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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI CAGLIARI DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MATEMATICA TRASFORMATA INVERSA SPETTRALE PER L’EQUAZIONE DI HEISENBERG TESI DI LAUREA DI: RELATORE: Francesca Vargiu Dott. Francesco Demontis Anno Accademico 2014/2015

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI CAGLIARI

DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MATEMATICA

TRASFORMATA INVERSASPETTRALE PER L’EQUAZIONE

DI HEISENBERG

TESI DI LAUREA DI: RELATORE:

Francesca Vargiu Dott. Francesco Demontis

Anno Accademico 2014/2015

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A mia Madre e a mio Padre,perche l’orgoglio nei loro occhie per me il piu grande successo.

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Indice

1 Introduzione 1

1.1 Equazioni integrabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1.1 Integrabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.2 Scopi e risultati conseguiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.2.1 Struttura della tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2 Equazione di Heisenberg VS Equazione non lineare di Schrodinger 11

2.1 L’equazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.2 Inverse Scattering Transform per la NLS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.3 Analisi critica degli articoli [50] e [58]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

3 Problema di scattering diretto per l’equazione di Heisenberg 21

3.1 Soluzioni di Jost . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3.2 Dati di Scattering . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3.3 Evoluzione temporale dei dati di scattering . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

4 Problema di scattering inverso e Inverse Scattering Transform per l’e-quazione di Heisenberg 37

4.1 Equazioni di Marchenko . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.2 IST per l’equazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

4.3 Trasformazione di Gauge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

5 Soluzioni solitoniche dell’equazione di Heisenberg 47

5.1 Metodo delle triplette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

5.2 Rappresentazione grafica di multisolitoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

A La disuguaglianza di Gronwall 55

B Alcuni codici numerici 57

B.1 Soluzioni di Jost (2.21) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

B.2 Soluzioni di Jost (3.20) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

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Bibliografia 69

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Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione della Tesi e chehanno condiviso con me questo percorso.

Grazie anzitutto al mio relatore Dott. Francesco Demontis per aver fatto nascere in mela passione per la ricerca e per la pazienza e i preziosi consigli durante tutta la preparazionedella Tesi.

Grazie al Prof. Cornelis Van der Mee per l’interesse e la disponibilita nel visionare ilmio lavoro.

Grazie al Prof. Matteo Sommacal per le spiegazioni riguardanti il ferromagnetismo eper lo sviluppo della parte numerica con i software Mathematica e Matlab.

Vorrei ringraziare i miei genitori, perche i loro sacrifici hanno fatto si che raggiungessiquesto traguardo, e Flaviano, Laura e Salvatore per avermi sempre incoraggiata.

Un grazie va ai miei colleghi, perche da compagni di studio al Palazzo delle Scienzesono diventati dei cari amici.

Grazie ai miei amici di sempre Alessio, Alice, Maria e Tiziana, per avermi spronato acontinuare nonostante tutte le difficolta.

Grazie ai tanti coinquilini e agli amici incontrati in Erasmus, che hanno gioito per imiei successi e mi hanno consolato nei momenti di sconforto.

Grazie, infine, ad Alessandro perche riesce a credere nelle mie capacita molto piu diquanto faccia io, ma soprattutto grazie per avermi supportato e sopportato negli ultimimesi.

Tutte le persone citate in questa pagina hanno svolto un ruolo fondamentale per menella stesura della tesi e nel mio percorso di studi, e desidero precisare che ogni errore oimprecisione e imputabile soltanto a me.

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Capitolo 1

Introduzione

In questa tesi applichiamo la cosiddetta Inverse Scattering Transform per risolvere il pro-blema ai valori iniziali dell’equazione di Heisenberg. Inoltre, utilizzando tecniche di algebralineare, determiniamo una formula unificata che consente la rappresentazione delle soluzionisolitoniche di tale equazione.

Lo scopo di questo Capitolo e quello di specificare la terminologia utilizzata in tuttoil lavoro di tesi. In particolare, discuteremo il concetto di integrabilita ed introdurremoil metodo della Inverse Scattering Transform riferendoli ad un contesto piu generale, nonlegato all’equazione di Heisenberg.

1.1 Equazioni integrabili

In questa sezione specifichiamo cosa debba intendersi per equazione non lineare di evo-luzione di tipo integrabile e ripercorriamo le principali tappe storiche che hanno condottoall’elaborazione di tale concetto. Viene inoltre presentato il metodo della Inverse ScatteringTransform (IST).

1.1.1 Integrabilita

Molti interessanti problemi fisici e ingegneristici sono modellizzati tramite un’equazione1 non lineare evolutiva alle derivate parziali (NLPDE), nelle variabili indipendentix ∈ R (variabile spaziale) e t ∈ R (variabile temporale). Ci occuperemo di una classeparticolare di NLPDE, le cosiddette NLPDE integrabili.In letteratura sono presenti diverse definizioni di integrabilita. In questa tesi faremoriferimento alla seguente [40, 2]:

1In alcuni casi tramite un sistema di equazioni.

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Definizione 1.1 (Integrabilita) Consideriamo una coppia di problemi lineari, coppiaAKNS, della forma

Vx = AV , (1.1a)

Vt = BV (1.1b)

dove V , A e B sono tutte matrici quadrate di ordine p dipendenti da (x, t, λ), e V einvertibile. Una NLPDE e detta integrabile se e possibile ottenerla dalle (1.1) imponendola condizione di compatibilita Vxt = Vtx, ovvero dalla condizione equivalente:

At −Bx + AB −BA = 0 . (1.2)

La formula (1.2) e nota come zero-curvature condition e la sua importanza sta nel fattoche ad essa si riconduce la NLPDE che si vuole studiare. Illustriamo la Definizione 1.1 conil seguente

Esempio 1.1 (Korteweg-de Vries) Consideriamo le matrici:

A =

(0 u− λ1 0

)e B =

(ux −4λ2 + 2λu+ 2u2 − uxx

4λ+ 2u −ux

).

Imponendo la condizione (1.2), dopo semplici calcoli si trova:(0 ut + uxxx − 6uux0 0

)=

(0 00 0

),

e quindi la condizione (1.2) e soddisfatta se e solo se

ut + uxxx − 6uux = 0 . (1.3)

L’equazione (1.3), nota come equazione di Korteweg-de Vries (KdV), e quindi integrabilenel senso specificato dalla Definizione 1.1.

Questa equazione e usata per descrivere l’evoluzione, per tempi lunghi, di onde monodimen-sionali dispersive in cui l’ampiezza dell’onda e piccola rispetto alla profondita del canale,cioe se a denota l’ampiezza e h la profondita del canale allora a

h 1 (a sua volta la pro-

fondita e piccola rispetto alla lunghezza d’onda). Inoltre tale equazione e usata anche permodellizzare le onde idromagnetiche nel plasma [33]. La KdV e importante anche perche estata la prima equazione ad essere riconosciuta integrabile nel senso della Definizione 1.1.Osserviamo che spesso il problema si presenta in “senso opposto”, ovvero data una certaNLPDE e importante stabilire se essa e integrabile. Occorre cioe determinare una coppiadi matrici A e B in modo che l’equazione (1.2) generi la NLPDE di partenza. Al fine diapprezzare ulteriormente l’importanza della Definizione 1.1, ripercorriamo brevemente la

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storia delle equazioni integrabili.

Cenni storiciL’inizio della storia delle equazioni integrabili si fa risalire al 1834. J.S. Russell, ingegnerenavale scozzese e ufficiale della Marina Inglese, mentre conduceva degli esperimenti perla progettazione di barche da far navigare nello Union Canal tra Edimburgo e Glasgow,osservo un’onda solitaria risalire il canale. Usando le sue stesse parole [45]:

Stavo osservando il moto di un battello che veniva trainato rapidamente lungouno stretto canale da una coppia di cavalli, quando il battello improvvisamentesi fermo, non fece altrettanto la massa d’acqua del canale che esso aveva messoin moto; essa si accumulo attorno alla prua del battello in uno stato di violentaagitazione, dopo di che si mosse in avanti con grande velocita.La seguii a cavallo lungo la sponda del canale e la superai mentre stava ancoraprocedendo ad una velocita di otto o nove miglia all’ora, ancora conservandoil suo aspetto originario di circa trenta piedi di lunghezza e un piede e mezzoin altezza. La sua altezza diminuı gradualmente e dopo un inseguimento di unmiglio o due, la persi nei meandri del canale.Questo, nel mese di Agosto 1834, fu il primo casuale incontro con quel fenomenobello e singolare che ho chiamato “Onde di Traslazione”.

La bellezza e la singolarita del fenomeno sopra descritto risiede nel fatto che l’onda risalissela corrente del canale per chilometri senza perdere energia. Russell fu anche in grado dideterminare sperimentalmente la seguente relazione

c2 = g(h+ a) , (1.4)

dove c, h, a e g sono, rispettivamente, la velocita, la profondita del canale, l’ampiezzadell’onda, e la costante di gravita.

Nel 1877 nella monografia del matematico francese Boussinesq [18] apparve un’equazio-ne alle derivate parziali che modellizzava il fenomeno osservato da Russell. Tale equazione eottenuta nel sistema di riferimento solidale con l’onda e non e quindi ottimale per lo studiodel fenomeno. Nonostante cio, l’autore riuscı a ricavare alcune soluzioni “particolari” ditale equazione (da lui chiamate ondes solitaires) che consentono di spiegare teoricamentele osservazioni di Russell.

Nel 1895 D.J. Korteweg e G. de Vries [39] proposero un’equazione che, dopo averopportunamente riscalato le grandezze fisiche in essa presenti, assume la forma (cfr. conesempio (1.3))

ut + uxxx − 6uux = 0 .

Anche tale equazione consente di interpretare l’esperimento di Russell correttamente. L’e-qazione (1.3), a differenza dell’equazione ottenuta da Boussinesq, fu ottenuta rispetto a

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un sistema di riferimento assoluto. Korteweg e de Vries trovarono sia soluzioni espressein termini di funzioni ellittiche (nel caso in cui la soluzione non decada all’infinito), siasoluzioni che tendono a zero all’infinito per t fissato. In particolare, essi trovarono quellache oggi e nota come soluzione monosolitonica (vedi formula (1.5) piu avanti).

Dopo il 1895 non furono compiuti nuovi progressi nello studio dell’equazione (1.3) edelle sue applicazioni. Nel 1960 C.S. Gardner e G.K. Morikawa [33] ”riscoprirono” la KdVcome equazione che modellizza la trasmissione delle onde idromagnetiche.

Un altro filone di ricerche che, successivamente, ha messo in evidenza il ruolo centraledella KdV e stato iniziato nel 1954 da E. Fermi, J. Pasta e S. Ulam [31]. Essi condusserouno studio su un sistema costituito da 64 molle disposte una di seguito all’altra. Essideterminarono le equazioni di moto di tale sistema nel caso in cui su di esso agisse unasollecitazione nonlineare.2 Da tali equazioni gli autori pensavano di poter dedurre che l’e-nergia, dopo un certo intervallo di tempo, si equipartisse fra i vari modi di oscillazione.Tuttavia le esperienze numeriche condotte non evidenziarono un simile comportamento.Questo fece si che gli autori non pubblicassero i risultati delle loro ricerche che furono perotrascritti in un report interno dei laboratori di Los Alamos [31]. I risultati delle simulazio-ni numeriche condotte da Fermi, Pasta e Ulam3 erano comunque ben noti nella comunitascientifica. Nel 1965 N.J. Zabusky e M.D. Kruskal [54], per spiegare il modello reticolaredi Fermi-Pasta-Ulam, osservarono che in un opportuno limite, esso si puo ricondurre al-l’equazione KdV. Quindi, per via numerica constatarono che le onde solitarie della KdVinteragiscono elasticamente (nel senso che durante l’interazione esse passano una attraver-so l’altra, per poi riprendere ciascuna sia la forma caratteristica che la velocita posseduteprima dell’urto). Zabusky e Kruskal coniarono il termine ”solitone” per descrivere le ondeche presentano questo tipo di interazione.

Divenne quindi sempre piu importante avere a disposizione nuove metodologie mate-matiche per risolvere il problema a valori iniziali per la KdV. Nel 1967 C.S. Gardner, J.M.Greene, M.D. Kruskal e R.M. Miura [32] presentarono un tale metodo innovativo: il me-todo della Inverse Scattering Transform (IST). Descriveremo in dettaglio come funzionala IST successivamente. Osserviamo, pero che P.D. Lax nel 1968 ([40]) giustifico la pos-sibilita di utilizzare la IST per quelle equazioni che, come la KdV, si possono ottenere daun problema di compatibilita dello stesso tipo di quello espresso dalle equazioni (1.1). Illavoro di Lax fece sı che molti studiosi si dedicassero alla ricerca di equazioni integrabili e,negli anni successivi, molte equazioni di questo tipo vennero determinate.

Riportiamo alcune delle equazioni integrabili piu importanti in base alle applicazioniad esse associate (limitandoci a modelli con variabile spaziale e temporale continue):

• equazione non lineare di Schrodinger (NLS)

iut + uxx ± 2 | u |2 u = 0 .

2Piu precisamente analizzarono il caso in cui le forze fossero del tipo |~F | = k1|P − O| + k2|P − O|2 o

|~F | = k1|P −O|+ k2|P −O|3.3Il lavoro di programmazione fu sviluppato da M. Tsingou.

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Essa descrive la propagazione di segnali nelle fibre ottiche e di superfici d’onda nelleacque profonde. E considerato un modello universale, nel senso che ad un sistemadi equazioni di questo tipo possono essere sempre ricondotti quasi tutti i sistemiconservativi, debolmente nonlineari e dispersivi (per maggior dettagli su questo puntoinvitiamo il lettore a consultare [1, 3]).La coppia AKNS che genera tale equazione [53, 56] e:

A = −iλσ3 +Q , B = −2iλ2σ3 − iσ3Q2 + 2λQ+ iσ3Qx ,

dove

σ3 =

(1 00 −1

), Q =

(0 u∓u∗ 0

).

• equazione di sine-Gordon

uxt = sinu .

Tale equazione e stata introdotta per la prima volta per studiare le superfici acurvatura costante negativa [17] e, successivamente, in biologia per descrivere ilcomportamento del DNA [46]. La coppia AKNS per tale equazione [2, 8, 53] e:

A =

(−iλ −1

2ux

12ux iλ

), B =

i

(cosu sinusinu − cosu

).

Soluzioni SolitonicheLe equazioni integrabili sono caratterizzate da una notevole serie di proprieta. Le piuimportanti sono le seguenti:

a. ammettono una classe notevole di soluzioni, dette soluzioni solitoniche;

b. possiedono infinite quantita conservate [11, 30];

c. sono sistemi Hamiltoniani totalmente integrabili [35, 11]4.

In questa tesi, ci soffermeremo esclusivamente sulla prima di tali proprieta. Per questaragione e importante specificare meglio cosa si intenda per soluzioni solitoniche, o piu bre-vemente solitoni.I solitoni sono soluzioni di data NLPDE del tipo travelling waves f(x, t) = h(x− ct). Essisono onde solitarie che si propagano mantenendo inalterate la velocita di propagazione e laloro forma. Inoltre, sono tali che l’interazione tra due (o piu) di essi avviene elasticamente

4Ovvero esiste una trasformazione canonica dall’insieme delle variabili fisiche ad un set di variabiliazione-angolo.

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(nel senso che durante l’interazione i solitoni passano uno attraverso l’altro e successiva-mente riprendono la loro forma 5. Un esempio di soluzione di solitonica per la KdV e laseguente:

u(x, t) =c

2sech2

[√c

2(8x− ct− e)

](1.5)

dove e e una costante arbitraria e piu precisamente l’equazione (1.5) descrive un solitoneche si propaga nell’asse delle ascisse verso destra.

Inverse Scattering TransformLa conoscenza della coppia AKNS (1.1), come gia accennato precedentemente, si traduce,spesso, nella possibilita di poter risolvere il problema a valori iniziali per la corrispondenteNLPD tramite la IST. La IST rappresenta l’analogo nonlineare della trasformata di Fourier.E noto che la trasformata di Fourier consente di risolvere un’equazione differenziale lineareordinaria (ODE) procedendo nel seguente modo. Per prima cosa si trasforma la ODE inun’equazione algebrica nel dominio delle frequenze e successivamente si ”antitrasforma”la soluzione ottenuta nel dominio delle frequenze nella soluzione cercata. La IST agiscein modo simile. Essa associa al problema ai valori iniziali per la NLPDE un opportunoproblema lineare agli autovalori, cioe l’equazione (1.1a) della AKNS in cui il dato inizialeappare come coefficiente (tale coefficiente e chiamato potenziale). L’analisi spettrale di taleproblema consente di determinare i cosiddetti dati di scattering la cui evoluzione temporalepuo essere determinata tramite l’equazione (1.1b). Quindi l’analogia fra la trasformata diFourier e la IST e data dal fatto che la IST permette di passare dalle variabili originali aquelle spettrali che, solitamente, ammettono una piu semplice evoluzione temporale. Sup-posto di poter calcolare i dati di scattering al tempo t in modo piu elementare, la funzionepotenziale dipendente dal tempo e corrispondente a tali dati di scattering rappresenta lasoluzione del problema ai valori iniziali per la data NLPDE.

In particolare, per determinare la soluzione del problema ai valori iniziali della NLPDEoggetto di studio si procede attraverso tre passi. Per semplicita espositiva illustriamo talipassi facendo riferimento al problema ai valori iniziali per la KdV:

ut + uxxx − 6uux = 0

u(x, 0) = q(x)(1.6)

Dopo aver associato al problema (1.6) il problema agli autovalori

ψ′′ + q(x, t)ψ = k2ψ

(ovvero l’equazione lineare di Schrodinger) la descrizione e come segue:

Passo 1. (scattering diretto) Si costruiscono i dati di scattering essendo q(x, 0) nota.

5Subendo, al piu, uno shift della fase.

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Passo 2. (propagazione dei dati di scattering) Si determina come i dati di scatteringevolvono nel tempo.

Passo 3. (scattering inverso) Si determina la funzione q(x, t) corrispondente ai dati discattering determinati nel passo precedente. Questo passaggio e legato alla possibilitadi risolvere opportune equazioni integrali dette equazioni di Marchenko. La funzioneq(x, t) e la soluzione del problema (1.6).

Possiamo riassumere i tre passi sopra illustrati nel seguente diagramma:

q (x, 0)problema scattering diretto−−−−−−−−−−−−−−−→ S (λ, 0)yIST evoluzione temporale

yq (x, t) ←−−−−−−−−−−−−−−−−

problema scattering inversoS (λ, t)

Nel diagramma sopra riportato S(λ, t) denota la matrice di scattering “contenente” i datidi scattering.

Nella tesi illustreremo dettagliatamente questi tre passi per l’equazione di Heisenberg(HF). Combinando la IST con opportune tecniche di algebra lineare e il metodo delletriplette (utilizzato in [9, 10, 52, 7]), riusciremo a determinare una formulazione esplicitaper il calcolo di soluzioni solitoniche per l’equazione HF. In cosa consiste il metodo delletriplette?

Metodo della triplette e soluzioni solitonicheLe soluzioni solitoniche sono caratterizzate dal fatto che il coefficiente di riflessione (cioe unodei dati di scattering) e nullo. In tal caso, il nucleo delle equazioni integrali di Marchenkopuo esprimersi come prodotto di tre matrici 6 ed e questa particolare rappresentazione delnucleo che da il nome al metodo. L’analisi delle equazioni di Marchenko in cui il nucleoappare nella forma fattorizzata a cui si e fatto cenno sopra, evidenzia come tali equazionisiano a variabili separabili e quindi risolubili in forma chiusa. Si e gia avuto modo disottolineare, nella sezione precedente, come le equazioni di Marchenko siano solitamenteusate per formulare il problema inverso associato a un dato problema lineare agli autovalori.La conoscenza delle soluzioni di tali equazioni consente quindi di risolvere esplicitamentetale problema inverso e il metodo delle triplette consente di conseguire questo risultato (nelcaso in cui ci si limiti alla ricerca di soluzioni solitoniche).

