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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 31 - 7 settembre 2017 PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO ëåò Mao e la lotta di classe contro il capitalismo per il socialismo Commemorazione di Mao nel 41° Anniversario della scomparsa 1976 9 Settembre 2017 parlerà Andrea Cammilli a nome del Comitato centrale del PMLI Domenica 17 settembre 2017 ore 10.00 Mao e la lotta di classe contro il capitalismo per il socialismo Firenze - Sala ex-Leopoldine - piazza Tasso,7 l’iniziativa è aperta al pubblico Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it COSA CI DICE OGGI “STATO E RIVOLUZIONE” Centenario della pubblicazione della fondamentale opera di Lenin scritta alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre PINOTTI: “RISPONDEREMO AL FUOCO SE ATTACCATI” Il governo Gentiloni invia navi militari nelle acque libiche per respingere i migranti Votano a favore Forza Italia, MDP e i parlamentari di Pisapia. Il parlamento di Tobruk: “Aggressione flagrante contro la sovranità libica”. Il figlio di Gheddafi: “Decisione fascista e coloniale”. Il coDIce MInnItI Mette fuorI GIoco le onG L’ATTACCO A BARCELLONA E’ LA CONSEGUENZA DELLA GUERRA ALL’IS Il bersaglio dello Stato islamico non è la “nostra libertà e il nostro modello di vita” ma l’imperialismo rItIrare I SolDatI all’eStero e le navI Da Guerra nelle acque lIbIche per evItare attacchI terrorIStIcI all’ItalIa “SE SERVE SPEZZATE LE BRACCIA” La polizia di Minniti sgombera a manganellate e idranti rifugiati eritrei la sindaca raggi lascia correre. la prefetta: operazione perfettamente riuscita IL NUOVO SCELBA DEVE DIMETTERSI COMUNICATO DELL’ORGANIZZAZIONE ISOLANA DEL PMLI Terremoto a Ischia 2 morti, 42 feriti, 400 sfollati. Salvati tre fratellini. l’Isola è priva di un piano di evacuazione e delle misure di prevenzione dei terremoti rIcoStruIre GratuItaMente e veloceMente cIò che è Stato DIStrutto GENTILONI CEDE A AL-SISI PER FARE GLI INTERESSI ENI ED ESSERE AIUTATO SU LIBIA E MIGRANTI L’ambasciatore italiano torna al Cairo “new York times”: l’amministrazione obama passò al governo Renzi le prove che i servizi segreti egiziani avevano rapito, torturato e ucciso il ricercatore italiano la faMIGlIa reGenI: “è una reSa” D’accordo anche il socialimperialismo cinese IL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU INFLIGGE SANZIONI VESSATORIE ALLA RPD DI COREA trump: “la corea del nord conoscerà il fuoco e la furia come il mondo non l’ha vista mai” LA RPDC HA DIRITTO DI SVILUPPARE IL PIANO NUCLEARE per tutelarSI Da una eventuale aGGreSSIone Dell’IMperIalISMo uSa L’esperienza riformista del “socialismo del XXI secolo” mostra la corda IL VENEZUELA SPACCATO SULL’ASSEMBLEA COSTITUENTE l’imperialismo americano appoggia e manovra la destra golpista venezuelana. anche il papa alla fine si schiera con la destra truMp: “non e’ eScluSa l’opzIone MIlItare contro caracaS” Il ddl all’esame del Senato nega l’indizione di scioperi ai sindacati e ai lavoratori non confederali IL GOVERNO GENTILONI, DOPO QUELLI DI BERLUSCONI E RENZI, ALL’ATTACCO DEL DIRITTO DI SCIOPERO NEL TRASPORTO PUBBLICO un decreto contro i lavoratori e i sindacati non confederali tra l’altro favorisce il monopolio di cgil, cisl e uIl Due attivi centri sociali di Bologna SGOMBERATI A MANGANELLATE IL “LABAS” E IL “CRASH” la prefettura ordina, la questura esegue, il comune tace Il 9 SetteMbre corteo nazIonale DI proteSta PAG. 5 PAG. 4 PAGG. 2-3 PAG. 14 PAG. 6 PAG.7 PAG. 6 PAG. 7 PAG. 4 PAG. 15

