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P arola n ostra ! Periodico a cura dell’Istituto Comprensivo di Bovino, Castelluccio dei Sauri e Panni 1 Anno III - Numero Gennaio 2012 Segnali dal verde Quello che pochi conoscono... Le nuove frontiere per un futuro sostenibile, per un pianeta pulito. Non si può risolvere un problema adottando lo stesso modo di pensare che lo ha creato. (Albert Einstein) SU QUESTO NUMERO pag. 1 Energie rinnovabili e sviluppo tecnologico pag. 5 La nuova economia dei rifiuti: riciclare CO2 p ag. 7 Alber i artificiali pag. 8 Le bioplastiche pag. 1 0 Compostaggio dei rifiuti e concimi organici

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da Parola Nostra dell'IC Bovino, Castelluccio dei Sauri e Panni, il dossier per giornalisti nell'erba6

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Parolanostra!Periodico a cura dell’Istituto Comprensivo di Bovino, Castelluccio dei Sauri e Panni

1Anno III - Numero

Gennaio 2012

Segnali dal verdeQuello che pochi conoscono...Le nuove frontiere per un futuro sostenibile, per un pianeta pulito.

Non si può risolvere un problema

adottando lo stesso modo di pensare

che lo ha creato.

(Albert Einstein)

SU QUESTO NUMERO

pag. 1 Energie rinnovabili e

sviluppo tecnologico

pag. 5 La nuova economia dei rifiuti:

riciclare CO2

pag. 7 Alberi artificiali

pag. 8 Le bioplastiche

pag. 10 Compostaggio dei rifiuti

e concimi organici

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ENERGIE RINNOVABILI E SVILUPPO TECNOLOGICO

DOSSIER 1

PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012

Redazione

I combustibili fossili, l’energia nucleare e le altre fonti di energia in uso sono dannosi per l’ambiente. E’ ne-cessario quindi puntare su fonti alternative di energia per la creazione di un ambiente sostenibile. Gli elementi naturali, come la luce solare, il vento, l’acqua, i mari, possono essere utilizzati per generare energia, con un minimo impatto ambientale. Questo settore è oggi in rapida trasformazione e sviluppo su tutto il pianeta. In Europa la strategia comunitaria prevista dal cosiddetto “pacchetto clima ed energia”, approvato dal Parlamento e dal Consiglio europeo nel dicembre 2008, stabilisce che, entro il 2020, il 20% dell’energia del vecchio conti-nente dovrà essere pulita. I maggiori risultati si potran-no raggiungere proprio grazie all’utilizzo delle energie rinnovabili. Di qui la necessità di trovare nuove forme di energia pulita e nuove tecnologie. La vera scommessa sulle energie rinnovabili è infatti lo svi-

luppo tecnologico che permette di migliorare l’efficienza, il

rapporto costo-beneficio e la capacità di produrre energia nel

tempo. Le tecnologie green rappresentano oggi, anche sul

piano culturale, il nuovo modo di pensare e intendere l’ap-

provvigionamento energetico. I notevoli investimenti che i

vari paesi stanno effettuando sulle energie alternative fanno

capire che il futuro non è nel petrolio o nel nucleare bensì, e

per nostra fortuna, nell’energia pulita!

Sono riportate qui di seguito le fonti di energia più pro-mettenti per il prossimo ventennio e le relative innova-zioni tecnologiche, di processo e di prodotto.

ENERGIA SOLAREIl settore è in rapida trasformazione con la tecnologia del

fotovoltaico. In que-

sto ambito accanto ai

sistemi tradizionali si

stanno sperimentando

i pannelli fotovoltaici di terza generazione

dove non viene più

usato come semicon-

duttore il silicio cristallino, tradizionalmente in uso, ma altri

materiali (silicio idrogenato amorfo, telloruro di cadmio o sol-

furo di cadmio) di minor costo che rendono questo sistema

di produzione di energia elettrica, sempre più conveniente.

Sono inoltre in sperimentazione celle solari con “nanocristalli”

o “cristalli quantistici” ovvero semiconduttori composti da un

ridottissimo numero di atomi, capaci di sfruttare sia la luce

che il calore del sole e pertanto in grado di triplicare la pro-

duzione di energia, rispetto agli attuali sistemi fotovoltaici che

usano semiconduttori per convertire la luce direttamente in

corrente elettrica. La scoperta è stata fatta da un gruppo di in-

gegneri dell’ Università di Stanrford, i quali hanno chiamato hanno chiamato P.E.T.E. (acronimo di “photon enhanced thermionic emission“) questo nuovo processo di solare termico o termoelettrico, che potrebbe essere commer-cializzato a breve.

Ai pannelli di terza generazione si aggiungono le scoperte

dell’Università di Cambridge in Inghilterra sul fotovoltaico flessibile che potrebbe, grazie all’ uso di materiali malleabili,

rendere più semplice e vantaggiosa economicamente l’instal-

lazione di impianti fotovoltaici. Lo studio riguarda lo sviluppo

del fotovoltaico organico: al posto del silicio si vanno ad uti-

lizzare materiali meno costosi, a base di lunghe catene di

carbonio che simulano la fotosintesi delle piante verdi. Grazie

a questa tecnologia si realizzano materiali capaci di ottene-

re pannelli solari flessibili e trasparenti che possono essere

facilmente srotolati ed installati velocemente nelle strutture

degli edifici o addirittura direttamente sulle finestre quasi fos-

sero complementi di arredo.

