Seconda Parte: MECCANICA QUANTISTICA · incurvandosi e deformandosi in accordo con la legge n(R)....

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Seconda Parte: MECCANICA QUANTISTICA

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Seconda Parte: MECCANICA QUANTISTICA

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Capitolo 1

1.1 L’equazione di Schrodinger

E data un’onda elettromagnetica descritta dai campi E e H in propagazione in un dielet-trico disomogeneo privo di cariche e correnti elettriche libere e caratterizzato da un indicedi rifrazione n(R) lentamente variabile.Ricordando quanto e detto nell’Appendice I, una qualsivoglia componente f (R, t) diE (R, t) o H (R, t) si propaga in accordo con

∇2f (R, t)− n2(R)

c2∂2f (R, t)

∂t2= 0 (271)

Una soluzione di questa equazione e (v. eq. (I23))

f (R, t) = f0(R)ei(k0L(R)−ωt) (272)

dove f0(R) e L(R) sono le soluzioni del sistema (I26) e k0 e una costante definita dalla(I21).La fase Φ = k0L(R)−ωt = cost. e una superficie che, al variare di t, si sposta nello spazioincurvandosi e deformandosi in accordo con la legge n(R). Una porzione infinitesimacentrata in R della superficie Φ = cost. si muove nello spazio con velocita VΦ = c/n(R).

L’equazione dell’iconale (v. eq. (I29))

(∇L)2 = n2(R) (273)

e una approssimazione della (271) e costituisce la base dell’ottica geometrica. Notiamo che

(∇(k0L))2 = k20n

2(R) = |k|2

dove k e il vettore d’onda normale in ogni istante alla superficie Φ = k0L(R)−ωt = cost.,percio

k0n(R) = |k| (274)

* * *

Lasciamo per ora l’ambiente dell’elettromagnetismo maxwelliano per dedicarci a una dellevarianti di presentazione della Meccanica newtoniana, cioe la Meccanica di Hamilton-Jacobiche viene richiamata nell’Appendice M di questo studio come punto di arrivo di un rapidoexcursus riguardante alcuni dei piu importanti temi della Meccanica analitica: Principiodi d’Alembert, Meccanica di Lagrange, Meccanica di Hamilton, proprieta trasformazionalidelle equazioni di Hamilton (contenuti nelle Appendici K e L) e metodi risolutivi delleequazioni di Hamilton (Appendice M).

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Scriviamo l’equazione di Hamilton-Jacobi per una particella avente massa m0, posizioneR nello spazio tridimensionale e soggetta a forze derivanti da energia potenziale V(R).Poiche l’hamiltoniana (v. eq. (K95) dell’Appendice K) ha espressione

H =p2

2m0+ V(R) = E (275)

dove p e il momento della particella ed E e la sua energia totale costante, l’equazione diHamilton-Jacobi (generatrice di tipo F2, v. eq. (M24)) risulta essere:

1

2m0(∇S)2 + V(R) +

∂S∂t

= 0 (276)

dove S e la funzione principale di Hamilton.Un integrale completo della (276) e del tipo (v. eq. (M40))

S(R, t, α) = W (R, α)− Et (277)

dove W viene determinata sostituendo la (277) nella (276), cosicche

1

2m0(∇W )2 + V = E (278)

ovvero(∇W )2 = 2m0

(

E − V(R))

(279)

Supponiamo di avere integrato la (279) ottenendo una W = W (R, α) cosicche

S = W − Et = cost. (280)

e, per ogni fissato istante t, l’equazione di una superficie ad azione di Hamilton costante.Se t varia, la (280) rappresenta l’equazione di una superficie che si sposta nello spaziomodificando assetto e forma in accordo con le variazioni dell’energia potenziale V di cuiW e funzione (v. Appendice M).La S, insieme con le condizioni iniziali (posizione e momento iniziali), permette di descriverecompletamente il moto della particella. In particolare notiamo che

∇S = ∇W = p (281)

definisce in ampiezza e direzione il momento p della particella.La famiglia delle superfici S = cost. (parametro t) e intersecata ortogonalmente dallatraiettoria della particella.

* * *

Cio posto notiamo che la (273) e strutturalmente simile alla (279):

(273) (∇L)2 = n2(R) ←→ (∇W )2 = 2m0(E − V(R)) (279)

Partendo da questa analogia, che fu messa in evidenza per la prima volta da Hamilton,puo essere sviluppato un formalismo che sta alla base della meccanica quantistica.

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Iniziamo con l’osservare che la (273) e una approssimazione della (271).Per analogia possiamo pensare che anche la (279) sia una approssimazione di una equazionestrutturalmente simile alla (271) e, sulla base di questa assunzione, possiamo proporci diavviare una ricerca per determinarla. Schematicamente si ha:

∇2f − n2(R)

c2∂2f

∂t2= 0 (271) ←→ (?) ?

⇓ ⇓(∇L)2 = n2(R) (273) ←→ (279) (∇W )2 = 2m0(E − V(R))

(282)

dove←→ significa “similitudine strutturale” e ⇓ significa “procedura di approssimazione”.Dunque stiamo cercando un’equazione strutturalmente simile alla (271) che, a seguito diuna procedura di approssimazione simile a quella che permette di passare dalla (271) alla(273), generi l’equazione (279).Perche la cerchiamo?Perche l’evidenza sperimentale (ad esempio: spettro del corpo nero; effetto fotoelettrico;effetto Compton; esperimento di Davisson e Germer sulla diffrazione degli elettroni) cimostra che esistono particelle dotate di proprieta che possono essere descritte associandoall’energia E e al momento p di ciascuna rispettivamente una frequenza angolare ω e unvettore d’onda k nel modo indicato dalle seguenti relazioni

E = hω ; p = hk (283)

dove h e la costante di Planck h divisa per 2π.Si tratta dunque di particelle cui e possibile associare proprieta ondulatorie simili a quelleche in elettromagnetismo maxwelliano vengono descritte da equazioni del tipo (271) eche vorremmo ritrovare espresse da una nuova meccanica basata su una equazione, quellache stiamo cercando, che dovrebbe diventare lo strumento fondamentale per descrivere ifenomeni che ci sembra di poter interpretare sulla base delle (283).

Cominciamo con l’osservare che nella equazione incognita, strutturalmente simile alla (271),dovra comparire una appropriata espressione della velocita VS di una porzione infinitesimacentrata in R della superficie S = cost. corrispondente alla velocita VΦ = c/n(R) di unaporzione infinitesima centrata in R della superficie Φ = cost..Per determinare VS osserviamo che la (274) permette di scrivere:

VΦ =c

n(R)=

k0c

k0n(R)=

ω

|k|(284)

A questo punto occorre richiamare l’evidenza sperimentale che ci obbliga a tener contodella (283)

VΦ =ω

|k|=

h|k|=E|p| = VS (285)

e infine, essendo |p| =√

2m0(E − V(R))

VS =E

2m0(E − V(R))(286)

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e abbiamo cosı ottenuto VS , velocita di una porzione infinitesima centrata in R dellasuperficie S = cost., che inseriamo nella seguente equazione differenziale strutturalmentesimile alla (271)

∇2ψ (R, t)− 2m0(E − V(R))

E2

∂2ψ (R, t)∂t2

= 0 (287)

Questa e l’equazione che ci eravamo proposti di ottenere. La sua soluzione ψ (R, t) euno strumento matematico noto col nome di funzione d’onda del quale, per ora, lasciamoindefiniti sia lo scopo che le modalita d’uso.La forma della ψ (R, t) e ottenibile tenendo conto del fatto che essa deve essere struttural-mente simile alla (272) e tenendo altresı presente la (283), da cui ricaviamo

ω =Eh,

Dunque la soluzione della (287) deve avere la forma seguente

ψ (R, t) = ψ0(R)ei(F− Eht) (288)

Per ottenere ψ0 e F sostituiamo la (288) nella (287) ed uguagliamo a zero separatamentele parti reale e immaginaria. Si ha (v. eq. (I24))

∇2ψ = ∇2(

ψ0(R)ei(F− Eht))

= ei(F− Eht)∇2ψ0 + 2∇ψ0 · ∇ei(F− E

ht) + ψ0∇2ei(F− E

ht)

=

∇2ψ0 + 2i∇ψ0 · ∇F

ei(F− Eht) + ψ0∇ · ∇ei(F− E

ht)

=

∇2ψ0 + 2i∇ψ0 · ∇F

ei(F− Eht) + ψ0∇ ·

(

i(∇F )ei(F− Eht))

Se ora ricordiamo (v. eq. (A12) dell’Appendice A) che ∇·(aϕ) = a ·∇ϕ+ϕ(∇·a) possiamoscrivere

∇2ψ =

∇2ψ0 + 2i∇ψ0 · ∇F

ei(F− Eht) + ψ0

(

i∇F · ∇ei(F− Eht) + ei(F− E

ht)i(∇ · ∇F )

)

da cui∇2ψ =

∇2ψ0 + 2i∇ψ0 · ∇F − ψ0(∇F )2 + iψ0∇2F

ei(F− Eht)

Si ha anche∂ψ

∂t= −ψ0i

Ehei(F−Et) ;

∂2ψ

∂t2= ψ0i

2 E2

h2 ei(F− E

ht) (289)

percio la sostituzione della (288) nella (287) fornisce

∇2ψ0 + 2i∇ψ0 · ∇F − ψ0(∇F )2 + iψ0∇2F

ei(F− Eht)+

− 2m0(E − V(R))

E2ψ0i

2 E2

h2 ei(F− E

ht) = 0

da cui

(∇hF )2 − h2∇2ψ0

ψ0− 2m0(E − V(R)) = 0

1

2∇2F +

∇ψ0

ψ0· ∇F = 0

(290)

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La seconda equazione di questo sistema puo essere scritta in un altro modo moltiplicandolaper 2ψ2

0 cosiccheψ2

0∇2F + 2ψ0∇ψ0 · ∇F = 0

da cui

ψ0(ψ0∇2F + 2∇ψ0 · ∇F ) = ψ0(ψ0∇2F +∇ψ0 · ∇F +∇ψ0 · ∇F ) =

= ψ0∇ψ0 · ∇F + ψ0(∇ψ0 · ∇F + ψ0∇2F ) = ψ0∇ψ0 · ∇F + ψ0∇ · (ψ0∇F ) =

= ∇ · (ψ0(ψ0∇F )) = ∇ · (ψ20∇F ) = 0

percio si puo scrivere

(∇hF )2 − h2∇2ψ0

ψ0− 2m0(E − V(R)) = 0

∇ · (ψ20∇F ) = 0

(291)

Risolvendo questo sistema (o l’equivalente sistema (290)) costituito di due equazioni nelleincognite ψ0 e F si ottiene la (288).La prima di queste equazioni, se ∇2ψ0/ψ0 e trascurabile, si riduce alla (279) purche siassuma hF = W .

La Tab. 1 riassume schematicamente l’analogia fra l’equazione di un’onda monocromaticain propagazione in un mezzo caratterizzato da indice di rifrazione n(R) e una “equazioned’onda” associata a una particella avente massa m0, energia E e soggetta a forze derivantida energia potenziale V(R):

Elettromagnetismo Meccanica ondulatoria

f (R, t) = f0(R)eik0(G(R)−ct) ←→ ψ (R, t) = ψ0(R)ei(F− Eht)

∇2f − n2(R)

c2∂2f

∂t2= 0 ←→ ∇2ψ − 2m0(E − V(R))

E2

∂2ψ

∂t2= 0

(∇k0G)2 − ∇2f0f0− k2

0n2 = 0

∇ · (f20∇G) = 0

←→

(∇hF )2 − h2∇2ψ0

ψ0− 2m0(E − V) = 0

∇ · (ψ20∇F ) = 0

w

w

(∇L)2 = n2 ; L ≈ G ←→ (∇W )2 = 2m0(E − V) ; W ≈ hF

←→ = strutturalmente simile a

⇓ = procedura di approssimazione

≈ = approssimativamente uguale a

Tab. 1

* * *

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Si usa introdurre la funzione complessa

u(R) = ψ0(R)eiF (R) (292)

cosicche la (288) diviene

ψ (R, t) = u(R)e−ihEt (293)

* * *

Le (288) e (293), che qui riscriviamo,

ψ (R, t) = ψ0(R)ei(F− Eht) ; ψ (R, t) = u(R)e−

ihEt

sono soluzioni “monoenergetiche” della (287) cioe soluzioni in cui compare un valore unicoe ben determinato dell’energia E, corrispondenti entrambe alla soluzione monofrequenzadella (271) espressa dalla (272) in cui compare un valore unico e ben determinato dellafrequenza angolare ω. Si puo pero pensare, in analogia col concetto di gruppo d’onde(ovvero di treno d’onde policromatico) che viene introdotto in elettromagnetismo, a un“gruppo d’onde polienergetico” (ovvero a un “treno d’onde polienergetico”) che costruiamorendendo ψ0 dipendente da E cosicche la (292) diviene

u(R, E) = ψ0(R, E)eiF (R) (294)

e integrando rispetto a E, che assumiamo variabile con continuita da −∞ a +∞, cosicchesi ottiene

ψ (R, t) =

+∞∫

−∞

u(R, E)e− ihEtdE (295)

o anche, piu semplicemente,

ψ (R, t) =

+∞∫

−∞

ψE (R, t)dE (296)

avendo posto

ψE (R, t) = u(R, E)e− ihEt (297)

Notiamo, per inciso, che si puo esprimere ψ (R, t) anche cosı:

ψ (R, t) =∑

k

ψEk(R, t) =

k

uk(R)e−ihEkt (298)

il che significa che il treno d’onde puo essere considerato come una somma di componentidiscrete ψEk

(R, t) in luogo di un integrale di componenti continue ψE (R, t).

Prendere in considerazione una soluzione della (287) del tipo a “treno d’onde poliener-getico” o a “gruppo d’onde” costituisce, nella ricerca che stiamo facendo della equazione

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indicata nella (282) con (?), una svolta cruciale che ci allontana dall’ambiente della mec-canica di Hamilton-Jacobi nella quale per risolvere l’equazione di H.-J., che non e lineare,si cerca un integrale completo, e non una soluzione a gruppo d’onde.Questa svolta risultera essere di tale importanza da essere usualmente presentata come unprincipio: il Principio di sovrapposizione matematicamente espresso dalle (295) o (298).Dunque per l’equazione che stiamo cercando dovra valere un Principio di sovrapposizionedel quale per ora ci sembra arduo afferrare le implicazioni fisiche ma che prendiamo inconsiderazione perche intendiamo costruire una meccanica che sia strutturalmente simileall’elettromagnetismo maxwelliano.

Ma una ψ (R, t) a gruppo d’onde puo essere una soluzione della (287)?Per rispondere a questa domanda riscriviamo dapprima la (287) in modo da mettere inevidenza il fatto che essa e riferita a un unico valore dell’energia

∇2ψE −2m0(E − V(R))

E2

∂2ψE∂t2

= 0 (299)

poi integriamo rispetto a E per costruire il gruppo d’onde ottenendo

+∞∫

−∞

∇2ψEdE − 2m0

+∞∫

−∞

E − V(R)

E2

∂2ψE∂t2

dE = 0

ovvero

∇2

+∞∫

−∞

ψEdE − 2m0

+∞∫

−∞

E − V(R)

E2

∂2ψE∂t2

dE

da cui, per la (296)

∇2ψ − 2m0

+∞∫

−∞

E − V(R)

E2

∂2ψE∂t2

dE = 0 (300)

Questa equazione mostra che il gruppo d’onde non puo essere soluzione della (287) e ciodipende dal fatto che questa e formalmente l’equazione di un’onda che si propaga in un“mezzo” dispersivo perche ogni componente monoenergetica si propaga con una velocitache dipende dalla sua energia. Il “mezzo” e anche disomogeneo perche la velocita dipropagazione varia da punto a punto.Per imporre una soluzione a gruppo d’onde occorre eliminare la dipendenza esplicita da Edell’integrando della (300). A questo fine osserviamo che dalla (297) si ricava:

∂ψE∂t

= − ihEψE ;

∂2ψE∂t2

= −E2

h2ψE (301)

Sostituendo nella (300) la derivata seconda si ottiene

∇2ψ + 2m0

+∞∫

−∞

E − V(R)

E2

E2

h2ψEdE = 0

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e quindi semplificando otteniamo di eliminare la dipendenza esplicita da E2:

∇2ψ +2m0

h2

+∞∫

−∞

EψEdE −2m0

h2 V(R)

+∞∫

−∞

ψEdE = 0 (302)

Ora osserviamo che dalla prima delle (301) si ricava EψE = (−h/i)∂ψE

∂t; sostituendo questa

espressione nel primo integrale otteniamo di eliminare la dipendenza esplicita da E:

∇2ψ +2m0

h2

(

− hi

)

+∞∫

−∞

∂ψE∂t

dE − 2m0

h2 V(R)

+∞∫

−∞

ψEdE = 0 (303)

da cui

∇2ψ − 2m0

ih

∂t

+∞∫

−∞

ψEdE −2m0

h2 V(R)

+∞∫

−∞

ψEdE = 0

e quindi tenendo conto della (296), moltiplicando per i2h2 e dividendo per 2m0 segue

− h2

2m0∇2ψ + V(R)ψ − ih∂ψ

∂t= 0 (304)

La (304) e ovviamente soddisfatta anche dalle (288) e (293), che sono casi particolari disoluzioni di tipo (296), percio essa, ammesso che la analogia in base alla quale e stataricavata sia valida, e ammesso che la (295) possa ricevere una qualche interpretazionefisica, deve essere considerata l’equazione piu generale di quella nuova meccanica capacedi descrivere le proprieta ondulatorie delle particelle della quale fu messa in evidenza lanecessita quando si evidenzio la inadeguatezza della meccanica classica a dare spiegazionedi alcuni fenomeni di interazione fra materia e radiazione scoperti intorno al 1900.Da quel momento i fili della scoperta dell’elettrone, della costante h, del fotone (cioedelle proprieta corpuscolari della radiazione), e della diffrazione dell’elettrone (cioe delleproprieta ondulatorie della materia) si sono intrecciati con la formulazione della meccanicadi Hamilton-Jacobi fino a formare un tessuto di considerazioni dal quale e scaturita la(304).Essa fu proposta per la prima volta da Erwin Schrodinger nel 1926, ed e percio dettaEquazione di Schrodinger.La problematica aperta da questa equazione, che sta alla base della Meccanica di Schrodin-ger, e vastissima.In questo paragrafo 1.1 ci limiteremo a fare brevi commenti preliminari riguardanti le sueproprieta formali e aventi lo scopo di rendere possibile la sua applicazione allo studio dicasi reali, in modo da saggiare la sua validita.

A)

Iniziamo da alcune precisazioni.Il procedimento che abbiamo seguito per ottenere dapprima la (287) e poi la (304) e basatoesclusivamente sul sistema

(∇L)2 − 1

k20

∇2f0f0− n2 = 0

∇ · (f20∇L) = 0

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e sullep = hk ; E = hω

Il “germe” del procedimento sta nella analogia fra l’equazione di Hamilton-Jacobi per unaparticella e l’equazione dell’iconale: partendo da questa constatazione iniziale si e costruitadapprima la similitudine strutturale presentata nella Tab. 1 e poi la (304).

Notiamo che i fenomeni elettromagnetici sono descritti da campi vettoriali (i campi elettricoe magnetico), mentre le onde materiali sono state descritte mediante un campo scalare.Cio significa che in Meccanica di Schrodinger rinunciamo a interessarci a fenomeni cor-rispondenti a cio che in elettromagnetismo chiamiamo polarizzazione: cio che prendiamoin considerazione e solo l’ampiezza e la fase dell’onda.

B)

Della equazione di Schrodinger colpisce subito un aspetto: il coefficiente della derivata diψ rispetto al tempo contiene l’unita immaginaria i. Si potrebbe pensare che cio dipendadal fatto che, dopo aver espresso la (288) in notazione complessa, come usualmente si fain elettromagnetismo per comodita di scrittura, non ci siamo piu preoccupati di ritornare,in fase di costruzione dell’integrale generale, alla <ψ.Questa considerazione tuttavia non e corretta.Infatti se invece di ψE inseriamo nella (299) la <ψE, non riusciamo piu, come facilmentesi puo verificare, ad eliminare E dal coefficiente di ∂2ψE/∂t2. Quindi la ψ complessa euna condizione necessaria per ottenere la soluzione polienergetica (295). Cio significa chenella (295), a differenza di cio che avviene in elettromagnetismo, non e necessariamenteverificata la condizione di realta

u(R, E) = u∗(R, E)

Cio significa anche che esiste una complessa coniugata della ψ per la quale vale un’equa-zione diversa dalla (304):

− h2

2m0∇2ψ∗ + Vψ∗ + ih

∂ψ∗

∂t= 0 (305)

Tutto questo puo anche essere visto in un altro modo. Se nella (287) inseriamo una ψ deltipo

ψ = ψ1 + iψ2

otteniamo una equazione in ψ1 e una in ψ2 disaccoppiate e strutturalmente identiche

∇2ψ1 −2m0

(

E − V(R))

E2

∂2ψ1

∂t2= 0 ; ∇2ψ2 −

2m0

(

E − V(R))

E2

∂2ψ2

∂t2= 0

e quindi l’uso della notazione complessa e evidentemente convenzionale, dato che e semprepossibile ridursi a considerare la sola equazione in ψ1 o in ψ2.Se invece inseriamo la ψ = ψ1 + iψ2 nella (304)

− h2

2m0∇2(ψ1 + iψ2) + V(R)(ψ1 + iψ2)− ih

∂(ψ1 + iψ2)

∂t= 0

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Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

otteniamo due equazioni non disaccoppiate e non identiche

− h2

2m0∇2ψ1 + V(R)ψ1 + h

∂ψ2

∂t= 0 ; − h2

2m0∇2ψ2 + V(R)ψ2 − h

∂ψ1

∂t= 0

Si vede cosı che ne ψ1 ne ψ2 sono singolarmente soluzioni della equazione di Schrodinger.Entrambe sono dunque necessarie. Si puo in definitiva affermare che per risolvere l’equa-zione di Schrodinger occorrono due funzioni, parte reale e parte immaginaria della ψ, oanche ampiezza e fase della ψ, come mostrano la (288) o la (293).

C)

Il sistema (291) e stato ottenuto facendo riferimento all’equazione di Hamilton-Jacobi nellafunzione caratteristica di Hamilton. Possiamo riscriverlo con riferimento all’equazione diHamilton-Jacobi nella funzione principale di Hamilton

S (R, t) = W (R)− Et (306)

Si ha cosı:

(∇S)2 − h2∇2ψ0

ψ0− 2m0

(

−∂S∂t− V(R)

)

= 0 (307)

∇ · (ψ20∇S) = 0 (308)

Se ora consideriamo ∇2ψ0 ψ0 la (307) diviene

1

2m0(∇S)2 + V(R) +

∂S∂t

= 0 (309)

che e l’equazione di Hamilton-Jacobi nella funzione principale di Hamilton per una parti-cella di massa m0 dotata di energia totale −∂S/∂t ed energia potenziale V(R).Otteniamo cosı, come si e gia visto per il sistema (291), dalla equazione “ondulatoria”(307) una equazione “corpuscolare”, cioe una equazione in grado di descrivere l’aspettosolamente corpuscolare della particella di massa m0.E inoltre conveniente notare, anche se potra sembrare ovvio, che la S che soddisfa la (309)e diversa dalla S che soddisfa il sistema delle (307) e (308). Cio significa che nella (288),che riscriviamo cosı

ψ (R, t) = ψ0(R)eihS (R,t) (310)

la S non potra essere, in generale, l’azione classica della particella.

Ci proponiamo ora di risalire dalla (309) all’equazione di Schrodinger, percorrendo cosı aritroso il procedimento che abbiamo appena terminato di descrivere.Osserviamo che l’equazione di Schrodinger puo essere scritta cosı:

− 1

2m0h2∇2 + V(R)− ih ∂

∂t

ψ = 0 (311)

Confrontiamola con la (309). Vediamo che e possibile passare dalla (309) alla (311) stabi-lendo le corrispondenze seguenti:

(∇S)2 ←→−h2∇2 (312)

∂S∂t←→−ih ∂

∂t(313)

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e applicando alla funzione d’onda ψ (R, t) l’espressione

− 1

2m0h2∇2 + V(R)− ih ∂

∂t

Le (312) e (313) costituiscono una sorta di “prescrizione” che permette di passare dallaequazione di Hamilton-Jacobi, non lineare e di primo ordine, alla equazione di Schrodinger,lineare e di secondo ordine (e viceversa). Tenendo presente la (J5) dell’Appendice J lacorrispondenza (312) si esprime in notazione indiciale nel modo seguente:

gkl∂S∂Rk

∂S∂Rl ←→−h

2 1√g

∂Rk(√

ggkl∂

∂Rl)

; g = det(gkl) (314)

In coordinate cartesiane ortogonali, essendo gkl = δkl e√g = 1, si ha

(

∂S∂x

)2

+

(

∂S∂y

)2

+

(

∂S∂z

)2

←→−h2

(

∂2

∂x2+

∂2

∂y2+

∂2

∂z2

)

←→−h2

(

ı∂

∂x+

∂y+ k

∂z

)

·(

ı∂

∂x+

∂y+ k

∂z

)

(315)

e percio la (312) diviene

(

∇(c.o.)S)

·(

∇(c.o.)S)

←→ (±ih∇(c.o.)) · (±ih∇(c.o.)) (316)

E quindi lecito scrivere, evidenziando che ∇(c.o.)R esprime una derivazione rispetto alle

coordinate R perche ci stiamo interessando a una generatrice di tipo F2 (v. eq. (M24)),

∇(c.o.)R S ←→ −ih∇(c.o.)

R ;∂S

∂xk←→−ih ∂

∂xk(317)

La scelta del segno meno premesso a ih∇(c.o.) verra giustificata piu avanti (par. 1.2.7).

Conviene sottolineare che il passaggio dalla (312) alla (316) (passaggio che permette diottenere la (317)) e possibile solo se ci riferiamo a un sistema di coordinate cartesianeortogonali. Infatti se consideriamo, ad esempio, un sistema di coordinate sferiche ρ, θ, ϕ ,la (312) diviene

(

∇(s)S)2 ←→−h2∇(s)2 (318)

e questa relazione non puo essere posta nella forma (316)

(

∇(s)S)

·(

∇(s)S)

←→(

−ih∇(s))

·(

−ih∇(s))

perche il passaggio da −h2∇(s)2 a(

−ih∇(s))

·(

−ih∇(s))

non e lecito. Infatti

− h2∇(s)2 = − h2

ρ2

∂ρ

(

ρ2 ∂

∂ρ

)

− h2

ρ2 sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

ρ2 sin2 θ

∂2

∂ϕ26=

6=(

−ih∇(s))

·(

−ih∇(s))

= −h2

(

∂ρ

)2

− h2

ρ2

(

∂θ

)2

− h2

ρ2 sin2 θ

∂2

∂ϕ2(319)

123

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

D)

Nella equazione di Hamilton-Jacobi espressa dalla (M24) la S e una generatrice del tipo chenell’Appendice L e stata indicata con F2. Sappiamo pero che si puo scrivere un’equazionedi Hamilton-Jacobi anche per una S del tipo F3 (v. eq. (M28)). In questo caso, se V eesprimibile come serie di potenze diR ≡ x1, x2, x3 si ha (riferimento cartesiano ortogonale):

1

2m0(p2x + p2

y + p2z) + V

(

− ∂S∂px

,− ∂S∂py

,− ∂S∂pz

)

+∂S∂t

= 0 (320)

con (v. eq. (M26) e (M28))

− ∂S∂pk

= xk ;∂S∂t

= −H (321)

Se stabiliamo, in analogia con le (313) e (317), le corrispondenze seguenti

∂S∂t←→−ih ∂

∂t(322)

e

∇(c.o.)p S ←→−ih∇(c.o.)

p ;∂S∂pk←→−ih ∂

∂pk(323)

dove ∇(c.o.)p esprime una derivazione rispetto al momento p perche ci stiamo interessando

a una generatrice di tipo F3, otteniamo l’espressione

1

2m0(p2x + p2

y + p2z) + V

(

ih∂

∂px, ih

∂py, ih

∂pz

)

− ih ∂∂t

(324)

che, applicata alla funzione d’onda ϕ = ϕ(px, py, pz, t), fornisce un’altra forma dell’equa-zione di Schrodinger:

1

2m0(p2x + p2

y + p2z) + V

(

ih∂

∂px, ih

∂py, ih

∂pz

)

− ih ∂∂t

ϕ(p, t) = 0 (325)

La (325) e detta equazione di Schrodinger nei momenti per distinguerla dalla (311), che edetta equazione di Schrodinger nelle coordinate.Una soluzione particolare della (325) puo essere del tipo

ϕ(p, t) = ϕ(p, 0)eih

(

W(p)−Et)

(326)

o ancheϕ(p, t) = v(p)e−

ihEt (327)

dove v e in generale complessa. Una soluzione generale e espressa da

ϕ(p, t) =

+∞∫

−∞

v(p, E)e− ihEtdE (328)

124

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

E)

Le equazioni di Schrodinger (311) e (325) possono essere messe in corrispondenza, oltreche con le equazioni della Meccanica di Hamilton-Jacobi, anche con l’hamiltoniana classicadella particella alla quale le equazioni (311) e (325) sono riferite.Come sappiamo (v. Appendice M), l’equazione di Hamilton-Jacobi e definita nello spaziodelle posizioni se la S e del tipo F2, ed e definita nello spazio dei momenti se la S e del tipoF3, mentre la meccanica di Hamilton (v. Appendice K) e definita nello spazio delle fasi,cioe nello spazio delle posizioni e dei momenti. Questo comporta una diversa presentazionedelle corrispondenze fra le equazioni di Schrodinger e l’hamiltoniana.Occorre innanzitutto passare dal concetto di “prescrizione”, che abbiamo usato nella se-zione C), a quello di operatore.Un operatore e un oggetto matematico costituito da una espressione che, applicata a unoperando, causa l’esecuzione su questo di una operazione.Ad esempio, l’espressione

df(x)

dx

e costituita dall’operatore d/dx che applicato all’operando f(x) effettua la derivazione dif(x). Altro esempio: l’operatore numero a applicato alla matrice W genera il prodottoaW .Un operatore e in generale una qualunque espressione algebrica o integro-differenziale daapplicarsi a un operando.Nel caso che stiamo trattando le variabili dinamiche che compaiono nella hamiltonianaclassica di una particella di massa m0 vengono considerate operatori che specifichiamo colsimboloˆottenendo cosı l’operatore hamiltoniano:

H(R, p) =p2

2m0+ V(R) (329)

Cio posto, ecco come si puo dedurre la Meccanica di Schrodinger dalla Meccanica di Ha-milton:

• per ottenere l’equazione di Schrodinger nelle coordinate occorre stabilire le seguenticorrispondenze:

a) H ←→ ih∂

∂t(330)

che e in accordo con la (313) perche (v. eq. (M10)) −∂S/∂t = H,

b) p2 ←→−h2∇2 (331)

che e in accordo con la (312) perche (v. eq. (M8)) (∇S)2 = p2 ≡ gklpkpl, e

c) R ←→ R (332)

e quindi

H =p2

2m0+ V(R)←→ ih

∂t= − h2

2m0∇2 + V(R) (333)

125

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e applicare il membro destro di questa corrispondenza alla funzione d’onda ψ (R, t), cosic-che si ricava

ih∂ψ (R, t)

∂t=

− h2

2m0∇2 + V(R)

ψ (R, t) (334)

che coincide con la (311). In coordinate cartesiane ortogonali, ripetendo il ragionamentofatto poco piu sopra, si puo passare dalla (331) alla

p←→−ih∇(c.o.) (335)

e quindi si puo scrivere la (334) anche cosı:

ih∂ψ (R, t)

∂t= H

(

R,−ih∇)

ψ (R, t) (336)

• per ottenere l’equazione di Schrodinger nei momenti occorre stabilire le seguenti cor-rispondenze:

a) H ←→ ih∂

∂t(337)

che e in accordo con la (322) perche (v. eq. (M10)) −∂S/∂t = H,

b) R ←→ ih∇p (338)

che e in accordo con la combinazione della (321), cioe R = −∇pS, con la (323), cioe

∇pS ←→ −ih∇p, e

c) p←→ p (339)

e quindi

H =p2

2m0+ V(R)←→ ih

∂t=

p2

2m0+ V(ih∇p) (340)

e applicare il membro destro della (340) alla funzione d’onda ϕ(p, t), cosicche

ih∂ϕ(p, t)

∂t=

p2

2m0+ V(ih∇p)

ϕ(p, t) (341)

che coincide con la (325) e che possiamo scrivere anche cosı

ih∂ϕ(p, t)

∂t= H

(

p, ih∇p)

ϕ(p, t) (342)

F)

Consideriamo le seguenti espressioni

xk(

−ih ∂

∂xlψ)

; −ih ∂

∂xl(xkψ)

126

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ottenute, la prima, applicando−ih∂/∂xl a ψ e poi xk a −ih∂ψ/∂xl e la seconda invertendola sequenza delle applicazioni, cioe applicando xk a ψ e poi −ih∂/∂xl a xkψ.Sottraiamo la seconda dalla prima ottenendo cosı

xk(

−ih ∂

∂xlψ)

− (−ih)∂

∂xl(xkψ) = −ihxk

∂ψ

∂xl+ ih

∂(xkψ)

∂xl= −ihxk

∂ψ

∂xl+ ihδlkψ+ ihxk

∂ψ

∂xl

e infine

xk(

−ih ∂

∂xlψ)

− (−ih)∂

∂xl(xkψ) = ihδlkψ (343)

Possiamo considerare anche le espressioni

ih∂

∂pk(plϕ) ; pl

(

ih∂

∂pkϕ)

ottenute, la prima, applicando pl a ϕ e poi ih∂/∂pk a plϕ e la seconda invertendo lasequenza delle applicazioni, cioe applicando ih∂/∂pk a ϕ e poi pl a ih∂ϕ/∂pk.Sottraiamo la seconda dalla prima ottenendo cosı

ih∂

∂pk(plϕ)− pl

(

ih∂

∂pkϕ)

= ihδ kl ϕ+ ihpl∂ϕ

∂pk− ihpl

∂ϕ

∂pk

e infine

ih∂

∂pk(plϕ)− pl

(

ih∂

∂pkϕ)

= ihδlkϕ (344)

Cio posto notiamo, riprendendo una procedura gia adottata nella sezione E, che la (343)puo essere considerata come una conseguenza dell’avere stabilito la corrispondenza, basatasulle (332) e (335),

xk pl − plxk = ih11δlk ←→ xk(−ih∂

∂xl)− (−ih ∂

∂xl)xk = ihδlk

e dell’avere applicato alla funzione d’onda ψ (R, t) il membro a destra del segno←→, mentrela (344) puo essere considerata come una conseguenza dell’avere stabilito la corrispondenza,basata sulle (338) e (339),

xk pl − plxk = ih11δlk ←→ ih∂

∂pkpl − pl

(

ih∂

∂pk

)

= ihδlk

e dell’avere applicato alla funzione d’onda ϕ(p, t) il membro a destra del segno ←→.Dunque in queste due ultime espressioni, cosı come nelle (333) e (340), da un’unica relazioneoperatoriale, quella a sinistra del segno ←→, possono essere dedotti i membri a destraadottando opportune corrispondenze. Nelle considerazioni che seguono terremo conto diquesto fatto e potremo cosı limitarci ad esaminare solo la relazione operatoriale a membrosinistro.

Si usa introdurre questa scrittura

xk pl − plxk = [xk, pl]

127

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

cosicche[xk, pl] = ih11δlk (345)

dove 11 e l’operatore unita, che e definito come un operatore che, applicato a un qualunqueoperando A, fornisce 11A = A, e quindi lascia A invariato.L’espressione a sinistra e detta commutatore di xk e pl.

Il commutatore di xk e pl e nullo se k 6= l; si dice allora che xk e pl commutano

[xk, pl] = 0 ; k 6= l

volendo indicare che xk plψ = plxkψ, cioe che l’ordine con cui i due operatori vengono ap-plicati a ψ puo essere cambiato senza che muti il risultato. Ad esempio x e py commutano,come anche y e pz, ecc.Se invece k = l si ha

[xk, pk] = ih11 (346)

e si dice che xk e pk non commutano volendo indicare che xk pkψ 6= pkxkψ.Ad esempio, x e px non commutano, cosı come anche y e py o anche z e pz.Si puo dunque affermare che le componenti xk dell’operatore posizione non commutanocon le componenti pl dell’operatore momento se xk e pl sono canonicamente coniugati (v.Appendice K).

Le componenti dell’operatore posizione commutano fra loro

[xk, xl] = 0 ; [xk, xnl ] = 0 ; k = l ; k 6= l

e, indicata con f(R) una funzione dell’operatore R ≡ x, y, z sviluppabile in serie di Mac

Laurin, si ha anche [xk, f(R)] = 0.Le componenti dell’operatore momento lineare commutano fra loro:

[pk, pl] = 0 ; [pk, pnl ] = 0 ; k = l ; k 6= l

e, indicata con f(p) una funzione dell’operatore p ≡ px, py, pz sviluppabile in serie di MacLaurin, si ha anche [pk, f(p)] = 0.

Quale sia il significato fisico di queste proprieta formali degli operatori xk e pl che, applicatiin successione alla funzione d’onda nelle coordinate o nei momenti, possono generare unrisultato diverso a seconda dell’ordine con cui vengono applicati, verra spiegato piu avanti.Per ora prendiamo atto del fatto che queste proprieta esistono.Segnaliamo anche che da questo punto in poi, per semplificare la scrittura, il simbolo ˆdi operatore verra omesso, perche la qualita di operatore risulta di solito evidente dalcontesto in cui l’operatore e collocato. Il simbolo verra reintrodotto nei casi in cui occorreraesplicitamente distinguere fra operatori e associate variabili dinamiche della meccanicaclassica.Ancora per ragioni di semplificazione, l’operatore 11 viene talvolta omesso.

* * *

128

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Indichiamo con u, v, w uno qualunque degli operatori xk, pl considerati in questa sezione.Si ha allora:

[uv,w] = uvw− wuv = uvw −wuv − uwv + uwv

e quindi[uv,w] = u[v,w] + [u,w]v (347)

Con ragionamenti simili si puo mostrare che

[u, vw] = [u, v]w + v[u,w] (348)

Alle relazioni (347) e (348) si fara ricorso piu volte in seguito.

* * *

Consideriamo ora una funzione operatoriale f(xj ) che sia sviluppabile in serie di MacLaurin. Si ha (gli indici ripetuti sopralineati stanno a indicare che non e sottintesa unasomma):

[f(xj), pk] =

[ ∞∑

n=0

1

n!

dnf

dxn

xj=0xn , pk

]

=∞∑

n=0

1

n!

dnf

dxn

xj=0[xn , pk] (349)

dove la derivata della funzione operatoriale rispetto all’operatore xj deve essere eseguitacome l’ordinaria derivata di una funzione rispetto a una variabile.Osserviamo che

[x2j , pk] = xxpk − pkxx

= xxpk − pkxx + xpkx − xpkx= x[x, pk] + [x, pk]x

= 2ih11xδk (350)

e con procedimento induttivo, facendo ripetutamente uso della (347), si ottiene:

[xnj , pk] = [xxn−1 , pk]

= x[xn−1 , pk] + [x, pk]x

n−1

= x[xn−1 , pk] + ihδkx

n−1

= x[xxn−2 , pk] + ihδkx

n−1

= x

x[xn−2 , pk] + [x, pk]x

n−2

+ ihδkxn−1

= x2 [x

n−2 , pk] + xihδkx

n−2 + ihδkx

n−1

= x2 [x

n−2 , pk] + 2ihδkx

n−1

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

= xn−1 [x

n−(n−1) , pk] + (n− 1)xn−1

[x, pk]

= nihxn−1 δk (351)

Inseriamo la (351) nella (349):

129

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

[f(xj ), pk] =∞∑

n=1

1

n!

dnf

dxn

xj=0nihxn−1

δk

= ih∞∑

n=1

1

(n− 1)!

dnf

dxn

xj=0xn−1 δk

= ih∞∑

n=1

1

(n− 1)!

dn−1 df

dx

dxn−1

xj=0xn−1 δk

Ponendo n− 1 = l si ottiene

[f(xj), pk] = ih

∞∑

l=0

1

l!

dldf

dxdxl

xj=0xl

δk

La quantita fra parentesi graffe rappresenta lo sviluppo in serie di Mac Laurin di df/dxjpercio si puo scrivere

[f(xj), pk] = ihdf

dxδk (352)

e, piu in generale, se f = f(x1 , x2, x3) ≡ f(R)

[f(R), pk] = ih∂f

∂xδk (353)

Se f(R) e una componente di un operatore vettore a(R) ≡ a1, a2, a3 la (353) diviene

[an(R)pk − pkan(R)] = ih∂an∂x

δk ; n = 1, 2, 3

dove si noti che n non fa parte degli indici su cui opera il commutatore.Ora osserviamo che se poniamo k = n e sommiamo su n (la somma viene ad essereimplicitamente sottintesa dagli indici ripetuti) otteniamo

[an(R)pn − pnan(R)] = ih∂an∂x

δn

e il membro destro e diverso da zero solo se = n percio

[an(R)pn − pnan(R)] = ih∂an∂xn

ovveroa · p − p · a = ih(∇ · a) (354)

130

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

G)

La funzione d’onda nelle coordinate ψ (R, t) e la funzione d’onda nei momenti ϕ(p, t) sono,per ogni fissato istante t, Fourier-coniugate, cioe

ψ(R, t) =1

h32

+∞∫

−∞

ϕ(p, t)eihp·Rdp ; R ≡ x, y, z ; [ψ] = [lunghezza]−

32 (355)

ϕ(p, t) =1

h32

+∞∫

−∞

ψ(R, t)e− ihp·RdR ; p ≡ px, py, pz ; [ϕ] = [momento]−

32 (356)

in accordo con le (N2) e (N3) dell’Appendice N in cui poniamo x = R e y = p/h cosicchedy = dp/h3 (la costante h3 e stata ripartita fra trasformata e antitrasformata, in analogiacon quanto e stato fatto con la costante 1/(2π)3 nelle (N2) e (N3)).Per rendercene conto riprendiamo l’equazione di Schrodinger nelle coordinate espressa dalla(304):

(−ih∇R)2

2m0ψ + V(R)ψ − ih∂ψ

∂t= 0 (357)

Moltiplichiamo per e−ip

h·R e integriamo rispetto a R:

+∞∫

−∞

e−iph·R (−ih∇R)2

2m0ψdR +

+∞∫

−∞

e−iph·R V(R)ψdR− ih

+∞∫

−∞

e−iph·R ∂ψ

∂tdR = 0 (358)

Ricordando la (A12) che ora riscriviamo cosı:

+∞∫

−∞

f∇2gdR =

+∞∫

−∞

∇ ·(

f(∇g))

dR−+∞∫

−∞

(∇f) · (∇g)dR (359)

e assumendof = e−i

ph·R ; g = ψ (360)

si puo riscrivere il primo termine a membro sinistro della (358) nel modo seguente

− h2

2m0

+∞∫

−∞

e−ip

h·R∇2

RψdR = − h2

2m0

+∞∫

−∞

∇ ·(

e−ip

h·R (∇Rψ)

)

dR+

+h2

2m0

+∞∫

−∞

(

− i ph

)

e−iph·R · (∇Rψ)dR

Applicando il teorema di Gauss al primo integrale a membro destro e supponendo che

e−iph·R (∇Rψ) si annulli all’infinito rimane:

− h2

2m0

+∞∫

−∞

e−ip

h·R∇2

RψdR =h2

2m0

(

− i ph

)

·+∞∫

−∞

e−ip

h·R (∇Rψ)dR (361)

131

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora osserviamo che si ha

+∞∫

−∞

f(∇g)dR =

+∞∫

−∞

∇(fg)dR−+∞∫

−∞

(∇f)gdR (362)

percio nella (361) il membro destro puo essere riscritto cosı

h2

2m0

(

− i ph

)

·+∞∫

−∞

e−ip

h·R (∇Rψ)dR =

=h2

2m0

(

− i ph

)

·+∞∫

−∞

∇(e−ip

h·R ψ)dR− h2

2m0

(

− i ph

)

·+∞∫

−∞

(

− i ph

)

e−ip

h·R ψdR

Applicando il teorema (A34) al primo integrale a membro destro e supponendo che la

quantita e−ip

h·R ψ si annulli all’infinito rimane

h2

2m0

(

− i ph

)

·+∞∫

−∞

e−iph·R∇RψdR =

p2

2m0

+∞∫

−∞

e−iph·R ψdR

e quindi la (361) diviene

− h2

2m0

+∞∫

−∞

e−iph·R∇2

RψdR =p2

2m0

+∞∫

−∞

e−iph·R ψdR (363)

Sostituendo la (363) nella (358) si ottiene

p2

2m0

+∞∫

−∞

e−ip

h·R ψdR+

+∞∫

−∞

e−ip

h·R V(R)ψdR− ih ∂

∂t

+∞∫

−∞

e−ip

h·R ψdR = 0 (364)

A questo punto, dopo aver moltiplicato per 1/h3/2, e facile mostrare che questa e l’equa-zione di Schrodinger nei momenti. Infatti tenendo conto delle (356) e (355) si puo scrivere:

p2

2m0ϕ(p, t) +

1

h32

+∞∫

−∞

e−ip

h·R V(R)

1

h32

+∞∫

−∞

eip′

h·Rϕ(p′, t)dp′dR− ih∂ϕ(p, t)

∂t= 0 (365)

ovvero

p2

2m0ϕ(p, t) +

+∞∫

−∞

1

(2π)3

+∞∫

−∞

ei(p′−p)·R

h V(R)dRh3

ϕ(p′, t)dp′ − ih∂ϕ(p, t)

∂t= 0 (366)

132

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

da cui, per la (N8) e la (N9) dell’Appendice N:

p2

2m0ϕ(p, t) +

+∞∫

−∞

V(p′ − p)ϕ(p′, t)dp′ − ih∂ϕ(p, t)

∂t= 0 (367)

Questa non e ancora l’equazione di Schrodinger nei momenti che conosciamo, ma suppo-niamo che V(R) sia esprimibile come serie di potenze:

V(R) = aR+ bR2+ cR3

+ · · · (368)

e inseriamo il primo termine di questo sviluppo nell’integrale a membro sinistro della (366):

+∞∫

−∞

1

(2π)3

+∞∫

−∞

ei(p′−p)·R

h aRdRh3

ϕ(p′, t)dp′ =

=

+∞∫

−∞

−iah(2π)3

+∞∫

−∞

ei(p−p′)·R

hi

hRdR

h3

ϕ(p′, t)dp′

= −iah+∞∫

−∞

∂δ(p − p′)∂p

ϕ(p′, t)dp′

= iah∂ϕ(p, t)

∂p

dove si e fatto uso della (N11).Ripetendo il procedimento per gli altri termini si trova

+∞∫

−∞

1

(2π)3

+∞∫

−∞

ei(p′−p)·R

h V(R)dRh3

ϕ(p′, t)dp′ =

aih∂

∂p+ b(

ih∂

∂p

)2

+ · · ·

ϕ(p, t)

Confrontando le quantita entro parentesi graffe con la (368) si vede che si puo scrivere

+∞∫

−∞

1

(2π)3

+∞∫

−∞

ei(p′−p)·R

h V(R)dRh3

ϕ(p′, t)dp′ = V(

ih∂

∂p

)

ϕ(p, t) (369)

Sostituendo la (369) nella (366) si ottiene

p2

2m0ϕ(p, t) + V

(

ih∂

∂p

)

ϕ(p, t)− ih∂ϕ(p, t)

∂t(370)

che coincide con l’equazione di Schrodinger nei momenti espressa dalla (325), la qualeappare cosı come una specializzazione della piu generale equazione integro/differenziale(367).Si e cosı verificato che

ψ (R, t) F←→ ϕ(p, t) (371)

* * *

133

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Puo essere interessante notare che, come nell’Appendice L si mostra che si puo passareda un tipo di generatrice a un altro mediante una trasformazione di Legendre, cosı oraabbiamo mostrato che si puo passare dalla funzione d’onda nelle coordinate a quella neimomenti, che corrispondono alle F2 e F3 in virtu dei passaggi indicati nella seguente Tab. 2,mediante una trasformazione di Fourier:

Generatrice F2(q, P, t)L←→ Generatrice F3(Q, p, t)

↓ ↓1

2m0(∇qF2)

2 + V(q) +∂F2

∂t= 0

1

2m0p2 + V (−∇pF3) +

∂F3

∂t= 0

↓ ↓

(∇qF2)2 ←→ −h2∇2 ;

∂F2

∂t←→−ih ∂

∂t−∇pF3 ←→ ih∇p ;

∂F3

∂t←→−ih ∂

∂t↓ ↓

− 1

2m0h2∇2 + V(q)− ih ∂

∂t

ψ(q, t) = 0

1

2m0p2 + V (ih∇p)− ih

∂t

ϕ(p, t) = 0

↓ ↓ψ(q, t)

F←→ ϕ(p, t)

Tab. 2

Si puo quindi pensare che la trasformazione di Legendre in meccanica di Hamilton-Jacobie quella di Fourier in meccanica di Schrodinger in certo modo si corrispondono.

H)

La ψ (R, t) soluzione della (304) e una variabile complessa che puo essere espressa nel modoseguente

ψ (R, t) = a(R, t)e ihF (R,t) ; [F ] = azione (372)

con a e F funzioni reali. La (372) e una generalizzazione della (310).Sostituiamo la (372) nella (304). Calcoliamo innanzitutto (v. eq. (I24) dell’Appendice I):

∇2ψ = ∇2(aeihF ) = a∇2(e

ihF ) + 2(∇a) · (∇e i

hF ) + e

ihF∇2a

da cui, osservando che ∇2(eihF ) = ∇ · ∇(e

ihF ) = ∇ ·

(

ih(∇F )e

ihF)

e tenendo conto della

(A12) si ottiene:

∇2ψ =

(

− a

h2 (∇F )2 + ai

h(∇2F ) +

2i

h∇a · ∇F +∇2a

)

eihF (373)

Si ha anche∂ψ

∂t=

i

h

∂F

∂tae

ihF +

∂a

∂te

ihF (374)

Inserendo le (373) e (374) nella (304) si ottiene:

− a

h2 (∇F )2 +∇2a +2i

h∇F · ∇a+ a

i

h(∇2F )− 2m0

h2

∂F

∂ta − 2m0

h2 Va−2m0

ih

∂a

∂t= 0 (375)

134

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ovvero, moltiplicando per −h2/a:

(∇F )2 − 2m0

(

− ∂F

∂t− V

)

− h2∇2a

a− ih∇2F − 2ih∇F · ∇a

a− 2im0h

a

∂a

∂t= 0 (376)

Uguagliando a zero separatamente le parti reale e immaginaria si ottiene:

(∇F )2 − h2∇2a

a− 2m0

(

− ∂F

∂t− V

)

= 0

1

2∇2F +

∇aa· ∇F +

m0

a

∂a

∂t= 0

(377)

Questo e il sistema cui devono soddisfare F e a affinche la (372) sia soluzione della (304).Notiamo che se a non dipende da t si ottiene un sistema simile a quello della colonna didestra della Tab. 1.

La seconda equazione del sistema (377), ricordando il modo in cui e stata ottenuta la (291),puo essere riscritta cosı:

∇ ·(

a2∇Fm0

)

+∂a2

∂t= 0 (378)

Un altro modo di ottenere la (378) consiste nel derivare ψ∗ψ rispetto a t

∂ψ∗ψ

∂t=∂ψ

∂tψ∗ + ψ

∂ψ∗

∂t

e nel tener conto dell’equazione di Schrodinger e della sua coniugata:

∂ψ∗ψ

∂t=

1

ih

(

− h2

2m0∇2ψ + Vψ

)

ψ∗ − 1

ihψ

(

− h2

2m0∇2ψ∗ + Vψ∗

)

=ih

2m0

(∇2ψ)ψ∗ − (∇2ψ∗)ψ

Ora osserviamo che in accordo con la (A12) si puo scrivere:

∇ · (ψ∇ψ∗) = ∇ψ∗ · ∇ψ + (∇2ψ∗)ψ

da cui(∇2ψ∗)ψ = ∇ · (ψ∇ψ∗)−∇ψ∗ · ∇ψ

che inseriamo al posto del secondo termine entro parentesi graffe, e si puo anche scrivere:

∇ · (ψ∗∇ψ) = ∇ψ · ∇ψ∗ + (∇2ψ)ψ∗

da cui(∇2ψ)ψ∗ = ∇ · (ψ∗∇ψ)−∇ψ · ∇ψ∗

che inseriamo al posto del primo termine entro parentesi graffe ottenendo cosı

ih

2m0∇ · (ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ) +

∂ψψ∗

∂t= 0 (379)

135

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Questa equazione coincide con la (378). Infatti risulta

ih

2m0∇ · (ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ) =

ih

2m0∇ ·

ψ∇(

ae−ihF)

− ψ∗∇(

aeihF)

=ih

2m0∇ ·

ψ(∇a)e− ihF + ψa

(

∇e− ihF)

− ψ∗(∇a)e ihF+

−ψ∗a(

∇e ihF)

Ma ψ(∇a)e− ihF −ψ∗(∇a)e i

hF = ∇a(ψe− i

hF −ψ∗e

ihF ) = ∇a(ae i

hF e−

ihF −ae− i

hF e

ihF ) = 0

cosicche

ih

2m0∇ ·(

ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ)

=ih

2m0∇ ·

ψa(

∇e− ihF)

− ψ∗a(

∇e ihF)

=ih

2m0∇ ·

ψa(

− i

h∇F

)

e−ihF − ψ∗a

( i

h∇F

)

eihF

=ih

2m0∇ ·

−ψψ∗ i

h∇F − ψ∗ψ

i

h∇F

= ∇ ·

ψψ∗∇Fm0

percio la (379) diviene

∇ ·

ψ∗ψ∇Fm0

+∂ψ∗ψ

∂t= ∇ ·

a2∇Fm0

+∂a2

∂t= 0 (380)

uguale alla (378).Osserviamo che ψψ∗ e reale, e quindi la quantita ψψ∗ ∇F

m0e un vettore reale che possiamo

indicare cosı:

= ψψ∗∇Fm0

=ih

2m0(ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ) ; [j] = [ψψ∗]LT−1 (381)

e quindi

∇ · +∂ψ∗ψ

∂t= 0 (382)

La (382) ha la tipica forma della equazione di conservazione di un fluido incompressibileavente densita ψψ∗ e in movimento con velocita ∇F/m0.Si tratta di una analogia puramente formale, dato che non conosciamo il significato di ψψ∗.Cio non impedisce, peraltro, che si possa svilupparla ulteriormente. Cosı, per analogia conla definizione di stazionarieta che si da in meccanica dei fluidi, diciamo che il “fluido”descritto dal campo vettoriale si trova in condizioni di stazionarieta quando ψψ∗ e ∇Fsono entrambi indipendenti dal tempo.Affinche questa condizione sia verificata occorre che sia

a (R, t) = a0(R)

F (R, t) = W (R) + f(t)(383)

136

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

In tal caso la (372) diviene

ψ (R, t) = a0(R)eih

(

W(R)+f(t))

(384)

e la condizione di stazionarieta e evidentemente verificata. Ponendo

u(R) = a0(R)eihW(R) (385)

si puo scrivere

ψ (R, t) = u(R)eihf(t) ; [f(t)] = azione (386)

Vogliamo ora mostrare che la f(t) assume una forma particolare se la particella di cui ψrappresenta la funzione d’onda ha una hamiltoniana che non dipende esplicitamente daltempo, come finora si e supposto. Infatti osserviamo che la (386) deve essere una soluzionedella equazione di Schrodinger, percio (v. eq. (336)) risulta

ih∂

∂t

(

u(R)eihf(t))

= Hu(R)eihf(t)

ovvero

−u(R)df

dte

ihf(t) = Hu(R)e

ihf(t)

da cui

−dfdt

=Hu(R)

u(R)(387)

Se H non dipende esplicitamente dal tempo il membro sinistro di quest’ultima equazionedipende solo da t, mentre il membro destro dipende solo da R, percio deve essere

df

dt= −cost.

da cuif(t) = −(cost.)t (388)

Notiamo che cost. deve essere reale affinche ψψ∗ sia indipendente da t. D’altra partef(t) deve avere le dimensioni di una azione (v. eq. (386)), percio la costante deve avere ledimensioni di una energia che indichiamo con E: l’energia della particella.In definitiva una ψ stazionaria associata a una particella la cui hamiltoniana H = E nondipende esplicitamente dal tempo ha la forma

ψ (R, t) = a0(R)eih

(

W(R)−Et)

(389)

oppure

ψ (R, t) = u(R)e−ihEt (390)

Si vede cosı che le (288) e (293) sono associabili a una condizione di stazionarieta, mentrenon lo e la (295) perche

ψψ∗ (R, t) =

∫∫

u(R, E)u∗(R, E ′)e− ih(E−E′)tdEdE ′ (391)

137

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e neppure la (298) e la (355).

