Secondo il Talmud ogni generazione conosce 36 lamedvavnikim, ossia 36 uomini dalla cui condotta...

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Secondo il Talmud ogni generazione conosce 36 lamedvavnikim, ossia 36 uomini dalla cui condotta dipende il destino dell’umanità. Secondo la tradizione svolgerebbero lavori umili e verrebbero sostituiti dopo la morte: eserciterebbero il loro potere quando su Israele incombe una minaccia, per poi scomparire dopo averla eliminata. Nel 1962, una commissione guidata dalla Suprema corte israeliana ha ricevuto l'incarico di conferire il titolo onorifico di Giusto tra le nazioni. La Commissione - di 35 membri - è formata da personalità pubbliche volontarie, professionisti e storici, molti dei quali sono essi stessi dei sopravvissuti. La Commissione è presieduta da un ex giudice della Corte Suprema: Moshe Landau (dal 1962 al 1970), Moshe Bejski (dal 1970 al 1995), Jakov Maltz (dal 1995).Per svolgere il proprio compito la Commissione segue criteri meticolosi ricercando documentazione e testimonianze che possano avvalorare il coraggio ed il rischio che i salvatori hanno affrontato per salvare gli ebrei dalla Shoah.

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Giorgio Perlasca aderì in modo convinto al Partito Fascista prese parte come volontario alla guerra d'Etiopia  e poi alla guerra civile di Spagna nel Corpo Truppe Volontari  a fianco dei nazionalisti del generale Francisco Franco, dove rimase come artigliere fino al 1939. Ottenne dall'ambasciata, come ex combattente, una cittadinanza fittizia e un passaporto spagnoli e fu impiegato dall'ambasciatore nel tentativo di salvare gli ebrei di Budapest, ospitati in apposite «case protette» dietro il rilascio di salvacondotti. Tale operazione era stata organizzata con la collaborazione di alcune ambasciate di altre nazioni. Da quel momento Perlasca si trovò a gestire il "traffico" di migliaia di ebrei, nascosti nell'ambasciata e nelle case protette sparse per la città.

Tra il 1 Dicembre 1944  e il 16 Gennaio 1945 Perlasca rilasciò

migliaia di finti salvacondotti che conferivano la cittadinanza

spagnola agli ebrei.

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Dopo l'entrata a Budapest dell'Armata Rossa, Perlasca dovette abbandonare il suo ruolo di diplomatico spagnolo, in quanto filo-fascista e perciò ricercato e arrestato dai sovietici.

Tornato in Italia, riprese la sua vita di prima senza troppi clamori.

Dai pochi a cui tentò di raccontare la sua vicenda non fu creduto.

Soltanto nel 1987, oltre quarant'anni dopo, alcuni ebrei ungheresi

residenti in Israele rintracciarono finalmente Perlasca (reputato da

molti un cittadino spagnolo) e divulgarono la sua storia di coraggio e

solidarietà. Perlasca ha ricevuto per la sua opera numerose medaglie

e riconoscimenti. Il 23 settembre1989 fu insignito da Israele del

riconoscimento di Giusto fra le Nazioni.

È morto a Padova nel 1992 all'età di 82 anni.

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È sepolto a Maserà di Padova.

In Israele gli è stata dedicata una Foresta, in cui sono stati piantati 10.000 alberi, a simboleggiare le vite degli ebrei da lui salvati in Ungheria. Grazie all'opera di Perlasca, 5.218 ebrei furono salvati dalla deportazione, circa quattro volte di più di quelli salvati da Oskar Shindler.

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E’ stato un  imprenditore tedesco, famoso per aver salvato, durante la Seconda guerra mondiale, circa 1.200 ebrei dallo sterminio (Shoah), con il pretesto di impiegarli come personale necessario allo sforzo bellico presso la sua fabbrica di oggetti smaltati, la D.E.F. situata nel distretto industriale di Zablocie, a Cracovia. L'eroica vicenda è pervenuta a noi grazie a un evento casuale: l'incontro tra lo scrittore australiano Thomas e Leopold, grande amico di Oskar. Thomas entrò nel negozio di Leopold e così i due si conobbero. Raccontò la sua storia a Thomas il quale ne fu colpito e, stabiliti contatti con gli altri «ebrei di Schindler», scrisse il romanzo La lista di Schindler da cui, successivamente, è stato tratto il film Schindler's List. Schindler nacque in una regione della vecchia Austria-Ungheria. L'annessione di questa alla Germania nazista, fu per Schindler l'inizio di una nuova avventura che lo portò a Cracovia, la città polacca che per molto tempo fu la sua dimora.

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Qui acquistò a basso prezzo una fabbrica nel quartiere industriale di Zablocie, che chiamò Deutsche Emaillewaren-Fabrik, dove produsse pentolame e in seguito munizioni. Arrivò a occupare, durante la sua attività di imprenditore, circa 1200 lavoratori ebrei. Si dice che inizialmente, abbia agito a scopo di lucro sfruttando il lavoro sottopagato di persone in stato di bisogno, come molti altri imprenditori in tutta la Germania. In seguito, tuttavia, iniziò a difendere attivamente i suoi operai. Egli avrebbe sostenuto che alcuni lavoratori incompetenti erano in realtà essenziali per il buon andamento della fabbrica, e qualsiasi danno che veniva loro fatto, risultava nelle sue proteste e richieste di risarcimento al governo. Dopo il grande orrore a cui dovette assistere si accordò con Amon Göth, il comandante di Plaszów, per il trasferimento di 900 ebrei nell'adiacente complesso industriale, dove sarebbero stati relativamente al sicuro dalle angherie delle guardie tedesche.

