Seconda Lectio - Speranza

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Libretto Seconda Lectio - Speranza

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Lectio Divina 19 Gennaio 2013

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“Spero:  la  speranza”   Gv 11 (risurrezione di Lazzaro)

“La speranza è la forza con la quale guardiamo con costanza lo scopo della nostra presenza sulla terra, ossia lodare e servire Dio; è la forza con la quale vediamo in cosa consiste la nostra vera felicità, ovvero nel trovare in Dio la nostra pienezza; è la forza con la quale scorgiamo dov’è la nostra patria definitiva, ovvero in Dio. “ (Youcat n.308)

Introduzione

In questa seconda serata di preghiera insieme chiediamo il dono della Speranza. La vita ci pone davanti ogni giorno fatiche, ostacoli, momenti a volte difficili e di sconforto. Il Signore Gesù ci invita a leggere le nostre esperienze di fragilità, di fatica e di sconforto nella sua luce che illumina le nostre tenebre, anche quando ci sembrano troppo buie. La nostra speranza si fonda sulla Pasqua, sulla Risurrezione di Gesù Cristo che vince anche la morte e segna il trionfo della vita.

Canto: Fonte della Vita Risorgeremo in Te Signore, ci hai donato nuova vita, ci hai liberato dal peccato: grande è l’opera di Dio Hai riempito i nostri giorni della sola gioia vera e su chi soffre e più non spera brillerà la Luce Tua. Noi ti lodiamo, crediamo che

Tu sei la fonte della vita;

avremo fede, speranza e carità

verso il prossimo per Te.

Per sempre noi annunceremo Te

in ogni giorno della vita;

con questa fede, speranza e carità che lo Spirito diede a noi.

Per fede andremo per il mondo

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a proclamare la Parola; a tutti i popoli diremo che la vita vera sei. Con fede tutto lasceremo confidiamo nel tuo amore; trova pace il nostro cuore solo se riposa in Te. Noi ti lodiamo, crediamo che

Tu sei la fonte della vita;

avremo fede, speranza e carità

verso il prossimo per Te.

Per sempre noi annunceremo Te

in ogni giorno della vita;

con questa fede, speranza e carità che lo Spirito diede a noi.

Tu sei presente in ogni giorno, sarai con noi fino alla fine; insieme a Te cammineremo sui sentieri della vita. Tu solo accendi la speranza dentro al cuore di ogni uomo; non c'è fede senza amore non c'è amore senza Te. Noi ti lodiamo, crediamo che

Tu sei la fonte della vita;

avremo fede, speranza e carità

verso il prossimo per Te.

Per sempre noi annunceremo Te

in ogni giorno della vita;

con questa fede, speranza e carità che lo Spirito diede a noi.

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Vincitore sulla morte, fonte della vita eterna, vero uomo sulla terra, vero Dio sei Tu Gesù. Ci hai creati per amore, solo amore chiedi a noi: quel che nasce dalla fede è la vera carità! Celebrante Nel nome del Padre… Il Signore sia con voi…

Preghiera corale

Gesù, speranza dei nostri cuori, dal giorno della tua risurrezione, per mezzo dello Spirito Santo, sempre ci vieni incontro. Dovunque noi siamo, sempre tu ci aspetti. E dici: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”. Anche questa sera accogli noi che veniamo a te. Amen.

Primo Momento – LECTIO

Canto alla Parola: Alleluia, allelu-ia,alleluia alleluia:

nello spirito c’è vera libertà !

Alleluia, alleluia.

Se farete quel che vi dico diverrete tutti amici miei: scoprirete che la verità vi fa uomini liberi. La paura della libertà tiene l’uomo nella schiavitù; ma lo spirito che Tu ci dai ci fa uomini più liberi.    

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Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11,1-45)

Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era

quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello

Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, colui che tu ami è

malato".

All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio,

affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato".

Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo

dove si trovava. Poi disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".

I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".

Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa,

perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in

lui".

Disse queste cose e poi soggiunse loro: "Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a

svegliarlo". Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se si è addormentato, si salverà". Gesù aveva

parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno.

Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato

là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!".

Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da

Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il

fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.

Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so

che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà". Gesù le disse: "Tuo fratello risorgerà".

Gli rispose Marta: "So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno". Gesù le disse: "Io sono la

risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non

morirà in eterno. Credi questo?". Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di

Dio, colui che viene nel mondo".

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: "Il Maestro è qui e ti

chiama". Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava

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ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo

Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: "Signore, se tu

fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!". Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche

i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: "Dove lo avete

posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!". Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: "Guarda

come lo amava!". Ma alcuni di loro dissero: "Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche

far sì che costui non morisse?".

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa

era posta una pietra. Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore,

manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni". Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se crederai,

vedrai la gloria di Dio?".

Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti rendo grazie perché mi hai

ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno,

perché credano che tu mi hai mandato". Detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". Il

morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: "Liberatelo e

lasciatelo andare".

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Secondo Momento - MEDITATIO

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Terzo Momento - ORATIO & CONTEMPLATIO

Canto di esposizione eucaristica: NELLA TUA CASA, IO.

Quante volte Signore mi son chiesto: se tu sei presente qui al mio fianco p erché mai io dovrei patire nel cuore la solitudine Sono stanco di perdere il mio tempo a cercare risposte che non trovo ma ora so che qualunque cosa ti chiedo me la concederai Rit. Chi crede in te non rimane solo mai,

la tua mano non lo lascerà;

nella tua casa Signore, Dio con noi,

con te per sempre abiterò.

Ora voglio aprire a te le porte ed accoglierti come mio Maestro: lascerò tutto quello che può oscurare la luce tua in me

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Credo che tu sei la Resurrezione, tu la Vita, la Speranza nostra e per questa mia fede sono sicuro la gloria tua vedrò Rit. Non si può sradicare quella gioia che fiorisce dalla tua presenza; siamo noi testimoni di quella grazia che sempre annunceremo Rit.

Ritornello Questa notte non è più notte davanti a te Il buio come luce risplende

Preghiera Gesù risorto, il segno più grande di speranza è la tua presenza in mezzo a noi nell’eucarestia. Nel gesto della frazione del pane e in ogni gesto di dono di sé noi riconosciamo la tua presenza di Risorto. Alimenta il nostro cuore con il tuo amore capace di dono, perché tutti i nostri affetti siano disponibili alla testimonianza e diventiamo, così, missionari di speranza. Amen

Ritornello Questa notte non è più notte davanti a te Il buio come luce risplende

Preghiera Gesù risorto, i tuoi primi discepoli ti hanno incontrato non nei momenti straordinari, ma nella semplicità dell’ordinario. Ti chiediamo di renderci docili alla tua parola per rigiocare la speranza anche dopo le nostre delusioni. Fa’ sentire la tua voce dalla riva della nostra quotidianità, perchè anche noi possiamo essere testimoni della tua speranza nella vita di ogni giorno dove tu ci aspetti. Amen.

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Ritornello Questa notte non è più notte davanti a te Il buio come luce risplende

Padre Nostro

Canto di adorazione: Nel tuo silenzio Nel tuo silenzio accolgo il mistero venuto a vivere dentro di me. Sei tu che vieni, o forse è più vero che tu mi accogli in te, Gesù. Sorgente viva che nasce nel cuore è questo dono che abita in me. La tua presenza è un Fuoco d'amore che avvolge l'anima mia, Gesù. Ora il tuo Spirito in me dice: “Padre”, non sono io a parlare, sei tu. Nell'infinito oceano di pace tu vivi in me, io in te, Gesù.  

Orazione Dio vivente, noi siamo talvolta stranieri sulla terra, sconcertati dalle violenze, dalla durezza delle divisioni. Preparaci ad essere portatori di riconciliazione là dove ci chiami a vivere, fino a che si levi una speranza di pace tra gli uomini. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Benedizione eucaristica

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Quarto Momento - ACTIO

Segno

Canto finale: Popoli tutti acclamate Mio Dio, Signore, nulla è pari a Te. Ora e per sempre, voglio lodare il Tuo grande amor per noi. Mia roccia Tu sei, pace e conforto mi dai. Con tutto il cuore e le mie forze, sempre io ti adorerò. Popoli tutti acclamate al Signore, gloria e potenza cantiamo al Re, mari e monti si prostrino a te, al tuo nome, o Signore. Canto di gioia per quello che fai, per sempre Signore con te resterò, non c’è promessa, non c’è fedeltà che in te.

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Per l’approfondimento e la riflessione personale a casa Dalla  “Lettera  ai  cercatori  di  Dio”  della  CEI    LA  VITA  ETERNA  

La  morte  è  di  casa  nell’esistenza  quotidiana.  Bussa  continuamente  alla  porta  della  vita.  Dobbiamo  tutti  fare   i   conti   con   essa   e   con   i   suoi   segni   inquietanti.   Oggi   forse   essa   è   presente   ancora   più  abbondantemente  di  un  tempo  nella  nostra  vita,  grazie  alle  comunicazioni  e  ai  mezzi  di  informazione  del   villaggio  globale.   L’abbiamo  però   ridotta  a   spettacolo  o  a   fatto  privato,   cercando  di   interpretarla  perfino  come  segno  di  una  debolezza  che,  presto  o  tardi,  ci  auguriamo  di  riuscire  a  eliminare  o  almeno  ridurre.  