Il metodo delle triplette e stato inizialmente usato [9, 52] per risolvere problemi inversiin cui non appariva la variabile temporale. Solo recentemente si e adottato il metodo in uncontesto piu complesso (come quello della IST) per la determinazione di soluzioni solitoni-che per opportune NLPDE integrabili di evoluzione [10, 7, 8, 26]. Nel Capitolo 5 il metodo

6Tali matrici devono soddisfare opportune proprieta che saranno dettagliatamente discusse nel Capitolo5.

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delle triplette sara dettagliatamente discusso in relazione all’equazione di Heisenberg (1.7)essendo lo strumento che ha permesso la determinazione delle soluzioni solitoniche di taleequazione.

Metodi simili al metodo delle triplette utilizzati per la risoluzione di NLPDE integrabilisono stati presentati anche in [34, 5, 47, 48].

1.2 Scopi e risultati conseguiti

L’obiettivo principale di questa tesi e quello di trovare le soluzioni solitoniche dell’equazioneintegrale di Heisenberg7 (HF)

mt = m ∧mzz (1.7)

dove m (z, t) ∈ R3 con ‖m (z, t) ‖ = 1, m (z, t) → (0, 0, 1)T quando z → ±∞ e ∧ denotail prodotto vettoriale.

Tale equazione descrive la magnetizzazione, su scala nanometrica, di un materialeferromagnetico unidimensionale nel caso isotropico.

Per ottenere le soluzioni solitoniche esplicite della HF abbiamo combinato la IST (ov-viamente dopo averla sviluppata rigorosamente per tale equazione) con il metodo delletriplette di matrici. I risultati ottenuti in questo modo confluiranno nell’articolo [23] at-tualmente in preparazione.Sebbene la IST per tale equazione fosse gia stata proposta da Takhtajan nel 1977 [50] e daZakharov e Takhtajan nel 1979 [58], alcuni aspetti necessitano di essere sviluppati in modopiu dettagliato e altri di essere introdotti in modo diverso. Questa esigenza ha condotto adavere una “nuova” formulazione della IST. Basandoci su questa nuova formulazione e sulmetodo delle triplette costruiremo, nel caso in cui il coefficiente di riflessione sia nullo, unaformula unificata per la rappresentazione delle soluzioni solitoniche della Heisenberg. Taleformula contiene le soluzioni solitoniche finora note in letteratura ed una nuova classe disoluzioni. In particolare, abbiamo anche costruito diversi esempi numerici con il softwareMathematica atti ad illustrare i risultati di tale formula.Uno dei motivi principali per cui pensiamo che questa tesi possa essere utile e ancheinnovativa e il seguente: riteniamo che la nuova formulazione della IST proposta per l’e-quazione (1.7) possa condurre alla determinazione di soluzioni solitoniche in forma chiusaper l’equazione integrabile di Landau-Lifshitz

mt = m ∧mzz +m ∧ Jm , (1.8)

dove J e una matrice diagonale 3 × 3 ad entrate reali, con 0 < J1 ≤ J2 ≤ J3 e J1 <J3. L’integrabilita per l’equazione (1.8) e stata dimostrata da E.K. Sklyanin [49] e daA.E. Borovik e i suoi coautori in [15, 16]. Osserviamo che l’equazione (1.8) “degenera”nell’equazione di Heisenberg (1.7) nel caso in cui si scelga J1 = J2 = J3.

7nota come the continuous Heisenberg Ferromagnetic chain equation

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Piu precisamente, riteniamo che anche per l’equazione (1.8) nel caso in cui due dei Jisiano uguali, per opportune condizioni iniziali, si possa sviluppare la IST in modo moltosimile a quanto faremo per l’equazione di Heisenberg.L’equazione di Landau-Lifshitz e un modello, alle nanoscale, per la dinamica di un sistemamagnetico uni-dimensionale in presenza di anisotropia. L’importanza di tale modello edovuto al fatto che nel 2013, alle dimensioni delle nanoscale, sono stati osservati sperimen-talmente i cosiddetti magnetic-droplet. Si ritiene che i magnetic-droplets possano essereutilizzati per nuove applicazioni in campo tecnologico [42], come per esempio i gates logici.Tali applicazioni giustificano la ricerca di soluzioni esatte per l’equazione (1.8). Nel 2014R.F. Bikbaev, A.I. Bobenko e A.R. Its [14] hanno trovato un’ampia classe di soluzioni della(1.8) usando il cosiddetto D bar method. Le soluzioni ottenute in [14] sono pero espressein termini di funzioni ellittiche. Il metodo da noi sviluppato per l’equazione di Heisenbergpotrebbe essere adattato per determinare soluzioni solitoniche dell’equazione (1.8) in cuicompaiono pero solo funzioni elementari.

1.2.1 Struttura della tesi

La tesi e organizzata in questo modo:Nel Capitolo 2, dopo aver discusso l’integrabilita dell’equazione di Heisenberg esibendonela coppia AKNS, mostriamo il legame che sussiste tra questa equazione e l’equazione non-lineare di Schrodinger [58], sulla quale esiste un’ampia bibliografia, [3, 58, 2]. Concludiamoil capitolo esponendo brevemente la IST per l’equazione NLS.Nel Capitolo 3 studiamo il problema di scattering diretto per l’equazione di Heisenbergal tempo t = 0. In particolare, introduciamo le funzioni di Jost e i dati di scatteringcorrispondenti al problema spettrale ad essa associato, dei quali poi determiniamo la loroevoluzione temporale.Nel Capitolo 4 studiamo, invece, il problema inverso formulandolo in termini di equazioniintegrali di Marchenko e dimostriamo la formula che lega le soluzioni dell’equazione di Mar-chenko con il potenziale, la quale ci permette di trovare le soluzioni del problema ai valoriiniziali studiato. Concludiamo questo capitolo rivedendo i passi dell’IST per l’equazionestudiata.Nel Capitolo 5 applicando il metodo delle triplette, nel caso in cui il coefficiente di riflessionesia nullo, determiniamo la formula esplicita delle soluzioni multisolitoniche dell’equazionedi Heisenberg. Presentiamo, infine, degli esempi nuerici per la soluzione monosolitone eper la soluzione a solitone doppio.

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Capitolo 2

Equazione di Heisenberg VSEquazione non lineare di Schrodinger

In questo capitolo studieremo l’equazione integrabile di Heisenberg, nota come theHeisenberg Ferromagnetic chain equation (HF). Come gia e stato visto nel Capitolo 1,questa equazione descrive la magnetizzazione, su scala nanometrica, di un materiale ferro-magnetico unidimensionale in assenza di anisotropia e di campo magnetico esterno.

Osserviamo che lo studio dei fenomeni ferromagnetici su scala microscopica e molto piucomplicato ed esula dalla trattazione di questa tesi1. Il lettore interessato a tali modellipuo trovare una chiara ed esaustiva esposizione in [6].

Nella prima sezione di questo capitolo, dopo aver esibito la coppia AKNS che general’equazione di Heisenberg, discutiamo i legami di questa equazione con un’altra importan-te equazione integrabile sulla quale esiste una vasta e ricca letteratura: l’equazione nonlineare di Schrodinger (NLS). Infatti, l’equazione HF e l’equazione NLS sono legate dauna particolare trasformazione detta trasformazione di gauge, che mappa biunivocamentele soluzioni dell’equazione di Heisenberg nell’equazione NLS [58]. Nella seconda sezioneconsideriamo brevemente la IST per l’equazione NLS con soluzioni che decadono quandola variabile spaziale tende a infinito e la variabile temporale e fissata. Infine, nell’ultimasezione analizziamo il lavoro di Takhtajan [50] in cui fu sviluppata, per la prima volta, laIST per l’equazione di Heisenberg.

2.1 L’equazione di Heisenberg

Come gia visto nel capitolo precedente l’equazione integrabile di Heisenberg e la seguente:

mt = m ∧mzz

1E sufficiente accennare al fatto che su scala microscopica diventa importante anche l’effetto quanti-stico noto come exchange interaction e che il modello matematico che descrive l’evoluzione del momentomagnetico m va sempre considerato insieme con le equazioni di Maxwell.

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dove m (z, t) ∈ R3 con ‖m (z, t) ‖ = 1, e m (z, t)→ (0, 0, 1)T quando z → ±∞.Questa equazione e stata intensamente studiata alla fine degli anni 70. In particolare,

Tjon e Wright [51] determinarono la soluzione monosolitonica e studiarono numericamentei processi di scattering fra due monosolitoni. Successivamente, nel 1977 Takhtajan [50]provo l’integrabilita dell’equazione HF. Infine, nel 1979 Takhtajan e Zakharov in [58], mo-strarono come si possa stabilire una corrispondenza fra l’equazione HF e la NLS tramiteuna cosiddetta trasformazione di gauge. Prima di spiegare in cosa consista una tale tra-sformazione, osserviamo che a seguito del risultato conseguito da Takhtajan e Zakharovl’interesse verso l’equazione HF e andato diminuendo in quanto, in linea di principio, ognirisultato stabilito sulla NLS puo essere mappato in un analogo risultato per il modellodi Heisenberg. Tuttavia e importante osservare che, qualora si voglia sviluppare la ISTper la piu generale e complicata equazione di Landau-Lifshitz (LL),2 occorre modificare,generalizzandoli, i problemi di scattering diretto ed inverso, associati all’equazione di Hei-senberg. Studieremo i problemi di scattering diretto ed inverso in dettaglio nei prossimidue capitoli, mettendo in evidenza le differenze tra il nostro approccio e quello presentatonei lavori [50, 58].

In questa sezione dimostreremo l’integrabilita dell’equazione HF (1.7) e specificheremocosa si intenda per trasformazione di gauge.

IntegrabilitaLa coppia AKNS assocciata all’equazione HF e la seguente:

Vz = AV = [iλ(m · σ)]V , (2.1a)

Vt = BV = [−2iλ2(m · σ)− iλ(τ · σ)]V , (2.1b)

dove σ e il vettore colonna con entrate le matrici di Pauli:

σ1 =

(0 11 0

), σ2 =

(0 −ii 0

), σ3 =

(1 00 −1

),

e τ = m ∧mz, m ·σ = m1σ1 +m2σ2 +m3σ3 e λ ∈ C . Verifichiamo che la coppia AKNS(2.1) soddisfa alle condizioni della Definizione 1.1, ovvero determina l’equazione HF. A talproposito imponiamo la condizione di compatibilita (1.2), cioe

Az −Bt + AB −BA = 02×2 .

Tenendo conto delle relazioni (~a · σ)(~b · σ) = (~a ·~b)I2 + i(~a ∧~b) · σ, dopo semplici calcolil’equazione (1.2) diventa:

iλ([mt + τ z] · σ) + 2iλ2[(mz +m× τ ) · σ] = 02×2 . (2.2)

2Si veda il capitolo precedente per le applicazioni dell’equazione LL.

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Dal momento che l’equazione (2.2) deve essere soddisfatta comunque si scelga λ, essa risultaessere equivalente alla coppia di equazioni:

mz +m ∧ τ = 0 , (2.3a)

mt + τ z = 0 . (2.3b)

Quindi la coppia AKNS (2.1) e equivalente alle equazioni (2.3). E pero immediato dimo-strare che l’equazione (2.3a) risulti essere un’identita. Infatti:

mz +m ∧ τ = mz + [m ∧ (m ∧mz)] = mz + [(m ·mz)m− ‖m‖2mz] = mz −mz = 0 ,

dove si e tenuto conto che essendo m un vettore di norma uno risulta m ·mz = 0.Quindi la coppia AKNS (2.1) e equivalente alla sola equazione (2.3) che coincide conl’equazione di Heisenberg. Resta cosı provata l’integrabilita dell’equazione di Heisenbergnel senso della Definizione 1.1.

Gauge EquivalenceDate due equazioni integrabili, si dice che sono equivalenti tramite una trasformazione digauge se e possibile stabilire una corrispondenza biunivoca fra le loro due coppie AKNS.Piu precisamente si e soliti dare la seguente:

Definizione 2.1 Siano date V

(s)x = A(s)V (s) ,

V(s)t = B(s)V (s) ,

(2.4)

le coppie AKNS (s = 1, 2) che generano le due equazioni integrabili essendo V (s), A(s) eB(s) matrici quadrate di ordine n che dipendono dai parametri (x, λ, t). Una matrice ginvertibile di ordine n, non dipendente da λ e detta trasformata di gauge dalla seconda allaprima coppia AKNS se le seguenti identita sono soddisfatte:

A(1) = gA(2)g−1 + gxg−1 ,

B(1) = gB(2)g−1 + gtg−1 .

E immediato verificare che se g e una trasformazione di gauge dalla seconda coppia AKNSalla prima, allora g−1 e una trasformazione di gauge della prima coppia AKNS alla seconda.In entrambi i casi le due coppie sono dette equivalenti tramite una trasformazione di gauge.

Se poniamo V (1) = gV (2) dove V (2) soddisfa la (2.4) per s = 2 e g e una trasformazionedi gauge dalla seconda coppia alla prima, allora V (1) soddisfa la (2.4) per s = 1. Infatti siha:

V (1)x =

(gV (2)

)x

= gxV(2) + g

(V (2)

)x

= gxg−1gV (2) + gA(2)g−1gV (2)

=(gxg−1 + gA(2)g−1

)gV (2) = A(1)gV (2) = A(1)V (1).

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quindi V(1)x = A(1)V (1) come volevasi dimostrare. In modo analogo si dimostra che V

(1)t =

B(1)V (1).Nel lavoro [58] viene presentata la trasformazione di gauge che consente di mappare sia

soluzioni dell’equazione di Schrodinger nelle soluzioni dell’equazione di Heisenberg (Pro-posizione 1 in [58]) sia soluzioni dell’equazione di Heisenberg in soluzioni dell’equazioneNLS (Proposizione 2 in [58]). In particolare, la trasformazione di gauge presentata in [58]e ottenuta definendo g(x, t) = ψ(x, t, λ = 0) essendo ψ la funzione di Jost3 del problema discattering diretto associato alla NLS.

Nel Capitolo 4 deriveremo la trasformazione di gauge in modo differente rispetto aquanto fatto da Takhtajan e Zakharov in [58].

2.2 Inverse Scattering Transform per la NLS

In questa sezione specificheremo i passi salienti della IST per l’equazione NLS con potenzialidi tipo vanishing4. A differenza dell’equazione di Heisenberg, la IST per la NLS e statasviluppata da molti autori [3, 53, 2, 29] e nulla vi e piu da aggiungere relativamente allasua formulazione. La presentazione della IST per la NLS con soluzioni di tipo vanishing cipermette di descrivere in modo piu particolareggiato, rispetto a quanto fatto nel capitoloprecedente, la tecnica della IST.

Consideriamo l’equazione non lineare di Schrodinger (NLS)

iqt + qxx ± 2|q|2q = 0 . (2.6)

Come gia visto nel Capitolo 1, tale equazione interviene in numerosi contesti applicativi,quali, per esempio, la propagazione ondosa in acque profonde [4, 56], la propagazione disegnali in fibre ottiche [37, 38], lo studio del plasma nell’idrodinamica [55] e dei condensatidi Bose-Einstein [43]. L’integrabilita di questa equazione e la possibilita di applicare ilmetodo della IST per risolvere il problema ai valori iniziali ad essa associato (nel casodi potenziale vanishing) fu stabilita per la prima volta da Zakharov e Shabat nel 1972[55]. Successivamente diversi autori formalizzarono ed estesero, al caso vettoriale prima ematriciale poi, tali risulati [41, 2, 29, 3, 53].

La coppia AKNS che “genera” l’equazione NLS e la seguente:

Vx = AV = − (iλσ3 +Q)V , Vt = BV =(−2iλ2σ3 − iσQ2 + 2λQ+ iσ3Qx

)V , (2.7)

dove

σ3 =

(1 00 −1

), e Q =

(0 q±r 0

).

3Si veda la sezione successiva per la definizione delle funzioni di Jost.4Ovvero potenziali che tendono a zero quando la variabile spaziale tende a infinito e la variabile

temporale e fissata.

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Applicando la condizione di compatibilita (1.2), cioe At −Bx + AB −BA = 0 troviamo(0 iqt + qxx − 2qrq

−irt + rxx − 2rqr 0

)= 02×2 .

Quindi la condizione di compatibilita (1.2) e soddisfatta se e solo seiqt + qxx − 2qrq = 0

−irt + rxx − 2rqr = 0 .(2.8)

Ponendo r = ±q∗ troviamo l’equazione NLS (2.6). In particolare, nel caso in cui r = q∗

si parla di equazione focusing NLS, mentre se r = −q∗ di equazione defocusing NLS 5.Consideriamo ora il problema ai valori iniziali

iqt + qxx ± 2|q|2q = 0 ,

q(x, 0) noto .(2.9)

Al problema (2.9) e associata la prima delle equazioni (2.7) che costituisce il problema discattering corrispondente alla NLS. Tale problema di scattering e anche noto come sistemadi Zakharov-Shabat e si puo scrivere nella forma seguente

iσ3∂ψ

∂x(x, λ)− iQ(x)ψ(x, λ) = λψ(x, λ) , (2.10)

dove Q e σ3 sono definite come nelle equazioni (2.7). In particolare supponiamo che lefunzioni q(x) e r(x) appartengono a L1(R) e λ ∈ C e un paramentro spettrale.

Come accennato nell’introduzione la IST consente di risolvere il problema (2.9) attra-verso la risoluzione dei seguenti tre problemi (in successione): 1) problema di scatteringdiretto, 2) evoluzione temporale dei dati di scattering e 3) problema di scattering inverso.

Affrontiamo, brevemente, lo studio di ciascuno dei tre passi su cui si basa la IST.

Scattering direttoTale problema consiste nella determinazione dei dati di scattering corrispondenti al proble-ma spettrale (2.10) quando e noto il potenziale q(x). Per costruire tali dati di scatteringabbiamo la necessita di definire le cosiddette funzioni di Jost e le matrici di Jost.

Definizione 2.2 Per λ ∈ R, si definiscono le cosiddette funzioni di Jost da sinistra φ(x, λ)e φ(x, λ) e funzioni di Jost da destra ψ(x, λ) e ψ(x, λ) e Φ(x, λ) le colonne, rispettivamente,delle matrici, dette appunto matrici di Jost da sinistra e da destra, che sono soluzioni del

5Si osservi che in questo caso l’equazione NLS non ammette soluzioni solitoniche che decadono a zero,ma ammette un altro di soluzioni solitoniche (vedi [38, 57]).

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sistema (2.10)che soddisfano le seguenti condizioni asintotiche

Ψ(x, λ) = (ψ(x, λ) ψ(x, λ)) =

e−iλxσ3 [I2 + o(1)], x 7→ +∞e−iλxσ3 [al(λ) + o(1)], x 7→ −∞

(2.11a)

Φ(x, λ) = (φ(x, λ) φ(x, λ)) =

e−iλxσ3 [ar(λ) + o(1)], x 7→ +∞e−iλxσ3 [I2 + o(1)], x 7→ −∞

(2.11b)

dove I2 e la matrice identita di ordine 2.