Altra novità che si affaccia all’orizzonte è quella del fotovol-taico trasparente ovvero pannelli a film sottile, trasparenti e

in silicio amorfo, in grado di integrarsi totalmente con l’edificio

e di essere posizionati anche su vetrate. L’innovazione tec-

nologica più rivoluzionaria arriva dalla Norvegia: uno spray

in grado di stendere delle pellicole fotovoltaiche capaci di

catturare le radiazioni solari . Si tratta di nanoparticelle me-

talliche e trasparenti, in grado di apporsi anche sulle vetrate

o su qualsiasi tipo di superficie. Secondo gli studiosi norve-

gesi che collaborano con l’Università inglese di Leicester, già

nel 2016 sarà disponibile sul mercato un piccolo dispositivo

capace di spruzzare particelle sulle superfici degli edifici, tra-

sformandoli in impianti fotovoltaici.

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PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012

DOSSIER 2

ENERGIA EOLICAIl consumo di energia eolica è destinato ad aumentare di quasi il 100% nei prossimi dieci anni. Oltre ai tradi-zionali design danesi a tre pale, si troveranno sul mer-cato nuove bozze a due pale e turbine eoliche ad asse verticale per la generazione di piccole quantità di ener-gia. Per eliminare l’ impatto ambientale e paesaggistico si studia la creazione di siti eolici off-shore, anche se ciò richiede la costruzione di lunghe linee di trasmis-sione.

ENERGIA EOLICA MARINA (OWP) Impianti eolici sorgono anche al largo degli oceani. In mare aperto, infatti, grazie alla maggiore forza del vento rispetto alla terraferma, è possibile produrre più energia ad un costo minore.

BIOENERGIAE’ l’ energia ottenuta da biomasse come, ad esempio, il biodiesel e l’etanolo. L’etanolo è a base di mais, mentre il biodiesel è fatto con oli vegetali e grassi animali. Pro-dotte nei laboratori da fermentazioni e reazioni chimiche, queste fonti energetiche sono molto più pulite rispetto ai combustibili fossili. Bruciano per il 75% in maniera più pulita rispetto al gasolio. Inoltre, la produzione di ozono si riduce di quasi la metà. Essendo create dai raccolti agricoli, producono minori emissioni di anidride carboni-ca e sicuramente non hanno il problema dell’estinzione. L’unico elemento negativo: non sono al 100% verdi e il loro processo di produzione è ad alta intensità energe-tica. Sebbene il loro potenziale di sfruttamento sia mi-nore rispetto all’energia eolica e solare, il loro mercato è destinato a raddoppiare nei prossimi dieci anni. Molti veicoli in Brasile sono alimentati con etanolo.

ENERGIA DELLE ONDE OCEANICHELe potenti onde e la forza delle maree con le continue fluttuazioni di pressione possono essere trasformate in energia. Il potenziale di questa nuova fonte è enorme: basterebbe da sola a fornire tutta l’energia elettrica di cui ha bisogno il nostro pianeta; tuttavia, sono anco-ra molti gli ostacoli di ordine tecnico e ambientale alla realizzazione degli impianti. Alcune multinazionali più rinomate come la Shell, la Chevron , la Pacific gas & electrics stanno lavorando per lo sviluppo di questa tec-nologia, che può richiedere dagli otto ai dieci anni per essere applicata commercialmente.

ENERGIA GEOTERMICAUn flusso di acqua calda a getto, proveniente da sotto il livello del suolo, è una potenziale fonte di energia. Genera-tori rotanti a turbina vengono utilizzati per generare energia in questi posti. Circa 180 progetti geoter-mici sono attualmente in corso negli Stati Uniti e la tec-nologia viene sfruttata in almeno 15 stati. In California e Nevada c’è il più grande mercato di questa tecnologia. L’Italia è stata all’avanguardia con la costruzione delle prime centrali geotermiche del mondo agli inizi del 1900. Quasi tutti gli impianti nazionali sono concentrati sul monte Amiata, con il 10% della produzione geotermi-ca mondiale. Nonostante i nostri primati, oggi l’energia geotermica è sfruttata in modo più efficiente in Islanda.

ENERGIA CINETICA L’energia cinetica generata dai nostri passi può essere convertita in energia elettrica pulita. In questo settore il mercato ha già prodotto alcune interessanti scoperte tecnologiche come delle speciali scarpe ( Nanopower Instep) che generano 20W di energia elettrica per ogni passo e sono in grado di fornire sufficiente energia per i piccoli dispositivi elettronici come i portatili o i cellulari. Vi sono poi sistemi di piastrelle, già immessi sul merca-to, che sono in grado di generare elettricità verde dai passi dei pedoni di una strada trafficata, o dei danzatori di una pista da ballo.