I)

L’equazione di Schrodinger e una equazione differenziale alle derivate parziali, di secondoordine, lineare, omogenea, a coefficienti non costanti. In essa compare una derivata rispettoal tempo di primo ordine. Cio significa che se una sua soluzione ψ (R, t) e nota in un istanteiniziale t0 allora essa e completamente determinata in tutti gli istanti successivi.Infatti supponiamo che sia nota

ψ(R, t0)Allora, avendo calcolato l’equazione di Schrodinger per t = t0

− h2

2m0∇2ψ(R, t0) + Vψ(R, t0) = ih

∂ψ (R, t)∂t

t=t0(392)

e avendo inserito la ψ(R, t0) a membro sinistro, e possibile ricavare

∂ψ (R, t)∂t

t=t0(393)

Segue da cio che la ψ all’istante t0 + dt vale

ψ(R, t0 + dt) = ψ(R, t0) +∂ψ

∂t

t=t0dt (394)

Applicando successivamente questo procedimento si determina la ψ in un istante qualun-que. Percio l’integrale generale dell’equazione di Schrodinger e una espressione nella qualee arbitrario solo il valore della ψ nell’istante iniziale.

L)

Se ψ (R, t) e una soluzione dell’equazione di Schrodinger, anche

ψ′ = ψeiα (395)

dove α e una costante reale qualsiasi, e una soluzione, come e facile verificare.

M)

Ora cerchiamo l’espressione dell’equazione di Schrodinger per un sistema di piu particelledotato di n gradi di liberta che supponiamo anche conservativo e con vincoli non dipendentidal tempo. L’equazione di Hamilton-Jacobi di questo sistema, assumendo una generatriceS di tipo F2, e espressa dalla (M48):

1

2

n∑

l,k=1

Glk∂S∂ql

∂S∂qk

+ V(q) +∂S∂t

= 0 (396)

In essa V e, in generale, composto di due parti: l’energia potenziale esterna Vest. e quellainterna Vint. associata alle forze scambiate fra le particelle.

138

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Per ottenere l’equazione di Schrodinger per il sistema di particelle basta riferirsi alla cor-rispondenza (314) e considerare l’espressione

− h2

2

n∑

l,k=1

1√G

∂ql

(√GGlk

∂qk

)

+ V(q)− ih ∂∂t

(397)

come un operatore da applicare alla funzione d’onda del sistema

ψ = ψ(q1, q2, . . . , qn, t) (398)

Si ottiene cosı

− h2

2

n∑

l,k=1

1√G

∂ql

(√GGlk

∂qk

)

+ V(q)

ψ = ih∂ψ

∂t(399)

La (399) e l’equazione di Schrodinger per un sistema di particelle dotato di n gradi di liber-ta, conservativo, dotato di energia potenziale V . La ψ = ψ(q1, q2, . . . , qn, t) e una funzionecomplessa di variabile reale definita nello spazio delle configurazioni a n dimensioni.Per N particelle prive di vincoli si ha n = 3N .Nel caso di coordinate cartesiane ortogonali la (399) diviene

− h2

2

n∑

k=1

1

m(k)0

∂2

∂xk∂xk+ V(x)

ψ = ih∂ψ

∂t(400)

Una soluzione della (399) ha la forma:

ψ(q, t) = G(q, t)eihF (q,t) ; q ≡ q1, q2, . . . , qn (401)

La corrispondente della (378) nel caso attuale di piu particelle e

n∑

k=1

∇q · (ψψ∗∇qF ) +m(k)0

∂ψψ∗

∂t

= 0

ovveron∑

k=1

∇q · (ψψ∗∇qF ) +M0∂ψψ∗

∂t= 0 (402)

dove

M0 =n∑

k=0

m(k)0 (403)

e la massa totale del sistema. Analogamente a quanto si e detto nella sezione G, possiamoanche ora parlare di soluzione “stazionaria” della (399) se ψψ∗ e ∇F non dipendono da t.Una soluzione stazionaria della (399) ha quindi la forma

ψ(q1, . . . , qn, t) = G0(q1, . . . , qn)e

ih(Φ(q)−Wt) (404)

dove W e l’energia totale del sistema di particelle.

* * *

139

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Terminano qui i commenti sulla equazione di Schrodinger della quale ora si potra saggiarel’efficacia studiando la meccanica di sistemi di particelle che verranno descritte alla ma-niera di Newton (particella = punto dotato di massa), ma che saranno caratterizzate dalleproprieta espresse dalla (283).Il primo tentativo fu fatto nel 1926 da Schrodinger che applico la (399) allo studio dell’a-tomo di idrogeno, sistema fisico costituito da due particelle che si scambiano forze elettro-magnetiche.Lo studio di Schrodinger verra ora richiamato per sommi capi.

* * *

Cominciamo col considerare un sistema meccanico dotato di sei gradi di liberta forma-

to da due particelle aventi masse m(1)0 e m

(2)0 , posizioni R(1) ≡ x(1), y(1), z(1) e R(2) ≡

x(2), y(2), z(2) riferite a un sistema cartesiano ortogonale, dotate di energia cinetica e sog-gette a forze interne di mutuo scambio derivanti da una energia potenziale interna Vdipendente dalle coordinate solo attraverso la distanza fra le due particelle:

|R(2) −R(1)| =√

(x(2) − x(1))2 + (y(2) − y(1))2 + (z(2) − z(1))2 (405)

Il sistema e isolato, cioe su esso non agiscono forze esterne.L’equazione di Schrodinger relativa a questo sistema, che e definito nello spazio delle con-figurazioni a 6 dimensioni, si ricava dalla (400) per n = 6:

− h2

2m(1)0

∇2

R(1) −h2

2m(2)0

∇2

R(2) + V(

|R(2) −R(1)|)

ψ(R(1),R(2)

, t) =

= ih∂ψ(R(1)

,R(2), t)

∂t(406)

dove x(1), y(1), z(1), x(2), y(2), z(2) corrispondono a x1, . . . , x6 e

∇2

R(1) =( ∂

∂x(1)

)2

+( ∂

∂y(1)

)2

+( ∂

∂z(1)

)2

; ∇2

R(2) =( ∂

∂x(2)

)2

+( ∂

∂y(2)

)2

+( ∂

∂z(2)

)2

La (406), in analogia con quanto abbiamo gia visto nella Appendice K, puo essere separatain due equazioni di Schrodinger, entrambe definite nello spazio 3-dimensionale, delle qualiuna descrive il moto del centro di massa del sistema e l’altra il moto di una particella

di massa m(1)0 m

(2)0 /(m

(1)0 +m

(2)0 ) attorno a un centro fisso di forze derivabili dall’energia

potenziale V .Per ottenere la separazione introduciamo il vettore r ≡ ξ, η, ζ rappresentativo della posi-zione del centro di massa del sistema e il vettore R ≡ x, y, z rappresentativo della posizionedella particella (2) rispetto alla particella (1) definiti da (v. Appendice K)

r ≡

ξ =m

(1)0 x(1) +m

(2)0 x(2)

m(1)0 +m

(2)0

η =m

(1)0 y(1) +m

(2)0 y(2)

m(1)0 +m

(2)0

ζ =m

(1)0 z(1) +m

(2)0 z(2)

m(1)0 +m

(2)0

; R ≡

x = x(2) − x(1)

y = y(2) − y(1)

z = z(2) − z(1)

(407)

140

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ovvero

r =m

(1)0 R

(1)+m

(2)0 R

(2)

m(1)0 +m

(2)0

=m

(1)0 R

(1)+m

(2)0 R

(2)+m

(2)0 R

(1) −m(2)0 R

(1)

m(1)0 +m

(2)0

= R(1)+

m(2)0

m(1)0 +m

(2)0

(R(2) −R(1))

e quindi

r = R(1)+

m(2)0

m(1)0 +m

(2)0

R

Con ragionamenti simili si trova

r = R(2) − m(1)0

m(1)0 +m

(2)0

R

e si puo cosı scrivere (v. eq. (K67))

R(1)= r − m

(2)0

m(1)0 +m

(2)0

R ; R(2)= r +

m(1)0

m(1)0 +m

(2)0

R (408)

Si e dunque passati da R(1) ≡ x(1), y(1), z(1) e R(2) ≡ x(2), y(2), z(2) a

R(1)= R(1)

(r,R) = R(1)(ξ, η, ζ, x, y, z) ; R(2)

= R(2)(r,R) = R(2)

(ξ, η, ζ, x, y, z)(409)

Ricordando che ∂/∂xm si trasforma come un vettore covariante, cioe

∂xm=∂x′n

∂xm∂

∂x′n; xm ≡ x(1), y(1), z(1), x(2), y(2), z(2) ; x′

n ≡ ξ, η, ζ, x, y, z (410)

si ha

∂x(1)=

∂ξ

∂x(1)

∂ξ+

∂η

∂x(1)

∂η+

∂ζ

∂x(1)

∂ζ+

∂x

∂x(1)

∂x+

∂y

∂x(1)

∂y+

∂z

∂x(1)

∂z

=∂ξ

∂x(1)

∂ξ+

∂x

∂x(1)

∂x

=m

(1)0

m(1)0 +m

(2)0

∂ξ− ∂

∂x

Segue quindi

( ∂

∂x(1)

)2

=

(

m(1)0

m(1)0 +m

(2)0

)2∂2

∂ξ2+

∂2

∂x2− 2m

(1)0

m(1)0 +m

(2)0

∂2

∂ξ∂x

141

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e anche

( ∂

∂x(1)

)2

+( ∂

∂y(1)

)2

+( ∂

∂z(1)

)2

=

(

m(1)0

m(1)0 +m

(2)0

)2(∂2

∂ξ2+

∂2

∂η2+

∂2

∂ζ2

)

+

+∂2

∂x2+

∂2

∂y2+

∂2

∂z2− 2m

(1)0

m(1)0 +m

(2)0

(

∂2

∂ξ∂x+

∂2

∂η∂y+

∂2

∂ζ∂z

)

ovvero

∇2

R(1) =

(

m(1)0

m(1)0 +m

(2)0

)2

∇2r +∇2

R −2m

(1)0

m(1)0 +m

(2)0

(

∂2

∂ξ∂x+

∂2

∂η∂y+

∂2

∂ζ∂z

)

(411)

Ripetendo ragionamenti simili si trova

∇2

R(2) =

(

m(2)0

m(1)0 +m

(2)0

)2

∇2r +∇2

R +2m

(2)0

m(1)0 +m

(2)0

(

∂2

∂ξ∂x+

∂2

∂η∂y+

∂2

∂ζ∂z

)

(412)

Se ora sostituiamo nella (406) le (411) e (412), sostituiamo nell’argomento dello scalare ψ

le espressioni (409) di R(1)e R(2)

e teniamo presente che R(2) −R(1)= R (v. eq. (407))

otteniamo

−h2 m(1)0 +m

(2)0

2(m(1)0 +m

(2)0 )2

∇2r − h2 1

2

( 1

m(1)0

+1

m(2)0

)

∇2R + V(|R|)

ψ(r,R, t) = ih∂ψ(r,R, t)

∂t

da cui, semplificando

− h2

2(m(1)0 +m

(2)0 )∇2r −

h2

2µ∇2R + V(|R|)

ψ(r,R, t) = ih∂ψ(r,R, t)

∂t(413)

dove si e posto

µ =m

(1)0 m

(2)0

m(1)0 +m

(2)0

(414)

espressione che e gia stata chiamata “massa ridotta” nella Appendice K, nella quale e stataintrodotta una procedura simile a quella che ora e stata sviluppata per la (406).Quale risultato si e conseguito effettuando la trasformazione (409) diviene evidente con-frontando l’espressione contenuta fra parentesi graffe nella (406) con l’analoga espressione

nella (413): quella non e separabile in due parti, una dipendente solo da R(1)e l’altra solo

da R(2), perche il potenziale V dipende dalla differenza R(1) −R(2)

, mentre nella (413) epossibile distinguere due parti, una dipendente solo da r e l’altra solo da R.

La soluzione della (413), corrispondente alla (401) per n = 6, e

ψ(r,R, t) = G(r,R, t)e ihF (r,R,t) (415)

142

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

In vista della applicazione che faremo ci interessa della (413) una soluzione stazionaria(v. eq. (404)):

ψ(r,R, t) = G0(r,R)eih[Φ(r,R)−Wt] (416)

dove W e una costante che rappresenta l’energia totale del sistema delle due particelle.La separazione della (413) in due equazioni si ottiene ponendo

Φ(r,R) = Φ1(r) + Φ2(R) (417)

eG0(r,R) = G1(r)G2(R) (418)

cosicche la ψ espressa dalla (416) diviene

ψ(r,R, t) = G1(r)eihΦ1(r)G2(R)e

ihΦ2(R)e−

ihWt (419)

Conviene porre

f(r) = G1(r)eihΦ1(r) ; u(R) = G2(R)e

ihΦ2(R) (420)

La (419) diviene cosı:

ψ(r,R, t) = f(r)u(R)e−ihWt (421)

Sostituendo la (421) nella (413) si ottiene

− h2

2(m(1)0 +m

(2)0 )

u∇2rf −

h2

2µf∇2

Ru+ Vfu =Wfu

Dividendo per fu si ottiene

− h2

2(m(1)0 +m

(2)0 )

∇2rf

f=h2

∇2Ru

u− V +W (422)

Notiamo che il membro sinistro della (422) dipende solo da r e il membro destro solo daR, percio entrambi sono uguagliabili a una costante dotata delle dimensioni di un’energiache indichiamo con WCM , e quindi si puo scrivere

− h2

2(m(1)0 +m

(2)0 )

∇2f(r)

f(r)=WCM (423)

eh2

∇2u(R)

u(R)− V(|R|) +W =WCM (424)

Il significato di WCM apparira chiaro fra poco.Conviene introdurre un’altra costante definita da

E =W −WCM

La (424) diviene allora

− h2

∇2u(R)

u(R)+ V(|R|) = E (425)

143

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Una volta risolte le (423) e (425) si ottengono f(r) e u(R) che possono essere introdottenella (421) che, essendo W = E +WCM , puo essere riscritta cosı:

ψ(r,R, t) = f(r)e−ihWCM tu(R)e−

ihEt (426)

Poniamo

F(r, t) = f(r)e−ihWCMt (427)

U (R, t) = u(R)e−ihEt (428)

La (426) diviene cosı:

ψ(r,R, t) = F(r, t)U(R, t) (429)

Ma se f e u soddisfano rispettivamente le (423) e (425), allora le (427) e (428) sono soluzionirispettivamente di

− h2

2(m(1)0 +m

(2)0 )∇2F(r, t) = ih

∂F(r, t)

∂t(430)

e

− h2

2µ∇2U(R, t) + V(|R|)U(R, t) = ih

∂U(R, t)∂t

(431)

Abbiamo cosı mostrato che la (406), con l’introduzione di opportune coordinate, si puoseparare in due equazioni di Schrodinger: la (430), associata al moto di una particella di

massa m(1)0 +m

(2)0 avente la posizione r del centro di massa del sistema, non soggetta a

forze e dotata di energia cinetica WCM ; la (431), associata al moto di una particella dimassa ridotta µ, posizioneR ed energia totale E attorno a un centro fisso di forze derivabilida energia potenziale V(|R|).

* * *

La (423) si puo integrare facilmente:

f(r) = AeihP·r +Be−

ihP·r (432)

con |P| =√

2(m(1)0 +m

(2)0 )WCM , cosicche la soluzione della (430) e

F(r, t) = Aeih(P·r−WCMt) +Be−

ih(P·r+WCMt) (433)

Per integrare la (431) occorre conoscere la forma esplicita di V .

* * *

Cio posto, passiamo allo studio dell’atomo di idrogeno, sistema meccanico di due particelleelettricamente cariche e in movimento attorno al loro centro di massa, cioe un protone conmassa M0 e un elettrone con massa m0, che supponiamo non soggette a forze esterne masolo a forze elettromagnetiche di mutuo scambio.Entrambe queste particelle, in conseguenza delle accelerazioni cui sono soggette, emet-tono radiazione elettromagnetica cosicche il loro moto non dovrebbe essere consideratostazionario.

144

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Tuttavia siamo interessati, nello studio di questo sistema, a una soluzione stazionariadell’equazione di Schrodinger, cioe a una soluzione che descriva il moto del sistema elettro-ne/protone assumendo che non vi sia emissione di fotoni reali, perche questa assunzionee in accordo con la assunzione formulata da Bohr nel suo modello di atomo di idrogeno(v. sezione B dell’Appendice J), e questa e in accordo con quanto l’esperienza mostra aproposito della stabilita della materia.Dunque entrambi i modelli di atomo di idrogeno, quello di Bohr e quello che Schrodingerpensava di poter descrivere servendosi della sua equazione, partono da una medesimaipotesi “ad hoc” che viene accettata perche da essa discende una cascata di conseguenze,tutte verificate sperimentalmente con grande precisione, sulla struttura della materia esull’interazione materia-radiazione e.m..

Come abbiamo visto, l’equazione di Schrodinger per il sistema meccanico che stiamo stu-diando, in cui agiscono forze interne di mutuo scambio, puo essere separata in due equa-zioni, una che descrive il moto del centro di massa del sistema e l’altra che descrive il motodi una particella di massa ridotta

µ =M0m0

M0 +m0(434)

attorno a un centro fisso di forze che ora, trascurando l’interazione magnetica, assumiamoderivabili dalla sola energia potenziale elettrostatica

V(|R|) = − q2

|R|(435)

Il moto del centro di massa, che non essendo soggetto a forze e fermo oppure si muove dimoto rettilineo e uniforme, non ci interessa.La F che compare nella (429) viene quindi ignorata e si ha cosı ψ = U cosicche la (431) sipuo scrivere nel modo seguente:

− h2

2m0∇2ψ(R, t) + V(|R|)ψ (R, t) = ih

∂ψ(R, t)∂t

(436)

dove, essendo m0 M0, si ha µ = m0/(1 +m0/M0) ≈ m0, quindi si e assunto che µ siala massa m0 dell’elettrone.

Prima di presentare lo studio di Schrodinger conviene richiamare brevemente la descrizioneche di questo sistema fornisce la meccanica classica, che considereremo nella presentazionedi Hamilton-Jacobi.L’equazione di Hamilton-Jacobi in coordinate sferiche R ≡ r, θ, ϕ per il sistema descrittodalla (436) e la seguente (v. eq. (M50))

1

2m0

(

∂S∂r

)2

+1

r2

(

∂S∂θ

)2

+1

r2 sin2 θ

(

∂S∂ϕ

)2

+ V(r) +∂S∂t

= 0 (437)

dove S = W (r, θ, ϕ, αθ , αϕ, E) − Et, V(r) = −q2/r e (v. eq. (M75))

E = H =1

2m0

p2r +

p2θ

r2+

p2ϕ

r2 sin2 θ

− q2

r=

1

2m0

p2r +

L2

r2

− q2

r(438)

145

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

La (437), una volta integrata, fornisce la (M78) (v. Appendice M) che qui riscriviamo

S(r, θ, ϕ, Lz , L, E, t) = Lzϕ+

L2 − L2z

sin2 θdθ +

2m0

(

E +q2

r− L2

2m0r2

)

dr− Et

(439)ovvero

S(r, θ, ϕ, Lz , L, E, t) = W (r, θ, ϕ, Lz , L, E)− Et (440)

Ora ritorniamo alla (437).Osserviamo che la legge fondamentale della meccanica di Newton nel momento della quan-tita di moto L di una particella soggetta a una forza F avente momento N = R×F

dL

dt= N (441)

mostra che il vettore momento della quantita di moto si conserva se il momento della forzae nullo. Ma N puo essere nullo senza che lo sia la forza. Ad esempio, N = 0 se la forza Fha la medesima direzione di R, perche il prodotto vettoriale si annulla.In questo caso il momento della quantita di moto della particella si conserva anche se essae soggetta a forze.E quello che succede nel caso di una particella soggetta a un campo di forze centrali che,avendo direzione passante per il centro del campo di forze, sono sempre parallele a R epercio L rimane costante in modulo e direzione, dal che segue che R giace sempre su unpiano normale a L, quindi il moto di una particella soggetta a forze centrali avviene su unpiano avente giacitura fissa.Scegliamo un sistema di coordinate cartesiane ortogonali tale che il vettore fisso L stia nelpiano x, y cosicche Lz = 0. Allora la (439), passando a un sistema di coordinate polarir, θ, diviene

S(r, θ, L, E, t) = Lθ +

2m0

(

E +q2

r− L2

2m0r2

)

dr − Et = W (r, θ, L, E) − Et (442)

Si ricava allora, (v. eq. (M52) in cui poniamo le costanti uguali a zero)

0 =∂W

∂E −∂E∂E t =

∂W

∂E − t (443)

0 =∂W

∂L= θ −

L

r2

2m0

(

E +q2

r− L2

2m0r2

)

dr (444)

Dalla (443) si ricava l’equazione r = r(t) mentre dalla (444) si ottiene r = r(θ) cioel’equazione della traiettoria della particella, che e quella che ora ci interessa.Nella

θ =

dr

r2

2m0EL2

+2m0q

2

L2r− 1

r2

(445)

146

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

poniamou = 1/r ; du = −dr/r2 (446)

Segue

θ = −∫

du√

2m0EL2

+2m0q

2

L2u− u2

(447)

Integrando, poiche

dx√ax2 + bx+ c

= − 1√−a sin−1 2ax+ b√b2 − 4ac

(448)

si ha

θ = sin−1−2u+

2m0q2

L2√

4m20q

4

L4+ 4

2m0EL2

− θ0 = sin−1

2m0q2

L2(1 − L2

m0q2u)

2m0q2

L2

1 +2EL2

m0q4

− θ0 (449)

da cui

θ = sin−11− L2

m0q2u

1 +2EL2

m0q4

− θ0 (450)

e si ottiene cosı

sin(θ + θ0) =

1− L2

m0q2u

1 +2EL2

m0q4

= − cos(θ + θ0 +π

2) (451)

da cui, ponendo θ0 + π2

= θ′0

u =m0q

2

L2

(

1 +

1 +2EL2

m0q4cos(θ + θ′0)

)

;1

r=m0q

2

L2(1 + ε cos(θ + θ′0)) (452)

essendo

ε =

1 +2EL2

m0q4(453)

Ora ricordiamo che l’equazione in coordinate polari di una conica avente un fuoco nell’o-rigine e

1

r= C 1 + ε cos(θ + θ′0) (454)

dove ε rappresenta l’eccentricita.Confrontando con la (452) si constata che r = r(θ) e una conica con eccentricita data da

ε =

1 +2EL2

m0q4(455)

147

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Al variare di ε si hanno i seguenti tipi di orbita:

ε > 1 ; E > 0 iperbole (456)

ε = 1 ; E = 0 parabola (457)

ε < 1 ; −m0q4

2L2< E < 0 ellisse (458)

ε = 0 ; E = −m0q4

2L2cerchio di raggio r =

L2

m0q2(459)

Si dice legata o in stato legato una particella che percorra orbite corrispondenti a energianegativa (ellisse, cerchio).

Ritorniamo alla (436) che, tenendo conto della (435) e passando a coordinate sfericheR ≡ r, θ, ϕ, diviene (v. eq. (J5) dell’Appendice J):

− h2

2m0

1

r2∂

∂r

(

r2∂ψ

∂r

)

+1

r2 sin θ

∂θ

(

sin θ∂ψ

∂θ

)

+1

r2 sin2 θ

∂2ψ

∂ϕ2

− q2

rψ = ih

∂ψ

∂t(460)

con0 < r < +∞ ; 0 ≤ θ ≤ π ; 0 ≤ ϕ ≤ 2π

Di questa equazione ci interessa una soluzione stazionaria, cioe una soluzione che escludafenomeni di emissione o assorbimento di radiazione. Dunque cerchiamo una ψ del tipo(390), cioe

ψ(r, θ, ϕ, t) = u(r, θ, ϕ)e−ihEt (461)

dove E e l’energia dell’elettrone. Sostituendo la (461) nella (460) si ottiene

− h2

2m0

1

r2∂

∂r

(

r2∂u

∂r

)

+1

r2 sin θ

∂θ

(

sin θ∂u

∂θ

)

+1

r2 sin2 θ

∂2u

∂ϕ2

− q2

ru = Eu (462)

Questa equazione differenziale alle derivate parziali, del secondo ordine, lineare, omogeneae a coefficienti non costanti, che deve essere soddisfatta dalla u affinche la ψ(r, θ, ϕ, t) siauna soluzione della (460), e quella che ora ci proponiamo di integrare.Se allora teniamo conto del fatto che l’elettrone possiede energia E negativa perche rimanelegato al nucleo e se imponiamo che la u debba mantenersi limitata e a un sol valoretroviamo per la (462) la seguente soluzione (v. sezione C dell’Appendice J)

ψnlml(r, θ, ϕ, t) = unlml

(r, θ, ϕ)e−ihEnt (463)

conunlml

(r, θ, ϕ) = e−anr(2anr)lL2l+1n+l (2anr)(−1)

|ml |+ml2 eimlϕP

|ml|l (θ) (464)

essendo

an =m0q

2

nh2 ; [an] = L−1 ; 1 ≤ n <∞ (465)

Nella (464) compaiono i “polinomi associati di Laguerre”

L2l+1n+l (2anr) = (−1)2l+1

n−l−1∑

k=0

(−1)k(

n+ l

k + 2l+ 1

)

(n+ l)!(2anr)

k

k!; 0 ≤ l ≤ n−1 (466)

148

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e le espressioni, dette “polinomi associati di Legendre”

P|ml|l (θ) = (1− cos2 θ)

|ml |

2d|ml|Pl(cos θ)

d cos θ|ml| =1

2ll!sin|ml| θ

dl+|ml|(cos2 θ − 1)l

d cos θl+|ml| (467)

dove valgono le condizioni

0 ≤ l ≤ n− 1 ; −l ≤ ml ≤ +l (468)

e dove le quantita

Pl(cos θ) =1

2ll!

dl

d cos θl(cos2 θ − 1)l (469)

sono i “polinomi di Legendre” che esplicitiamo per alcuni valori di l

P0 = 1

P1 = cos θ

P2 = 12 (3 cos2 θ − 1)

P3 = 12 (5 cos3 θ − 3 cos θ)

P4 = 18 (35 cos4 θ − 30 cos2 θ + 3)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(470)

Nella (464) compare anche il fattore di fase

(−1)|ml|+ml

2 (471)

introdotto per soddisfare la convenzione di fase di Condon-Shortley, che ha lo scopo disemplificare alcune procedure di calcolo (soprattutto l’uso degli operatori di salita e discesa,v. ad esempio, il par. 1.2.6, Teoria del momento angolare, sezione B).Infine nella (463), in conseguenza dei vincoli di integrazione posti sulla (462), l’energiadell’elettrone risulta essere espressa da

E = En = − m0q4

2h2n2; 1 ≤ n <∞ (472)

e cosı siamo pervenuti al notevolissimo risultato ottenuto per la prima volta da Schrodin-ger nel 1926: riformulando la meccanica newtoniana in modo che si presenti struttural-mente simile all’elettromagnetismo maxwelliano nella descrizione basata sui concetti dicarica/campo (in assenza di cariche e di correnti) abbiamo ottenuto una equazione che,opportunamente integrata, fornisce per il sistema meccanico “atomo di idrogeno” valoridell’energia dell’unico elettrone dell’atomo in accordo con il modello di Bohr (v. sezionedell’Appendice J) e con l’esperienza.

Conviene tuttavia notare che nel modello di atomo di Bohr l’elettrone percorre orbite clas-sicamente definite lungo le quali esso possiede in ogni istante una posizione e un momentoben precisi, mentre nel modello di atomo di Schrodinger il concetto di traiettoria dell’e-lettrone rimane indefinito perche la ψnlml

espressa dalla (463) e stata lasciata priva disignificato fisico (questo verra precisato nel par. 1.2.7).

149

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

La rilevanza fisica del modello di atomo di Schrodinger deriva, per ora, unicamente dal fattoche l’energia dell’elettrone che in esso compare ha valori discreti uguali a quelli dell’energiadell’elettrone dell’atomo di Bohr.

La (464) puo essere scritta piu brevemente introducendo le armoniche sferiche, funzioniben note della Fisica-Matematica che assumiamo comprensive del fattore di fase:

Ylml(θ, ϕ) = (−1)

|ml|+ml2 eimlϕP

|ml|l (θ) =

(−1)|ml|+ml

2

2ll!eimlϕ sin|ml| θ

dl+|ml|

d cos θl+|ml| (cos2θ−1)l

(473)e ponendo

fnl(r) = e−anr(2anr)lL2l+1n+l (2anr) (474)

cosiccheunlml

(r, θ, ϕ) = fnl(r)Ylml(θ, ϕ)

150

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2 Interpretazione di Copenhagen

1.2.1 L’atomo di Schrodinger: le grandezze En, Lzml, L2

l come autovalori di un problema diSturm-Liouville

Riprendiamo il problema dell’integrazione dell’equazione di Schrodinger per l’atomo di i-drogeno. Riassumiamo innanzitutto i termini del problema cosı come lo abbiamo affrontatofinora.Abbiamo cercato per la (460) una soluzione stazionaria del tipo espresso dalla (461) otte-nendo cosı la (462), che possiamo riscrivere cosı:

− h2

2m0∇2

R + V(|R|)

u(R) = Eu(R) ; R ≡ r, θ, ϕ (475)

Assumendo E < 0 (condizione di elettrone legato) e imponendo sulla u le condizioni dimonodromia e limitatezza abbiamo ottenuto una “funzione d’onda associata all’elettrone”in grado di fornire valori discreti dell’energia in accordo col modello di Bohr.Se ora teniamo conto del fatto che monodromia e limitatezza possono essere considerateuna sorta di “condizioni al contorno” della (475), possiamo concludere che il problemadell’integrazione della (475) per l’atomo di idrogeno si presenta come un “problema diSturm-Liouville” e diviene cosı lecito adottare il linguaggio dei problemi agli autovalori:

se E < 0 le soluzioni monodrome e limitate u(R) della (475) (quelle che abbiamo deciso diaccettare) sono le autofunzioni dell’operatore contenuto entro parentesi graffe appartenentiad autovalori discreti En.Le autofunzioni appartenenti agli autovalori En sono le unlml

espresse dalla (464) pern = 1, 2, . . . ; 0 ≤ l ≤ n− 1 ; −l ≤ ml ≤ +l.

Notiamo che la (475) e una equazione agli autovalori nello spazio tridimensionale e chee separabile in coordinate sferiche, percio le autofunzioni unlml

che si ottengono sonoesprimibili come prodotti di autofunzioni soluzioni di tre equazioni agli autovalori ciascunain una variabile, cioe la (475) puo essere scritta cosı (v. sezione C dell’Appendice J)

−h2

2m0∇2

R + V(|R|)

Fml(ϕ)Glml

(θ)fnl(r) = EnFml(ϕ)Glml

(θ)fnl(r) (476)

e separata cosı

−h2 d2Fml

(ϕ)

dϕ2= h2m2

lFml(ϕ) (477)

− h2

sin θ

d

(

sin θdGlml

(θ)

)

+h2m2

l

sin2 θGlml

(θ) = h2l(l + 1)Glml(θ) (478)

− h2

2m0

1

r2d

dr

(

r2dfnl(r)

dr

)

+

(

h2l(l + 1)

2m0r2− q2

r

)

fnl(r) = Enfnl(r) (479)

Un altro modo di separare la (475) e il seguente:

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂Ylml

(θ, ϕ)

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2Ylml(θ, ϕ)

∂ϕ2= h2l(l + 1)Ylml

(θ, ϕ) (480)

151

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

− h2

2m0

1

r2d

dr

(

r2dfnl(r)

dr

)

+

(

h2l(l + 1)

2m0r2− q2

r

)

fnl(r) = Enfnl(r) (481)

Questo ultimo modo di separare in due sole equazioni mette in evidenza il fatto che leautofunzioni appartenenti all’autovalore h2l(l + 1) sono le armoniche sferiche Ylml

(θ, ϕ).

Per renderci conto del significato delle (477), (478) e (479) prendiamo in considerazionel’espressione (K98) della hamiltoniana di una particella in un campo di forze centrali dovutea energia potenziale V(r) = −q2/r che riscriviamo assumendo, in analogia con quanto si edetto nella sezione E del par. 1.1, che le variabili dinamiche siano operatori e stabilendo lacorrispondenza seguente

H =1

2m0

p2r +

p2θ

r2+

p2ϕ

r2 sin2 θ

− q2

r←→

←→ E = − h2

2m0

1

r2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+1

r2 sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+1

r2 sin2 θ

∂2

∂ϕ2

− q2

r(482)

che fornisce la (462) se si applica a u il membro a destra di←→ e che e basata sulle seguenticorrispondenze fra variabili dinamiche e operatori

r ←→ r

p2r ←→ p2

r = − h2

r2d

dr

(

r2d

dr

)

p2θ ←→ p2

θ = − h2

sin θ

d

(

sin θd

)

p2ϕ ←→ p2

ϕ = −h2 d2

dϕ2

H ←→ E = − h2

2m0∇(s)

R2− q2

r; R ≡ r, θ, ϕ

(483)

essendo ∇(s)R

2l’espressione contenuta entro parentesi graffe a membro destro della cor-

rispondenza (482). Ne segue che le (477), (478) e (479) diventano

p2ϕFml

(ϕ) = h2m2lFml

(ϕ)

(

p2θ +

h2m2l

sin2 θ

)

Glml(θ) = h2l(l + 1)Glml

(θ)

1

2m0

(

p2r +

h2l(l + 1)

r2

)

− q2

r

fnl(r) = − m0q4

2h2n2fnl(r)

(484)

Ricordando la (M76) si puo scriverepϕ = Lz

e quindi la prima delle (484) si puo scrivere anche cosı

L2zFml

(ϕ) = h2m2l Fml

(ϕ)

152

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ovvero cosıLzFml

(ϕ) = hmlFml(ϕ) (485)

come e facile verificare moltiplicando quest’ultima per Lz. Notiamo infine che dalla (M76)si ottiene

p2θ +

p2ϕ

sin2 θ= p2

θ +L2z

sin2 θ= p2

θ +h2m2

l

sin2 θ= L2 (486)

e percio la (482) si puo scrivere anche cosı

H =

1

2m0

(

p2r +

L2

r2

)

− q2

r

←→ E = − h2

2m0r2

∂r

(

r2∂

∂r

)

+ h2l(l + 1)

− q2

r(487)

Dunque le (484) possono essere riscritte cosı

LzFml(ϕ) = hmlFml

(ϕ) (488)

L2Glml(θ) = h2l(l + 1)Glml

(θ) (489)

Hfnl(r) = − m0q4

2h2n2fnl(r) (490)

il che mostra che

- gli En = −m0q4

h2n2 con n = 1, . . .∞ sono gli autovalori dell’operatore energia H,

- gli h2l(l+1) con 0 ≤ l ≤ n− 1 sono gli autovalori dell’operatore quadrato del modulo delmomento angolare L2,

- gli hml con −l ≤ ml ≤ +l sono gli autovalori dell’operatore componente lungo z delmomento angolare Lz.

Si noti che la seconda e terza equazione rappresentano problemi agli autovalori con soluzio-ne degenere. Infatti gli autovalori della seconda equazione non dipendono da ml percio perogni l si hanno 2l + 1 autofunzioni Glml

mentre, per cio che riguarda la terza equazione,gli autovalori En non dipendono da l e neppure da ml, percio per ogni autovalore En sihanno n autofunzioni fnl (una per ogni l = 0, 1, . . . , n−1) e per ognuna di queste si hanno2l + 1 autofunzioni Fml

(ϕ)Glml(θ) = Ylml

(θ, ϕ) (una per ogni ml = −l, . . . , 0, 1, . . . ,+l).Il grado di degenerazione e espresso complessivamente da

d =n−1∑

l=0

(2l + 1) = 2n−1∑

l=0

(l +1

2) = 2

n−1∑

1

l +n∑

1

1 = 2(n− 1)((n − 1) + 1)

2+ n = n2 (491)

Quindi per ogni autovalore En vi sono n2 autofunzioni diverse.Vi sono due distinte cause di questa degenerazione.Una e la simmetria sferica del sistema “particella in un campo di forze centrali”, che daorigine alla cosiddetta degenerazione magnetica. La simmetria rende arbitraria la direzionedell’asse z, che puo assumere 2l + 1 direzioni diverse.Si puo mostrare che questa arbitrarieta della direzione (discretizzata) dell’asse z viene amancare se nel sistema meccanico nucleo-elettrone vi e una direzione privilegiata, comequella che puo aversi in presenza di un campo magnetico. In questo caso la degenerazionemagnetica (l’origine di questa denominazione appare ora evidente) scompare e l’energiadell’elettrone diviene dipendente anche da ml.

153

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

La seconda causa della degenerazione di En e associata con tutti i potenziali di tipo coulom-biano, cioe proporzionali all’inverso della distanza, e da origine alla cosiddetta degenerazio-ne coulombiana. Una deviazione anche lieve da questa legge rimuove questa degenerazione,cosicche l’energia risulta dipendere da l oltre che da n e si ha E = Enl. Ora un potenzialedi tipo coulombiano si ha solo nel caso dell’atomo di idrogeno o negli atomi idrogenoidi,quindi si ha degenerazione coulombiana solo in questi. In ogni altro atomo si ha E = Enl.

1.2.2 Funzione d’onda di un sistema meccanico e Principio di sovrapposizione

Risolvendo l’equazione di Schrodinger per l’atomo di idrogeno in stato stazionario si ottienela (463). Le unlml

formano un insieme ortogonale, e lo formano separatamente anche le

eimlϕP|ml|l (cos θ), che nella (473) abbiamo indicato con Ylml

(θ, ϕ)

∫ 2π

0

∫ π

0

Y ∗lml

(θ, ϕ)Ylml(θ, ϕ) sin θdθ =

= (−1)|ml|+ml

∫ 2π

0

ei(−ml+m′l)ϕdϕ

∫ π

0

P|ml|l (cos θ)P

|m′l|

l′ (cos θ) sin θdθ

= 2π(−1)|ml|+ml2(l + |ml|)!(l − |ml|)!

1

2l + 1δll′δmlm′

l(492)

e le e−anr(2anr)lL2l+1n+l (2anr), che nella (474) abbiamo indicato con fnl(r)

∫ ∞

0

f∗nl(r)fn′ l(r)r2dr =

2n (n + l)!3(2an)3(n− l − 1)!

δnn′ (493)

e inoltre le Ylml(θ, ϕ) e fnl(r) possono essere normalizzate moltiplicandole rispettivamente

per le costanti Clmle Cnl definite come l’inverso della radice quadrata del coefficiente

rispettivamente di δll′δmlm′l

e di δnn′ cioe

Clml=

1√2π

(−1)|ml|+ml

2

(2l + 1)(l − |ml|)!2(l + |ml|)!

12

; [Clml] = adimensionale (494)

e

Cnl =

(2an)3(n− l − 1)!

2n(n+ l)!3

12

; [Cnl] = [an]3/2 = L−3/2 (495)

e quindi le unlml(r, θ, ϕ) formano un sistema ortonormale costituito dai vettori

unlml(r, θ, ϕ) = eimlϕ

(−1)|ml|+ml

2√2π

(2l + 1)(l − |ml|)!2(l + |ml|)!

12

P|ml|l (cos θ) ·

·

(2an)3 (n− l − 1)!

2n(n+ l)!3

12

e−anr(2anr)lL2l+1n+l (2anr) (496)

per i quali vale la∫

u∗nlml(r, θ, ϕ)un′l′m′

l(r, θ, ϕ)r2 sin θdrdθdϕ = δnn′δll′δmlm′

l(497)

154

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Le (496) costituiscono una base di uno spazio di Hilbert a dimensione infinita e quindil’integrale generale della (460), che e espresso da:

ψ(r, θ, ϕ, t) =∞∑

n=1

n−1∑

l=0

+l∑

ml=−lcnlml

unlml(r, θ, ϕ)e−

ihEnt (498)

=

∞∑

n=1

n−1∑

l=0

+l∑

ml=−lcnlml

(−1)|ml|+ml

2√2π

(2l + 1)(l − |ml|)!(2an)3(n− l − 1)!

2(l + |ml|)!2n(n + l)!3

12

·

· eimlϕP|ml|l (cos θ)e−anr(2anr)

lL2l+1n+l (2anr)e

− ihEnt ; [ψ] = L− 3

2 (499)

e uno sviluppo in serie delle funzioni ortonormali unlml. Si puo anche scrivere

ψ(r, θ, ϕ, t) =

∞∑

n=1

n−1∑

l=0

+l∑

ml=−lcnlml

Ylml(θ, ϕ)fnl(r)e

− ihEnt (500)

avendo evidenziato l’armonica sferica

Ylml(θ, ϕ) =

(−1)|ml|+ml

2√2π

(2l + 1)(l − |ml|)!2(l + |ml|)!

12

eimlϕP|ml|l (cos θ) ; [Ylml

] = adimens.

(501)che esplicitiamo per alcuni valori di l e ml con −l ≤ ml ≤ +l:

l ml Ylml(θ, ϕ)

0 0 (1/4π)1/2

1 0 (3/4π)1/2 cos θ

1 ±1 ∓(3/8π)1/2 sin θe±iϕ

2 0 (5/16π)1/2(3 cos2 θ − 1)

2 ±1 ∓(15/8π)1/2 sin θ cos θe±iϕ

2 ±2 (15/32π)1/2 sin2 θe±2iϕ

3 0 (7/16π)1/2(5 cos2 θ − 3) cos θ

3 ±1 ∓(21/64π)1/2(5 cos2 θ − 1) sin θe±iϕ

3 ±2 (105/32π)1/2 sin2 θ cos θe±2iϕ

3 ±3 ∓(35/64π)1/2 sin3 θe±3iϕ

...........................................................

e avendo evidenziato la funzione radiale

fnl(r) =

(2an)3 (n− l − 1)!

2n (n + l)!3

12

e−anr(2anr)lL2l+1n+l (2anr) ; [fnl(r)] = L−3/2 (502)

che esplicitiamo per alcuni valori di n e l con 0 ≤ l ≤ n− 1:

n l fnl(r)

1 0 2a3/21 e−a1r

155

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

2 0 (2a2)3/2(1/

√2)(1 − a2r)e

−a2r

2 1 (2a2)3/2(1/

√6)a2re

−a2r

3 0 (3a3)3/2(2/9

√3)(3 − 6a3r+ 2a2

3r2)e−a3r

3 1 (3a3)3/2(4/27

√6)(4a3r − 3a2

3r2)e−a3r

3 2 (3a3)3/2(4/9

√30)a2

3r2e−a3r

............................................................

L’assunzione che la (498) sia uno sviluppo in serie di funzioni ortonormali unlml(r, θ, ϕ)

implica la condizione

+∞∫

−∞

ψ∗ψdx =

+∞∫

−∞

n,n′

l,l′

mlm′l

c∗nlmlu∗nlml

eihEtcn′l′m′

lun′l′m′

le−

ihEn′ tdτ

=∑

n,n′

l,l′

ml,m′l

c∗n,l,mlcn′,l′,m′

le

ihEnte−

ihEn′ t

+∞∫

−∞

u∗n,l,mlu∗n′,l′,m′

ldτ

=∑

n,n′

l,l′

ml,m′l

c∗n,l,mlcn′,l′,m′

le

ihEnte−

ihEn′ tδnn′δll′δmlm′

l

=∑

n,l,ml

|cnlml|2 <∞

Le costanti cnlmlsi determinano, una volta nota la condizione iniziale ψ(r, θ, ϕ, 0) =

ψ0(r, θ, ϕ), nel modo seguente. Si ha:

ψ(r, θ, ϕ, 0) = ψ0(r, θ, ϕ) =∑

n,l,ml

cnlmlunlml

(r, θ, ϕ) (503)

Moltiplichiamo scalarmente per unlml(r, θ, ϕ) ottenendo

u∗nlmlψ0r

2 sin θdrdθdϕ =

u∗nlml

n′,l′,m′l

cn′l′m′lun′l′m′

lr2 sin θdrdθdϕ

ovvero∫

u∗nlmlψ0r

2 sin θdrdθdϕ =∑

n′,l′,m′l

cn′l′m′l

u∗nlmlun′l′m′

lr2 sin θdrdθdϕ

da cui (v. eq. (497))∫

u∗nlmlψ0r

2 sin θdrdθdϕ =∑

n′,l′,m′l

cn′l′m′lδn′nδl′lδm′

lml

= cnlml(504)

percio la funzione d’onda del sistema meccanico “elettrone in stato stazionario in un campodi forze centrali” e rappresentata, come mostra la (498), dalla combinazione lineare di tuttele infinite e discrete funzioni d’onda associate alle terne E1, Lz1, L2

1; E2, Lz2, L22; . . .

Abbiamo cosı un esempio di come opera il Principio di sovrapposizione di cui si e parlatocommentando le (296) e (298).Quale sia il significato della ψ cosı costruita verra specificato piu avanti (v. par. 1.2.7).

156

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2.3 Variabili dinamiche e operatori

Consideriamo l’equazione di Schrodinger per l’atomo di idrogeno.Ricordiamo che i valori permessi per il quadrato del modulo del momento angolare dell’e-lettrone legato al nucleo sono gli autovalori che si ottengono dall’equazione (480):

−h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂Ylml

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2Ylml

∂ϕ2= h2l(l + 1)Ylml

(505)

Riscrivendola cosı

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2

∂ϕ2

Ylml= h2l(l + 1)Ylml

(506)

viene evidenziato entro parentesi graffe l’operatore L2 i cui autovalori sono h2l(l + 1) e lecui autofunzioni normalizzate sono le armoniche sferiche Ylml

(v. eq. (501)).Deve quindi essere lecito stabilire la corrispondenza

L2 ←→− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2

∂ϕ2(507)

Ci proponiamo di verificare che la (507) coincide con l’espressione che si ottiene partendodalla definizione che in meccanica classica si da del quadrato del modulo del momentoangolare

L2 = (R× p) · (R× p), (508)

trasformando questa in una equazione operatoriale

L2 = (R × p) · (R × p), (509)

ricordando la corrispondenza (v. eq. (335))

p←→−ih∇ (510)

e la (332)

R ←→ R (511)

e passando a coordinate sferiche.Per effettuare la verifica conviene innanzitutto riscrivere la (508) nel modo seguente

L2 = (R× p) · (R× p) =[

ε : (Rp)]

·[

ε : (Rp)]

= εijkεimlRjpkRmpl

dove si e fatto attenzione a non modificare le posizioni relative delle componenti di Re p rispetto alle posizioni che hanno nella (509), in vista della trasformazione di questecomponenti in operatori che, come sappiamo, possono non commutare. Ricordando la(A7) dell’Appendice A si ha

L2 = (δjmδkl − δjlδkm)RjpkRmpl = RjpkRjpk −RjpkRkpj (512)

157

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora passiamo agli operatori tenendo conto della (345) che ora diviene Rj pk− pkRj = ihδjkcosicche

L2 = Rj(Rj pk − ihδjk)pk − (pkRj + ihδjk)Rk pj= RjRj pk pk − ihRj pj − pkRjRk pj − ihRj pj= RjRj pk pk − 2ihRj pj − pkRkRj pj= (R · R)(p · p)− 2ih(R · p)− (p · R)(R · p)

e infineL2 = R2p2 − (2ih+ p · R)(R · p) (513)

Confrontiamo questa espressione operatoriale con la corrispondente classica che ricaviamodalla (512) riscrivendola cosı

L2 = (RjRj)(pkpk)− (Rjpj)(Rkpk)

cioe scambiando di posto liberamente le componenti di p con le componenti di R, e quindi

L2 = R2p2 − (R · p)2

Possiamo cosı constatare che la diversita strutturale fra le due e causata dal fatto che Rknon commuta con pk e che si passa da L2 a L2 ponendo h = 0.

Conviene poi, per motivi che appariranno chiari fra poco, prendere in considerazione il

commutatore [R, R · p] e notare che

[R, R · p] = RR · p− R · pR= RR · p− R · pR+ R · Rp− R · Rp= R · [R, p] + RR · p − R · Rp= R · [R, p] + RR · p − RR · p

Poiche R commuta con una qualunque f(R) e quindi con f(R) = R (v. la sezione F delpar. 1.1) si ha:

RR · p− R · Rp = RR · p− RR · p = 0

e quindi

[R, R · p] = R · [R, p]

Tenendo presente la (353) e assumendo f(R) = R si puo scrivere

[R, R · p] = R · [R, p] = R · ih∇R = R · ihRR

= ihR2

R= ihR

cioe RR · p − R · pR = ihR e ancora R−1RR · p − R−1R · pR = ihR−1R cosicche

R · p− R−1R · pR = ih e quindi

R · p = R−1R · pR+ ih (514)

158

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Infine notiamo che dalla (354) si ricava p · R = R · p − ih∇ · R e quindi

p · R = R · p− 3ih (515)

A questo punto occorre introdurre nelle (513), (514), (515) le corrispondenze (510) e (511)e passare a coordinate sferiche (il passaggio e indicato da →).

Cominciamo dalla R · p, che compare in tutte le espressioni che intendiamo rielaborare:

R · p←→R · (−ih∇)→ R(s) · (−ih∇(s))

Essendo

R(s)= rer ; ∇(s) = er

∂r+ eθ

1

r

∂θ+ eϕ

1

r sin θ

∂ϕ(516)

possiamo riscriverla cosı

R · p←→R · (−ih∇)→ −ihrer ·(

er∂

∂r+ eθ

1

r

∂θ+ eϕ

1

r sin θ

∂ϕ

)

= −ihr ∂∂r

Ponendo

pr = −ih ∂∂r

segue

R · p←→ R · (−ih∇)→ R(s) · (−ih∇(s)) = rpr (517)

Cio premesso, passiamo a considerare la (515) alla quale facciamo corrispondere la

(−ih∇) · R = R · (−ih∇)− 3ih→ rpr − 3ih (518)

Passiamo poi alla (514) alla quale facciamo corrispondere la:

R · (−ih∇) = R−1R · (−ih∇)R + ih→ rpr =1

rrprr + ih

e quindirpr = prr + ih

Quest’ultima relazione, sostituita nella (518), fornisce

(−ih∇) · R → prr − 2ih (519)

Passiamo infine alla (513). Tenendo conto delle (519) e (517) si ottiene

L2 ←→−h2R2∇2 −(

2ih+ (−ih∇) · R)(

R · (−ih∇))

→→ −h2r2∇(s)2− (2ih + prr− 2ih)rpr (520)

ovvero

L2 ←→−h2r2∇(s)2 − prrrpr

←→−h2r2∇(s)2 − (−ih)∂

∂r

(

rr (−ih)∂

∂r

)

←→−h2r2∇(s)2 + h2 ∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

(521)

159

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e infine, essendo (v. eq. (J5))

∇(s)2 =

1

r2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+1

r2 sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+1

r2 sin2 θ

∂2

∂ϕ2

si ottiene

L2 ←→− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2

∂ϕ2(522)

Si conclude quindi che la (507) e verificata, cosicche la (506) puo essere scritta cosı:

L2Ylml(θ, ϕ) = h2l(l + 1)Ylml

(θ, ϕ) (523)

* * *

Consideriamo ancora l’equazione di Schrodinger per l’atomo di idrogeno.I valori permessi per la componente Lz del momento angolare dell’elettrone si ottengonodall’equazione agli autovalori

−ih d

Fml(ϕ) = hmlFml

(ϕ) (524)

che e in accordo con la (477) perche

−ih d

−ih d

Fml(ϕ) = hml

(

−ih d

)

Fml(ϕ) = h2m2

lFml(ϕ)

Entro le parentesi graffe della (524) vi e l’operatore differenziale Lz i cui autovalori sonohml e le cui autofunzioni sono le Fml

(ϕ).Deve quindi essere lecito stabilire la corrispondenza

Lz ←→−ih∂

∂ϕ(525)

Ci proponiamo di verificare la validita della (525) partendo dalla definizione che in mecca-nica classica si da del momento angolare

L = R× p, (526)

trasformando questa in una equazione operatoriale

L = R × p, (527)

ricordando le corrispondenze (v. eq. (332) e (335))

R ←→ R ; p←→−ih∇

e passando a coordinate sferiche (R ≡ r, θ, ϕ) con base er, eθ, eϕ cosicche otteniamo(v. eq. (516))

L←→ −ihrer ×(

er∂

∂r+ eθ

1

r

∂θ+ eϕ

1

r sin θ

∂ϕ

)

160

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ricordando cheer × er = 0 ; er × eθ = eϕ ; er × eϕ = −eθ

si ha

L←→−ih(

eϕ∂

∂θ− eθ

1

sin θ

∂ϕ

)

(528)

Ora ci proponiamo di trasformare la base eθ, eϕ nella base ı, , k ottenendo cosı le compo-

nenti cartesiane ortogonali Lx, Ly, Lz in funzione delle coordinate sferiche θ, ϕ. Basta perquesto ricordare le (M73) che forniscono eϕ e eθ in funzione di ı, , k:

eθ = cos θ cosϕı+ cos θ sinϕ− sin θk

eϕ = − sinϕı+ cosϕ

Si trova cosı

Lx ←→ ih

(

sinϕ∂

∂θ+ cot θ cosϕ

∂ϕ

)

Ly ←→−ih(

cosϕ∂

∂θ− cot θ sinϕ

∂ϕ

)

Lz ←→−ih∂

∂ϕ

(529)

La (525) e in accordo con l’ultima delle (529). La (524) puo quindi essere riscritta cosı:

LzFml(ϕ) = hmlFml

(ϕ) (530)

Osserviamo, per inciso, che la (507) si puo riscrivere cosı:

L2(Lz)←→−h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+L2z

sin2 θ(531)

dove si e messo in evidenza la dipendenza di L2 da Lz.

