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SECONDO BLOCCO - IL DIO DI GESÙ CRISTO SECONDO INCONTRO - MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2010 Temi: Chi ci ha parlato di Gesù, Lui stesso o la Chiesa? Linee per un approccio corretto alla lettura dei Vangeli a partire dalla loro tradizione orale/redazione scritta. Il tormentone della “scoperta” dei vangeli apocrifi Abbiamo visto diverse modalità per “ristudiare” la figura di Gesù Cristo. Per i cristiani la storia del Cristo è essenziale. Non dimentichiamo la dinamica storia-storia di salvezza. ET INCARNATUS EST DE SPIRITU SANCTO. Non si tratta di difendere l’esattezza storica della Bibbia o dei Vangeli. Noi non cerchiamo ciò che è esatto ma ciò che è vero. La Bibbia – ispirata e non dettata – è per noi un ritratto più che una fotografia. Però è vera, di una verità complessa. Chi ci ha parlato di Gesù? Gesù non ha scritto niente di sé né degli altri. Nemmeno Mosè ha scritto e nemmeno Maometto (forse non sapeva scrivere). L’unica cosa che ha scritto è misteriosa e si riferisce all’episodio dell’adultera perdonata (Gv 8,1). Interpretazione interessante: Gesù non scrive più come Mosè su tavole di pietra ma si china per terra per scrivere la nuova alleanza nel cuore dell’uomo con il dito dello Spirito (digitus paternae dexterae). Di Gesù ci ha parlato la Chiesa. Cosa significa: 1. Anzitutto un senso culturale. Nessuno può pretendere – nel tempo storico dell’Incarnazione – l’esistenza di autobiografie, appunti sparsi. Del maestro parlano i discepoli 2. Gesù non sembra aver chiesto di scrivere di lui..ma della sua missione si. “Insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,20). E non è una semplice trasmissione di dati storici o culturali. Aveva detto “mi è stato dato ogni potere..” (Mt 28,18) 3. La Chiesa dei Dodici è rimasta folgorata dalla Pentecoste. Dobbiamo ritenere normale che – aggiuntosi lo Spirito Santo alla conoscenza intima degli apostoli – si ritenesse necessario parlare e scrivere di Lui. La prima preoccupazione fu BATTEZZARE (Atti 2,38). La seconda fu CELEBRARE (nel senso apostolico) mantenendo la comunità fraterna (Atti 2,42-48). Poi venne sicuramente la necessità di scrivere. In tal senso leggiamo Lc 1,1-4 4. Senza dimenticare però che i primi scritti furono di S. Paolo. Perché sottolinearlo? Paolo era scrittore naturale e carismatico e non scriveva la storia di Gesù. Dunque quando si scrissero i Vangeli (propriamente detti) era perché la figura del Cristo andava fatta conoscere oltre la Giudea. Paolo ispirò gli autori dei Vangeli a scrivere Diciamo subito i criteri che la Chiesa stessa adotta per la verità dei Vangeli il criterio apostolico . Gli autori devono essere o apostoli o discepoli molto vicini a Gesù. Questo primo criterio si basa sul rapporto diretto, sulla conoscenza e sul fatto che gli autori sono davvero quelli che si firmano il criterio della fedeltà . Le parole di Gesù e i fatti furono conservati e tramandati per anni, per cui se qualcuno forzava o si inventava era subito scoperto. Spesso dietro queste forzature c’erano delle eresie. Il criterio della liturgia . Erano i testi più usati e pregati, conosciuti specie perché ascoltati la domenica Il criterio dell’attestazione probabile . Sono sicuramente più veri quei testi che o corrispondono alla mentalità semitica del tempo o – al contrario – sono stati riportati senza alcuna convenienza o interesse, dunque ancora più vicini alla verità La Chiesa possiede come tesoro prezioso 4 vangeli. La Chiesa stessa ha aperto questo scrigno molto tardi e sicuramente stimolata dalla Riforma protestante (XVI secolo). Senza dimenticare che fu già S. Girolamo a compiere una colossale opera di traduzione nella lingua del Vulgus (inizio V secolo).