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 31 - 7 settembre 2017

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

ëåò

Maoe la lotta

di classe contro il capitalismo

per il socialismo

Commemorazione di Mao nel 41° Anniversario della scomparsa

19769 Settembre2017

parlerà Andrea Cammillia nome del Comitato centrale del PMLI

Domenica 17 settembre 2017 ore 10.00

Maoe la lotta

di classe contro il capitalismo

per il socialismo

Firenze - Sala ex-Leopoldine - piazza Tasso,7l’iniziativa è aperta al pubblico

Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it

Cosa Ci diCe oggi

“stato e rivoluzione”

Centenario della pubblicazione della

fondamentale opera di Lenin

scritta alla vigilia della Rivoluzione

d’Ottobre

PinOtti: “RisPOndeRemO aL fuOCO se attaCCati”

il governo Gentiloni invia navi militari nelle acque libiche per respingere i migranti

Votano a favore Forza Italia, MDP e i parlamentari di Pisapia. Il parlamento di Tobruk: “Aggressione flagrante contro la sovranità libica”. Il figlio di Gheddafi: “Decisione fascista e coloniale”.

Il coDIce MInnItI Mette fuorI GIoco le onG

L’attacco a BarceLLona e’ La conseguenza deLLa guerra aLL’Is

Il bersaglio dello Stato islamico non è la “nostra libertà e il nostro modello di vita” ma l’imperialismorItIrare I SolDatI all’eStero e le navI Da Guerra nelle

acque lIbIche per evItare attacchI terrorIStIcI all’ItalIa

“se seRve sPezzate Le bRaCCia”

La polizia di minniti sgombera a manganellate e idranti rifugiati eritrei

la sindaca raggi lascia correre. la prefetta: operazione perfettamente riuscitaIl nuoVo ScelbA DeVe DIMeTTerSI

COmuniCatO deLL’ORGanizzaziOne isOLana deL PmLi

terremoto a ischia2 morti, 42 feriti, 400 sfollati. Salvati tre fratellini. l’Isola è priva di un piano di evacuazione

e delle misure di prevenzione dei terremotirIcoStruIre GratuItaMente e veloceMente cIò che è Stato DIStrutto

GentiLOni Cede a aL-sisi PeR faRe GLi inteRessi eni ed esseRe aiutatO su Libia e miGRanti

L’ambasciatore italiano torna al Cairo“new York times”:

l’amministrazione obama passò al governo renzi

le prove che i servizi segreti egiziani avevano

rapito, torturato e ucciso il ricercatore italiano

la faMIGlIa reGenI: “è una reSa”

d’accordo anche il socialimperialismo cinese

iL COnsiGLiO di siCuRezza deLL’Onu infLiGGe sanziOni

vessatORie aLLa RPd di COReatrump: “la corea del nord conoscerà il fuoco e la furia

come il mondo non l’ha vista mai”lA rPDc hA DIrITTo DI SVIluPPAre Il PIAno nucleAre

per tutelarSI Da una eventuale aGGreSSIone Dell’IMperIalISMo uSa

L’esperienza riformista del “socialismo del XXi secolo” mostra la corda

IL VenezueLa spaccato suLL’assemBLea costItuentel’imperialismo americano appoggia e manovra la destra golpista

venezuelana. anche il papa alla fine si schiera con la destratruMp: “non e’ eScluSa l’opzIone

MIlItare contro caracaS”

il ddl all’esame del senato nega l’indizione di scioperi ai sindacati e ai lavoratori non confederali

iL GOveRnO GentiLOni, dOPO queLLi di beRLusCOni e Renzi, aLL’attaCCO deL diRittO

di sCiOPeRO neL tRasPORtO PubbLiCOun decreto contro i lavoratori e i sindacati non confederali tra l’altro favorisce il monopolio di cgil, cisl e uIl

due attivi centri sociali di bolognasgomBeratI a

manganeLLate IL “LaBas” e IL “crash”la prefettura ordina, la questura esegue, il comune taceIl 9 SetteMbre corteo nazIonale DI proteSta