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DOSSIER 3

PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012

I BIOCARBURANTI Antonio Botticelli, Michele Marseglia e Michele Soragnese

Negli ultimi anni l’uomo è sempre più dipendente dai combustibili fossili come il petrolio e il carbone. Da tem-po si cercano quindi alternative alla benzina, e una delle più valide è costituita dai biocarburanti. I biocarburanti (o biocombustibili) sono prodotti agricoli in grado di so-stituire la benzina e il diesel. La loro origine naturale

è più facilmente riassorbibile dal-la natura e con-sente di ridurre del 70% le emis-sioni di gas serra da trasporto pri-vato e diminuire l ’ importazione di petrolio dal-l’estero. Esisto-no attualmente quattro tipologie

di biocarburanti, che sono appunto divisi in biocarbu-ranti di prima, seconda, terza e quarta generazione. I biocarcuranti di 1° generazione sono quelli che pos-sono contare su colture alimentari come materia prima. Mais, soia, palma e canna da zucchero sono tutte otti-me fonti facilmente accessibili di zuccheri, amidi e oli. I biocarburanti di 2° generazione o lignocellulosici utilizzano residui agricoli o residui di mais come fonte per la produzione del biocarburante. I sistemi di produ-zione appositamente progettati utilizzano microrganismi per lavorare una materia prima dura come la cellulosa per estrarne zucchero poi fermentato. In alternativa pro-cessi termochimici vengono utilizzati per trasformare la biomassa in liquido e poi gas trattato.La 3° generazione di biocarburanti cerca di migliora-re la qualità dei biocarburanti di secondo tipo. Quando si parla quindi di biocarburanti di terzo tipo, ci si riferisce ad organismi migliorati geneticamente, come mais e al-ghe, che se da una parte garantiscono minore rilascio di CO2, dall’altra non sono accettati da numerosi paesi del mondo, per il problema etico delle trasformazioni genetiche. L’ ultima frontiera in questo ambito è costituita dai bio-carburanti di 4° generazione cioè da microrganismi geneticamente modificati in grado di catturare grandi quantità di CO2, microbi e batteri, in modo tale che que-

sti producano combustibile. La chiave per l’intero pro-cesso è l’uti-lizzo del gas serra CO2, un sistema che rende la pro-duzione un processo dav-vero in “nega-tivo”. Tuttavia, l’anello debole della catena risulta nella tecnologia in grado di cattura-re la CO2 pura per fornirla ai microbi. Un’azienda cali-forniana, sta cercando di realizzare un unico processo per trasformare l’anidride carbonica in biocarburante liquido, utilizzando un “convertitore” ad energia solare. La società ritiene che il processo, chiamato eliocoltura , potrebbe produrre fino a 80.000 litri di biocombustibili all’anno allo stesso costo dei combustibili fossili. Nell’ultimo periodo si sta studiando un interessante processo prodotto dai comuni batteri e.coli, una delle specie di batteri che vivono nell’intestino degli animali, che sono necessari per la digestione corretta del cibo. I ricercatori hanno individuato in questi batteri delle sostanze in grado di creare dei biocarburanti di quarto tipo.Tutti questi sistemi mettono la genetica a servizio dell’ ambiente, in modo da creare fonti energetiche, pulite e poco inquinanti.Noi riteniamo che i biocarburanti di 4° generazione sia-no veramente la strada giusta per un futuro più verde!

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DOSSIER 4

PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012

DESERTI E OCEANI DA COLTIVAREMichele Marseglia

La produzione di biocarburanti richiede spazi enormi per la coltivazione delle biomasse, che quindi sottrag-gono suoli coltivabili all’agricoltura. La soluzione a que-sto problema, di sfruttare le vaste superfici desertiche e oceaniche, è giunta da più esperti mondiali e già sono in arrivo i primi progetti di sperimentazione.

IL DESERTOFra Israele e la Giordania, a circa due chilometri dal Mar

Morto, dove la pioggia cade raramente e dove la tempe-ratura media ad agosto è di 50°C un esperimento ha dimostrato che si può far crescere alberi da frutto nel deserto. Infatti, una società situata negli Emirati Arabi Uniti, la DIME, ha creato una sabbia impermeabile idro-foba che si può stendere direttamente a terra o su una superficie a strati.

L’obiettivo è quello di impedire il rilascio della prezio-sa umidità che si forma nel deserto durante la notte, rendendola disponibile alle radici delle piante. Questo sottilissima coltre di “super sabbia” è attualmente in fase di produzione al ritmo di 3000 tonnellate al giorno e promette una rivoluzione nel deserto.Mohammad Saeed Hareb, ingegnere della DIME, ha spiega-

to, che un foglio di sabbia impermeabile al di sotto della sabbia del deserto potrebbe combattere la desertifica-zione e facilitare la crescita delle piante, anche nei climi più aridi. Questo farebbe diminuire l’utilizzo di acqua fino al 75%, oltre ad impedire l’utilizzo eccessivo delle falde profonde acquifere. Addirittura sarebbe possibile con il tempo coltivare in deserti dai suoli salini, dove le precipitazioni sono ancora più basse

e dove qualsiasi pioggia evapora lasciando dietro sali che si accumulano nella parte superiore del terreno.