Osserviamo anche che le (529) sono state ottenute avendo assunto che l’asse polare delsistema di coordinate sferiche sia coincidente con l’asse z, come si fa usualmente. Si puopero, ovviamente, assumere un altro asse, ad esempio l’asse x. In questo caso si ha:

eθ = − sin θı + cos θ cosϕ+ cos θ sinϕk

eϕ = − sinϕ+ cosϕk

e quindi le (529) diventano

Lx ←→−ih∂

∂ϕ

Ly ←→ ih

(

sinϕ∂

∂θ+ cot θ cosϕ

∂ϕ

)

Lz ←→−ih(

cosϕ∂

∂θ− cot θ sinϕ

∂ϕ

)

(532)

161

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Notiamo che questo risultato avrebbe potuto essere ottenuto semplicemente ruotando gliindici x, y, z della (529) e cioe ponendo in questa x in luogo di z, z in luogo di y e y inluogo di x.

* * *

Consideriamo ancora l’equazione di Schrodinger per l’atomo di idrogeno.Ricordiamo che i valori permessi per l’energia totale dell’elettrone legato al nucleo sono gliautovalori dell’equazione (481):

− h2

2m0

1

r2d

dr

(

r2dfnldr

)

+

(

h2l(l + 1)

2m0r2− q2

r

)

fnl(r) = Enfnl(r)

Riscrivendola cosı

− h2

2m0

1

r2d

dr

(

r2d

dr

)

+h2l(l + 1)

2m0r2− q2

r

fnl(r) = Enfnl(r) (533)

viene evidenziato entro parentesi graffe l’operatore H i cui autovalori sono En e le cuiautofunzioni normalizzate sono le fnl espresse dalla (502).Deve percio essere lecito stabilire la corrispondenza

H ←→ − h2

2m0

1

r2d

dr

(

r2d

dr

)

+h2l(l + 1)

2m0r2− q2

r(534)

dove notiamo la presenza dell’energia potenziale efficace

h2l(l + 1)

m0r2− q2

r

Ci proponiamo di verificare che la (534) coincide con l’espressione che si ottiene partendodalla definizione che in meccanica classica si da, in coordinate sferiche, dell’energia totaledi un elettrone legato al nucleo dell’atomo di idrogeno (v. eq. (438)):

H =1

2m0

(

p2r +

L2

r2

)

− q2

r(535)

trasformando questa in una equazione operatoriale

H =1

2m0

(

p2r +

L2

r2

)

− q2

r,

inserendo in luogo di L2 i suoi autovalori h2l(l+1) e ricordando la prima e la seconda dellecorrispondenze (483) cui affianchiamo la

r2 ←→ r2

Si ottiene cosı

H ←→ − h2

2m0r2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+h2l(l + 1)

2m0r2− q2

r(536)

162

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

che coincide con la (534).Si conclude quindi che la validita di quest’ultima e verificata, cosicche la (533) si puoscrivere cosı

Hfnl(r) = Enfnl(r)

* * *

Rimangono ora da esaminare gli operatori R e p, per i quali abbiamo gia ammesso cheesistano le corrispondenze (510) e (511), e quindi non occorre effettuare verifiche.Cio di cui non si e ancora parlato sono le loro equazioni agli autovalori e i procedimenti dinormalizzazione delle loro autofunzioni.Iniziamo da R. Per la sua componente x vale l’equazione agli autovalori

xux′(x) = x′ux′(x) (537)

dove con x′ si e indicato un autovalore di x. Poiche dalla (511) si ricava x←→ x, si ha

xux′(x) = x′ux′(x) (538)

Questa equazione ammette soluzioni per qualsiasi x′ compreso fra −∞ e +∞; segue quindiche lo spettro degli autovalori di x e illimitato e continuo e percio x non ha autofunzionipropriamente dette nello spazio di Hilbert.Tuttavia per x, cosı come per px che esamineremo piu avanti, vale il Teorema di risoluzionespettrale cui si accenna nella sezione B del par. 1.4.2.Cio autorizza a introdurre il concetto di autofunzione impropria e ad usare x come operatorenello spazio di Hilbert.Formalmente cio puo essere espresso riferendosi a un oggetto matematico noto col nomedi “funzione” δ di Dirac, di cui assumiamo siano note le proprieta.Il suo impiego in meccanica quantistica puo essere giustificato rigorosamente proprio sul-la base del Teorema di risoluzione spettrale, tuttavia qui ne faremo un uso intuitivo edelementare, come ora vedremo.Un’ autofunzione ux′ di x appartenente a x′ deve essere nulla per ogni x 6= x′ e deve esserediversa da zero per x = x′. Tale proprieta e posseduta dalla funzione di Dirac, percio

ux′(x) = δ(x− x′) (539)

La condizione di normalizzazione per ux′ e espressa da:

+∞∫

−∞

u∗x′(x)ux′′(x)dx =

+∞∫

−∞

δ(x− x′)δ(x− x′′)dx = δ(x′ − x′′) (540)

Conviene ora mettere in evidenza lo sviluppo di ψ(x) nelle autofunzioni (539).Si ha cosı, tenendo conto del fatto che x′ e un indice continuo:

ψ(x) =

+∞∫

−∞

a(x′)ux′dx′ =

+∞∫

−∞

a(x′)δ(x− x′)dx′

163

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

dove gli a(x′) sono i coefficienti dello sviluppo. Se ora introduciamo la dipendenza da tpossiamo scrivere

ψ(x, t) =

+∞∫

−∞

a(x′ , t)δ(x− x′)dx′ (541)

Esaminiamo ora l’operatore p.Per la componente px vale l’equazione agli autovalori

pxupx(x) = pxupx

(x)

dove px e un autovalore di px. Poiche px ←→−ih∂/∂x si ha

−ih ∂

∂xupx

(x) = pxupx(x) (542)

da cui si ottiene l’autofunzioneupx

= Aeihpxx

dove A e una costante di integrazione. Si vede che anche lo spettro degli autovalori di−ih∂/∂x e illimitato e continuo percio le autofunzioni ad essi appartenenti sono improprie.Per normalizzare l’autofunzione upx

occorre imporre che

+∞∫

−∞

u∗p′x(x)up′′x (x)dx = δ(p′x − p′′x) (543)

ovvero

A2

+∞∫

−∞

e−ih(p′x−p′′x)xdx = A2h

1

+∞∫

−∞

e−i(p′x−p′′x) x

h dx

h= δ(p′x − p′′x)

da cui tenendo conto della (N8) si ricava A2h = 1 e quindi

A =1√h

percio le autofunzioni normalizzate di pxopsono espresse da

upx=

1√he

ihpxx (544)

Il vettore di stato ψ(x, t) puo essere sviluppato in integrale delle autofunzioni (544)

ψ(x, t) =1√h

+∞∫

−∞

ϕ(px, t)eihpxxdpx (545)

dove gli ϕ(px, t) sono i coefficienti dello sviluppo.

164

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Vogliamo ora riprendere e generalizzare il problema della normalizzazione delle autofun-zioni appartenenti ad autovalori aventi spettro continuo.Consideriamo un vettore di stato espresso come sviluppo con coefficienti af nelle autofun-zioni ortonormali uf (x) di un operatore avente spettro di autovalori continuo:

ψ(x) =

+∞∫

−∞

afuf (x)df (546)

La relazione di completezza per questo vettore e

+∞∫

−∞

ψ∗ψdx =

+∞∫

−∞

a∗fafdf (547)

Inseriamo nell’integrando a membro sinistro della (547) la complessa coniugata della (546):

+∞∫

−∞

+∞∫

−∞

a∗fu∗fdfψdx =

+∞∫

−∞

a∗fafdf (548)

ovvero+∞∫

−∞

a∗f

+∞∫

−∞

u∗fψdx

df =

+∞∫

−∞

a∗fafdf

Risulta allora evidente che

af =

+∞∫

−∞

u∗f (x)ψ(x)dx, (549)

Sostituiamo nella (549) la (546)

af =

+∞∫

−∞

u∗f (x)

+∞∫

−∞

af ′uf ′(x)df ′dx (550)

ovvero

af =

+∞∫

−∞

af ′

+∞∫

−∞

u∗f(x)uf ′ (x)dx

df ′

Questa relazione deve valere per qualunque af , percio deve essere una identita. Cio e verose

+∞∫

−∞

u∗fuf ′dx = δ(f − f ′) (551)

Infatti in tal caso si ha

af =

+∞∫

−∞

af ′δ(f − f ′)df ′

165

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

che e una identita.La (551) e la relazione di normalizzazione di uf ed e in accordo con la (540) e la (543).

Al termine di questo paragrafo 1.2.3 appare ragionevole ritenere avvalorata l’assunzione chein meccanica di Schrodinger le variabili dinamiche di un sistema fisico siano rappresentateda operatori algebrico/differenziali appartenenti allo spazio di Hilbert associato al sistema.I valori che una variabile dinamica G cui e associato l’operatore G puo assumere sono gliautovalori gi di G, un fatto su cui si era attirata l’attenzione gia nel par. 1.2.1.Occorre ovviamente che l’operatore sia in grado di fornire, con i suoi autovalori, tutti i valoriche G puo sperimentalmente assumere. Occorre anche che questi autovalori siano reali,cosı come lo sono i valori di una grandezza fisica. Occorre infine, nel caso di autovaloridotati di spettro continuo, che siano risolvibili problemi di normalizzazione di notevolecomplessita che in questo capitolo abbiamo appena sfiorato limitandoci a introdurre, sullabase di considerazioni elementari, la “funzione” δ di Dirac.

166

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2.4 Operatori in Meccanica quantistica

In questo paragrafo ci proponiamo di mettere in evidenza le principali caratteristiche deglioperatori ai quali si fa riferimento in meccanica quantistica.Del termine “operatore” faremo l’uso piu generale indicando con esso, a seconda dell’oc-correnza, una espressione in forma algebrico/differenziale oppure matriciale; molte volteun operatore sara indicato, piu semplicemente, con un simbolo, lasciando imprecisata laforma della rappresentazione.Nella sezione A) di questo capitolo si riprende il concetto di operatore inteso come tra-sformazione lineare; nella sezione B) viene introdotta la definizione di operatore limitato;nella sezione C) viene ripresa la definizione di operatore hermitiano e viene fornita la di-mostrazione della hermiticita di operatori di uso frequente; nella sezione D) si riprende ladefinizione di unitarieta di un operatore; nella sezione E) si dimostra che gli autovalori diun operatore hermitiano sono reali; nella sezione F) si riprende il concetto di completezzadi un operatore, in particolare di un operatore hermitiano; nella sezione G) si evidenzial’esistenza di una importante proprieta degli autovettori di operatori che commutano; nellasezione H viene definito l’operatore di proiezione.

A) OPERATORI LINEARI

Uno spazio vettoriale V ≡ ξ, η, ζ, . . . su un campo commutativo F ≡ a, b, c, . . . si dicedotato di prodotto interno o prodotto scalare se in esso e definita una operazione dettaprodotto interno (o scalare) che ad ogni coppia ordinata ξ, η di vettori di V associa unelemento di F . L’operazione si indica con (ξ, η) ed e dotata delle seguenti proprieta:

SP1) (ξ, η) = (η, ξ)∗

SP2) (ξ, ξ) e reale e ≥ 0 ; e uguale a zero solo se ξ = 0

SP3) (ξ, η + ζ) = (ξ, η) + (ξ, ζ)

SP4) (ξ, cη) = c(ξ, η)

si parla di spazio dotato di prodotto interno complesso. Se F = R (numeri reali), allora siparla di spazio dotato di prodotto interno reale; se F = C (numeri complessi)Dalle SP1), SP3), SP4) si deducono anche le seguenti proprieta

SP3′) (ξ + η, ζ) = (ζ, ξ + η)∗ = (ζ, ξ)∗ + (ζ, η)∗ = (ξ, ζ) + (η, ζ)

SP4′) (cξ, η) = (η, cξ)∗ = c∗(η, ξ)∗ = c∗(ξ, η)In meccanica quantistica gli operatori che si prendono in considerazione sono esclusiva-mente quelli lineari.Premesso che il dominio di un operatore e l’insieme dei vettori su cui esso opera, si definiscelineare un operatore Ω se, indicati con ψ e χ due vettori del suo dominio di definizione econ c una costante, valgono le relazioni

Ω(ψ + χ) = Ωψ +Ωχ (552)

Ω(cψ) = cΩψ (553)

167

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

B) OPERATORI LIMITATI

Si dice che un operatore Ω e limitato se vale la condizione

‖ Ωψ ‖‖ ψ ‖ ≤ C (554)

dove C e una costante.Se questa condizione non e verificata l’operatore e detto illimitato.Un operatore limitato e definito in tutto lo spazio vettoriale in cui opera. Invece il do-minio di un operatore illimitato e costituito da un insieme di vettori denso, e quindi noncoincidente con tutto lo spazio vettoriale.

C) OPERATORI HERMITIANI

Nel par. 1.2.1 si e messo in evidenza il fatto che in meccanica quantistica, sia quella diSchrodinger che quella di Heisenberg, le variabili dinamiche vengono espresse da operatorii cui autovalori rappresentano i possibili valori che le variabili possono assumere.Ora poiche le variabili fisiche possono assumere solamente valori reali, gli autovalori deglioperatori ad esse associati devono essere reali.Cio pone una condizione sugli operatori quantistici: essi devono essere hermitiani.Nella sezione E verra data una dimostrazione della realta degli autovalori di un opera-tore hermitiano: per ora ci proponiamo di introdurre la definizione di hermiticita di unoperatore.

Sono dati un operatore Ω e due vettori ψ(R) e χ(R) appartenenti allo spazio in cui Ωopera (ometteremo, per semplicita, di evidenziare la dipendenza di ψ e χ da R).Si definisce coniugato hermitiano o aggiunto di Ω e si indica con Ω† l’operatore definito da

(ψ,Ω†χ) = (Ωψ,χ) ; (Ω†χ,ψ)∗ = (χ,Ωψ)∗ (555)

ovvero∫

ψ∗Ω†χdR =

(Ωψ)∗χdR ;

(Ω†χ)ψ∗dR =

χ(Ωψ)∗dR (556)

e anche, se Ω e in rappresentazione matriciale,

Ω†km = Ω∗

mk

Esempio

L’aggiunto di un numero a e definito da

(ψ, a†χ) = (aψ, χ)

Ricordando le espressioni SP4 e SP4′ della sezione A si ottiene:

a†(ψ, χ) = a∗(ψ, χ)

168

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e quindia† = a∗

cioe l’aggiunto di un numero a e il complesso coniugato di a.

E detto hermitiano o autoaggiunto un operatore Ω tale che Ω = Ω†, cosicche la definizionedi autoaggiuntezza o hermiticita e contenuta in

(ψ,Ωχ) = (Ωψ,χ) ; (Ωχ,ψ)∗ = (χ,Ωψ)∗ (557)

ovvero∫

ψ∗ΩχdR =

(Ωψ)∗χdR ;

(Ωχ)ψ∗dR =

χ(Ωψ)∗dR (558)

e ancheΩkm = Ω∗

mk (559)

E detto antihermitiano un operatore Ω tale che Ω = −Ω† cosicche

(ψ,Ωχ) = −(Ωψ,χ) ; (Ωχ,ψ)∗ = −(χ,Ωψ)

ovvero∫

ψ∗ΩχdR = −∫

(Ωψ)∗χdR ;

(Ωχ)ψ∗dR =

χ(Ωψ)∗dR (560)

e ancheΩkm = −Ω∗

mk (561)

Esempi.

• Un numero reale c qualsivoglia e hermitiano.Infatti, tenendo conto della definizione di realta c = c∗, si ha

ψ∗(cχ)dR =

(c∗ψ)∗χdR =

(cψ)∗χdR (562)

• L’unita immaginaria i e antihermitiana.Infatti

ψ∗(iχ)dR =

(i∗ψ)∗χdR = −∫

(iψ)∗χdR

• L’operatore identita 11 e hermitiano.

• Se Ω e Θ sono operatori hermitiani, anche la loro somma e un operatore hermitiano.Piu in generale si puo facilmente verificare che una combinazione lineare di operatori her-mitiani

aΩ + bΘ (563)

con a e b numeri reali e un operatore hermitiano.

• L’operatore

−ih ∂

∂xk

169

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e hermitiano. Infatti∫

ψ∗(

− ih ∂

∂xkχ)

dR = −ih∫

ψ∗ ∂χ

∂xkdR

= −ih∫

∂ψ∗χ

∂xkdR+ ih

∂ψ∗

∂xkχdR

=

(

− ih ∂

∂xkψ)∗χdR (564)

dove si e applicato il teorema di Gauss e si e tenuto conto del fatto che ψ e χ si annullanosulla superficie del volume di integrazione.

• L’operatore

±h ∂

∂xk(565)

e antihermitiano, come si puo facilmente verificare applicando il teorema di Gauss

ψ∗(

±h ∂

∂xkχ)

dR =

(

±h∂ψ∗χ

∂xk

)

dR−∫

(

±h∂ψ∗

∂xkχ)

dR = −∫

(

±h ∂

∂xkψ)∗χdR (566)

• Se Ω e antihermitiano, allora iΩ e hermitiano.

• L’operatore

−h2 ∂2

∂xk2 (567)

e hermitiano.Infatti applicando ripetutamente il teorema di Gauss e tenendo conto del fatto che la ψ siannulla sulla superficie del volume di integrazione si puo scrivere

ψ∗(

−h2 ∂2

∂xk2χ

)

dR = −h2

ψ∗ ∂

∂xk

(

∂χ

∂xk

)

dR

= −h2

∂xk

ψ∗(

∂χ

∂xk

)

dR+ h2

∂χ

∂xk∂ψ∗

∂xkdR

= h2

∂χ

∂xk∂ψ∗

∂xkdR

= h2

∂xk

χ

(

∂ψ∗

∂xk

)

dR− h2

∂2ψ∗

∂xk2 χdR

e infine∫

ψ∗(

−h2 ∂2

∂xk2χ

)

dR =

∫(

−h2 ∂2

∂xk2ψ

)∗χdR (568)

• L’operatore

pr = −ih ∂∂r

introdotto nel par. 1.2.3 non e hermitiano. Infatti osserviamo che dalla (517) si ricava

(rpr)† = (R · p)†

170

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

da cuip†rr = p · R

ovvero, ricordando la (519):p†rr = prr − 2ih

e infinep†r = pr − 2ihr−1 6= pr

E invece hermitiano l’operatore

p′r = −ih ∂∂r− ihr−1 = pr − ihr−1 (569)

Infattip′

†r = p†r + ihr−1 = pr − 2ihr−1 + ihr−1 = pr − ihr−1 = p′r (570)

• L’operatore xk e hermitiano.Infatti

ψ∗(xkχ)dR =

(x∗kψ)∗χdR =

(xkψ)∗χdR (571)

E hermitiano anche (xk)n, cosicche e hermitiana qualunque funzione reale di xk, in parti-colare il potenziale V(xk).Segue da cio e dalla (568) che e hermitiano l’operatore H espresso da

H = − h2

2m0∇2 + V(xk) (572)

• Il prodotto Ω†Ω, dove Ω e un operatore qualsiasi, e hermitiano. Infatti

(Ω†Ω)† = Ω†(Ω†)† = Ω†Ω

Ricordiamo a proposito di questo operatore prodotto l’importante proprieta

ψ∗Ω†ΩψdR ≥ 0 (573)

Per dimostrarla osserviamo che, per la prima delle (556), si puo scrivere

ψ∗Ω†ΩψdR =

ψ∗(Ω†(Ωψ))

dR =

(Ωψ)∗ΩψdR =

(Ωψ)2dR (574)

Quest’ultimo integrale e evidentemente sempre maggiore o uguale a zero.

• Se Ω e Θ sono due operatori hermitiani, l’operatore prodotto ΩΘ puo non esserehermitiano.Infatti prendiamo in considerazione la prima delle (558) e inseriamo in essa Θψ al postodi ψ:

(Θψ)∗ΩχdR =

(ΩΘψ)∗χdR (575)

171

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora riscriviamo la prima delle (558) per l’operatore Θ:

ψ∗(Θχ)dR =

(Θψ)∗χdR

scambiamo poi in essa ψ con χ e inseriamo Ωχ al posto di χ:

(Ωχ)∗(Θψ)dR =

(ΘΩχ)∗ψdR (576)

Osserviamo che i membri sinistri delle (575) e (576) sono complessi coniugati, percio sa-ranno tali anche i membri destri. Si puo quindi scrivere:

(

(ΘΩχ)∗ψdR)∗

=

(ΩΘψ)∗χdR

ovvero∫

(ΘΩχ)ψ∗dR =

(ΩΘψ)∗χdR (577)

Ricordando la (558) si vede che il prodotto di due operatori hermitiani Ω e Θ e hermitianosolo se

ΩΘ = ΘΩ

cioe se

ΩΘ −ΘΩ = 0 (578)

Ricordando il simbolo di commutatore (v. sezione F del par. 1.1) si puo scrivere

[Ω,Θ] = 0 (579)

Si puo quindi affermare che il prodotto di due operatori hermitiani e hermitiano solo se illoro commutatore e nullo, ovvero, come anche si suole dire, se i due operatori commutano.

• Se Ω e Θ sono due operatori hermitiani l’operatore ΩΘ +ΘΩ e anch’esso hermitiano.Infatti riscriviamo la (577) invertendo i due operatori:

ψ∗(ΩΘχ)dR =

χ(ΘΩψ)∗dR (580)

Sommando le (577) e (580) a membro a membro si trova

ψ∗((ΩΘ +ΘΩ)χ)

dR =

(

(ΘΩ +ΩΘ)ψ)∗χdR

E quindi evidente che l’operatoreΩΘ +ΘΩ

costituito dagli operatori hermitiani Ω e Θ e hermitiano.

• Se Ω e Θ sono due operatori hermitiani, l’operatore ΩΘ −ΘΩ e antihermitiano.

172

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Infatti sottraiamo la (577) dalla (580):

ψ∗((ΩΘ −ΘΩ)χ)

dR = −∫

(

(ΩΘ −ΘΩ)ψ)∗χdR (581)

Ad esempio, l’operatore xpx− pxx, dove sia x che px sono hermitiani, e antihermitiano. Sivede allora che e necessario che a membro destro della

xpx − pxx = ih

compaia l’immaginario i, che abbiamo visto essere antihermitiano, perche in tal modorisultano essere antihermitiani entrambi i membri dell’equazione.

• Se Ω e Θ sono due operatori hermitiani, l’operatore i(ΩΘ −ΘΩ) e hermitiano.Se moltiplichiamo entrambi i membri della (581) per i = −i∗ otteniamo

ψ∗(i(ΩΘ −ΘΩ)χ)

dR = −∫

i((ΩΘ −ΘΩ)ψ)∗χdR

da cui∫

ψ∗(i(ΩΘ −ΘΩ)χ)

dR =

(

i(ΩΘ −ΘΩ)ψ)∗χdR

Si vede quindi che l’operatorei(ΩΘ −ΘΩ) (582)

e hermitiano.

• Se il prodotto di due operatori hermitiani non e hermitiano, e possibile esprimerlo nelmodo seguente

ΩΘ =ΩΘ +ΘΩ

2+i(ΩΘ −ΘΩ)

2i(583)

cioe come combinazione lineare di due operatori hermitiani.

D) OPERATORI UNITARI

Un operatore U e unitario se, dati due vettori ψ e χ dello spazio in cui U opera, si ha:∫

(Uψ)∗(Uχ)dR =

ψ∗χdR (584)

ovvero e unitario se, applicato a ψ e χ, lascia invariato il loro prodotto scalare.

Una proposizione notevole e la seguente: ogni operatore di tipo eiΩ , dove Ω e un operatorehermitiano, e unitario.Infatti, se Ω e algebrico/differenziale si ha:

(eiΩψ)∗(eiΩχ)dR =

e−iΩ∗

ψ∗(eiΩχ)dR

173

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Sviluppiamo e−iΩ∗

in serie:

(eiΩψ)∗(eiΩχ)dR =∑

k

(−i)kk!

(Ωkψ)∗(eiΩχ)dR

Poiche Ω e hermitiano segue (v. la prima delle (558) nella quale poniamo χ ≡ eiΩχ eΩ ≡ Ωk ):

(eiΩψ)∗(eiΩχ)dR =∑

k

(−i)kk!

ψ∗Ωk(eiΩχ)dR

=

ψ∗e−iΩeiΩχdR

=

ψ∗χdR (585)

e si ritrova cosı la definizione di unitarieta espressa dalla (584).Se Ω e un operatore matriciale si verifica facilmente la condizione di unitarieta:

(eiΩ)† = e−iΩ = (eiΩ)−1 (586)

E) REALTA’ E ORTOGONALITA’ DEGLI AUTOVALORI DI UN OPERATOREHERMITIANO

Consideriamo in uno spazio di Hilbert un operatore hermitiano Ω, l’insieme dei suoi auto-vettori normalizzati Φi e le equazioni agli autovalori

ΩΦm = λmΦm ; ΩΦk = λkΦk

Moltiplichiamo la prima per Φ∗k e la complessa coniugata della seconda per Φm e integriamo:

Φ∗kΩΦmdx = λm

Φ∗kΦmdx ;

Φm(ΩΦk)∗dx = λ∗k

ΦmΦ∗kdx

Ricordando la condizione di hermiticita (558) si vede che in queste due relazioni i membria sinistra sono uguali percio si puo scrivere

(λm − λ∗k)∫

Φ∗kΦmdx = 0

Se k = m si ha

(λm − λ∗m)

Φ∗mΦmdx = 0

da cui, poiche l’integrale non puo annullarsi, segue

λm = λ∗m (587)

percio gli autovalori di Ω sono reali.

174

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Se k 6= m, poiche gli autovalori di Ω sono reali, si ha

(λm − λk)∫

Φ∗mΦkdx = 0

e quindi se λm 6= λk gli autovalori Φm e Φk sono ortogonali.

F) COMPLETEZZA DELL’INSIEME DEGLI AUTOVETTORI DI UN OPERATOREHERMITIANO

Consideriamo uno spazio di Hilbert SH e in esso un insieme di vettori Φ(x).L’insieme e detto completo se un qualunque vettore ψ appartenente a SH puo essere “ap-prossimato in media” dalla combinazione lineare

l∑

k=1

ckΦ(x) (588)

nel modo seguente

liml→∞

|ψ(x)−l∑

k=1

ckΦk(x)|2dx = 0 (589)

Questa definizione e di fondamentale importanza in meccanica quantistica: si puo di-mostrare che l’insieme degli autovettori propri e impropri di un operatore hermitiano ecompleto.Segue da cio che un vettore qualunque dello spazio di Hilbert cui l’operatore hermitianoappartiene puo essere riferito alla base costituita dagli autovettori dell’operatore.

G) PROPRIETA’ DEGLI AUTOVETTORI DI OPERATORI CHE COMMUTANO

Si puo dimostrare che

condizione necessaria e sufficiente affinche due operatori possiedano un insieme com-pleto di autovettori comuni e che il loro commutatore sia nullo.

• Condizione necessaria: se due operatori u e v possiedono un insieme completo di auto-vettori comuni, allora il loro commutatore e nullo.Infatti per l’ipotesi della esistenza di un insieme completo di autovettori comuni si puoscrivere (in tutta questa sezione G la convenzione della somma sugli indici ripetuti nonviene applicata; le somme, quando occorre effettuarle, vengono indicate esplicitamente):

ufun,vn= unfun,vn

(590)

175

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

vfun,vn= vnfun,vn

(591)

Moltiplichiamo la (591) a sinistra per u:

uvfun,vn= u(vnfun,vn

) = vnufun,vn

cosicche, per la (590)uvfun,vn

= vnunfun,vn(592)

Con ragionamento analogo, dopo aver moltiplicato la (590) a sinistra per v, si ottiene:

vufun,vn= unvnfun,vn

(593)

Confrontando la (592) con la (593) si ottiene

(uv − vu)fun,vn= 0

da cuiuv − vu = 0 (594)

E quindi dimostrato che se u e v possiedono un insieme completo di autovettori comuni,allora il loro commutatore e nullo.

• Condizione sufficiente: se u e v hanno commutatore nullo, allora essi possiedono uninsieme comune di autovettori.Infatti sia

ufuk= ukfuk

(595)

vfvk= vkfvk

(596)

Quest’ultima relazione si puo anche scrivere cosı

(v − vk)fvk= 0 (597)

Espandiamo fvknella base fuk

:

(v − vk)∑

m

cmkfum= 0

ovvero∑

m

cmk(v − vk)fum= 0 (598)

Ma i (v − vk)fumsono autovettori di u. Infatti moltiplichiamoli per u e teniamo presente

che per ipotesi il commutatore di u e v e nullo, percio uv = vu:

u(v − vk)fum= uvfum

− vkufum= vufum

− vkufum= vumfum

− vkumfum

e in definitivau(v − vk)fum

= um(v − vk)fum

176

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

il che prova che i (v − vk)fumsono autovettori di u cosı come lo sono i fum

. Segue da cioche, nell’ipotesi che um non sia degenere, deve esservi proporzionalita fra fum

e (v−vk)fum

(v − vk)fum= bmkfum

(599)

dove bmk e il coefficiente di proporzionalita. Sostituendo nella (598) si ottiene:

m

cmkbmkfum= 0

Moltiplicando scalarmente per fumsi ha

m

cmkbmkf∗umfum

= 0

da cui cmkbmk = 0 e percio bmk = 0. Dalla (599) segue quindi

(v − vk)fum= 0

da cuivfum

= vkfum

Si conclude quindi che gli fumsono autovettori anche di v.

Se u ha autovalori degeneri, la dimostrazione della condizione sufficiente deve essere mo-dificata. Omettiamo la dimostrazione.

H) OPERATORI DI PROIEZIONE

Consideriamo in uno spazio vettoriale una base fk. Definiamo operatore di proiezionel’oggetto matematico cosı definito:

Ok = f∗k fk (600)

Applichiamo Ok al vettore u ottenendo

Ok = f∗k fku = (fk , fku) = fk(fk, u)

Dunque Ok, applicato a u, fornisce la componente (fk, u) di u lungo fk. Notiamo che

k

Oku =∑

k

fk(fk, u) = u

percio∑

k

Ok = 1

177

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2.5 Rappresentazione matriciale degli operatori

Indichiamo con Ω e Θ due operatori algebrico/differenziali e con Φj(x), j = 1, . . . , n glielementi di una base ortonormalizzata dello spazio vettoriale n-dimensionale in cui essioperano.Definiamo le seguenti matrici (i, j = 1, . . . , n):

Ωij =

Φ∗iΩΦjdx (601)

Θij =

Φ∗iΘΦjdx (602)

Ci proponiamo di dimostrare che le espressioni matriciali (Ω+Θ)ij della somma e (ΩΘ)ijdel prodotto dei due operatori corrispondono rispettivamente alla somma e al prodottodelle espressioni matriciali Ωij e Θij dei medesimi operatori, cosicche queste si possonoconsiderare le loro rappresentazioni nella base Φj(x).Cominciamo col considerare la somma. Si verifica facilmente che

(Ω +Θ)ij = Ωij +Θij (603)

Per cio che riguarda il prodotto occorre dimostrare che

(ΩΘ)ij =∑

k

ΩikΘkj

A questo fine osserviamo che si ha per definizione

(ΩΘ)ij =

Φ∗iΩΘΦjdx (604)

Ora rappresentiamo ΘΦj nella base ortonormalizzata:

ΘΦj =∑

k

ckjΦk (605)

Moltiplichiamo scalarmente per Φi e teniamo conto della relazione di ortonormalizzazione:

(Φi, ΘΦj) =

Φ∗iΘΦjdx =

k

Φ∗i ckjΦkdx =

k

ckj

Φ∗iΦkdx =

k

ckjδik = cij

In definitiva si puo scrivere, per la (601):

Θij = cij (606)

e quindi la (605) diviene

ΘΦj =∑

k

ΘkjΦk (607)

178

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Inserendo la (607) nella (604) si ottiene

(ΩΘ)ij =

Φ∗iΩ∑

k

ΘkjΦkdx =∑

k

Φ∗iΩΦkdxΘkj (608)

Tenendo conto della (601) si ha infine

(ΩΘ)ij =∑

k

ΩikΘkj (609)

La (603) e la (609) permettono cosı di concludere che un operatore algebrico/differenzialepuo essere rappresentato da una matrice.La (601) (o la (602)) esprime l’elemento di matrice rappresentativa dell’operatore Ω (o Θ)che appartiene alla riga i-esima e alla colonna j-esima.

* * *

Se si desidera ritrovare le definizioni di aggiuntezza ed hermiticita introdotte nella sezioneC del par. 1.2.4 riferite a un operatore Ω espresso come matrice basta rappresentare ψ eχ in una base ortonormale Φk cosicche

ψ =∑

k

ψkΦk ; χ =∑

m

χmΦm (610)

con ψk e χm costanti complesse, e quindi

(ψ,Ω†χ) =

k

ψ∗kΦ

∗kΩ

†∑

m

χmΦmdR =∑

k

m

ψ∗kχm

Φ∗kΩ

†ΦmdR (611)

Se ora ricordiamo la (601) possiamo scrivere

(ψ,Ω†χ) =∑

k

m

ψ∗kχmΩ

†km (612)

Con analogo sviluppo si ha

(Ωψ,χ) =

k

Ω∗ψ∗kΦ

∗k

m

χmΦmdR =∑

k

m

ψ∗kχm

(Ω∗Φ∗k)ΦmdR

=∑

k

m

ψ∗kχm

ΦmΩ∗Φ∗

kdR

=∑

k

m

ψ∗kχm

(∫

Φ∗mΩΦkdR

)∗

=∑

k

m

ψ∗kχmΩ

∗mk (613)

La definizione di aggiuntezza di Ω espresso come matrice riferita alla base Φk e quindi

Ω†km = Ω∗

mk (614)

179

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

cioe la matrice aggiunta di Ω e la trasposta della complessa coniugata di Ω, ovvero

Φ∗k(Ω

†Φm)dR =

(∫

Φ∗mΩΦkdR

)∗=

Φm(ΩΦk)∗dR (615)

mentre la definizione di hermiticita o autoaggiuntezza di Ω e

Ωkm = Ω∗mk (616)

cioe Ω e hermitiana se e uguale alla trasposta della sua complessa coniugata, ovvero

Φ∗k(ΩΦm)dR =

(∫

Φ∗mΩΦkdR

)∗=

Φm(ΩΦk)∗dR (617)

in accordo con le definizioni date nella sezione C del par. 1.2.4.

180

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2.6 Teoria del momento angolare

Riassumiamo quello che sappiamo finora sul momento angolare L.Nelle equazioni (488) e (489) abbiamo messo in evidenza gli autovalori e gli autovettori diLz e L2.Ora vogliamo studiare questi due operatori piu a fondo e nel modo piu generale, cioe nonconsiderandoli espressi ne come matrici ne come prescrizioni algebrico/differenziali: cerche-remo le loro regole di commutazione con gli operatori di uso piu comune e i loro autovalori,che dovranno coincidere con quelli ottenuti in meccanica di Schrodinger. Ritroveremoinoltre i loro autovettori sia in espressione differenziale che matriciale.L’utilita di questa ripresa in esame dell’operatore L apparira evidente nel corso dello studio.Iniziamo dalle regole di commutazione di L con altri operatori.

A) REGOLE DI COMMUTAZIONE

1. Commutazione [Li, xj ] di una componente del momento angolare con una componentedel vettore posizione

Tenendo presente la definizione di momento angolare (v. punto 4 dell’Appendice A)

Li = (R× p)i = εijkxjpk (618)

si puo scrivere

[Li, xj ] = [εiklxkpl, xj ] = εikl[xkpl, xj ] = εikl(xkplxj − xjxkpl) =

= εikl(xkplxj − xkxjpl) = εiklxk[pl, xj ] = −εiklxkihδjl = −ihεikjxk (619)

dove si e tenuto conto della (345), e infine

[Li, xj ] = ihεijkxk (620)

2. Commutazione [Li, pj ] di una componente del momento angolare con una componentedel momento lineare

Con procedimento simile a quello seguito nel punto 1 si trova

[Li, pj ] = ihεijkpk (621)

3. Commutazione [Li, Lj ] delle componenti del momento angolare

Si puo scrivere

[Li, Lj ] = [Li, εjklxkpl] = εjkl[Li, xkpl]

181

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Tenendo presente la (348) si puo scrivere

[Li, Lj ] = εjkl[Li, xk ]pl + εjklxk[Li, pl]

Ma per le (620) e (621) segue

[Li, Lj ] = εjklihεikmxmpl + εjklxkihεilmpm

= ih(εjklεikmxmpl − εjlkεilmxkpm)

Ricordando la (A7) si puo scrivere

[Li, Lj ] = ih(δjiδlm − δjmδli)xmpl − (δjiδkm − δjmδki)xkpm= ihδjixmpm − xjpi − δjixkpk + xipj= ih(xipj − xjpi)

e infine[Li, Lj ] = ihεijkLk (622)

Osserviamo anche che dal punto 4 dell’Appendice A si ricava

1

2εijl [Li, Lj ] = ih

1

2εijlεijkLk = ih

1

22δlkLk = ihLl

percio, essendo 12εijl[Li, Lj ] = εijlLiLj, segue (v. punto 4 dell’Appendice A)

L× L = ihL (623)

Notiamo che l’espressione operatoriale L×L fornisce un risultato diverso da quello fornitodalla uguale espressione non operatoriale newtoniana nella quale e sempre L× L = 0.Notiamo anche che le regole di commutazione fra le componenti del momento angolare nonchiamano in causa ne R ne p singolarmente.Segue da cio che l’operatore momento angolare e rappresentabile senza far ricorso al pro-dotto di operatori gia noti, cioe R e ih∇, ma direttamente mediante le (622).In altre parole l’operatore momento angolare e un qualunque vettore che soddisfi le relazioni(622).

4. Commutazione [Li, L2] di una componente del momento angolare con il quadrato del

modulo del momento angolare

Si puo scrivere

[Li, L2i + L2

j + L2k] = [Li, L

2i ] + [Li, L

2j ] + [Li, L

2k] ; i 6= j 6= k

Ma [Li, L2m] = LiLmLm − LmLmLi = LiLmLm − LmLmLi − LmLiLm + LmLiLm =

[Li, Lm]Lm + Lm[Li, Lm] percio

[Li, L2i + L2

j + L2k] = [Li, Li]Li + Li[Li, Li] + [Li, Lj ]Lj + Lj [Li, Lj ]+

+ [Li, Lk]Lk + Lk[Li, Lk]

= [Li, Lj ]Lj + Lj [Li, Lj ] + [Li, Lk]Lk + Lk[Li, Lk]

182

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Tenendo presente la (622) si ha:

[Li, L2i + L2

j + L2k] = ih(εijlLl)Lj + Lj(εijlLl) + (εikmLm)Lk + Lk(εikmLm)

= ih−εiljLlLj + εijlLjLl − εimkLmLk + εikmLkLm= 0

Si trova cosı:[Li, L

2] = 0 (624)

5. Commutazione [Li, p2] di una componente del momento angolare con il quadrato del

modulo del momento lineare

Si ha:[Li, p

2] = [Li, p2i + p2

j + p2k] ; i 6= j 6= k

= [Li, pj ]pj + pj [Li, pj ] + [Li, pk]pk + pk[Li, pk]

= ihεijkpkpj + εijkpjpk + εikmpmpk + εikmpkpmSegue quindi

[Li, p2] = 0 (625)

6. Commutazione [L2, p2] del quadrato del modulo del momento angolare con il quadratodel modulo del momento lineare

Si trova[L2, p2] = 0 (626)

7. Commutazione [Li, r] di una componente del momento angolare con la coordinata sfe-rica r

Tenendo presente che Li = εijkxjpk = 12 (εijkxjpk + εijkxjpk) = 1

2(εijkxjpk + εikjxkpj) =12(εijkxjpk − εijkxkpj) = 1

2εijk(xjpk − xkpj) si ha:

[Li, r] = [Li,√

x2i + x2

j + x2k] ; i 6= j 6= k

= 12εijk[xjpk − xkpj ,

x2i + x2

j + x2k]

= 12εijk

[xjpk,√

x2i + x2

j + x2k]− [xkpj ,

x2i + x2

j + x2k]

Ricordando la (347) si ottiene

[Li, r] = 12εijk

xj [pk,√

x2i + x2

j + x2k] + [xj ,

x2i + x2

j + x2k]pk+

−xk[pj ,√

x2i + x2

j + x2k]− [xk,

x2i + x2

j + x2k]pj

= 12εijk

xj [pk,√

x2i + x2

j + x2k]− xk[pj ,

x2i + x2

j + x2k]

183

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora occorre tener presente la (353):

[Li, r] = 12εijk

−xjih∂√

x2i + x2

j + x2k

∂xk+ xkih

∂√

x2i + x2

j + x2k

∂xj

= − 12εijk

ih

r(xjxk − xkxj)

e quindi

[Li, r] = 0 (627)

8. Commutazione [Li, f(r)] di una componente del momento angolare con una funzionedella coordinata sferica r

Si trova

[Li, f(r)] = 0 (628)

9. Commutazione [Li,H] di una componente del momento angolare con l’hamiltoniano H

Se e

H =p2

2m0+ V(r)

allora

[Li,H] = 0 (629)

Infatti Li commuta con p2 (v. eq. (625)) e con V(r) (v. eq. (628)).

10. Commutazione [L2,H] del quadrato del modulo del momento angolare con l’hamilto-niano H

Se e

H =p2

2m0+ V(r)

allora

[L2,H] = 0 (630)

B) AUTOVALORI DEL MOMENTO ANGOLARE

Consideriamo un operatore vettoriale hermitiano J ≡ Jx, Jy, Jz che obbedisca alle seguentiregole di commutazione

[Ji, Jj] = ihεijkJk (631)

[Ji, J2] = 0 (632)

dove εijk e il tensore di Levi-Civita (v. punto 4 dell’Appendice A)

184

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ci proponiamo di determinare gli autovalori b di una componente di J , ad esempio Jz, egli autovalori a2 di J2, cioe vogliamo risolvere le

Jzfa2,b = bfa2,b

J2fa2,b = a2fa2,b

(633)

dove fa2,b e un insieme di autovettori ortonormali comuni a Jz e J2.Le soluzioni di queste due equazioni agli autovalori si ottengono servendosi delle proprietadegli operatori ausiliari Jx + iJy, detto “operatore di salita”, e Jx − iJy, detto “operatoredi discesa”.Si puo cosı dimostrare, sulla base di considerazioni che non riportiamo, che lo spettro degliautovalori di Jz e

b = mj h = 0,±1

2h,±h,±3

2h,±2h,±5

2h, . . . (634)

Vi sono dunque per Jz due tipi di autovalori, cioe i multipli interi di h e i multipli semiinteridi h.

Anche per J2 vi sono due tipi di autovalori. Se indichiamo gli uni e gli altri con j(j+1)h2

lo spettro degli autovalori di J2 puo essere scritto cosı:

a2 = j(j + 1)h2 = 0,3

4h2, 2h2,

15

4h2, . . . (635)

In definitiva le (633) diventano

Jzfj,mj= mj hfj,mj

(636)

J2fj,mj= j(j + 1)h2fj,mj

(637)

con

−j ≤ mj ≤ j (638)

ed essendo j e mj entrambi o interi o semiinteri dispari e cosı il problema che ci eravamoposti all’inizio di questa sezione B e risolto.

C) RAPPRESENTAZIONE MATRICIALE DI J

Gli elementi di matrice di Jx e Jy rappresentata nella base degli autovettori fj,mjcomuni

a Jz e J2 possono essere calcolati servendosi degli operatori ausiliari Jx ± iJy per i quali,basandosi su considerazioni che non riportiamo, si puo dimostrare che valgono le

(Jx + iJy)fj,mj= h

(j −mj)(j +mj + 1)fj,mj+1

(Jx − iJy)fj,mj= h

(j +mj)(j −mj + 1)fj,mj−1

(639)

185

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

da cui (v. par. 1.2.5)

f∗j,m′j(Jx + iJy)fj,mj

dτ = h√

(j −mj)(j +mj + 1)δm′j,mj+1

f∗j,m′j(Jx − iJy)fj,mj

dτ = h√

(j +mj)(j −mj + 1)δm′j,mj−1

cosicche, essendo

Jx =(Jx + iJy) + (Jx − iJy)

2; Jy =

(Jx + iJy)− (Jx − iJy)2i

si ottiene

Jxm′j

mj=

f∗j,m′jJxfj,mj

dτ =h

2

(j −mj)(j +mj + 1)δm′j,mj+1+

+√

(j +mj)(j −mj + 1)δm′j,mj−1

(640)

Jym′j

mj=

f∗j,m′jJyfj,mj

dτ =h

2i

(j −mj)(j +mj + 1)δm′j,mj+1+

−√

(j +mj)(j −mj + 1)δm′j,mj−1

(641)

Gli elementi di Jz e J2, matrici mj-diagonali perche rappresentate nella base dei loroautovettori, si ricavano ovviamente da (v. par. 1.2.5)

Jzm′j

mj=

f∗j,m′jJzfj,mj

dτ = hmjδm′jmj

(642)

J2m′

jmj

=

f∗j,m′jJ2fj,mj

dτ = j(j + 1)h2δm′jmj

(643)

Scriviamo le espressioni delle matrici per alcuni valori di j ordinando gli elementi di matri-ce a partire dagli indici piu alti, come e tradizione nella rappresentazione matriciale delmomento angolare:

• per j = 12 si ha mj = − 1

2 ,12 (v. eq. (638)) e si pone abitualmente j = s ; mj = msj

eJk = Sk e quindi

Sk ≡ Sx, Sy, Sz, S2 =

Sk 12 ,

12

Sk 12 ,− 1

2

Sk− 12 ,

12

Sk− 12 ,− 1

2

cosicche

Sx =1

2h

0 11 0

; Sy =1

2h

0 −ii 0

; Sz =1

2h

1 00 −1

(644)

S2 = S2x + S2

y + S2z =

3

4h2

1 00 1

(645)

186

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e infatti, ad esempio, l’espressione ricavata dalla (640) per Jx = Sx e msj= − 1

2

Sxm′

sj,− 1

2

=

f∗12 ,m

′sj

Sxf 12 ,− 1

2dτ =

1

2hδm′

sj, 12

il cui membro destro e diverso da zero per m′sj

= 12

ed e uguale a zero per m′sj

= − 12

eprecisamente

Sx 12 ,− 1

2=

f∗12 ,

12Sxf 1

2 ,− 12dτ =

1

2h ; Sx− 1

2 ,− 12

= 0

fornisce la seconda colonna della matrice Sx.Le (644) sono le componenti dell’operatore momento angolare intrinseco, o spin, lungo ledirezioni x, y, z rappresentate nella base degli autovettori di Sz.

Lo spin descritto dalle (644) e (645) e una variabile dinamica avente le dimensioni di un mo-mento angolare (e peraltro priva di un preciso significato fisico) che l’evidenza sperimentalemostra essere associata all’elettrone e ad altre particelle.L’esperienza mostra anche che esistono particelle dotate di spin avente valore intero, inveceche semiintero, in accordo con quanto si e detto finora sul momento angolare.

Le (644) vengono usualmente scritte cosı:

Sx =1

2hσx ; Sy =

1

2hσy ; Sz =

1

2hσz (646)

avendo posto

σx =

0 11 0

; σy =

0 −ii 0

; σz =

1 00 −1

(647)

Le (647), che sono dette matrici di Pauli, sono unitarie, hanno traccia nulla e il lorodeterminante vale -1. Le matrici di Pauli non commutano fra loro. Infatti, in accordo conla (622) possiamo scrivere

[Si, Sj ] = ihεijkSk (648)

da cui [ 12 hσi,12 hσj ] = ihεijk

12 hσk ovvero

[σi, σj ] = 2iεijkσk

Sono inoltre hermitiane e percio i loro autovalori sono reali e valgono +1 e −1 cosicche gliautovalori delle (646) valgono ± 1

2 h.Talvolta l’autovalore + 1

2 h viene indicato con spin SU e l’autovalore − 12 h con spin GIU ′,

scrittura informale che non crea ambiguita perche l’unica differenza fra i due autovalori edovuta al segno e quindi al verso positivo o negativo della componente dello spin lungouna direzione.

Gli autovettori delle matrici di Pauli sono ortogonali. Gli autovettori normalizzati, diversifra loro perche, come si e mostrato, le matrici di Pauli non commutano fra loro, sono:

ηx1 =1√2

11

; ηx2 =1√2

−11

187

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ηy1 =1√2

1i

; ηy2 =1√2

−1i

(649)

ηz1 =

10

; ηz2 =

01

con (ηk l, ηkn) = δln ; k = x, y, z ; l, n = 1, 2.Notiamo che le (647) sono rappresentate nella base degli autovettori di σz cosicche σz ediagonale , mentre σx e σy non lo sono.

Riesce utile, per motivi che appariranno chiari piu avanti, passare a coordinate sferichee definire la matrice σw associata alla componente di S lungo una direzione w uscentedall’origine e formante un angolo θ con la direzione z e ϕ con la direzione x.Per ricavare σw osserviamo che le matrici di Pauli, insieme con la matrice unita 2 × 2definita da

11 =

1 00 1

costituiscono una base nello spazio M2×2 delle matrici unitarie di secondo ordine, cosiccheuna qualunque matrice

A =

a11 a12

a21 a22

di questo spazio puo essere espressa come combinazione lineare degli elementi di tale base

A = c1σx + c2σy + c3σz + c411

dove c1, c2, c3, c4 sono scalari e quindi

a11 = c3 + c4 ; a12 = c1 − ic2 ; a21 = c1 + ic2 ; a22 = −c3 + c4

Se A ha traccia nulla e c4 = 0 e si ha

A = c1σx + c2σy + c3σz =

c3 c1 − ic2c1 + ic2 −c3

Nel caso che ci interessa eσw = c1σx + c2σy + c3σz

Per analogia con la prima delle (M73) dell’Appendice M, che fornisce la componente ra-diale er della base di un sistema di coordinate sferiche in funzione di una base cartesianaortogonale, si puo scrivere:

σw(θ, ϕ) = sin θ cosϕσx + sin θ sinϕσy + cos θσz

e quindi

σw(θ, ϕ) =

cos θ e−iϕ sin θ

eiϕ sin θ − cos θ

(650)

Notiamo che per θ = 0 e ϕ = 0 si ottiene σz ; per θ = π/2 e ϕ = 0 si ottiene σx; per θ = π/2e ϕ = π/2 si ottiene σy .

188

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• per j = 1 si ha mj = −1, 0, 1 (v. eq. (638)) e si pone abitualmente j = l; mj = ml eJk = Lk e quindi

Lk ≡ Lx, Ly, Lz, L2 =

Lk1,1 Lk1,0 Lk1,−1

Lk0,1 Lk0,0 Lk0,−1

Lk−1,1 Lk−1,0 Lk−1,−1

cosicche

Lx =1√2h

0 1 01 0 10 1 0

; Ly =1√2h

0 −i 0i 0 −i0 i 0

; Lz = h

1 0 00 0 00 0 −1

(651)

L2 = L2x + L2

y + L2z = 2h2

1 0 00 1 00 0 1

(652)

e infatti, ad esempio, l’espressione ricavata dalla (642) per Jz = Lz e mj = 1

Lzm′l,1

=

f∗1,m′lLzf1,1dτ = hδm′

l,1

il cui membro destro e diverso da zero per m′l = 1 ed e uguale a zero per m′

l = 0,−1 eprecisamente

Lz1,1 =

f∗1,1Lzf1,1dτ = h ; Lz0,1 = 0 ; Lz−1,1 = 0

fornisce la prima colonna della matrice Lz;

• per j = 32

si ha mj = − 32,− 1

2, 1

2, 3

2(v. eq. (638)) e quindi

Jk ≡ Jx, Jy, Jz, J2 =

Jk 32 ,

32

Jk 32 ,

12

Jk 32 ,− 1

2Jk 3

2 ,−32

Jk 12 ,

32

Jk 12 ,

12

Jk 12 ,− 1

2Jk 1

2 ,−32

Jk− 12 ,

32

Jk− 12 ,

12

Jk− 12 ,− 1

2Jk− 1

2 ,− 32

Jk− 32 ,

32

Jk− 32 ,

12

Jk− 32 ,− 1

2Jk− 3

2 ,− 32

cosicche

Jx =1

2h

0√

3 0 0√3 0 2 0

0 2 0√

30 0

√3 0

; Jy =1

2h

0 −i√

3 0 0i√

3 0 −2i 00 2i 0 −i

√3

0 0 i√

3 0

(653)

Jz =1

2h

3 0 0 00 1 0 00 0 −1 00 0 0 −3

(654)

189

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

J2 = J2x + J2

y + J2z =

15

4h2

1 0 0 0

0 1 0 0

0 0 1 0

0 0 0 1

(655)

e infatti, ad esempio, l’espressione ricavata dalla (641) per mj = 12

Jym′

j, 12

=

f∗32 ,m

′j

Jyf 32 ,

12dτ =

h

2i

√3δm′

j, 32− 2δm′

j,− 1

2

il cui membro destro e diverso da zero per m′j = 3

2 , e uguale a zero per m′j = 1

2 , e diverso

da zero per m′j = − 1

2 ed e infine uguale a zero per m′j = − 3

2 e precisamente

Jy 32 ,

12

=

f∗32 ,

32Jyf 3

2 ,12dτ = −1

2hi√

3 ; Jy 12 ,

12

= 0 ;

Jy− 12 ,

12

=

f∗32 ,− 1

2Jyf 3

2 ,12dτ = hi ; Jy− 3

2 ,12

= 0

fornisce la seconda colonna della matrice Jy.