Poiche il sistema di equazioni (2.10) e un sistema di equazioni differenziali lineare, omogeneoe del primo ordine, le matrici Φ e Ψ devono essere linearmente dipendenti. In altre parolele matrici di Jost sono proporzionali e valgono le seguenti relazioni:

Φ(λ, x) = Ψ(x, λ)al(λ) , Ψ(x, λ) = Φ(x, λ)ar(λ) , (2.12)

dove ar(λ) e al(λ) sono le matrici dipendenti solo dal parametro λ sotto indicate:

ar(λ) =

(ar1(λ) ar2(λ)ar3(λ) ar4(λ)

)al(λ) =

(al1(λ) al2(λ)al3(λ) al4(λ) .

)Si e soliti sviluppare la teoria di scattering diretto e inverso sotto l’ipotesi che non ci sianosingolarita spettrali, ovvero non esistano λ ∈ R per cui una tra le funzioni ar1(λ), ar4(λ), al1(λ), al4(λ)si annulli. D’ora in avanti ammetteremo che questa ipotesi sia sempre soddisfatta.

Le matrici ar(λ) e al(λ) sono dette matrici di transizione in quanto permettono di“passare” da una matrice di Jost all’altra. Inoltre, e immediato verificare che esse sonol’una l’inversa dell’altra, cioe al(λ)ar(λ) = ar(λ)al(λ) = I2. Riscrivendo l’equazione (2.10)nella seguente forma

∂y(e−iλ(x−y)σ3A(y, λ)) = σ3e

−iλ(x−y)σ3Q(y)A(y, λ) (2.13)

e integrando rispetto a y si ottengono le seguenti equazioni (dette equazioni di Volterra):

Ψ(x, λ) = e−iλxσ3 + iσ3

∫ ∞x

dy eiλ(y−x)σ3Q(y)Ψ(y, λ) , (2.14a)

Φ(x, λ) = e−iλxσ3 − iσ3

∫ x

−∞dy eiλ(y−x)σ3Q(y)Φ(y, λ) . (2.14b)

Iterando le due equazioni integrali (2.14) si puo dimostrare che esse ammettono un’unicasoluzione. Inoltre, per le soluzioni delle equazioni (2.14) valgono le seguenti stime

‖Ψ(x, λ)‖ ≤ e(∫∞x dy ‖Q(y)‖) , (2.15a)

‖Φ(x, λ)‖ ≤ e(∫ x−∞ dy ‖Q(y)‖) . (2.15b)

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Le stime (2.15) si ottengono mediante l’applicazione del Lemma di Gronwall (vedi Appen-dice 1 A). Le proprieta analitiche delle soluzioni di Jost ψ(λ, x), ψ(λ, x), φ(λ, x) e φ(λ, x)sono ben note essendo state analizzate in dettaglio, per esempio, in [53, 3]. In particolare,per ∀λ ∈ R risulta che le funzioni e−iλxψ(λ, x) e eiλxφ(λ, x) sono continue in (λ, x) ∈ C+ eanalitiche in (λ, x) ∈ C+ ∀x ∈ R, mentre le funzioni e−iλxφ(λ, x) e eiλxψ(λ, x) sono continueper (λ, x) ∈ C− e analitiche in (λ, x) ∈ C+ ∀x ∈ R.

Infine, ricordiamo che le funzioni di Jost Ψ(x, λ) e Φ(x, λ) ammettono le seguentirappresentazioni triangolari:

Ψ(x, λ) = e−iλxσ3 +

∫ ∞x

dyK(x, y)e−iλyσ3 , (2.16a)

Φ(x, λ) = e−iλxσ3 +

∫ x

−∞dyN (x, y)e−iλyσ3 , (2.16b)

dove K =

(K11(x, y) K12(x, y)K21(x, y) K22(x, y)

), N =

(N11(x, y) N12(x, y)N21(x, y) N22(x, y)

)e, ∀x ∈ R, si ha:

∫ ∞x

dy||K(x, y)||+∫ x

−∞dy||N (x, y)|| < +∞ .

Si possono inoltre dimostrare le seguenti identita:

q(x) = −2K12(x, x) = −2N12(x, x) , q∗(x) = 2K21(x, x) = 2N21(x, x) . (2.17a)

Riordinando le equazioni (2.12), dopo avere posto F−(x, λ) = (ψ(x, λ) φ(x, λ)) e F+(x, λ) =(φ(x, λ) ψ(x, λ)) si ottiene

F−(x, λ) = F+(x, λ)σ3S(λ)σ3 , (2.18)

dove S(λ) e la cosiddetta matrice di scattering. Nell’equazione (2.18) la funzione matricialeF−(x, λ) e continua in λ ∈ C− ∪ R e analitica in λ ∈ C−, mentre la funzione matricialeF+(x, λ) e continua in λ ∈ C+ ∪ R e analitica in λ ∈ C+. La matrice di scattering ha laforma (

T (λ) L(λ)R(λ) T (λ)

),

dove T (λ) e chiamato coefficiente di trasmissione, mentreR(λ) e L(λ) sono detti coefficientedi riflessione rispettivamente da destra e da sinistra.

I dati di scattering associati al sistema di Zakharov-Shabat sono:

1. uno dei coefficienti di riflessione, per esempio, R(λ);

2. i poli del coefficiente di trasmissione T (λ), i quali sono detti autovalori discreti nelsemipiano superiore C+ (o nel semipiano inferiore) e vengono indicati con iaj (con−ia∗j), per j = 1, . . . , N .

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3. un insieme di costanti cj (cj) per j = 1, . . . , N associate agli autovalori discreti iaj(−ia∗j) j = 1, . . . , N nel semipiano superiore (rispettivamente nel semipiano inferiore).Queste costanti sono note come norming constants.

Evoluzione temporale dei dati di scatteringL’evoluzione temporale dei dati di scattering associati al sistema di Zakharov-Shabat eben nota e rinviamo a [56, 2, 29, 3, 53] per i dettagli della loro derivazione. Si trova che ilcoefficiente di trasmissione non dipende dal tempo, cioe

T (λ; t) = T (λ; 0) ,

e, di conseguenza, anche gli autovalori discreti non evolvono nel tempo. Per quanto riguardai coefficienti di riflessione R(λ) e L(λ) la loro evoluzione temporale e:

R(λ; t) = e4iλ2tR(λ; 0), L(λ; t) = e−4iλ2tL(λ; 0),

mentre per le norming costants cj abbiamo

cj(t) = e4iλ2tcj(0) .

Scattering inverso (al tempo t)Tale problema consiste nella ricostruzione del potenziale q(x, t) a partire dai dati di scat-tering al tempo t. Per semplicita restringiamo la nostra attenzione al caso di potenzialifocusing (q = q∗).

Il problema inverso per il sistema di Zakharov-Shabat puo esprimersi tramite le cosid-dette equazioni di Marchenko:

K(x, y; t) + ωl(x+ y; t) +

∫ ∞x

dzK(x, z; t)ωl(z + y; t) = 02×2 , (2.19a)

N (x, y; t) + ωr(x+ y; t) +

∫ ∞x

dzN (x, z; t)ωr(z + y; t) = 02×2 , (2.19b)

dove ωl(w; t) e ωr(w; t) sono i nuclei dell’equazione di Marchenko. Il nucleo ωl(w; t) edefinito nel seguente modo:

ωl(w; t) =

(0 −ρ(w; t)∗ −

∑j cj(t)

∗e−iλ∗jw

ρ(w; t) +∑

j cj(t)eiλjw 0

),

essendo ρ(w; t) la trasformata di Fourier del coefficiente di riflessione6, iλj gli autovaloridiscreti, cj(t) le norming constants. In modo analogo si definisce il nucleo ωr(w; t).

6Si dimostra che, in assenza di singolarita spettrali, esiste una funzione ρ(y; t) appartenente alla classeL1(R) tale che R(λ; t) =

∫∞−∞ dye−iλyρ(y; t).

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Supposto di essere riusciti a risolvere l’equazione di Marchenko (2.19a), il potenzialecorrispondente ai dati di scattering specificati7 si ottiene tramite la relazione

q(x; t) = −2K12(x, x; t) .

Il potenziale cosı costruito costituisce anche la soluzione del problema di Cauchy per laNLS.

Possiamo riassumere i tre passi sopra illustrati nel seguente diagramma:

q(x, 0)problema scattering diretto−−−−−−−−−−−−−−−→ R(λ, 0), (iaj, cj(0))Nj=1yIST evoluzione temporale

yq(x, t) ←−−−−−−−−−−−−−−−−

problema scattering inversoe4iλ2tR(λ, 0), (iaj, e

4ia2stcj(0))Nj=1

2.3 Analisi critica degli articoli [50] e [58].

Una formulazione della IST per l’equazione di Heisenberg, analoga a quella che abbiamoriassunto nella sezione precedente per l’equazione NLS, fu proposta per la prima volta daTakhtajan in [50] e ripresa, successivamente da Takhtajan e Zakharov in [58]. Analizziamobrevemente, mettendo in evidenza le principali criticita, la formulazione della IST propostanei due lavori sopra citati. Tale formulazione si basa sui seguenti quattro passi:

Passo1 Introduzione della coppia AKNS8 che genera l’equazione di Heisenberg. Come ab-biamo gia visto tale coppia e:

Vx = AV = [iλ(m · σ)]V , (2.20a)

Vt = BV = [−2iλ2(m · σ)− iλ(τ · σ)]V , (2.20b)

dove σ e τ sono definite come: τ = m ∧mz e σ e il vettore colonna con entrate lematrici di Pauli:

σ1 =

(0 11 0

), σ2 =

(0 −ii 0

), σ3 =

(1 00 −1

).

Passo2 Risoluzione dei problemi di scattering diretto (e inverso) tramite l’analisi delle solu-zioni di Jost che vengono rappresentate nel seguente modo:

f2(x, λ) = eiλxσ3 + λ

∫ ∞x

K2(x, y)eiλyσ3dy , (2.21a)

g2(x, λ) = eiλxσ3 + λ

∫ x

−∞N2(x, y)eiλyσ3dy . (2.21b)

7Ovvero i dati di scattering utilizzati per costruire il nucleo ωl(w; t).8Takhtajan fu il primo a dimostrare l’integrabilita della HF individuando la coppia AKNS (2.20) che

determina tale equazione.

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Le matrici di Jost (2.21) devono soddisfare l’equazione differenziale (2.20a). Osser-viamo inoltre che la presenza del fattore λ davanti all’integrale implica che non siapossibile determinare in modo diretto il comportamento asintotico per |λ| → ∞ perle soluzioni di Jost (2.21) e, di conseguenza, per i dati di scattering.

Passo3 Formulazione del problema di scattering inverso in termini della seguente equazionedi Marchenko

K2(x, y) + F2(x+ y) +

∫ ∞x

K2(x, z)F2(z + y)dz = 02×2 . (2.22)

Passo4 Ricostruzione del potenziale tramite la seguente equazione (che presuppone di esserein grado di risolvere l’equazione integrale (2.22)):

m · σ = (iK2(x, x) + σ3)σ3(iK2(x, x) + σ3)−1 . (2.23)

In particolare osserviamo che, se si e in grado di risolvere esplicitamente l’equazione(2.22), utilizzando tale soluzione e possibile determinare l’espressione della funzionedi Jost (2.21a). Ovviamente l’espressione della funzione di Jost cosı ottenuta devenecessariamente soddisfare l’equazione differenziale (2.1).

Numericamente abbiamo constatato che lo schema riassunto in questi 4 passi non e consi-stente: ovvero le equazioni (2.20), (2.21), (2.22) e (2.23) non possono essere tutte soddisfat-te simultaneamente. Abbiamo verificato questo fatto nel caso della soluzione monosolitone.In tal caso, le equazioni di Marchenko (2.22) possono essere esplicitamente risolte e, conl’ausilio del software Mathematica, e possibile anche trovare l’espressione delle funzionidi Jost tramite le (2.21). Nella seconda Appendice riportiamo, nel caso monosolitone, ilcodice Mathematica contenente: a) i calcoli relativi alla costruzione delle funzioni di Jost(2.21) e b) la verifica che le funzioni ottenute in questo modo non soddisfano la prima delleequazioni (2.20).

Alla luce di questa importante osservazione si capisce la necessita di formulare in mododiverso i problemi di scattering diretto e inverso associati all’equazione (2.20). Questo el’obiettivo principale dei capitoli successivi.

20

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Capitolo 3

Problema di scattering diretto perl’equazione di Heisenberg

In questo capitolo studiamo lo scattering diretto per il sistema di equazioni differenziali

ψz(z, λ) = iλ(m · σ)ψ(z, λ) , (3.1)

dove m(z, t) ∈ R3 con ‖m(z, t)‖ = 1, e m(z, t) → (0, 0, 1)T quando z → ±∞ e λ e unparametro spettrale e σ e il vettore con entrate le matrici di Pauli:

σ1 =

(0 11 0

), σ2 =

(0 −ii 0

), σ3 =

(1 00 −1

).

Lo studio dell’equazione (3.1) e stato parzialmente sviluppato in [50, 58]. La teoria chepresentiamo in questo capitolo colma alcune lacune presenti in tali lavori. In particolare,doniamo una dimostrazione rigorosa sui domini di analiticita delle autofunzioni dell’equa-zione (3.1) e introduciamo una opportuna rappresentazione triangolare delle funzioni di Jostche consente di studiare il comportamento asintotico per λ→ ±∞ dei dati di scattering.

Nella sezione 3.1 introduciamo le funzioni di Jost e le funzioni di Faddeev e, dopoaver analizzato le proprieta di analiticita di tali funzioni, forniamo una rappresentazionetriangolare delle funzioni di Jost diversa da quella presente in letteratura. Nella sezione 3.2introduciamo i dati di scattering corrispondenti al problema spettrale (3.1). Infine nellasezione 3.3 dimostriamo come i dati di scattering evolvano nel tempo.

3.1 Soluzioni di Jost

In questa sezione dopo aver introdotto le funzioni di Jost e di Faddeev studiamo le proprietadi continuita e di analiticita per tali funzioni.

Ricordiamo che dalla coppia di AKNS (2.20) deriva il seguente problema lineare agliautovalori

Vz(z, λ) = AV = [iλ(m · σ)]V , (3.2)

21

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Definiamo ora le matrici di Jost Ψ(z, λ) e Φ(z, λ) come soluzioni di questo problema lineareagli autovalori e soddisfacenti alle seguenti condizioni asintotiche:

Ψ(z, λ) =(ψ(z, λ) ψ(z, λ)

)= eiλzσ3 [I2 + o(1)], z → +∞, (3.3a)

Φ(z, λ) =(φ(z, λ) φ(z, λ)

)= eiλzσ3 [I2 + o(1)], z → −∞. (3.3b)

Le colonne ψ(z, λ), ψ(z, λ), φ(z, λ), e φ(z, λ) sono dette funzioni di Jost. In seguito useremole seguenti notazioni:

Ψ(z, λ) =

(ψup(z, λ) ψ

up(z, λ)

ψdn(z, λ) ψdn

(z, λ)

), Φ(z, λ) =

up(z, λ) φup(z, λ)

φdn

(z, λ) φdn(z, λ)

). (3.4)

Vale la seguente:

Proposizione 3.1 Le matrici Ψ e Φ appartengono al gruppo SU(2) e quindi valgono leseguenti relazioni:

Ψ11(z, λ)∗ = Ψ22(z, λ), Ψ12(z, λ)∗ = −Ψ21(z, λ), (3.5a)

Φ11(z, λ)∗ = Φ22(z, λ), Φ12(z, λ)∗ = −Φ21(z, λ). (3.5b)

Dimostrazione. Consideriamo il sistema di equazioni differenziali

Vz = C(z)V

E ben noto che, in generale, per tali sistemi di equazioni differenziali vale la seguenterelazione (vedi [21] Thm. I. 7-3):

d

dz(detV ) = Tr(C(z)) detV . (3.6)

Nel caso delle equazioni (3.2) appare la matrice C(z) = iλ(m ·σ) che risulta essere antiher-mitiana1 e a traccia nulla. Percio applicando la (3.6) al sistema di equazioni differenziali

(3.2) si trovad

dz(detV ) = 0, ovvero detV non dipende da z. Le funzioni di Jost Ψ e Φ

sono soluzioni del sistema (3.2) per cui il loro determinante non dipende da z. Per deter-minare il valore di tale determinante basta considerare il loro comportamento asintotico.Si ottiene subito det Ψ = det Φ = 1. Semplici calcoli mostrano anche che

(V †V )z = −V †(A− A)V = 0 ,

cioe V †V non dipende da z. Quindi tenendo conto del comportamento asintotico di Ψ(z, λ)(Φ(z, λ)) si trova:

Ψ†Ψ = I2 , Φ†Φ = I2 .

Quindi le matrici Ψ e Φ sono matrici unitarie il cui determinante vale uno come volevasidimostrare.

1Ricordiamo che una matrice C(z) e detta antihermitiana se C†(z) = −C−1(z).

22

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Dal momento che le due matrici di Jost sono entrambe soluzione dello stesso sistema diequazioni differenziali lineare e omogeneo del primo ordine, allora esiste una cosiddettamatrice di transizione T (λ) ∈ SU(2), tale che

Ψ(z, λ) = Φ(z, λ)T (λ), λ ∈ R , (3.7)

con

T (λ) =

(a(λ) −b(λ)b(λ)∗ a(λ)∗

),

dove |a(λ)|2 + |b(λ)|2 = 1.

D’ora in avanti assumeremo che sia sempre a(λ) 6= 0 ∀λ ∈ R, ovvero che non ci sia alcunasingolarita spettrale2. Sara importante in seguito conoscere le proprieta di analiticita dia(λ) e il comportamento asintotico (per valori di λ → ∞)) delle soluzioni di Jost e deicoefficienti a(λ) e b(λ).

Per semplicita espositive definiamo m0 = m− e3. Possiamo riscrivere il sistema (3.2)con le corrispondenti condizioni asintotiche (3.3) come le seguenti equazioni integrali diVolterra:

Ψ(z, λ) = eiλzσ3 − iλ∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3(m0(z) · σ)Ψ(z, λ), (3.8a)

Φ(z, λ) = eiλzσ3 + iλ

∫ z

−∞dz eiλ(z−z)σ3(m0(z) · σ)Φ(z, λ). (3.8b)

Come conseguenza diretta della disuguaglianza di Gronwall (si veda l’Appendice A) tro-viamo che, per (z, λ) ∈ R2, sussistono le seguenti stime:

‖Ψ(z, λ)‖ ≤ exp

(|λ|∫ ∞z

dz ‖m0(z)‖), (3.9a)

‖Φ(z, λ)‖ ≤ exp

(|λ|∫ z

−∞dz ‖m0(z)‖

), (3.9b)

dove, si e supposto che m0 = m(z) − e3 ha entrate in L1(R). Cominciamo lo studiodell’analiticita e della continuita di a(λ) dimostrando la seguente proposizione:

Proposizione 3.2 Supponiamo che la matrice m0 −m(z) − e3 abbia entrate in L1(R).Allora, le funzioni di Faddeev e−iλzψup(z, λ), e−iλzψdn(z, λ), eiλzφup(z, λ) e eiλzφdn(z, λ)sono analitiche in λ ∈ C+ e continue in λ ∈ C+ ∪ R, mentre le funzioni di Faddeev:

eiλzψup

(z, λ), eiλzψdn

(z, λ), e−iλzφup

(z, λ) e e−iλzφdn

(z, λ) sono analitiche in λ ∈ C− econtinue in λ ∈ C− ∪ R.

2Per singolarita spettrali intendiamo i valori λ ∈ R tali per cui a(λ) = 0.