L’OCEANOLa NASA sta progettando sistemi per la coltivazione di al-

ghe cresciute in appositi sacchetti di plastica in mare. I grandi sacchetti di plastica riempiti con liquame ver-rebbero messi in mare e creerebbero un habitat molto favorevole alla crescita di alghe. Questi sacchetti, creati appositamente dalla NASA, avrebbero delle membrane semi-permeabili che consentirebbero alle alghe di cre-scere, utilizzando un flusso di acqua dolce ottenuta per evaporazione.In sostanza si tratta degli stessi involucri che vengono già

usati dalla NASA per studiare il riciclaggio delle acque sporche nelle missioni spaziali. Il vantaggio di tali sac-chetti è che semplicemente questi galleggiano nel mare quindi sarebbero facilmente utilizzabili e non farebbero consumare acqua preziosa, altrimenti utilizzata per l’ir-rigazione in agricoltura. Questo sistema di coltivazione della NASA lascia sem-pre più speranze al nuovo biocarburante di ultima ge-nerazione.

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DOSSIER 5

LA NUOVA ECONOMIA DEI RIFIUTI:RICICLARE CO2

l termine economia dei rifiuti si riferisce alla tendenza a sfruttare l’anidride carbonica, responsabile del surri-scaldamento del pianeta, per costruire nuovi materiali e combustibili, col fine di eliminare il problema delle emis-sioni di CO2 , traendo profitti da un rifiuto che avrà nei prossimi 20 anni altissimi costi di smaltimento.

L’ultima conferenza sul Clima di Durban ben ha eviden-ziato la difficoltà di trovare strade comuni e soluzioni condivise tra i vari paesi e soprattutto tra quelli maggior-mente responsabili delle emissioni di CO2 come USA e Cina,che devono impegnare ingenti capitali. La risolu-zione al problema quindi, non è al momento univoca né concreta. La stessa soluzione di sotterrare l’anidride car-bonica in eccesso non convince perché ha costi altissimi. Nel frattempo le principali società e ricercatori america-ni sperimentano metodi per produrre nuove energie.Una società ha pensato di creare dei biocarburanti ri-cavati da ceppi di alghe che per crescere utilizzano l’ anidride carbonica.Un laboratorio americano sta sperimentando un nuovo modo di utilizzare l‘anidride carbonica come carburan-te per auto. Essa sarebbe riscaldata a circa 1200°c e

miscelata con acqua per creare vari idrocarburi del tipo che già utilizziamo per le nostre automobili. Il processo per il calore prodotto è energicamente piuttosto costoso ma, risolto il problema del calore, questo può essere economicamente e facilmente più realizzabile della produzione di biocarburanti dalle alghe che richiedono migliaia di ettari per un uguale paragone di utilizzo della CO2. Un’ altra società vorrebbe utilizzarla per fabbricare DVD e CD e quindi racchiudere il CO2 nei materiali ma an-che per fabbricare oggetti in plastica monouso perché nel mondo ogni giorno vengono utilizzati milioni di og-getti di plastica.Un ricercatore statunitense ha studiato l’ utilizzo dell’ anidride carbonica per produrre bicarbonato; durante questo processo l’ anidride carbonica riesce a rimuove-re anche i metalli pesanti. Un’ azienda americana ha creato un processo che uti-lizza l’ anidride carbonica per diversi motivi. Ad esempio ha trovato un metodo che mescola l’anidride carbonica con i minerali di calcio polverizzati , per ottenere car-bonato di calcio, una sostanza chimica industriale che è utilizzata in migliaia di applicazioni come nel PVC o nella sua forma più pura come intonaco.

Michela Brienza e Wanessa Di Sapio

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DOSSIER 6

MOF E CARBONI ATTIVI Gaetano Frisoli

Il numero 350 parti per milione, indica il limite di CO2 in atmosfera che secondo gli scienziati non si dovrebbe oltrepassare per evitare le conseguenze del surriscal-damento. Oggi siamo a 392 con la necessità di cambia-re subito rotta. La grande scommessa per le imprese del settore chi-mico è quella di catturare, senza dispendio di energia, l’anidride carbonica prodotta dai grandi impianti a car-bone o dal settore dei trasporti.

Negli USA molti scienziati stanno tentando di creare una nuova generazione di materiali solidi porosi , in gra-do di intrappolare le molecole di CO2. Tali solidi sono derivati del carbonio che diventano dei veri e propri setacci molecolari per CO2; queste molecole formano una grande rete in grado di riuscire a catturare alcune sostanze chimiche.In prima linea in questo settore c’è il laboratorio di OMAR YAGHI presso l’Università della California, che nel corso degli ultimi dieci anni ha contribuito a crea-re un nuovo settore della chimica industriale con delle sostanze organiche: i MOF il quali già si pensa pos-sano diventare la base per trattenere in modo stabile

idrogeno nei serbatoi o CO2 in impianti, fungendo da depuratori.Ad occhio nudo i MOF assomigliano a delle pietre poro-se o spugne, con una struttura a nido d’ape. Secondo le ricerche, ci vogliono due minuti per far rilasciare 1 grammo di CO2 da ogni grammo di MOF per poi essere il materiale nuovamente pronto per un ulteriore uso. Il segreto del MOF risiede nella molecola composta da molecole di metalli connessi fra loro da legami organici che possono essere facilmente modificati. Il laboratorio ha realizzato migliaia di versioni diverse delle molecole, per testare quale fosse la forma corretta per assorbire al meglio CO2. La sostanza MOF potrà essere facil-mente applicata al settore industriale e in particolare ai grandi impianti a carbone. Si pensa che a breve la mo-lecola sarà pronta per entrare in commercializzazione su scala industriale.Il Dipartimento dell’energia degli USA ha recentemente