Soprattutto  abbiamo  esorcizzato  il  suo  pensiero.  Della  morte  non  si  deve  parlare.  Chi  lo  fa,  rompe  una  convenzione.  Quasi  ci  convinciamo  che  parlare  della  morte  porti  male:  meglio  tacere,  lasciar  perdere  o,  al  massimo,  prenderne  le  distanze.  Le  informazioni  relative  a  fatti  di  morte  vanno  dosate  con  notizie  leggere  e  poco  impegnative.  

L’esperienza  cristiana  più  autentica,  però,  ci  chiede  di  essere  attenti  alla  morte,  per  essere  signori  della  nostra   vita,   secondo   l’orizzonte   globale   che   la   fede   ci   offre.   Solo   dalla   parte   della   morte   possiamo,  infatti,  comprendere  la  nostra  vita:  quella  che  costruiamo  a  fatica  nell’oggi  e  quella  che  si  spalanca  sulla  nostra  esistenza,  come  dono  imprevedibile  di  un  amore  che  vince  anche  la  morte  e  ci  immerge  in  una  pienezza  di  vita  al  di  là  della  vita.  

La  speranza  ultima  e  quella  penultima  

La   speranza   è   la   “buona   notizia”   che   il   Vangelo   ci   consegna.   Lo   ha   ricordato   Papa   Benedetto   XVI  nell’Enciclica  Spe  salvi:  “Il  Vangelo  non  è  soltanto  una  comunicazione  di  cose  che  si  possono  sapere,  ma  è  una  comunicazione  che  produce  fatti  e  cambia  la  vita.  La  porta  oscura  del  tempo,  del  futuro,  è  stata  spalancata.  Chi  ha  speranza  vive  diversamente;  gli  è  stata  donata  una  vita  nuova”  (n.  2).  

La   prospettiva   che   illumina   la   vita,   anche   nel   duro   confronto   con   la   morte,   è   appunto   la   speranza  dischiusa  dalla  resurrezione  di  Cristo.  Non  si  tratta  soltanto  di  un’aspettativa  che  nasce  quando  siamo  costretti   a   misurarci   con   un   limite   che   sembra   invalicabile   o   quando   avvertiamo   la   necessità   di  spalancare   il   presente   verso   orizzonti   più   rassicuranti.   Nell’esperienza   cristiana,   la   speranza   è   una  dimensione   irrinunciabile,   fondata   nell’incontro   stesso   col   Signore   Gesù:   è   lui   risorto   da   morte   a  illuminare  il  presente  e  ad  aprire  il  nostro  sguardo  verso  un  futuro  affidabile  e  bello.  

L’atto  del  morire,  letto  con  gli  occhi  della  speranza  dell’incontro  con  Gesù  risorto,  si  schiude  a  orizzonti  che  vanno  oltre  il  limite  della  morte  stessa:  come  il  Cristo  è  passato  dalla  morte  alla  vita,  così  la  morte,  che   egli   ha   fatto   sua,   viene   rivelata   come   passaggio   a   una   nuova   condizione   di   esistenza,   cammino  pasquale  verso   il   futuro  aperto  da   lui,  vincitore  della  morte.   Il  Nuovo  Testamento  concepisce  questa  vita,   inaugurata  con   la  morte,  come  un  “essere  con  Cristo”,  che  suggellerà   la  sequela  di   lui  vissuta   in  vita  per  vie  misteriose,  non  evidenti  agli  occhi  degli  uomini.  

La  fede  cristiana  riconosce  nella  Pasqua  l’atto  col  quale  il  Dio  della  vita  ha  vinto  il  potere  della  morte:  “Cristo,   risorto  dai  morti,  non  muore  più;   la  morte  non  ha  più  potere  su  di   lui”   (Romani  6,9).  Sarà   il  Cristo  a  introdurci  nella  vita  senza  tramonto:  il  suo  sguardo  renderà  la  persona  trasparente  a  se  stessa,  facendole  assumere  piena  coscienza  del  modo  in  cui  essa  si  è  situata  nella  storia  dell’amore.  Il  Cristo  giudice  non  è,  dunque,   l’arbitro  dispotico  e  accecato  dall’ira  di  alcune  rappresentazioni   infelici,  ma   il  

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volto  della  misericordia  di  Dio,  che  trapassa  la  coscienza  personale  e  le  dà  il  coraggio  della  verità  su  se  stessa.  Nell’incontro   col  Crocifisso   risorto   ritroviamo  così   l’esperienza  più  autentica  della  vita,   il   suo  vero  sigillo.  