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SECONDO BLOCCO - IL DIO DI GESÙ CRISTO SECONDO INCONTRO - MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2010 Temi: Chi ci ha parlato di Gesù, Lui stesso o la Chiesa? Linee per un approccio corretto alla lettura dei Vangeli a partire dalla loro tradizione orale/redazione scritta. Il tormentone della “scoperta” dei vangeli apocrifi Abbiamo visto diverse modalità per “ristudiare” la figura di Gesù Cristo. Per i cristiani la storia del Cristo è essenziale. Non dimentichiamo la dinamica storia-storia di salvezza. ET INCARNATUS EST DE SPIRITU SANCTO. Non si tratta di difendere l’esattezza storica della Bibbia o dei Vangeli. Noi non cerchiamo ciò che è esatto ma ciò che è vero. La Bibbia – ispirata e non dettata – è per noi un ritratto più che una fotografia. Però è vera, di una verità complessa. Chi ci ha parlato di Gesù? Gesù non ha scritto niente di sé né degli altri. Nemmeno Mosè ha scritto e nemmeno Maometto (forse non sapeva scrivere). L’unica cosa che ha scritto è misteriosa e si riferisce all’episodio dell’adultera perdonata (Gv 8,1). Interpretazione interessante: Gesù non scrive più come Mosè su tavole di pietra ma si china per terra per scrivere la nuova alleanza nel cuore dell’uomo con il dito dello Spirito (digitus paternae dexterae). Di Gesù ci ha parlato la Chiesa. Cosa significa: 1. Anzitutto un senso culturale. Nessuno può pretendere – nel tempo storico dell’Incarnazione –

l’esistenza di autobiografie, appunti sparsi. Del maestro parlano i discepoli 2. Gesù non sembra aver chiesto di scrivere di lui..ma della sua missione si. “Insegnando loro ad

osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,20). E non è una semplice trasmissione di dati storici o culturali. Aveva detto “mi è stato dato ogni potere..” (Mt 28,18)

3. La Chiesa dei Dodici è rimasta folgorata dalla Pentecoste. Dobbiamo ritenere normale che – aggiuntosi lo Spirito Santo alla conoscenza intima degli apostoli – si ritenesse necessario parlare e scrivere di Lui. La prima preoccupazione fu BATTEZZARE (Atti 2,38). La seconda fu CELEBRARE (nel senso apostolico) mantenendo la comunità fraterna (Atti 2,42-48). Poi venne sicuramente la necessità di scrivere. In tal senso leggiamo Lc 1,1-4

4. Senza dimenticare però che i primi scritti furono di S. Paolo. Perché sottolinearlo? Paolo era scrittore naturale e carismatico e non scriveva la storia di Gesù. Dunque quando si scrissero i Vangeli (propriamente detti) era perché la figura del Cristo andava fatta conoscere oltre la Giudea. Paolo ispirò gli autori dei Vangeli a scrivere

Diciamo subito i criteri che la Chiesa stessa adotta per la verità dei Vangeli il criterio apostolico. Gli autori devono essere o apostoli o discepoli molto vicini a Gesù.

Questo primo criterio si basa sul rapporto diretto, sulla conoscenza e sul fatto che gli autori sono davvero quelli che si firmano

il criterio della fedeltà. Le parole di Gesù e i fatti furono conservati e tramandati per anni, per cui se qualcuno forzava o si inventava era subito scoperto. Spesso dietro queste forzature c’erano delle eresie.

Il criterio della liturgia. Erano i testi più usati e pregati, conosciuti specie perché ascoltati la domenica

Il criterio dell’attestazione probabile. Sono sicuramente più veri quei testi che o corrispondono alla mentalità semitica del tempo o – al contrario – sono stati riportati senza alcuna convenienza o interesse, dunque ancora più vicini alla verità

La Chiesa possiede come tesoro prezioso 4 vangeli. La Chiesa stessa ha aperto questo scrigno molto tardi e sicuramente stimolata dalla Riforma protestante (XVI secolo). Senza dimenticare che fu già S. Girolamo a compiere una colossale opera di traduzione nella lingua del Vulgus (inizio V secolo).