D) AUTOFUNZIONI DEL MOMENTO ANGOLARE

Le autofunzioni in coordinate sferiche del momento angolare sono le soluzioni del sistemaformato dalle (636) e (637) nel quale J2 e Jz siano espressi sottoforma di prescrizionidifferenziali in coordinate sferiche, cioe, tenendo conto delle (523) e (530),

1

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+1

sin2 θ

∂2

∂ϕ2

fjmj(r, θ, ϕ) = j(j + 1)ϕjmj

(r, θ, ϕ) (656)

− i ∂∂ϕ

ϕjmj(r, θ, ϕ) = mjfjmj

(r, θ, ϕ) (657)

Notiamo che J2 e Jz non dipendono da r, percio fjmj(r, θ, ϕ) deve essere della forma

fjmj(r, θ, ϕ) = g(r)Yjmj

(θ, ϕ)

con g(r) funzione arbitraria di r.Si tratta quindi di determinare le Yjmj

risolvendo il sistema di equazioni differenziali (656)e (657). Un modo assai semplice e rapido per ottenere la soluzione si basa sull’uso deglioperatori ausiliari (Jx + iJy) e (Jx − iJy), detti rispettivamente operatore di salita e o-peratore di discesa (v. sezione B di questo paragrafo), il cui modo di agire in coordinatesferiche si ricava dalle (639) tenendo presenti le (529) (con L = J) cosicche

eiϕ(

∂θ+ i cot θ

∂ϕ

)

Yjmj(θ, ϕ) =

(j −mj)(j +mj + 1)Yj,mj+1(θ, ϕ) (658)

190

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

−e−iϕ(

∂θ− i cot θ

∂ϕ

)

Yjmj(θ, ϕ) =

(j +mj)(j −mj + 1)Yj,mj−1(θ, ϕ) (659)

Per determinare le Yjmjricordiamo che, per un dato valore di j, vi e un valore massimo

di mj , quello che corrisponde a mj = j, percio se applichiamo a Yjj l’operatore di salita(Jx + iJy) otteniamo zero. Dalla (658) si ricava cosı:

eiϕ(

∂θ+ i cot θ

∂ϕ

)

Yjj = 0

ovvero∂Yjj∂θ

+ i cot θ∂Yjj∂ϕ

= 0

PoniamoYjj(θ, ϕ) = f1(θ)f2(ϕ)

cosicche

f2(ϕ)∂f1(θ)

∂θ+ if1(θ) cot θ

∂f2(ϕ)

∂ϕ= 0

da cui1

f1(θ) cot θ

∂f1(θ)

∂θ= − i

f2(ϕ)

∂f2(ϕ)

∂ϕ

Deve percio essere

− i

f2

∂f2∂ϕ

= a ;1

f1 cot θ

∂f1∂θ

= a

essendo a una costante arbitraria. Dalla prima di queste equazioni si ricava:

∂f2∂ϕ

= iaf2

Integrando si ottienef2 = eiaϕ

Poiche desideriamo che f2 sia a un sol valore dobbiamo imporre che sia a = j con j intero:

f2 = eijϕ ; j = intero

L’equazione in f1 diviene allora∂f1∂θ

= jf1 cot θ

da cuif1 = cj sinj θ

e quindi in definitivaYjj = cje

ijϕ sinj θ

dove cj e una costante di integrazione determinabile dalla condizione di normalizzazionedi Yjj :

Y ∗jjYjjdτ = c2j

∫ 2π

0

∫ π

0

(sinj θ)2 sin θdθ = c2j

∫ 2π

0

∫ π

0

sin2j+1 θdθ = 1

191

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

percio

c2j =1

∫ π

0

sin2j+1 θdθ

=1

2π · 2 2 · 4 · 6 · · · · 2j1 · 3 · 5 · 7 · · · (2j + 1)

=1

1 · 3 · 5 · · · (2j + 1)

2 · 4 · 6 · · · 2j

ovvero

c2j =1

(2j + 1)!

(2 · 4 · 6 · · · 2j)2 =1

(2j + 1)!

(2jj!)2

da cui

cj =1√2π

1

2jj!

(2j + 1)!

2

e quindi

Yjj =1√2π

1

2jj!

(2j + 1)!

2eijϕ sinj θ

Per j = l la Yjj coincide, a meno del fattore di fase, con le corrispondenti espressioni dellearmoniche sferiche del par. 1.2.2.

Rimangono da determinare le Yjmjper mj 6= j: per ottenerle basta applicare a Yjj l’ope-

ratore di discesa (Jx − iJy) che ricaviamo dalla (90):

e−iϕ(

− ∂

∂θ+ i cot θ

∂ϕ

)

Yjj =√

2jYj,j−1

da cui puo essere ottenuta Yj,j−1.Applicando ad essa ancora l’operatore (Jx−iJy) si ottiene Yj,j−2 e cosı via, fino ad otteneretutte le Yjmj

(θ, ϕ). Le autofunzioni del momento angolare risultano cosı essere le ben notearmoniche sferiche, che abbiamo gia introdotto, anche se in altro contesto, nella (473).Nella (501) le armoniche sferiche sono state presentate in forma normalizzata e ad esse estato applicato un fattore (v. eq. (471)) che gioca in modo tale da rendere soddisfatte nelleequazioni (658) e (659) la convenzione di fase di Condon-Shortley.Per inciso, se applichiamo questa convenzione anche alla Yjj possiamo verificare che essaassume una forma simile alla (501) calcolata per ml = l, come ci aspettiamo che debbasuccedere.

192

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2.7 Ampiezza di probabilita

Abbiamo rielaborato la meccanica newtoniana (nella formulazione di Hamilton-Jacobi)in modo da renderla strutturalmente simile all’elettromagnetismo maxwelliano e abbiamocosı ottenuto l’equazione di Schrodinger che finora abbiamo sviluppato e analizzato da unpunto di vista formale, cioe senza preoccuparci di interpretarla fisicamente.

Ora occorre dare a questo formalismo un aggancio con la realta sperimentale con lo scopodi validarlo. L’aggancio e possibile se si assume che:

1) a ogni variabile dinamica sia associato un operatore;

2) i valori che la variabile dinamica puo assumere siano gli autovalori dell’operatore;

3) ψ∗(R, t)ψ(R, t)dR, dove ψ (R, t) e la soluzione della (304), sia la probabilita che, all’attodi una osservazione effettuata al’istante t, una particella venga trovata nell’intervallocompreso fra R e R+ dR (M. Born, 1926).

L’interpretazione probabilistica puo essere estesa, come vedremo, a tutte le variabilidinamiche; ad esempio, ϕ∗(p, t)ϕ(p, t)dp, dove ϕ(p, t) e la soluzione della (325), e laprobabilita che, all’atto di una osservazione effettuata all’istante t, la particella vengatrovata con momento compreso fra p e p+ dp.

Le quantita ψ∗(R, t)ψ(R, t) e ϕ∗(p, t)ϕ(p, t) sono, per definizione, le densita di proba-bilita di posizione e momento.

Nel caso di un sistema composto da piu particelle e dotato di n gradi di liberta laψ∗(q1, q2, . . . , qn; t)ψ(q1 , q2, . . . , qn; t)dq1 · · · dqn e la probabilita che, all’atto di una os-servazione effettuata all’istante t, il punto rappresentativo del sistema nello spazio delleconfigurazioni q1, q2, . . . , qn venga trovato con la coordinata 1 compresa fra q1 e q1+dq1,con la coordinata 2 compresa fra q2 e q2 + dq2, ecc. Ragionamento simile puo essereripetuto per ϕ∗(p1, p2, . . . , pn; t)ϕ(p1, p2, . . . , pn; t)dp1dp2 · · · dpn.Notiamo che, diversamente da quanto succede in Meccanica newtoniana, nella qualeuna unica misura di una variabile dinamica effettuata sul sistema meccanico in esamee sufficiente per verificare la validita della previsione teorica del valore della variabiledinamica, nella Interpretazione di Copenhagen della Meccanica Quantistica occorredisporre di un numeroso insieme di sistemi meccanici identici e identicamente preparatied effettuare nel medesimo istante una misura in ogni sistema (o, alternativamente, sipuo considerare un unico sistema su cui eseguire ripetutamente misure, purche il sistemarimanga invariato durante l’effettuazione delle misure) ottenendo cosı una distribuzionesperimentale di frequenza dei risultati delle misure.

Cio che ci si aspetta di ottenere per validare l’Interpretazione di Copenhagen e che, alcrescere del numero dei sistemi e delle relative operazioni di misura, la distribuzionedella probabilita teorica del risultato di una misura fornita dalla Interpretazione diCopenhagen tenda ad avvicinarsi alla distribuzione della frequenza dei risultati ottenutidalla misura.

In questo scenario interpretativo la soluzione ψ (R, t) dell’equazione di Schrodinger nellecoordinate e la soluzione ϕ(p, t) dell’equazione nei momenti, che finora abbiamo denominatofunzione d’onda nelle coordinate e nei momenti, sono dette rispettivamente ampiezza diprobabilita di posizione (o ampiezza di probabilita nelle coordinate) e ampiezza di probabilitadi momento; le ampiezze di probabilita sono oggetti matematici che non possono essereposti in diretta relazione con operazioni di misura.

193

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Lo scopo dell’equazione di Schrodinger e dunque fornire ampiezze di probabilita dalle qualie possibile dedurre valori di probabilita che possono essere posti in relazione con operazionidi misura nel modo indicato nel punto 3 all’inizio di questo paragrafo.

Notiamo che le espressioni

τR

ψ∗ (R, t)ψ (R, t)dτR ;

τp

ϕ∗(p, t)ϕ(p, t)dτp

rappresentano rispettivamente la probabilita che, all’atto di una osservazione effettuataall’istante t, una particella venga trovata entro τR o τp.Se τR o τp tendono all’infinito, occorre che

τR∞

ψ∗ (R, t)ψ (R, t)dτR = 1 ;

τp∞

ϕ∗(p, t)ϕ(p, t)dτp = 1 (660)

perche la particella deve necessariamente trovarsi in un punto dell’uno o dell’altro spazio.Piu ampi dettagli verranno dati nel par. 1.2.8.

* * *

Nella sezione G del par. 1.1 abbiamo mostrato che l’ampiezza di probabilita di posizioneψ (R, t) e l’ampiezza di probabilita di momento ϕ(p, t) sono, per ogni istante t, Fourier-coniugate, cioe

ψ (R, t) F←→ ϕ(p, t)

Nell’Appendice N abbiamo mostrato che per ogni coppia di funzioni Fourier-coniugate valela (N39) che qui riscriviamo dopo aver posto yk = pk/h:

4xk4pk ≥1

2h (661)

Questa relazione, detta Principio di Indeterminazione (W. Heisenberg, 1927), pone unvincolo sul prodotto delle deviazioni standard dal valor medio dei domini di definizionedella densita di probabilita di posizione ψ∗ψ e momento ϕ∗ϕ: se ψψ∗ e addensata attornoal valor medio del dominio di definizione, allora ϕϕ∗ e dispersa; viceversa, se ψψ∗ e dispersa,allora ϕϕ∗ e addensata attorno al valor medio del dominio di definizione della ϕϕ∗.Ad esempio, se ψψ∗ tende a divenire una “funzione impulsiva” del tipo di Dirac, alloraϕϕ∗ tende a diventare una funzione uniforme.

* * *

Dalla (381) ricaviamo∫

m0dR =

ψ∗ψ∇FdR (662)

che tenendo conto della (660) puo essere riscritta cosı

m0dR =

ψ∗ψ∇FdR∫

ψ∗ψdR

A membro destro, tenuto presente che ψ∗ψ e una densita di probabilita, vi e, per definizione,l’espressione del valor medio di ∇F , che ha le dimensioni di una quantita di moto. Dunque

194

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

a membro sinistro abbiamo l’espressione 〈p〉 del valor medio della quantita di moto p dellaparticella di massa m0, espressione che rielaboriamo tenendo presente la (381):

〈p〉 =∫

m0dR =ih

2

(ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ)dR

=ih

2

(

∇(ψ∗ψ)− ψ∗∇ψ − ψ∗∇ψ)

dR

=ih

2

(

−2ψ∗∇ψ +∇(ψ∗ψ))

dR

=

ψ∗(−ih∇)ψdR+ih

2

∇(ψ∗ψ)dR

Ricordando la (A34) possiamo scrivere

〈p〉 =∫

ψ∗(−ih∇)ψdR+ih

2

σ

ψ∗ψndσ

e infine, assumendo che ψ∗ψ si annulli su σ, si ottiene la seguente espressione del valormedio di p:

〈p〉 =

ψ∗(−ih∇)ψdR (663)

che e in accordo con la (N13).Si puo cosı stabilire la corrispondenza

p←→−ih∇Questo spiega la scelta del segno meno nella (317).

Ragionamenti simili possono essere ripetuti per la densita di probabilita di momento ϕ∗ϕe si ottiene cosı il valor medio di R:

〈R〉 =∫

ϕ∗(ih∇p)ϕdp (664)

e si puo stabilire la corrispondenza

R←→ ih∇p (665)

in accordo con la (338).In generale il valor medio di una variabile dinamica A alla quale e associato l’operatore Ae espresso da

〈A〉 =∫

χAχdτ

dove χ e il vettore di stato del sistema fisico al quale e riferita la variabile A.

* * *

Si puo dimostrare (Teorema di Ehrenfest) che le equazioni della Meccanica classica man-tengono invariata la loro forma se sono riscritte nei valori medi delle espressioni operatorialiche ad esse corrispondono in Meccanica quantistica. Ad esempio, per l’equazione fonda-mentale della Meccanica di Newton vale la corrispondenza

∂p

∂t= F ←→ d〈p〉t

dt= 〈F〉t (666)

dove si noti che, per maggior chiarezza, a membro destro e stato evidenziato che il momentoe la forza sono operatori.

195

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.2.8 Osservabili, compatibilita fra osservabili e osservazione massima di un sistema

I valori che una variabile G puo assumere sono gli autovalori dell’operatore hermitiano Gassociato alla variabile. I possibili valori di G dipendono dunque solo da G, e non dallostato del sistema meccanico cui G e riferita. Lo stato del sistema, che e rappresentato daun vettore χ di un opportuno spazio di Hilbert SH , determina pero la probabilita che G,quando viene misurata, assuma uno dei suoi valori, cioe determina la probabilita di unautovalore di G.Supponiamo che lo spettro degli autovalori di G sia discreto.Per calcolare la probabilita di un certo autovalore gi (non degenere) di G occorre:

• ammettere che gli autovettori Gk di G costituiscano una base ortonormale in SH cioe

(Gk, Gi) = δki

in modo che sia lecito rappresentare in essa il vettore di stato probabilistico, cioe in modoche sia lecito scrivere

χ =∑

k

(Gk, χ)Gk

dove la coppia ordinata (Gk, χ) e il prodotto scalare del vettore χ con l’autovettore Gk;indichiamo tale prodotto con ck

ck = (Gk, χ)

e si ha cosıχ =

k

ckGk (667)

La quantita ck e detta ampiezza di probabilita che il risultato della misura di G sia gk.

• applicare a χ l’operatore di proiezione Oi = G†iGi (v. sezione H del par. 1.2.4) e si ottiene

cosıOiχ = G†

iGiχ = (Gi, Giχ) = Gi(Gi, χ) = ciGi

cioe si ottiene la componente di χ lungo Gi.

• calcolare il prodotto scalare di χ e Oiχ

(χ,Oiχ) = (∑

k

ckGk, ciGi) =∑

k

c∗kci(Gk, Gi) =∑

k

c∗kciδki = c∗i ci = |ci|2 (668)

La quantita |ci|2 fornisce la probabilita che G assuma il valore gi.Cio significa che eseguendo osservazioni sulla variabile G in N sistemi preparati nel me-desimo modo la |ci|2 tende ad uguagliare, al crescere di N , il rapporto fra il numero deisistemi in cui la G e stata trovata col valore gi e il numero totale dei sistemi.Notiamo che per definizione di probabilita deve necessariamente risultare

i |ci|2 = 1 equesto comporta che sia

(χ, χ) = 1

Infatti:

(χ, χ) = (∑

k

ckGk,∑

i

ciGi) =∑

k,i

(ckGk, ciGi) =∑

k,i

c∗kci(Gk, Gi) =∑

k,i

c∗kciδki =∑

i

|ci|2 = 1

196

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Dunque il vettore χ deve avere modulo unitario.

Supponiamo ora che lo spettro degli autovalori di G sia continuo: in questo caso occorreparlare di densita di probabilita.Consideriamo, per fissare le idee, la densita di probabilita di posizione. Per calcolare ladensita di probabilita di un certo autovalore x′ dell’operatore posizione x associato a unsistema meccanico a 1 grado di liberta (ad esempio, una particella in moto sull’asse x)occorre:• ammettere che le autofunzioni di x espresse dalla (539) costituiscano una base ortonor-male (impropria) in modo che la funzione d’onda del sistema possa essere espressa da

ψ(x) =

ψ(x′′)δ(x − x′′)dx′′ (669)

dove x′′ e un generico autovalore di x ed essendo

|ψ(x′′)|2dx′′ = 1

• calcolare il prodotto scalare di ψ(x) per la componente di ψ(x) lungo δ(x − x′), cioeψ(x′)δ(x− x′)

(ψ,Ox′ψ) =

(∫

ψ(x′′)δ(x− x′′)dx′′, ψ(x′)δ(x − x′))

=

∫∫

ψ∗(x′′)δ(x − x′′)dx′′ψ(x′)δ(x− x′)dx

=

ψ∗(x′′)ψ(x′)

δ(x− x′′)δ(x − x′)dx

dx′′

=

ψ∗(x′′)ψ(x′)δ(x′′ − x′)dx′′

e infine

(ψ,Ox′ψ) = ψ∗(x′)ψ(x′) = |ψ(x′)|2

che e la densita di probabilita dell’autovalore x′ che ci eravamo proposti di determinare.La quantita |ψ(x′)|2dx′ fornisce, per definizione di densita di probabilita, la probabilitache all’atto di una osservazione il sistema meccanico a 1 grado di liberta sia trovato concoordinata di posizione compresa fra x′ e x′ +dx′. Cio significa che eseguendo osservazionisulla posizione in N sistemi preparati nel medesimo modo la |ψ|2dx′ eguaglia, al tenderedi N all’infinito, il rapporto fra il numero dei sistemi in cui la particella e stata trovatanell’intervallo (x′, x′ + dx′) e il numero totale dei sistemi.Ragionamenti e definizioni simili valgono per la densita di probabilita di momento espressada ϕ∗(p′x)ϕ(p′x): la quantita ϕ(p′x)ϕ

∗(p′x)dp′x fornisce la probabilita che, all’atto di una

osservazione, il sistema avente vettore di stato ϕ(p′x) sia trovata con coordinata momentocompresa fra p′x e p′x + dp′x.Le quantita ψ(x′), ϕ(p′x) sono dette ampiezza di probabilita rispettivamente dell’autovalorex′ e p′x.

197

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Quando e possibile scrivere la (667) o la (669) si dice che l’insieme degli autovettori di G ecompleto. L’insieme degli autovettori di un operatore hermitiano e completo (v. par. 1.2.4,sezione F). Una variabile alla quale e associabile un operatore che possieda un insiemecompleto di autovettori e detta osservabile.

Se χ coincide con un vettore di base, ad esempio χ ≡ Gi, allora la probabilita cheG assumail valore gi e espressa da

(χ,Oiχ) = (Gi, Gi) = 1

cioe G assume certamente il valore gi.

Se l’autovalore gi di un operatore G e degenere con grado di degenerazione d, a gi appar-

tengono d autovettori G(1)i , G

(2)i , . . . , G

(d)i che, come sappiamo, possono essere ortonorma-

lizzati. La probabilita che l’osservabile G assuma il valore gi e espressa da

(

χ,d∑

k=1

c(k)i G

(k)i

)

= |c(1)i |2 + |c(2)i |2 + · · ·+ |c(d)i |2 (670)

Esempio.

In un atomo idrogenoide gli autovalori dell’energia E dipendono dai numeri quantici n e l,cioe si ha E = Enl. A ogni Enl appartengono 2l + 1 autovettori espressi dalle armonichesferiche Ylml

con −l ≤ ml ≤ +l.Con riferimento alla (498) la probabilita che l’energia assuma un valore Enl e espressa da

Prob Enl =(

χ,+l∑

ml=−lcnlml

ψnlml

)

=+l∑

ml=−l|cnlml

|2

Se consideriamo l’osservabile Lz, compatibile con E e avente autovalori Lzml, la probabilita

che E assuma il valore Enl e, simultaneamente, che Lz assuma il valore Lzmle espressa da

Prob (Enl, Lzml) =

(

χ, cnlmlψnlml

)

= |cnlml|2

L’operazione di ortogonalizzazione che, seguita da quella di normalizzazione, permette discrivere la (670), ha in se una certa arbitrarieta, nel senso che non vi e un unico modo

di ortogonalizzare, percio le singole c(k)i = (χ,G

(k)i ) sono anch’esse non univocamente

definite. Tuttavia si puo dimostrare che la somma dei quadrati dei loro moduli rimaneinvariata quale che sia la ortonormalizzazione adottata.

Consideriamo ora un sistema meccanico a n gradi di liberta. L’ampiezza di probabilita diposizione ha allora la seguente espressione:

ψ(q1, q2, . . . , qn, t)

e la quantitaψ∗ψdq1dq2 · · · dqn

definisce la probabilita che all’atto di una osservazione la coordinata 1 sia trovata compresafra q1 e dq1, la coordinata 2 sia trovata compresa fra q2 e q2 + dq2, ecc.

198

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Esempio

Un sistema di N particelle libere di muoversi nello spazio tridimensionale ha ampiezza diprobabilita espressa da:

ψ(R(1),R(2)

, . . .R(N), t)

e il numero n dei gradi di liberta del sistema e uguale a 3N .

La interpretazione probabilistica del quadrato del modulo dell’ampiezza di probabilita,fornita da Born nel 1926, rappresenta un punto di arrivo del lungo e articolato percorsoche in questo studio si e seguito per esporre la Meccanica di Schrodinger. Appoggiandociad esso possiamo definire con precisione le condizioni che ψ (o ϕ) deve soddisfare affinchesi renda possibile l’interpretazione probabilistica.Riprendiamo in considerazione l’equazione (379) che qui riscriviamo:

ih

2m0∇ · (ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ) +

∂ψ∗ψ

∂t= 0

Integriamo in un volume τ contenente la particella avente massa m0:

ih

2m0

τ

∇ · (ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ) dτ +∂

∂t

τ

ψ∗ψ dτ = 0 (671)

Applicando il teorema di Gauss si ottiene

ih

2m0

σ

(ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ) · ndσ +∂

∂t

τ

ψ∗ψ dτ = 0 (672)

dove σ e la superficie di τ .Se ora ricordiamo la definizione di = ih(ψ∇ψ∗ − ψ∗∇ψ)/2m0 data nella (381) possiamoscrivere

σ

· ndσ +∂

∂t

τ

ψ∗ψ dτ = 0

Questa equazione mostra che la probabilita di trovare entro il volume τ la particella puovariare solo se il bilancio del flusso del vettore in entrata e uscita attraverso la superficieσ di τ e diverso da zero. Il vettore puo cosı essere interpretato come densita di corrente diprobabilita di posizione. Le (671), o (672), o quest’ultima equazione esprimono il Principiodi conservazione della probabilita di posizione.Se τ e l’intero spazio fisico τ∞ si ha:

σ∞

· ndσ +∂

∂t

τ∞

ψ∗ψdτ = 0

Se si annulla su σ∞ si ha∂

∂t

τ∞

ψ∗ψdτ = 0

da cui∫

τ∞

ψ∗ψdτ = cost.

199

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ma in base all’interpretazione probabilistica l’integrale a membro sinistro esprime la pro-babilita che la particella si trovi in τ∞: tale probabilita deve essere uguale a 1, perche laparticella deve trovarsi in un qualche punto dello spazio, percio deve risultare

τ∞

ψ∗ψdτ = 1 (673)

Dalla (673) si ricava per la ψ la condizione che essa deve essere a quadrato sommabile,ovvero, come spesso si dice, di classe Q o di classe L2 e che deve essere normalizzabile.Quest’ultima condizione puo essere soddisfatta senza particolari difficolta dato che l’equa-zione di Schrodinger e omogenea e quindi una sua soluzione e definita a meno di unacostante moltiplicativa.Dalla (673) si ricava un’altra condizione: l’integrale esteso a tutto lo spazio in cui laparticella puo essere trovata deve essere indipendente dal tempo.Riprendiamo ancora la (671).Da essa appare evidente che ψ deve essere continua: infatti, se fosse discontinua su unaqualche superficie σd del suo dominio di definizione le derivate di ψ su tale superficiediventerebbero infinite, e tale diventerebbe anche , rendendo cosı infinita la probabilita ditrovare la particella entro un volume arbitrariamente piccolo comprendente σd.Anche ∇ψ deve essere continuo: infatti se fosse discontinuo su una certa superficie, lederivate seconde della ψ diventerebbero ivi infinite, e quindi l’equazione di Schrodinger nonpotrebbe essere soddisfatta, a meno che il potenziale non diventi infinito sulla superficie didiscontinuita.Si deduce percio la condizione seguente: il gradiente di ψ deve essere continuo ovunquesalvo in punti in cui il potenziale diviene infinito.Infine la ψ deve essere a un sol valore, altrimenti si avrebbero a disposizione due diversivalori della probabilita in un medesimo punto e nel medesimo istante.In definitiva le condizioni che la ψ deve soddisfare sono le seguenti:

I) ψ deve essere a quadrato sommabile;II) l’integrale di ψ∗ψ in tutto lo spazio in cui la particella puo essere trovata deve

essere indipendente dal tempo;III) ψ deve essere continua;IV) il gradiente di ψ deve essere continuo ad eccezione dei punti in cui il potenziale

diviene infinito;V) ψ deve essere a un sol valore.

* * *

In meccanica classica non vi e alcun limite al numero delle variabili che possono esseresimultaneamente misurate in un sistema fisico.Cosı in un sistema meccanico possiamo misurare simultaneamente, con precisione (almenoidealmente) illimitata, posizione, momento, energia, momento angolare, ecc.In meccanica quantistica, al contrario, non e possibile, in generale, eseguire una osserva-zione che fornisca valori ben precisi per un numero qualsivoglia di osservabili.Le osservabili per le quali questo succede sono dette compatibili.Per renderci conto del significato di questo termine consideriamo un insieme di variabiliA,B,C,D, . . . riferite a un sistema meccanico avente stato rappresentato da un autovettore(autostato) di A.

200

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Se misuriamo A in un insieme di sistemi meccanici identici e identicamente preparatitroviamo il medesimo risultato, cioe troviamo che in ogni sistema il risultato della misuracoincide con quello, fra gli autovalori dell’operatore A associato ad A, al quale l’autostatoappartiene e che indichiamo con ai.Se dopo aver misurato A misuriamo B cui e associato un operatore B che e compatibilecon A troviamo in tutti i sistemi meccanici il medesimo risultato, cioe troviamo che inogni sistema il risultato della misura coincide con quello, fra gli autovalori dell’operatoreB associato a B, al quale l’autostato appartiene e che indichiamo con bk.Se poi misuriamo C , D, ecc. e lo stato del sistema si mantiene autostato simultaneo diquesti operatori, si dice che A, B, C , D, ecc., sono tutti compatibili.A questo punto riesce naturale chiedersi che cosa rende una variabile compatibile conun’altra, ovvero quali caratteristiche devono possedere le variabili che hanno un insiemecomune di autovettori: la risposta a questa domanda e gia stata data nella sezione G delpar. 1.2.4, in cui si e dimostrato che condizione necessaria e sufficiente affinche gli operatoridi un certo insieme siano compatibili e che i loro commutatori siano nulli.

Esempi.

• Un esempio di insieme di osservabili compatibili e dato dall’energia, dal modulo delmomento angolare e da una componente del momento angolare di una particella in uncampo di forze centrali (v. par. 1.2.1). Notiamo che una sola componente del momentoangolare della particella puo entrare a far parte dell’insieme di osservabili compatibili, comemostra la (622).

• Un altro esempio di osservabili compatibili e dato dagli operatori di posizione xop, yop,zop. Essi posseggono un insieme completo di autovettori in comune

xψx′,y′,z′ = x′ψx′,y′,z′ ; yψx′,y′,z′ = y′ψx′,y′,z′ ; zψx′,y′,z′ = z′ψx′,y′,z′

Queste tre equazioni sono soddisfatte rispettivamente da:

ψx′,y′,z′(x) = A(y′, z′)δ(x− x′)ψx′,y′,z′(y) = B(x′ , z′)δ(y − y′)ψx′,y′,z′(z) = C(x′, y′)δ(z − z′)

e contemporaneamente da

ψR′(R) = δ(x− x′)δ(y − y′)δ(z − z′) = δ(R−R′)

percio ψR′ (R) e l’autovettore comune a x, y, z.

Nelle considerazioni sulla compatibilita presentate finora abbiamo supposto che ai, bk, . . .siano autovalori non degeneri, cioe che ad ogni autovalore appartenga un solo autovettore.Ora supponiamo invece che l’autovalore ai di A sia degenere e indichiamo con dai

il gradodi degenerazione. L’insieme degli autovettori appartenenti ad ai sottende un sottospazioSH(ai) a dai

dimensioni dello spazio di Hilbert associato al sistema. Il vettore di sta-to del sistema e un elemento di SH(ai) esprimibile come una combinazione lineare degliautovettori di ai.

201

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Effettuiamo poi la misura di una osservabile B compatibile con A e sia bk l’autovaloretrovato, che supponiamo ancora degenere con grado di degenerazione dai,bk

.L’insieme degli autovettori appartenenti a bk e un sottospazio SH(ai, bk) di SH(ai). Anchein questo caso il vettore di stato del sistema e una combinazione lineare degli autovettoricomuni di ai e bk.Proseguendo in questo modo a misurare altre osservabili compatibili C,D, . . . , si ridurravia via il grado di degenerazione fino ad arrivare ad un autovalore con grado di degenera-zione dai,bk,cn,dl... = 1, cioe non degenere.L’osservazione di tutte le osservabili compatibili e detta osservazione massima di un si-stema e l’insieme delle osservabili compatibili corrispondenti e detto sistema completo diosservabili.

* * *

L’osservazione massima di un sistema meccanico avente ng gradi di liberta e costituita dialmeno ng osservabili.Ad esempio, nel sistema atomo di idrogeno, dopo aver effettuato una osservazione di E edavere trovato l’autovalore E = En avente grado di degenerazione dEn

= n2, lo stato dell’e-lettrone e una combinazione lineare degli autovettori espressi dalla (502) che sottendonouno spazio dEn

-dimensionale.Effettuiamo poi una osservazione di L2, che e compatibile con E (v. eq. (630)), ottenendol’autovalore L2

l che ha grado di degenerazione dEn,L2l

= 2l + 1; lo stato dell’elettrone e

una combinazione lineare degli autovettori espressi dalla (501) che sottendono uno spaziodEn,L2

l-dimensionale.

Effettuiamo infine una osservazione di Lz, che e compatibile con E e L2 (v. eq. (629) e(624)), ottenendo l’autovalore Lzml

avente grado di degenerazione dEn,L2l,Lzml

= 1.

A questo punto abbiamo effettuato osservazioni di tutte le osservabili compatibili del si-stema, che ha 3 gradi di liberta (a parte lo spin, che non e preso in considerazione nelmodello di atomo di Schrodinger) ed abbiamo cosı a disposizione un sistema completo diosservabili.

E importante notare che non vi e, per un dato sistema, un unico insieme completo diosservabili. Ad esempio nell’atomo di idrogeno una osservazione massima e definita nonsolo dai valori E, L2, Lz ma anche da E, L2, Lx oppure da E, L2, Ly. E anche occorre notareche in un sistema completo a ng gradi di liberta possono comparire piu di ng osservabili(osservabili ridondanti).

202

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.3 Esempi di applicazione della Interpretazione di Copenhagen

1.3.1 Particella libera: descrizioni classica e quantistica

In Meccanica newtoniana la traiettoria di una particella libera, cioe non soggetta a forze,e una retta sulla quale la particella si muove di moto uniforme. La retta passa per laposizione R0 che la particella ha in un certo istante dal quale si comincia a contare iltempo (istante iniziale t0) e ha la direzione del momento lineare p0 che la particella ha int0 e che, per definizione di particella libera, rimane costante al passare del tempo.Assumendo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale e facendo coincidere, per sem-plicita, la traiettoria della particella con l’asse x, si ha R0 ≡ x0, 0, 0 e p0 ≡ px0, 0, 0.Le quantita x0 = x(t0) e px0 = px(t0) sono le ben note “condizioni iniziali” arbitrariamenteprefissabili che intervengono nella integrazione delle equazioni differenziali del moto perdeterminare in modo univoco l’equazione oraria della particella.

In Meccanica di Hamilton-Jacobi si cerca di determinare non la traiettoria, ma lo statodella particella, che e espresso nello spazio delle coordinate da una quantita scalare SRsoluzione dell’equazione

1

2m0

(

∂SR(x, t)

∂x

)2

+∂SR(x, t)

∂t= 0

dove m0 e la massa della particella.E possibile definire lo stato della particella anche nello spazio dei momenti: e una quantitaespressa dallo scalare Sp soluzione dell’equazione

p2x

2m0+∂Sp(px, t)

∂t= 0

Fra SR(x, t) e Sp(px, t) esiste il legame della trasformata di Legendre

SR(x, t)L←→Sp(px, t)

come ricordiamo dalla Appendice K.Una volta ottenuto SR o Sp e note le condizioni iniziali, e possibile conoscere la traiettoriadella particella (v. Appendice M).

In Meccanica di Schrodinger si cerca di determinare lo stato probabilistico della particella,che e espresso, in un appropriato spazio di Hilbert, da una funzione di x e t la quale, nellarappresentazione monodimensionale delle coordinate, e la soluzione ψ(x, t) dell’equazione

h2

2m0

∂2ψ(x, t)

∂x2+ ih

∂ψ(x, t)

∂t= 0 (674)

detta “ampiezza di probabilita di posizione”, mentre nella rappresentazione monodimen-sionale dei momenti e la soluzione ϕ(px, t) della

px2

2m0ϕ(px, t)− ih

∂ϕ(px, t)

∂t= 0

203

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

detta “ampiezza di probabilita di momento”.Fra ψ e ϕ esiste la relazione

ψ(x, t)F←→ϕ(px, t)

cioe la ψ e la ϕ sono, per ogni prefissato istante t, una coppia di funzioni Fourier-coniugate.Tuttavia, diversamente da quanto succede in Meccanica di Hamilton-Jacobi, una voltadeterminato ψ o ϕ la traiettoria della particella rimane sconosciuta, perche non e di essache la Meccanica di Schrodinger si occupa.Cio che la Meccanica di Schrodinger ci consente di fare e prevedere la probabilita che,effettuando in un certo istante t una misura di posizione, la particella venga trovata dotatadi posizione compresa fra x e x + dx, oppure, effettuando una misura di momento, laparticella venga trovata dotata di momento compreso fra px e px + dpx.Tali probabilita sono espresse rispettivamente, come sappiamo, da ψ∗(x, t)ψ(x, t)dx eϕ∗(px, t)ϕ(px, t)dpx: si deve con cio intendere che, effettuando nel medesimo istante tmisure di posizione (momento) su un numero N di sistemi meccanici costituiti ciascuno dauna particella libera avente massa m0 e identicamente preparati, il rapporto fra il numerodelle volte che la particella viene trovata nell’intervallo x a x+ dx (o px a px + dpx) e ilnumeroN delle misure si approssima a ψ∗(x, t)ψ(x, t)dx (o ϕ∗(px, t)ϕ(px, t)dpx) al cresceredi N .Parlare di “sistemi identicamente preparati” riconduce al problema della introduzione dellecondizioni iniziali x0 e px0.Le considerazioni che la meccanica di Schrodinger ci obbliga a fare in proposito sono assaidiverse da quelle della meccanica newtoniana o della meccanica di Hamilton-Jacobi, percheil Principio di Indeterminazione (v. par. 1.2.7) ci consente di definire con precisione unasola di queste variabili, o la posizione o il momento, e, dopo aver deciso quale e la variabileche intendiamo definire con precisione, l’altra variabile resta completamente indeterminata.Fra queste due situazioni estreme1) posizione determinata (4x0 = 0); momento indeterminato (4px0 →∞)2) posizione indeterminata (4x0 →∞); momento determinato (4px0 = 0)ve ne sono infinite altre possibili in cui sia la posizione che il momento sono indeterminati,essendo le indeterminazioni legate fra loro dal Principio di Indeterminazione. Nello studioche faremo ci riferiremo a una di queste ultime e assumeremo che la particella sia statapreparata nell’istante iniziale in modo che sia

4x04px0 =1

2h =

1

2· 1, 054494 · 10−27ergsec = 0, 527247 · 10−27ergsec (675)

Una particella cosı caratterizzata e detta trovarsi in uno stato di indeterminazione minima.Le sue ampiezze di probabilita di posizione e momento iniziali sono, con le modifiche delcaso, le (N44) e (N45) nelle quali poniamo y = p/h:

ψ(x, 0) =

√A

(2π)1/24x0

e− (x−〈x〉0)2

4(4x)20

+ ih〈px〉0x

; [ψ] =1√

lunghezza(676)

e anche

ϕ(px, 0) =

√B

(2π)1/24px0

e− (px−〈px〉0)2

4(4px)20

− ih〈x〉0(px−〈px〉0)

; [ϕ] =1√

momento(677)

204

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

In queste espressioni le quantita note sono 〈x〉0 e 〈px〉0, valori medi di posizione e momentodella particella in t0 = 0, mentre

4x0 =√

〈(x0 − 〈x〉0)2〉 ; 4px0 =√

〈(px0 − 〈px〉0)2〉

sono le corrispondenti deviazioni standard (v. eq. (N18) e (N20)) per le quali vale la (675).Se ora imponiamo che sia (v. eq. (674))

+∞∫

−∞

ψ∗(x, 0)ψ(x, 0)dx = 1 (678)

otteniamo dalla (676)

A√2π4x0

+∞∫

−∞

e− (x−〈x〉0)2

2(4x)20 dx =

√2A4x0√2π4x0

+∞∫

−∞

e− (x−〈x〉0)2

2(4x)20 d

x− 〈x〉0√24x0

=A√π

+∞∫

−∞

e−t2

dt = 1

e percio A = 1 e, con ragionamenti simili, si ottiene anche B = 1. Segue

ψ(x, 0) =1

(2π)1/24x0

e− (x−〈x〉0)2

4(4x)20

+ ih〈px〉0x

(679)

e

ϕ(px, 0) =1

(2π)1/24px0

e− (px−〈px〉0)2

4(4px)20

− ih〈x〉0(px−〈px〉0)

(680)

Le densita di probabilita associate alle (679) e (680) sono

ψ∗(x, 0)ψ(x, 0) =1√

2π4x0

e− (x−〈x〉0)2

2(4x)20 (681)

ϕ∗(px, 0)ϕ(px, 0) =1√

2π4px0

e− (px−〈px〉0)2

2(4px )20 (682)

Ricordando l’espressione della densita di probabilita gaussiana

f(x) =1√2πσ

e− (x−m)2

2σ2(683)

+∞∫

−∞

f(x)dx =1√2πσ

+∞∫

−∞

e− (x−m)2

2σ2dx =

√2σ√2πσ

+∞∫

−∞

e− (x−m)2

2σ2dx−m√

2σ=

1√π

+∞∫

−∞

e−t2

dt = 1

dove m e il valor medio e σ e la deviazione standard della variabile aleatoria x, si vede chele (681) e (682) sono gaussiane centrate in 〈x〉0 e 〈px〉0.

* * *

205

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Una ψ(x, t) che sia soluzione della (674) e che abbia per t = 0 le caratteristiche espressedalle (675), (679) e (680) e detta a gruppo d’onde, o pacchetto d’onde, monodimensionalea indeterminazione minima.Per gli istanti t > 0 la ψ si ottiene dalla (355) ponendo in essa R ≡ x, 0, 0 e p ≡ px, 0, 0 eassumendo, in accordo con la (327)

ϕ(px, t) = v(px)e− i

hEt ; E =

p2x

2m0; [ϕ] = momento−1/2 (684)

con v(px) ≡ ϕ(px, 0) espresso dalla (680), cosicche la (355) diviene

ψ(x, t) =1√h

+∞∫

−∞

ϕ(px, 0)eih

(

pxx− px2

2m0t

)

dpx ; [ψ] = L− 12 (685)

Sostituendo la (680) nella (685) si ottiene

ψ(x, t) =1√

h√

(2π)1/24px0

+∞∫

−∞

e− (px−〈px〉0)2

4(4px)20

− ih〈x〉0(px−〈px〉0)+ i

h

(

pxx−p2

x2m0

t

)

dpx

Ponendo η = px − 〈px〉0 si puo trasformare l’esponenziale nel modo che segue:

e− (px−〈px〉0)2

4(4px )20

− ih〈x〉0(px−〈px〉0)+ i

h

(

pxx− p2x

2m0t

)

= e− η2

4(4px)20

− ih〈x〉0η+ i

h(pxx− p2

x2m0

t)

Poiche px = η + 〈px〉0 segue

pxx−p2x

2m0t = (η + 〈px〉0)x−

(η + 〈px〉0)22m0

t

= (x− 〈px〉0m0

t)η − η2

2m0t+ 〈px〉0x−

〈px〉202m0

t

e quindi

e− (px−〈px〉0)2

4(4px)20

− ih〈x〉0(px−〈px〉0)+ i

h

(

pxx− p2x

2m0t

)

=

= e− 1

4(4px )20

η2− it2m0h

η2+ ih(x−〈x〉0− 〈px〉0

m0t)ηe− i

h(〈px〉2

02m0

t−〈px〉0x)

Notiamo che il secondo esponenziale a membro destro non dipende da η e percio:

ψ(x, t) =e− i

h

(

〈px〉20

2m0t−〈px〉0x

)

√h√

(2π)1/24px0

+∞∫

−∞

e−(

it2m0h

+ 1

4(4px0 )2

)

η2+ ih

(

x−〈x〉0− 〈px〉0m0

t)

ηdη

206

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

L’integrale a membro destro e del tipo

+∞∫

−∞

e−a2ρ2+ibρdρ =

√π

ae

−b2

4a2

percio

ψ(x, t) =e− i

h

(

〈px〉20

2m0t−〈px〉0x

)

√h√

(2π)1/24px0

√π

ae

−b2

4a2 (686)

essendo

a =

it

2m0h+

1

4(4px)20=

it

2m0h+

1

4 h2

4(4x)20

=4x0

h

1 + ih

2m0(4x)20t

e

b =1

h

(

x− 〈x〉0 −〈px〉0m0

t)

Ora osserviamo che (v. eq. (675))

1√h√

(2π)1/24px0

√π

a=

1√h√

(2π)1/24px0

h√π

4x0

1 + i h2m0(4x)20

t

=1

(2π)1/2h4px04x0

h√π

√4x0

1 + i h2m0(4x)20

t

=1

(2π)1/2h 12 h

h√π

√4x0

1 + i h2m0(4x)20

t

=1

(2π)1/2h2π

h√π

√4x0

1 + i h2m0(4x)20

t

=1

(2π)1/24x0

1 + i h2m0(4x)20

t

percio la (686) puo essere scritta cosı

ψ(x, t) =e

−b2

4a2

(2π)1/24x0

1 + i h2m0(4x)20

te

ih

(

〈px〉0x−〈px〉2

02m0

t)

Segue

ψ(x, t) =1

(2π)1/24x0

e

−(x−〈x〉0− 〈px〉0m0

t)2

4(

(4x)20+i h2m0

t)

1 + i h2m0(4x)20

te

ih

(

〈px〉0x−〈px〉2

02m0

t)

(687)

207

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Questa e la soluzione a pacchetto d’onde della (674) che ci eravamo proposti di ottenere.Per t = 0 coincide con la (679).

Ora poniamo

a = x− 〈x〉0 ; b =〈px〉0m0

t ; c =1

h

(

〈px〉0x−〈px〉202m0

t)

; d = (4x)20 ; g =ht

2m0

cosicche gli esponenziali della (687) diventano

e− (a−b)2

4(d+ig) eic = e−(a−b)2+4ic(d+ig)

4(d+ig) = e−a2−b2+2ab+4icd−4cg

4d(1+igd

) = e

− a2

4d−

b2−2ab+4cg

4d+ic

1+igd

Sostituendo i valori di a, b, c, d, g si ottiene

ψ(x, t) =1

(2π)1/24x0

e

− (x−〈x〉0)2

4(4x)20− 〈x〉0〈px〉0t

2m0(4x)20

+ ih

(

〈px〉0x−〈px〉2

02m0

t)

1+i h2(4x)20m0

t

1 + i h2m0(4x)20

t(688)

che e un altro modo di esprimere la (687).

Consideriamo nuovamente le posizioni precedenti salvo a, che ora diviene a = (x− 〈x〉0 −〈px〉0m0

t) (cioe ingloba b), cosicche gli esponenziali della (687) possono essere scritti cosı

e−a2

4(d+ig) eic = e−a2+4ic(d+ig)

4(d+ig) = e−a2(d−ig)+4ic(d2+g2)

4(d2+g2) = e

−a2d

4d2(1+g2

d2)e

i

4d2(1+g2

d2)

(

a2g+4cd2(1+ g2

d2 ))

e infine

e−a2

4(d+ig) eic = e

−a2

4d(1+g2

d2)e

i

1+g2

d2

(

a2g

4d2 +c(1+ g2

d2 ))

Sostituendo i valori di a, c, d, g si ottiene

ψ(x, t) =1

(2π)1/24x0

e

−(x−〈x〉0− 〈px〉0

m0t)2

4(4x)20(

1+ h2t2

4m20(4x)40

)

1 + i h2m0(4x)20

· ei

1+ h2t2

4m20(4x)40

〈px〉0xh

− 〈px〉20

2m0ht+ht(

(x−〈x〉0)2+ 2〈x〉0〈px〉0t

m0

)

8m0(4x)40

(689)

Le (687), (688) e (689) sono descrizioni equivalenti di un pacchetto d’onde monodimensio-nale che per t = 0 coincide con la (679).

Calcoliamo la densita di probabilita. Dalla (689) si ricava

ψ∗ψ(x, t) =1

(2π)1/2e

−(x−〈x〉0− 〈px〉0

m0t)2

2(4x)20(

1+ h2t2

4m20(4x)40

)

4x0

(

1 + h2t2

4m20(4x)4

0

) (690)

208

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Per t = 0 la (690) e una gaussiana (v. eq. (683)) che negli istanti successivi tende adallargarsi e ad appiattirsi muovendosi con velocita 〈px〉0/m0 sull’asse x.Quanto piu piccola e la massa, tanto piu rapido e l’allargamento della gaussiana.

* * *

Abbiamo finora considerato un gruppo d’onde monodimensionale. Generalizzando a tredimensioni (v. eq. (N44) e (N45)) si ottengono, in corrispondenza delle (679) e (680), leseguenti espressioni di pacchetti d’onda 3-dimensionali a indeterminazione minima:

ψ(R, 0) =1

(2π)3/24x04y04z0e− (x−〈x〉0)2

4(4x)20− (y−〈y〉0)2

4(4y)20− (z−〈z〉0)2

4(4z)20+ i

h〈p〉0·R

(691)

ϕ(p, 0) =1

(2π)3/24px04py04pz0e− (px−〈px〉0)2

4(4px)20− (py−〈py〉0)2

4(4py)20− (pz−〈pz〉0)2

4(4pz)20− i

h〈R〉0·(p−〈p〉0)

(692)con

R ≡ x, y, z ; p ≡ px, py, pz

ed espressioni analogamente costruite in corrispondenza delle (687), (688), (689).Si ha anche:

4x04px0 =1

2h ; 4y04py0 =

1

2h ; 4z04pz0 =

1

2h

209

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.3.2 Particella in attraversamento di uno schermo dotato di fessure: descrizioni classicae quantistica

In questo capitolo ci proponiamo di confrontare le descrizioni classica e quantistica di unaparticella non soggetta a forze in attraversamento di uno schermo dotato di fessure.Considereremo due casi: nel primo assumeremo che lo schermo abbia una sola fessura,nel secondo due. In entrambi i casi lo scopo dell’esperimento e rivelare la posizione dellaparticella dopo che ha attraversato lo schermo, collocando, a valle di questo, una superficiein grado di intercettarla e di rendere visibile il punto in cui essa va a cadere.

A) Particella attraverso una fessura

In meccanica newtoniana la traiettoria di una particella libera avente massa m0 che nell’i-stante iniziale t = 0 si trova in un punto x0 dell’asse x di una terna cartesiana ortogonalee ha momento px0 > 0, py0 = 0, pz0 = 0 e una retta che coincide con l’asse x su cui laparticella si muove nel verso delle x crescenti.

Se l’asse x passa attraverso una fessura praticata su uno schermo, la particella attraverserala fessura e potra essere intercettata da una superficie rivelatrice posta a valle dello schermo.Secondo la meccanica newtoniana il punto in cui la particella viene rivelata e quello in cuil’asse x incontra la superficie rivelatrice.

Ci proponiamo ora di descrivere questo fenomeno in meccanica di Schrodinger facendoriferimento alla figura.Innanzitutto, nel definire le condizioni iniziali, occorre tener conto del fatto che non epossibile assumere per la posizione e il momento della particella valori iniziali precisi comesi fa in meccanica newtoniana. Ripetendo ragionamenti gia fatti nel punto 1.3.1 di questoCapitolo 1 possiamo associare alla particella un pacchetto d’onde.Il pacchetto d’onde che considereremo e a indeterminazione minima e bidimensionale, es-sendo esteso lungo l’asse x, che e la direzione del moto della particella a monte delloschermo S dotato di foro, e lungo l’asse y.Riprendiamo in considerazione l’eq. (691) che riscriviamo con riferimento allo spazio bidi-mensionale

ψ(x, y, 0) =1√

2π4x04y0e− (x−〈x〉0)2

4(4x)20− (y−〈y〉0)2

4(4y)20+ i

h(〈px〉0x+〈py〉0y)

210

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ponendo〈x〉0 = 0 ; 〈y〉0 = 0 ; 〈py〉0 = 0

e d =√

24x0 =√

24y0 si ottiene

ψ(x, y, 0) =1

d√πe− x2+y2

2d2+ i

h〈px〉0x

(693)

La ψ e la funzione d’onda bidimensionale di una particella che nell’istante t = 0 puo essereosservata il piu delle volte in un cerchio avente raggio d centrato nell’origine con momentopx contenuto in un intervallo h/d centrato su 〈px〉0 e momento py contenuto in un ugualeintervallo centrato su 〈py〉0 = 0.La (693) puo essere fattorizzata

ψ(x, y) = ψx(x, 0)ψy(y, 0)

essendo

ψx(x, 0) =1

d√πe− x2

2d2+ i

h〈px〉0x

; ψy(y, 0) =1

d√πe− y2

2d2

Tenendo presente la (689) si ottiene

ψx(x, t) =1

d√π

e

−(x− 〈px〉0t

m0)2

2d2(

1+ h2t2

m20

d4

)

1 + ihtm0d2

e

i

1+ h2t2

m20

d4

(

〈px〉0x

h− 〈px〉2

0t

2m0h+ htx2

2m0d4

)

e, poiche 〈py〉0 = 0, si ha anche

ψy(y, t) =1

d√π

e

− y2

2d2(

1+ h2t2

m20

d4

)

1 + ihtm0d2

e

ihty2

2m0d4

(

1+ h2t2

m20

d4

)

percio la funzione d’onda (o ampiezza di probabilita di posizione) della particella nellospazio compreso fra lo schermo S dotato di foro e la superficie rivelatrice R e espressa da

ψ(x, y, t) =1

d√π

e

−(x− 〈px〉0t

m0)2+y2

2d2(

1+ h2t2

m20

d4

)

1 + ihtm0d2

e

i

1+ h2t2

m20

d4

(

〈px〉0x

h− 〈px〉2

0t

2m0h+

ht(x2+y2)

2m0d4

)

(694)

Questa e l’espressione di un pacchetto d’onde bidimensionale che per t = 0 soddisfa la(693).La corrispondente densita di probabilita e espressa da

ψ∗(x, y, t)ψ(x, y, t) =1

πd2(

1 + h2t2

m20d4

)e

−(x− 〈px〉0

m0t)2+y2

d2(

1+ h2t2

m20d

4

)

; [ψ∗ψ] = L−2 (695)

211

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

simile alla densita di probabilita gaussiana 2-dimensionale (x e y incorrelati)

f(x, y) =1

2πσxσye− (x−mx)2

2σ2x e

− (y−my)2

2σ2y

con mx =〈px〉0m0

t, my = 0 e σx = σy = d√2

1 + h2t2

m20d

4 . La (695) mostra che in t = 0 il

centro della gaussiana, che coincide col suo valore massimo, e localizzato nell’origine dadove, al crescere del tempo, si sposta lungo l’asse x alla velocita 〈px〉0/m0.In corrispondenza di un istante generico t la gaussiana e centrata in x = 〈px〉0t/m0, y = 0.La densita di probabilita che la particella venga rivelata al tempo t sulla superficie rive-latrice R posta a distanza a dallo schermo S e espressa da

ψ∗(a, y, t)ψ(a, y, t) =1

π

e

−(a−〈px〉0

m0t)2+y2

d2(

1+ h2t2

m20d

4

)

d2(

1 + h2t2

m20d

4

)

Per semplificare consideriamo l’istante tR in cui il centro del pacchetto d’onde raggiungeR. Tale istante e espresso da

tR =a

〈px〉0m0

cioe dal rapporto fra lo spazio percorso dal centro del pacchetto nel suo movimento da Sa R e la velocita del pacchetto. Si ha allora la seguente densita di probabilita

ψ∗(a, y, tR)ψ(a, y, tR) =1

π

e

− y2

d2(

1+ h2a2

〈px〉20d4)

d2(

1 + h2a2

〈px〉20d4)

che, una volta normalizzata, diviene

ψ∗(a, y, tR)ψ(a, y, tR) =1

√πd√

1 + h2a2

〈px〉20d4e

− y2

d2(

1+ h2a2

〈px〉20d4)

(696)

e infatti, ponendo per semplicita

K =ha

〈px〉0d2; [K] = adimensionale

si ottiene

+∞∫

−∞

ψ∗ψdy =1√

πd√

1 +K2

+∞∫

−∞

e− y2

d2(1+K2) dy =1√π

+∞∫

−∞

e− y2

d2(1+K2) dy

d√

1 +K2

212

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ovvero+∞∫

−∞

ψ∗ψdy =1√π

+∞∫

−∞

e−x2

dx = 1

Esempi

Nelle due figure che seguono la densita di probabilita (696) viene presentata assumendoper entrambe i seguenti valori (unita CGS)

a = 10 ; 〈Ux〉0 = 106 ; d = 10−1

cosicche, essendo h = 1, 054 · 10−27 e px = m0Ux, si ottiene

K ≈ 10−30

m0

Nella prima figura la massa e 10gr, nella seconda 10−33gr. Notiamo che, in accordo con laMeccanica newtoniana, le particelle di grande massa si addensano tutte attorno allo 0; lapiccolissima dispersione e dovuta a d = 10−1.Invece le particelle di piccolissima massa si disperdono grandemente (si noti che nellaseconda figura la scala delle y e 10 volte piu compressa che nella prima figura).