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2 il bolscevico / 100° Anniversario di “Stato e rivoluzione” N. 31 - 7 settembre 2017

Cosa Ci diCe oggi “stato e rivoluzione”Esattamente cento anni

fa, tra l’agosto e il settembre 1917, Lenin scriveva quell’o-pera magistrale che è “Stato e rivoluzione”. Un capolavo-ro di teoria marxista ispirato dall’esperienza della grande Rivoluzione d’Ottobre che si andava compiendo proprio in quei giorni sotto la sua ferma e lungimirante dire-zione, e che al tempo stesso ne tracciava il cammino an-ticipandone i complessi pro-blemi e fornendone le ap-propriate e inedite risposte.

Con quest’opera, infat-ti, Lenin si prefiggeva di ri-spondere a delle domande fondamentali che non erano ancora affatto chiare al mo-vimento operaio internazio-nale, allora per la maggior parte in mano a partiti e capi borghesi, opportunisti, rifor-misti e finanche sciovinisti. Domande quali: che cos’è lo Stato, e qual è la sua fun-zione in una società divisa in classi? Che cosa deve fare il proletariato dello Stato borghese, una volta preso il potere con la rivoluzione? Deve utilizzarlo così com’è a proprio vantaggio, come sostenevano gli opportunisti e i riformisti socialdemocra-tici, oppure deve distrugger-lo e basta, senza bisogno di crearsene uno suo, come predicavano gli anarchici? E se invece il proletariato al potere deve dotarsi di un suo Stato, affatto diverso da quello appena rovesciato, a che condizioni, con qua-li caratteristiche e in quale prospettiva deve costruirlo?

Questioni oltremodo cru-ciali e urgenti per Lenin, in preparazione dell’imminente insurrezione bolscevica, per chiarire le idee e gli obiettivi al proletariato e alle masse popolari e per smascherare i menscevichi, i socialisti rivo-luzionari e gli altri partiti rin-negati e opportunisti. I quali volevano bloccare le lancet-te dell’orologio della storia alla rivoluzione democratico borghese del febbraio 1917, sostenendo che i tempi e le condizioni non erano mature per una rivoluzione sociali-sta e continuavano ad ap-poggiare la borghesia russa ancora al potere (lo “Stato nazionale”) e la partecipa-zione alla guerra imperiali-sta.

Questioni talmente ur-genti e calate nella viva re-altà immediata che Lenin, come poi spiegherà nel po-scritto alla prima edizione, fu costretto a rinviare al futuro la stesura di un VII capitolo

sull’esperienza delle rivolu-zioni russe del 1905 e del 1917, perché ne fu “impedi-to” dal precipitare della crisi politica e dalla necessità di guidare l’insurrezione che sarebbe scoppiata di lì a poco: d’altra parte, conclu-deva con la proverbiale iro-nia la sua breve nota, “è più piacevole e più utile fare ‘l’esperienza di una rivolu-zione’ che non scrivere su di essa”.

Ristabilire la vera dottrina marxista sullo Stato

Chiarire in maniera appro-fondita e definitiva la que-stione dello Stato era impor-tante anche perché Marx ed Engels non l’avevano mai affrontata da sola e in scritti

specifici, anche se l’aveva-no più volte toccata in varie loro opere. Di questo si era-no approfittati i dirigenti op-portunisti e revisionisti della II Internazionale che si spac-ciavano per autorevoli mar-xisti, a partire dall’allora suo capo riconosciuto, Kautsky, per snaturare a destra la dottrina marxista negando la necessità della rivoluzio-ne proletaria e predicando la via riformista, parlamentare

e pacifica al socialismo, il quale a suo dire poteva es-sere realizzato mantenendo intatta e utilizzando l’intera macchina statale borghese. Al punto di spingere il prole-tariato ad identificare i propri interessi con i rispettivi “Sta-ti nazionali” e a partecipare come carne da cannone al macello imperialista, posi-zioni che Lenin bollò come social-sciovinismo.