annunciato un altro progetto di ricerca di una particolare forma di carbone attivo.Il carbone attivo è estremamente poroso e viene utiliz-zato per assorbire veleni e nel risanamento delle acque di falda o di trattamento delle acque reflue. Il nuovo car-bone attivo è dotato di due diverse dimensioni dei pori, chiamati mesopori e micropori, ed è in grado di incre-mentare ulteriormente l’ assorbimento di CO2 rispetto al tradizionale carbone attivo.L’uso di materiali solidi per catturare CO2 al posto dei liquidi rappresenta una interessante alternativa, nel pa-norama delle possibili soluzioni al problema del riscal-damento del pianeta.

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DOSSIER 7

ALBERI ARTIFICIALIMichele Soragnese

L’anidride carbonica aumenta, gli alberi che l’assorbo-no e la trasformano in ossigeno diminuiscono. Sarebbe bello se gli alberi potessero aumentare in modo rapido, proteggendo noi ed il nostro Pianeta dall’inquinamento, ma occorrerebbe una superficie immensa!Questo deve aver pensato Klaus Lackner, docente di Geofisica al Dipartimento di Ingegneria per l’Ambien-te e la Terra presso la Columbia University, prima di progettare SCRUBBER, l’albero artificiale. Scrubber contrasta gli effetti negativi del disboscamento perché funziona come un albero, le cui foglie sono costituite da un grande pannello radiatore in grado di assorbire ogni giorno una tonnellata di anidride carbonica: l’equivalen-te di ben 1000 alberi! Inoltre, dopo aver intrappolato la

CO2, Scrubber la comprime al punto da liquefarla e uti-lizzarla poi per il confezionamento di fertilizzanti e car-burante. Fino all’invenzione del team di Lackner, questo processo non era mai stato adottato perché era sempre risultato estremamente complicato separare l’anidride carbonica dalle resine alle quali si combinava, processo riuscito al team della Columbia University, grazie all’uso calibrato di semplici correnti di aria umidificata.Questi alberi, che somigliano piuttosto a dei gigante-schi scaccia-mosche, sfruttano la reazione chimica tra l’idrossido di sodio che contengono al loro interno e l’anidride carbonica presente nell’atmosfera: una volta realizzato il contatto, il risultato è una soluzione liqui-da di carbonato di sodio che – come al solito - non si sa bene dove smaltire. La sempreverde soluzione di sotterrarli in caverne ad hoc, ad un più attento esame

risulta quanto meno improbabile per un’applicazione pratica. Al momento persistono anche problemi di stam-po prettamente finanziario, dato che un albero sembra possa costare, al minimo, 20mila euro - con la prospetti-va di 48 miliardi di dollari necessari solo per costruire la foresta necessaria all’assorbimento della CO2 emessa dal parco auto statunitense.Secondo gli esperti di geoingegneria questa potrebbe essere una delle risposte per ridurre il problema dell’ effetto serra del conseguente surriscaldamento clima-tico. Attualmente nelle Università americane sono allo studio altre tecniche di geo-ingegneria planetaria, come aumentare l’abedo terrestre per diminuire la temperatu-ra al suolo usando superfici chiare e riflettenti sui tetti o

coltivare piante che riflettono più luce, o coprire le facciate di coltivazioni di alghe con la possibilità di farne, in un secondo momento, biocar-buranti.Secondo noi cercare soluzioni tecnologiche che assor-bano CO2 può essere utile ma non elimina il proble-ma. Solo riducendo le emissioni al minimo e facendo in modo che tutti i paesi del mondo collaborino con capitali e impegni a scadenza, si potrà sperare nella risoluzione seria del problema! Purtroppo le conclusioni dell’ ultima Conferenza sul clima a Durban, in Africa, che ha proro-gato i termini di scadenza degli impegni presi a Tokio, non lasciano per il momento intravedere una soluzione rapida al problema.

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DOSSIER 8

LE BIOPLASTICHE Luigi Fattibene e Renato D’ Alessandro

“Continuare o non continuare a produrre plastiche usando il petrolio?” Molti si interrogano così sul futuro della plastica, ma i ricercatori sanno che continuare a usare petrolio per produrre plastiche sarebbe un grande spreco di oro nero e soprattutto una cosa impossibile per l’ aumento dei costi di produzione.In questi ulti-mi anni molte aziende stan-no cercando di creare materiali alternativi, natu-rali ed ecocom-patibili con cui sostituire il pe-trolio. La ricetta del futuro per la produzione delle materie plastiche prevede una varietà di catalizzatori che reagendo con le emissioni di CO2, formano polime-ri. Un’azienda americana ha persino creato PELLET di BIOPLASTICA usando microrganismi che utilizzano gli zuccheri digerendoli e trasformandoli in polimeri; in questo modo si riciclano rifiuti e si creano bioplastiche. Il pellet può essere poi fuso e rimodellato per creare una vasta gamma di prodotti e materiali. Ora si punta a creare materiali biodegradabili, ottenuti da risorse rin-novabili.Tra le aziende che utilizzano CO2 per creare polimeri per materie plastiche, vi è la NOVOMER che ha già im-messo sul mercato un materiale plastico, composto al 50% da biossido di carbonio. Questo prodotto presenta numerosi vantaggi. Il tempo di decomposizione è di