23

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Dimostrazione. Scriviamo le equazioni integrali di Volterra (3.8) separando le co-lonne della matrice di Jost, cioe:

e−iλzψ(z, λ) =(10

)− iλ

∫ ∞z

dz

(m0(z) m−(z)

e2iλ(z−z)m+(z) −e2iλ(z−z)m0(z)

)e−iλzψ(z, λ) , (3.10a)

eiλzψ(z, λ) =(01

)− iλ

∫ ∞z

dz

(e−2iλ(z−z)m0(z) e−2iλ(z−z)m−(z)

m+(z) −m0(z)

)eiλzψ(z, λ) , (3.10b)

e−iλzφ(z, λ) =(10

)+ iλ

∫ z

−∞dz

(m0(z) m−(z)

e−2iλ(z−z)m+(z) −e−2iλ(z−z)m0(z)

)e−iλzφ(z, λ) , (3.10c)

eiλzφ(z, λ) =(01

)+ iλ

∫ z

−∞dz

(e2iλ(z−z)m0(z) e2iλ(z−z)m−(z)

m+(z) −m0(z)

)eiλzφ(z, λ) . (3.10d)

dove nell’equazione (3.10a) per λ ∈ C+ si ha |e2iλ(z−z)| ≤ 1; nell’equazione (3.10b) perλ ∈ C− s ha |e−2iλ(z−z)| ≤ 1; nell’equazione (3.10c) per λ ∈ C− si ha |e−2iλ(z−z)| ≤ 1;nell’equazione (3.10d) per λ ∈ C+ si ha |e2iλ(z−z)| ≤ 1. Di conseguenza si ha:(

m0(z) m−(z)m+(z) −m0(z)

)= m(z) · σ − σ3

e una matrice hermitiana con autovalori ±√

2(1−m3(z)), la cui norma spettrale coincide

con√

2(1−m3(z)). Applicando la disuguaglianza di Gronwall otteniamo, rispettivamente:

|e−iλzψ(z, λ)| ≤ e|λ|∫∞z dz√

2(1−m3(z)) , λ ∈ C+ , (3.11a)

|eiλzψ(z, λ)| ≤ e|λ|∫∞z dz√

2(1−m3(z)) , λ ∈ C− , (3.11b)

|e−iλzφ(z, λ)| ≤ e|λ|∫ z−∞ dz

√2(1−m3(z)) , λ ∈ C− , (3.11c)

|eiλzφ(z, λ)| ≤ e|λ|∫ z−∞ dz

√2(1−m3(z)) , λ ∈ C+ , (3.11d)

Ciascuna delle equazioni integrali (3.10) puo essere risolta per iterazione, uniformementein (z, λ). In particolare, le iterate delle equazioni (3.10a) convergono uniformemente perz ≥ z0 > −∞ e λ ∈ K+, essendo K+ un sottoinsieme limitato di C+ ∪ R. Analogamenteper le altre equazioni (3.10b)-(3.10d). Piu precisamente, se consideriamo

e−iλzψ(λ, z) =

(10

)+∞∑n=1

ψn(λ, z) , (3.12)

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dove ψn(λ, z) e continua in (λ, z) ∈ C− e analitica in (λ, z) ∈ C+ ∀z ∈ R. Si ha anche che

|ψn(λ, z)| ≤ 1

n!

(|λ|∫ ∞z

dz√

2(1−m3(z))

).

Ricordiamo che il limite di una successione di funzioni continue uniformemente convergentee una funzione continua [22] e il limite di una successione di funzioni analitiche, il cuidominio e un insieme aperto, uniformemente convergente, in ogni sottoinsieme compattodel dominio, e una funzione analitica [22]. Dunque possiamo affermare che e−iλzψ(λ, z) econtinua in (λ, z) ∈ C+ e analitica in (λ, z) ∈ C+ ∀z ∈ R.

Lo stesso ragionamento si applica alle altre funzioni di Jost. Quindi prendendo il limiteper z → −∞ delle componenti up3 di ψ e ψ e il limite per z → +∞ delle componenti dndi φ e φ otteniamo:

a(λ) = 1− iλ∫ ∞−∞

dz[m0(z)e−iλzψup(z, λ)+m−(z)e−iλzψdn(z, λ)

], (3.13a)

a(λ∗)∗ = 1 + iλ

∫ ∞−∞

dz[m0(z)eiλzψ

dn(z, λ)−m+(z)eiλzψ

up(z, λ)

], (3.13b)

a(λ∗)∗ = 1 + iλ

∫ ∞−∞

dz[m0(z)e−iλzφ

up(z, λ) +m−(z)e−iλzφ

dn(z, λ)

], (3.13c)

a(λ) = 1− iλ∫ ∞−∞

dz[m0(z)eiλzφdn(z, λ)−m+(z)eiλzφup(z, λ)

]. (3.13d)

Dalle equazioni (3.13) risulta chiaro che a(λ) e continua in λ ∈ C+, ed e analitica in λ ∈ C+,e soddisfa a(0) = 1. Procedendo analogamente si trova:

b(λ∗)∗ = iλ

∫ ∞−∞

dz e2iλz[m0(z)e−iλzψdn(z, λ)−m+(z)e−iλzψup(z, λ)

], (3.14a)

b(λ) = iλ

∫ ∞−∞

dz e−2iλz[m0(z)eiλzψ

up(z, λ) +m−(z)eiλzψ

dn(z, λ)

]. (3.14b)

b(λ∗)∗ = iλ

∫ ∞−∞

dz e2iλz[m0(z)e−iλzφ

dn(z, λ)−m+(z)e−iλzφ

up(z, λ)

], (3.14c)

b(λ) = iλ

∫ ∞−∞

dz e−2iλz[m0(z)eiλzφup(z, λ) +m−(z)eiλzφdn(z, λ)

]. (3.14d)

Pertanto b(0) = 0 e la derivata bλ(0) esiste.

E evidente dalle equazioni (3.13) e dalle (3.14) che non e possibile calcolare il compor-tamento asintotico nel caso in cui λ 7→ ∞. Dunque abbiamo ritenuto necessario, per potereffettuare questo tipo di studio, modificare le equazioni di Volterra. La modifica da noirichiesta puo effettuarsi sotto le ipotesi:

3Vedi la loro definizione nell’equazione (3.4).

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a. esiste quasi ovunque la derivata di m(z) · σ rispetto a z e m′(z) · σ ha entrate inL1(R). Questo implica che m(z) e assolutamente continua in z ∈ R percio ha sensoparlare di valore puntuale della funzione,

b. m3(z) > −1 ∀z ∈ R.

Come conseguenza della prima di queste due ipotesi, possiamo applicare l’integrazioneper parti all’equazione (3.8) e usando l’equazione (3.2), si trova:

Ψ(z, λ) = eiλzσ3 +[e−iλ(z−z)σ3σ3(m0(z) · σ)Ψ(z, λ)

]∞z=z

−∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3σ3

[(m′(z) · σ)Ψ(z, λ) + (m0(z) · σ)

∂Ψ

∂z(z, λ)

]= eiλzσ3 − σ3(m0(z) · σ)Ψ(z, λ)

−∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3σ3

[(m′(z) · σ) + iλ(m0(z) · σ)(m(z) · σ)

]Ψ(z, λ),

Tenendo conto della seguente identita:

I2 + σ3(m0(z) · σ) = σ3(m(z) · σ) ∈ SU(2),

si ottiene anche:

σ3(m(z) · σ)Ψ(z, λ) = eiλzσ3 −∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3σ3(m′(z) · σ)Ψ(z, λ)

− iλ∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3σ3(m0(z) · σ)(m(z) · σ)Ψ(z, λ). (3.15)

Con semplici calcoli si verifica facilmente che:

(m0 · σ)(m · σ) = (m · σ)2 − σ3(m · σ) = I2 − σ3(m · σ) = −σ3(m0 · σ). (3.16)

Usando l’equazione (3.16) possiamo riscrivere l’equazione (3.15) nella seguente forma:

σ3(m(z) · σ)Ψ(z, λ) = eiλzσ3 −∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3σ3(m′(z) · σ)Ψ(z, λ)

+ iλ

∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3(m0(z) · σ)Ψ(z, λ).

Se si considera la semisomma fra l’ultima equazione e l’equazione (3.2) si arriva all’equa-zione:

D(z)Ψ(z, λ) = eiλzσ3 −∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3D′(z)Ψ(z, λ), (3.17)

dove

D(z)def= 1

2[I2 + σ3(m(z) · σ)] = 1

2

(1 +m3(z) m−(z)−m+(z) 1 +m3(z)

). (3.18)

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D(z) e una matrice il cui determinante vale 12(1+m3(z)). L’ipotesi fatta m3(z) > −1 com-

porta che la matriceD(z) sia invertibile e che la sua inversa siaD(z)−1 = 11+m3

( 1+m3 −m−m+ 1+m3

),

D−1(z) e una matrice di norma pari a√

2(1+m3)−1/2 e tale cheD(z)→ I2 quando z → ±∞.Inoltre l’inversa di D(z) e limitata per z ∈ R.

Possiamo dunque applicare la disuguaglianza di Gronwall all’equazione (3.17) perve-nendo alla seguente stima:

‖Ψ(z, λ)‖ ≤ 1√1 +m3(z)

exp

[12

∫ ∞z

dz ‖(m′(z) · σ)‖].

Usando la stessa procedura che ha consentito di ottenere l’equazione (3.17) con la matricedi Jost Φ(z, λ), si trova l’equazione:

D(z)Φ(z, λ) = eiλzσ3 +

∫ z

−∞dz eiλ(z−z)σ3D′(z)Φ(z, λ). (3.19)

Possiamo applicare la disuguaglianza di Gronwall anche all’equazione (3.19) ottenendo

‖Φ(z, λ)‖ ≤ 1√1 +m3(z)

exp

[12

∫ z

−∞dz ‖(m′(z) · σ)‖

].

Le equazioni (3.17) e (3.19) consentono di dimostrare l’analiticita e la continuita dellesoluzioni di Jost, estendendole ai semipiani chiusi superiore ed inferiore. Ovvero le soluzionidi Jost e i coefficienti a(λ) and b(λ) ammettono limite finito per λ → ∞, nella chiusuradel semipiano in cui sono analitiche. Per dimostrare questi risultati e necessario trovareun’opportuna rappresentazione triangolare per le soluzioni di Jost. Si ha la seguente:

Proposizione 3.3 Esiste una funzione matriciale ausiliare K(x, y) tale che

Ψ(z, λ) = H(z)eiλzσ3 +

∫ ∞z

dzK(z, z)eiλzσ3 , (3.20)

dove H(z) e una matrice che soddisfa la condizione H(z) = σ2H(z)∗σ2 e H(z) → I2

quando z → +∞, mentre∫∞zdz ‖K(z, z)‖ converge uniformemente in z ∈ R.

Dimostrazione. Osserviamo che la relazione di simmetria Ψ(z, λ)∗ = σ2Ψ(z, λ)σ2 fasi che la matrice K(z, λ) cercata, se esiste, deve avere la forma seguente:

K(z, λ) =

(K1(z, λ) −K2(z, λ)∗

K2(z, λ) K1(z, λ)∗

), (3.21)

dove K1(z, λ) e K2(z, λ) sono funzioni scalari.

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Sostituendo l’equazione (3.20) nell’equazione (3.17) si trova:

D(z)

H(z)eiλzσ3 +

∫ ∞z

dzK(z, z)eiλzσ3

= eiλzσ3 −∫ ∞z

dz e−iλ(z−z)σ3D′(z)H(z)eiλzσ3 −∫ ∞z

dw e−iλ(w−z)σ3D′(w)

∫ ∞w

dzK(w, z)eiλzσ3 .

PonendoHe(z) = 1

2D′(z)H(z) + σ3D

′(z)H(z)σ3

e riscrivendo l’ultimo termine integrale della precedente equazione, in modo che nellafunzione integranda i termini diagonali e fuori diagonale risultino separati, si ha:

D(z)

∫ ∞z

dzK(z, z)eiλzσ3 = I2 −He(z)−D(z)H(z) eiλzσ3

− 14

∫ ∞z

dz[D′(1

2[z + z])H(1

2[z + z])− σ3D

′(12[z + z])H(1

2[z + z])σ3

]eiλzσ3

−∫ ∞z

dz

∫ ∞z

dw 12

[D′(w)K(w, z + w − z) + σ3D′(w)K(w, z + w − z)σ3] eiλzσ3

−∫ ∞z

dz

∫ 12

[z+z]

z

dw 12

[D′(w)K(w, z + z − w)− σ3D′(w)K(w, z + z − w)σ3] eiλzσ3 .

ScegliendoH(z) in modo tale che i termini nonintegrali al secondo membro dell’uguaglianzasi cancellino l’uno con l’altro e spezzando la trasformata di Fourier, per valori di y ≥ z,otteniamo la seguente equazione integrale:

D(z)K(z, y) = −14

[D′(1

2[z + y])H(1

2[z + y])− σ3D

′(12[z + y])H(1

2[z + y])σ3

]−∫ ∞z

dw 12

[D′(w)K(w, y + w − z) + σ3D′(w)K(w, y + w − z)σ3]

−∫ 1

2[z+y]

z

dw 12

[D′(w)K(w, y + z − w)−σ3D′(w)K(w, y + z − w)σ3] . (3.22)

Sfruttando la disuguaglianza di Gronwall si puo dimostrare, in modo analogo a quantofatto in [3, 53, 27] che l’equazione (3.22) ha un’unica soluzione K(z, y) deve soddisfare laseguente stima:∫ ∞

z

dy ‖K(z, y)‖ ≤

(1√

2√

1 +m3(z)

∫ ∞z

dw ‖D′(w)H(w)‖

)e√

2∫∞z du ‖m′(u)‖.

In modo simile si dimostra anche la seguente:

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Proposizione 3.4 Esiste una funzione matriciale ausiliare N (z, z) tale che

Φ(z, λ) = H(z)eiλzσ3 +

∫ z

−∞dzN (z, z)eiλzσ3 , (3.23)

dove H(z) e una funzione matriciale che soddisfa H(z) = σ2H(z)∗σ2 e H(z)→ I2 quandoz → −∞ e

∫ z−∞ dz ‖N (z, z)‖ converge uniformemente in z ∈ R.

Ometteremo la dimostrazione della Proposizione 3.4. Infatti essa e del tutto analoga a quel-la della dimostrazione della Proposizione 3.3. Osserviamo, pero, che la matrice ausiliariadeve soddisfare la seguente relazione di simmetria:

N (z, λ) =

(N 1(z, λ)∗ N 2(z, λ)−N 2(z, λ)∗ N 1(z, λ)

), (3.24)

dove N 1(z, λ) e N 2(z, λ) sono funzioni scalari. Dunque ora possiamo dimostrare l’ana-liticita e la continuita delle funzioni di Jost, e stabilire il loro comportamento asintoticoquando λ→∞.

Teorema 3.5 Supponiamo che

1. m0(z) = m(z)− e3 abbia entrate in L1(R),

2. Esista quasi ovunque la derivata di m(z) ·σ rispetto a z e che m′(z) ·σ abbia entratein L1(R),

3. m3(z) > −1 ∀z ∈ R.

Allora le funzioni e−iλzψup(z, λ), e−iλzψdn(z, λ), eiλzφup(z, λ) e eiλzφdn(z, λ) le quali sonoanalitiche in λ ∈ C+ e continue in λ ∈ C+ ∪R (vedi Proposizione 3.2) hanno limite finitoquando λ→∞ all’interno della chiusura di C+. In modo analogo, le funzioni eiλzψ

up(z, λ),

eiλzψdn

(z, λ), e−iλzφup

(z, λ) e e−iλzφdn

(z, λ) le quali sono analitiche in λ ∈ C− e continuein λ ∈ C− ∪R (vedi Proposizione 3.2) hanno limite finito quando λ→∞ all’interno dellachiusura di C−.

Inoltre, i coefficienti a(λ) hanno limite finito quando λ → ∞ all’interno di C+ men-tre b(λ) in generale non puo essere prolungata analiticamente al di fuori dell’asse reale eb(λ)→ 0 quando λ→ ±∞.

Dimostrazione. Per l’ipotesi 2. le matrici di Jost soddisfano alle equazioni (3.17) e(3.19). Se separiamo le colonne di Ψ(z, λ) e Φ(z, λ) che appaioni nell’equazione (3.17),

29

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abbiamo che

[D(z)e−iλzψ(z, λ)

]up= 1−

∫ ∞z

dz[D′(z)e−iλzψ(z, λ)

]up, (3.25a)[

D(z)e−iλzψ(z, λ)]dn

= −∫ ∞z

dz e2iλ(z−z) [D′(z)e−iλzψ(z, λ)]dn

, (3.25b)[D(z)eiλzψ(z, λ)

]up= −

∫ ∞z

dz e−2iλ(z−z) [D′(z)eiλzψ(z, λ)]up

, (3.25c)[D(z)eiλzψ(z, λ)

]dn= 1−

∫ ∞z

dz[D′(z)eiλzψ(z, λ)

]dn. (3.25d)

Separando invece le colonne di φ(z, λ) nell’equazione (3.19), si ottiene:

[D(z)e−iλzφ(z, λ)

]up= 1 +

∫ z

−∞dz[D′(z)e−iλzφ(z, λ)

]up, (3.26a)

[D(z)e−iλzφ(z, λ)

]dn=

∫ z

−∞dz e−2iλ(z−z) [D′(z)e−iλzφ(z, λ)

]dn, (3.26b)

[D(z)eiλzφ(z, λ)

]up=

∫ z

−∞dz e2iλ(z−z) [D′(z)eiλzφ(z, λ)

]up, (3.26c)

[D(z)eiλzφ(z, λ)

]dn= 1 +

∫ z

−∞dz[D′(z)eiλzφ(z, λ)

]dn. (3.26d)

Prendendo il limite per z → −∞ nella (3.25) e usando l’equazione (3.7) otteniamo che

a(λ) = 1−∫ ∞−∞

dz[D′(z)e−iλzψ(z, λ)

]up, (3.27a)

b(λ∗)∗ = −∫ ∞−∞

dz e2iλz[D′(z)e−iλzψ(z, λ)

]dn, (3.27b)

b(λ) =

∫ ∞−∞

dz e−2iλz[D′(z)eiλzψ(z, λ)

]up, (3.27c)

a(λ∗)∗ = 1−∫ ∞−∞

dz[D′(z)eiλzψ(z, λ)

]dn, (3.27d)

dove abbiamo usato la condizione che D(z)→ I2 quando z → −∞.

Allo stesso modo prendendo il limite per z → +∞ nelle (3.26), perveniamo alle seguenti

30

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equazioni

a(λ∗)∗ = 1 +

∫ ∞−∞

dz[D′(z)e−iλzφ(z, λ)

]up, (3.28a)

b(λ)∗ = −∫ ∞−∞

dz e2iλz[D′(z)e−iλzφ(z, λ)

]dn, (3.28b)

b(λ) =

∫ ∞−∞

dz e−2iλz[D′(z)eiλzφ(z, λ)

]up, (3.28c)

a(λ) = 1 +

∫ ∞−∞

dz[D′(z)eiλzφ(z, λ)

]dn. (3.28d)

Usando la (3.20) troviamo che

a(λ)→ 1−∫ ∞−∞

dz(1 0

)D′(z)H(z)

(10

), λ→∞ in C+,

mentre b(λ)→ 0 quando λ→ ±∞.Infine osserviamo che il limite del coefficiente a(λ) quando |λ| → ∞ e un numero

complessso di modulo unitario, ovvero puo essere scritto nella forma eiα.

3.2 Dati di Scattering

In questa sezione concludiamo lo studio del problema di scattering diretto trovando lamatrice di scattering e, quindi, i dati di scattering associati all’equazione (3.1).