Lenin si assunse quindi il

compito di ristabilire la vera dottrina di Marx ed Engels sullo Stato, compiendo una minuziosa ricerca dei loro scritti e interventi sulla que-stione, e portando il tutto a sintesi, attraverso la me-diazione della sua originale esperienza della rivoluzione russa, in questo libro che giustamente il nostro Parti-to considera una tra le cin-que opere fondamentali del marxismo-leninismo e asso-lutamente da leggere per gli anticapitalisti e i fautori del socialismo. Attraverso l’a-nalisi queste opere, che ab-bracciano un notevole arco di tempo, Lenin dimostra che Marx ed Engels aveva-no già capito e chiarito, sia pure non in forma organica e sintetica, tutti i problemi ine-renti la questione dello Sta-to. Soprattutto dopo l’espe-rienza pratica della Comune di Parigi del 1871, che sep-pure soffocata nel sangue costituì il primo tentativo di abbattimento dello Stato borghese e di edificazione di uno Stato proletario.

Innanzi tutto, come evi-denzia Lenin, essi chiarirono che lo Stato non è quell’en-tità impersonale, imparziale e al di sopra della società che si vuole far credere: lo Stato nasce con la proprie-tà privata e la divisione della società in classi, e precisa-mente è lo strumento della classe dominante, cioè la minoranza degli sfruttato-ri, per tenere soggiogate le classi subalterne, ovvero la maggioranza degli sfruttati. Per questo compito esso si avvale di uno speciale appa-rato militare-poliziesco pro-fessionale e di una burocra-zia di funzionari ben pagati e gerarchicamente strutturati.

“Lo Stato – spiega Lenin interpretando il pensiero di Engels ne “L’origine della famiglia, della proprietà pri-vata e dello Stato” – è il pro-dotto e la manifestazione degli antagonismi inconci-liabili tra le classi. Lo Stato appare là, nel momento e in quanto, dove, quando e nella misura in cui gli an-tagonismi di classe non possono essere oggetti-vamente conciliati. E, per converso, l’esistenza del-lo Stato prova che gli an-tagonismi di classe sono inconciliabili”. “Per Marx – aggiunge Lenin – lo Stato è l’organo del dominio di classe, un organo di op-

Centenario della pubblicazione della fondamentale opera di Lenin scritta alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre

SEGUE IN 3ª ë Un manifesto sovietico di commemorazione di Lenin

N. 31 - 7 settembre 2017 100° Anniversario di “Stato e rivoluzione” / il bolscevico 3

pressione di una classe da parte di un’altra; è la crea-zione di un ‘ordine’ che le-galizza e consolida questa oppressione”.

La macchina statale borghese va demolita

In secondo luogo il pro-letariato non può semplice-mente impossessarsi della macchina statale borghese già pronta e utilizzarla per i suoi scopi, come predicano gli opportunisti alla Kautsky, ma deve spezzarla e demo-lirla e sostituirla con il pro-prio Stato. Questo Stato è la dittatura del proletariato, ossia il proletariato che si organizza in classe domi-nante: “Tutte le rivoluzioni precedenti non fecero che perfezionare la macchina dello Stato, mentre biso-gna spezzarla, demolirla”, sottolinea Lenin parafrasan-do Marx ne “Il 18 Bruma-io di Luigi Bonaparte”. Lo Stato quindi non si estin-gue immediatamente con l’abbattimento dello Stato borghese, come vorrebbero idealisticamente gli anarchi-ci, ma continua per un certo periodo, perché c’è bisogno di una macchina statale re-pressiva per schiacciare la borghesia che cerca sempre di tornare al potere.

Se infatti, spiegava Lenin, nel “Manifesto del Partito comunista” del 1848 la que-stione dello Stato proletario era posta ancora in forma

generica, come “trasfor-mazione del proletariato in classe dominante”, dopo l’esperienza della Comune Marx parla apertamente di dittatura del proletariato. Questo per Lenin è anche il punto cruciale che distingue i veri marxisti dai falsi marxi-sti e revisionisti alla Kautsky: “Colui che si accontenta di riconoscere la lotta del-le classi non è ancora un marxista... Marxista è sol-tanto colui che estende il riconoscimento della lotta delle classi sino al ricono-scimento della dittatura del proletariato”, chiarisce il padre della Rivoluzione d’Ottobre.