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Alcune premesse sono indispensabili La concorrenza principale ai Vangeli canonici la fanno gli apocrifi Una seconda concorrenza è il metodo storico-critico La conoscenza dei Vangeli – anche nella stesura e lingua originali, grazie anche al metodo della

lectio divina – è necessaria per nutrire la fede e rispondere agli attacchi sulla loro storicità Il metodo storico-critico. Quel metodo che si sforza di studiare la affidabilità della figura storica di Gesù di Nazaret. Quel metodo che cerca – valutando il fondamento storico – di valutare anche la visione di fede degli evangelisti. La fede dunque come impiccio a riconoscere la storicità? È per questo che sono nate espressioni come IL GESÙ DELLA STORIA e IL CRISTO DELLA FEDE. Le porte al metodo furono aperte da Pio XII con l’enciclica DIVINO AFFLANTE SPIRITU (1943). Un altro passo avanti fu fatto dalla DEI VERBUM (Concilio Vaticano II). A parte i limiti interni al metodo stesso (atto in sostanza di ipotesi), esistono tre limiti al metodo, che cogliamo direttamente dal libro del Papa “ Gesù di Nazaret” 1. Il metodo interpreta la parola nel passato ma la lascia nel passato. Inquadra l’autore nel passato,

lo mette sotto un metal-detector ma non può rendere attuale la parola nel presente. Questo oltrepassa le sue possibilità. Dunque è una lettura necessaria ma arida

2. Tratta la parola come parola umana. Impossibile per questo metodo vedere l’ispirazione, la congruenza al progetto di Dio. Per esso la parola dei Vangeli è parola storica, biografica

3. Vede i libri della Bibbia nella loro singolarità non nella loro unità. Il limite suo più grande è non vedere la Bibbia come una grande biblioteca nella quale ogni testo richiama un altro testo e gli stessi vangeli riportano la figura di Gesù come realizzazione della profezia dell’AT

Insomma il metodo storico-critico può essere usato con la fede (che si affida la di là del risultato) ma in prevalenza è da usarsi senza la fede. Il vero metodo del credente è un metodo letterario che unisce a sé una lettura spirituale e unitaria. Il credente non teme di notare incongruenze, esagerazioni redazionali, differenze ma la fede gli permette di dare unità al tutto. Quali certezze ci dà oggi l’esegesi sui 4 vangeli 4 raccolte diverse, 3 molto simili (sinottiche), l’altra differente ma rispondente ad altro bisogno e

ad altra ispirazione Le 3 sinottiche hanno fonti comuni, con Marco più ristretto e Matteo e Luca più larghi, grazie

alla cosiddetta fonte Q. Tutte le raccolte non con intenti biografici in senso stretto ma a partire dall’annuncio del kerigma

essenziale (cfr I Cor 15,8), si sono poi completate con l’annuncio della vita pubblica (detti e scritti)

Raccolte che hanno resistito all’usura del tempo, che sono state conosciute e annunciate, che si sono tramandate grazie a 5000 manoscritti entro la fine del IV secolo e che la fede di due millenni ha custodito sino a noi

I VANGELI APOCRIFI Il significato di “apocrifo” = nascosto, occulto, che riguarda cose nascoste o meglio che è di dubbia autenticità. Anzitutto un quadro storico fine II sec d.C. Vangeli di Tommaso e Giacomo 180 d.C. canone Muratori (dallo studioso che lo scoprì e lo divulgò nel 1740) III secolo si diffondono i vangeli gnostici Dal II al IX sec i Vangeli sull’infanzia di Gesù

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Ma la composizione di vangeli apocrifi continua fino al XIV secolo per cui la Chiesa – nel Concilio di Trento – fissa definitivamente il canone dei 27 libri del NT. I Vangeli gnostici. Accompagnano l’eresia gnostica (da gnòsis) ovvero quella superiore conoscenza che Dio avrebbe dato a pochi eletti ai quali Cristo avrebbe palato mettendoli a parte di verità nascoste. Anzituitto Gesù non è venuto nella carne umana (citare il VERBUM CARO FACTUM EST di Gv) ma è un essere divino di natura piuttosto dubbia,ma essenzialmente angelica. I più noti: 1. quello di Tommaso scritto in copto 2. quello di Filippo anch’esso come il precedente una raccolta di detti, senza storia e senza

testimonianza di umanità, riservati a pochi. Entrambi furono ritrovati nel 1945 in Egitto a Nag Hammadi

3. il vangelo di Giuda nel quale Giuda non appare il traditore ma un vero amico di Gesù al quale Gesù chiede di tradirlo perché si compia la redenzione. Naturalmente a Giuda sarà riservato un posto in paradiso