Supponiamo che il coefficiente a(λ) introdotto prima non abbia singolarita spettrali,ovvero a(λ) 6= 0 ∀λ ∈ R. Riscriviamo l’identita (3.7) nel seguente modo:

(φ(z, λ) ψ(z, λ)

)=(ψ(z, λ) φ(z, λ)

)( 1a(λ)

− b(λ)a(λ)

− b(λ)∗

a(λ)1

a(λ)

), (3.29a)

(ψ(z, λ) φ(z, λ)

)=(φ(z, λ) ψ(z, λ)

)( 1a(λ)∗

b(λ)a(λ)∗

b(λ)∗

a(λ)∗1

a(λ)∗

). (3.29b)

Ponendo F−(z, λ) =(φ(z, λ) ψ(z, λ)

)e F+(z, λ) =

(ψ(z, λ) φ(z, λ)

), si ottiene il se-

guente problema di Riemann-Hilbert:

F−(z, λ) = F+(z, λ)σ3S(λ)σ3, (3.30)

dove S(λ) e la cosiddetta matrice di scattering. Essa ha la forma

S(λ) =

(T (λ) R(λ)L(λ) T (λ)

).

31

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In particolare, si ha

T (λ) =1

a(λ), R(λ) =

b(λ)

a(λ), L(λ) =

b(λ)∗

a(λ), (3.31)

dove T e detto coefficiente di trasmissione e, rispettivamente, R e L sono chiamati coeffi-cienti di riflessione da destra e da sinistra. Una conseguenza diretta delle equazioni (3.29)e che

S(λ)† = σ3S(λ)−1σ3, λ ∈ R.

Quindi possiamo dire che S(λ) e σ3-unitaria con determinante a(λ)∗/a(λ). Inoltre, S(λ)→e−iαI2 quando λ→ ±∞ per un certo numero complesso e−iα di modulo unitario. L’analogodelle rappresentazioni triangolari (3.20) (3.23) sono:

F+(z, λ)e−iλzσ3 =

(H1(z) H2(z)

H2(z) H1(z)

)+

∫ ∞0

ds eiλs(K1(z, z + s) N2(z, z − s)K2(z, z + s) N1(z, z − s)

), (3.32a)

F−(z, λ)e−iλzσ3 =

(H1(z)∗ −H2(z)∗

−H2(z)∗ H1(z)∗

)+

∫ ∞0

ds e−iλs(N1(z, z − s)∗ −K2(z, z + s)∗

−N2(z, z − s)∗ K1(z, z + s)∗

),

(3.32b)

dove ∫ ∞0

ds (|K1(z, z + s)|+ |K2(z, z + s)|+ |N1(z, z − s)|+ |N2(z, z − s)|)

converge uniformemente in z ∈ R.

I dati di scattering associati all’equazione (3.1) sono:

1. uno dei coefficienti di riflessione R(λ) o L(λ);

2. i poli del coefficiente di trasmissione T (λ) o di (T (λ∗)∗), i quali sono detti autovaloridiscreti nel semipiano superiore C+ (o nel semipiano inferiore) e vengono indicati siacon iaj (o con −ia∗j), per j = 1, . . . , N4;

3. un insieme di costanti Nj (N j) nel semipiano superiore (rispettivamente nel semipianoinferiore) associate agli autovalori discreti iaj (o −ia∗j) j = 1, . . . , N . Queste costantisono note come norming constants.

Supponiamo per semplicita che ogni polo del coefficiente di riflessione abbia molteplicita(algebrica) uguale a uno5. Mostriamo come si introducono le norming constants seguendouno schema analogo a quello di [4, 19, 29].

4Poiche a(λ) e continua λ ∈ C+ ∪R e analitica in zl ∈ C+ e tende a e−iα quando λ→∞ (λ ∈ C+ ∪R),e non ha zeri sull’asse reale (per l’ipotesi di non esistenza di singolarita spettrali), il numero di zeri disingolarita di a(λ) in C+ e finito.

5Il caso generale in cui la molteplicita algebrica e maggiore di uno puo essere trattato come in [24]).

32

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Abbiamo appena dimostrato che esiste un numero finito di poli ia1, . . . , iaN del coef-ficiente di trasmissione T (λ) nel semipiano superiore C+, ed inoltre supponiamo che talipoli siano tutti semplici. Sia τs il residuo di T (λ) per λ = ias, ovvero

τs = limλ→ias

(λ− ias)T (λ) = limλ→ias

λ− iasa(λ)− a(ias)

=1

a(ias).

Le norming constants Ns sono tali che

τsφ(z, ias) = iNsψ(z, ias), s = 1, 2, . . . , N. (3.33a)

Allo stesso modo supponiamo che i poli di T (λ∗)∗ siano −ia∗1, . . . ,−ia∗N in C−, siano tuttisemplici. Le corrispondenti norming constants N s sono definite come

τ ∗s φ(z,−ia∗s) = −iN sψ(z,−ia∗s), s = 1, 2, . . . , N. (3.33b)

La proposizione che segue mostra come le norming costant introdotte nel semipiano supe-riore sono collegate alle norming costant del semipiano inferiore

Proposizione 3.6 Le norming constants soddisfano la seguente relazione:

N s = −(Ns)∗

Dimostrazione. Applicando la rappresentazione triangolare alle equazioni (3.33a) e(3.33b) otteniamo la coppia di equazioni:

τs

(H2(z)

H1(z)

)+

∫ ∞0

dw e−asw(N2(z, z − w)N1(z, z − w)

)= iNs

(H1(z)H2(z)

)+

∫ ∞0

dw

(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

),

τ ∗s

(H1(z)∗

−H2(z)∗

)+

∫ ∞0

dw e−a∗sw

(N1(z, z − w)∗

−N2(z, z − w)∗

)= −iN s

(−H2(z)∗

H1(z)∗

)+

∫ ∞0

dw e−a∗sw

(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

).

Facendo il complesso coniugato della prima equazione e moltiplicando il risultato per ( 0 1−1 0 ),

otteniamo la seconda equazione e questo dimostra che N s = −(Ns)∗.

La Proposizione 3.6 sara utilizzata nella prossima sezione per poter studiare l’evoluzionetemporale dei dati di scattering.

Chiudiamo questa sezione mostrando come, in assenza di singolarita spettrali, i coeffi-cienti di riflessione ammettono una rappresentazione di Fourier molto semplice. Per potertrovare le equazioni di Marchenko abbiamo bisogno della seguente:

33

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Proposizione 3.7 Supponiamo che:

a. esiste quasi ovunque la derivata di m(z) · σ rispetto a z e m′(z) · σ ha entrate inL1(R),

b. m3(z) > −1 ∀z ∈ R,

c. non ci siano singolarita spettrali.

Allora esistono due funzioni ρ e l in L1(R) tali che:

R(λ) =

∫ ∞−∞

dw e−iλwρ(w) , L(λ) =

∫ ∞−∞

dw eiλwl(w) . (3.34)

Dimostrazione. Poniamo W = F (λ) = c +∫∞−∞ dwe

iλwf(w) : c ∈ C, f ∈ L1(R).Allora W e un’algebra di Banach a valori nel campo complesso C la cui norma e ‖F‖ =|c| + ‖f‖1. Dalla teoria di Gelfand (si veda Capitolo 11 di [44]), gli elementi invertibili diW sono gli F (λ) per i quali si ha c 6= 0 e c+

∫∞−∞ dwe

iλwf(w) 6= 0 ∀λ ∈ R. Nel nostro casosi ha

F−1(λ) =1

c+

∫ ∞−∞

dweiλwg(w)

per un’opportuna funzione g ∈ L1(R). Dalle equazioni (3.28c) e (3.28d), si ottiene

b(λ) =

∫ ∞−∞

∫ ∞−∞

dz e−2iλz

[D′(z)H(z)e−iλzσ3 +

∫ z

−∞dyN(z, y)e−iλyσ3

(10

)]upa(λ) = 1 +

∫ ∞−∞

∫ ∞−∞

dz

[D′(z)H(z)e−iλzσ3 +

∫ z

−∞dyN(z, y)e−iλyσ3

(10

)]dn,

dove∫ z−∞ dy‖N(z, y)‖ converge uniformemente in z ∈ R, H(z) ∈ SU(2), e le entrate della

matrice D′(z) appartengono allo spazio funzionale L1(R). Possiamo allora dire che b(λ) ea(λ) appartengono aW . Poiche, per ipotesi, non ci sono singolarita spettrali, il coefficientedi trasmissione a(λ) e un elemento invertibile diW . Le proprieta algebriche diW implicano

che il coefficiente di riflessione da destra R(λ) =b(λ)

a(λ)appartenga a W . In modo analogo

si dimostra che b(λ) appartiene a W e che, di conseguenza, il coefficiente di riflessione da

sinistra L(λ) =b(λ)

a(λ)appartiene a W .

3.3 Evoluzione temporale dei dati di scattering

In questa sezione otteniamo l’evoluzione temporale dei dati di scattering. La tecnica utiliz-zata per giungere a tali risultati e semplice e diversa da quella usata in diversi testi classici

34

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sulla IST come [4, 3]. I risultati trovati permettono di corregge un piccolo errore di segnopresente in [58].

Al fine di determinare l’evoluzione temporale dei dati di scattering, consideriamo nuo-vamente la condizione di compatibilita

Vz = AV, Vt = BV,

dove V (x, t;λ) e una funzione matriciale di ordine 2× 2 non singolare che non necessaria-mente coincide con una delle matrici di Jost. Esistono due matrici invertibili CΨ(t, λ) eCΦ(t, λ) (che non dipendono da z), Ψ = V C−1

Ψ e Φ = V C−1Φ e si ha

Ψt = VtC−1Ψ − V C

−1Ψ [CΨ]tC

−1Ψ = BV C−1

Ψ − V C−1Ψ [CΨ]tC

−1Ψ

= BΨ−Ψ[CΨ]tC−1Ψ .

Quest’ultima relazione implica

[CΨ]tC−1Ψ = Ψ−1BΨ−Ψ−1Ψt , (3.35)

dove il primo termine dell’uguaglianza (3.35) non dipende da z, mentre il secondo terminesembrerebbe dipendere da z. Possiamo quindi far tendere z a +∞ senza perdere la validitadell’espressione (3.35).

Poiche B ' −2iλ2σ3 e Ψ ' eiλzσ3 quando z → +∞, troviamo

[CΨ]tC−1Ψ = −2iλ2σ3. (3.36)

Lo stesso risultato puo essere ottenuto anche per l’altra matrice di Jost; si ha cioe

[CΦ]tC−1Φ = −2iλ2σ3.

Dalla relazione Ψ = ΦT , troviamo che

Tt = (Φ−1Ψ)t = Φ−1Ψt − Φ−1ΦtΦ−1Ψ

= Φ−1(BΨ−Ψ[CΨ]tC−1Ψ )− Φ−1(BΦ− Φ[CΦ]tC

−1Φ )Φ−1Ψ

= Φ−1BΨ− T [CΨ]tC−1Ψ − Φ−1BΦ + [CΦ]tC

−1Φ T

= 2iλ2T σ3 − σ3T

,

ovvero:Tt = 2iλ(T σ3 − σ3T ) . (3.37)

Integrando l’equazione (3.37) si trova

T (λ, t) = e−2iλ2tσ3T (λ, 0)e2iλ2tσ3 . (3.38)

35

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Quindi abbiamo che a(λ) e T (λ) non dipendono dal tempo t, mentre per i coefficienti diriflessione si trova la seguente dipendenza temporale:

R(λ, t) = e−4iλ2tR(λ, 0), L(λ, t) = e4iλ2tL(λ, 0). (3.39)

Determiniamo infine l’evoluzione temporale delle norming constants. A tal fine differen-ziamo l’equazione (3.33a) rispetto a t, ottenendo

τsφt(z, ias) = iNsψt(z, ias) + i[Ns]tψ(z, ias).

Applicando la condizione (3.35) per Φ and Ψ e usando l’espressione (3.36), troviamo

τsB(ias)φ(z, ias)− 2ia2

sφ(z, ias)

= iNs

B(ias)ψ(z, ias) + 2ia2

sψ(z, ias)

+i[Ns]tψ(z, ias).

Usando ancora una volta l’equazione(3.33a) si perviene alla seguente relazione:

[Ns]t = −4ia2sNs.

Dalla proprieta N s = −[Ns]∗ dimostrata nella Proposizione 3.6, possiamo finalmente

esprimere l’evoluzione temporale delle norming constants come:

Ns(t) = e−4ia2stNs(0), N s(t) = e4ia∗s2tN(0). (3.40)

36

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Capitolo 4

Problema di scattering inverso eInverse Scattering Transform perl’equazione di Heisenberg

In questo capitolo mostriamo come sia possibile risolvere il problema di scattering inversoper l’equazione (3.1) che ricordiamo e

ψz(z, λ) = iλ(m · σ)ψ(z, λ) .

Tale problema consiste nella ricostruzione del vettore m(z) qualora siano specificati unodei coefficienti di riflessione, gli autovalori discreti e le norming costants corrispondenti. Ilpotenziale viene ricostruito tramite la formula (4.12).

Nella Sezione 4.1 dimostriamo come a partire dal problema di Riemann-Hilbert (3.29)sia possibile derivare le equazioni integrali di Marchenko. In particolare, il nucleo di taliequazioni integrali viene esplicitamente determinato nel caso in cui gli autovalori abbianomolteplicita algebrica uguale a uno. Infine dimostreremo la formula (4.12) che consentedi ricostruire il potenziale m(z) corrispondente a uno specifico insieme di dati di scatte-ring. Nella Sezione 4.2 presentiamo in modo completo la IST applicata alla risoluzione delproblema a valori iniziali della Heisenberg e, infine, nella Sezione 4.3 deriviamo la trasfor-mazione di gauge fra le soluzioni dell’equazione di Heisenberg e le soluzioni dell’equazioneNLS.

4.1 Equazioni di Marchenko

In questa sezione deriviamo le equazioni di Marchenko sotto l’ipotesi che i poli del coeffi-ciente di trasmissione siano (algebricamente) semplici. L’estensione al caso in cui la mol-teplicita degli autovalori discreti sia maggiore di uno puo essere effettuato come presentatoin [24].

37

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Sussiste il seguente

Teorema 4.1 Se i poli del coefficiente di trasmissione T (λ) sono semplici, la funzioneausiliaria K(x, y) che appare nell’equazione (3.20) deve soddisfare le seguenti equazioniintegrali di Marchenko

K(x, y) +H(z)Ω(z + y) +

∫ ∞z

duK(z, u)Ω(u+ y) = 02×2, (4.1)

dove

Ω(w) =

(0 ω(w)

−ω(w)∗ 0

), con ω(w) = ρ(w) +

∑s

e−aswNs , (4.2)

essendo ρ(w) la trasformata di Fourier del coefficiente di riflessione destro (vedi (3.34)).

Dimostrazione. Riscriviamo le equazione (3.29) in forma scalare:

e−iλzφ(z, λ) = T (λ)e−iλzψ(z, λ)− e−2iλzL(λ)eiλzφ(z, λ), (4.3a)

eiλzψ(z, λ) = −e2iλzR(λ)e−iλzψ(z, λ) + T (λ)eiλzφ(z, λ), (4.3b)

e−iλzψ(z, λ) = T (λ)∗e−iλzφ(z, λ) + e−2iλzR(λ)∗eiλzψ(z, λ), (4.3c)

eiλzφ(z, λ) = e2iλzL(λ)∗e−iλzφ(z, λ) + T (λ)∗eiλzψ(z, λ). (4.3d)

Introduciamo le seguenti notazioni per le matrici H(z) e H(z):

H(z) =

(H1(z) −H2(z)∗

H2(z) H1(z)∗

), H(z) =

(H1(z)∗ H2(z)

−H2(z)∗ H1(z)

)Come dimostrato nel capitolo precedente a(λ) e una funzione analitica per λ ∈ C+, continuaper λ ∈ C+ ∪ R e avente limite finito per λ → ∞ da dentro la chiusura di C+. Quindi

T (λ) =1

a(λ)e una funzione meromorfa in C+ e possiamo porre

T (λ) = T0(λ) +∑s

τsλ− ias

,

dove τs sono i residui di T (λ), ias i suoi poli (vedi Capitolo 3), mentre T0(λ) e una funzionecontinua in λ ∈ C+, analitica per λ ∈ C+ e tende a e−iα da dentro la chiusura dello spazio

38

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C+. Usando le equazioni(3.32) e (3.34), dall’equazione (4.3b) si ottiene:

(−H2(z)∗

H1(z)∗

)+

∫ ∞0

dw e−iλw(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

)= e−iα

(H2(z)

H1(z)

)+ T0(λ)eiλzφ(z, λ)− e−iα

(H2(z)

H1(z)

)+∑s

τseiλzφ(z, λ)− e−aszφ(z, ias)

λ− ias

+ i∑s

e−asz

λ− iasNs

(H1(z)H2(z)

)+

∫ ∞0

dw e−asw(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

)−(∫ ∞−∞

dy e−iλyρ(y + 2z)

)(H1(z)H2(z)

)+

∫ ∞0

dw eiλw(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

).

Sfruttando il fatto che −i/(λ− ias) =∫∞

0dw e−iλwe−asw, e restringendoci ai termini della

forma∫∞

0dw e−iλw[. . .], e “tagliando” la trasforma di Fourier, troviamo:

(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

)= −

∑s

e−as(w+2z)Ns

(H1(z)H2(z)

)−∫ ∞

0

dw e−as(w+w+2z)Ns

(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

)− ρ(w + 2z)

(H1(z)H2(z)

)−∫ ∞

0

dw ρ(w + w + 2z)

(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

).

In modo simile l’equazione (4.3c), si trova sfruttando le equazioni (3.32) e le equazioni(3.34) si trova:

(H1(z)H2(z)

)+

∫ ∞0

dw eiλw(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

)= eiα

(H1(z)∗

−H2(z)∗

)+ T0(λ∗)∗e−iλzφ(z, λ)− eiα

(H1(z)∗

−H2(z)∗

)+∑s

τ ∗se−iλzφ(z, λ)− e−α∗szφ(z,−iα∗s)

λ+ iα∗s

− i∑s

e−2α∗szN s

λ+ ia∗s

(−H2(z)∗

H1(z)∗

)+

∫ ∞0

dw∑s

e−a∗sw

(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

)

+

(∫ ∞−∞

dy eiλyρ(y + 2z)∗)(

−H2(z)∗

H1(z)∗

)+

∫ ∞0

dw e−iλw(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

).

Partendo dalla i/(λ + ia∗s) =∫∞

0dw eiλwe−a

∗sw, “ricostruiamo” i termini

∫∞0dw eiλw[. . .], e

39

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“tagliando” la trasformata di Fourier, otteniamo(K1(z, z + w)K2(z, z + w)

)= −

∑s

e−a∗s(w+2z)N s

(−H2(z)∗

H1(z)∗

)−∫ ∞

0

dw∑s

e−a∗s(w+w+2z)N s

(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

)+ ρ(w + 2z)∗

(−H2(z)∗

H1(z)∗

)+

∫ ∞0

dw ρ(w + w + 2z)∗(−K2(z, z + w)∗

K1(z, z + w)∗

).