* * *

213

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

B) Particella attraverso due fessure

Consideriamo ora un dispositivo sperimentale del tipo illustrato nella figura all’inizio dellasezione precedente, ma da questo differente perche dotato di due fessure centrate in y = 1

2 le − 1

2 l, e una particella libera avente massa m0 in moto verso lo schermo S.In meccanica newtoniana la traiettoria della particella e una retta che:1) o passa per la prima fessura;2) o passa per la seconda fessura;3) o e intercettata dallo schermoNei primi due casi la particella puo essere rivelata da una opportuna superficie sensibileposta a valle di S. Il punto in cui la particella viene rivelata e quello in cui la sua traiettoriarettilinea incontra la superficie rivelatrice.In meccanica di Schrodinger, ripetendo ragionamenti gia fatti nella sezione A di questoparagrafo 1.3.2, associamo alla particella un pacchetto d’onde bidimensionale il cui centroe in moto lungo l’asse x verso S che e collocato in x = 0. Il pacchetto viene separato daquesto dispositivo in due parti cosicche in corrispondenza del piano dello schermo esso ecostituito da due pacchetti d’onda bidimensionali. Indichiamo con ψ1 quello centrato in12l e con ψ2 quello centrato in − 1

2l. Tenendo presente la (693) si puo scrivere

ψ1(x, y, 0) =1

d√πe−x

2+(y− 12 l)

2

2d2 eih〈px〉0x

ψ2(x, y, 0) =1

d√πe− x2+(y+ 1

2 l)2

2d2 eih〈px〉0x

L’ampiezza di probabilita di posizione della particella nell’istante iniziale e espressa da

ψ(x, y, 0) =1√2ψ1 +

1√2ψ2

All’istante t > 0 l’ampiezza di probabilita della particella e espressa da

ψ(x, y, t) =1√2ψ1(x, y, t) +

1√2ψ2(x, y, t) (697)

e le due componenti ψ1 e ψ2 si ricavano dalla (694) sostituendo in essa y rispettivamentecon y − 1

2 l e y + 12 l cosicche

ψ(x, y, t) =1

d√

e

−(x− 〈px〉0t

m0)2+(y− 1

2 l)2

2d2(

1+ h2t2

m20

d4

)

1 + ihtm0d2

e

i

1+ h2t2

m20

d4

(

〈px〉0x

h− 〈px〉2

0t

2m0h+

ht(x2+(y− 12

l)2)

2m0d4

)

+

+1

d√

e

−(x− 〈px〉0t

m0)2+(y+ 1

2 l)2

2d2(

1+ h2t2

m20

d4

)

1 + ihtm0d2

e

i

1+ h2t2

m20

d4

(

〈px〉0x

h− 〈px〉2

0t

2m0h+

ht(x2+(y+12

l)2)

2m0d4

)

214

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

In analogia con quanto si e fatto nel paragrafoA siamo interessati a determinare la ψ(x, y, t)per x = a e t = tR = a/(〈px〉0/m0). Si ha cosı:

ψ(a, y, tR) =1

d√

e

− (y− 12 l)

2

2d2(

1+ h2a2

〈px〉20d4)

1 + iha〈px〉0d2

e

i

1+ h2a2

〈px〉20d4

12

〈px〉0a

h+

ha(a2+(y− 12

l)2)

2〈px〉0d4

+

+1

d√

e

− (y+ 12 l)

2

2d2(

1+ h2a2

〈px〉20d4)

1 + iha〈px〉0d2

e

i

1+ h2a2

〈px〉20d4

12

〈px〉0a

h+

ha(a2+(y+ 12

l)2)

2〈px〉0d4

Per semplificare la scrittura poniamo

K =ha

〈px〉0d2; [K] = adimensionale (698)

Segue

ψ(a, y, tR) =1

d√

e− (y− 1

2l)2

2d2(1+K2)

1 + iKe

i

1+K2

12

〈px〉0a

h+K

a2+(y− 12

l)2

2d2

+

+1

d√

e(y+ 1

2l)2

2d2(1+K2)

1 + iKe

i

1+K2

12

〈px〉0a

h+K

a2+(y+12

l)2

2d2

Raccogliamo le costanti:

ψ(a, y, tR) =1

d√

ei

1+K212

〈px〉0a

h+ iKa2

2(1+K2)d2

1 + iK·

·

e− (y− 1

2l)2

2d2(1+K2)+ iK

1+K2

(y− 12

l)2

2d2 + e− (y+ 1

2l)2

2d2(1+K2)+ iK

1+K2

(y+ 12

l)2

2d2

Indichiamo con Aeiϕ la costante fuori dalle parentesi graffe essendo

A =1

d√

2π(1 + iK); eiϕ = e

i

1+K212

〈px〉0a

h+ iKa2

2(1+K2)d2

Segue:

ψ(a, y, tR) = Aeiϕ

e− (y− 1

2l)2

2d2(1+K2)+ iK

1+K2

(y− 12

l)2

2d2 + e− (y+ 1

2l)2

2d2(1+K2)+ iK

1+K2

(y+ 12

l)2

2d2

da cui

ψ(a, y, tR) = Aeiϕ

e− (y2+1

4l2−ly)(1−iK)

2d2(1+K2) + e− (y2+ 1

4l2+ly)(1−iK)

2d2(1+K2)

215

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ovvero

ψ(a, y, tR) = Aeiϕe− 1−iK

2d2(1+K2)(y2+ 1

4 l2)

el(1−iK)

2d2(1+K2)y

+ e− l(1−iK)

2d2(1+K2)y

Poniamo

α =1− iK

2d2(1 +K2); [α] = L−2

Segue

ψ(a, y, tR) = Aeiϕe−α(y2+ 14 l

2)(eαly + e−αly)

La corrispondente densita di probabilita e espressa da

ψ∗ψ = A∗e−iϕe−α∗(y2+ 1

4 l2)(eα

∗ly + e−α∗ly)Aeiϕe−α(y2+ 1

4 l2)(eαly + e−αly)

ovvero

ψ∗ψ = |A|2e−(α∗+α)(y2+ 14 l

2)(e(α∗+α)ly + e(α

∗−α)ly + e−(α∗−α)ly + e−(α∗+α)ly)

Poiche e

α∗ + α =1

d2(1 +K2); α∗ − α =

iK

d2(1 +K2)

segue

ψ∗ψ = |A|2e−y2+1

4l2

d2(1+K2)

(

ely

d2(1+K2) + eiKly

d2(1+K2) + e− iKly

d2(1+K2) + e− ly

d2(1+K2)

)

= 2|A|2e−y2+1

4l2

d2(1+K2)

(

el

d2(1+K2)y

+ e− l

d2(1+K2)y

2+ei Kl

d2(1+K2)y

+ e−i Kl

d2(1+K2)y

2

)

da cui infine

ψ∗ψ(y) = 2|A|2e−y2+1

4l2

d2(1+K2)

(

coshl

d2(1 +K2)y + cos

Kl

d2(1 +K2)y

)

(699)

con

|A|2 =1

2πd2(1 +K2)

Esempi.

Nelle dodici figure che seguono la densita di probabilita (699) viene presentata assumendouna massa m0 variabile da 10gr a 10−33gr

m0 = 10; 10−27; 10−30; 12 ·10−30; 1

3 ·10−30; 14 ·10−30; 1

5 ·10−30; 16 ·10−30; 1

7 ·10−30; 18 ·10−30;

10−31; 10−33

e i seguenti valori (unita CGS):

a = 10 ; 〈Ux〉0 = 106 ; d = 10−1 ; l = 1

216

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

cosicche, essendo h = 1, 054 · 10−27 e px = m0Ux, si ottiene K ≈ 10−30/m0.La costante 2|A|2 e stata posta per semplicita uguale a 1.Dalle figure risulta che la densita di probabilita della posizione che viene fornita dallaMeccanica di Schrodinger per ogni particella inviata sulla superficie rivelatrice tende allaprevisione newtoniana (pur senza mai uguagliarla, perche per y = 0 e ψ∗ψ 6= 0) fino a chela massa si mantiene maggiore o uguale a 10−30gr; al di sotto di questo valore la densita diprobabilita prende via via la forma di una figura di interferenza che, conviene sottolinearlo,si forma anche se verso lo schermo dotato di fessure vengono lanciate particelle ad una aduna. In questo caso la figura di interferenza diviene visibile in modo sempre piu netto alcrescere del numero delle particelle.In accordo con lo schema interpretativo adottato in questo studio possiamo dire che cio chel’esperimento ci mostra e la conseguenza, descritta nello spazio e nel tempo dalla effectivetheory “Meccanica di Schrodinger nella Interpretazione di Copenhagen”, di un fenomenodi interazione particella/vuoto in presenza di vincoli, ripetuto piu volte per numeroseparticelle e nuovamente ripetuto, di figura in figura, per particelle dotate di masse diverse.

Come gia si e piu volte ribadito, non e lecito chiedere alla Meccanica di Schrodinger nell’In-terpretazione di Copenhagen come i risultati illustrati dai grafici (e confermati dall’espe-rienza) possono essere generati, perche questa Meccanica e una effective theory.Neppure la Meccanica di Bohm ci puo dire come fisicamente possono essere generati igrafici che seguono, perche il potenziale quantistico su cui questa teoria si basa e un artificiomatematico non collegabile ad alcuna realta fisica classicamente osservabile.Ci troviamo dunque in una situazione simile a quella incontrata nella descrizione dei feno-meni elettromagnetici basata sui concetti di carica/campo, dove non e lecito chiedere comela azione elettromagnetica possa propagarsi nel vuoto dalle sorgenti alla carica di provagenerando su questa la forza di Lorentz.Solo una conoscenza sufficientemente approfondita della Fisica del vuoto potra permettercidi avanzare spiegazioni.

217

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

218

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Conviene notare che la Meccanica di Schrodinger, poiche non si interessa allo stato mec-canico dei sistemi fisici che descrive, non fornisce alcuna informazione sui percorsi delleparticelle, e in particolare non permette di sapere attraverso quale fessura ogni particellapassa.Se a valle dello schermo S e in prossimita di ogni fessura poniamo un rivelatore che segnaliattraverso quale fessura ogni particella e passata, dovremo tener conto del fatto che leparticelle possono essere segnalate perche interagiscono coi rivelatori, e questa interazionedeve comparire nell’hamiltoniano che e presente nell’equazione di Schrodinger descrittivadel fenomeno.In conseguenza di cio si avra una variazione della distribuzione di densita di probabilita avalle dello schermo dotato di fessure rispetto al caso in cui non sono presenti rivelatori: lefigure di interferenza potranno cosı essere sensibilmente modificate.

219

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.4 La Meccanica di Schrodinger nella notazione di Dirac

1.4.1 Generalita sullo spazio vettoriale di Hilbert

Riportiamo, per comodita, la definizione di spazio vettoriale dotato di prodotto scalareintrodotta nella sezione A) del par. 1.2.4:uno spazio vettoriale V ≡ ξ, η, ζ, . . . su un campo commutativo F ≡ a, b, c, . . . si dicedotato di prodotto interno o prodotto scalare se in esso e definita una operazione dettaprodotto interno (o scalare) che ad ogni coppia ordinata ξ, η di vettori di V associa unelemento di F . L’operazione si indica con (ξ, η) ed e dotata delle seguenti proprieta:

SP1) (ξ, η) = (η, ξ)∗

SP2) (ξ, ξ) e reale e ≥ 0; e uguale a zero solo se ξ = 0

SP3) (ξ, η + ζ) = (ξ, η) + (ξ, ζ)

SP4) (ξ, cη) = c(ξ, η)

(700)

Se F = R (numeri reali), allora si parla di spazio dotato di prodotto interno reale; seF = C (numeri complessi) si parla di spazio dotato di prodotto interno complesso.Dalle SP1), SP3), SP4) si deducono anche le seguenti proprieta

SP3′) (ξ + η, ζ) = (ζ, ξ + η)∗ = (ζ, ξ)∗ + (ζ, η)∗ = (ξ, ζ) + (η, ζ)

SP4′) (cξ, η) = (η, cξ)∗ = c∗(η, ξ)∗ = c∗(ξ, η)

Nella coppia ordinata (ξ, χ), che simboleggia il prodotto scalare, il primo vettore e dettoprefattore e il secondo postfattore. Ora le proprieta SP3) e SP3′) mostrano che il prodot-to interno e lineare sia rispetto al prefattore che al postfattore, mentre le SP4) e SP4′)mostrano che e lineare rispetto al postfattore e antilineare rispetto al prefattore.Questa asimmetria puo essere rimossa introducendo uno spazio vettoriale dei postfattorie, separatamente, uno spazio vettoriale dei prefattori duale del precedente.Indichiamo i postfattori col simbolo, detto ket

|χ〉 (701)

e i prefattori col simbolo, detto bra〈ξ| (702)

e stabiliamo fra i due spazi una corrispondenza in virtu della quale a ogni |χ〉, |η〉, . . .corrisponda un 〈ξ|, 〈θ|, . . . con le proprieta

|χ〉+ |η〉+ · · · ←→ 〈ξ| + 〈θ| + · · · (703)

a|χ〉 ←→ a∗〈ξ| ; b|η〉 ←→ b∗〈θ| ; . . . (704)

dove a, b, . . . sono numeri.

Ognuno dei due spazi soddisfa le condizioni SP1), SP2), SP3), SP4) e fra essi e definito ilprodotto scalare

〈ξ|χ〉 = 〈χ|ξ〉∗ (705)

220

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

detto anche prodotto bracket, ovvero prodotto “parentesi” in lingua inglese, dal che risultaevidente l’origine dei termini bra e ket per i prefattori e i postfattori; il bracket dovrebbeessere a rigore scritto cosı: 〈χ||ξ〉, ma una delle due barrette viene di solito omessa persemplicita di scrittura.Ket e bra, essendo vettori di spazi diversi, sono oggetti matematici diversi, cosicche nonpuo, ad esempio, essere eseguita la somma di un bra con un ket.L’unica operazione che puo essere eseguita e il prodotto scalare, il quale fornisce il funzio-nale

f(|χ〉) = 〈ξ|χ〉 (706)

che definisce lo spazio duale dei bra.

* * *

Cio posto, lo stato di un sistema meccanico e rappresentato da un ket |χ〉 o da un bra 〈ξ|appartenenti a un opportuno spazio di Hilbert associato al sistema e su cui agiscono glioperatori A,B, . . . (anch’essi appartenenti allo spazio di Hilbert) associati alle osservabilidel sistema. Ci interessano solamente operatori lineari, cioe operatori dotati delle seguentiproprieta:

(A+B)|χ〉 = A|χ〉+B|χ〉 (707)

A(|χ〉+ |η〉) = A|χ〉+ A|η〉 (708)

A(a|χ〉) = aA|χ〉 (709)

(AB)|χ〉 = A(B|χ〉) (710)

dove a e un numero.Un operatore puo agire su entrambi i vettori bra e ket creando nuovi vettori. Ad esempiosi ha:

A|θ〉 = |χ〉 (711)

oppure〈θ|A = 〈ξ|

Quest’ultima relazione mostra che applicando A al bra 〈θ| non si ottiene in generale il bra〈χ|, come si potrebbe pensare tenendo presente la (711), ma un nuovo bra 〈ξ|.Si definisce coniugato hermitiano o aggiunto di A e si indica con A† un operatore che,agendo su 〈θ|, fornisce 〈χ|:

〈θ|A† = 〈χ| (712)

Ne segue che l’insieme delle corrispondenze (703) e (704) e completato dalla

A|θ〉 ←→ 〈θ|A† (713)

Un operatore A si dice autoaggiunto o hermitiano se risulta

A = A† (714)

cioe se e uguale al suo aggiunto. Per un operatore hermitiano A si ha quindi

A|θ〉 = |χ〉 ; 〈θ|A = 〈χ| (715)

221

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

ovveroA|θ〉 ←→ 〈θ|A

Ora moltiplichiamo la (711) scalarmente per |ξ〉:

〈ξ|A|θ〉 = 〈ξ|χ〉 (716)

e moltiplichiamo la (712) scalarmente per |ξ〉:

〈θ|A†|ξ〉 = 〈χ|ξ〉 (717)

Si vede cosı che〈ξ|A|θ〉∗ = 〈θ|A†|ξ〉 (718)

Abbiamo cosı ottenuto una regola che ci permette di ricavare il complesso coniugato di unprodotto scalare che contenga un operatore.La (718) fornisce anche una definizione di A† che e ovviamente in accordo con la (555).Inoltre se |ξ〉 = |θ〉 si ha:

〈ξ|A|ξ〉∗ = 〈ξ|A†|ξ〉 (719)

Se A† = A, cioe se A e hermitiano, allora la quantita 〈ξ|A|ξ〉, che risulta essere uguale allasua complessa coniugata, e per definizione un numero reale.

Nel caso semplice in cui A e un numero a si ha

a|θ〉 = |θ〉a (720)

Moltiplicando scalarmente per |ξ〉 si ottiene

〈ξ|a|θ〉 = 〈ξ|θ〉a = a〈ξ|θ〉 (721)

La (718) diviene〈ξ|a|θ〉∗ = 〈θ|a†|ξ〉

ovvero, per la (721)〈ξ|θ〉∗a∗ = 〈θ|a†|ξ〉 (722)

da cui〈θ|ξ〉a∗ = 〈θ|a†|ξ〉 (723)

e infine, ancora per la (721):〈θ|a∗|ξ〉 = 〈θ|a†|ξ〉 (724)

Cio mostra che il coniugato hermitiano (o aggiunto) di un numero e il suo complessoconiugato (v. par. 1.2.4 C). Si vede cosı che la (704) e un caso particolare della (713).

Un operatore A si dice antihermitiano se risulta

A = −A† (725)

A e quindi definito da〈ξ|A|θ〉∗ = −〈θ|A|ξ〉 (726)

* * *

222

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Equazione di Schrodinger (Evoluzione nel tempo del vettore di stato probabilistico)Indichiamo con |χ(t0)〉 il vettore di stato di un certo sistema fisico al tempo t0. Assumiamoche |χ(t0)〉 sia normalizzato, cioe che

〈χ(t0)|χ(t0)〉 = 1 (727)

In meccanica di Schrodinger l’evoluzione temporale di |χ〉 e espressa dalla trasformazione

|χ(t)〉 = TS(t, t0)|χ(t0)〉 (728)

dove TS(t, t0) e un operatore indipendente da |χ(t0)〉 tale che

TS(t, t) = 11 per qualunque t (729)

Esso deve essere lineare perche deve conservarsi immutato nel tempo il Principio di sovrap-posizione degli stati, cioe se in t0 uno stato |C〉 e sovrapposizione di |A〉 e |B〉

|χ(t0)〉 = a|A(t0)〉+ b|B(t0)〉

allora anche in t deve essere |χ(t)〉 = a|A(t)〉 + b|B(t)〉, il che equivale ad imporre che a eb siano scambiabili con TS nello sviluppo che segue

|χ(t)〉 = TS(t, t0)|χ(t0)〉= TS(t, t0)a|A(t0)〉+ TS(t, t0)b|B(t0)〉= aTS(t, t0)|A(t0)〉+ bTS(t, t0)|B(t0)〉= a|A(t)〉+ b|B(t)〉

e lo scambio e lecito se TS e lineare (v. eq. (709)).La condizione espressa dalla (724), valida all’istante iniziale t0, deve mantenersi invariatain tutti gli istanti successivi, cioe

〈χ(t)|χ(t)〉 = 1 (730)

Tenendo presente che dalla (728) si ricava

〈χ(t)| = 〈χ(t0)|T †S(t, t0), (731)

la (730) diviene

〈χ(t0)|T †S(t, t0)TS(t, t0)|χ(t0)〉 = 1

Questa coincide con la (727) se

T †STS = 11 (732)

cioe se TS e unitario.

L’operatore TS(t, t0) e inoltre caratterizzato dalla proprieta gruppale

TS(t′, t0) = TS(t′, t)TS(t, t0) (733)

223

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

che risulta evidente da

|χ(t′)〉 = TS(t′, t)|χ(t)〉 = TS(t′, t)TS(t, t0)|χ(t0)〉 = TS(t′, t0)|χ(t0)〉

Osserviamo anche che se poniamo t0 = t′ si ha

|χ(t′)〉 = TS(t′, t)TS(t, t′)|χ(t′)〉

e quindi deve essere TS(t′, t)TS(t, t′) = 11 e percio

TS(t′, t) = T−1S (t, t′)

Per ricavare l’equazione di Schrodinger per |χ(t)〉 deriviamo la (728) rispetto a t:

d|χ(t)〉dt

=dTS(t, t0)

dt|χ(t0)〉 (734)

AssumiamodTS(t, t0)

dt= − i

hHS(t)TS(t, t0) (735)

dove HS(t) e l’operatore associato all’hamiltoniana del sistema fisico al quale e riferito |χ〉.La scrittura HS(t) sta a significare che in generale occorrera considerare una dipendenzaesplicita dell’operatore hamiltoniano da t, oltre che quella usuale da q e p, cioe e unaabbreviazione di HS(q, p, t).Segue, moltiplicando i membri della (735) per |χ(t0)〉 e tenendo conto della (728):

ihd|χ(t)〉dt

= HS(t)|χ(t)〉 (736)

che e l’equazione di Schrodinger del sistema fisico dotato di hamiltoniano HS(t).

Per ottenere dalla (735) TS(t, t0) occorre integrarla con la condizione iniziale TS(t0, t0) = 11.Si ha:

∫ t

t0

dTS(τ, t0)

dτdτ = − i

h

∫ t

t0

HS(τ )TS(τ, t0)dτ

ovvero∫ t

t0

dTS(τ, t0) = − ih

∫ t

t0

HS(τ )TS(τ, t0)dτ

TS(t, t0)− TS(t0, t0) = − ih

∫ t

t0

HS(τ )TS(τ, t0)dτ

Si ottiene cosı

TS(t, t0) = 11− i

h

∫ t

t0

H(τ )TS(τ, t0)dτ

Questa puo essere risolta esattamente solo in pochi casi. Una soluzione approssimata puoessere ottenuta considerando un numero finito di termini della serie

TS(t, t0) =∞∑

n=0

TSn(t, t0)

224

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

con

TS0 = 11 ; TSn(t, t0) = − ih

∫ t

t0

H(t1)TSn−1(t1, t0)dt1

Il problema della integrazione della (735) non verra ulteriormente approfondito.

Se ora supponiamo che HS non dipenda esplicitamente dal tempo e integriamo la (736)otteniamo

|χ(t)〉 = e−ih(t−t0)HS |χ(t0)〉 (737)

Questa equazione esprime l’evoluzione temporale del vettore di stato a partire dal vettoredi stato iniziale |χ(t0)〉.

Tenendo presenti la (704) e la (713) si ha anche

(

ihd

dt

)∗〈χ(t)| = 〈χ(t)|H†

S(t)

da cui, nell’ipotesi, che assumiamo normalmente verificata, cheHS(t) sia hermitiano, segue:

−ih d〈χ(t)|dt

= 〈χ(t)|HS(t) (738)

che e ancora l’equazione di Schrodinger espressa nel bra 〈χ(t)| e corrispondente alla (731).

* * *

• Equazione di Heisenberg (Evoluzione nel tempo di un operatore)Indichiamo con A(q(t′), p(t′), t′) ≡ A(t′) l’operatore associato a una variabile dinamica diun certo sistema meccanico in un istante t′. Notiamo che A(t′) e funzione del tempo siaattraverso q(t′) e p(t′) sia perche dipende esplicitamente da t′.In t′ il vettore di stato del sistema e |χ(t′)〉. In meccanica di Heisenberg il vettore di statorimane fisso al passare del tempo mentre gli operatori variano nel tempo. L’evoluzionetemporale di un operatore A e espressa dalla seguente trasformazione unitaria

A(t) = TH(t, t′)A(t′)T †H(t, t′) ; T †

H = TS (739)

nella quale poniamo T †H = TS (e quindi TH = T †

S). La giustificazione di questa scelta diTH verra data piu avanti (v. eq. (827) e (828)). Per ora osserviamo che

T †HTH = 11 ; T †

H = T−1H ; T−1

H (t, t′) = TH(t′, t)

Per ricavare l’equazione di Heisenberg dell’operatore A(t) deriviamo la (739) rispetto a t:

dA(t)

dt=dTH(t, t′)

dtA(t′)T †

H(t, t′) + TH(t, t′)∂A(t)

∂t

t=t′T †H(t, t′) + TH(t, t′)A(t′)

dT †H(t, t′)

dt

=dTHdt

T †HTHA(t′)T †

H + TH∂A(t)

∂t

t=t′T †H + THA(t′)T †

HTHdT †

H

dt

225

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Tenendo conto della (739) e della ∂A(t)∂t = TH

∂A∂t

t=t′T †

Hsi puo scrivere:

dA(t)

dt=dTHdt

T †HA(t) +

∂A(t)

∂t+ A(t)TH

dT †H

dt(740)

Ora osserviamo che, tenendo conto della T †H = TS, si puo scrivere la (735) nel modo

seguente:

∂T †H(t, t0)

∂t=

1

ihHST †

H(t, t0)

ovvero∂T †

H (t, 0)T †H(0, t0)

∂t=

1

ihHST †

H(t, 0)T †H (0, t0)

da cui∂T †

H (t, 0)

∂tT †H(0, t0) =

1

ihHST †

H(t, 0)T †H (0, t0)

e quindi

∂T †H (t, 0)

∂t=

1

ihHST †

H(t, 0)

Moltiplichiamo a destra per TH(t, 0) e teniamo conto della T †HTH = 11:

∂T †H (t, 0)

∂tTH(t, 0) =

1

ihHS

Ma T †H(t, 0) = T−1

H (t, 0) = TH(0, t) percio

∂TH (0, t)

∂tTH(t, 0) =

1

ihHS

Moltiplichiamo a destra per TH(0, t′)

∂TH(0, t)

∂tTH(t, 0)TH(0, t′) =

1

ihHSTH(0, t′)

da cui∂TH(0, t)

∂tTH(t, t′) =

1

ihHSTH(0, t′)

ovvero∂TH (0, t)TH(t, t′)

∂t− TH(0, t)

∂TH (t, t′)

∂t=

1

ihHSTH(0, t′)

e quindi∂TH(0, t′)

∂t− TH(0, t)

∂TH (t, t′)

∂t=

1

ihHSTH(0, t′)

da cui, poiche TH(0, t′) non dipende da t

TH(0, t)∂TH (t, t′)

∂t= − 1

ihHSTH(0, t′)

226

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Assumiamo HH(0) = HS cosicche

TH(0, t)∂TH (t, t′)

∂t= − 1

ihHH(0)TH(0, t′) = − 1

ihTH(0, t)HH(t)T †

H (0, t)TH (0, t′)

Ma T †H(0, t) = T−1

H (0, t) = TH(t, 0) percio

TH(0, t)∂TH (t, t′)

∂t= − 1

ihTH(0, t)HH (t)TH(t, 0)TH (0, t′)

da cui infine, poiche TH(t, 0)TH(0, t′) = TH(t, t′)

dTHdt

= − 1

ihHH(t)TH ;

dT †H

dt=

(

− 1

ihHH(t)TH

)†=

1

ihT †HHH(t) (741)

Inserendo queste espressioni nella (740) si ottiene

dA(t)

dt=

1

ih−HH(t)A(t) +A(t)HH (t) +

∂A(t)

∂t

e infine

ihdA(t)

dt= [A(t),HH (t)] + ih

∂A(t)

∂t(742)

Questa e l’equazione di Heisenberg dell’operatore A(t).

* * *

Nella Tab. 1 vengono riassunte le caratteristiche delle meccaniche di Schrodinger e Heise-nberg che corrispondono a due diverse descrizioni dell’evoluzione temporale di un sistemameccanico:

Meccanica di Schrodinger Meccanica di Heisenberg

|χ(t)〉 = TS(t, t0)|χ(t0)〉 |χ(t)〉 = |χ(t′)〉A(q(t), p(t)) = A(q(t0), p(t0)) A(t) = TH(t, t′)A(t′)T †

H(t, t′)

ihd

dt|χ(t)〉 = H|χ(t)〉 ih

d

dtA = [A,H] + ih

∂tA

dTS(t, t0)

dt=

1

ihHSTS(t, t0)

dTH(t, t′)

dt= − 1

ihHH(t)TH (t, t′)

TS(t, t0) = T †H(t, t0)

Tab. 1

Nella descrizione di Schrodinger e implicita una trasformazione unitaria “attiva” alla qualecorrisponde una rotazione del vettore di stato

|χ(t)〉 = TS(t, t0)|χ(t0)〉

mentre i vettori di base sono fissi, e tali quindi sono anche gli operatori, che sono defi-niti dalla loro azione sui vettori di base; nella descrizione di Heisenberg e implicita una

227

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

trasformazione unitaria “passiva” alla quale corrisponde una rotazione dei vettori di base,cosicche variano anche gli operatori

A(t) = T †S(t, t0)A(t0)TS(t, t0)

mentre il vettore di stato rimane fisso.

Consideriamo un sistema meccanico la cui hamiltoniana non dipende esplicitamente daltempo e scriviamo l’equazione che esprime l’evoluzione della hamiltoniana nella descrizionedi Heisenberg:

HH(q(t), p(t)) = TH(t, t0)HH(q(t0), p(t0))T†H (t, t0)

Supponiamo ora che in t = t0 l’hamiltoniana nella descrizione di Heisenberg coincida conl’hamiltoniana nella descrizione di Schrodinger, cioe

HH(q(t0), p(t0)) = HS

Allora tenendo conto della (739) e di T †H = TS si puo scrivere:

HH(q(t), p(t)) = T †S(t, t0)HSTS(t, t0) (743)

Poiche HS non dipende esplicitamente dal tempo, TS e espresso come nella (737) e si hacosı:

HH(q(t), p(t)) = eih(t−t0)HSHSe−

ih(t−t0)HS = HS (744)

e quindi l’hamiltoniana nella descrizione di Heisenberg coincide in ogni istante di tempocon l’hamiltoniana nella descrizione di Schrodinger.

* * *

In meccanica quantistica vi sono infiniti modi di descrivere l’evoluzione temporale dellostato probabilistico di un sistema meccanico, ciascuno ottenibile da un altro mediante unatrasformazione unitaria.Cio dipende dal fatto che le quantita accessibili alla misura diretta non sono i vettoridi stato e gli operatori, che variano da descrizione a descrizione, ma gli autovalori deglioperatori e la probabilita che il risultato di una certa misura fornisca un certo autovalore,e tali quantita rimangono invariate per una trasformazione unitaria U .Infatti un vettore |χ〉, per effetto di una trasformazione unitaria, che supponiamo vengaeffettuata mantenendo fissa la base cui i vettori e gli operatori sono riferiti, diviene

|χ′〉 = U |χ〉 (745)

mentre un operatore divieneA′ = UAU† (746)

percio data l’equazione agli autovalori

A|χn〉 = an|χn〉

se moltiplichiamo a sinistra per U

UA|χn〉 = anU |χn〉

228

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e introduciamo il prodotto U†U = 11

UAU†U |χn〉 = anU |χn〉

otteniamoA′|χ′

n〉 = an|χ′n〉

e si vede che l’autovalore e rimasto invariato.Per cio che riguarda la probabilita dell’autovalore an essa rimane invariata per una trasfor-mazione unitaria, come mostra la seguente equazione elaborata tenendo conto delle (745)e (746):

Prob(an) = 〈χ|Onχ〉 = 〈χ|U†UOnU†Uχ〉 = 〈χ′|UOnU†χ′〉 = 〈χ′|O′nχ

′〉 (747)

Anche il valor medio dell’operatore A rimane invariato:

〈A〉 = 〈χ|A|χ〉 = 〈χ|U†UAU†U |χ〉 = 〈χ′|A′|χ′〉

Esempio.

• Vogliamo mostrare che la descrizione di Schrodinger, nella quale lo stato di un sistemae espresso da un vettore |χ(t)〉 funzione del tempo mentre le osservabili sono associatea operatori indipendenti dal tempo, puo essere ottenuta, mediante una trasformazioneunitaria, dalla descrizione di Heisenberg, nella quale la evoluzione temporale viene descrittada osservabili associate a operatori variabili nel tempo mentre il vettore di stato e costante.Iniziamo col considerare nella descrizione di Heisenberg un operatore

AH(t) ≡ AH(x(t), p(t), t)

che in un istante t coincide con l’operatore AS ad esso corrispondente nella descrizione diSchrodinger:

AH (t ) = AS(t )

Negli istanti t successivi a t AH subisce una evoluzione governata dall’equazione (742)

dAH(

x(t), p(t), t)

dt=

1

ih[AH ,HH ] +

∂AH(

x(t), p(t), t)

∂t(748)

mentre ovviamente AS rimane invariato, a meno che non dipenda esplicitamente da t.Ci proponiamo di determinare un operatore unitario US(t, t ) tale che applicandolo adAH(t) si ottenga l’operatore AS(t ) corrispondente di AH nella descrizione di Schrodinger.Poiche in t gli operatori erano coincidenti, cioe US(t, t ) = 11, si puo scrivere, in accordocon la (739):

AS(x(t ), p(t ), t) = US(t, t )AH(

x(t), p(t), t)

U†S(t, t ) (749)

Deriviamo la (749) rispetto a t, omettendo per semplicita di indicare la dipendenza fun-zionale di AS , AH e US da t e/o t:

dASdt

=d

dt

USAHU†S

229

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Poiche in AS x e p non dipendono da t, segue:

∂AS∂t

=dUSdt

AHU†S + US

dAHdt

U†S + USAH

dU†S

dt(750)

Il secondo termine a secondo membro puo essere riscritto tenendo presente la (748):

∂AS∂t

=dUSdt

AHU†S +

1

ihUS [AH ,HH ]U†

S + US∂AH∂t

U†S + USAH

dU†S

dt

Ma in accordo con la (749) si puo scrivere

US∂AH∂t

U†S =

∂AS∂t

(751)

percio rimane

dUSdt

AHU†S +

1

ihUS [AH ,HH ]U†

S + USAHdU†

S

dt= 0

Moltiplicando a destra per US e a sinistra per U†S segue

ihU†S

dUSdt

AH + [AH ,HH ] + ihAHdU†

S

dtUS = 0

ovvero

ihU†S

dUSdt

AH + AHHH −HHAH + ihAHdU†

S

dtUS = 0

da cui

AH

(

ihdU†

S

dtUS +HH

)

+

(

U†Sih

dUSdt−HH

)

AH = 0

Poiche questa relazione deve valere per ogni operatore AH , segue

ihdU†

S

dtUS +HH = 0 ; ihU†

S

dUSdt−HH = 0

ovvero

ihdU†

S

dt+HHU†

S = 0 (752)

ihdUSdt− USHH = 0 (753)

Queste sono le equazioni cui deve soddisfare un operatore unitario US che sia in grado dioperare la trasformazione (749). Una volte risolte (la condizione iniziale e US(t, t) = 11) eottenuto US , abbiamo risolto anche il problema che ci eravamo posti.Se HH non dipende esplicitamente dal tempo si ha:

U†S(t, t) = e

ih(t−t)HH ; US(t, t) = e−

ih(t−t)HH (754)

230

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora passiamo a considerare i vettori di stato. Assumiamo che in t il vettore nella descrizionedi Schrodinger sia uguale al vettore nella descrizione di Heisenberg; in ogni altro istante tsi avra (v. eq. (728)):

|χS(t)〉 = US(t, t )|χH(t )〉 ; US(t, t ) = 11 (755)

essendo US la soluzione della (753). Ci aspettiamo, ovviamente, che il vettore |χS(t)〉cosı definito soddisfi l’equazione di Schrodinger. Per verificarlo deriviamo rispetto a t emoltiplichiamo per ih:

ihd

dt|χS〉 = ih

dUSdt|χH〉+ USih

d

dt|χH〉 (756)

Ma nella descrizione di Heisenberg |χH〉 e costante, percio ddt |χH〉 = 0. Rimane cosı:

ihd

dt|χS〉 = ih

dUSdt|χH〉 (757)

ovvero, per la (753):

ihd

dt|χS〉 = USHH |χH〉 = USHHU†

SUS |χH〉 (758)

da cui, per la (749)

ihd

dt|χS〉 = HSUS |χH〉

Tenendo presente la (755) si ha infine

ihd

dt|χS〉 = HS |χS〉 (759)

che e la descrizione di Schrodinger della evoluzione temporale del sistema.

Riprendiamo quanto si e detto all’inizio di questo capitolo a proposito dei modi in cui puoessere descritta l’evoluzione temporale di un sistema.Finora ne abbiamo evidenziato due, corrispondenti a distribuzioni, per cosı dire, estremedella dipendenza temporale degli oggetti matematici fondamentali della meccanica quan-tistica, cioe vettori ed operatori: nella descrizione di Schrodinger la dipendenza temporalee allocata esclusivamente sul vettore di stato, mentre nella descrizione di Heisenberg eallocata solo sugli operatori.Tuttavia ogni altra descrizione “intermedia” fra queste due nella quale la dipendenza tem-porale sia allocata in parte sul vettore di stato e in parte sugli operatori e valida e puoessere ottenuta da qualunque altra mediante una trasformazione unitaria. E di questo tipola descrizione di Dirac, o descrizione di interazione, che considera sistemi fisici nei qualil’hamiltoniano ha espressione

H = H0 +Hintcioe e separabile in due parti cui una, H0, e rappresentativa di parti isolate di cui il sistemafisico e composto, e l’altra, Hint, e rappresentativa delle interazioni delle parti isolate.Nella descrizione di interazione sia il vettore di stato che gli operatori dipendono dal tempo,pero il primo dipende come se fosse HI ≡ HI int, cioe come se della hamiltoniana esistessesolo la parte HI int, mentre i secondi dipendono come se esistesse solo HI0. In altre parolela descrizione di interazione e simile alla descrizione di Schrodinger per cio che riguarda ilvettore di stato, ma l’hamiltoniana e ridotta alla sola HI int, ed e simile alla descrizione diHeisenberg per cio che riguarda gli operatori, ma l’hamiltoniana e ridotta alla sola HI0.Non ci soffermeremo su questa descrizione.

231

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.4.2 Rappresentazioni di vettori ed operatori dello spazio di Hilbert

Ci proponiamo di mostrare che rappresentando in opportune basi le relazioni vettorialied operatoriali definite nel paragrafo 1.4.1 si possono ritrovare tutte le equazioni e formu-le che sono state introdotte, a partire dal paragrafo 1.2, per presentare la meccanica diSchrodinger e quella di Heisenberg; tali equazioni e formule acquisteranno cosı, in virtudella notazione di Dirac, un significato chiaro e una collocazione precisa.

A) BASI DISCRETE

Consideriamo in uno spazio di Hilbert n-dimensionale una base, cioe un insieme |sk〉 din ket linearmente indipendenti |s1〉, |s2〉, . . . , |sn〉 tale che un qualunque vettore |χ〉 dellospazio possa essere espresso come combinazione lineare degli |sk〉 con costanti χk:

|χ〉 =n∑

k=1

χk|sk〉 (760)

L’insieme dei numeri complessi χk e la rappresentazione del vettore |χ〉 nella base |sk〉. Ladimensione di questo spazio di Hilbert e finita; possono esservi anche spazi di Hilbert ainfinite dimensioni

|ϕ〉 =∞∑

k=1

ϕk|gk〉 (761)

Se i ket di base sono ortonormali (se non lo sono possono essere ortonormalizzati (Teoremadi Gram-Schmidt)) si ha

〈sj |sk〉 = δjk (762)

Se allora moltiplichiamo scalarmente |χ〉 per |sj〉 otteniamo

〈sj |χ〉 =n∑

k=1

χk〈sj |sk〉 =n∑

k=1

χkδjk

e quindi〈sj |χ〉 = χj (763)

L’insieme di questi numeri costituisce la rappresentazione del vettore |χ〉 nella base orto-normale |sk〉. La (760) diviene

|χ〉 =∑

k=1

〈sk|χ〉|sk〉 (764)

Ora osserviamo che questa equazione si puo anche scrivere cosı:

|χ〉 =n∑

k=1

|sk〉〈sk |χ〉 (765)

232

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Infatti 〈sk|χ〉 e un numero e puo essere posto indifferentemente a destra o a sinistra di |sk〉.A sua volta la (765) si puo anche scrivere cosı:

|χ〉 =(

k

|sk〉〈sk |)

|χ〉 (766)

Poiche |χ〉 e un ket qualsiasi, deve risultare:

k

|sk〉〈sk| = 11 (767)

dove 11 e la matrice unita per la quale vale la

11|k〉 = 1|k〉

La (767) e detta relazione di chiusura o relazione di completezza della base |sk〉.Se ora ricordiamo la definizione di operatore di proiezione (v. sezione H del par. 1.2.4)vediamo che ogni termine |sk〉〈sk | puo essere identificato con l’operatore di proiezione Ok.Si puo quindi scrivere

Ok = |sk〉〈sk | (768)

percio la (766) diviene

|χ〉 =∑

k

Ok|χ〉 (769)

La (767) diviene cosı∑

k

Ok = 11

Se applichiamo Ok a un generico vettore |χ〉 otteniamo:

Ok|χ〉 = |sk〉〈sk |χ〉

ovveroOk|χ〉 = 〈sk |χ〉|sk〉 (770)

cioe otteniamo la componente di |χ〉 lungo |sk〉.Una proprieta fondamentale di un operatore di proiezione, detta idempotenza, e la seguente:

O2k = Ok (771)

Infatti

O2k|χ〉 = OkOk|χ〉 = Ok|sk〉〈sk |χ〉 = |sk〉〈sk |sk〉〈sk |χ〉 = |sk〉〈sk|χ〉 = Ok|χ〉

Inoltre un operatore di proiezione e hermitiano:

O†k = Ok (772)

* * *

233

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Per renderci meglio conto del significato della relazione di chiusura vediamo come essa puoessere praticamente utilizzata. Riscriviamo il prodotto scalare di due vettori |χ〉 e |ξ〉 nelmodo seguente:

〈ξ|χ〉 = 〈ξ(

k

|sk〉〈sk|)

χ〉

Segue

〈ξ|χ〉 =∑

k

〈ξ|sk〉〈sk |χ〉 =∑

k

〈sk|ξ〉∗〈sk|χ〉 =∑

k

ξ∗kχk (773)

che e il prodotto scalare di |χ〉 e |ξ〉 espresso in funzione delle componenti χk e ξk riferitealla base |sk〉. Notiamo che, da un punto di vista formale, tutto cio che abbiamo fatto estato inserire nel bracket di |ξ〉 e |χ〉 la relazione (767) al posto della barretta verticale: ilrisultato di questa semplice operazione e l’espressione del prodotto scalare nella base |sk〉.In notazione matriciale si ha

〈ξ|χ〉 =(

ξ∗1ξ∗2 . . . ξ

∗n

)

χ1

χ2...χn

= ξ†χ (774)

Conviene notare che, mentre 〈sk |ξ〉 e il complesso coniugato di 〈ξ|sk〉, 〈ξ| non e il complessoconiugato di |ξ〉, cioe non puo essere ricavato da |ξ〉 cambiando il segno della parte imma-ginaria di questo, perche un ket (o un bra) non si puo pensare scomponibile in una partereale e in una immaginaria, mentre invece si puo per una sua qualunque rappresentazione.

* * *

Ragionamenti analoghi possono essere ripetuti per un qualunque bra 〈ξ| che si desideririferire a una base 〈rk|. La (760) diviene allora (v. eq. (704)):

〈ξ| =n∑

k=1

ξ∗k〈rk| (775)

mentre la (764):

〈ξ| =n∑

k=1

〈rk|ξ〉∗〈rk | =n∑

k=1

〈ξ|rk〉〈rk| (776)

cosicche si trova ancora la∑

k

|rk〉〈rk| = 11 (777)

* * *

Ritorniamo ora alle espressioni di tipo (764) e osserviamo che, piu in generale, possonoesservi rappresentazioni in basi multiple, cioe del tipo

|χ〉 =∑

k,l,m,...

〈uk, vl, wm, . . . |χ〉|uk, vl, wm, . . .〉

234

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Per esse si puo talvolta scrivere

〈uk, vl, wm, . . . |χ〉 = 〈uk|χu〉〈vl |χv〉〈wm|χw〉 . . . (778)

il che significa che la rappresentazione di |χ〉 e separabile nel prodotto di piu rappresenta-zioni. E bene tener presente che questa operazione non e sempre possibile; in particolarepuo esserlo in alcuni sistemi di coordinate, ma non in altre.

* * *

Consideriamo ora in uno spazio di Hilbert avente base |sk〉 un operatore lineare (v. par.1.3.1) che indichiamo con A. Se lo applichiamo a un vettore |χ〉 esso genera un’altro vettore|θ〉 = |Aχ〉 = A|χ〉 per il quale vale la

|θ〉 = A|χ〉 =∑

k,n

|sk〉〈sk|A|sn〉〈sn|χ〉 =∑

k,n

〈sk|A|sn〉〈sn|χ〉|sk〉 (779)

Moltiplichiamo scalarmente per |sm〉:

〈sm|θ〉 =∑

k,n

〈sk |A|sn〉〈sn|χ〉〈sm|sk〉 =∑

k,n

〈sk|A|sn〉〈sn|χ〉δmk

e infine〈sm|θ〉 =

n

〈sm|A|sn〉〈sn|χ〉

Ora poniamoAmn = 〈sm|A|sn〉 (780)

cosicche, per la (763)

θm =∑

n

Amnχn (781)

e quindi si puo concludere che i m × n numeri 〈sm|A|sn〉 = Amn costituiscono la rappre-sentazione dell’operatore A nella base |sm〉.Esempio

Rappresentazione dell’operatore Sy, componente lungo y dello spin dell’elettrone, nellabase |+z〉, |−z〉 degli autovettori di Sz, componente lungo z dello spin dell’elettrone:

Sy =

Sy 12

, 12

Sy 12

,− 12

Sy−1

2, 12

Sy− 1

2,− 1

2

=

〈+z|Sy|+z〉 〈+z|Sy|−z〉〈−z|Sy|+z〉 〈−z|Sy|−z〉

=1

2h

0 −ii 0

(782)

Notiamo che, in conformita con la convenzione adottata nella sezione C del par. 1.2.6, gliindici della matrice 〈msz

|Sy|m′sz〉 sono ordinati partendo dai valori piu alti.

* * *

• Equazione agli autovalori (spettro discreto)L’equazione

A|χn〉 = an|χn〉 (783)

235

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

indica che |χn〉 ha la proprieta seguente: se A opera su |χn〉 questo non viene mutato inun nuovo vettore ma semplicemente viene moltiplicato per il numero an, che e l’autovaloredi A, mentre |χn〉 e l’autovettore appartenente ad an.Un altro modo di scrivere la (783) e il seguente

A|an〉 = an|an〉 (784)

dove l’autovettore appartenente all’autovalore an viene indicato ponendo il simbolo anentro il simbolo di ket e dove, per semplicita, e stata omessa a membro destro la barrettasull’indice n (e pero non e implicita nessuna somma su n). Si usa talvolta scrivere anchecosı

A|n〉 = an|n〉 (785)

cioe ponendo il solo indice n entro il simbolo di ket. Ragionamenti analoghi possono esereripetuti per l’equazione duale della (783)

〈χn|A† = a∗n〈χn| (786)

dove A† e il coniugato hermitiano (o aggiunto) di A (v. eq. (712)).

* * *

Riprendiamo l’equazione agli autovalori (784) per ritrovare nella notazione di Dirac pro-prieta degli operatori hermitiani gia note.• Se A e hermitiano, i suoi autovalori sono numeri reali.Infatti riferiamo la (780) alla base costituita dagli autovettori |an〉 di A:

〈an|A|an〉 = an〈an|an〉 (787)

Poiche per ipotesi A e hermitiano, la quantita 〈an|A|an〉 e reale (v. eq. (719)). Ma anche〈an|an〉 = 〈an|an〉∗ e reale, percio an deve essere reale.• Gli autovettori appartenenti ad autovalori distinti di operatori hermitiani sono mutua-mente ortogonali.Supponiamo infatti che am e an siano due distinti autovalori, cosicche

A|an〉 = an|an〉 (788)

A|am〉 = am|am〉 (789)

Quest’ultima si puo scrivere anche cosı

〈am|A† = a∗m〈am| = am〈am| (790)

e nell’ipotesi che sia A† = A si ha

〈am|A = am〈am|Moltiplichiamo questa scalarmente per |an〉 e la (788) per |am〉 e sottraiamo. Si ottiene

(an − am)〈am|an〉 = 0

Poiche per ipotesi e an 6= am segue

〈am|an〉 = 0 (791)

* * *

236

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Date le equazioni (duali) agli autovalori

A|an〉 = an|an〉 (792)

〈an|A† = a∗n〈an|, (793)

se[A,A†] = 0 (794)

allora si puo scrivereA†|an〉 = a∗n|an〉

Per dimostrarlo moltiplichiamo la (792) per A† e osserviamo che

A†A|an〉 = AA†|an〉 = anA†|an〉

Segue che A†|an〉 e un autovettore di A appartenente all’autovalore an. Confrontando conla (792) si vede che A†|an〉 deve essere proporzionale a |an〉 e percio si puo scrivere

A†|an〉 = cn|an〉

Moltiplichiamo scalarmente per |an〉:

〈an|A†|an〉 = cn〈an|an〉

Ma dalla (793) si ha〈an|A†|an〉 = a∗n〈an|an〉

percio cn = a∗n da cuiA†|an〉 = a∗n|an〉

Un operatore per cui valga la (794) e detto normale. E facile verificare che gli operatorihermitiani e gli operatori unitari sono normali.

* * *

Consideriamo in uno spazio di Hilbert un operatore A e una base ortonormale. Se comebase scegliamo gli autovettori |al〉 di A, la matrice rappresentativa di A e diagonale e ivalori diagonali sono gli autovalori di A

〈ak |A|al〉 = al〈ak|al〉 ; 〈ak |al〉 = δkl (795)

Si usa dire che l’operatore A ha nella base dei suoi autovettori una rappresentazione dia-gonale.Un esempio elementare, e peraltro notevole, cui faremo riferimento in seguito e la rappre-sentazione dell’operatore 11:

〈k|11|l〉 = δkl (796)

Un altro esempio e costituito dalle (642) e (643) che sono le rappresentazioni matricialimj-diagonali degli operatori Jz e J2 nella base degli autovettori di Jz comuni anche a J2:

〈jm′j|Jz|jmj〉 = hmjδm′

jmj

〈jm′j|J2|jmj〉 = j(j + 1)h2δm′

jmj

(797)

237

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Non sono invece mj-diagonali le rappresentazioni matriciali (640) e (641) di Jx e Jy perchela base di queste rappresentazioni e costituita dagli autovettori di Jz:

〈jm′j|Jx|jmj〉 =

=h

2

(j −mj)(j +mj + 1)δm′j,mj+1 +

(j +mj)(j −mj + 1)δm′j,mj−1

(798)

〈jm′j|Jy|jmj〉 =

=h

2i

(j −mj)(j +mj + 1)δm′j,mj+1 −

(j +mj)(j −mj + 1)δm′j,mj−1

(799)

* * *

• DegenerazioneI simboli usati finora per indicare gli autovettori presuppongono che ad ogni autovaloreappartenga un solo autovettore. In caso di degenerazione, cioe nel caso in cui vi sianopiu autovettori appartenenti a un medesimo autovalore n, occorre modificare la notazionescrivendo, ad esempio, |n(1)〉 per indicare il primo autovettore appartenente all’autovaloren, |n(2)〉 per indicare il secondo autovettore, ecc..Nel caso generale in cui vi siano piu operatori A,B,C . . . che commutano fra loro e chequindi hanno un insieme comune di autovettori, si puo fare ricorso a un’altra notazione.

Indichiamo con |a(1)k 〉, |a

(2)k 〉, . . . gli autovettori appartenenti all’autovalore degenere ak.