Il  destino  finale  

Viene  spontaneo  chiederci  che  cosa  capiterà  a  ciascuno  di  noi  dopo  la  morte.  Essa  conclude  l’avventura  della  vita  o  spalanca  a  trasformazioni  del  nostro  esistere,  imprevedibili  con  gli  strumenti  della  nostra  capacità  riflessiva?  I  cristiani,  quando  si  interrogano  sull’esito  della  vita  dopo  la  morte,  si  riferiscono  a  tre   possibilità   diverse:   l’inferno,   il   paradiso,   il   purgatorio.   Oggi   ci   sembra   strano   utilizzare   queste  espressioni,   che   suonano   superate.   Eppure   dobbiamo   riscoprirle   nel   loro   significato   autentico,   per  riempire  di  speranza  e  di  responsabilità  la  nostra  esistenza.  

Il  destino  finale  dell’uomo  e  della  storia  coincide  con  la  carità  infinita  che  ne  è  l’origine:  Dio  “vuole  che  tutti  gli  uomini  siano  salvati  e  giungano  alla  conoscenza  della  verità”  (1Timoteo  2,4).   “Io  sono   infatti  persuaso  che  né  morte  né  vita,  né  angeli  né  principati,  né  presente  né  avvenire,  né  potenze,  né  altezza  né   profondità,   né   alcun’altra   creatura   potrà   mai   separarci   dall’amore   di   Dio,   che   è   in   Cristo   Gesù,  nostro  Signore”  (Romani  8,38-­‐39).  Ne  consegue  che  l’inferno  ci  sarà  solo  per  chi  avrà  voluto,  in  modo  libero  e  consapevole,  edificare  la  sua  vita  lontano  da  Dio.  

L’inferno   è   la   tristezza   di   non   poter   più   amare,   è   il   rimpianto   infinito   di   non   poter   più   vivere   la  gratitudine,  senza  la  quale  lo  stesso  dono  è  perduto.  La  possibilità  dell’inferno  è  la  stessa  della  nostra  libertà:  un  Dio  che  ci  ama  e  rispetta  la  nostra  libertà  non  può  salvarci  senza  una  qualche  partecipazione  della  nostra  volontà.  Diversamente,  il  suo  amore  sarebbe  un’imposizione  e  un  inganno!  

Nella   prospettiva   della   passione   e   morte   di   Gesù   si   trova   una   luce   anche   sul   purgatorio:   esso   è   la  possibilità  di  una  purificazione  nella  morte  e  oltre  la  morte,  che  ci  consente  di  completare  in  noi  ciò  che  manca  alla  piena  assimilazione  a  Cristo  e  alla  vita  divina  che  lui  ci  ha  offerto.  Pregare  per  i  defunti  vuol  dire  aiutarli   in  questo  cammino  che   l’amore  del  Dio  di  misericordia  offre  a   chi  non  gli  ha  chiuso  del  tutto  il  cuore  in  vita,  ma  non  è  ancora  stato  reso  perfetto  per  entrare  nella  bellezza  dell’amore  infinito  della  Trinità.  

La  Pasqua  di  Gesù  ci  aiuta  infine  a  comprendere  qualcosa  della  realtà  del  paradiso:  il  termine  significa  “giardino”,  e  trova  il  suo  modello  biblico  nell’Eden  dell’inizio.  L’immagine,  usata  volentieri  dai  profeti,  è  ripresa  da  Gesù:  “Oggi  con  me  sarai  nel  paradiso”  (Luca  23,43).  Colui  che  ha  cercato  di  vivere  la  propria  vita  nell’amore,  partecipa  dell’evento  eterno  dell’amore  delle  tre  persone  divine,  lasciandosi  amare  dal  Padre  nell’accoglienza  del  Figlio,  unito  a  lui  nello  Spirito  Santo.  

Il  paradiso  è  dunque  un’immagine  per  dire  il  compimento  della  nostra  esistenza  come  relazione  piena  con  Dio  e  con  tutte  le  persone  che  abbiamo  amato  e  che  ci  hanno  amato.  Sant’Agostino  lo  esprime  in  questo   modo:   “Là   nessuno   ci   sarà   nemico,   là   non   perderemo   mai   nessun   amico”   (Discorso   256).  Davvero   l’annuncio   cristiano   del   paradiso   è   bella   notizia:   ci   aiuta   a   vivere   con   speranza   e  responsabilità   la   nostra   vita,   perché   non   siamo   esseri   viventi   il   cui   orizzonte   è   la  morte,  ma   esseri  mortali  il  cui  orizzonte  è  la  vita.  L’ultima  parola  non  sarà  della  morte,  ma  della  vita:  il  Dio  della  vita  alla  fine  trionferà  e  introdurrà  i  redenti  nello  splendore  della  sua  gloria  senza  fine.