Infine, imponendo y = z+w ≥ z e y = z+ w ≥ z otteniamo la coppia di equazioni integralidi Marchenko:(

K1(z, y)K2(z, y)

)− ω(z + y)∗

(−H2(z)∗

H1(z)∗

)−∫ ∞z

duω(u+ y)∗(−K2(z, u)∗

K1(z, u)∗

)= 02×1, (4.4a)(

−K2(z, y)∗

K1(z, y)∗

)+ ω(z + y)

(H1(z)H2(z)

)+

∫ ∞z

du ρ(u+ y)

(K1(z, u)K2(z, u)

)= 02×1, (4.4b)

dove si e tenuto conto che N s = −(Ns)∗ (vedi Proposizione 3.6 del capitolo precedente) e

si e definito ω(w) come:

ω(w) = ρ(w) +n∑s=1

e−aswNs. (4.5)

Ovvero, ricordando l’equazione (3.21), possiamo scrivere l’equazione (4.4) in modo com-patto, come:

K(x, y) +H(z)Ω(z + y) +

∫ ∞z

duK(z, u)Ω(u+ y) = 02×2,

dove

Ω(w) =

(0 ω(w)

−ω(w)∗ 0

). (4.6)

Ricordiamo che H(z) ∈ SU(2) e quindi e una matrice invertibile. Ponendo K(z, y) =H(z)L(z, y) possiamo scrivere l’equazione (4.1) nella formula “classica” delle equazioniintegrali di Marchenko, cioe:

L(z, y) + Ω(z + y) +

∫ ∞z

duL(z, u)Ω(u+ y) = 02×2. (4.7)

In modo del tutto analogo si dimostra il seguente

40

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Teorema 4.2 Se i poli del coefficiente di trasmissione T (λ) sono semplici, la funzioneausiliaria N (x, y) che appare nell’equazione (3.23) deve soddisfare le seguenti equazioniintegrali di Marchenko

N (x, y) + H(z)Ω(z + y) +

∫ z

−∞duN (z, u)Ω(u+ y) = 02×2, (4.8)

dove

Ω(w) =

(0 ω(w)

−ω(w)∗ 0

), con ω(w) = l(w) +

n∑s=1

e−aswN s , (4.9)

essendo l(w) la trasformata di Fourier del coefficiente di riflessione sinistro (vedi (3.34)).

Non riportiamo la dimostrazione di questo teorema che e del tutto analoga a quella delTeorema 4.1.

Nel seguito tutte le nostre considerazioni terranno in considerazione solo le equazioni(4.1). Ovviamente, risultati analoghi a quelli ottenuti in questo modo si possono ottenereutilizzando le equazioni di Marchenko (4.8).

Sostituendo λ = 0 nelle rappresentazioni triangolari (3.20) e(3.23) delle matrici di Jost,otteniamo le importanti identita:

I2 = H(z) +

∫ ∞z

dyK(z, y) = H(z)[I2 + L(z)] (4.10a)

I2 = H(z) +

∫ ∞z

dyN (z, y) = H(z)[I2 + P (z)] , (4.10b)

dove l’invertibilita delle matrici H(z) e H(z) ci consente di definire L(z) e P (z). Si vedefacilmente che:

L(z) =

∫ ∞z

dyL(z, y) , P (z) =

∫ z

−∞P (z, y) ,

dove L(z, y) verifica l’equazione di Marchenko (3.29) e P (x, y) l’equazione di Marchenko

P (z, y) + Ω(z + y) +

∫ z

−∞duP (z, y)Ω(u+ y) = 02×2 . (4.11)

Utilizzando gli stessi argomenti esposti in [24, 53], si dimostra che le equazioni (4.7)e (4.10) ammettono una soluzione unica negli spazi, rispettivamente, L1(z,+∞)2×2 eL1(−∞, z)2×2.

Osserviamo che dire che i dati di scattering per l’equazione (3.1) sono specificati equivalea dire che e assegnato il nucleo delle equazioni di Marchenko (4.10), poiche esso e espressotramite una loro combinazione (vedi equazione (4.5)). Per questa ragione la risoluzionedel problema inverso, ovvero la ricostruzione del potenziale, si basa sulla soluzione delleequazioni di Marchenko (4.10). In particolare, si ha la seguente

41

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Proposizione 4.3 Supponiamo che

1. m0(z) = m(z)− e3 abbia entrate in L1(R),

2. esista quasi ovunque la derivata di m(z) ·σ rispetto a z e che m′(z) ·σ abbia entratein L1(R),

3. m3(z) > −1 ∀z ∈ R,

4. esista quasi ovunque la derivata m′′(z) rispetto a z e che assuma valori nello spaziofunzionale L1(R).

Allora le soluzioni del problema ai valori iniziali (4.15) si possono esprimere in termini disoluzioni delle equazioni integrali di Marchenko nella seguente forma:

m(z) · σ = H(z)σ3H(z)−1 =[I2 + L(z)

]−1

σ3

[I2 + L(z)

]. (4.12)

Dimostrazione. Dalle ipotesi della proposizione si verifica che:∫ ∞z

dz

∥∥∥∥∂K∂z (z, z)

∥∥∥∥+

∥∥∥∥∂K∂z (z, z)

∥∥∥∥ < +∞, (4.13)

uniformemente in z ≥ z0 ∀z0 ∈ R. Applicando l’integrazione per parti all’equazione (3.20)per eliminare il fattore λ davanti all’integrale di Fourier, troviamo:

02×2 =∂Ψ

∂z(z, λ)− iλ(m(z) · σ)Ψ(z, λ)

= iλ H(z)σ3 − (m(z) · σ)H(z) eiλzσ3

+ H ′(z)−K(z, z) + (m(z) · σ)K(z, z)σ3 eiλzσ3

+

∫ ∞z

dz

∂K

∂z(z, z) + (m(z) · σ)

∂K

∂z(z, z)σ3

eiλzσ3 ,

dove l’integrale tende a 0 quando λ → ±∞. Dividendo l’espressione di sopra per iλeiλzσ3

e facendo il limite per λ→ ±∞, otteniamo l’equazione (4.12).

Osserviamo ora che per ogni m(z) che verifica le quattro condizioni della Proposizione(4.3), esiste una successione m[k](z)∞k=1 di funzioni vettoriali che soddisfano alle primetre condizioni della Proposizione (4.3), tali che

limk→∞

∫ ∞−∞

dz(‖m[k](z)−m(z)‖+ ‖m[k]

z (z)−mz(z)‖)

= 0 .

Di conseguenza, la Proposizione (4.3) e anche valida sotto le sole prime ipotesi.Nella stessa maniera si ottiene:

m(z) · σ = H(z)σ3H(z)−1 =[I2 + P (z)

]−1

σ3

[I2 + P (z)

]. (4.14)

42

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4.2 IST per l’equazione di Heisenberg

In questa sezione mostriamo come applicare la Inverse Scattering Transform per risolvereil problema ai valori iniziali associato all’equazione di Heisenberg:

mt = m ∧mzz,

m(z, 0) noto .(4.15)

Nel Capitolo 3 abbiamo visto che e possibile associare al problema (4.15), il seguenteproblema spettrale

Vx = [iλ(m(z, 0) · σ)]V , (4.16)

dove V e una matrice invertibile 2 × 2 che dipende dalla posizione z, dal tempo t e dalparametro spettrale λ. La IST agisce seguendo i seguenti tre passi:

Passo 1. Problema di scattering diretto per l’equazione (4.16) al tempo t = 0.Come dettagliatamente mostrato nel Capitolo 3 la soluzione di questo problemaconsiste nella costruzione dei dati di scattering, che sono:

– uno dei coefficienti di riflessione R(λ) o L(λ);

– un numero finito di autovalori discreti iaj1 per j = 1, . . . , N che, per semplicita,

abbiamo supposto avere molteplicita algebrica uno;

– le costanti di normalizzazione associate agli autovalori discreti.

Passo 2. Evoluzione temporale dei dati di scattering.Valgono le seguenti relazioni di evoluzione

R(λ, t) = e−4iλ2tR(λ, 0), L(λ, t) = e4iλ2tL(λ, 0) ,

Ns(t) = e−4ia2stNs(0), N s(t) = e4ia∗s2tN s(0) ,

mentre gli autovalori discreti non evolvono nel tempo perche il coefficiente di tra-smissione soddisfa

T (λ; t) = T (λ; 0) ;

Passo 3. Problema di scattering inverso per l’equazione (4.16) al tempo t.Tale problema consiste nella ricostruzione del potenziale m(z, t). Per determinaretale funzione vettoriale occorre seguire la seguente procedura:

1. costruzione, partendo dai dati di scattering al tempo t, della matrice

Ω(w; t) =

(0 ω(w; t)

−ω(w; t)∗ 0

), con ω(w; t) = ρ(w; t) +

n∑s=1

e−aswNs(t) ,

dove ρ(w; t) e la trasformata di Fourier del coefficiente di riflessione R(λ; t);

1Tali autovalori sono i poli del coefficiente di trasmissione.

43

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2. risoluzione dell’equazione di Marchenko

L(z, y; t) + Ω(z + y; t) +

∫ ∞z

duL(z, u; t)Ω(u+ y; t) = 02×2.

3. calcolo della matrice

L(z; t) =

∫ ∞z

dyL(z, y; t) ,

4. ricostruzione del potenziale mediante la formula

m(z; t) · σ = H(z; t)σ3H(z; t)−1 =[I2 + L(z; t)

]−1

σ3

[I2 + L(z; t)

]. (4.17)

Un simile algoritmo di inversione puo essere basato sull’equazione Ω(w; t) in (4.9), l’equa-zione di Marchenko (4.11), l’equazione (4.10b), e la formula (4.14).

Osserviamo che, in generale, la risoluzione esplicita delle equazioni di Marchenko (4.11)non e possibile per via analitica. Supposto di riuscire a risolvere tali equazioni la relazione(4.17) rende possibile la ricostruzione delle funzioni mi(z; t) per i = 1 , 2 , 3.Possiamo riassumere i tre passi sopra illustrati nel seguente diagramma:

m(z, 0)problema scattering diretto−−−−−−−−−−−−−−−→ R(λ, 0), (iaj, Nj(0))Nj=1yIST evoluzione temporale

ym(z, t) ←−−−−−−−−−−−−−−−−

problema scattering inversoe−4iλ2tR(λ, 0), (iaj, e

−4ia2stNj(0))Nj=1

Nel successivo capitolo mostreremo come sia possibile risolvere esplicitamente le equa-zioni (4.11) in un caso particolarmente significativo: quello in cui il coefficiente di riflessionesia nullo.

4.3 Trasformazione di Gauge

In questa sezione presentiamo la trasformazione di gauge che consente di mappare (biuni-vocamente) le soluzioni dell’equazione di Heisenberg in soluzioni dell’equazione NLS. Seb-bene tale trasformazione sia gia presente in [58], riteniamo utile riproporre tale risultatoapplicando il formalismo sviluppato nel Capitolo 3 e nel presente capitolo. In particola-re, mostreremo come la trasformazione di gauge cercata sia esprimibile tramite le matriciH(z) e H(z) che appaiono nelle equazioni (3.20) e (3.23).

Per maggiore chiarezza riportiamo le equazioni (3.20) e (3.23)

Ψ(z, λ) = H(z)eiλzσ3 +

∫ ∞z

dzK(z, z)eiλzσ3 ,

Φ(z, λ) = H(z)eiλzσ3 +

∫ z

−∞dzN (z, z)eiλzσ3 .

44

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Nel secondo capitolo abbiamo mostrato che le funzioni di Jost del problema di Zakharov-Shabat ammettono una rappresentazione triangolare (vedi equazioni anche equazioni (2.14)del capitolo due) che puo essere scritta nel seguente modo:

ΨZS(z, λ) = eiλzσ3 +

∫ ∞z

dzKZS(z, z)eiλzσ3 , (4.18a)

ΦZS(z, λ) = eiλzσ3 +

∫ z

−∞dzNZS(z, z)eiλzσ3 . (4.18b)

Supponiamo di considerare il sistema di Zakharov-Shabat e il sistema di equazionidifferenziali (2.20) con esattamente gli stessi dati di scattering, cioe lo stesso ρ (oppurel), gli stessi autovalori discreti aj e le stesse corrispondenti norming constants Nj (oppureNj). In tal caso, le equazioni di Marchenko per il sistema di Zakharov- Shabat (cioel’equazione (2.19a) oppure la (2.19b)) e per il sistema di equazioni differenziali (2.20) (cioel’equazione (4.7) oppure la (4.11)) coincidono. Dunque, utilizzando (4.10) troviamo leseguenti relazioni:

ΨZS(z, λ) = H−1(z)Ψ(z, λ), ΦZS(z, λ) = H−1

(z)Φ(z, λ) (4.19)

dove ΨZS(z, λ) e ΦZS(z, λ) sono le matrici di Jost del sistema di Zakharov-Shabat associatoalla NLS, mentre Ψ(z, λ) e Φ(z, λ) sono le matrici di Jost associate al problema di scatteringdiretto (2.20). Utilizzando (4.10) di nuovo insieme a (4.11), troviamo le espressioni espliciteper le matrici H(z) e H(z):

H(z) =

[I2 +

∫ ∞z

dwL(z, w)

]−1

= ΨZS(z, 0)−1 , (4.20a)

H(z) =

[I2 +

∫ ∞z

dwP (z, w)

]−1

= ΦZS(z, 0)−1 . (4.20b)

Possiamo quindi facilmente provare il seguente

Teorema 4.4 (Trasformazioni di gauge) La soluzione del problema ai valori inizialiper l’equazione di Heisenberg si puo esprimere in termini delle soluzioni di Jost del sistemadi Zakharov-Shabat come:

m(z) · σ = Ψ−1ZS(z, 0)σ3ΨZS(z, 0) = Φ−1

ZS(z, 0)σ3ΦZS(z, 0). (4.21)

Dimostrazione. Dimostriamo la prima equazione delle (4.21). Dalla relazione ΨZS(z, λ) =H−1(z)Ψ(z, λ), dall’equazione (4.12) e tenendo conto che Ψ(z, 0) = I2, troviamo che:

Ψ−1ZS(z, 0)σ3ΨZS(z, 0) =

[H−1(z)Ψ(z, 0)

]−1σ3

[H−1(z)Ψ(z, 0)

]= Ψ(z, 0)−1H(z)σ3H

−1(z)Ψ(z, 0) = Ψ(z, 0)−1m(z) · σΨ(z, 0) = m(z) · σ .

45

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In modo analogo si dimostra la seconda equazione delle (4.21). Infatti, dall’equazione

ΦZS(z, λ) = H−1

(z)Φ(z, λ), dalla (4.12) e tenendo conto che Φ(z, 0) = I2, si ricava

Φ−1ZS(z, 0)σ3ΦZS(z, 0) =

[H−1

(z)Φ(z, 0)]−1

σ3

[H−1

(z)Φ(z, 0)]

= Φ(z, 0)−1H(z)σ3H−1

(z)Φ(z, 0) = Φ(z, 0)−1m(z) · σΦ(z, 0) = m(z) · σ .

Il teorema 4.4 rappresenta l’analogo della Proposizione 1 di [58].

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Capitolo 5

Soluzioni solitoniche dell’equazione diHeisenberg

In questo capitolo determiniamo una formula che consente di esprimere le soluzioni mul-tisolitoniche dell’equazione di Heisenberg. Per determinare tali soluzioni applichiamo ilcosidetto metodo delle triplette. Limitandoci al caso nonriflessivo, in cui i coefficienti diriflessione sono nulli, risolviamo in forma chiusa l’equazione di Marchenko, in un primo mo-mento senza considerare la dipendenza temporale e, successivamente, facendo le necessariemodifiche per esplicitare l’evoluzione della soluzione nel tempo.

Nella sezione 5.1 costruiamo la formula esplicita che racchiude le soluzioni multisolitoni-che per l’equazione di HF, mentre nella sezione 5.2 discutiamo alcuni esempi di applicazionedella formula risolutiva trovata nella sezione precedente.

5.1 Metodo delle triplette

In questa sezione viene presentata un’ampia classe di soluzioni esplicite dell’equazioni diHeisenberg. Sotto la condizione che il coefficiente di riflessione R(λ) sia nullo, si puoapplicare il cosiddetto metodo delle triplette per risolvere in forma chiusa le equazioni diMarchenko e quindi dedurre la soluzione esplicita dell’equazione di Heisenberg.

Il metodo delle triplette e stato sviluppato originalmente per risolvere il problema discattering inverso per il sistema di Zakharov-Shabat con coefficiente di riflessione razionale,sia nel caso defocusing [9] sia in quello focusing [52]. Negli ultimi anni questo metodo estato applicato all’equazione di Korteweg-de Vries [10], all’equazione nonlineare di Schro-dinger [7, 24, 26] ed all’equazione di sine-Gordon [8]. Le triplette di matrici sono anchestate utilizzate per la risoluzione esplicita delle equazioni integrabili senza alcun riferimentoall’equazione di Marchenko [5, 13, 34, 47, 48]. Un’analisi dettagliata del metodo delletriplette si puo trovare in [53].

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Supponendo che il coefficiente di riflessione R(λ) sia nullo, l’equazione integrale diMarchenko (4.7) assume la forma

L(x, y) + Ω(z + y) +

∫ ∞z

duL(z, u)Ω(u+ y) = 02×2, (5.1)

dove 1

Ω(w) =

(0 ω(w)

−ω(w)∗ 0

), con ω(w) =

N∑s=1

nj−1∑s=0

Njsws

s!e−asw. (5.2)

Nel caso in cui tutti i poli del coefficiente di trasmissione siano semplici, l’espressione perω(w) si semplifica (vedi Capitolo 4) nel seguente modo:

ω(w) =N∑s=1

Nj0e−asw.

Dato il nucleo di Marchenko (5.2), esiste una tripletta di matrici (A,B, C), tale che

Ω(w) = Ce−wAB , (5.3)

dove la matrice A e una matrice quadrata di ordine 2p che ha soltanto autovalori conparte reale positiva, B e di ordine 2p× 2 e C e di ordine 2× 2p. Utilizzando un’opportunapartizione delle matrici A, B e C, di tipo

A =

(A 0p×p

0p×p A†

), B =

(0p×1 B−C† 0p×1

), C =

(C 01×p

01×p B†

). (5.4)

si ottiene per ω(w) la seguente rappresentazione

ω(w) = Ce−wAB , (5.5)

dove A e una matrice p×p i cui autovalori hanno tutti parte reale positiva, B e una matricep× 1, mentre C e una matrice 1× p.

Nel seguito risultera comodo richiedere che la tripletta (A,B,C) sia minimale (vedi[12, 28]), nel senso della seguente

Definizione 5.1 Una tripletta di matrici (A,B,C), con A di ordine p × p, B di ordinep × 1 e C di ordine 1 × p, e detta minimale se e sole se le matrici di ordine p × p cosıdefinite

colp(C,A)def=

CCA. . .

CAp−1

, rowp(A,B)def=(B AB . . . Ap−1B

), (5.6)

hanno entrambe rango p.

1L’espressione ω(w) data dall’equazione (5.2) si riferisce al caso in cui gli autovalori discreti abbianomolteplicita maggiore di uno. Tale caso e trattato in dettaglio in [24].