Si avra alloraB|a(l)

k 〉 = bl|a(l)k 〉 (800)

Gli autovalori bl, se sono distinti, possono essere usati per individuare gli |a(l)k 〉 nel modo

seguente

|a(l)k 〉 = |ak, bl〉

E cosı ancora si avraC |ak, b(m)

l 〉 = cm|ak, b(m)l 〉 (801)

e gli autovalori cm, se sono distinti, possono essere usati per individuare gli |ak, b(m)l 〉 nel

modo seguente

|ak, b(m)l 〉 = |ak, bl, cm〉

ecc.Se si e scelta la notazione (785) l’autovettore |ak, bl, cm〉 si scrive |k, l,m〉.Esempi:

Le equazioni agli autovalori per L2 e Lz diventano:

L2|l,ml〉 = l(l + 1)h2|l,ml〉 ; Lz|l,ml〉 = mlh|l,ml〉 (802)

e quelle per S2 e Sz

S2|s,ms〉 = s(s + 1)h2|s,ms〉 ; Sz|s,ms〉 = msh|s,ms〉

238

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

o anche, se si tratta di un elettrone, poiche s puo assumere l’unico valore 12

S2| 12,ms〉 = 3

4h2| 1

2,ms〉 ; Sz| 12 ,ms〉 = msh| 12 ,ms〉

Spesso, per semplificare la scrittura, l’indicazione 12 viene omessa

S2|ms〉 = 34h2|ms〉 ; Sz|ms〉 = msh|ms〉 (803)

L’equazione agli autovalori per l’energia di una particella in un campo di forze centralicoulombiane diviene

H|n, l,ml〉 = En|n, l,ml〉 (804)

* * *

• Teorema di risoluzione spettraleFacendo uso della (767) si puo rappresentare un operatore A nella base |sk〉 nel modoseguente:

A =∑

k,n

|sk〉〈sk|A|sn〉〈sn| (805)

percio, tenendo conto della (780):

A =∑

k,n

〈sk|A|sn〉|sk〉〈sn| =∑

k,n

Akn|sk〉〈sn| (806)

Si vede cosı che A e la sovrapposizione di operatori di transizione

Tkn = |sk〉〈sn| (807)

la cui rappresentazione nella base |sl〉 e la seguente:

Tkn;li = 〈sl|Tkn|si〉 = 〈sl|sk〉〈sn|si〉 = δklδni (808)

percio la matrice Tkn;li e costituita di elementi tutti nulli salvo l’elemento corrispondentea l = k e i = n, che vale 1:

Tkn =

000 0 00

00 0 0 1 0 0 0 0

00

00 0 000

(809)

Esempio

239

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Esprimiamo le componenti dello spin dell’elettrone Sx e Sy in funzione di operatori ditransizione costruiti con gli autovettori |+z〉, |−z〉 di Sz. Dalla (806) si ricava

Sx = 〈+z|Sx|+z〉(

|+z〉〈+z|)

+ 〈+z|Sx|−z〉(

|+z〉〈−z |)

+ 〈−z|Sx|+z〉(

|−z〉〈+z|)

+

+ 〈−z|Sx|−z〉(

|−z〉〈−z|)

=1

2h(

|+z〉〈−z|+ |−z〉〈+z|)

(810)

Sy = 〈+z|Sy|+z〉(

|+z〉〈+z|)

+ 〈+z|Sy|−z〉(

|+z〉〈−z |)

+ 〈−z|Sy|+z〉(

|−z〉〈+z|)

+

+ 〈−z|Sx|−z〉(

|−z〉〈−z|)

= − i2h(

|+z〉〈−z| − |−z〉〈+z |)

(811)

Ora supponiamo che la base |sk〉 sia quella degli autovettori di A. Si ha allora:

Akn = akδkn

e percio dalla (806)

A =∑

k,n

akδkn|ak〉〈an|

ovveroA =

k

ak|ak〉〈ak| =∑

k

akOk (812)

In conclusione: e dato un operatore hermitiano A e, nello spazio vettoriale in cui A e defi-nito, una base ortonormale costituita dagli autovettori |ak〉 di A; esprimiamo A come unacombinazione lineare degli operatori di proiezione |ak〉〈ak|: i coefficienti della combinazionesono gli autovalori di A.Questa proposizione e nota come Teorema di risoluzione spettrale. Piu in generale si ha:

A =∑

k,l,n,...

ak|ak, bl, cn, . . .〉〈ak , bl, cn, . . . | (813)

Esempio

Risoluzione spettrale della componente lungo l’asse z del momento angolare totale

Jz =∑

j,mj

mjh|j,mj〉〈j,mj | (814)

Risoluzione spettrale della componente dello spin lungo l’asse z:

Sz =∑

s,msz

mszh|s,msz

〉〈s,msz| (815)

240

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

o piu semplicemente, omettendo di scrivere s perche non ha altri valori che 12

Sz =∑

msz

mszh|msz

〉〈msz| = + 1

2 h|+z〉〈+z |+ (− 12 h)|−z〉〈−z|

= 12h(

|+z〉〈+z | − |−z〉〈−z|)

(816)

Altro esempio:

11 =∑

k

1|k〉〈k| (817)

Questa espressione, che in precedenza abbiamo chiamato “relazione di chiusura” o “rela-zione di completezza”, acquisisce ora il significato di risoluzione dell’(operatore) unita.

* * *

• Misura di un’osservabile e probabilita del risultato della operazione di misuraE dato un sistema fisico nello stato |χ〉, vettore di uno spazio di Hilbert associato al sistema.Effettuiamo una operazione di misura di una osservabile A, che supponiamo non degenere.Il risultato e un autovalore dell’operatore A associato ad A che chiamiamo an, uno fra quelliche compongono lo spettro di A, che supponiamo privo di autovalori degeneri, discreto ecompleto cosicche |χ〉 e rappresentabile nella base degli autovettori di A:

|χ(t)〉 =∑

k

ck(t)|ak〉 ; ck(t) = 〈ak |χ(t)〉 (818)

Nella (818) se solo una ck e diversa da zero, ad es.: cr, si usa dire che il sistema si trovanell’autostato |cr〉 di A. Se l’autovalore e degenere, il vettore di stato probabilistico divieneun vettore del sottospazio di Hilbert sotteso dagli autovettori appartenenti all’autovaloredegenere.Quale valore la osservabile assumera all’atto della misura non e possibile sapere. La pro-babilita che assuma in t il valore an e espressa da

pn(t) = 〈χ(t)|Onχ(t)〉 = 〈χ(t)|an〉〈an|χ(t)〉 = 〈an|χ(t)〉∗〈an|χ(t)〉 = c2n(t) (819)

doveOn (v. eq. (768)) e l’operatore di proiezione di |χ(t)〉 sull’autovettore |an〉 appartenentead an.Si ha ovviamente

n

pn(t) = 〈χ(t)|∑

n

Onχ(t)〉 = 〈χ(t)|11χ(t)〉 = 〈χ(t)|χ(t)〉 = 1 (820)

perche |χ(t)〉 e normalizzato (v. eq. (730)).Se prima della misura il vettore di stato coincideva con |an〉, si ha |Onχ(t)〉 = |χ(t)〉, perciola probabilita che il risultato della misura sia an e

pn = 〈χ(t)|χ(t)〉 = 1 (821)

cioe si ha la certezza che il risultato della misura e an.Se, dopo aver misurato A, misuriamo B, osservabile compatibile con A, la probabilita che,all’atto della misura, A assuma il valore A′ e B il valore B′ e espressa da

|〈A′, B′|χ〉|2 (822)

* * *

241

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Valor medio di un operatoreE dato un sistema meccanico avente stato definito in t0 da |χ(t0)〉.Consideriamo l’osservabile A. I valori che essa puo assumere sono gli ak della equazioneagli autovalori

A|ak〉 = ak|ak〉 (823)

Il valor medio di A in t0 e, per definizione, espresso da

〈A〉t0 =

k

pk(t0)ak∑

k

pk(t0)=∑

k

pk(t0)ak (824)

Tenendo presente la (819) si puo scrivere

〈A〉t0 =∑

k

〈χ(t0)|Okχ(t0)〉ak = 〈χ(t0)|∑

k

akOk|χ(t0)〉 (825)

Ricordando la (812) si puo scrivere:

〈A〉t0 = 〈χ(t0)|A|χ(t0)〉 (826)

Abbiamo cosı ottenuto il valor medio all’istante t0 di una osservabile A nello stato |χ〉 delsistema cui A e riferito.Notiamo che se A e hermitiano, 〈A〉 e reale, come gia si e visto nella (719).

Esempio

Determiniamo il valor medio delle componenti Sx, Sy, Sz dello spin di un elettrone nellostato di spin |+z〉. Ricordando le (810), (811) e (816) si ottiene:

〈Sx〉 = 〈+z|Sx|+z〉 = 12 h〈+z|

(

|+z〉〈−z |+ |−z〉〈+z|)

|+z〉 = 0

〈Sy〉 = 〈+z|Sy|+z〉 = − i2 h〈+z|

(

|+z〉〈−z| − |−z〉〈+z |)

|+z〉 = 0

〈Sz〉 = 〈+z|Sz|+z〉 = 12 h〈+z|

(

|+z〉〈+z| − |−z〉〈−z|)

|+z〉 = 12 h

Occupiamoci ora della dipendenza di 〈A〉 dal tempo.Se ci troviamo nell’ambiente della meccanica di Heisenberg dobbiamo considerare A(t0)variabile in accordo con la (739) e |χ(t0)〉 fisso, cosicche:

〈A〉t = 〈χ(t0)|TH(t, t0)A(t0)T†H(t, t0)|χ(t0)〉 = 〈χ(t0)|A(t)|χ(t0)〉 (827)

Se ora vogliamo passare all’ambiente della meccanica di Schrodinger dobbiamo considerareA(t0) fisso e |χ(t0)〉 variabile in accordo con la (728) cosicche:

〈A〉t = 〈χ(t0)|T †S(t, t0)A(t0)TS(t, t0)|χ(t0)〉 = 〈χ(t)|A(t0)|χ(t)〉 (828)

Notiamo che se T †H = TS i membri centrali delle (827) e (828) diventano uguali, e quindi il

valor medio di A non cambia passando dall’uno all’altro ambiente. Viene cosı giustificatal’assunzione riguardante questi due operatori introdotta con la (739): essa permette di

242

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

mantenere il valor medio di un operatore dipendente solo dal moto relativo fra vettore distato e vettori di base.

Ora determiniamo l’espressione della derivata temporale di 〈A〉t.In meccanica di Schrodinger si ha:

d

dt〈A〉t =

d

dt〈χ(t)|A(t0)|χ(t)〉 (829)

=d

dt〈χ(t0)|T †

S(t, t0)A(t0)TS(t, t0)|χ(t0)〉

= 〈χ(t0)|dT †

S(t, t0)

dtA(t0)TS(t, t0)|χ(t0)〉+ 〈χ(t0)|T †

S(t, t0)A(t0)dTS(t, t0)

dt|χ(t0)〉

Tenendo presente la (735) si puo scrivere

d

dt〈A〉t = 〈χ(t0)|

−1

ihT †SHSA(t0)TS |χ(t0)〉+ 〈χ(t0)|T †

SA(t0)1

ihHSTS |χ(t0)〉

=1

ih〈χ(t0)|T †

SA(t0)HSTS − T †SHSA(t0)TS |χ(t0)〉 (830)

=1

ih〈χ(t)|A(t0)HS −HSA(t0)|χ(t)〉

e infined

dt〈A〉t =

1

ih〈χ(t)|[A(t0),HS ]|χ(t)〉 (831)

Questa e la derivata di 〈A〉t in meccanica di Schrodinger.Osserviamo ora che inserendo la (739) nella (735) si ottiene

dT †H

dt=

1

ihHSTS (832)

Confrontando questa equazione con la seconda delle (741) si ricava quindi

T †HHH = HSTS ; T †

SHS = HHTH (833)

Inserendo queste equazioni e la (743) nella (830) si ottiene:

d

dt〈A〉t =

1

ih〈χ(t0)|THA(t0)T

†HHH −HHTHA(t0)T

†H |χ(t0)〉

=1

ih〈χ(t0)|A(t)HH −HHA(t)|χ(t0)〉

=1

ih〈χ(t0)|[A(t),HH ]|χ(t0)〉

Ricordando la (742) si puo infine scrivere:

d

dt〈A〉t =

d

dt〈χ(t0)|A(t)|χ(t0)〉 −

∂t〈χ(t0)|A(t)|χ(t0)〉 (834)

243

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

che e la corrispondente della (829) in meccanica di Heisenberg. La derivata temporale delvalor medio e quindi uguale nelle due meccaniche se A(t) non dipende esplicitamente daltempo.Se A non dipende esplicitamente dal tempo e commuta con H si ha:

d

dt〈A〉t = 0 (835)

il che significa che l’osservabile A e una costante del moto.

* * *

• Varianza di un operatoreE dato un sistema meccanico avente stato definito da |χ〉. Consideriamo l’osservabile A.La varianza di A e per definizione espressa da (v. eq. (812))

(4A)2 = 〈A2〉 − 〈A〉2

= 〈χ|∑

k

a2kOk|χ〉 −

(

〈χ|∑

k

akOk|χ〉)2

=∑

k

a2k〈χ|Ok|χ〉 −

(

k

ak〈χ|Ok|χ〉)2

=∑

k

a2k〈Ok〉 −

k,l

akal〈Ok〉〈Ol〉

Notiamo che risulta (4A)2 = 0 se

〈Ok〉〈Ol〉 = δkl〈Ok〉

e questa condizione e verificata solo se 〈Ok〉 vale o zero o uno, il che succede se |χ〉 e unautovettore di A.Se |χ〉 e una sovrapposizione di diversi autovettori di A, allora la varianza di A non e piuuguale a zero.

* * *

• Principio di IndeterminazioneE dato un sistema fisico nello stato |χ〉 e siano A e B gli operatori hermitiani (simboloˆdioperatore introdotto per maggior chiarezza) associati rispettivamente alle due osservabiliA e B ad esso relative.Si puo dimostrare, servendosi della disuguaglianza di Schwarz, che il prodotto delle lorodeviazioni standard

4A =

〈χ|(A − 〈A〉)2 |χ〉 ; 4B =

〈χ|(B − 〈B〉)2|χ〉

dove con 〈A〉 = 〈χ|A|χ〉 e 〈B〉 = 〈χ|B|χ〉 sono stati indicati i valori medi di A e B, stanella seguente relazione col commutatore [A, B] = AB − BA:

4A4B ≥∣

〈χ| [A, B]

2i|χ〉∣

(836)

244

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Dunque per A e B la relazione di indeterminazione, che nell’Appendice N viene dimostrataessere una conseguenza del fatto che ψ(A) e ϕ(B) sono Fourier-coniugate, dipende dalleproprieta del commutatore [A, B].

Esempi.

Se A = x e B = px si ha (v. eq. (346))

[x, px] = ih11

percio

4x4px ≥∣

〈χ| ih11

2i|χ〉∣

=

h

2

ovvero

4x4px ≥1

2h

Se A = Sx e B = Sy si ha (v. eq. (648)):

4Sx4Sy ≥1

2h|〈Sz〉| (837)

dove si deve assumere che lo spettro discreto (costituito da − 12 h e + 1

2 h) dei valori dello spinlungo una direzione sia una funzione continua dotata di due picchi, uno in corrispondenzadi − 1

2h e l’altro in corrispondenza di + 1

2h. Se allora Sx assume un valore preciso, cioe

4Sx = 0, allora il dominio di definizione dello spettro di Sy tende all’∞, comprendendocosı i due picchi in + 1

2 h e − 12 h.

Si puo anche dimostrare che, quando nella (836) il prodotto delle due indeterminazioni eminimo, cioe quando

4A4B = 〈χ| [A, B]

2i|χ〉

esiste fra A e B il seguente legame:

B|χ〉 =

[A, B](A − 〈A〉)2(4A)2

+ 〈B〉

|χ〉

Se, ad esempio, e A = q e B = p si ottiene

p|χ〉 =

ih(q − 〈q〉)2(4q)2 + 〈p〉

|χ〉 (838)

* * *

Se l’operatore A e espresso da una matrice rappresentata in una base |l〉 qualunque e sivuole che la matrice sia rappresentata nella base degli autovettori |ai〉 di A

A|ai〉 = aı|aı〉

245

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

occorre diagonalizzareA, cioe effettuare una trasformazione unitaria che rendaA diagonale.Rappresentiamo gli autovettori |ai〉 nella base |l〉:

|ai〉 =∑

l

cil|l〉

cosiccheA∑

l

cil|l〉 = aı∑

l

cıl|l〉

ovvero∑

k,m

|k〉〈k|A|m〉〈m|∑

l

cil|l〉 = aı∑

l

cıl|l〉

da cui∑

k,m,l

|k〉〈k|A|m〉cil〈m|l〉 = aı∑

l

cıl|l〉

Segue, essendo 〈m|l〉 = δml (v. eq. (762)):

k,m

|k〉Akmcim = aı∑

k

cık|k〉

e percio∑

k,m

Akmcim − aıcık |k〉 = 0

ovvero∑

k

m

(Akm − aıδkm) cım

|k〉 = 0

da cui infine∑

m

(Akm − aıδkm) cım = 0 (839)

Questa equazione rappresenta un sistema costituito da n sottosistemi (i = 1, . . . , n) cia-scuno formato da n equazioni (k = 1, . . . , n) associate a un valore di i. Affinche unoqualunque di questi sottosistemi (per il quale non occorre precisare il valore di i) abbiasoluzioni non nulle deve risultare

det(

A− a11)

= 0

Risolvendo questa equazione si ottengono gli autovalori ai. Una volta noti questi si rica-vano, risolvendo il sistema omogeneo (839), i valori cim a meno di una costante di propor-zionalita che puo essere definita in virtu del fatto che per una trasformazione unitaria siha

n

c∗incnm = δim (840)

Rimane ancora indefinita la fase, ma sappiamo che questa non influisce sul calcolo dellegrandezze osservabili.

Esempio

246

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Determiniamo gli autovettori ηw1 ed ηw2 della matrice (650) che qui riscriviamo:

σw(θ, ϕ) =

cos θ e−iϕ sin θeiϕ sin θ − cos θ

Gli autovalori di questa matrice sono a1 = +1 e a2 = −1 percio dalla (839), che scriviamoesplicitamente cosı (i = 1, 2 e k = 1, 2)

2∑

m=1

(σwkm − a1δkm)ηw1,m = 0 ;2∑

m=1

(σwkm − a2δkm)ηw2,m = 0

ovvero cosı

(σw11 − a1δ11)ηw1,1 + (σw12 − a1δ12)ηw1,2 = 0

(σw21 − a1δ21)ηw1,1 + (σw22 − a1δ22)ηw1,2 = 0i = 1 ; k = 1, 2

(σw11 − a2δ11)ηw2,1 + (σw12 − a2δ12)ηw2,2 = 0

(σw21 − a2δ21)ηw2,1 + (σw22 − a2δ22)ηw2,2 = 0i = 2 ; k = 1, 2

(841)

otteniamo

(cos θ − 1)ηw1,1 + e−iϕ sin θηw1,2 = 0

eiϕ sin θηw1,1 − (1 + cos θ)ηw1,2 = 0;

(1 + cos θ)ηw2,1 + e−iϕ sin θηw2,2 = 0

eiϕ sin θηw2,1 + (1 − cos θ)ηw2,2 = 0

Dal primo sistema ricaviamo

ηw1,1 =e−iϕ sin θ

1− cos θηw1,2

Ricordando le ben note formule parametriche e di bisezione della trigonometria possiamoscrivere

ηw1,1 =

e−iϕ2 tan θ

2

1 + tan2 θ2

2 sin2 θ2

ηw1,2 =

e−iϕtan θ

2

1

cos2 θ2

sin2 θ2

ηw1,2 =e−iϕ cos2 θ

2tan θ

2

sin2 θ2

ηw1,2 =

=e−iϕ cos θ2

sin θ2

ηw1,2

dove ηw1,2 e arbitrario. Se poniamo ηw1,2 = eiϕ sin θ2 otteniamo una possibile espressione di

ηw1 ≡ ηw1,1, ηw1,2, cioe del primo dei due autovettori. Per ottenere il secondo procediamoin modo analogo risolvendo il secondo sistema:

ηw2,1 = −e−iϕ sin θ

1 + cos θηw2,2 = −e

−iϕ cos2 θ2 tan θ

2

cos2 θ2

ηw2,2 =− sin θ

2

eiϕ cos θ2ηw2,2

dove ηw2,2 e arbitrario. Se poniamo ηw2,2 = eiϕ cos θ2

otteniamo una possibile espressionedi ηw2 ≡ ηw2,1, ηw2,2, cioe del secondo autovettore e quindi

ηw1 ≡

cos θ2

eiϕ sin θ2

; ηw2 ≡

− sin θ2

eiϕ cos θ2

(842)

247

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Entrambi gli autovettori risultano essere normalizzati.Per θ = 0 e ϕ = 0 si ha w ≡ z e quindi

ηz1 =

10

; ηz2 =

01

; (843)

per θ = π/2 e ϕ = 0 si ha w ≡ x

ηx1 =1√2

11

; ηx2 =1√2

−11

; (844)

per θ = π/2 e ϕ = π/2 si ha w ≡ y

ηy1 =1√2

1i

; ηy2 =1√2

−1i

(845)

coincidenti con gli autovettori (649), che sono stati ottenuti direttamente da ciascuna delle(644).Notiamo che, essendo ηw1,2 e ηw2,2 arbitrari, sono possibili altre posizioni. Ad esempio,

ponendo ηw1,2 = eiϕ sin θ2

e ηw2,2 = cos θ2

si ottiene:

ηw1 ≡

cos θ2eiϕ sin θ

2

; ηw2 ≡

−e−iϕ sin θ2

cos θ2

(846)

che sono anch’esse espressioni degli autovettori di σw diffuse in letteratura fisica.

* * *

Puo essere interessante, anche al fine di fissare le idee su quanto si e detto nel par. 1.4.1a proposito delle descrizioni della meccanica quantistica di Schrodinger e Heisenberg, farequalche considerazione sulla base |an〉 costituita dagli autovettori di A che, al variare deltempo, rimane fissa in meccanica di Schrodinger e ruota in meccanica di Heisenberg.Ricordiamo che abbiamo indicato con TS(t, t0) l’operatore unitario descrittivo dell’evolu-zione temporale di |χ〉 in meccanica di Schrodinger (v. eq. (728)). Esso, per ovvie ragionidi moto relativo, puo essere usato per descrivere l’evoluzione temporale di |an〉 che in mec-canica di Heisenberg, mentre |χ〉 rimane fisso, ruota in senso opposto a quello in cui ruota|χ〉 in meccanica di Schrodinger. Cio significa che accanto alla (728)

|χ(t)〉 = TS(t, t0)|χ(t0)〉

deve valere la|an(t)〉 = T−1

S (t, t0)|an(t0)〉 (847)

Ma la rotazione di |an〉 e descritta in meccanica di Heisenberg nel modo seguente:

|an(t)〉 = TH(t, t0)|an(t0)〉 (848)

e ci aspettiamo che questa descrizione coincida con la (847). Infatti ricordando la (743) e

tenendo presente che T †S = T−1

S (perche TS e unitario) si puo scrivere la (847) nel modoseguente

|an(t)〉 = TH(t, t0)|an(t0)〉 (849)

248

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

coincidente con la (848).Derivando rispetto a t si ottiene

d|an(t)〉dt

=dTH(t, t0)

dt|an(t0)〉

e ricordando la prima delle (740) si puo scrivere

ihd|an(t)〉dt

= −HH(t)TH(t, t0)|an(t0)〉 = −HH(t)|an(t)〉 (850)

Confrontando con la (736) diviene evidente che |an(t)〉 ruota in meccanica di Heisenbergin senso opposto a quello in cui |χ(t)〉 ruota in meccanica di Schrodinger.

* * *

249

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

B) BASI CONTINUE

Se i vettori di base |sa〉 formano un continuo, la corrispondente della (764) e

|χ〉 =+∞∫

−∞

〈sa|χ〉|sa〉da (851)

Ponendo

χ(sa) = 〈sa|χ〉 oppure χa = 〈sa|χ〉 oppure χ(a) = 〈sa|χ〉 (852)

si ottiene

|χ〉 =+∞∫

−∞

χ(sa)|sa〉da =

χa|sa〉da =

χ(a)|a〉da (853)

Nel caso di basi multiple si ha:

|χ〉 =

〈ua, vb, wc, . . . |χ〉|ua, vb, wc, . . .〉dadbdc . . . (854)

e potra talvolta succedere che

〈ua, vb, wc, . . . |χ〉 = 〈ua|χu〉〈vb|χv〉〈wc|χw〉 . . . (855)

La condizione di normalizzazione (762) diviene

〈sa|sb〉 = δ(sa − sb) (856)

Alla (766) corrisponde la

|χ〉 =

+∞∫

−∞

|sa〉〈sa |χ〉da (857)

mentre la relazione di chiusura (767) diviene

+∞∫

−∞

|sa〉〈sa|da = 11 (858)

La (773) diviene:

〈ξ|χ〉 = 〈ξ+∞∫

−∞

|sa〉〈sa|da|χ〉 =+∞∫

−∞

〈ξ|sa〉〈sa|χ〉da =

+∞∫

−∞

ξ∗(sa)χ(sa)da ≡(

ξ(sa), χ(sa))

(859)

* * *

250

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Equazione agli autovalori (spettro continuo)La corrispondente della (783) e

A|χa〉 = a|χa〉 (860)

oppureA|a〉 = a|a〉 (861)

che ricorda la (784).Se A e un operatore hermitiano si ha anche:

〈a|A = a〈a| (862)

Esempi:q|q′〉 = q′|q′〉 (863)

p|p′〉 = p′|p′〉 (864)

e anche〈q′|q = q′〈q′|〈p′|p = p′〈p′| (865)

Si noti l’apice, introdotto per distinguere l’autovalore dall’operatore.

* * *

Consideriamo ora nello spazio di Hilbert avente base |sa〉 un operatore lineare che indi-chiamo con A; se lo applichiamo a un ket |χ〉 esso genera un altro ket |θ〉 = A|χ〉 per ilquale, in analogia con la (851), vale la

|θ〉 =

+∞∫

−∞

〈sa|θ〉|sa〉da =

+∞∫

−∞

θ(sa)|sa〉da (866)

Ma 〈sa|θ〉 = 〈sa|A|χ〉 percio si ha

|θ〉 =

+∞∫

−∞

〈sa|A|χ〉|sa〉da (867)

ovvero, tenendo conto della (858)

|θ〉 =

+∞∫

−∞

〈sa|A+∞∫

−∞

|sb〉〈sb|db|χ〉|sa〉da

o anche, tenendo conto della (852)

|θ〉 =+∞∫

−∞

+∞∫

−∞

〈sa|A|sb〉〈sb|χ〉db|sa〉da =

+∞∫

−∞

+∞∫

−∞

〈sa|A|sb〉χ(sb)db|sa〉da (868)

251

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Confrontando con la (866) si ricava:

θ(sa) =

〈sa|A|sb〉χ(sb)db (869)

Questa e una equazione integrale il cui nocciolo vale

〈sa|A|sb〉 = Aδ(sa − sb) (870)

La (870) e la rappresentazione di A nella base |sa〉.

Piu in generale, se la base e |sa, ra, . . .〉 si ha

〈sa, ra, . . . |A|sb, rb, . . .〉 = Aδ(sa − sb)δ(ra − rb) · · · (871)

* * *

Riprendiamo l’espressione (826) del valor medio di un operatore A e introduciamo la rela-zione di chiusura relativa a una base |sa〉 dello spazio cui A appartiene:

〈A〉 = 〈χ|A|χ〉 = 〈χ∫

|sa〉〈sa|daA∫

|sb〉〈sb |db χ〉

=

∫∫

〈χ|sa〉〈sa|A|sb〉〈sb|χ〉dadb

=

∫∫

〈sa|χ〉∗〈sa|A|sb〉〈sb|χ〉dadb (872)

Questo e il valor medio di A quando A e espresso nella base |sa〉.* * *

Se come base scegliamo gli autovettori |a〉 di A, la matrice associata ad A e diagonale e ivalori diagonali sono gli autovalori a, cosicche la (870) diviene

〈a|A|a′〉 = aδ(a − a′) (873)

In particolare se A = 11 si ha:〈a|11|a′〉 = δ(a − a′) (874)

Un altro modo di rappresentare A nella base dei suoi autovettori si ricava dall’equazione(861):

A|a〉 = a|a〉da cui

〈a|A|a′〉 = a〈a|a′〉e percio confrontando con la (873):

〈a|a′〉 = δ(a − a′) (875)

Con una base scelta nel modo detto la (872) diviene:

〈A〉 =∫∫

〈a|χ〉∗aδ(a − a′)〈a′|χ〉dada′ =

〈a|χ〉∗a〈a|χ〉da (876)

* * *

252

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Teorema di risoluzione spettraleEsprimiamo l’operatore A nella base |sa〉:

A =

∫∫

|sa〉〈sa|A|sb〉〈sb|dadb =

∫∫

〈sa|A|sb〉|sa〉〈sa |dadb (877)

Se |sa〉 e un autovettore di A, allora, per la (873), si ha 〈a|A|a′〉 = aδ(a − a′) cosicche

A =

∫∫

aδ(a − a′)|a〉〈a′ |dada′ (878)

ovvero

A =

a|a〉〈a|da (879)

Questo e il Teorema di risoluzione spettrale per basi continue. Ad esempio:

x =

x′|x′〉〈x′|dx′ ; p =

p′|p′〉〈p′|dp′ (880)

253

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

C) CASI NOTEVOLI

Esaminiamo alcuni casi notevoli di rappresentazioni di vettori ed operatori.

C1) Rappresentazione nelle energie (o di Heisenberg)

In questa rappresentazione la base e costituita dagli autovettori dell’operatore hamiltonianoH, che assumiamo dotato di spettro discreto di autovalori En, cosicche un autovettore siindica con |En〉. Vediamo qualche esempio.

• Sviluppo nella base |En〉 del vettore soluzione dell’equazione di SchrodingerRiprendiamo la (737) ponendo per semplicita HS = H:

|χ(t)〉 = e−ih(t−t0)H|χ(t0)〉 (881)

e, tenendo presente che per l’hamiltoniano vale la relazione di completezza (v. eq. (767))

n

|En〉〈En| = 11, (882)

riscriviamo la (881) nel modo seguente

|χ(t)〉 = e−ihH(t−t0)

n

|En〉〈En|χ(t0)〉

ovvero|χ(t)〉 =

n

〈En|χ(t0)〉e−ihH(t−t0)|En〉 (883)

Ma

e−ih(t−t0)H|En〉 =

1 +

(

− ih

(t − t0)H)

+1

2

(

− ih

(t− t0)H)2

+ · · ·

|En〉

e tenendo conto della H|En〉 = En|En〉 si puo scrivere

e−ih(t−t0)H|En〉 =

1 +

(

− ihEn(t − t0)

)

+1

2

(

− ihEn(t − t0)

)2

+ · · ·

|En〉

= e−ihEn(t−t0)|En〉

(884)

percio la (883) diviene

|χ(t)〉 =∑

n

〈En|χ(t0)〉e−ihEn(t−t0)|En〉 (885)

I numeri 〈En|χ(t0)〉 costituiscono la rappresentazione di |χ(t0)〉 nella base |En〉. Ponendo

cn = 〈En|χ(t0)〉 (886)

254

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

si ha infine|χ(t)〉 =

n

cn|En〉e−ihEn(t−t0) (887)

Si vede cosı che |χ(t)〉, soluzione dell’equazione di Schrodinger (v. eq. (736)) che descrivel’evoluzione temporale del sistema meccanico avente hamiltoniano H, puo essere espressoin funzione degli autovettori e degli autovalori dell’hamiltoniano, se questo non dipendeesplicitamente dal tempo.Si noti che |χ(t)〉, stato non stazionario, e espresso come combinazione lineare degli stati

stazionari |En〉e−ihEn(t−t0).

• Rappresentazione dell’equazione di HeisenbergRiprendiamo la (742) ed esprimiamola nella base |En〉:

ihd

dt〈En|A|Em〉 = 〈En|AH−HA|Em〉+ ih

∂t〈En|A|Em〉 (888)

Tenendo conto della (767) si puo scrivere:

〈En|AH−HA|Em〉 = 〈En|A∑

k

|Ek〉〈Ek |H|Em〉 − 〈En|H∑

k

|Ek〉〈Ek|A|Em〉

=∑

k

〈En|A|Ek〉〈Ek|H|Em〉 − 〈En|H|Ek〉〈Ek|A|Em〉

Ma nella base dei suoi autovettori la matrice H e diagonale, percio, tenendo conto della(795):

〈En|AH−HA|Em〉 =∑

k

〈En|A|Ek〉Em〈Ek|Em〉 − Ek〈En|Ek〉〈Ek |A|Em〉

=∑

k

〈En|A|Ek〉Emδkm − Ekδnk〈Ek|A|Em〉

= 〈En|A|Em〉Em − En〈En|A|Em〉

In definitiva la (888) diviene:

ihd

dt〈En|A|Em〉 = (Em − En)〈En|A|Em〉+ ih

∂t〈En|A|Em〉

ovverod

dt〈En|A|Em〉 = i

En − Emh

〈En|A|Em〉+∂

∂t〈En|A|Em〉 (889)

Se A non dipende esplicitamente dal tempo si ha:

d

dt〈En|A|Em〉 = i

En − Emh

〈En|A|Em〉 (890)

L’integrale di questa equazione e

〈En|A|Em〉 = 〈En|A|Em〉0eiEn−Em

ht = 〈En|A|Em〉0e2πiνnmt (891)

255

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Questa e la rappresentazione dell’operatoreA nella base degli autovettori dell’hamiltonianodel sistema meccanico cui l’operatore e riferito.

C2) Rappresentazione nelle coordinate (o di Schrodinger)

In questa rappresentazione la base e costituita dagli autovettori |q′〉 dell’operatore-posizioneq che e dotato di spettro continuo di autovalori q′ (l’apice in q′ sta a indicare autovalore epuo essere omesso se non sorgono ambiguita con il simbolo q di operatore). Notiamo cheq′ e una scrittura abbreviata di q′1, q

′2, . . . , q

′n, dove n e il numero dei gradi di liberta del

sistema che stiamo considerando. Vediamo qualche esempio.

• Rappresentazione del vettore |χ〉.La rappresentazione di un vettore |χ〉 nella base |q′〉 e l’insieme degli scalari 〈q′|χ〉. Ilprodotto scalare 〈q′|χ〉 varia con continuita al variare di |q′〉, e quindi di q′, percio puoessere espresso come una funzione che indichiamo cosı:

ψ(q′) = 〈q′|χ〉 (892)

La ψ(q′), nel caso in cui il vettore |χ〉 dipenda dal tempo, diviene

ψ(q′, t) = 〈q′|χ(t)〉 (893)

Esempi

La ψ(q′, t) puo essere la funzione d’onda di Schrodinger nelle coordinate, detta piu signifi-cativamente ampiezza di probabilita di posizione, che dunque viene ad essere espressa dallarappresentazione nelle coordinate del vettore di stato probabilistico |χ(t)〉.In particolare la funzione d’onda dell’atomo di idrogeno (v. eq. (498)) e espressa da

ψ(r, θ, ϕ, t) = 〈r, θ, ϕ|χ(t)〉 (894)

La funzione d’onda di un sistema a n gradi di liberta e la seguente

ψ(q′1, q′2, . . . , q

′n, t) = 〈q′1, q′2, . . . , q′n|χ(t)〉 (895)

in accordo con la (398). La ψ(q′1, . . . , q′n, t) esprime l’ampiezza di probabilita che il punto

rappresentativo nello spazio n−dimensionale delle configurazioni del sistema meccanicocui l’ampiezza e riferita abbia nell’istante t la coordinata 1 compresa fra q′1 e q′1 + dq1, lacoordinata 2 compresa fra q′2 e q′2 + dq′2, . . . , la coordinata n compresa fra q′n e q′n + dq′n.

• Rappresentazione dell’operatore q.La rappresentazione dell’operatore q si ricava dalla (873) ponendo in essa a = q′ e a′ = q′′

(notiamo la presenza del doppio apice dovuta al fatto che non si puo porre a = q, e quindia′ = q′, perche q e gia usato come simbolo di operatore). Si ottiene cosı la matrice diagonalea indici continui

〈q′|q|q′′〉 = q′δ(q′ − q′′) (896)

o anche, tenendo conto della (875)

〈q′|q|q′′〉 = q′〈q′|q′′〉 (897)

256

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Le (896) e (897) sono rappresentazioni dell’operatore q nella base |q′〉. In virtu dellaarbitrarieta di q′′ si puo scrivere

〈q′|q = q′〈q′| (898)

che e la prescrizione operativa di q nella base |q′〉. Questa relazione, che e una scritturaabbreviata di 〈q′1, q′2, . . . , q′n|qk = q′k〈q′1, q′2, . . . , q′n|, k = 1, . . . , n, chiarisce il significatodella (511), che viene cosı ad essere precisata in modo matematicamente rigoroso.Ad esempio, la prescrizione operativa di R ≡ x, y nella base |x′, y′〉 e:

〈x′, y′|x = x′〈x′, y′| ; 〈x′, y′|y = y′〈x′, y′| (899)

• Rappresentazione dell’operatore qn.La rappresentazione dell’operatore qn nella base |q′〉 e

〈q′|qn|q′′〉 = q′n〈q′|q′′〉 = q′

nδ(q′ − q′′) (900)

• Rappresentazione dell’operatore V(q)Se V(q) e sviluppabile in serie si puo scrivere

V(q) = aq + bq2 + cq3 + · · ·

percio

〈q′|V(q)|q′′〉 = aq′δ(q′ − q′′) + bq′2δ(q′ − q′′) + cq′

3δ(q′ − q′′) + · · ·

e quindi〈q′|V(q)|q′′〉 = V(q′)δ(q′ − q′′) (901)

• Rappresentazione dell’operatore p.Cominciamo col considerare questa relazione:

〈q′|qp|q′′〉 = 〈q′|q

+∞∫

−∞

|q′′′〉〈q′′′|dq′′′

p|q′′〉 =+∞∫

−∞

〈q′|q|q′′′〉〈q′′′|p|q′′〉dq′′′

Ma in virtu della (896) si puo scrivere

〈q′|qp|q′′〉 = q′+∞∫

−∞

δ(q′ − q′′′)〈q′′′|p|q′′〉dq′′′ = q′〈q′|p|q′′〉 (902)

Analogamente si trova:〈q′|pq|q′′〉 = q′′〈q′|p|q′′〉 (903)

Sottraendo a membro a membro queste due ultime equazioni si ottiene:

〈q′|qp− pq|q′′〉 = (q′ − q′′)〈q′|p|q′′〉

da cui, assumendo che q e p siano canonicamente coniugati (v. sezione F del par. 1.1 diquesta Seconda Parte)

ih11〈q′|q′′〉 = (q′ − q′′)〈q′|p|q′′〉

257

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e ancora, ricordando la condizione di normalizzazione espressa dalla (875) e ponendo inessa a = q′ e a′ = q′′:

ih11δ(q′ − q′′) = (q′ − q′′)〈q′|p|q′′〉Ora osserviamo che se nella (N11) dell’Appendice N poniamo n = 1 e f(R) = −(xj − ξj)otteniamo

−∫

(xj − ξj)∂δ(xj − ξj)

∂xjdxj = (−1)

∂(−(xj − ξj))∂xj

= 1

e osserviamo anche che l’integrando e una funzione di xj che si annulla per ogni valore dixj salvo che per xj = ξj . Queste due proprieta mostrano che −(xj − ξj)∂δ(xj − ξj)/∂ξj euna possibile definizione della funzione di Dirac:

δ(xj − ξj) = −(xj − ξj)∂δ(xj − ξj)

∂xj

per la quale, come e ben noto, l’integrale∫

δ(xj − ξj)dxj

vale 1 se ξj e contenuto nel dominio di integrazione e 0 se non lo e. Si puo dunque scrivere:

−ih11(q′ − q′′)∂δ(q′ − q′′)∂q′

= (q′ − q′′)〈q′|p|q′′〉

e infine

〈q′|p|q′′〉 = −ih11∂

∂q′δ(q′ − q′′) (904)

oppure, per la (875):

〈q′|p|q′′〉 = −ih11 ∂

∂q′〈q′|q′′〉 (905)

Questa e la rappresentazione dell’operatore p nella base |q′〉. Da essa, in virtu della ar-bitrarieta di |q′′〉, ricaviamo:

〈q′|p = −ih11∂

∂q′〈q′| (906)

che e la prescrizione operativa di p nella base |q′〉.Notiamo che la (906) e una scrittura abbreviata di

〈q′1, q′2, . . . , q′n|pk = −ih11∂

∂q′k〈q′1, q′2, . . . , q′n| ; k = 1, . . . , n (907)

Ad esempio, la prescrizione operativa di p ≡ px, py, pz nella base |x, y, z〉 e:

〈x, y, z|px = −ih11∂

∂x〈x, y, z| ; 〈x, y, z|py = −ih11

∂y〈x, y, z| ; 〈x, y, z|pz = −ih11 ∂

∂z〈x, y, z|

(908)Queste espressioni chiariscono il significato della corrispondenza (335) che qui riscriviamo

p←→−ih∇(c.o.) ; pk ←→ −ih∂

∂xk

e che viene cosı ad essere precisata in modo matematicamente rigoroso.

258

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Rappresentazione dell’operatore momento angolareLa rappresentazione del momento angolare L nella base |x, y, z〉 si ricava applicando alladefinizione

〈x, y, z|Lx|x′, y′, z′〉 = 〈x, y, z|(ypz − zpy)|x′, y′, z′〉〈x, y, z|Ly |x′, y′, z′〉 = 〈x, y, z|(zpx − xpz)|x′, y′, z′〉〈x, y, z|Lz |x′, y′, z′〉 = 〈x, y, z|(xpy − ypx)|x′, y′, z′〉

(909)

dapprima la (902) cosicche, ad esempio, 〈x, y, z|ypz |x, y, z〉 = y〈x, y, z|pz |x′, y′, z′〉, e poi la(908). Si ottiene cosı, omettendo per semplicita la matrice 11:

〈x, y, z|Lx |x′, y′, z′〉 = −ih(

y∂

∂z− z ∂

∂y

)

〈x, y, z|x′ , y′, z′〉

〈x, y, z|Ly |x′, y′, z′〉 = −ih(

z∂

∂x− x ∂

∂z

)

〈x, y, z|x′ , y′, z′〉

〈x, y, z|Lz |x′, y′, z′〉 = −ih(

x∂

∂y− y ∂

∂x

)

〈x, y, z|x′, y′, z′〉

(910)

La prescrizione operativa di L nella base |x, y, z〉 e la seguente:

〈x, y, z|Lx = −ih(

y∂

∂z− z ∂

∂y

)

〈x, y, z|

〈x, y, z|Ly = −ih(

z∂

∂x− x ∂

∂z

)

〈x, y, z|

〈x, y, z|Lz = −ih(

x∂

∂y− y ∂

∂x

)

〈x, y, z|

(911)

La prescrizione operativa di L nella base |θ, ϕ〉 e (v. eq. (528)):

〈θ, ϕ|Lθ = ih1

sin θ

∂ϕ〈θ, ϕ|

〈θ, ϕ|Lϕ = −ih ∂∂θ〈θ, ϕ|

(912)

Effettuiamo nella (911) un cambiamento di base introducendo le coordinate polari |r, θ, ϕ〉in luogo di |x, y, z〉:

〈x, y, z|∫

|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|dτLx = −ih(

y∂

∂z− z ∂

∂y

)

〈x, y, z|∫

|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|dτ

〈x, y, z|∫

|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|dτLy = −ih(

z∂

∂x− x ∂

∂z

)

〈x, y, z|∫

|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|dτ

〈x, y, z|∫

|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|dτLz = −ih(

x∂

∂y− y ∂

∂x

)

〈x, y, z|∫

|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|dτ

(913)

da cui∫

〈x, y, z|r, θ, ϕ〉dτ 〈r, θ, ϕ|Lx = −ih(

y∂

∂z− z ∂

∂y

)∫

〈x, y, z|r, θ, ϕ〉dτ 〈r, θ, ϕ|∫

〈x, y, z|r, θ, ϕ〉dτ 〈r, θ, ϕ|Ly = −ih(

z∂

∂x− x ∂

∂z

)∫

〈x, y, z|r, θ, ϕ〉dτ 〈r, θ, ϕ|∫

〈x, y, z|r, θ, ϕ〉dτ 〈r, θ, ϕ|Lz = −ih(

x∂

∂y− y ∂

∂x

)∫

〈x, y, z|r, θ, ϕ〉dτ 〈r, θ, ϕ|

259

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Semplificando si ottiene

〈r, θ, ϕ|Lx = −ih(

y∂

∂z− z ∂

∂y

)

〈r, θ, ϕ|

〈r, θ, ϕ|Ly = −ih(

z∂

∂x− x ∂

∂z

)

〈r, θ, ϕ|

〈r, θ, ϕ|Lz = −ih(

x∂

∂y− y ∂

∂x

)

〈r, θ, ϕ|

(914)

Ora esprimiamo le coordinate cartesiane x, y, z e le derivate ∂/∂x, ∂/∂y, ∂/∂z in funzionedelle coordinate sferiche r, θ, ϕ mediante le (K44) e le:

∂x′m=

∂xn

∂x′m∂

∂xn; x′

m ≡ r, θ, ϕ ; xn ≡ x, y, z

∂r∂

∂θ∂

∂ϕ

=

sin θ cosϕ sin θ sinϕ cos θ

r cos θ cosϕ r cos θ sinϕ −r sin θ

−r sin θ sinϕ r sin θ cosϕ 0

∂x∂

∂y

∂z

(915)

che occorrera poi invertire per ottenere le ∂/∂xn, n = 1, 2, 3

∂x∂

∂y

∂z

=

sin θ cosϕcos θ cosϕ

r− sinϕ

r sin θ

sin θ sinϕcos θ sinϕ

r

cosϕ

r sin θ

cos θ − sin θ

r0

∂r∂

∂θ∂

∂ϕ

e avremo infine le prescrizioni operative

〈r, θ, ϕ|Lx = ih

(

sinϕ∂

∂θ+ cot θ cosϕ

∂ϕ

)

〈r, θ, ϕ|

〈r, θ, ϕ|Ly = −ih(

cosϕ∂

∂θ− cot θ sinϕ

∂ϕ

)

〈r, θ, ϕ|

〈r, θ, ϕ|Lz = −ih ∂

∂ϕ〈r, θ, ϕ|

(916)

Queste relazioni chiariscono il significato delle (529), che vengono cosı ad essere precisatein modo matematicamente rigoroso.

• Rappresentazione di L2

La rappresentazione 〈θ, ϕ|L2|θ′, ϕ′〉 dell’operatore L2 nella base |θ, ϕ〉 puo essere ottenutapartendo dalla rappresentazione in coordinate cartesiane di L2

x, L2y e L2

z, che si ricavaosservando innanzitutto che (v. eq. (911))

〈x, y, z|L2x = −ih(y ∂

∂z− z ∂

∂y)〈x, y, z|Lx = −h2(y

∂z− z ∂

∂y)(y

∂z− z ∂

∂y)〈x, y, z|

〈x, y, z|L2y = −h2(z

∂x− x ∂

∂z)(z

∂x− x ∂

∂z)〈x, y, z|

〈x, y, z|L2z = −h2(x

∂y− y ∂

∂x)(x

∂y− y ∂

∂x)〈x, y, z|

260

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e poi tenendo conto di L2 = L2x + L2

y + L2z e passando infine a coordinate sferiche. Tut-

tavia osserviamo che, avendo a disposizione la terza e quarta corrispondenza delle (483),possiamo riscriverle nella forma di prescrizioni operative

〈θ, ϕ|p2θ = − h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

〈θ, ϕ| ; 〈θ, ϕ|p2ϕ = −h2 ∂2

∂ϕ2〈θ, ϕ|

e utilizzare la (486), cosicche 〈θ, ϕ|L2 = 〈θ, ϕ|p2θ + 〈θ, ϕ| p2ϕ

sin2 θ e quindi

〈θ, ϕ|L2|θ′, ϕ′〉 =(

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2

∂ϕ2

)

〈θ, ϕ|θ′, ϕ′〉 (917)

La corrispondente prescrizione operativa

〈θ, ϕ|L2 =

(

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2

∂ϕ2

)

〈θ, ϕ| (918)

e la seguente, ad essa equivalente,

〈θ, ϕ|L2 = − h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

〈θ, ϕ| + 1

sin2 θ〈θ, ϕ|L2

z, (919)

ottenuta osservando che dall’ultima delle (916) si ricava 〈θ, ϕ|LzLz = −ih ∂∂ϕ 〈θ, ϕ|Lz =

(

−ih ∂∂ϕ

)(

−ih ∂∂ϕ

)

〈θ, ϕ| e quindi 〈θ, ϕ|L2z = −h2 ∂2

∂ϕ2 〈θ, ϕ|, chiariscono il significato rispet-

tivamente della (522) e della (531), che vengono cosı ad essere precisate in modo matema-ticamente rigoroso.

• Rappresentazione di pn.La rappresentazione di pn e la seguente:

〈q′|pn|q′′〉 =(

−ih ∂

∂q′

)n

〈q′|q′′〉 (920)

La prescrizione operativa di pn nella base 〈q| e

〈q′|pn =

(

−ih ∂

∂q′

)n

〈q′| (921)

che e una scrittura abbreviata di

〈q′1, q′2, . . . , q′n|pnk =(

− ih ∂

∂q′k

)n

〈q′1, q′2, . . . , q′n|

In particolare per n = 2 e per pk ≡ px, py, pz si ha

〈x, y, z|p2x = −h2 ∂

2

∂x2〈x, y, z| ; 〈x, y, z|p2

y = −h2 ∂2

∂y2〈x, y, z| ; 〈x, y, z|p2

z = −h2 ∂2

∂z2〈x, y, z|

261

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e anche〈x, y, z|p2 = −h2∇2〈x, y, z|

Questa prescrizione chiarisce il significato della corrispondenza (331) che viene cosı adessere precisata in modo matematicamente rigoroso.

Per n = 2 e per coordinate sferiche r, θ, ϕ si ha 〈r, θ, ϕ|p2 = −h2∇(s)2〈r, θ, ϕ| ovvero(v. eq. (J5) dell’Appendice J)

〈r, θ, ϕ|p2 =

− h2

r2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

− h2

r2 sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

− h2

r2 sin2 θ

∂2

∂ϕ2

〈r, θ, ϕ| (922)

o anche, tenendo conto della (918)

〈r, θ, ϕ|p2 =

− h2

r2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+L2

r2

〈r, θ, ϕ| (923)

• Rappresentazione dell’operatore 11La rappresentazione dell’operatore 11 nella base |θ, ϕ〉 si ricava tenendo presente che incoordinate pitagoriche 3-dimensionali R1,R2,R3 si ha:

〈R1,R2,R3|11|R′1,R′

2,R′3〉 =

1√g11√g22√g33

δ(R1 −R′1)δ(R2 −R′

2)δ(R3 −R′3)

dove gkl e il tensore metrico associato a ciascun tipo di coordinate pitagoriche. Ne segueche, ad esempio, in coordinate sferiche r, θ, ϕ si ha

〈r, θ, ϕ|11|r′, θ′, ϕ′〉 = δ(r − r′)δ(θ − θ′)δ(ϕ− ϕ′)

r2 sin θ(924)

e quindi in coordinate θ, ϕ:

〈θ, ϕ|11|θ′, ϕ′〉 = 1

sin θδ(θ − θ′)δ(ϕ − ϕ′) (925)

• Prodotto scalare 〈ξ|χ〉.Tenendo conto della (858) si puo scrivere

〈ξ|χ〉 = 〈ξ

+∞∫

−∞

|q′〉〈q′|dq′

χ〉 =

+∞∫

−∞

〈ξ|q′〉〈q′|χ〉dq′ =

+∞∫

−∞

〈q′|ξ〉∗〈q′|χ〉dq′

Tenendo conto della (892) e ponendo 〈q′|ξ〉 = θ(q′) segue:

〈ξ|χ〉 =+∞∫

−∞

θ∗(q′)ψ(q′)dq′ ≡(

θ(q′), ψ(q′))

(926)

in accordo con la (859).

262

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Rappresentazione della equazione di Schrodinger.Dalla (736), omettendo per semplicita l’indice S, ricaviamo

〈q′|ih ddt|χ(t)〉 = 〈q′|H(q, p)|χ(t)〉

ovvero

ih∂

∂t〈q′|χ(t)〉 = 〈q′|H(q, p)|χ(t)〉 (927)

dove la derivata parziale sta a indicare che la derivazione rispetto a t riguarda solo χ(t) enon q′. Ricordando la (893) si puo scrivere:

ih∂ψ(q′, t)

∂t= 〈q′|H(q, p)|χ(t)〉 (928)

Ammettiamo che siaH(q, p) = f(p)+g(q) e che queste siano entrambe sviluppabili in serie.Il membro destro della (928) risulta essere cosı la somma di termini del tipo 〈q′|pn|χ(t)〉 e〈q′|qn|χ(t)〉, n = 1, 2, 3 . . . . Ma si ha (v. eq. (921)):

〈q′|pn|χ(t)〉 = (−ih)n∂n

∂q′n〈q′|χ(t)〉 (929)

Analogamente si ottiene (v. eq. (900)):

〈q′|qn|χ(t)〉 = q′n〈q′|χ(t)〉

Dalla (929) segue che una f(p) e rappresentata da

〈q′|f(p)|χ(t)〉 = f(

−ih ∂

∂q′)

〈q′|χ(t)〉 (930)

Analogamente una g(q) e rappresentata da

〈q′|g(q)|χ(t)〉 = g(q′)〈q′|χ(t)〉 (931)

cosicche

〈q′|g(q) + f(p)|χ(t)〉 =

g(q′) + f(

−ih ∂

∂q′)

〈q′|χ(t)〉

ovvero

〈q′|H(q, p)|χ(t)〉 = H(

q′,−ih ∂

∂q′

)

〈q′|χ(t)〉 (932)

Poiche |χ(t)〉 e arbitrario si puo scrivere

〈q′|H(q, p) = H(

q′,−ih ∂

∂q′

)

〈q′| (933)

che e la prescrizione operativa di H nella base 〈q′|.In definitiva, tenendo presente quest’ultima e ricordando la (893) si puo scrivere la (928)nel modo seguente:

ih∂ψ(q′, t)

∂t= H

(

q′,−ih ∂

∂q′

)

ψ(q′, t) (934)

coincidente con la (336).