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Quando l'Armata Rossa era ormai prossima a liberare Cracovia, i tedeschi distrussero i campi e uccisero gran parte degli internati. Schindler, tuttavia, riuscì a spostare 1.100 "lavoratori" in una fabbrica a Brunnlitz in Cecoslovacchia, che venne poi liberata nel maggio del 1945. Alla fine della guerra, Schindler riuscì a emigrare in Argentina. Qui fece bancarotta e ritornò in Germania nel 1958. Nel 1961, in occasione della sua prima visita in Israele, ricevette l'entusiastica accoglienza di 220 sopravvissuti. Da allora visse tra Israele e Germania. Dal 1971 visse a Hildesheim, in Germania, dove morì il 9 ottobre 1974 in un ospedale.

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Per suo stesso volere, la sua salma fu subito traslata e riposa tutt'oggi nel piccolo cimitero francescano cattolico, in Israele. È la stessa tomba che compare nelle ultime sequenze a colori del film Schindler's List del 1993, quando i veri ebrei superstiti, ormai anziani, vengono accompagnati dagli stessi attori a deporre un sasso sulla lapide (un'usanza ebraica). L'epitaffio sulla lapide recita la scritta Giusto tra i giusti in ebraico.Il 18 luglio 1967, l'apposita commissione israeliana Yad Vashem decise di riconoscere Oskar Schindler Giusto tra le nazioni; tale decisione fu confermata il 24 giugno 1993 ed estesa alla moglie di Schindler, Emilie Schindler.

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Giovanni Palatucci (Montella, 31 maggio 1909 – Dachau, 10 febbraio 1945) è stato un poliziotto italiano, commissario di pubblica sicurezza.È ricordato per aver salvato dalla deportazione migliaia di ebrei durante la Seconda guerra mondiale; fu per questo deportato egli stesso nel campo di concentramento di Dachau, dove morì. Per le sue gesta è Medaglia d'oro al merito civile, Giusto tra le nazioni per lo Yad Vashem (12 settembre 1990) e Servo di Dio per la Chiesa cattolica. Nato a Montella, nella provincia di Avellino, da Felice e Angelina Molinari, era nipote di Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo di Campagna. Compì gli studi ginnasiali presso il "Ginnasio Pascucci" di Pietradefusi ed il Liceo nella non lontana Benevento. Dopo la maturità, svolge nel 1930 il servizio militare a Moncalieri come allievo ufficiale di complemento, iscritto al Partito Nazionale Fascista, nel 1932 consegue la laurea in giurisprudenza a Torino. Nel 1936 giura come volontario vice commissario di pubblica sicurezza.

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Nel 1937 viene trasferito alla questura di Fiume come responsabile dell'ufficio stranieri e poi come commissario e questore reggente.Nella sua posizione ha modo di conoscere l'impatto che le leggi razziali hanno avuto sulla popolazione ebraica. In quel contesto, cerca di fare quello che la sua posizione gli permette e in una lettera ai genitori scrive: «Ho la possibilità di fare un po' di bene, e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare». Potendo aiutare gli ebrei a salvarsi dalle persecuzioni, si rifiutò di lasciare il proprio posto anche di fronte a quella che sarebbe stata una promozione a Caserta. Nel marzo del 1939 un primo contingente di 800 ebrei, che sarebbe dovuto essere consegnato alla Gestapo, venne fatto rifugiare nel vescovado di Abbazia grazie alla tempestività con cui Palatucci avvisò il gruppo del pericolo che lo minacciava. Un calcolo approssimativo ha stimato in circa 5.000 il numero di persone che Giovanni Palatucci aiutò a salvarsi durante tutta la sua permanenza a Fiume.

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Nel novembre 1943 Fiume, pur facente parte della Repubblica Sociale Italiana, di fatto entrò a far parte della cosiddetta Adriatisches Küstenland, ossia il "Territorio d'operazioni del litorale Adriatico", controllato direttamente dai nazisti per ragioni d'importanza strategica ed il comando militare della città passò al capitano delle SS Hoepener. Pur avvisato del pericolo che correva personalmente, Palatucci decise di rimanere al suo posto, far scomparire gli archivi contenenti informazioni sugli ebrei fiumani e salvare più persone possibili.Contattati i partigiani italiani, cercò di coordinare una soluzione politica post-bellica per il territorio di confine fiumano, proponendo l'istituzione di uno "Stato Libero di Fiume", per far sì che questo territorio, che correva il rischio di dover venir ceduto dall'Italia alla Jugoslavia, mantenesse una sua indipendenza.

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Le spie tedesche però diedero informazioni sulla sua attività. Per contrastare ulteriormente l'azione dell'amministrazione nazista, vietò il rilascio di certificati alle autorità naziste se non su sua esplicita autorizzazione, così da poter aver notizia anticipata dei rastrellamenti e poterne dar avviso. Inoltre inviava relazioni ufficiali al governo della Repubblica Sociale Italiana, dalla quale formalmente Fiume dipendeva, pur essendo di fatto occupata e controllata direttamente dalle truppe naziste, per segnalare le continue vessazioni, le limitazioni nello svolgere le proprie attività ed il disarmo a cui i poliziotti italiani della questura di Fiume erano stati assoggettati dai tedeschi.Il 13 settembre 1944 Palatucci viene arrestato da Herbert Kappler, tenente colonnello delle SS, e tradotto nel carcere di Trieste. Il 22 ottobre viene trasferito nel campo di lavoro forzato di Dachau dove morì pochi giorni prima della Liberazione, a soli 36 anni.