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In altre parole, possiamo affermare che le triplette minimali sono, fra tutte quelle (A′, B′, C ′)tali per cui ω(w) = C ′e−wA

′B′, quelle per cui l’ordine della matrice A′ e il piu piccolo

possibile.Supponiamo che (A,B,C) sia una tripletta minimale. E allora immediato verificare

che anche la tripletta (SAS−1, SB,CS−1) e minimale, dove S e un’opportuna matriceinvertibile. Sostituendo l’equazione (5.3) nell’equazione di Marchenko (5.1) si trova:

L(z, y) + Ce−(z+y)AB +

∫ ∞z

duL(z, u)Ce−(u+y)AB = 02×2 . (5.7)

Ponendo

F (z) = Ce−zA +

∫ ∞z

duL(z, u)Ce−uA , (5.8)

dall’equazione (5.7), deduciamo la rappresentazione moltiplicativa

L(z, y) = −F (z)e−yAB . (5.9)

Sostituendo (5.9) nell’espressione (5.8), si ottiene

F (z) = Ce−zA − F (z)e−zAPe−zA,

dove

P =

∫ ∞0

du e−uABCe−uA

e la soluzione unica [28] dell’equazione di Sylvester AP + PA = BC. Sotto l’ipotesi che lamatrice Ip + e−zAPe−zA sia invertibile per ogni z ∈ R2 troviamo,

L(z) = −Ce−zA[I2p + e−zAPe−zA]−1e−zAA−1B , (5.10)

dove L(z) =∫∞zdyL(z, y).

Mediante la sostituzione della (5.4) nella definizione di P , otteniamo

N =

∫ ∞0

dz e−zABB†e−zA†, Q =

∫ ∞0

dz e−zA†C†Ce−zA,

dove le matrici Q e N sono hermitiane positive. La loro invertibilita segue dalla minimalitadella tripletta (A,B,C). In tal caso

P−1 =

(0q×q −Q−1

N−1 0q×q

). (5.11)

2L’invertibilita di Ip + e−zAPe−zA e equivalente alla risolubilita unica dell’equazione di Marchenko(5.1). Quest’ultimo e un risultato noto [53, 24].

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Infine, troviamo il potenziale m(z, 0) sostituendo l’espressione di L(z) data da (5.10)nella seguente formula (vedi Capitolo 4 formula (4.12))

m(z) · σ =[I2 + L(z)

]−1

σ3

[I2 + L(z)

],

e si ha:

m(z) · σ =[I2 − Ce−zA[I2p + e−zAPe−zA]−1e−zAA−1B

]−1×× σ3

[I2 − Ce−zA[I2p + e−zAPe−zA]−1e−zAA−1B

]. (5.12)

Finora non abbiamo preso in considerazione la dipendenza temporale. In accordo conlo studio fatto nella Sezione 3.3 sappiamo che i dati di scattering evolvono come segue:

• T (λ, t) = T (λ, 0) ,

• R(λ, t) = e4iλ2tR(λ, 0) ,

• Ns(t) = e−4ia2stNs(0) .

Quindi, nel caso in cui il coefficiente di riflessione R(λ, t) sia nullo, i nuclei delle equazionidi Marchenko si esprimono nel seguente modo:

ω(w; t) = Ce−wAe−4itA2

B, ω∗(w; t) = B†e−wA†e4itA†

2tC†, (5.13)

dove abbiamo sostituito la tripletta di matrici (A,B,C) con la seguente

(A,B,Ce−4itA2

).

In particolare, notiamo che la dipendenza temporale appare solo nelle matrici B e C, inquanto nella matrice A sono presenti gli autovalori discreti (che non dipendono dal tempo),mentre, le matrici B e C contengono le norming constants che dipendono dal tempo.

Quindi, integrando rispetto a y le soluzioni esplicite dell’equazione integrale di Mar-chenko all’istante t, si ha:

L(z; t) = −C(t)e−zA[I2p + e−zAP(t)e−zA]−1e−zAA−1B(t), (5.14)

dove:

B(t) =

(0q×1 B

−(Ce−4itA2

)†0q×1

), C(t) =

(Ce−4itA2

01×q01×q B†

),

P(t) =

(0q×q N−Q(t) 0q×q

), con Q(t) =

∫ ∞0

dz e−zA†(Ce−4itA2

)†Ce−4itA2

e−zA.

Abbiamo dunque che le soluzioni del problema ai valori iniziali associato all’equazione diHeisenberg e data da:

m(z; t) · σ =[I2 − C(t)e−zA[In + e−zAP(t)e−zA]−1e−zAA−1B(t)

]−1×× σ3

[I2 − C(t)e−zA[In + e−zAP(t)e−zA]−1e−zAA−1B(t)

]. (5.15)

50

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5.2 Rappresentazione grafica di multisolitoni

Lo scopo di questa sezione e quello di illustrare la formula (5.15) tracciando i grafici dellesoluzioni solitoniche in alcuni casi particolarmente significativi. Uno studio piu dettaglia-to, dal punto di vista delle rappresentazioni grafiche, sara presentato nell’articolo [23],attualmente in preparazione.

Soluzione monosolitone L’esempio piu semplice da considerare si ha quando ladimensione della matrice A e uno. In tal caso, si ottiene la soluzione monosolitonicadell’equazione di Heisenberg. Scegliendo la tripletta di matrici (A,B,C) come

A = (a) = (p+ iq) , B = (1) , C = (c), (5.16)

dove p > 0, c ≡ c(t) = c(0)e−4ia2t, c(0) ∈ C e c(0) 6= 0, e sostituendo tale triplettanell’equazione (5.15), si trova:

m3(z) = 1− 2p2/|a|2

cosh2 [2p (z − z0)], (5.17)

dove z0 = 12p

ln(|c|/2p). Per semplicita, abbiamo riportato solo l’espressione della terza

componente del vettore di magnetizzazione3 m(z; t). E infatti rispetto alla componentem3 che risulta chiaro il comportamento solitonico.

Osserviamo che, in letteratura, la terza componente della soluzione monosolitonica sitrova espressa in funzione della velocita v di propagazione lungo l’asse x e della velocitaω di precessione. Introducendo, gli elementi che compaiono nella tripletta di matrici nelseguente modo:

p =1

2

√4ω − v2 , q =

v

4, 2p =

√4ω − v2 , (5.18)

si ottiene la formula presente, per esempio, in [51]. Le formula (5.18) sono molto utili inquanto consentono di collegare i dati di scattering, introdotti in un contesto puramentematematico tramite la IST, con le caratteristiche fisiche v e ω del monosolitone.

Con l’ausilio del programma Matlab abbiamo costruito i grafici delle componentim1(z; t),m2(z; t) e m3(z; t) che sono riportati nelle Figure 5.1, 5.2, 5.3 e 5.4. In particolare, nella Fi-gura 5.4 riportiamo il grafico della terza componente all’istante fissato t = 5 che evidenziail profilo “tipico” di un’onda solitonica.

3L’espressione esplicita delle componenti m1(z; t) e m2(z; t) e comunque riportata nell’Appendice B.

51

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Figura 5.1: m1(z, t): one soliton Figura 5.2: m2(z, t): one soliton

Figura 5.3: m3(z, t): one soliton Figura 5.4: m3(z, t = 5): one soliton

52

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Solitone doppio Scegliendo la tripletta di matrici (A,B,C) come

A =

1

4(√

3 + i) 0

01

4(√

3− i)

, B =

(11

), C =

(√3

2e−5√

3− i4

(i+√

3)2t

√3

2e5√

3− i4

(−i+√

3)2t

),

(5.19)con l’ausilio del software Mathematica abbiamo ricavato l’espressione esplicita della so-luzione a due-solitoni individuata da tale tripletta di matrici. Le formule trovate sonoeccessivamente lunghe e il loro inserimento non e particolarmente utile. L’utilizzo di Ma-tlab consente pero la realizzazione dei grafici di tali soluzioni che sono mostrati nelle Figure5.5-5.8.

Figura 5.5: m1(z, t): two solitons Figura 5.6: m2(z, t): two solitons

Le Figure 5.5-5.7 consentono di osservare l’interazione tra i due solitoni. In particolare,nella Figura 5.8 sono disegnati i due solitoni a tre diversi istanti, t = 0, t = 5 e t = 10.All’istante t = 0 i due solitoni sono separati e presentano la loro forma tipica di ondalocalizzata con un minimo prossimo a −0.5. All’istante successivo t = 5 i due solitoni sonoin prossimita dell’interazione e, infine, all’istante t = 10, i due solitoni hanno ripreso laloro forma tipica dopo l’avvenuta interazione.

53

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Figura 5.7: m3(z, t): two solitonsFigura 5.8: m3(z, 0),m3(z, 10),m3(z, 15): twosolitons

54

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Appendice A

La disuguaglianza di Gronwall

La disuguaglianza di Gronwall nota anche come Lemma di Gronwall e uno strumento usatonello studio delle equazioni differenziali. Abbiamo piu volte applicato questo risultato neicapitoli 3 e 4. La formulazione precisa e come segue:

Lemma A.1 (Disuguaglianza di Gronwall) Consideriamo l’equazione integrale

U(x) = A(x) +

∫ ∞x

dy B(x, y)U(y) , (A.1)

dove A(x) e B(x, y) sono, rispettivamente ∀x ∈ R, un vettore e una matrice di funzionicontinue, tali che

‖A(x)‖ ≤ α(x), ‖B(x, y)‖ ≤ β(y) , (A.2)

per certe funzioni α(x) e β(x) a valori reali, continue e non negative; supponiamo inoltreche α(x) sia non crescente ∀x ∈ R. Allora la serie di Neumann:

U(x) =∞∑n=0

Un(x) U0(x) = A(x) , Un+1(x) =

∫ ∞x

dyB(x, y)Un(y) , (A.3)

converge uniformemente e da l’unica soluzione dell’equazione integrale (A.1). Dal momentoche la serie di Neumann e una serie uniformemente convergente di funzioni continue, U(x)e una funzione continua ∀x ∈ R, e soddisfa la disuguaglianza di Gronwall

‖U(x)‖ ≤ α(x)exp

(∫ ∞x

dzβ(z)

). (A.4)

Questo risultato puo essere generalizzato al caso in cui l’equazione integrale (A.1) e, diconseguenza, le condizioni (A.2) contengono una dipendenza dal parametro k in A(x, k),B(x, y, k) e U(x, k).

55

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Dimostrazione. La dimostrazione della disuguaglianza di Gronwall si basa sul fattoche dalle condizioni (A.2) segue che, per ogni intero non negativo n, si ha:

‖Un(x)‖ ≤ α(x)1

n!

(∫ ∞x

dzβ(z)

)n⇒

∞∑n=0

‖Un(x)‖ ≤ α(x)∞∑n=0

1

n!

(∫ ∞x

dzβ(z)

)n.

Infatti la stima sopra e banalmente vera n = 0. Supponiamo che sia vera per n e proviamoche essa e vera anche per n+ 1:

‖Un+1(x)‖ ≤∫ ∞x

dy‖B(x, y)‖‖Un(y)‖

≤∫ ∞x

dyα(y)β(y)1

n!

(∫ ∞y

dzβ(z)

)n≤ α(x)

∫ ∞x

dy1

n!β(y)

(∫ ∞y

dzβ(z)

)n= α(x)

[−1

(n+ 1)!

(∫ ∞y

dzβ(z)

)n+1]∞y=x

= α(x)1

(n+ 1)!

(∫ ∞x

dzβ(z)

)n+1

,

dove si e sfruttata l’ipotesi che α(x) fosse non crescente.

56

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Appendice B

Alcuni codici numerici

In questa Appendice riportiamo due files di Mathematica. Il primo di questi consentedi verificare che, nel caso monosolitone le funzioni di Jost (2.21), ottenute sostituendo ilvalore della funzione K2(x, y) ricavato risolvendo l’equazione di Marchenko (2.22), nonsoddisfano la prima delle (2.20).

Il secondo file mostra invece come, sempre nel caso monosolitone, le funzioni di Jost(3.20) (ottenute sostituendo il valore della funzione K(x, y) ricavato risolvendo l’equazionedi Marchenko (4.1)) 1 soddisfano la prima delle (2.20). In tale file e presente la derivazionenumerica della soluzione monosolitone.

B.1 Soluzioni di Jost (2.21)

In questa sezione presentiamo2 il file sorgente che evidenzia come lo schema della ISTproposto nell’articolo [58] non sia consistente (vedi Capitolo 2 per maggiori dettagli).

1Si ricordi anche la relazione (4.20) per H(z).2Il software riportato in queste sezion e stato principalmente sviluppato dal Prof. Sommacal durante

il periodo da lui trascorso in qualita di visiting professor (Programma Visiting Professor finanziato dalRegione Autonoma della Sardegna) presso il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Universita diCagliari nell’Anno Accademico 2014/15

57

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Adjoint@x_D := Conjugate@Transpose@xDD;

n = 1;

AA = H Α L;BB = H 1 L;CC = H ∆ L;

subrule = 9∆ Conjugate@∆D ® Abs@∆D2, Α + Conjugate@ΑD ® 2 Re@ΑD,

Α - Conjugate@ΑD ® 2 ä Im@ΑD, Conjugate@ΑD2 ® Α HΑ - 4 Re@ΑDL + 4 Re@ΑD2,Conjugate@ΑD3 ® Conjugate@ΑD IΑ HΑ - 4 Re@ΑDL + 4 Re@ΑD2M=;

condrule = 8Α Î Complexes, Re@ΑD > 0, z Î Reals, y Î Reals,

w Î Reals, ∆ Î Complexes, Λ Î Reals<;

M0 = ConstantArray@0, 8n, n<D;

MA = FullSimplify@ArrayFlatten@88AA, M0<, 8M0, Adjoint@AAD<<D, condruleD . subrule;

MB = FullSimplify@ArrayFlatten@88M0, BB<, 8-Adjoint@CCD, M0<<D, 8Re@ΑD > 0<D . subrule;

MC = FullSimplify@ArrayFlatten@88CC, M0<, 8M0, Adjoint@BBD<<D, 8Re@ΑD > 0<D .subrule;

MA MatrixFormMB MatrixFormMC MatrixForm

K Α 00 Conjugate@ΑD O

K 0 1-Conjugate@∆D 0

O

K ∆ 00 1

O

f@w_D := ComplexExpandACC ã-w AA BBE;

f@wD MatrixForm

H ã-w Α ∆ LF@w_D := ArrayFlatten@880, f@wD<, 8-Adjoint@f@wDD, M0<<D;F@wD MatrixForm

0 ã-w Α∆

-ã-Conjugate@w ΑD Conjugate@∆D 0

NN = FullSimplifyBà0

¥

MatrixExp@-z AAD.BB. Adjoint@BBD. MatrixExp@-z Adjoint@AADD âz,condruleF . subrule;

QQ = FullSimplifyBà0

¥

MatrixExp@-z [email protected]@CCD. CC. MatrixExp@-z AAD âz,condruleF . subrule;

NN MatrixFormQQ MatrixFormI 1

2 Re@ΑD M

J Abs@∆D22 Re@ΑD N

MP = FullSimplify@ArrayFlatten@88M0, NN<, 8-QQ, M0<<D, condruleD . subrule;

MP MatrixForm0 1

2 Re@ΑD

-Abs@∆D22 Re@ΑD 0

GG@z_D :=FullSimplify@IdentityMatrix@nD + MatrixExp@-z [email protected]@-2 z AAD.

NN.MatrixExp@-z Adjoint@AADD, condruleD . subrule;

GG@zD MatrixFormJ 1 + ã-4 z Re@ΑD Abs@∆D2

4 Re@ΑD2 N

W@z_D := ArrayFlatten@881 - ä CC.MatrixExp@-2 z AAD.NN.MatrixExp@-z [email protected]@GG@zDD.

MatrixExp@-z [email protected]@CCD,ä CC.MatrixExp@-z AAD.Inverse@Adjoint@[email protected]@-z AAD.BB<,8ä [email protected]@-z [email protected]@GG@zDD.

MatrixExp@-z [email protected]@CCD,1 + ä [email protected]@-2 z [email protected]@-z AAD.

Adjoint@Inverse@[email protected]@-z AAD.BB<<D;WW = FullSimplify@FullSimplify@W@zD, condruleD . subruleD . subrule;

WW MatrixFormFullSimplify@FullSimplify@Det@WWD, condruleD . subruleD . subrule

1 - 2 ä Abs@∆D2 Re@ΑDAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2

ä ã-2 z Α

1+ã-4 z Re@ΑD Abs@∆D2

4 Re@ΑD2

ä ã-2 z Conjugate@ΑD Conjugate@∆D

1+ã-4 z Re@ΑD Abs@∆D2

4 Re@ΑD2

1 + 2 ä Abs@∆D2 Re@ΑDAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2

1 +4 Abs@∆D2 Re@ΑD2

Abs@∆D2 + 4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2

2 Appendice2.nb

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[email protected] . subruleL MatrixForm

[email protected]@QQD.Adjoint@CCD, M0<,

8M0, [email protected]@NND.BB<<D . subruleL MatrixForm

K 2 Re@ΑD 00 2 Re@ΑD O

K 2 Re@ΑD 00 2 Re@ΑD O

invWW = FullSimplify@Inverse@WWD, condruleD . subrule;

invWW MatrixForm

Abs@∆D2 H1+2 ä Re@ΑDL+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2Abs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs@∆D2M Re@ΑD2 -

4 ä ã2 z Conjugate@ΑD ∆ Re@ΑD2Abs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs@∆D2M Re@ΑD2

-4 ä ã2 z Α Conjugate@∆D Re@ΑD2

Abs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs@∆D2M Re@ΑD2Abs@∆D2 H1-2 ä Re@ΑDL+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2Abs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs@∆D2M Re@ΑD2

WW MatrixForm

1 - 2 ä Abs@∆D2 Re@ΑDAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2

ä ã-2 z Α

1+ã-4 z Re@ΑD Abs@∆D2

4 Re@ΑD2

ä ã-2 z Conjugate@ΑD Conjugate@∆D

1+ã-4 z Re@ΑD Abs@∆D2

4 Re@ΑD21 + 2 ä Abs@∆D2 Re@ΑD

Abs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2

MM = m1@zD PauliMatrix@1D + m2@zD PauliMatrix@2D + m3@zD PauliMatrix@3D;

MM MatrixForm

m3@zD m1@zD - ä m2@zDm1@zD + ä m2@zD -m3@zD

WΣ3InvW = [email protected]@3DL.invWW, condruleD . subrule;

WΣ3InvW MatrixForm

1 - 32 ã4 z Re@ΑD Abs@∆D2 Re@ΑD4IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs@∆D2M Re@ΑD2M -

8 ä ã2 z Conjugate@ΑD ∆ Re@ΑD2 IAbs@∆D2 H1-2 ä Re@ΑDL+4 ã4IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs

8 ä ã2 z Α Conjugate@∆D Re@ΑD2 IAbs@∆D2 H1+2 ä Re@ΑDL+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2MIAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs@∆D2M Re@ΑD2M -1 + 32 ã4 z Re@ΑD Abs@∆D2 Re@ΑD4

IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2+4 Iã4 z Re@ΑD+Abs

solm =

FullSimplify@Solve@MM WΣ3InvW, 8m1@zD, m2@zD, m3@zD<D@@1DD, condruleD . subrule

9m1@zD ® -I4 ä Re@ΑD2 Iã2 z Conjugate@ΑD ∆ IAbs@∆D2 H1 - 2 ä Re@ΑDL + 4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M -ã2 z Α Conjugate@∆D IAbs@∆D2 H1 + 2 ä Re@ΑDL + 4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2MMM

IIAbs@∆D2 + 4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2 + 4 Iã4 z Re@ΑD + Abs@∆D2M Re@ΑD2MM, m2@zD ®I4 Re@ΑD2 Iã2 z Conjugate@ΑD ∆ Abs@∆D2 H1 - 2 ä Re@ΑDL + ã2 z Α I∆ Conjugate@∆D2 H1 + 2 ä Re@ΑDL +

4 ã4 z Conjugate@ΑD ∆ Re@ΑD2 + 4 ã4 z Re@ΑD Conjugate@∆D Re@ΑD2MMM IIAbs@∆D2 + 4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2 + 4 Iã4 z Re@ΑD + Abs@∆D2M Re@ΑD2MM,

m3@zD ® 1 - I32 ã4 z Re@ΑD Abs@∆D2 Re@ΑD4M IIAbs@∆D2 + 4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M IAbs@∆D2 + 4 Iã4 z Re@ΑD + Abs@∆D2M Re@ΑD2MM=