Ma è un punto crucia-le che distingue i marxisti anche dagli anarchici, che considerano liberticida la dittatura del proletariato. Invece la macchina statale proletaria non ha niente a che vedere con quella op-pressiva borghese, anche mascherata da Stato par-lamentare “democratico”. Perché quest’ultima serve a garantire il dominio di una minoranza di sfruttatori sulla maggioranza della società, mentre la dittatura del pro-letariato serve a garantire il dominio della maggioranza del popolo contro la mino-ranza spodestata che altri-menti cercherà sempre di ritornare al potere. In questo senso la dittatura del pro-letariato è una democra-zia reale, e segna l’inizio di quell’estinzione progressiva dello Stato che gli anarchici vorrebbero fosse immedia-ta.

E come è fatta e si artico-la la macchina statale prole-taria? Anche qui i due fon-datori del socialismo scienti-

fico erano stati lungimiranti, avendo individuato nella pur sfortunata esperienza della Comune il giusto modello da seguire: all’apparato militare e poliziesco professionale dello Stato borghese il pro-letariato sostituisce l’intero popolo degli sfruttati in armi. E al posto del vecchio ap-parato burocratico borghe-se di funzionari privilegiati e corrotti, che sarà demolito dalle fondamenta, il proleta-riato creerà un nuovo appa-rato, “che sarà composto - dice Lenin avendo ormai in mente il modello concre-to dei Soviet – dagli stessi operai e dagli stessi im-piegati; e contro il perico-lo che anch’essi diventino dei burocrati, saranno im-mediatamente prese le mi-sure minuziosamente stu-diate da Marx e da Engels: 1) non soltanto eleggibilità ma anche revocabilità in ogni istante; 2) stipendio non superiore al salario di un operaio; 3) passaggio immediato a una situazio-ne in cui tutti assumano le funzioni di controllo e di sorveglianza, in cui tut-ti diventino temporanea-mente dei ‘burocrati’, e quindi nessuno possa di-ventare un ‘burocrate”.

Piena attualità di “Stato e rivoluzione”

Perciò, se ci si domanda se “Stato e rivoluzione” è valido ancora oggi la rispo-sta è: sì, al cento per cento. In questa meravigliosa ope-ra di Lenin non c’è nemme-

no un rigo di caduco o di su-perato, e ancora oggi la sua lettura ci apre l’orizzonte e riesce a dissipare, con rigo-rosa chiarezza geometrica, la nebbia di menzogne e di retorica con cui la classe do-minante borghese ammanta il suo “Stato democratico”, mostrandoci il suo vero vol-to di strumento di repressio-ne e oppressione di classe. Anche perché non esiste una nuova “teoria” dello Stato, al di fuori delle due già battute in breccia in “Stato e rivolu-zione” - quella opportunista, riformista e revisionista di destra alla Kautsky, e quella anarchica o di “ultrasinistra” (autorganizzazione, ecc.) - che possa contrapporsi oggi alla rigorosa e inconfu-tabile analisi di Lenin.

Per quanto più comples-sa di allora appaia la società borghese nel moderno siste-ma capitalistico, le sue basi di classe sono sempre le stesse, e per quanto più so-fisticata appaia la sua demo-crazia parlamentare, ancora oggi Lenin le smaschera entrambe con queste paro-le lapidarie: “Noi siamo per la repubblica democratica (rispetto all’assolutismo za-rista di allora, ndr) in quanto essa è, in regime capita-lista la forma migliore di Stato per il proletariato, ma non abbiamo il diritto di dimenticare che la sorte riservata al popolo, anche nella più democratica del-le repubbliche borghesi, è la schiavitù salariata”.

Come non riconoscere ancora oggi la forza per-suasiva di questa semplice ma incontestabile verità? E come non riconoscere la ve-rità, ampiamente dimostrata

dall’esperienza pratica dei governi della “sinistra” bor-ghese, delle parole di Lenin che descrive la repubbli-ca democratica borghese come “il miglior involucro politico possibile per il ca-pitalismo”, perché su que-sto involucro “fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento, né di persone, né di istitu-zioni, né di partiti nell’am-bito della repubblica de-mocratica borghese può scuoterlo”?