qualche mese in compostaggio contro i 1000 anni ri-chiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio. Questa bioplastica ha il pregio di non rendere sterile il terreno sul quale viene depositato. Inoltre dopo l’uso, consente di ricavare concime fertilizzante.Un altro passo in avanti per le bioplastiche arriva dal-l’industria alimentare. Per evitare l’ ossidazione è es-senziale tenere l’ossigeno al di fuori degli alimenti confezionati. Plastiche come PE (polietilene) e PP (polipropilene) sono eccellenti per il blocco dell’umidità ma per tenere fuori l’ossigeno dagli imballaggi devono essere rivestite di costosi polimeri sintetici. La IRIS, una società di ricerca con sede a Barcellona, ha creato un nuovo imballaggio che sostituisce le componenti sinte-tiche con fibre di plastica rivestite con proteine derivanti

dal siero del latte. Dopo l’utilizzo, le proteine del siero del latte possono essere chimicamente rimosse e la plastica sottostan-te può essere facilmente riciclata. Oltre al risparmio di denaro e di materie prime, questa nuova applicazione potrebbe utilizzare i milioni di tonnellate di siero di latte che finiscono nelle discariche europee. Il siero di scarto, raccolto dai produttori di formaggio, filtrato ed essiccato per estrarre le proteine del siero di latte puro, può infatti essere utilizzato in diversi strati sottili per creare una pellicola di plastica da utilzzare negli imballaggi alimen-tari. Anche se la confezione è soggetta ancora ad anali-si per il brevetto, i ricercatori si aspettano che venga im-piegata nei prodotti di consumo almeno entro un anno. Inizialmente si prevede l’utilizzo della bioplastica come imballaggio per prodotti di cosmesi e successivamente come imballaggio alimentare.

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DOSSIER 9

PLEXIGLAS BIOSINTETICOGaetano Frisoli

Alcuni ricercatori in un università della Germania (Dui-sberg Essen) hanno scoperto un enzima batterico in grado di creare il materiale per fab-bricare il PLEXIGLAS. Con questo enzima si potrebbe fornire un nuovo percorso per la produzione di materie plastiche senza utilizzare combustibi-li fossili o produrre rifiuti tossici.E’ la prima volta che gli scienziati scoprono un percorso “biosintetico” per creare il Plexiglas, la trasparente e resistente materia plastica spesso utilizzata come superficie intangibile e alternativa al vetro. L’opinione dei ricercatori è che il vetro acrilico( plexi-glas) grazie alla recente scoperta del-l’enzima ha la possibilità di entrare in commercio entro un decennio.Rohwerder e il suo collega Roland Müller del Centro di Ricerca Ambien-tale in Germania, inizialmente sono partiti dallo studio di un metodo di biodegradazione terziario del metil

butil etere (MTBE), un additivo della benzina. In un do-cumento pubblicato nel giugno 2006,gli scienziati, han-

no descritto come un enzima possa degra-dare l’MTdell’enzima che produce 2-HIBA, una delle sostanze utilizzate nella produ-zione del lplexiglas. Il team tedesco è par-tito a fare ricerca per sviluppare l’enzima e poter creare del vetro acrilico L’enzima in questione produce 2-HIBA, che dopo una serie di semplici reazioni bio chimiche può essere trasformato in PLEXIGLAS BIO-SINTETICO. Il Plexiglas è molto diffuso e molti stava-no studiando un sistema per produrlo uti-lizzando metodi biologici. Produrlo quindi sarà un grande risultato per l’industria chi-mica. Una società tedesca ha già compra-to il brevetto per questo enzima batterico e l’uso del vetro acrilico potrà diventare una realtà nel giro di dieci anni.

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DOSSIER 10

COMPOSTAGGIO DEI RIFIUTI E CONCIMI ORGANICI

E’ chiaro: per inquinare meno la natura bisogna cambiare modo di pen-sare e di agire. Soprat-tutto bisogna cambiare il modo di coltivare il terreno e una soluzio-ne per ridurre l’inqui-namento del terreno è il compost, cioè l’insie-me dei rifiuti organici . Esso infatti, è il più an-tico concime naturale: mantiene fertile e sano il terreno ed inoltre nu-tre in modo naturale le piante. Con la raccolta differenziata dei rifiuti organici e il loro compostaggio, noi produciamo non soltanto un ottimo concime per le nostre piante ma diamo soprat-tutto un grande contributo all’ambiente, concimando in modo ecologico senza ricorrere a prodotti chimici. Ormai in tutte le regioni d’Italia stanno fiorendo stabi-limenti e industrie che trasformano i rifiuti organici in concimi naturali e, se tutti gli agricoltori usassero com-post, oltre a inquinare meno, favorirebbero il consumo di cibi genuini. Il concime organico deriva dal naturale