Altri vangeli. Il vangelo di Pietro – scoperto nel 1887 – nel quale si scagiona Pilato e si dà la colpa a Erode Antipa. Nella crocifissione si fa capire che in realtà il corpo del Cristo non muore ma Egli avrebbe lasciato la croce prima di morire. Da questo dipende la leggenda del Corano secondo cui un altro uomo sarebbe stato messo in croce al posto di Gesù. Inoltre c’è una descrizione precisa della Resurrezione in contrasto con il silenzio dei 4 Vangeli per i quali le prove del Risorto sono ben altre. Tutti questi vangeli sminuiscono la portata della Passione e della Resurrezione: non sono essenziali per la salvezza, poiché per essa conta solo la superiore conoscenza. Il protovangelo di Giacomo. Si concentra sulla natività di Gesù. Ci parla di Gioacchino e Anna, della nascita miracolosa di Maria, del fatto che a 3 anni viene portata al tempio e nutrita dagli angeli, e poi data in sposa a un vedovo Giuseppe (il che spiegherebbe il perché degli “adelfòi” di Gesù). I sacerdoti del tempio accusano Giuseppe di avere violentato Maria ma entrambi resistono ala prova dell’ordàlia. Il parto avviene riscaldati dal bue e dall’asinello. C’è l’episodio della levatrice curiosa. Il vangelo dello pseudo Matteo. Prosegue la tradizione del precedente e fu composto in latino nell’VIII secolo. Ci parla dell’infanzia di Gesù. Delle sue magie (fa volare uccellini di creta). Gesù colpisce con un fulmine un ragazzo che lo urta. Fa morire un maestro che lo sgrida e lo picchia con un bastone. L’immagine gloriosa di Gesù di fatto diventa l’immagine di un ragazzino arrogante e persino omicida. Altro vangelo è quello dell’Assunzione di Maria. Ci racconta il transito o la dormizione di Maria. La storia è complessa ma ci fa in qualche modo presagire che Maria non sarebbe morta ma si sarebbe addormentata prima di essere trasportata in cielo dagli angeli. A Gerusalemme si venera un luogo (privo però di tradizione storica) nella quale questa dormitio sarebbe avvenuta. “Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e

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definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». (definizione dogmatica di Pio XII) LA QUESTIONE DELLA DIVINITÀ DEL CRISTO Quando e come fu definita Contro l’eresia ariana. Ario (inizio IV secolo) definisce Gesù il Cristo ma lo ritiene

GHENNETOS OUK AGHENNETOS (nato cioè creato non increato). Solo il Padre è increato. Gesù è la parola di Dio ma ha un principio nel tempo. Il Concilio di Nicea 325 d.C. gli risponde il contrario. Il Figlio era nella Trinità da sempre. Non è GHENNETOS ma è AGHENNETOS come il Padre. Il padre ha inviato la sua Parola che esiste da sempre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. GENERATO NON CREATO (la questione dei rapporti all’interno della Trinità)

Al concilio di Costantinopoli (381 d.C.) che definì lo Spirito Santo consostanziale e coeterno al Padre e al Figlio e definì il simbolo di fede niceno-costantinopolitano

Contro l’eresia nestoriana. Nestorio patriarca di Costantinopoli. Maria non può dirsi MADRE DI DIO. Essa è la madre di Gesù cioè del Verbo, della parola di Dio. Ma ha generato soltanto l’uomo, non il Verbo di Dio. Una donna non può generare Dio. Ragionamento stringente. Ma era necessario di nuovo essere ariani, ovvero dividere l’uomo da Dio. Di fatto Gesù torna a essere un uomo al quale Dio ha dato la patente di Figlio. Il Concilio di Efeso (431) accogliendo la dottrina di Cirillo di Alessandria, sostiene che il Cristo è uno solo. Maria è la madre della persona del Cristo. Ad esso ha permesso di assumere la natura umana. Ovvio che Maria non è madre della divinità ma altrettanto ovvio che il Cristo non si può sdoppiare.

Contro l’eresia monofisita. I monofisiti erano anti-ariani. Pieni di zelo per la divinità del Cristo affermavano che Gesù era uomo solo con il corpo ma non con l’anima. Aveva già l’anima divina dunque era uomo solo a metà. Ciò lo affermavano Apollinare di Lodicea e il monaco Eutiche. Ma non è possibile dividere di nuovo il Cristo proclamare una sorta di incarnazione incompleta. Il Concilio di Calcedonia (451) afferma la piena unità del Cristo e il fatto che le due nature in esso convivono senza alcuna confusione e senza alcuna separazione.