263

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Rappresentazione dell’equazione agli autovalori per L2 e Lz

Le equazioni agli autovalori per L2 e Lz espresse dalla (802) sono rappresentate nella base|θ, ϕ〉 da

〈θ, ϕ|L2|l,ml〉 = l(l + 1)h2〈θ, ϕ|l,ml〉〈θ, ϕ|Lz |l,ml〉 = mlh〈θ, ϕ|l,ml〉

(935)

La prescrizione operativa di L2 e Lz nella base |θ, ϕ〉 ci e gia nota dalle (918) e (916)

〈θ, ϕ|L2 = − h2

sin2 θ

sin θ∂

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+∂2

∂ϕ2

〈θ, ϕ|

〈θ, ϕ|Lz = −ih ∂

∂ϕ〈θ, ϕ|

(936)

e quindi le equazioni (935) diventano

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂〈θ, ϕ|l,ml〉

∂θ

)

− h2

sin2 θ

∂2〈θ, ϕ|l,ml〉∂ϕ2

= l(l + 1)h2〈θ, ϕ|l,ml〉 (937)

− ih ∂

∂ϕ〈θ, ϕ|l,ml〉 = mlh〈θ, ϕ|l,ml〉 (938)

Come sappiamo dall’eq. (480) la soluzione di questo sistema di equazioni e espressa da

〈θ, ϕ|l,ml〉 = Yl,ml(θ, ϕ) (939)

Notiamo che le (936), poiche

〈θ, ϕ|L2z = −ih ∂

∂ϕ〈θ, ϕ|Lz = −ih ∂

∂ϕ(−ih)

∂ϕ〈θ, ϕ| = −h2 ∂2

∂ϕ2〈θ, ϕ|,

si possono scrivere anche cosı

〈θ, ϕ|L2(Lz) = − h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

〈θ, ϕ| + 1

sin2 θ〈θ, ϕ|L2

z

〈θ, ϕ|L2z = −h2 ∂2

∂ϕ2〈θ, ϕ|

avendo messo in evidenza la dipendenza di L2 da Lz (v. eq. (919)), percio le (937) e (938)diventano

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂〈θ, ϕ|l,ml〉

∂θ

)

+1

sin2 θ〈θ, ϕ|L2

z |l,ml〉 = l(l + 1)h2〈θ, ϕ|l,ml〉

− h2 ∂2

∂ϕ2〈θ, ϕ|l,ml〉 = m2

l h2〈θ, ϕ|l,ml〉

Ma dalla seconda delle (802) si ricava L2z|l,ml〉 = mlhLz|l,ml〉 = m2

l h2|l,ml〉 cosicche,

fattorizzando 〈θ, ϕ|l,ml〉nel modo seguente

〈θ, ϕ|l,ml〉 = 〈θ|l,ml〉〈ϕ|ml〉 (940)

264

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

si ottiene

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂〈θ|l,ml〉

∂θ

)

〈ϕ|ml〉+m2l h

2

sin2 θ〈θ|l,ml〉〈ϕ|ml〉 = l(l + 1)h2〈θ|l,ml〉〈ϕ|ml〉

− h2 ∂2〈ϕ|ml〉∂ϕ2

〈θ|l,ml〉 = m2l h

2〈ϕ|ml〉〈θ|l,ml〉

da cui

− h2

sin θ

∂θ

(

sin θ∂〈θ|l,ml〉

∂θ

)

+m2l h

2

sin2 θ〈θ|l,ml〉 = l(l + 1)h2〈θ|l,ml〉 (941)

− h2 ∂2〈ϕ|ml〉∂ϕ2

= m2l h

2〈ϕ|ml〉 (942)

e ritroviamo cosı le (478) e (477).La relazione di ortonormalizzazione nell’insieme degli autovettori |l,ml〉 comuni a Lz e L2

〈l′m′l|l,ml〉 = δl′lδm′

lml

(943)

e rappresentata nella base |θ, ϕ〉 da

〈l′m′l|θ, ϕ〉〈θ, ϕ|l,ml〉dΩ = δll′δmlm′

l

ovvero (v. eq. (939))∫

Y ∗l′m′

l(θ, ϕ)Ylml

(θ, ϕ)dΩ = δll′δmlm′l

(944)

essendo l’angolo solido dΩ = sin θdθdϕ. Esplicitamente si ha:

∫ π

0

sin θ

∫ 2π

0

|Ylml(θ, ϕ)|2dϕdθ = 1 (945)

La relazione di completezza nell’insieme degli autovettori |l,ml〉 comuni a Lz e L2

∞∑

l=0

+l∑

ml=−l|l,ml〉〈l,ml| = 11 (946)

e un’equazione operatoriale che nella base |θ, ϕ〉 e rappresentata da

∞∑

l=0

+l∑

ml=−l〈θ, ϕ|l,ml〉〈l,ml|θ′ϕ′〉 = 〈θ, ϕ|11|θ′, ϕ′〉 (947)

Ricordando la (925) segue

∞∑

l=0

+l∑

ml=−lYl,ml

(θ, ϕ)Y ∗l,ml

(θ′, ϕ′) =1

sin θδ(θ − θ′)δ(ϕ− ϕ′) (948)

265

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Rappresentazione di un operatore matriciale Ωij = 〈i|Ω|j〉Tenendo presente la (858) possiamo scrivere

Ωij = 〈i|Ω|j〉 =

〈i|x〉〈x|Ω|x′〉〈x′|j〉dxdx′ =

〈x|i〉∗〈x|Ω|x′〉〈x′|j〉dxdx′

Se ora ricordiamo la (870) possiamo scrivere

Ωij =

Φ∗i (x)Ωδ(x − x′)Φj(x′)dxdx′

e in definitiva

Ωij =

Φ∗i (x)ΩΦj (x)dx (949)

coincidente con la (601).Un esempio di rappresentazione di un operatore espresso in forma matriciale e il seguente:

Jzm′jmj

= 〈jm′j |Jz|jmj〉 =

〈jm′j|θ, ϕ〉〈θ, ϕ|Jz |θ′, ϕ′〉〈θ′ , ϕ′|jmj〉dΩdΩ′

dove dΩ e l’angolo solido infinitesimo sin θdθdϕ. Segue

Jzm′jmj

=

〈θ, ϕ|jm′j〉∗〈θ, ϕ|Jz|θ′, ϕ′〉〈θ′ , ϕ′|jmj〉 sin θ sin θ′dθdϕdθ′dϕ′

In analogia con la (939) poniamo 〈θ, ϕ|jmj〉 = Yjmj(θ, ϕ):

Jzm′jmj

=

Y ∗jm′

j(θ, ϕ)〈θ, ϕ|Jz |θ′, ϕ′〉Yjmj

(θ′, ϕ′) sin θ sin θ′dθdϕdθ′dϕ′

Ma 〈θ, ϕ|Jz = −ih ∂∂ϕ 〈θ, ϕ| percio

Jzm′jmj

=

Y ∗jm′

j(θ, ϕ)

(

−ih ∂

∂ϕ

)

〈θ, ϕ|θ′, ϕ′〉Yjmj(θ′, ϕ′) sin θ sin θ′dθdϕdθ′dϕ′

Ricordando la (925) si puo scrivere

Jzm′jmj

=

Y ∗jm′

j(θ, ϕ)

(

−ih ∂

∂ϕ

)

δ(θ − θ′)sin θ

δ(ϕ− ϕ′)Yjmj(θ′ , ϕ′) sin θ sin θ′dθdϕdθ′dϕ′

=

Y ∗jm′

j(θ, ϕ)

(

−ih ∂

∂ϕ

)

δ(θ − θ′)δ(ϕ − ϕ′)Yjmj(θ′ , ϕ′) sin θ′dθ′dϕ′dθdϕ

=

Y ∗jm′

j(θ, ϕ)

(

−ih ∂

∂ϕYjmj

(θ, ϕ)

)

sin θdθdϕ

(950)Questa e la rappresentazione in coordinate sferiche dell’operatore Jzm′

jmj

.

In particolare, utilizzando le espressioni delle armoniche sferiche introdotte nel par. 1.2.2,si ha per j = l = 1, mj = ml e Jz = Lz:

Lz10 =

Y ∗11(−ih

∂ϕY10) sin θdθdϕ = ih

3

3

sin θe−iϕ∂ cos θ

∂ϕsin θdθdϕ = 0

266

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Lz11 =

Y ∗11(θ, ϕ)(−ih ∂(θ, ϕ)

∂ϕY11) sin θdθdϕ

= −ih(

−√

3

)(

−√

3

)

sin θe−iϕ∂ sin θeiϕ

∂ϕsin θdθdϕ

=3h

∫ 2π

0

∫ π

0

sin3 θdθ

=3h

4

[

− cos θ +cos3 θ

3

0

= h

I valori di Lz10 e Lz11 sono in accordo con la terza delle (651).

• Rappresentazione dell’equazione agli autovalori per l’energia di una particella elettri-camente carica in un potenziale centrale coulombiano.

L’equazione agli autovalori per l’energia di una particella dotata di massa µ e di caricaelettrica in un potenziale centrale coulombiano V(r) e espressa dalla (804):

H|n, l,ml〉 = En|n, l,ml〉

La sua rappresentazione in coordinate sferiche e la seguente:

〈r, θ, ϕ|H|n, l,ml〉 = En〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉 (951)

La prescrizione operativa dell’operatore H in coordinate sferiche e (v. eq. (329) e (922)):

〈r, θ, ϕ|H =

−h2∇(s)2

2µ+ V(r)

〈r, θ, ϕ|

=−h2

2µr2

∂r

(

r2∂

∂r

)

+1

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+1

sin2 θ

∂2

∂ϕ2

〈r, θ, ϕ|+

+ V(r)〈r, θ, ϕ| (952)

e viene cosı chiarito e precisato in modo matematicamente rigoroso il significato dellacorrispondenza (482).La (951) diviene:

− h2

2µr2

∂r

(

r2∂

∂r〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉

)

+1

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉

)

+

+1

sin2 θ

∂2

∂ϕ2〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉

+ V(r)〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉 = En〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉

che e simile alla (462).Come sappiamo dalle (480) e (481), si trova:

〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉 = 〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉 = fnl(r)Ylml(θ, ϕ) = unlml

(r, θ, ϕ) (953)

267

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora riprendiamo la (918) e ricordiamo che la prescrizione operativa in coordinate sferichedi L2 e definita a meno di una arbitraria funzione di r (v. la sezione D del par. 1.2.6) equindi la (918) puo essere espressa cosı

〈r, θ, ϕ|L2 = −h2

(

1

sin θ

∂θ

(

sin θ∂

∂θ

)

+1

sin2 θ

∂2

∂ϕ2

)

〈r, θ, ϕ|

cosicche si puo scrivere la (952) anche nel modo seguente:

〈r, θ, ϕ|H =1

2µr2

−h2 ∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

〈r, θ, ϕ| + 〈r, θ, ϕ|L2

+ V(r)〈r, θ, ϕ|

percio la (951) diviene

1

2µr2

−h2 ∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉+ 〈r, θ, ϕ|L2|n, l,ml〉

+ V(r)〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉 =

= En〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉

ovvero, tenendo conto della (935) dalla quale ricaviamo 〈r, θ, ϕ|L2 = h2l(l + 1)〈r, θ, ϕ|

1

2µr2

−h2 ∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+ h2l(l + 1) + V(r)

〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉 = En〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉 (954)

Confrontando con la (951) si ricava la prescrizione operativa seguente

〈r, θ, ϕ|H =1

2µr2

−h2 ∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+ h2l(l + 1) + V(r)

〈r, θ, ϕ|

che precisa in modo matematicamente rigoroso il significato della corrispondenza (536).Se fattorizziamo la (954) come la (953) otteniamo

− h2

2µr2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉+h2l(l + 1)

2µr2〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉+

+ V(r)〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉 = En〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉

da cui

〈θ, ϕ|l,ml〉

− h2

2µr2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+h2l(l + 1)

2µr2+ V(r)

〈r|n, l〉 = En〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉

e infine

− h2

2µr2∂

∂r

(

r2∂

∂r

)

+h2l(l + 1)

2µr2+ V(r)

fnl(r) = Enfnl(r)

e cosı, dopo aver posto in questa V(r) = −q2/r e µ = m0, si ritrova la (533).

La relazione di ortonormalizzazione nell’insieme degli autovettori |n, l,ml〉

〈n, l,ml|n′l′m′l〉 = δnn′δll′δmlm′

l

268

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e rappresentata nella base |r, θ, ϕ〉 da

τ

〈n, l,ml|r, θ, ϕ〉〈r, θ, ϕ|n′ l′m′l〉dτ = δnn′δll′δmlm′

l

ovvero∫

τ

u∗nlml(r, θ, ϕ)un′l′m′

l(r, θ, ϕ)dτ = δnn′δll′δmlm′

l(955)

che, essendo dτ = r2 sin θdrdθdϕ, coincide con la (497).

La relazione di completezza nell’insieme degli autovettori |n, l,ml〉

∞∑

n=1

n∑

l=0

+l∑

ml=−l|n, l,ml〉〈n, l,ml| = 11 (956)

e un’equazione operatoriale che nella base |r, θ, ϕ〉 e rappresentata da

∞∑

n=1

n∑

l=0

+l∑

ml=−l〈r, θ, ϕ|n, l,ml〉〈n, l,ml|r′, θ′ϕ′〉 = 〈r, θ, ϕ|11|r′, θ′, ϕ′〉

percio, tenendo conto della (924)

∞∑

n=1

n∑

l=0

+l∑

ml=−lunlml

(r, θ, ϕ)u∗nlml(r′, θ′, ϕ′) =

δ(r − r′)δ(θ − θ′)δ(ϕ − ϕ′)

r2 sin θ(957)

• Rappresentazione del vettore di stato di due particelle legate che si scambiano forzederivabili da un potenziale funzione della loro distanza.

Come sappiamo da considerazioni fatte a partire dall’eq. (406), il sistema di due particelle

aventi masse m(1)0 e m

(2)0 , posizioni R(1)

e R(2)e dotate di energia potenziale V(|R(2) −

R(1)|) puo essere trasformato in due sistemi disaccoppiati a una particella, la prima, non

soggetta a forze, con massa m(1)0 + m

(2)0 e posizione r corrispondente al centro di massa

del sistema, la seconda, con massa ridotta µ (v. eq. (414)) e posizione R = R(2) − R(1),

soggetta a un campo di forze centrali derivabili da V(R).La rappresentazione del vettore di uno stato stazionario del sistema a due particelle divienecosı esprimibile come prodotto delle rappresentazioni dei vettori di stato stazionario deidue sistemi a una particella, ciascuno nel suo spazio:

〈R, r|P ′, n, l,ml〉 = 〈r|P

′〉〈R|n, l,ml〉 = 〈r|P′〉〈r|n, l〉〈θ, ϕ|l,ml〉 (958)

dove P e l’operatore momento lineare del centro di massa del sistema con spettro continuo

di autovalori P′; r ≡ ξ, η, ζ e R ≡ r, θ, ϕ (v. eq. (407)) sono gli autovalori dell’operatore

posizione delle due particelle; n e il numero quantico dell’energia della particella aventemassa µ, l e quello del momento angolare totale e ml e quello della componente lungo zdel momento angolare totale.

269

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Notiamo che, diversamente dalla (958), la rappresentazione espressa da

〈R(1),R(2)|P ′

, n, l,ml〉 (959)

non e separabile nel prodotto di piu rappresentazioni.

• Rappresentazione del vettore di stato probabilistico di una particella carica in unpotenziale centrale coulombiano

Riprendiamo la (887) assumendo come autovalori e autovettori quelli dell’energia di unaparticella in un potenziale centrale coulombiano. Se la rappresentiamo nella base |r, θ, ϕ〉dello spazio di Hilbert cui la particella e riferita otteniamo (avendo posto t0 = 0 persemplicita):

〈r, θ, ϕ|χ(t)〉 =∑

n,l,ml

cnlml〈r, θ, ϕ|En, L2

l , Lzml〉e− i

hEnt (960)

Ricordando la (894) e la (953) si puo scrivere:

ψ(r, θ, ϕ, t) =∑

n,l,ml

cnlmlunlml

(r, θ, ϕ)e−ihEnt

che coincide con la (498).Anche in questo caso il significato della operazione di integrazione della (464) appareevidente: l’integrale generale e la rappresentazione nella base |r, θ, ϕ〉 del vettore di statodella particella espresso in funzione delle sue componenti riferite alla base costituita dagliautovettori comuni a H, L2, Lz.

• Rappresentazione della funzione d’onda a indeterminazione minimaLa rappresentazione della (838) nella base |q′〉 e la seguente:

〈q′|p|χ〉 = ih

2(4q)2 〈q′|q|χ〉 −

(

ih〈q〉2(4q)2 − 〈p〉

)

〈q′|χ〉

Tenendo presenti la (906) e la (898) segue:

−ih ∂

∂q′〈q′|χ〉 = ih

2(4q)2 q′〈q′|χ〉 −

(

ih〈q〉2(4q)2 − 〈p〉

)

〈q′|χ〉

e infine per la (892)

−ih ∂ψ∂q′

=

ih(q′ − 〈q〉)2(4q)2 + 〈p〉

ψ

ovvero∂ψ

∂q′=

−q′ − 〈q〉

2(4q)2 +i

h〈p〉

ψ

La soluzione normalizzata di questa equazione e:

ψ(q′) =1

(2π)124q

e− (q′−〈q〉)2

4(4q)2 + ih〈p〉q′

(961)

Abbiamo cosı ritrovato l’equazione (N44).

270

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

C2.1 Rappresentazione nella base |R, s,ms〉 del vettore di stato dell’elettrone dell’atomo diidrogeno

In uno stato di osservazione massima il vettore di stato di un elettrone, come gia sappiamodal par. 1.2.8, e un autovettore comune a un insieme di operatori che commutano fra loro.Se vogliamo che l’operatore di spin entri a far parte di questo insieme occorre assumereche esso commuti con gli operatori associati a tutte le altre variabili.Inoltre, poiche le componenti di S non commutano fra loro, una sola puo entrare a farparte dell’insieme: come si e detto, si usa prendere in considerazione Sz. Per quanto si evisto, Sz ha rappresentazione solo in ηz1 ed ηz2, percio commuta con tutti gli operatoriassociati alle variabili dinamiche classiche, e quindi puo entrare a far parte dell’insiemedegli operatori associati a uno stato di osservazione massima.Lo spazio vettoriale in cui e definito il vettore associato all’elettrone considerato comeparticella dotata di spin e costruibile come prodotto di due spazi: uno e quello in cui edefinita la ψ(R, t) soluzione dell’equazione di Schrodinger e l’altro e quello in cui e definitoSz.Nello spazio vettoriale prodotto l’insieme delle osservabili x, y, z, Sz , S

2, cosı come quellodelle px, py , pz, Sz, S

2, forma un insieme completo di operatori compatibili.In particolare, lo spazio vettoriale dell’elettrone legato all’atomo di idrogeno, consideratocome particella dotata di spin, e costruibile come prodotto dello spazio sotteso dalla baseψi (che ammettiamo sia a dimensione infinita e discreta) formata dagli autovettori dell’ha-miltoniana di una particella carica priva di spin in un campo di forze centrali coulombianee dello spazio sotteso dalla base bidimensionale ηzj e quindi la (885) (con t0 = 0) diviene

|χ(t)〉 =∑

n,s,ms

〈n, s,ms|χ(0)〉|n, s,ms〉e−ihEnt

dove s e l’unico autovalore associato al modulo dell’operatore di spin S e ms ≡ + 12 h,− 1

2 hsono gli autovalori dell’operatore Sz, componente lungo l’asse z dello spin dell’elettrone.Se rappresentiamo |χ(t)〉 nella base |R, s,ms〉 otteniamo

〈R, s′,m′s|χ(t)〉 =

n,s,ms

〈n, s,ms|χ(0)〉〈R, s′,m′s|n, s,ms〉e−

ihEnt

o piu semplicemente, omettendo di esplicitare s perche ha l’unico valore 12:

〈R,m′s|χ(t)〉 =

n,ms

〈n,ms|χ(0)〉〈R,m′s|n,ms〉e−

ihEnt (962)

da cuiΨm′

s(R, t) =

n,ms

cn,ms〈R|n〉〈m′

s|ms〉e−ihEnt (963)

e infine, essendo 〈m′s|ms〉 = δm′

s,mse 〈R|n〉 = ψn(R)

Ψm′s(R, t) =

n

cn,m′sψn(R)e−

ihEnt (964)

Si vede cosı che la funzione d’onda di un elettrone considerato come particella dotata dispin (fatto che non e stato preso in considerazione nel par. 1.1 di questa Seconda Parte) eun oggetto matematico a due componenti, e cioe

Ψ+ 12

(R, t) =∑

n

cn,+12ψn(R)e−

ihEnt ; Ψ− 1

2(R, t) =

n

cn,−12ψn(R)e−

ihEnt (965)

271

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

C3) Rappresentazione nei momenti

In questa rappresentazione la base e costituita dagli autovettori |p′〉 dell’operatore-momen-to p, che e dotato di spettro continuo di autovalori p′. Vediamo qualche esempio.

• Rappresentazione del vettore |χ〉.Si ha

〈p′|χ〉Il prodotto scalare 〈p′|χ〉 varia con continuita al variare di 〈p′| e quindi di p′, percio si puoscrivere

ϕ(p′) = 〈p′|χ〉 (966)

Questa e la ampiezza di probabilita di momento.

• Rappresentazione dell’operatore p.Con ragionamenti analoghi a quelli che hanno condotto alla (896) si trova la matricediagonale a indici continui

〈p′|p|p′′〉 = p′δ(p′ − p′′) (967)

ovvero〈p′|p|p′′〉 = p′〈p′|p′′〉 (968)

e in virtu della arbitrarieta di |p′′〉 si puo scrivere

〈p′|p = p′〈p′| (969)

che e la prescrizione operativa di p nella base |p′〉. Ad esempio, nello spazio bidimensionaledei momenti px, py si ha

〈p′x, p′y |px = p′x〈p′x, p′y| ; 〈p′x, p′y|py = p′y〈p′x, p′y| (970)

Se p′ e espresso in funzione del modulo p = |p′| e dell’angolo β che la direzione di p formacon l’asse px si puo scrivere

p′x = p cosβ ; p′y = p sinβ

e percio si ottengono le seguenti prescrizioni operative di px e py nella base |p, β〉

〈p, β|px = p′x〈p, β| ; 〈p, β|py = p′y〈p, β| (971)

Se p e espresso in coordinate polari

p′ = erpr + eϕpϕ

possiamo operare la seguente trasformazione (v. eq. (M73))

p′ = (pr cosϕ− pϕ sinϕ)ı+ (pϕ cosϕ+ pr sinϕ)

cosicchep′x = pr cosϕ− pϕ sinϕ ; p′y = pr sinϕ+ pϕ cosϕ

272

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Si vede cosı che se in luogo di p′x, p′y volessimo introdurre nel bra 〈p′x, p′y| queste espres-

sioni otterremmo il bra 〈pr , pϕ, ϕ| che contiene necessariamente, oltre a pr e pϕ, anche ϕ,senza il quale pr e pϕ sono indefiniti, e quest’ultima e una base inammissibile nello spaziobidimensionale dei momenti, perche e tridimensionale e perche contiene un elemento ϕ chenon appartiene a questo spazio; per di piu ϕ e pϕ non commutano.

Si ha anche〈p′|pn|p′′〉 = p′

nδ(p′ − p′′) (972)

• Rappresentazione dell’operatore q.Con ragionamenti analoghi a quelli che hanno condotto alla (904) si trova

〈p′|q|p′′〉 = ih∂

∂p′δ(p′ − p′′) = ih

∂p′〈p′|p′′〉 (973)

e, in virtu della arbitrarieta di |p′′〉:

〈p′|q = ih∂

∂p′〈p′| (974)

che e la prescrizione operativa di q nella base |p′〉. La (974) chiarisce il significato della(338) che cosı viene ad essere precisata in modo matematicamente rigoroso.La (974) e una scrittura abbreviata di

〈p′1, p′2, . . . , p′n|qk = ih∂

∂p′k〈p′1, p′2, . . . , p′n|

Ad esempio, nello spazio bidimensionale dei momenti px, py si ha:

〈px, py|x = ih∂

∂px〈px, py| ; 〈px, py |y = ih

∂py〈px, py| (975)

Queste sono le prescrizioni operative di x e y nella base |px, py〉.Se px = p cosβ e py = p sinβ, poiche (v. eq. (410))

∂p=∂px∂p

∂px+∂py∂p

∂py= cosβ

∂px+ sinβ

∂py

∂β=∂px∂β

∂px+∂py∂β

∂py= −p sinβ

∂px+ p cos β

∂py

segue, invertendo

∂px= cosβ

∂p− sinβ

p

∂β;

∂py= sinβ

∂p+

cosβ

p

∂β

e percio

〈p, β|x = ih

cosβ∂

∂p− sinβ

p

∂β

〈p, β| ; 〈p, β|y = ih

sinβ∂

∂p+

cosβ

p

∂β

〈p, β|(976)

273

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Queste sono le prescrizioni operative di x e y nella base |p, β〉.

Si ha anche

〈p′|qn|p′′〉 = (ih)n∂n

∂p′nδ(p′ − p′′) = (ih)n

∂p′n〈p′|p′′〉 (977)

oppure, in virtu della arbitrarieta di |p′′〉:

〈p′|qn = (ih)n∂

∂p′n〈p′| (978)

che e la prescrizione operativa di qn nella base |p′〉.• Rappresentazione della equazione di Schrodinger.Dalla (736) ricaviamo

ihd

dt〈p′|χ(t)〉 = 〈p′|H(q, p)|χ(t)〉 (979)

Con ragionamenti analoghi a quelli sviluppati per la rappresentazione nelle coordinate siottiene, tenendo presente la (966):

ih∂ϕ(p′, t)

∂t= H

(

p′, ih∂

∂p′

)

ϕ(p′, t) (980)

coincidente con la (342).

• Rappresentazione della funzione d’onda a indeterminazione minimaLa rappresentazione della (838) nella base |p′〉 e la seguente:

〈p′|p|χ〉 =ih

2(4q)2 〈p′|q|χ〉 −

ih〈q〉2(4q)2 − 〈p〉

〈p′|χ〉 (981)

Tenendo presenti la (969) e la (978) per n = 1 segue:

p′〈p′|χ〉 =ih

2(4q)2 ih∂

∂p′〈p′|χ〉 −

ih〈q〉2(4q)2 − 〈p〉

〈p′|χ〉

e per la (966)

p′ϕ(p′) =−h2

2(4q)2∂ϕ

∂p′−

ih〈q〉2(4q)2 − 〈p〉

ϕ(p′)

ovvero∂ϕ

∂p′=

−2(4q)2(p′ − 〈p〉)h2 − i

h〈q〉

ϕ(p′)

La soluzione normalizzata di questa equazione, tenendo presente che (4q)2 = h2

4(4p)2 e che

deve risultare (v. eq. (N24))

ψ(q′)e−ih〈p〉q′ F←→ ϕ(p′)e

ih〈q〉(p′−〈p〉)

e la seguente (v.eq. (961)):

ϕ(p′) =1

(2π)124p

e− (p′−〈p〉)2

4(4p)2 − ih〈q〉(p′−〈p〉)

(982)

Abbiamo cosı ritrovato l’equazione (N45).

274

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

• Rappresentazione del valor medio di q e pPonendo nella (876) a = p e ricordando la (966) si ritrova una espressione del valor mediodi p di tipo simile al membro destro della (876).Per cio che riguarda q, poiche la base in cui ci proponiamo di rappresentarlo non e costituitada suoi autovettori, occorre riprendere la (872):

〈q〉 =∫∫

ϕ∗(p′)〈p′|q|p′′〉ϕ(p′′)dp′dp′′

Ricordando le (968) e (973) segue

〈q〉 =

∫∫

ϕ∗(p′)ih11∂

∂p′δ(p′ − p′′)ϕ(p′′)dp′dp′′

=

ϕ∗(p′)ih∂

∂p′ϕ(p′)dp′ (983)

che e simile alla (664).

C4) Rappresentazione nella base degli autovettori dell’operatore “componentedello spin lungo una direzione”

In questa rappresentazione la base e costituita dagli autovettori dell’operatore “componentedello spin lungo una direzione” (usualmente l’asse z di una terna cartesiana ortogonale) ilquale e dotato di uno spettro discreto di autovalori.• Rappresentazione dell’operatore Sy, componente lungo l’asse y dello spin di un elettrone,

nella base |+z〉, |−z〉 degli autovettori dell’operatore Sz, componente dello spin di unelettrone lungo l’asse z di una terna cartesiana ortogonale.

La matrice di Sy e espressa dalla (782):

Sy =

〈+z|Sy|+z〉 〈+z|Sy|−z〉〈−z|Sy|+z〉 〈−z|Sy|−z〉

=1

2h

0 −ii 0

(984)

• Rappresentazione del vettore di stato di spin |Ψ〉 di un elettrone nella base |+w〉, |−w〉degli autovettori dell’operatore Sw, componente dello spin di un elettrone lungo la dire-zione w individuata dalle coordinate sferiche θ, ϕ.

Tenendo presente la relazione di completezza dei vettori di base |msw〉 possiamo scrivere

(omettendo per semplicita di evidenziare l’indice s):

|Ψ〉 = 11|Ψ〉 =∑

mw=+w,−w

|mw〉〈mw |Ψ〉

ovvero (v. eq. (846))

|Ψ〉 =∑

mw

〈mw|Ψ〉|mw〉 = 〈+w|Ψ〉|+w〉+ 〈−w |Ψ〉|−w〉

= 〈+w|Ψ〉

cos θ2eiϕ sin θ

2

+ 〈−w |Ψ〉

−e−iϕ sin θ2

cos θ2

= c+w

cos θ2eiϕ sin θ

2

+ c−w

−e−iϕ sin θ2

cos θ2

(985)

275

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Se w ≡ z, cioe se θ = ϕ = 0, si ha:

|Ψ〉 = 〈+z|Ψ〉

10

+ 〈−z |Ψ〉

01

= c+z

10

+ c−z

01

(986)

* * *

Terminiamo questo paragrafo 1.4.2 con alcuni esempi che mostrano la semplicita d’usodella notazione di Dirac.

• Verifichiamo che le (355) e (356) sono Fourier coniugate.

Partiamo daψ(q′) = 〈q′|χ〉

ovvero

ψ(q′) =

+∞∫

−∞

〈q′|p′〉〈p′|χ〉dp′ (987)

dove la scrittura simbolica sottintende

q′ ≡ q′1, . . . , q′n ; p′ ≡ p′1, . . . , p′n ; dp′ ≡ dp′1dp′2 · · · dp′n

L’equazione agli autovalori per l’operatore p e

p|p′〉 = p′|p′〉

dove |p′〉 e l’autovettore appartenente all’autovalore p′. Rappresentiamo nella base |q′〉:

〈q′|p|p′〉 = p′〈q′|p′〉

ovvero, per la (906)

−ih ∂

∂q′〈q′|p′〉 = p′〈q′|p′〉

Questa e una scrittura simbolica che esplicitata diviene (v. eq. (907))

−ih ∂

∂q′i〈q′1, . . . , q′n|p′1, . . . , p′n〉 = p′i〈q′

1, . . . , q′

n|p′1, . . . , p′n〉 ; i = 1, . . . , n

Per i = 1 si ha:

−ih ∂

∂q′1〈q′1, . . . , q′n|p′1, . . . , p′n〉 = p′1〈q′

1, . . . , q′

n|p′1, . . . , p′n〉

la cui soluzione e

〈q′1, . . . , q′n|p′1, . . . , p′n〉 = f(q′2, . . . , q′

n)e

ihq′1p′1

dove si noti che la f e, nei confronti di q′1, la costante di integrazione.

276

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Per i = 2 si ha

−ih ∂

∂q′2f(q′

2, . . . , q′

n)e

ihq′1p′1 = p′2f(q′

2, . . . , q′

n)e

ihq′1p′1

la cui soluzione ef(q′

2, . . . , q′

n) = g(q′

3, . . . , q′

n)e

ihq′2p′2

dove si noti che la g e, nei confronti di q′2, la costante di integrazione. Si ha cosı:

〈q′1, . . . , q′n|p′1, . . . , p′n〉 = g(q′3, . . . , q′

n)e

ihq′1p′1e

ihq′2p′2

Procedendo fino a n si ottiene

〈q′1, . . . , q′n|p′1, . . . , p′n〉 = Ceihq′1p′1e

ihq′2p′2 · · · e i

hq′np′n (988)

ovvero, in notazione simbolica:

〈q′|p′〉 = Ceihq′p′ (989)

Determiniamo C partendo da〈p′|p′′〉 = δ(p′ − p′′)

ovvero+∞∫

−∞

〈p′|q′〉〈q′|p′′〉dq′ = δ(p′ − p′′)

da cui+∞∫

−∞

〈q′|p′〉∗〈q′|p′〉dq′ = δ(p′ − p′′)

Inserendo la (989) si ottiene

|C |2+∞∫

−∞

e−ih(p′−p′′)q′dq′ = δ(p′ − p′′)

ovvero

|C |2hn+∞∫

−∞

e−i(p′−p′′) q′

h dq′

h= δ(p′ − p′′)

con

(p′ − p′′)q′

h≡ (p′

1 − p′′1)q′1

h+ (p′

2 − p′′2)q′2

h+ · · · + (p′

n − p′′n)q′n

h

dq′

h≡ d

q′1

hdq′2

h· · · dq

′n

h; δ(p′ − p′′) ≡ δ(p′1 − p′′1)δ(p′2 − p′′2) · · · δ(p′n − p′′n)

Ricordando la (N8) si ottiene

|C |2hn(2π)nδ(p′ − p′′) = δ(p′ − p′′)

277

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e infine

|C |2 =1

hn

percio, assumendo che la fase di C sia nulla,

〈q′|p′〉 = eihq′p′

√hn

(990)

che, inserita nella (987), fornisce

ψ(q′) =1√hn

+∞∫

−∞

eihq′p′〈p′|χ〉dp′

da cui, per la (966)

ψ(q′) =1√hn

+∞∫

−∞

eihq′p′ϕ(p′)dp′

e quindi

ψ(q′)F←→ ϕ(p′) (991)

• Partiamo dalla rappresentazione del vettore di stato probabilistico |χ(t)〉 nella base dellecoordinate |R ≡ x, y, z〉:

〈R|χ(t)〉Tenendo presente la (858) si puo scrivere:

〈R|χ(t)〉 =

〈R|P〉〈P|χ(t)〉dP (992)

Ricordando la (881) (con t0 = 0 per semplicita) si ha:

〈R|χ(t)〉 =∫

〈R|P〉〈P|χ(0)〉e− ihEtdP

Ma per la (990) si puo scrivere 〈R|P〉 = eihP·R/

√h3 percio

〈R|χ(t)〉 =1√h3

〈P|χ(0)〉e ih(P·R−Et)dP

e infine

ψ (R, t) =1√h3

ϕ(P)eih(P·R−Et)dP (993)

che, scegliendo opportunamente ϕ(P), descrive il ben noto pacchetto d’onde tridimensio-nale. Un esempio di pacchetto d’onde monodimensionale e la (685). Un pacchetto d’ondee quindi la rappresentazione nelle coordinate delle componenti |P〉〈P|χ(t)〉 del vettore di

278

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

stato |χ(t)〉 = |χ(0)〉e− ihEt riferite alla base costituita dagli autovettori (impropri) dell’o-

peratore P , essendo 〈P|χ(0)〉 = ϕ(P) sensibilmente diverso da zero solo in un intornolimitato dello spazio dei momenti.

• Partiamo da

|χ(t)〉 =∑

n

|n〉〈n|χ(t)〉 =∑

n

〈n|χ(t)〉|n〉 =∑

n

cn|n〉 ; cn = 〈n|χ(t)〉 (994)

Quest’ultima espressione corrisponde alla (765).Ora moltiplichiamo per l’operatore di proiezione |i〉〈i|

|i〉〈i|χ(t)〉 = |i〉∑

n

cn〈i|n〉 =∑

n

cn|i〉δin = ci|i〉

e infine moltiplichiamo scalarmente ci|i〉 per |χ(t)〉:

ci〈χ(t)|i〉 = ci〈i|χ(t)〉∗ = cic∗i = c2i

uguale alla (668).

* * *

Concludiamo questo paragrafo 1.4 facendo uso della notazione di Dirac per presentare ipunti fondamentali della Meccanica di Schrodinger:

1) a ogni sistema fisico e associato un vettore |χ(t)〉 di uno spazio di Hilbert avente di-mensione dipendente dal sistema; |χ(t)〉 descrive, come verra specificato piu avanti, lostato probabilistico del sistema;

2) a ogni variabile dinamica A del sistema fisico e associato un operatore hermitiano A;

3) i valori che A puo assumere e che costituiscono i risultati di misure sono gli autovaloridi A:

A|a〉 = a|a〉 ; caso continuo

A|ak〉 = ak|ak〉 ; caso discreto

dove |a〉 e l’autovettore appartenente all’autovalore a e |ak〉 e l’autovettore appartenenteall’autovalore ak;

4) l’evoluzione temporale dello stato probabilistico del sistema a partire dallo stato |χ(t0)〉e descritta da

|χ(t)〉 = T (t, t0)|χ(t0〉 ; T †T = 11

o, in versione differenziale, dall’equazione di Schrodinger

ihd|χ(t)〉dt

= H|χ(t)〉; (995)

dove H e l’operatore associato all’hamiltoniana H del sistema fisico;

5) se H non dipende esplicitamente dal tempo, integrando l’equazione di Schrodinger siottiene

|χ(t)〉 = e−ihH(t−t0)|χ(t0)〉

279

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

6) gli autovettori di A costituiscono nello spazio di Hilbert una base |ak〉 nella quale epossibile rappresentare vettori e operatori. Le rappresentazioni si ottengono tenendopresenti- la condizione di ortonormalita

〈ak|al〉 = δkl,

- la condizione di completezza

n∑

k=1

Ok =

n∑

k=1

|ak〉〈ak | = 11 ; n = dimensione dello spazio di Hilbert

dove Ok = |ak〉〈ak| e l’operatore di proiezione e dove 11 e la matrice unita.Entrambe le condizioni possono essere definite anche in basi continue.Per rappresentare il vettore |χ(t)〉 basta scrivere

|χ(t)〉 = 11|χ(t)〉 =n∑

k=1

|ak〉〈ak|χ(t)〉 =n∑

k=1

〈ak|χ(t)〉|ak〉 =n∑

k=1

ck(t)|ak〉

avendo postock(t) = 〈ak|χ(t)〉

I numeri ck(t) costituiscono la rappresentazione del vettore |χ(t)〉 nella base |ak〉 dellospazio n−dimensionale di Hilbert.Per rappresentare l’operatore A basta osservare che applicando a un vettore |ξ〉 l’ope-ratore A si ottiene un vettore che indichiamo con |θ〉 appartenente al medesimo spaziodi Hilbert al quale appartiene |ξ〉 e si puo scrivere:

|θ〉 = A|ξ〉 = 11A11|ξ〉 =∑

k,l

|ak〉〈ak |A|al〉〈al |ξ〉 ; k, l = 1, . . . , n

Ora rappresentiamo il vettore |θ〉 nella base |am〉:

〈am|θ〉 =∑

k,l

〈am|ak〉〈ak|A|al〉〈al|ξ〉

=∑

k,l

δmk〈ak|A|al〉〈al|ξ〉

=∑

l

〈am|A|al〉〈al|ξ〉

e abbiamo cosı ottenuto una relazione fra i numeri cl = 〈al|ξ〉 rappresentativi del vettore|ξ〉 e i numeri bm = 〈am|θ〉 rappresentativi del vettore |θ〉, relazione che, avendo postoAml = 〈am|A|al〉, possiamo scrivere piu semplicemente cosı:

bm =∑

l

Amlcl ; m, l = 1, . . . , n

280

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

I numeri Aml costituiscono la rappresentazione dell’operatore A nella base |am〉 dellospazio n−dimensionale di Hilbert;

7) nel caso di una base discreta si assume che l’ampiezza di probabilita che il risultato diuna misura al tempo t della variabile dinamica A sia ak venga definita dal prodottoscalare di |χ(t)〉 e dell’autovettore |ak〉 appartenente all’autovalore ak dell’operatore Aassociato ad A

ck(t) = 〈ak|χ(t)〉 (996)

e, nel caso di una base continua, si assume che l’ampiezza di probabilita che il risultatodi una misura al tempo t della variabile dinamica A sia a venga definita dal prodottoscalare di |χ(t)〉 e dell’autovettore |a〉 appartenente all’autovalore a dell’operatore Aassociato ad A

c(a, t) = 〈a|χ(t)〉 (997)

L’oggetto matematico |χ(t)〉 e detto usualmente “vettore di stato” ma dovrebbe esserechiamato “vettore di stato probabilistico” perche permette di ottenere ampiezze diprobabilita, non di descrivere lo stato meccanico di un sistema fisico.

8) nel caso di una base discreta la probabilita che all’atto di una osservazione la variabiledinamica A venga trovata col valore ak e espressa dal seguente prodotto scalare

pk(t) = 〈χ(t)|Okχ(t)〉 ; Ok = |ak〉〈ak | (998)

ovveropk(t) = 〈χ(t)|ak〉〈ak |χ(t)〉 = 〈ak|χ(t)〉∗〈ak |χ(t)〉 = |ck(t)|2

Se |χ(t)〉 coincide con |ak〉, allora pk(t) = 1, cioe la Meccanica di Schrodinger prevedecon certezza il risultato della misura al tempo t della variabile A. Vengono previsticon certezza anche i risultati delle misure al medesimo istante t di tutte le variabilidel sistema fisico alle quali sono associati operatori che commutano con l’operatore Aassociato ad A. Tali variabili sono dette compatibili con A. Delle variabili cui sonoassociati operatori che non commutano con A (cioe che non sono compatibili con A)puo essere data solo una stima probabilistica del risultato di una misura.

9) nel caso di una base continua la densita di probabilita che all’atto di una osservazionela variabile dinamica A venga trovata al tempo t col valore a e espressa dal seguenteprodotto scalare

p(a, t) = 〈χ(t)|Oaχ(t)〉 ; Oa = |a〉〈a|ovvero

p(a, t) = 〈χ(t)|a〉〈a|χ(t)〉 = 〈a|χ(t)〉∗〈a|χ(t)〉 = |c(a, t)|2

La probabilita che all’atto di una osservazione A venga trovata al tempo t con un valorecompreso fra a e a+ da e espressa da

p(a, t)da = |c(a, t)|2da

Le considerazioni sulle previsioni certe nel caso di basi continue sono simili a quellefatte nel punto 8) a proposito delle basi discrete.

10) consideriamo le ampiezze di probabilita associate alle variabili dinamiche canonicamenteconiugate q e p (v. Appendice K):

ψ(q, t) = 〈q|χ(t)〉 ; ϕ(p, t) = 〈p|χ(t)〉

281

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Si puo dimostrare che, per ogni fissato istante t, le ψ e ϕ sono Fourier-coniugate, cioe(v. Appendice N)

ψ(q, t)F←→ ϕ(p, t)

e di conseguenza le deviazioni standard4q e 4p dei domini di definizione delle densitadi probabilita ψ∗ψ(q) e ϕ∗ϕ(p), cioe le radici quadrate delle varianze (q(t)− q(t))2 e(p(t)− p(t))2 dei domini di definizione rispettivamente della ψ∗ψ e della ϕ∗ϕ attornoai loro valori medi q(t) e p(t) (il soprassegno indica valor medio), sono legate fra lorodalla relazione

4q(t)4p(t) ≥ 1

2h (999)

detta Principio di Indeterminazione: se ψψ∗ e addensato attorno al valor medio deldominio di definizione, allora ϕϕ∗ e disperso; viceversa, se ψψ∗ e disperso, allora ϕϕ∗

e addensato attorno al valor medio del dominio di definizione della ϕϕ∗. Ad esempio,se ψψ∗ tende a divenire una “funzione impulsiva” del tipo δ di Dirac, allora ϕϕ∗ tendea diventare una funzione uniforme.

11) in Meccanica di Hamilton, per integrare le equazioni di Hamilton per una particellapuntiforme, occorre conoscere la posizione e il momento iniziali della particella q(t0)e p(t0); in Meccanica di Schrodinger, per integrare l’equazione di Schrodinger occorreconoscere le deviazioni standard iniziali 4q(t0) e 4p(t0) legate fra loro da

4q(t0)4p(t0) ≥1

2h

Se 4q(t0) → 0, cioe se 4q(t0) tende al valore ben preciso q(t0), allora 4p(t0) → ∞,cioe il momento della particella tende ad essere del tutto indeterminato.Analogamente se 4p(t0) → 0, cioe se 4p(t0) tende al valore ben preciso p(t0), allora4q(t0)→∞, cioe la posizione della particella tende ad essere del tutto indeterminata.Fra questi due casi estremi ve ne sono infiniti altri nei quali 4q(t0) e 4p(t0) hannoentrambi valori finiti e non nulli. Un caso particolare e quello in cui4q(t0)4p(t0) = 1

2h

(condizioni iniziali a indeterminazione minima).

12) si assume che il Principio di Indeterminazione valga anche per la coppia energia/tempo:

4E4t ≥ 1

2h

Se 4E → 0, cioe se 4E tende al valore ben preciso E, allora 4t → ∞. Questa e, adesempio, la condizione dell’elettrone nell’atomo di idrogeno in stato stazionario, in cuiil valore ben preciso dell’energia dell’elettrone viene mantenuto indefinitamente, cioeper ogni valore di t.

13) a che cosa serve la Meccanica di Schrodinger?A fornire la previsione probabilistica del risultato della misura all’istante t di una va-riabile dinamica A riferita a un sistema fisico il cui stato probabilistico e descritto dalvettore |χ(t)〉.La Meccanica di Schrodinger fornisce la previsione rendendo disponibile l’ampiezza diprobabilita 〈a|χ(t)〉 di un possibile risultato a della misura di A effettuata nell’istantet (v. punto 7).

282

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

La Meccanica di Schrodinger fornisce una previsione della evoluzione di questa ampiezzadi probabilita a partire da una ampiezza di probabilita iniziale, e non una previsionedella evoluzione di quello che in Meccanica analitica e definito lo “stato” del sistemafisico cui la variabile dinamica e riferita.Per determinare l’ampiezza di probabilita occorre integrare l’equazione di Schrodingernella quale compare un operatore associato all’hamiltoniana del sistema, l’operatorehamiltoniano.

La realta che viene presa in considerazione nel corso dell’integrazione e quella descrit-ta dall’operatore hamiltoniano. L’ampiezza di probabilita che ne risulta riguarda unavariabile dinamica relativa alla sola porzione di realta descritta dall’operatore hamilto-niano. Nessuna altra parte della realta entra in gioco nella determinazione di questaampiezza di probabilita.Questa suddivisione dell’universo in due parti, quella che stiamo studiando e tutto ilresto, e una prassi abituale dell’indagine fisica e vale sia in Meccanica di Schrodingerche in Meccanica newtoniana.Chi osserva un fenomeno al fine di determinare la distribuzione di frequenza del risul-tato della misura di una variabile dinamica relativa al fenomeno non esercita nessunainfluenza sull’associata ampiezza di probabilita, a meno che chi osserva non sia presen-te nell’operatore hamiltoniano che compare nell’equazione di Schrodinger che descrivel’evoluzione di tale ampiezza di probabilita e quindi eserciti una qualche azione sulsistema fisico in esame.

Per risolvere l’equazione di Schrodinger occorre:- tenere conto delle condizioni iniziali, cioe delle distribuzioni iniziali di ampiezza diprobabilita; se si tratta di ampiezze di probabilita dei risultati di misure di variabilidinamiche canonicamente coniugate, i domini di definizione delle corrispondenti proba-bilita devono soddisfare il Principio di Indeterminazione;oppure- imporre sulle soluzioni vincoli come la monodromia e la limitatezza.Una volta nota la ampiezza di probabilita del risultato della misura di una variabiledinamica e possibile determinare la probabilita del risultato della misura, o, se la va-riabile dinamica puo assumere un continuo di valori, e possibile determinare la densitadi probabilita del risultato della misura.Per verificare se la previsione probabilistica fornita dalla Meccanica di Schrodingercorrisponde all’evidenza sperimentale occorre disporre di numerosi sistemi identici eidenticamente preparati ed effettuare in ciascuno nel medesimo istante una misuradella variabile dinamica e vedere se, al crescere del numero dei sistemi, la frequenzaosservata tende alla probabilita prevista.In alternativa, si puo fare uso di un unico sistema fisico ed effettuare su di esso ungrande numero di misure supponendo che la configurazione di misura e l’assetto delsistema rimangano invariati.La previsione probabilistica della Meccanica di Schrodinger corrispondera alla evidenzasperimentale se, al crescere del numero delle misure effettuate sul sistema, la frequenzaosservata del valore della misura tendera alla probabilita prevista.

14) conviene notare che le misure che permettono di determinare la distribuzione dellafrequenza dei valori di una variabile dinamica riferita a un certo sistema fisico nonmodificano in alcun modo lo stato probabilistico del sistema; la affermazione: “dopo

283

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

che e stata effettuata la misura di variabili dinamiche compatibili A,B,C ottenendoi valori a, b, c, la particella cui le variabili sono riferite si trova nello stato |a, b, c〉”riguarda non lo stato probabilistico, ma lo stato meccanico della particella, del qualela Meccanica di Schrodinger non si interessa.Dunque il cosiddetto “collasso della funzione d’onda”, ovvero il precipitare del vettoredi stato sull’autovettore |a, b, c〉 in modo da coincidere con questo, che si usa ritenereconseguente alla misura delle variabili dinamiche compatibili A,B,C , e un concetto chenon fa parte della Meccanica di Schrodinger.Se all’atto di una misura di posizione una particella viene trovata in R, il suo statoprobabilistico rimane immutato e coincidente con quello precedente la misura, mentrele informazioni sul suo stato meccanico precedente la misura non possono essere chiestealla Meccanica di Schrodinger perche essa non e in grado di fornirle.Lo stato meccanico della particella prima della misura e indefinito e infatti, all’atto dellamisura, la particella viene trovata, nell’insieme di N sistemi identici e identicamentepreparati, in N posizioni che possono essere anche sensibilmente diverse fra loro.Per rendere ragione di tutti questi risultati non si puo fare altro che organizzarli in una“distribuzione di frequenza di risultati” da confrontare con la previsione probabilisticafornita dalla Meccanica di Schrodinger.E il concetto stesso di stato meccanico di un sistema fisico che nell’Interpretazionedi Copenhagen della Meccanica di Schrodinger non viene preso in considerazione, ed eproprio questo che rende la Meccanica di Schrodinger capace di descrivere le conseguenzeche l’esistenza del vuoto ha su un sistema fisico, mentre la Meccanica newtoniana,che tiene conto dello stato meccanico ma non del vuoto, puo descrivere solo i sistemimeccanici con azione molto maggiore di h.In accordo con questo fatto, argomentare se le particelle di un sistema fisico possieda-no o non possiedano variabili dinamiche come posizione o momento prima che vengaeffettuata una operazione di misura di queste variabili e estraneo alla Interpretazionedi Copenhagen della Meccanica di Schrodinger e, dopo che e stata effettuata la misura,costituisce un problema su cui questa non si pronuncia.Quello che la Meccanica di Schrodinger puo dire e che, se a seguito di misure effettuatenel medesimo istante su numerosi sistemi meccanici identici e identicamente preparativiene ottenuta una certa distribuzione di frequenze di valori di una certa variabiledinamica, allora la associata distribuzione di probabilita della variabile e quella previstada questa Meccanica.La Meccanica di Schrodinger non si interessa allo stato meccanico del sistema fisico neprima della misura ne dopo la misura.Si interessa invece allo stato probabilistico, che non viene modificato dalle operazionidi misura.Dunque alla domanda: esiste in Meccanica di Schrodinger il concetto di “stato di unsistema fisico” nel significato che ad esso viene dato in Meccanica newtoniana? occorrerispondere che non esiste.Cio che esiste e uno stato probabilistico che la Meccanica di Schrodinger introduce pertener conto dell’interazione materia/vuoto senza fare intervenire direttamente il vuoto.In questo senso la Meccanica di Schrodinger e una effective theory.

15) l’impostazione probabilistica rende possibile descrivere nello spazio e nel tempo le con-seguenze dell’interazione del sistema fisico col vuoto, che (ipotesi di lavoro) potrebbeessere una realta non collocabile nello spazio e nel tempo. In altre parole, se si assume

284

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

che nel vuoto non esista il concetto di “posizione di una particella in un istante di tem-po”, il ricorso alla probabilita di trovare la particella in un punto/istante dello spazio edel tempo potrebbe essere un modo per descrivere la creazione casuale di una posizionein un istante di tempo a partire da una realta, quella del vuoto, nella quale non esistonone l’una ne l’altro e tenendo conto delle caratteristiche del dispositivo sperimentale.Per cio che riguarda la Meccanica di Bohm, delle citate proprieta del vuoto si tieneconto “inventando” un potenziale definito nello spazio e nel tempo capace di riprodurrenello spazio e nel tempo le conseguenze dell’esistenza del vuoto.

16) Nell’esperimento del “gatto di Schodinger” ci si interessa a un fenomeno casuale, cioealla previsione probabilistica dell’istante di emissione da materiale radioattivo di unaparticella che, una volta emessa, puo attivare un attuatore in grado di provocare lamorte di un gatto.Nell’equazione di Schrodinger che descrive l’esperimento occorre definire un operato-re hamiltoniano che descriva la Fisica della emissione della particella e che potrebbecomprendere anche il gatto, ma, poiche sembra ragionevole escludere che la presen-za di questo possa in qualche modo influire sull’istante di emissione della particella,appare giustificato considerare l’hamiltoniano del dispositivo di emissione separato dal-l’hamiltoniano del gatto. Dunque questo assume, nell’esperimento, un ruolo simile, adesempio, a quello della superficie rivelatrice nell’esperimento delle particelle lanciate at-traverso uno schermo dotato di due fessure, superficie che sembra ragionevole assumerenon abbia alcuna influenza sulla distribuzione delle frequenze di posizioni osservate.Cio posto, integrando l’equazione di Schrodinger si otterra l’ampiezza di probabilita,e da questa la probabilita, che il materiale radioattivo emetta una particella entro uncerto intervallo di tempo a partire da un istante iniziale t0 in cui il gatto e vivo. Sitratta dunque di ottenere la previsione probabilistica della durata della vita del gattoa partire da t0.Per verificare la validita della previsione occorre disporre di numerosi dispositivi speri-mentali identici e identicamente preparati; la previsione risultera corretta se, al cresceredel numero dei dispositivi, la frequenza di gatti morti entro un certo intervallo di tem-po tendera alla probabilita prevista dalla Meccanica di Schrodinger la quale, convieneribadirlo, si interessa non allo stato meccanico del sistema costituito dal materiale ra-dioattivo, dall’attuatore e dal gatto, ma alla probabilita di emissione, entro un certotempo, di una particella.