processo di decomposizione della sostanza organica che, attraverso degli appositi macchinari, i biotrituratori, produce il compost.Inoltre, la pianta coltivata con un concime organico risul-ta essere più resistente ed il terreno ne ricava ovvi van-taggi in termini di assunzione di sostanze che rendono il terreno più fertile. Il compost , inoltre, migliora le con-dizioni della pianta e del terreno. Questo miglioramento è naturalmente progressivo nel tempo e permette:• Un maggiore assorbimento d’acqua • Una maggiore aerazione e nitrificazione e una più rapida decomposizione dei residui organici • Un maggiore potere di assorbimento e quindi minori perdite di elementi fertilizzanti per dilavamento• Disponibilità di elementi fertilizzanti più regolare nel tempo.Il concime è adatto ad ogni tipo di pianta ed inoltre è molto economico: un motivo in più per farne uso. Nel-l’ultimo periodo si è sviluppato molto il compostaggio domestico, cioè un sistema che permette di trasforma-re i rifiuti organici domestici in compost, attraverso le compostiere. Que-ste compostiere permettono di produrre del con-cime attraverso un processo natu-rale. Il bello delle compostiere è che possono essere sistemate anche in un piccolo spazio della casa o del giardino. Queste piccole strutture sono state siste-mate anche in alcune scuole, costituendo non solo un contributo all’ambiente ma anche un esempio di rispetto della natura per i giovani alunni.

Antonio Botticelli

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DOSSIER 11

INNOVAZIONI ECOLOGICHEBrienza Michela, Di Giovanni Maria Pia, Di Sapio Wanessa Pia e Silvana Russo

Le innovazioni ecologiche non riguardano solo il settore tecnologico, ma anche altri settori come la moda, il de-sign, l’architettura, il cibo...Riporto qui di seguito alcune interessanti novità green.

Nel 2007 si è calcolato che sul pianeta ci sono 3 miliardi di cellulari: troppi! Il marketing dei cellulari ci invoglia a cambiare e il risultato è che la durata di un cellulare è minore di un anno. I cellu-lari più sono sofisticati e più consumano energia e le case produttrici per evitare questo spreco corrono ai ripari con cel-lulari ecologici anche perché le onde

elettromagnetiche dei ripetitori danneggiano la salute dell’uomo. Così la cinese Hi-Tech Wealth ha creato un cellulare che si ricarica ad energia solare: basta un’ora di ricarica solare per 40 minuti.Dato il costo eccessivo delle cartucce per stampanti e l’inquinamento che immettono,i designer hanno pen-sato di creare un nuovo tipo di stampante,denominata RITI. È molto curiosa,perché al posto delle abituali car-tucce ad inchiostro utilizza i fondi di caffè o di tè. Si trat-ta di un progetto sostenibile,molto facile da utilizzare. Basta,infatti,inserire il caffè o il tè in uno scomparto che si trova nella parte superiore della stampante,inserire il foglio e muovere lo scomparto da destra verso sinistra o viceversa,in modo tale da stampare il materiale,in bian-co e nero. Poi basterà ripulire il contenitore dai fondi di caffè. Si può utilizzare anche caffè liquido in quanto la stampante è dotata di un bicchierino nel quale si può versare. Utilizzando questo nuovo modello di stampan-te si risparmia molto denaro per l’acquisto di cartucce ad inchiostro e non si spreca elettricità, in quanto per stampare basta un movimento manuale.

È stata presentata a New York per la Greener Gagets Design Competition dal suo ideatore Jeon Hwan Ju.Siccome i bevitori di caffè sono sempre in aumento, questo nuo-vo tipo di stampante potrebbe,in poco tempo,affermarsi nell’eco-nomia sostenibile. Questa stam-pante può essere utilizzata anche nei posti di lavoro. Inoltre il colore della stampante non è comune in-chiostro nero ma marrone e chissà se quando stampa emette anche quel gradevole profumo di caffè!L’architettura e il design per la

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casa hanno ormai raggiunto alti livelli di eco compatibili-tà sia nelle tecno-logie sia nei ma-teriali sempre più naturali e volti al risparmio energe-tico. Tra i materiali di isolamento ter-mico viene sempre più utilizzata la cosiddetta “lana di roccia”. La lana di roccia è stata scoperta nelle isole Hawaii agli inizi del secolo scorso e deve la sua origine al processo di so-lidificazione, sotto forma di fibre, della lava vulcanica, lanciata in aria durante le attività eruttive. Oltre ad essere un materiale prettamente naturale ed avere una capacità di isolamento termico elevata, la lana di roccia, grazie alla sua struttura a celle aperte, è anche un ottimo materiale fonoassorbente. Più pre-cisamente, è l’unico materiale che riesce a coniugare in sé quattro doti fondamentali: isolamento termico, fonoassorbimento, carattere ignifugo perché fonde a temperature elevate, eco-compatibilità. È infatti tra i pochi prodotti industriali ad avere un impatto positivo

