari del paziente. L’obiettivo è,

infatti, che ognuno maturi individualmente la propria scelta, nella serenità di

valutazioni personali: ciò costituirebbe un notevole passo avanti rispetto a

decisioni prese in modo paternalistico da medici o familiari.

In presenza di dichiarazioni anticipate di volontà è fondamentale tuttavia la

presenza di un garante, detto fiduciario – figura introdotta dal disegno di legge –

che tuteli le indicazioni, ma che sappia, anche sulla base di un solido e

significativo rapporto personale, interpretare le volontà del paziente, così come

può avere un ruolo significativo l’intervento di un comitato etico nei casi più

complessi.

Il disegno di legge sottolinea altresì la necessità che ogni trattamento sanitario

sia subordinato all’esplicito ed espresso consenso dell’interessato, prestato in

modo libero e consapevole. Ogni persona capace di intendere e di volere ha il

diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di esserne informata in

modo completo e comprensibile, in particolare riguardo la diagnosi, la prognosi,

la natura, i benefici ed i rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 25

suggerite dal medico, nonché riguardo le possibili alternative e le conseguenze

del rifiuto del trattamento. L’informazione costituisce un obbligo per il medico,

il quale deve provvedere al costante e permanente aggiornamento nei confronti

del paziente. Inoltre tutte le informazioni date e ricevute devono risultare dalla

cartella clinica.

Ma il soggetto interessato ha anche il diritto di rifiutare in tutto o in parte le

informazioni che gli competono: in tal caso esse devono essere comunicate al

fiduciario e del rifiuto deve essere data menzione nella cartella clinica.

Il rifiuto del paziente a qualsiasi genere, anche se parziale, di trattamento

sanitario, è vincolante per tutto il personale sanitario, medico e non, nelle

strutture sia pubbliche che private. Inoltre il consenso può essere revocato in

ogni momento antecedente al trattamento sanitario stesso, con la conseguenza di

bloccare l’attività medica.

Il medico può prescindere dal consenso del paziente in un solo caso: quando la

vita della persona incapace sia in pericolo per il verificarsi di un evento acuto

(c.d. situazione d’urgenza), a causa del quale il suo consenso o dissenso non

possa essere ottenuto.

Nel caso in cui la persona da sottoporre al trattamento sanitario versi nello stato

di incapacità di accordare o rifiutare il proprio consenso, i medici sono tenuti a

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 26

rispettare la volontà espressa nella dichiarazione anticipata di trattamento,

ovvero nel cosiddetto testamento biologico, cioè l’atto di volontà redatto dal

soggetto interessato e, nel caso siano subentrati eventi non previsti, quella

manifestata dal fiduciario. Infine, in assenza di questo, quella manifestata da

altre persone per le quali è comunque prevista una graduatoria (coniuge purché

non separato legalmente o di fatto, convivente, figli, genitori, parenti entro il

quarto grado).

Il soggetto che presta o rifiuta il consenso ai trattamenti per conto di chi versa in

stato di incapacità deve agire nell’esclusivo o migliore interesse dell’incapace,

tenendo conto della volontà espressa da quest’ultimo in precedenza, nonché dei

suoi valori e delle sue convinzioni.

In caso di contrasto tra i soggetti legittimati ad esprimere il consenso al

trattamento sanitario ed il medico curante, la decisione è assunta dal comitato

etico della struttura sanitaria, sentiti i pareri contrastanti. Infine, solo nel caso di

impossibilità del comitato etico a pervenire ad una decisione, questa è assunta,

su istanza del pubblico ministero, dal giudice tutelare.

* * *

Le iniziative legislative in tema di responsabilità dei medici 27

Spero di aver dato un quadro esaustivo delle modifiche ancora in itinere, senza

naturalmente la pretesa di essere riuscita ad esaurire una problematica così

delicata e complessa.