DDx

Appendice2.nb 3

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TK@z_, y_D := [email protected]@-z MAD.Inverse@HIdentityMatrix@2D + MatrixExp@-z MAD.MP.MatrixExp@-z MADLD.MatrixExp@-y MAD.MB, condruleD . subrule;

TK@z,

yD MatrixForm

-2 ãH-y+zL Conjugate@ΑD Abs@∆D2 Re@ΑD

Abs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2 -4 ã-Hy+zL Α ∆ Re@ΑD2

ã-4 z Re@ΑD Abs@∆D2+4 Re@ΑD2

4 ã2 z Α+H-y+zL Conjugate@ΑD Conjugate@∆D Re@ΑD2Abs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2 -

2 ãH-y+zL Α Abs@∆D2 Re@ΑDAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2

March =

FullSimplifyBTK@z, yD + F@z + yD + àz

¥HTK@z, lD.F@l + yDL âl, condruleF . subrule;

March MatrixFormK 0 00 0

O

YY = FullSimplifyBMatrixExp@ä Λ z PauliMatrix@3DD +Λ à

z

¥HMK.MatrixExp@ä Λ y PauliMatrix@3DDL ây, condruleF . subrule;

YY MatrixFormãä z Λ K1 - 2 Λ Abs@∆D2 Re@ΑD

H-ä Λ+Conjugate@ΑDL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2MO -4 ã-ä z Λ+2 z Conjugate@ΑD ∆ Λ Re@ΑD2

HΑ+ä ΛL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M4 ã2 z Α+ä z Λ Λ Conjugate@∆D Re@ΑD2

H-ä Λ+Conjugate@ΑDL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M ã-ä z Λ K1 - 2 Λ Abs@∆D2 Re@ΑD

HΑ+ä ΛL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2MO

FullSimplify@YY - YYCornelis, condruleD MatrixForm-

4 ä ãä z Λ ∆ Λ Conjugate@∆D Re@ΑDHΛ+ä Conjugate@ΑDL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M 0

0 -4 ã-ä z Λ Λ Abs@∆D2 Re@ΑD

HΑ+ä ΛL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M

dYY = FullSimplify@D@YY, 8z, 1<D, condruleD . subrule;

dYY MatrixFormãä z ΛΛ ä +

2 Abs@∆D2 Re@ΑD IΛ Abs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD HΛ+4 ä Re@ΑDL Re@ΑD2MHΛ+ä Conjugate@ΑDL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M2

4 ã-ä z Λ+2 z Conjugate@ΑD ∆ Λ Re@ΑD2 IAbsH-ä Α+

-4 ã2 z Α+ä z Λ Λ Conjugate@∆D Re@ΑD2 IH-2 ä Α+ΛL Abs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD HΛ+2 ä Conjugate@ΑDL Re@ΑD2M

HΛ+ä Conjugate@ΑDL IAbs@∆D2+4 ã4 z Re@ΑD Re@ΑD2M2 ã-ä z Λ

Λ -ä +2 ä Λ Abs

FullSimplify@ä Λ WΣ3InvW.YY, condruleD . subrule;

FullSimplify@dYY - ä Λ WΣ3InvW.YY, condruleD . subrule;

MDiff = dYY - ä Λ WΣ3InvW.YY;

4 Appendice2.nb

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MDiff11 = FullSimplify@Expand@FullSimplify@Expand@FullSimplify@Numerator@Together@MDiffP1, 1TDD,

condruleD D . subruleD . subruleD . subrule , condruleD

-32 ãä z Λ+4 z Re@ΑD Λ Abs@∆D2 Re@ΑD4

I4 ã4 z Re@ΑD H-ä + Conjugate@ΑDL Re@ΑD2 + Abs@∆D2 IConjugate@ΑD - ä I1 + 4 Re@ΑD2MMM

Coefficient@MDiff11, ΛDCoefficientAMDiff11, Λ2E

-32 ãä z Λ+4 z Re@ΑD Abs@∆D2 Re@ΑD4

I4 ã4 z Re@ΑD H-ä + Conjugate@ΑDL Re@ΑD2 + Abs@∆D2 IConjugate@ΑD - ä I1 + 4 Re@ΑD2MMM

0

Appendice2.nb 5

61

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B.2 Soluzioni di Jost (3.20)

In questa sezione, nella pagina seguente, riportiamo il file sorgente che consente di disegnareil grafico della soluzione monosolitone seguendo i passi della IST proposti in questa tesi enell’articolo [23]. Inoltre, viene anche mostrato come, nel caso della soluzione monosolitone,le funzioni di Jost (3.20) soddisfino il sitema di equazioni differenziali (2.20).

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IST with Matrix TripletsQuit@D;

1-Droplet

Adjoint@x_D := Conjugate@Transpose@xDD;n = 1;

AA = H p + ä q L;BB = H 1 L;CC = H Κ L;subrule = 9Κ Conjugate@ΚD ® Abs@ΚD2=;condrule =

8p Î Reals, p > 0, q Î Reals, z Î Reals, y Î Reals, w Î Reals, Κ Î Complexes, Λ Î Reals<;M0 = ConstantArray@0, 8n, n<D;MA = FullSimplify@ArrayFlatten@88AA, M0<, 8M0, Adjoint@AAD<<D, condruleD . subrule;

MB =

FullSimplify@ArrayFlatten@88M0, BB<, 8-Adjoint@CCD, M0<<D, condruleD . subrule;

MC = FullSimplify@ArrayFlatten@88CC, M0<, 8M0, Adjoint@BBD<<D, condruleD . subrule;

MA MatrixFormMB MatrixFormMC MatrixFormp + ä q 0

0 p - ä q

K 0 1-Conjugate@ΚD 0

O

K Κ 00 1

O

NN = FullSimplifyBà0

¥

MatrixExp@-z AAD.BB. Adjoint@BBD. MatrixExp@-z Adjoint@AADD âz,condruleF . subrule;

QQ = FullSimplifyBà0

¥

MatrixExp@-z [email protected]@CCD. CC. MatrixExp@-z AAD âz,condruleF . subrule;

NN MatrixFormQQ MatrixForm

MP = FullSimplify@ArrayFlatten@88M0, NN<, 8-QQ, M0<<D, condruleD . subrule;

MP MatrixForm

0 1

2 p

-Abs@ΚD2

2 p0

KKb@z_D :=

[email protected]@MatrixExp@2 z MAD + [email protected] . subrule,

condruleD . subrule;

KKb@zD MatrixForm

-2 p Abs@ΚD2

Hp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M-

4 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ã2 Hp+ä qL z p2 Conjugate@ΚDHp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

-2 p Abs@ΚD2

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

HH@z_D := HInverse@IdentityMatrix@2D + KKb@zDDL;

H

MH = FullSimplify@HHH@zDL . subrule, condruleD . subrule;

MH MatrixForm

4 ã4 p z p2 Hp+ä qL-Hp-ä qL Abs@ΚD2

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M4 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

-4 ã2 Hp+ä qL z p2 Conjugate@ΚDHp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ã4 p z p2 Hp-ä qL-Hp+ä qL Abs@ΚD2

Hp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

MHinv = FullSimplify@HIdentityMatrix@2D + KKb@zDL . subrule, condruleD . subrule;

MHinv MatrixForm

1 - 2 p Abs@ΚD2

Hp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M-

4 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ã2 Hp+ä qL z p2 Conjugate@ΚDHp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

1 - 2 p Abs@ΚD2

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

MM = m1@zD PauliMatrix@1D + m2@zD PauliMatrix@2D + m3@zD PauliMatrix@3D;

MM MatrixForm

m3@zD m1@zD - ä m2@zDm1@zD + ä m2@zD -m3@zD

RHS2 = FullSimplify@[email protected] . subrule, condruleD . subrule;

RHS2 MatrixForm

1 - 2 p Abs@ΚD2

Hp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M-

4 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

-4 ã2 Hp+ä qL z p2 Conjugate@ΚDHp-ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

-1 + 2 p Abs@ΚD2

Hp+ä qL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

2 Appendice3.nb

63

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H*RHS=HHFullSimplify@[email protected],condruleD.subruleΑ,condruleD.

subruleΑL.subruleΚL;*LRHS = [email protected] . subrule, condruleD . subrule;

RHS MatrixFormIp2+q2M Abs@ΚD4+8 ã4 p z p2 I2 ã4 p z p2 Ip2+q2M+I-3 p2+q2M Abs@ΚD2M

Ip2+q2M I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2-

8 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ I4 ã4 p z p2 Hp+ä qL-Hp-ä qL Abs@ΚD2MHp+ä qL2 I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2

-8 ã2 Hp+ä qL z p2 I4 ã4 p z p2 Hp-ä qL-Hp+ä qL Abs@ΚD2M Conjugate@ΚD

Hp-ä qL2 I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2-Ip2+q2M Abs@ΚD4+8 ã4 p z p2 I2 ã4 p z p2 Ip2+q2M+I-3 p2+q2M Abs@Κ

Ip2+q2M I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2

mtre = IIp2 + q2M Abs@ΚD4 + 8 ã4 p z p2 I2 ã4 p z p2 Ip2 + q2M + I-3 p2 + q2M Abs@ΚD2MM JIp2 + q2M I4 ã4 p z p2 + Abs@ΚD2M2N;

solz = HHFullSimplify@Solve@Simplify@FullSimplify@D@mtre, zDD . subruleD 0, zD,condruleD . subruleL . 8C@1D ® 0<LP1T

FullSimplify@mtre . solz, condruleD

:z ®LogB Abs@ΚD2

4 p2F

4 p>

1 -2 p2

p2 + q2

SolveBAmp 1 -2

1 + Η, ΗF

::Η ® -1 - Amp-1 + Amp

>>

Appendice3.nb 3

64

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Clear@Κ, p, q, Η, AmpDp = 1;

Amp = -0.5;

Κ = 2 p + 3;

Η =1 + Amp

1 - Amp;

q = Η p;

Plot@mtre, 8z, -10, 10<, PlotRange ® AllDClear@Κ, p, q, Amp, ΗD

-10 -5 5 10

-0.4

-0.2

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

FullSimplifyAImtre . 9Abs@ΚD2 ® Ξ2, Abs@ΚD4 ® Ξ4=M . 8Ξ ® 2 p ãΗ<E

1 -2 p2 Sech@2 p z - ΗD2

p2 + q2

solm = Solve@8MMP1, 1T RHSP1, 1T, MMP1, 2T RHSP1, 2T, MMP2, 1T RHSP2, 1T<,8m1@zD, m2@zD, m3@zD<DP1T;

8Magn1, Magn2, Magn3< = 8m1@zD, m2@zD, m3@zD< .FullSimplify@solm . subrule, condruleD . subrule

:- 1

Hp2 + q2L2 H4 ã4 p z p2 + Abs@ΚD2L24 ã-2 ä q z p2 I4 ã6 p z p2 Ip2 + q2M IHp - ä qL Κ + ã4 ä q z Hp + ä qL Conjugate@ΚDM -ã2 p z Abs@ΚD2 IHp - ä qL3 Κ + ã4 ä q z Hp + ä qL3 Conjugate@ΚDMM,

1

Hp2 + q2L2 H4 ã4 p z p2 + Abs@ΚD2L24 ã-2 ä q z p2

I-4 ä ã6 p z p2 Ip2 + q2M IHp - ä qL Κ - ã4 ä q z Hp + ä qL Conjugate@ΚDM +ã2 p z Abs@ΚD2 I-Hä p + qL3 Κ - ã4 ä q z H-ä p + qL3 Conjugate@ΚDMM,

IIp2 + q2M Abs@ΚD4 + 8 ã4 p z p2 I2 ã4 p z p2 Ip2 + q2M + I-3 p2 + q2M Abs@ΚD2MM IIp2 + q2M I4 ã4 p z p2 + Abs@ΚD2M2M>

Κ = 2 p ãHu+ä vL;

4 Appendice3.nb

65

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FullSimplify@ComplexExpand@Im@FullSimplify@Magn1, 8u Î Reals, v Î Reals<DDDDMMagn1 = FullSimplify@FullSimplify@

ComplexExpand@Re@FullSimplify@Magn1, 8u Î Reals, v Î Reals<DDDD, condruleD

0

-I4 ãu+2 p z p Ip I-ã2 u Ip2 - 3 q2M + ã4 p z Ip2 + q2MM Cos@v - 2 q zD +q Iã2 u I-3 p2 + q2M + ã4 p z Ip2 + q2MM Sin@v - 2 q zDMM IIã2 u + ã4 p zM2 Ip2 + q2M2M

FullSimplify@ComplexExpand@Im@FullSimplify@Magn2, 8u Î Reals, v Î Reals<DDDDMMagn2 = FullSimplify@FullSimplify@

ComplexExpand@Re@FullSimplify@Magn2, 8u Î Reals, v Î Reals<DDDD, condruleD

0

I4 ãu+6 p z p Ip2 + q2M H-q Cos@v - 2 q zD + p Sin@v - 2 q zDL - 4 ã3 u+2 p z pII-3 p2 q + q3M Cos@v - 2 q zD + p Ip2 - 3 q2M Sin@v - 2 q zDMM IIã2 u + ã4 p zM2 Ip2 + q2M2M

MMagn3 = FullSimplify@ComplexExpand@FullSimplify@Magn3, 8u Î Reals, v Î Reals<DDD

1 -2 p2 Sech@u - 2 p zD2

p2 + q2

Clear@p, q, u, v, Η, AmpDAmp = -0.5;

p = 1;

u = 0;

v = 0;

Η =1 + Amp

1 - Amp;

q = Η p;

8Plot@MMagn1, 8z, -10, 10<, PlotRange ® All, Axes ® 8True, False<, Frame ® TrueD,Plot@MMagn2, 8z, -10, 10<, PlotRange ® All, Axes ® 8True, False<, Frame ® TrueD,Plot@MMagn3, 8z, -10, 10<, PlotRange ® All, Axes ® 8True, False<, Frame ® TrueD<98MMagn1, MMagn2, MMagn3<, MMagn12 + MMagn22 + MMagn32= . 8z ® 0<

Clear@p, q, u, vD

:

-10 -5 0 5 10

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

,

-10 -5 0 5 10

-0.5

0.0

0.5

1.0

,

-10 -5 0 5 10

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

>

88-0.75, 0.433013, -0.5<, 1.<

Appendice3.nb 5

66

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XX = SimplifyB

TogetherBFullSimplifyB 1

2HIdentityMatrix@2D + [email protected] . subrule,

condruleF . subruleF, condruleF;XX MatrixForm

16 ã8 p z p4 Ip2+q2M-8 ã4 p z p2 Ip2-q2M Abs@ΚD2+Ip2+q2M Abs@ΚD4Ip2+q2M I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2 -

4 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ I4 ã4 p z p2 Hp+ä qL-Hp-ä qL Abs@ΚD2MHp+ä qL2 I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2

4 ã2 Hp+ä qL z p2 I4 ã4 p z p2 Hp-ä qL-Hp+ä qL Abs@ΚD2M Conjugate@ΚDHp-ä qL2 I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2

16 ã8 p z p4 Ip2+q2M-8 ã4 p z p2 Ip2-q2M Abs@ΚD2+Ip2+q2M Abs@ΚD4Ip2+q2M I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2

YY1 = [email protected]@MatrixExp@2 z MAD + MPDL . subrule, condruleD . subrule;

YY1 MatrixFormã2 Hp-ä qL z

Κ

ã4 p z+Abs@ΚD24 p2

-2 p Κ

4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2

2 p Abs@ΚD24 ã4 p z p2+Abs@ΚD2

ã2 Hp+ä qL z

ã4 p z+Abs@ΚD24 p2

YY2 = FullSimplify@HInverse@ä Λ PauliMatrix@3D + MAD.MBL . subrule, condruleD . subrule;

YY2 MatrixForm0 1

p+ä Hq+ΛL-

Conjugate@ΚDp-ä Hq+ΛL 0

YY3 = [email protected] . subrule, condruleD . subrule;

YY3 MatrixForm2 p Abs@ΚD2

Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2Mã2 Hp-ä qL z

Κ

Hp+ä Hq+ΛLL Kã4 p z+ Abs@ΚD24 p2

O

-4 ã2 Hp+ä qL z p2 Conjugate@ΚD

Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M2 p Abs@ΚD2

Hp+ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

YY4 = [email protected] . subrule, condruleD . subrule;

YY4 MatrixForm-

2 p Hp-ä qL Abs@ΚD2Hp+ä qL Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ã2 Hp-ä qL z p2 ΚHp+ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

-4 ã2 Hp+ä qL z p2 Conjugate@ΚD

Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M -2 p Hp+ä qL Abs@ΚD2

Hp-ä qL Hp+ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

YY5 = Simplify@FullSimplify@HMH - YY4L . subrule, condruleD . subrule, condruleD;YY5 MatrixForm

4 ã4 p z p2 Hp+ä qL Hp-ä Hq+ΛLL+Ip2+ä p Λ+q Hq+ΛLM Abs@ΚD2Hp+ä qL Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ã2 Hp-ä qL z p2 Κ ΛHp+ä qL H-ä p+q+ΛL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ä ã2 Hp+ä qL z p2 Λ Conjugate@ΚDHp-ä qL Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ã4 p z p2 Hp-ä qL Hp+ä Hq+ΛLL+Ip2-ä p Λ+q Hq+ΛLM Abs@ΚD2Hp-ä qL Hp+ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

6 Appendice3.nb

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YY = YY5.MatrixExp@ä Λ z PauliMatrix@3DD;MY = Simplify@FullSimplify@YY . subrule, condruleD . subrule, condruleD;MY MatrixForm

ãä z Λ I4 ã4 p z p2 Hp+ä qL Hä p+q+ΛL+ä Ip2+ä p Λ+q Hq+ΛLM Abs@ΚD2M

Hp+ä qL Hä p+q+ΛL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M4 ä ãz H2 p-ä H2 q+ΛLL p2 Κ Λ

Hp+ä qL Hp+ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

4 ä ãz H2 p+ä H2 q+ΛLL p2 Λ Conjugate@ΚDHp-ä qL Hp-ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

ã-ä z Λ I4 ã4 p z p2 Hp-ä qL Hp+ä Hq+ΛLL+Ip2-ä p Λ+q Hq+ΛLM Abs@ΚD2M

Hp-ä qL Hp+ä Hq+ΛLL I4 ã4 p z p2+Abs@ΚD2M

Diff = Numerator@Together@Simplify@D@MY, zD - ä Λ RHS.MYDDD;

CoefficientADiffP1, 1T, Λ2, FactorE

Coefficient@DiffP1, 1T, Λ, FactorDFullSimplify@FullSimplify@DiffP1, 1T . 8Λ ® 0<D . subruleD

0

0

0

CoefficientADiffP1, 2T, Λ2, FactorE

Coefficient@DiffP1, 2T, Λ, FactorDFullSimplify@FullSimplify@DiffP1, 2T . 8Λ ® 0<D . subruleD

0

0

0

CoefficientADiffP2, 1T, Λ2, FactorE

Coefficient@DiffP2, 1T, Λ, FactorDFullSimplify@FullSimplify@DiffP2, 1T . 8Λ ® 0<D . subruleD

0

0

0

CoefficientADiffP2, 2T, Λ2, FactorE

Coefficient@DiffP2, 2T, Λ, FactorDFullSimplify@FullSimplify@DiffP2, 2T . 8Λ ® 0<D . subruleD

0

0

0

Appendice3.nb 7

68

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