sull’ambiente poiché permette di risparmiare fino a 100 volte l’energia utilizzata per la sua produzione.Tradizionalmente usato per realizzare mobili orien-tali, oggi il bambù viene sempre più impiegato anche nel design occidentale, come materiale ecososteni-bile col quale costruire mobili innovativi e resisten-ti. Il bambù infatti è diventato materiale interessante anche per i più moderni designer, grazie ai progres-si della tecnologia che negli ultimi anni ha permesso di lavorarlo in modo da ricavarne dei listelli rettificati. Il bambù è la pianta con la crescita più rapida al mondo e si riproduce spontaneamente.E oltre ad essere facilmente reperibile, flessibile, duttile e leggero, se opportunamente lavorato diventa anche duro e stabile. Vari designer hanno scelto il bambù per la realizzazione dei loro progetti coniugando la sapien-za artigianale orientale con la moderna tecnologia oc-cidentale.Fra essi troviamo la chaise-longue da esterno chiamata Lofoten Lounger disegnata dall’australiano Corey Baker, realizzata in bambù, senza l’uso di vernici tossiche e tanto sinuosa da sembrare quasi una seduta in tessuto. Lo stesso effetto scultoreo si trova nella Bamboo Chair di Renè VeenHuizen, realizzata con listelli intrecciati. Singolarissima è poi la proposta di Laura Martini “ STI-CK YOUR GUM HERE”, cioè “attacca qui la tua gom-ma da masticare” che mira a rieducare il cittadino al rispetto dell’ambiente, combattendo la cattiva abitudine di attaccare chewingum dietro lo schienale della sedia. Questo progetto è volto ad aumentare il senso civico, l’educazione e a diminuire i costi di smaltimento per il recupero delle chewingum.

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UNA BARCA DI BOTTIGLIE PER RICICLARE DI PIÙIlaria Nunno e Monica Russo

L’ obiettivo che da anni si cerca di raggiungere in diversi paesi è quello di riciclare quantità significative di rifiuti. Nel nostro Paese si fa la raccolta differenziata, ma molte persone ancora non accettano questa modalità di smal-timento dei rifiuti. Ben vengano quindi le campagne di sensibilizzazione!David Mayer de Rothschild con alcuni collaboratori ha costruito una barca fatta solo da bottiglie di plastica usate, per fare in modo che nel mondo la gente capisse quanto è importante il riciclaggio di questo mate-riale.La barca si chiama Plastiki ed è un catamarano di pla-stica, e adesivo ecologico. È lunga 20 metri e l’ energia usata a bordo è data dai pan-nelli solari e da una dinamo azionata da una bicicletta. Sono state usate per la usa costruzione circa 13.000 di bottiglie e moltissime buste di plastica. Plastiki è partita il 20

marzo da San Francisco, in California, ed è approdata circa tre mesi dopo a Sydney in Australia, dopo aver percorso 15.000 chilometri per mare.

L’ equipaggio del Plastiki ,formato da sei persone co-raggiose, si è diretto alla cosiddetta “isola di plastica” che è una sorta di isola dove i rifiuti buttati a mare da tutto il mondo circolano liberamente in una corrente vor-ticosa nel bel mazzo del Pacifico.L’ avventura del Plastiki ha voluto denunciare soprattut-

to l’ inquinamento dell’oceano Pacifico dove ogni anno mol-tissimi uccelli marini, mam-miferi acquatici e tartarughe muoiono avvelenati dai rifiuti o imprigionati dalla plastica buttata in mare.I mari e gli oceani stanno diventando una discarica a cielo aperto con tutte le con-seguenze sulla fauna marina e l’alimentazione umana. Il riciclaggio è l’ unico sistema che consente di diminuire in modo significativo i rifiuti ed è proprio per questo che tutti dobbiamo continuare a fare

la raccolta differenziata, perché un piccolo gesto come questo rende più vivibile ogni luogo!

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L’ Istituto Comprensivo di

Bovino, Castelluccio dei Sauri, Panni

partecipa alla VI edizione del

Concorso Nazionale ed Internazionale

giornalisti Nell’erba

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ISTITUTO COMPRENSIVOScuola Infanzia,Primaria e Secondaria di 1° Grado”

BOVINO-CASTELLUCCIO DEI SAURI- PANNIVia dei Mille, 10 – 71023 BOVINO (FG)

Tel. 0881 96 30 89e-mail: [email protected] - PEC: [email protected]

Sito web www.istitutocomprensivobovino.it

Codice fiscale 80031240718 Codice Scuola FGIC81600N

Dirigente Scolastico prof. DE MASI Gaetano

PROGETTO d’ ISTITUTOReferente: prof.ssa GESUALDI Anna Maria

Redazione di BovinoScuola Secondaria di Primo Grado

Alunni:Classe II ABrienza Michela, D’ Alessandro Renato, Di Giovanni Maria Pia,Di Sapio Wanessa, Fattibene Luigi, Lobozzo Michelangelo, Marseglia Michele,Nunno Ilaria, Russo Monica, Russo Silvana,Travisani Antonio.

Classe III ABotticelli Antonio, Gesualdi Maria Pia, Magnatta Marianna,Morsuillo Alessandro, Lombardi Francesco, Rampino Carmen.

Classe III BFrisoli Gaetano, Micco Mario, Soragnese Michele

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