17) la Meccanica di Schrodinger, introducendo il concetto di ampiezza di probabilita, riescea descrivere correttamente nello spazio e nel tempo, senza fare intervenire il vuoto, leconseguenze dell’interazione del sistema fisico col vuoto, conseguenze che diventanopraticamente osservabili se l’azione tipica del sistema fisico e dell’ordine di h

spazio+tempo+ampiezza di probabilita ←→ interazione del sistema fisico col vuoto

e deve percio essere considerata una effective theory.Se l’azione del sistema fisico e h, la Meccanica di Schrodinger tende a coincidere conla Meccanica di Newton;

18) la Meccanica di Bohm, introducendo il concetto di potenziale quantistico, riesce adescrivere correttamente nello spazio e nel tempo, senza fare intervenire il vuoto, leconseguenze dell’interazione del sistema fisico col vuoto, conseguenze che diventanopraticamente osservabili se l’azione tipica del sistema fisico non e molto maggiore di h

spazio+tempo+potenziale quantistico ←→ interazione del sistema fisico col vuoto

285

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e deve percio essere considerata una effective theorySe l’azione del sistema fisico e h, la Meccanica di Bohm tende a coincidere con laMeccanica di Newton.

19) Riassumendo, possiamo individuare in “Meccanica dei sistemi di particelle” tre tipi di“stato di un sistema”:1. stato come lo intende la Meccanica di Newton (e sue varianti di Meccanica analitica,

come la Meccanica di Lagrange, di Hamilton, di Hamilton-Jacobi) costituito dalleposizioni e dai momenti delle particelle del sistema;

2. stato come lo intendono la Meccanica di Schrodinger, che introduce i concetti di“stato probabilistico” e di “ampiezza di probabilita”, o la Meccanica di Bohm, cioestato del tipo di quello della Meccanica analitica, ma nel quale il sistema fisico esoggetto a un “potenziale quantistico”; entrambe queste Meccaniche sono effectivetheories che tengono indirettamente conto dell’esistenza del vuoto con conseguenzeche diventano praticamente osservabili se l’azione del sistema fisico e dell’ordine dih;

3. stato che considera l’interazione col vuoto.L’interazione col vuoto potrebbe essere il fenomeno fondamentale della Meccanicache le Meccaniche menzionate nei punti 1 e 2 o ignorano del tutto (punto 1) o riesconoa descrivere solo indirettamente (punto 2).

286

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.5 Particelle indistinguibili

In meccanica quantistica particelle identiche sono indistinguibili.Questo fatto ha conseguenze di grande importanza.Per rendercene conto iniziamo col considerare un sistema meccanico costituito da dueparticelle qualisivoglia non interagenti e indichiamo con q(1) e q(2) l’insieme delle coordinatee dello spin delle particelle 1 e 2 rispettivamente.Se le hamiltoniane delle due particelle sono H(1) e H(2), allora l’equazione agli autovaloriper l’energia di ogni particella, che supponiamo dotata di spettro discreto, e

H(k)ψ(k)i (q(k)) = E(k)

i ψ(k)i (q(k)) ; k = 1, 2 (1000)

dove E(k)i e l’i-esimo autovalore dell’energia della k-esima particella e ψ

(k)i e l’autovettore

ad esso appartenente.L’equazione agli autovalori per il sistema delle due particelle, poiche non vi e interazione,e descritto da

(H(1) +H(2))ψ(q(1), q(2)) = Eψ(q(1), q(2)) (1001)

Per trovare una soluzione poniamo:

ψ(q(1), q(2)) = ψ(1)(q(1))ψ(2)(q(2)) (1002)

Sostituendo nella (1001) si trova:

H(1)ψ(1)

ψ(1)+H(2)ψ(2)

ψ(2)= E (1003)

il che mostra che ogni termine a membro sinistro e una costante che indichiamo conE(k), k = 1, 2 cosicche

H(k)ψ(k)(q(k))

ψ(k)(q(k))= E(k)

e si vede cosı che ψ(k) e del tipo espresso dalla (1000), percio gli autovettori della (1001)sono

ψnl(q(1), q(2)) = ψ(1)

n (q(1))ψ(2)l (q(2)) ; E = E(1)

n + E(2)l (1004)

Se le due particelle sono identiche, e quindi, per quanto si e detto all’inizio di questoparagrafo, quantisticamente indistinguibili, gli autovettori dell’energia sono ancora espressi

dalla (1004), dove pero ora occorre eliminare da ψ(1)n l’indice (1) e da ψ

(2)l l’indice (2):

ψnl(q(1), q(2)) = ψn(q(1))ψl(q

(2)) ; E = En + El (1005)

Infatti non si puo dire che la particella 1 ha coordinate q(1) e la particella 2 ha coordinateq(2), ma solo che “una” particella ha coordinate q(1) e “l’altra” ha coordinate q(2), comecorrettamente la (1005) esprime.Ora osserviamo che se scambiamo q(1) con q(2) la ψnl cambia, mentre l’autovalore E ri-mane invariato. Cio significa che vi e degenerazione, perche a un medesimo autovalorecorrispondono due autovettori. Si tratta di una degenerazione di scambio.

287

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

In generale, per N particelle, a un medesimo autovalore corrispondono tanti autovettoriquante sono le possibili permutazioni di particelle, cioe N !.La funzione d’onda del sistema e quindi espressa da

ψ(q(1), q(2), . . . , q(N)) =∑

p

cpψp (1006)

dove ψp e l’autovettore ottenuto effettuando la p-esima permutazione.La degenerazione puo essere rimossa osservando che, in virtu della indistinguibilita delleparticelle, uno scambio puo mutare la ψ al piu per un fattore di fase.Se indichiamo con P l’operatore di permutazione, si dovra avere

Pψ(q(1), . . . , q(N)) = eiαψ(q(1), . . . , q(N))

Scambiando ancora una volta si deve tornare allo stato iniziale cioe

PPψ = ψ

ma PPψ = Peiαψ = eiαPψ = eiαeiαψ, percio ei2αψ = ψ e quindi

ei2α = 1

da cuieiα = ±1

Si puo cosı concludere affermando che:per qualsivoglia sistema di particelle identiche non possono esservi che due tipi di funzionid’onda: una, detta “simmetrica”, si ottiene ponendo nella (1006) tutte le cp uguali a 1:

ψs(q(1), q(2), . . . , q(N)) =

1√N !

p

ψp (1007)

l’altra, detta “antisimmetrica”, si ottiene attribuendo a cp il valore +1 alle permutazionipari e il valore −1 alle permutazioni dispari:

ψa(q(1), q(2), . . . , q(N)) =

1√N !

p

(−1)pψp (1008)

Ad esempio, se la ψ e quella espressa dalla (1005) si ha:

ψs(q(1), q(2)) =

1√2!

ψn(q(1))ψl(q(2)) + ψn(q(2))ψl(q

(1))

(1009)

ψa(q(1), q(2)) =

1√2!

ψn(q(1))ψl(q

(2))− ψn(q(2))ψl(q(1))

(1010)

* * *

288

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.6 Teorema di Bell

In questo paragrafo ci proponiamo di mostrare (J. Bell, 1964) che e possibile ideare unesperimento di cui si riesce a prevedere per via teorica i risultati, che sono diversi a se-conda che i calcoli per ottenerli vengano sviluppati riferendosi alla Meccanica quantisticanell’Interpretazione di Copenhagen o riferendosi alla Meccanica prequantistica. Diviene co-sı possibile, eseguendo praticamente l’esperimento, decidere quale delle Meccaniche presein considerazione fornisce previsioni corrette.Nell’esperimento si fa uso (v. figura) di un dispositivo S in grado di lanciare in direzioniopposte, a comando, due elettroni dotati rispettivamente di spin + 1

2 h e − 12 h ottenuti

facendo decadere una particella avente spin zero (cioe una particella in stato di singoletto)che si trova in S.

I due elettroni si allontanano da S raggiungendo due rivelatori di spin Rs e Rd (possiamopensare a due apparati di Stern e Gerlach) posti uno a sinistra e l’altro a destra di S.Gli assi di misura dei due rivelatori di spin sono orientabili a piacere.Scopo dell’esperimento e calcolare, usando il rivelatore di sinistraRs e il rivelatore di destraRd, la probabilita del valore di spin SU e la probabilita del valore di spin GIU ′ dell’elettronedi destra essendo noto, perche misurato da Rs, il valore di spin dell’elettrone di sinistra, alvariare dell’angolo compreso fra la direzione dell’asse di misura di Rs e la direzione dell’assedi misura di Rd.

1.6.1 Interpretazione di Copenhagen

Supponiamo dapprima che i due elettroni in movimento verso i rivelatori Rs e Rd noncostituiscano un sistema in stato di singoletto.Si tratta quindi di due particelle indipendenti dotate di spin non correlati, cioe di dueoggetti fisici, che indichiamo con gli apici (1) e (2), per ciascuno dei quali la componente

dello spin lungo una direzione, che indichiamo con S(1)α e S

(2)β , ha un valore ben preciso

± 12 h quali che siano le direzioni α e β.

Questo fatto si esprime cosı (v. eq. (837))

4S(1)α 4S(2)

β ≥∣

〈χ|[S

(1)α , S

(2)β ]

2i|χ〉∣

(1011)

con [S(1)α , S

(2)β ] = 0 e di conseguenza 4S(1)

α 4S(2)β ≥ 0 percio S

(1)α e S

(2)β possono assumere

entrambi valori precisi quali che siano le direzioni α e β.

289

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Ora consideriamo invece una coppia di elettroni in moto verso i rivelatori in stato cosiddetto

di “singoletto” (spin totale uguale a zero) cosicche [S(1)α , S

(2)β ] 6= 0 se α 6= β.

Si usa dire che i due elettroni sono in stato di entanglement, o piu semplicemente che sonoentangled, volendo significare che le loro componenti dello spin lungo una direzione sonovincolate ad essere una l’opposto dell’altra.Il vettore di stato probabilistico della coppia, che ci interessa solamente per quello cheriguarda gli stati di spin rappresentati nella base degli autovettori di Sz, componente dellospin lungo l’asse z, si ricava tenendo presenti le (986) e (1010):

ψ =1√2

10

01

01

10

(1012)

Ci proponiamo di calcolare la probabilita del valore spin SU e la probabilita del valorespin GIU ′ dell’elettrone di destra, essendo noto il valore di spin dell’elettrone di sinistra, alvariare dell’angolo θ fra le direzioni dell’asse di misura di Rs e quella dell’asse di misura diRd.Immaginiamo di lanciare una coppia di elettroni e supponiamo che Rs segnali spin GIU ′

lungo z. L’ampiezza di probabilita della coppia e allora espressa da

ψ(zz)gs =

01

10

(1013)

in accordo col fatto che l’elettrone di sinistra ha spin GIU ′ lungo z e percio quello di destradeve avere lungo z un valore preciso di spin, ed esattamente spin SU.Tuttavia a noi interessa il valore dello spin dell’elettrone di destra non lungo z, ma lungouna direzione arbitraria w, contenuta nel piano xz, che formi un angolo θ con z.

Ora se l’elettrone di sinistra ha spin GIU ′ lungo z, e quindi 4S(1)z = 0, l’elettrone di destra

ha 4S(2)w del tutto indeterminata (v. eq. (1011)) e quindi non puo avere un valore preciso

dello spin lungo la direzione w (a meno che, ovviamente, non sia w = z): cio di cui si puoparlare, come ben sappiamo, e solamente di probabilita che lo spin lungo w sia SU o GIU ′.Dal par. 1.2.8 sappiamo che per calcolare la probabilita dell’autovalore SU dello spin lungow dell’elettrone di destra occorre innanzitutto rappresentare il vettore di stato probabili-stico di spin dell’elettrone di destra nella base degli autovettori ηw1 e ηw2 dell’operatoreσw associato all’osservabile “componente dello spin dell’elettrone lungo la direzione w”(v. eq. (985) con |Ψ〉 esplicitato come vettore a due componenti (v. eq. (965)) e con ϕ = 0in accordo con quanto si e detto sul piano contenente w):

1

0

= aηw1 + bηw2 = a

cos θ2

sin θ2

+ b

− sin θ2

cos θ2

(1014)

da cui, essendo

a = (ηw1 ,

10

) =

cosθ

2sin

θ

2

10

= cosθ

2e

b = (ηw2 ,

10

) =

− sinθ

2cos

θ

2

10

= − sinθ

2segue

1

0

= cosθ

2

cos θ2

sin θ2

− sinθ

2

− sin θ2

cos θ2

(1015)

290

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Questo e il vettore di stato probabilistico di spin SU lungo z dell’elettrone di destra rappre-sentato nella base degli autovettori di σw , operatore associato alla componente dello spindell’elettrone lungo la direzione w formante un angolo θ con l’asse z.Occorre poi calcolare il prodotto scalare di tale vettore di stato per la sua proiezionesull’autovettore di σw appartenente all’autovalore SU (v. eq. (668))

|ψ(zw)gs |2 =

(

1

0

,OSU

1

0

)

=

(

1

0

, cos

θ

2

cos θ2

sin θ2

)

= cos2θ

2(1016)

Questa e la probabilita che l’elettrone di destra abbia spin SU lungo w, avendo l’elettronedi sinistra spin GIU ′ lungo z.Per cio che riguarda la probabilita che l’elettrone di destra abbia spin GIU ′ lungo w, avendol’elettrone di sinistra spin GIU ′ lungo z, si ha analogamente

|ψ(zw)gg |2 =

(

1

0

,OGIU ′

1

0

)

=

(

1

0

,− sin

θ

2

− sin θ2

cos θ2

)

= sin2 θ

2(1017)

Risulta |ψ(zw)gs |2 + |ψ(zw)

gg |2 = 1, come ovviamente ci aspettiamo che debba succedere.Dunque, se l’elettrone di sinistra ha spin GIU ′ lungo z, allora, ad esempio:

- se θ = 0 si ha |ψ(zw)gs |2 = 1, cioe c’e la certezza che l’elettrone di destra ha spin SU lungo

z;

- se θ = π si ha |ψ(zw)gg |2 = 1, cioe c’e la certezza che l’elettrone di destra ha spin GIU ′ lungo

la direzione negativa di z e quindi ha spin SU lungo la direzione positiva di z.

Se, avendo lanciato una coppia di elettroni, il rivelatore Rs segnala spin SU lungo z, allorail vettore di stato di spin GIU ′ lungo z dell’elettrone di destra rappresentato nella basedegli autovettori di σw e

0

1

= c

cos θ2

sin θ2

+ d

− sin θ2

cos θ2

da cui, essendo

c =

cosθ

2sin

θ

2

0

1

= sinθ

2; d =

− sinθ

2cos

θ

2

0

1

= cosθ

2

segue

0

1

= sinθ

2

cos θ2

sin θ2

+ cosθ

2

− sin θ2

cos θ2

Si ha cosı:

|ψ(zw)sg |2 =

0

1

, cos

θ

2

− sin θ2

cos θ2

= cos2θ

2(1018)

|ψ(zw)ss |2 =

0

1

, sinθ

2

cos θ2

sin θ2

= sin2 θ

2(1019)

291

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

e risulta |ψ(zw)sg |2 + |ψ(zw)

ss |2 = 1 come ci aspettiamo che debba succedere.

Da quanto precede risulta che la probabilita che la misura degli spin dei due elettronieseguita ad un angolo θ dia il medesimo risultato e

|ψ(zw)gg |2 = |ψ(zw)

ss |2 = sin2 θ

2(1020)

mentre la probabilita che dia risultati opposti e

|ψ(zw)sg |2 = |ψ(zw)

gs |2 = cos2θ

2(1021)

Le (1016), (1017), (1018) e (1019) sono le espressioni cui ci riferiremo nell’eseguire l’espe-rimento.

Cio posto, lanciamo una coppia di elettroni e osserviamo lo spin lungo z dell’elettronediretto verso sinistra e lo spin lungo una direzione w1 coincidente con z (percio θ = 0)dell’elettrone diretto verso destra. Si avra allora

|ψ(zw1)gs |2 = cos2

0

2= 1 ; |ψ(zw1)

gg |2 = sin2 0

2= 0

oppure

|ψ(zw1)sg |2 = cos2

0

2= 1 ; |ψ(zw1)

ss |2 = sin2 0

2= 0

Ometteremo, nel resto della descrizione dell’esperimento, di menzionare questo secondocaso perche non e altro che una ripetizione del primo cosicche non occorrera prenderlo inesame durante le considerazioni finali.Lanciamo un’altra coppia di elettroni e osserviamo lo spin lungo z dell’elettrone in motoverso sinistra e lo spin lungo una direzione w2 a 120 rispetto a z dell’elettrone in motoverso destra.Da quanto detto piu sopra possiamo dedurre che, se lo spin dell’elettrone di sinistra vieneosservato col valore GIU ′, per lo spin di quello di destra si hanno le seguenti probabilita:

|ψ(zw2)gs |2 = cos2

120

2=

1

4; |ψ(zw2)

gg |2 = sin2 120

2=

3

4

Ora lanciamo una terza coppia di elettroni assumendo una direzione w3 = 240 rispetto az. Otteniamo:

|ψ(zw3)gs |2 = cos2

240

2=

1

4; |ψ(zw3)

gg |2 = sin2 240

2=

3

4

Occorre a questo punto ripetere i tre lanci osservando lo spin dell’elettrone in moto versosinistra non piu lungo z, ma lungo una direzione, che chiamiamo u, a 120 rispetto aquesta, essendo inteso che w1 coincide con u, w2 e a 120 e w3 a 240. Si avra allora:

|ψ(uw1)gs |2 = 1 ; |ψ(uw1)

gg |2 = 0

|ψ(uw2)gs |2 =

1

4; |ψ(uw2)

gg |2 =3

4

|ψ(uw3)gs |2 =

1

4; |ψ(uw3)

gg |2 =3

4

292

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Infine ripetiamo ancora una volta i tre lanci osservando lo spin dell’elettrone in moto versosinistra non piu lungo u, ma lungo una direzione, che chiamiamo v, a 120 rispetto a questae quindi a 240 rispetto a z, essendo inteso che w1 coincide con v, w2 e a 120 e w3 e a240. Avremo cosı:

|ψ(vw1)gs |2 = 1 ; |ψ(vw1)

gg |2 = 0

|ψ(vw2)gs |2 =

1

4; |ψ(vw2)

gg |2 =3

4

|ψ(vw3)gs |2 =

1

4; |ψ(vw3)

gg |2 =3

4

Abbiamo cosı effettuato in tutto 9 lanci di coppie di elettroni e calcolato 18 probabilita.Ci chiediamo ora quale e la probabilita media che, avendo l’elettrone di sinistra spin GIU ′,quello di destra venga trovato con spin SU.Per rispondere occorre effettuare il seguente calcolo:

Pgs =1

9

3∑

k=1

|ψ(zwk)gs |2 +

3∑

k=1

|ψ(uwk)gs |2 +

3∑

k=1

|ψ(vwk)gs |2

=1

9

(

1 +1

4+

1

4

)

+

(

1 +1

4+

1

4

)

+

(

1 +1

4+

1

4

)

=1

2

(1022)

Se d’altra parte calcoliamo la probabilita media che, avendo l’elettrone di sinistra spinGIU ′, quello di destra venga trovato con spin GIU ′ otteniamo:

Pgg =1

9

3∑

k=1

|ψ(zwk)gg |2 +

3∑

k=1

|ψ(uwk)gg |2 +

3∑

k=1

|ψ(vwk)gg |2

=1

9

(

0 +3

4+

3

4

)

+

(

0 +3

4+

3

4

)

+

(

0 +3

4+

3

4

)

=1

2

(1023)

Le due probabilita Pgs e Pgg sono quindi uguali, il che significa che nella serie di lancieffettuati in cui abbiamo osservato che lo spin dell’elettrone di sinistra e GIU ′, abbiamoosservato anche che lo spin dell’elettrone di destra ha per meta delle volte spin SU e permeta spin GIU ′.Piu brevemente si puo dire che il numero delle volte che gli spin dei due elettroni risultanoessere antiparalleli e uguale al numero delle volte che risultano essere paralleli.Questo e il risultato che la Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagenprevede per questa serie di osservazioni.

* * *

Dunque quello che la Meccanica di Schrodinger nella Interpretazione di Copenhagen ci fasapere su questo esperimento e la probabilita di parallelismo/antiparallelismo delle com-ponenti degli spin dei due elettroni, misurate ciascuna lungo una certa direzione, al variaredell’angolo compreso fra le direzioni di misura.

293

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

Non puo fornire alcun’altra informazione riguardante gli spin.In particolare la Meccanica di Schrodinger non si propone di descrivere lo stato meccanicodi spin degli elettroni dopo che hanno lasciato la sorgente. Lo stato meccanico del sistemarimane sconosciuto, a parte lo stato iniziale che e uno stato di singoletto, e, al momentodella misura, cio che viene verificato e una previsione dello stato probabilistico del sistema,e non del suo stato meccanico.Notiamo che questo fatto non costituisce un ostacolo allo studio della coppia di elettroniperche l’efficacia della Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen staproprio nel fatto che essa non cerca di descrivere il loro stato meccanico.Non cerca di descriverlo perche una descrizione corretta e completa dovrebbe chiamare incausa il vuoto, le cui proprieta fisiche sono sconosciute.La soluzione di questo problema offerta dalla Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazionedi Copenhagen sta nell’aggirarlo: servendosi della descrizione probabilistica essa, nella suaqualita di effective theory, non si interessa alla Fisica dell’azione del vuoto sulla coppia dielettroni pur tenendo conto delle conseguenze che questa azione comporta sulla coppia.

294

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.6.2 Interpretazione di A. Einstein-B. Podolsky-N. Rosen; (EPR, 1935)

EPR considera valide le seguenti assunzioni:

• i due elettroni, in moto verso i rispettivi rivelatori di spin, possiedono stabilmentevalori precisi di spin lungo le tre direzioni a 120 prese in considerazione piu sopraanche prima di entrare nei rivelatori e non si influenzano a vicenda, in modo che pos-sono essere considerati separati l’uno dall’altro, una caratteristica denominata talvoltaseparabilita di Einstein e che e all’origine della locuzione realta locale.

• poiche il singoletto da cui sono stati generati non ha spin, occorre ammettere che idue elettroni in cui il singoletto si separa abbiano valori di spin opposti per tutte trele direzioni; cosı, ad esempio, se l’elettrone di sinistra ha spin SU lungo 0, SU lungo120 e GIU ′ lungo 240, quello di destra dovra avere spin GIU ′ lungo 0, GIU ′ lungo120 e SU lungo 240.

• la misura dello spin dell’elettrone di sinistra lungo una certa direzione non rendeimpreciso il valore dello spin dell’elettrone di destra lungo un’altra direzione; non siparlera quindi piu di probabilita che, essendo, ad esempio, lo spin dell’elettrone disinistra GIU ′ lungo v, lo spin dell’elettrone di destra sia SU lungo w2. Si dovra invece,per ogni combinazione di misure lungo tre direzioni dello spin dell’elettrone di sinistra,rilevare il parallelismo (p) o l’antiparallelismo (a) delle misure lungo corrispondentidirezioni (o direzioni a 120 o a 240) dello spin dell’elettrone di destra.

Il quadro riassuntivo delle misure e visibile nella Tab. 1; a significa “spin antiparelleli” e p“spin paralleli”.

elettrone sin. elettrone des. zw1 zw2 zw3 uw1 uw2 uw3 vw1 vw2 vw3

s s s g g g a a a a a a a a as s g g g s a a p a p a a p ps g s g s g a p a a p p a a ps g g g s s a p p a a p a p ag s s s g g a p p a a p a p ag s g s g s a p a a p p a a pg g s s s g a a p a p a a p pg g g s s s a a a a a a a a a

Tab. 1

Consideriamo, ad esempio, la terza riga.

elettrone sin. elettrone des. zw1 zw2 zw3 uw1 uw2 uw3 vw1 vw2 vw3

s g s g s g a p a a p p a a p

Nelle prime due colonne sono indicati i valori di spin lungo le direzioni z, u = z+120, v =z+240 per entrambi gli elettroni. I valori sono tali che, per ogni direzione, la loro sommada zero. Per entrambi gli elettroni i valori di spin lungo le tre direzioni sono fissi e invariabiliquale che sia l’operazione di misura messa in atto. Nessuna misura lungo una qualsivogliadirezione influenza il valore di spin lungo una qualsiasi altra direzione.La colonna zw1 fornisce il risultato della misura dello spin lungo z per l’elettrone di sinistra(spin SU) e lungo w1, che e a 0 rispetto alla direzione di z, per l’elettrone di destra (spin

295

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

GIU ′): i due spin sono antiparalleli; la colonna zw2 fornisce il risultato della misura dellospin lungo z per l’elettrone di sinistra (spin SU) e lungo w2, che e a 120 rispetto alladirezione di z, per l’elettrone di destra (spin SU): i due spin sono paralleli; la colonna zw3

fornisce il risultato della misura dello spin lungo z per l’elettrone di sinistra (spin SU) elungo w3, che e a 240 rispetto alla direzione di z, per l’elettrone di destra (spin GIU ′): idue spin sono antiparalleli (v. figura).La colonna uw1 fornisce il risultato della misura dello spin lungo u per l’elettrone di sinistra(spin GIU ′) e lungo w1, che e a 0 rispetto alla direzione di u, per l’elettrone di destra (spinSU): i due spin sono antiparalleli; la colonna uw2 fornisce il risultato della misura dellospin lungo u per l’elettrone di sinistra (spin GIU ′) e lungo w2, che e a 120 rispetto alladirezione di u, per l’elettrone di destra (spin GIU ′): i due spin sono paralleli; la colonnauw3 fornisce il risultato della misura dello spin lungo u per l’elettrone di sinistra (spinGIU ′) e lungo w3, che e a 240 rispetto alla direzione di u, per l’elettrone di destra (spinGIU ′): i due spin sono paralleli.La colonna vw1 fornisce il risultato della misura dello spin lungo v per l’elettrone di sinistra(spin SU) e lungo w1, che e a 0 rispetto alla direzione di v, per l’elettrone di destra (spinGIU ′): i due spin sono antiparalleli; la colonna vw2 fornisce il risultato della misura dellospin lungo v per l’elettrone di sinistra (spin SU) e lungo w2, che e a 120 rispetto alladirezione di v, per l’elettrone di destra (spin GIU ′): i due spin sono antiparalleli; la colonnavw3 fornisce il risultato della misura dello spin lungo v per l’elettrone di sinistra (spin SU)e lungo w3, che e a 240 rispetto alla direzione di v, per l’elettrone di destra (spin SU): idue spin sono paralleli.

zw1 = a zw2 = p zw3 = auw1 = a uw2 = p uw3 = pvw1 = a vw2 = a vw3 = p

Queste considerazioni si possono ripetere per tutte le righe e si vede cosı che, quali che

296

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

siano i valori degli spin dei due elettroni, cinque volte su nove gli spin sono antiparalleli;vi sono poi due situazioni, quelle in cui le componenti dello spin degli elettroni sono tutteSU o tutte GIU ′, nelle quali gli spin sono sempre antiparalleli.Cio significa che nella serie di lanci che abbiamo effettuato il numero delle volte che gli spindegli elettroni risultano essere antiparalleli e maggiore del numero delle volte che risultanoessere paralleli.

297

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

1.6.3 Commenti sulle due interpretazioni

La Meccanica di Schrodinger fornisce previsioni sul risultato dell’esperimento di Bohmsenza tener conto dello stato meccanico (stato di spin) di ciascun elettrone in moto dallasorgente ai rivelatori.

Non ne tiene conto perche non lo conosce.

Se lo spin e una proprieta che ogni elettrone deve al fatto che esso interagisce in un modoparticolare col vuoto, non possiamo chiedere alla Meccanica di Schrodinger di descriverequesta interazione perche non sa farlo. Sa solo che una conseguenza dell’esistenza del vuotoe

4S(1)α 4S

(2)β ≥

〈χ|[S

(1)α , S

(2)β ]

2i|χ〉∣

con [S(1)α , S

(2)β ] 6= 0 per α 6= β, relazione che e implicitamente contenuta nel calcolo che

la Meccanica di Schrodinger effettua per determinare la probabilita che gli spin dei dueelettroni vengano trovati paralleli o antiparalleli.

Quello che la Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen ci permette diconoscere e esclusivamente la probabilita di parallelismo/antiparallelismo delle componentidello spin dei due elettroni lungo due direzioni di misura al variare dell’angolo fra le duedirezioni.

Nulla possiamo chiederle a riguardo dello stato meccanico degli spin degli elettroni.

Allo stesso modo la Meccanica di Schrodinger non puo farci sapere per quale fessura passaogni particella che attraversa uno schermo dotato di piu fessure. Non ci da informazionisulla meccanica del passaggio, ma ci dice quale e la distribuzione di probabilita di trovarele particelle a valle dello schermo dotato di fessure.

Cercare di indagare sulla meccanica di questi fenomeni mantenendosi nell’ambito dellaMeccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen, che e una effective theory,equivarrebbe a indagare per cercare di determinare in un’altra effective theory, cioe nelladescrizione dei fenomeni elettromagnetici basata sui concetti di carica/campo, in che modouna distribuzione di carica/corrente esercita la forza di Lorentz su una piccola carica diprova.

La teoria ci dice come determinare la forza, ma non spiega la meccanica del fenomeno. Itentativi di spiegarla, effettuati nell’ambito della Meccanica classica, hanno condotto alleben note difficolta conosciute come “il problema dell’etere”.

Per effettuare una verifica delle previsioni della Meccanica di Schrodinger nell’Interpreta-zione di Copenhagen occorre disporre di numerosi apparati sperimentali identici e identi-camente preparati e con identiche coppie di direzioni di misura dello spin.

Al crescere del numero degli apparati si potra cosı notare che la distribuzione delle frequenzedei valori ottenuti tende alla distribuzione delle probabilita calcolate.

Tutto questo deve essere ripetuto piu volte in corrispondenza di diverse direzioni degli assidi misura (9 in tutto nel caso presentato in questo paragrafo) in modo da disporre di uncampione di rilevazioni su cui calcolare valori medi, dai quali risulta che le volte in cuigli spin vengono trovati paralleli sono uguali in numero alle volte in cui gli spin vengonotrovati antiparalleli.

298

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

EPR, al contrario, si interessa solo allo stato meccanico di spin degli elettroni, che assumedi poter conoscere completamente a partire dall’istante in cui i due elettroni lasciano lasorgente allontanandosi in direzioni opposte.

EPR non prende in considerazione l’esistenza di una interazione elettroni/vuoto.

I risultati probabilistici delle condizioni di parallelismo e antiparallelismo sono diversi daquelli ottenibili dalla Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen.

Sperimentando e possibile controllare le previsioni delle due teorie.

Il controllo, effettuato non su spin di elettroni ma sull’analogo stato di polarizzazionecircolare di due fotoni entangled (A. Aspect, 1981-1982), evidenzia che le previsioni correttesono quelle della Meccanica di Schrodinger.

* * *

Una domanda che sembrerebbe lecito porre e questa: che cosa vincola i due elettroni inmovimento verso i rivelatori Rs e Rd, che possono essere collocati anche a grandissimadistanza l’uno dall’altro, a fornire componenti antiparallele dello spin quando le direzionidi misura sono coincidenti?EPR risponde che non puo che essere cosı, perche i due elettroni, prima di lasciare lasorgente, sono in stato di singoletto e, separandosi per avviarsi verso direzioni opposte,possiedono ben definiti valori delle componenti dei loro spin lungo una medesima direzione,e la somma di questi valori deve mantenersi nulla.Ma se ci basiamo su questa assunzione e calcoliamo la probabilita di parallelismo/antiparal-lelismo delle misure degli spin dei due elettroni effettuate lungo direzioni diverse troviamo,al variare dell’angolo fra le direzioni, un risultato diverso da quello sperimentale.

Dunque la risposta di EPR non e accettabile.Per rispondere correttamente occorre tener presente che

1) la Meccanica di Schrodinger descrive lo stato probabilistico, e non lo stato meccanico delsistema in esame, che e sconosciuto perche chiama in causa il vuoto che la attuale Fisicanon sa descrivere;

2) lo stato probabilistico e descritto da una ampiezza di probabilita (v. eq. (1012)) nonfattorizzabile.Conviene anche richiamare i seguenti punti:

a) nel fenomeno dei due elettroni entangled l’attore principale e il vuoto (come, del resto,in ogni altro fenomeno, anche se questo fatto non e sempre evidente all’osservazione);b) a quale proprieta del vuoto corrisponda quello che in Meccanica quantistica appareessere lo spin di un elettrone e ignoto; in una particella newtoniana lo spin non compare,in accordo col fatto che la Meccanica newtoniana non descrive ne le proprieta fisiche delvuoto ne le conseguenze osservabili delle proprieta fisiche del vuoto, come lo spin;c) a quale proprieta del vuoto corrisponda quella che nello spazio e nel tempo appare esserela distanza fra i due elettroni in movimento verso i rivelatori e ignoto;

d) lo stato di entanglement corrisponde a una proprieta del vuoto che non conosciamo;quello che riusciamo a fare e costruire una effective theory che, servendosi del concetto diprobabilita, riesce a descrivere gli aspetti che questi fenomeni, che avvengono nel vuoto,mostrano di avere nello spazio e nel tempo;

Cio posto, la domanda di cui sopra risulta non essere lecita perche e di tipo simile a quellache nella seconda meta del 1800 veniva posta in elettromagnetismo: come possono le forzeelettromagnetiche propagarsi attraverso il vuoto?

299

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 1

La risposta che veniva data si basava sull’assunzione che esistesse un corpo elastico, chia-mato etere, dotato di proprieta meccaniche tali da rendere conto di tutta la fenomenologiaelettromagnetica e molti tentativi vennero fatti, in un lungo arco di tempo, per cercare dievidenziare sperimentalmente l’esistenza di questo corpo, senza successo.Ora ci rendiamo conto del fatto che sia nella descrizione dei fenomeni elettromagnetici ba-sata sui concetti di carica/campo, sia nella Interpretazione di Copenhagen della Meccanicaquantistica abbiamo a che fare con effective theories che non si prestano ad essere indagateper ricavarne implicazioni fisiche.Rendersi conto del fatto che non si deve cercare l’etere e come rendersi conto del fatto chenon si deve cercare un meccanismo che spieghi l’antiparallellismo degli spin degli elettronimisurati lungo direzioni coincidenti.

* * *

Come si confrontano la posizione di EPR a riguardo della completezza della Meccanica diSchrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen e la presentazione che di questa e statadata in questo studio?Ecco la condizione di completezza di una teoria fisica data da EPR (“Can quantum me-chanical description of physical reality be considered complete?”, Physical Review, 47,1935):“.... the following requirement for a complete theory seems to be a necessary one: everyelement of the physical reality must have a counterpart in the physical theory”.Il vuoto non ha controparte in alcuna teoria fisica (alcune teorie sembrano tuttavia esserein grado di descriverne qualche proprieta) e percio, se si assume che sia una realta fisica,come si e fatto in questo studio, nessuna teoria soddisfa, a tutt’oggi, la condizione dicompletezza avanzata da EPR.Esistono pero teorie fisiche che riescono a tener conto delle conseguenze dell’esistenza diuna realta, assunta non direttamente osservabile, senza chiamarla esplicitamente in causa:in questo studio sono state chiamate “effective theories” e si e assunto che la Meccanicadi Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen sia una effective theory in grado didescrivere le conseguenze dell’esistenza del vuoto senza dover tenerne esplicitamente conto(anche la descrizione dei fenomeni elettromagnetici basata sui concetti di carica/campo euna effective theory).Questa Meccanica e un programma di calcolo al quale non si puo chiedere altro che corretteprevisioni probabilistiche del risultato di misure effettuate sul sistema fisico al quale laeffective theory si riferisce senza pretendere di individuare corrispondenze fra elementi direalta fisica del sistema e controparti della teoria perche in questa lo stato meccanico delsistema fisico, espresso dalla posizione e dal momento di ogni particella del sistema, vienesostituito da uno stato probabilistico.

Dunque alla Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen la condizione dicompletezza di una teoria fisica, cosı come e stata formulata da EPR, non e applicabile.

Ne segue che l’affermazione di EPR, secondo cui la Meccanica di Schrodinger nell’Inter-pretazione di Copenhagen e incompleta, e impropria.

300

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

Capitolo 2

2.1 Il campo di Schrodinger

In questo capitolo ci proponiamo di presentare la meccanica di Schrodinger partendo dauna posizione diversa da quella cui ci siamo riferiti finora e in linea con quanto si e dettonella Prima Parte di questo studio a proposito delle variabili dinamiche del campo elettro-magnetico.Intendiamo infatti ignorare l’ambiente quantistico nel quale abbiamo visto nascere e svi-lupparsi la meccanica di Schrodinger e applicare il Teorema di Nother al “sistema classico”individuato da una appropriata lagrangiana funzione di coordinate lagrangiane, rappresen-tate dalla funzione d’onda di Schrodinger ψ e dalla complessa coniugata ψ∗, e delle loroderivate di primo ordine con lo scopo di trovare espressioni delle variabili dinamiche delcampo di Schrodinger oltre che, ovviamente, le “equazioni del moto” del sistema in ψ e ψ∗.Introduciamo per esso la seguente densita lagrangiana scalare e reale:

L(

ψ,ψ∗,∇ψ,∇ψ∗,∂ψ

∂t,∂ψ∗

∂t

)

=

= −1

2

ψ∗(

− h2

2m0∇2ψ + Vψ − ih∂ψ

∂t

)

+

(

ψ∗(

− h2

2m0∇2ψ + Vψ − ih∂ψ

∂t

)

)∗

Notiamo che se ψ e una soluzione dell’equazione di Schrodinger la L e nulla, perche ognitermine entro parentesi graffe e ottenuto moltiplicando ψ∗ per una quantita che, in virtudell’equazione di Schrodinger, e nulla.Osserviamo che si puo scrivere

ψ∗(∇2ψ) = ∇ · (ψ∗∇ψ)−∇ψ · ∇ψ∗ ; ψ(∇2ψ∗) = ∇ · (ψ∇ψ∗)−∇ψ∗ · ∇ψ

e quindi si puo facilmente trasformare la L nel modo seguente:

L = − h2

2m0∇ψ · ∇ψ∗ +

1

2

(

ψ∗ih∂ψ

∂t− ψih∂ψ

∂t

)

− ψVψ∗ +1

2

h2

2m0∇ · (ψ∗∇ψ + ψ∇ψ∗)

Tenendo presente che la densita lagrangiana e definita a meno della divergenza di unqualsivoglia vettore funzione delle coordinate lagrangiane si puo introdurre:

L′ = L− 1

2

h2

2m0∇ · (ψ∗∇ψ + ψ∇ψ∗) (1024)

e poi assumere L′ come lagrangiana (scritta, per semplicita, omettendo l’apice):

L = − h2

2m0∇ψ · ∇ψ∗ +

1

2

(

ψ∗ih∂ψ

∂t− ψih∂ψ

∂t

)

− ψVψ∗ ; [L] = energia[ψ∗ψ]

301

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

ovvero, in notazione indiciale

L

(

ψ,ψ∗,∂ψ

∂xk,∂ψ∗

∂xk,∂ψ

∂t,∂ψ∗

∂t

)

=1

2m0ih∂ψ∗

∂xmih

∂ψ

∂xm+

+1

2

(

ψ∗ih∂ψ

∂t− ψih∂ψ

∂t

)

− ψVψ∗ (1025)

con k,m = 1, 2, 3, dalla quale si ricava

∂L

∂ψ∗ =1

2ih∂ψ

∂t− ψV ;

∂L

∂ψ= −1

2ih∂ψ∗

∂t− ψ∗V (1026)

∂L

(

∂ψ∗

∂xk

) =1

2m0ihih

∂ψ

∂xk;

∂L

(

∂ψ

∂xk

) =1

2m0ihih

∂ψ∗

∂xk(1027)

∂L

(

∂ψ∗

∂t

) = −1

2ihψ ;

∂L

(

∂ψ

∂t

) =1

2ihψ∗ (1028)

Le equazioni di Lagrange

∂xα∂L

(

∂ψn

∂xα

) − ∂L

∂ψn= 0 ; α = 0, 1, 2, 3 ; n = 1, 2

con ψ1 = ψ, ψ2 = ψ∗, x0 = t, tenendo conto delle (1026), (1027) e (1028) forniscono leequazioni di Schrodinger (304) e (305).Ad esempio la (304) si ricava da

∂x0

∂L

(

∂ψ∗

∂x0

) +∂

∂x1

∂L

(

∂ψ∗

∂x1

) +∂

∂x2

∂L

(

∂ψ∗

∂x2

) +∂

∂x3

∂L

(

∂ψ∗

∂x3

) − ∂L

∂ψ∗ = 0

ovvero∂

∂t

(

− 1

2ihψ

)

+∂

∂xk

( 1

2m0ihih

∂ψ

∂xk

)

− 1

2ih∂ψ

∂t+ ψV = 0

e infine

−ih∂ψ∂t− h2

2m0∇2ψ + ψV = 0

Dal teorema di Nother, a seguito di uno sviluppo formale che non riportiamo, ricaviamola densita del tensore energia-momento

E =

τ

ψ∗ih∂ψ

∂tdτ ; [E] = energia · L3 · [ψ∗ψ] (1029)

Questa e l’espressione dell’energia contenuta entro il volume τ . Notiamo che e formalmentein accordo con quanto si e detto nel par. 1.2.7 sui valori medi di un operatore.

302

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

Ancora dal Teorema di Nother otteniamo il momento

Pk = −∫

τ

ψ∗ih∂ψ

∂xkdτ ; [Pk] = momento · L3 · [ψ∗ψ] (1030)

che coincide formalmente con la (663) e il momento angolare

Lk = −∫

τ

ψ∗ (R× ih∇)

kψ dτ ; [Lk] = momento angolare ·L3 · [ψ∗ψ] (1031)

Infine per cio che riguarda il vettore densita di corrente si ha per la parte spaziale

jk =ih

2m0

(

∂ψ∗

∂xkψ − ∂ψ

∂xkψ∗)

; k = 1, 2, 3 (1032)

e per la parte temporalej0 = ψ∗ψ (1033)

L’equazione di conservazione diviene

∂jk

∂xk+∂j0

∂t= 0

ovveroih

2m0

∂xk

(

∂ψ∗

∂xkψ − ∂ψ

∂xkψ∗)

+∂ψ∗ψ

∂t= 0 (1034)

Si noti che la (1034) coincide formalmente con la (379).

Avendo cosı applicato il formalismo del Teorema di Nother possiamo constatare che si sonoottenute in funzione del campo di Schrodinger espressioni che occorre assumere apparten-gano a un corpo fittizio, analogo all’etere dell’elettromagnetismo, che, dopo essere statoquantizzato, risultera essere composto di particelle identiche di massa m0.

303

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

CONCLUSIONI

Concludiamo questo studio osservando che esso puo essere considerato un processo di chia-rimento riguardante i fondamenti dell’Elettromagnetismo maxwelliano e della Meccanicaquantistica ottenuto rimuovendo da queste discipline assunzioni interpretative generatricidi incoerenze ed equivoci.

Rivediamo i passi fondamentali dello studio.

Nella Prima Parte e stata rimossa dall’Elettromagnetismo maxwelliano l’idea che il campoe.m. sia un oggetto fisico. Il lavoro di rimozione parte da una analisi critica del Teoremadi Poynting e conduce alle seguenti conclusioni:

- il campo elettromagnetico e un oggetto matematico;

- occorre introdurre una duplice descrizione dell’e.m. maxwelliano: una descrizione e basa-ta sui concetti di carica/campo (effective theory) e l’altra e basata su una modellizzazionedel sistema fotoni/vuoto.

Nella Seconda Parte la Meccanica newtoniana (nella presentazione di Hamilton-Jacobi)e stata riformulata in modo da renderla strutturalmente simile all’e.m. di Maxwell nelladescrizione basata sui concetti di carica/campo (in assenza di cariche/correnti).

Si e cosı ottenuta la Meccanica di Schrodinger, un formalismo che Schrodinger ha mostrato,in una sua prima applicazione, di essere in grado di fornire previsioni soddisfacenti sunumerose strutture atomiche.

Dalla Meccanica di Schrodinger, una volta completata la presentazione della sua baseformale, e stato rimosso l’aggancio interpretativo che l’equazione su cui essa si fonda, cioel’equazione di Schrodinger, descriva l’evoluzione temporale dello stato meccanico di unsistema fisico.

Cio che l’equazione di Schrodinger descrive e (M. Born, 1926) l’evoluzione temporale del-la ampiezza di probabilita del risultato della misura di una variabile dinamica riferita aun sistema fisico che nell’equazione di Schrodinger viene caratterizzato da un operatoreassociato alla hamiltoniana del sistema.

Si e cosı ottenuta la Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen che,conviene ribadirlo, descrive l’evoluzione temporale dello stato probabilistico, e non dellostato meccanico, di un sistema fisico, conclusione che e sufficiente ad eliminare tutti i“paradossi” interpretativi che sorgono perche non si rimane saldamente ancorati al fattoche cio che la Meccanica di Schrodinger descrive e l’evoluzione temporale di una ampiezzadi probabilita.

Un esempio delle sconcertanti conclusioni alle quali si puo pervenire se si omette di tenerconto del fatto che la Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen si inte-ressa agli stati probabilistici e non agli stati meccanici di un sistema fisico e il “paradossodel gatto di Schrodinger” di cui si e gia parlato nel punto 16 del par. 1.4.2.

La sovrapposizione di stati che riguarda questo sistema fisico genera perplessita solo se lasi intende riferita a stati meccanici.

Ma cio che la Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen ci mette adisposizione non e una sovrapposizione dello stato meccanico “gatto vivo” con lo statomeccanico “gatto morto” bensı una sovrapposizione dell’ampiezza di probabilita che, al-l’atto di una osservazione, il gatto venga trovato vivo con la ampiezza di probabilita chevenga trovato morto.

304

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

Affermare che il gatto si trova in una sovrapposizione degli stati meccanici “gatto vivo”e “gatto morto” equivale ad affermare che ciascuna particella in attraversamento di unoschermo dotato di due fessure si trova in una sovrapposizione degli stati meccanici “par-ticella che passa per una fessura” e “particella che passa per l’altra fessura”, il che noncorrisponde all’evidenza sperimentale.

L’evoluzione dello stato meccanico del sistema “sostanza radioattiva+attuatore+gatto”rimane sconosciuta alla Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen perla quale lo studio di questo sistema termina con il calcolo della previsione probabilisticadella durata della vita del gatto.

La verifica di questa previsione, che comporta l’apertura del contenitore dove sono alloggiatiil materiale radioattivo, l’attuatore e il gatto, non fa parte della Meccanica di Schrodinger e,poiche l’operazione di apertura del contenitore non ha alcuna controparte nell’hamiltonianoche descrive il sistema, non modifica in alcun modo la previsione.

Allo stesso modo, la traiettoria di ciascuna particella in attraversamento dello schermodotato di due fessure rimane sconosciuta alla Meccanica di Schrodinger nella Interpreta-zione di Copenhagen che, in particolare, non puo dirci attraverso quale fessura transiticiascuna particella, e per la quale lo studio di questo sistema termina con la previsionedella distribuzione probabilistica delle posizioni delle particelle sullo schermo rivelatore.

La verifica di questa previsione, che comporta l’osservazione della distribuzione di frequenzadelle posizioni, non fa parte della Meccanica di Schrodinger e non modifica in alcun modola previsione.

In analogia con l’Elettromagnetismo maxwelliano anche la Meccanica di Schrodinger estata presentata in due descrizioni: quella basata sull’Interpretazione di Copenhagen equella basata sul campo di Schrodinger.

Alla Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen e stato attribuito inquesto studio il significato di effective theory che si serve di strumenti probabilistici (am-piezza di probabilita del risultato della misura di una variabile dinamica) per descriverele conseguenze sui fenomeni fisici dell’esistenza del vuoto (cosı come le descrivono, anchese basandosi su altri strumenti, la Meccanica quantistica di Bohm e quella di Feynman)senza che il vuoto venga chiamato direttamente in causa.

Invece la Meccanica di Schrodinger basata sul campo di Schrodinger non ignora il vuoto.Al campo di Schrodinger e possibile applicare il Teorema di Nother per ricavarne variabilidinamiche che costituiscono la modellizzazione classica del sistema materia/vuoto.

Quantizzando queste variabili (reinterpretate come operatori) dopo aver introdotto lo spa-zio di Fock si ottengono i quanti del campo di Schrodinger e la possibilita di descriverefenomeni come la creazione/annichilazione di particelle, che la Meccanica quantistica nel-l’Interpretazione di Copenhagen non riesce a descrivere.

* * *

Ed ecco infine un quadro sintetico delle linee di pensiero seguite in questo studio.

Prima Parte

- Analisi critica del Teorema di Poynting; dall’analisi derivano le seguenti conclusioni

1) il Teorema di Poynting non e una legge di conservazione dell’energia elettromagnetica;

2) il campo elettromagnetico e un oggetto matematico.

305

Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

che danno origine a due diverse descrizioni dell’elettromagnetismo maxwelliano: una e ladescrizione dei fenomeni e.m. basata sui concetti di carica/campo, l’altra e la descrizionebasata sulla modellizzazione del sistema fotoni/vuoto;- L’elettromagnetismo maxwelliano nella descrizione basata sui concetti di carica/campo eun esempio di effective theory perche fornisce un metodo per calcolare la forza di Lorentzagente su una piccola carica di prova collocata in una distribuzione di cariche/correnti senzainteressarsi al fenomeno elementare sottostante, cioe lo scambio di fotoni fra le particelledella distribuzione.

Seconda Parte

- L’equazione dell’iconale e una approssimazione dell’equazione che descrive un’onda e-lettromagnetica in propagazione in un dielettrico disomogeneo privo di cariche e correntielettriche libere e caratterizzato da un indice di rifrazione lentamente variabile.- L’equazione di Hamilton-Jacobi, strutturalmente simile all’equazione dell’iconale, vie-ne considerata una approssimazione di un’equazione strutturalmente simile all’equazioned’onda elettromagnetica di cui al punto precedente e da questa ottenibile tenendo contodelle relazioni

E = hω ; p = hk

- Sull’equazione cosı ottenuta e possibile imporre anche una condizione di similitudinefunzionale con l’equazione d’onda e.m.. Scopo della imposizione della similitudine e con-formare la detta equazione in modo che sia soddisfatta da un gruppo d’onde, cosı come loe l’equazione d’onda elettromagnetica.

Il risultato e l’equazione di Schrodinger.

- L’equazione di Schrodinger, applicata allo studio dell’atomo di idrogeno, permette di otte-nere valori dell’energia dell’elettrone in stato stazionario nell’atomo in accordo con quantoprevede il modello di atomo di idrogeno di Bohr oltre che in accordo con l’evidenza speri-mentale. Questo incoraggiante risultato induce ad ampliare, approfondire e consolidare labase formale della Meccanica di Schrodinger.- Alla funzione d’onda soluzione dell’equazione di Schrodinger viene attribuito da M.Bornil significato di ampiezza di probabilita del risultato della misura di una variabile dina-mica relativa al sistema fisico che nell’equazione viene descritto da un operatore associatoall’hamiltoniana del sistema. Nasce la Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione diCopenhagen, che mostra di essere in grado di descrivere correttamente fenomeni che laMeccanica newtoniana non riesce a trattare.- Infine alla Meccanica di Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen, costruita peranalogia strutturale e funzionale con l’effective theory “elettromagnetismo maxwellianonella descrizione basata sui concetti di carica/campo”, si attribuisce un’altra analogia conquest’ultimo, una analogia che puo essere definita “caratteriale”, e cioe: e anch’essa unaeffective theory perche e capace di descrivere le conseguenze su un sistema meccanicodell’esistenza del vuoto senza che questo venga chiamato direttamente in causa.Siamo cosı pervenuti a uno dei due punti focali evidenziati nella Seconda Parte di questostudio: l’analogia strutturale (cercata), funzionale (imposta) e caratteriale (assunta) fral’elettromagnetismo nella descrizione basata sui concetti di carica/campo e la Meccanicadi Schrodinger nell’Interpretazione di Copenhagen.- L’altro punto focale sta nella analogia fra l’Elettromagnetismo maxwelliano nella descri-zione basata sulla modellizzazione del sistema fotoni/vuoto e la Meccanica di Schrodingerbasata sul campo di Schrodinger.

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Seconda Parte: Meccanica quantistica - Capitolo 2

L’analogia fra l’Elettromagnetismo maxwelliano (opportunamente reinterpretato) e la Mec-canica di Schrodinger e cosı completa.La base comune ad entrambe le teorie e il vuoto.

Ecco alcune ipotesi di lavoro che potrebbero dare indicazioni utili per impostare lo studiodella Fisica del vuoto:

1) i fenomeni fisici (meccanici ed elettromagnetici) sono una conseguenza dell’interazionedella materia col vuoto; (i fenomeni elettromagnetici sono una conseguenza dell’interazionecol vuoto di un particolare tipo di materia, la materia elettronica);2) il vuoto non e collocabile nello scenario dello spazio e del tempo;3) un fenomeno, che esiste perche e conseguenza della relazione della materia col vuoto,per poter diventare oggetto di indagine da parte di un osservatore deve essere traguardatoattraverso lo spazio e il tempo;4) chiamiamo questa operazione: uscita del fenomeno dalla relazione col vuoto e ingressonello spazio e nel tempo;5) a ciascun modo di fare uscire dal vuoto un fenomeno corrisponde un tipo di Meccanicaquantistica;6) in Meccanica di Schrodinger gli oggetti coinvolti nel fenomeno, uscendo dal vuoto,devono assumere una posizione/istante: poiche nel vuoto non c’e ne posizione ne istante,l’oggetto assume entrambi a caso compatibilmente col dispositivo di misura; ecco qualepotrebbe essere l’origine della probabilita;7) lo spin di una particella e una modalita di interazione particella/vuoto che all’osserva-zione si presenta come un momento angolare intrinseco della particella;8) i fotoni esistono anch’essi in relazione col vuoto, come ogni altra realta fisica, ma nonlo abbandonano mai; se si cerca di osservarli traguardandoli nello spazio e nel tempo essivengono annichiliti.

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