Stare all’opposizione del governo e dello Stato borghesi

“Stato e rivoluzione” in-segna quindi oggi al prole-tariato a stare fermamente all’opposizione del governo e delle istituzioni borghesi, ad abbandonare le illusioni elettorali, parlamentari, go-vernative, costituzionali, ri-formiste e pacifiste, e a con-tare solo sulla lotta di classe per difendere le sue condi-zioni di vita e di lavoro e i suoi obiettivi di classe a bre-ve e a lungo termine; il più strategico dei quali, che li ri-assume tutti, è il socialismo. Per indebolire, disgregare e delegittimare lo Sato bor-ghese, oggi l’arma elettorale da usare è l’astensionismo concepito come un voto dato al PMLI e al socialismo, non il partecipazionismo elettorale. Ciò vale sia per le elezioni regionali siciliane

di novembre, sia per elezioni politiche del prossimo anno.

“Stato e rivoluzione” ci in-segna anche che nel corso della lotta di classe quotidia-na occorre educare il prole-tariato e le masse popolari, seguendo le indicazioni del Partito del socialismo, a or-ganizzarsi al di fuori e contro lo Stato borghese, per pre-pararsi a prendere il potere, demolire la macchina sta-tale borghese e instaurare la dittatura del proletariato, cominciando già da oggi col costruire dal basso del-le proprie istituzioni rappre-sentative che siano fondate sulla democrazia diretta, l’eleggibilità e la revocabili-tà dei suoi delegati, come al tempo di Lenin avveniva per i Soviet.

Questo è anche ciò che il PMLI rivendica con la sua proposta di costruzione del-le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del so-cialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popola-ri ad ogni livello territoriale, questi ultimi formati dagli elementi più combattivi, coraggiosi e preparati delle masse, eleggibili fin dall’età di 16 anni e con pari rappre-sentanza tra uomini e don-ne, ed eletti con voto palese e con mandato revocabile in qualunque momento.

Ma soprattutto “Stato e rivoluzione” ci dice ancora oggi che o si sta con il capi-talismo o si sta con il sociali-smo, con lo Stato borghese (dittatura della borghesia) o con la dittatura del prole-tariato: una scelta diversa non esiste, come la gloriosa Rivoluzione d’Ottobre ha di-mostrato cento anni fa a tut-to il mondo e alla storia.

ë DALLA 2ª Qui accanto due pagine del manoscrittodi “Stato e rivoluzione”.

Sotto la copertina della prima edizione dell’opera di Lenin e accanto quella della Piccola biblioteca marxista-leninista edita dal PMLI

4 il bolscevico / imperialismo italiano N. 31 - 7 settembre 2017

Pinotti: “RisPondeRemo al fuoco se attaccati”

il governo Gentiloni invia navi militari nelle acque libiche per respingere i migranti

Votano a favore Forza Italia, MDP e i parlamentari di Pisapia. Il parlamento di Tobruk: “Aggressione flagrante contro la sovranità libica”. Il figlio di Gheddafi: “Decisione fascista e coloniale”.

Il coDIce MInnItI Mette fuorI GIoco le onGNei mesi scorsi il governo

Gentiloni ha portato a termi-ne un altro capolavoro della sua politica estera interventi-sta e antimigranti per conqui-stare un’egemonia sempre più salda sulla Libia e tutela-re i ghiotti interessi del capita-lismo in quell’area, prendendo a pretesto la lotta contro l’im-migrazione clandestina, che poi non significa altro che re-spingere nell’inferno delle car-ceri libiche chi sarebbe dispo-sto persino alla pericolosa e spesso fatale traversata del Mediterraneo su mezzi di for-tuna pur di sfuggire alle condi-zioni in cui si trova ora.

Adducendo una richiesta di aiuto da parte del governo fatoccio di Tripoli per ostaco-lare gli scafisti, il Consiglio dei ministri il 28 luglio ha ap-provato una delibera di sup-porto alla guardia costiera li-bica che prevede l’impiego di forze aeronavali militari ita-liane direttamente nelle ac-que della Libia. Il dispositivo è stato successivamente ap-provato dalla Camera dei de-putati il 2 agosto con 328 voti favorevoli, 113 contrari e 22 astenuti.

La risoluzione della Came-ra, primo firmatario Fabrizio Cicchitto, è stato votato, oltre che dalla maggioranza, an-che da Forza Italia, che così continua a creare il terreno favorevole all’inciucio Renzi-Berlusconi (ammesso e non concesso che il patto del Na-zareno sia mai stato veramen-te stralciato), ma anche dai parlamentari che fanno rife-rimento a Pisapia e da quelli di MDP-Articolo 1, questi ulti-mi “in un’ottica di assunzione di responsabilità nazionale, più che di fiducia nell’esecu-tivo”. L’ennesima dimostrazio-ne che lo scontro fra i gerar-chi renziani del PD e i vertici di MDP era solo una battaglia di potere, ma quando c’è da di-fendere l’imperialismo italiano si è tutti “responsabili”.

Sinistra Italiana ha invece votato contro. Lo stesso voto

hanno espresso la Lega, più in un’azione antigovernativa che in reale dissenso rispetto alla missione, e il Movimento Cinque Stelle, a sua volta non tanto contraria all’operazione militare, tutt’altro, ma perché la giudica insufficiente, così come giudica insufficiente il codice che paralizza le ONG, chiedendo addirittura “una po-lizia giudiziaria a bordo delle imbarcazioni”. Fratelli d’Italia si è astenuta, ma le parole di Giorgia Meloni sono eloquen-ti: “il PD... sostanzialmente ammette di aver sbagliato tut-to e ammette che avevamo ragione noi pericolosi populi-sti”. E se una fascista doc si compiace che il PD si sia spo-stato sulle sue posizioni, c’è di che riflettere.

le reazioni libicheIl parlamento di Tobruk,

espressione della cricca mili-tare che controlla la Cirenai-ca, ha stigmatizzato la mis-sione come “violazione della sovranità nazionale” della Li-bia ed ha accusato Sarraj, il capo del governo di Tripoli, di essersi svenduto all’Italia. Lo stesso ha fatto il generale Haftar, uomo forte della giun-ta, il quale ha minacciato di bombardare le navi che viole-ranno le acque territoriali libi-che. Una “minaccia” alla quale la ministra della guerra Pinotti ha replicato calzando l’elmet-to e minacciando di contrat-taccare, il che significherebbe scatenare una guerra aperta e far esplodere la polveriera libica.

Sarraj, probabilmente mes-so alle strette e abbandonato dal suo stesso vicepresiden-te, al-Majbari, che ha parlato di “tentativo di rioccupazione” della Libia da parte dell’Italia, ha precisato che aveva chie-sto a Gentiloni un supporto semplicemente “logistico”. Il governo italiano però tirava dritto.

E, mentre a Tripoli scoppia-vano manifestazioni di prote-

sta contro questa inaccetta-bile ingerenza nella sovranità della Libia e venivano brucia-te bandiere italiane, Saif al Islam, uno dei figli sopravvis-suti di Gheddafi, ha detto sen-za mezzi termini che l’Italia “ha nostalgia del colonialismo fascista, quando le spiagge di Tripoli erano considerate colo-nie di Roma”.

il codice minniti contro le onG

Contestualmente, precedu-ta dalla campagna diffamato-ria contro le ONG che traggo-no in salvo i migranti in mare, campagna indubbiamente or-chestrata ad arte, il nuovo Scelba Minniti ha presentato loro un codice di condotta da approvare per continuare le attività in mare. Il codice, sul quale Minniti già a inizio luglio aveva ottenuto il via libera da parte dei colleghi francesi e tedeschi, prevede il divieto di entrare in acque libiche “sal-vo in situazioni di grave e im-minente pericolo”, il divieto di fare comunicazioni che age-volino la partenza di traspor-ti, il divieto di effettuare il tra-sbordo e l’obbligo di ricevere funzionari di polizia giudizia-ria.

Un codice ferocemente re-

strittivo, che punta a militariz-zare e mettere fuori gioco le ONG e, in prospettiva, a la-sciare il Mediterraneo intera-mente nelle mani della marina militare.

Ha fatto perciò bene “Me-dici senza frontiere” a non fir-marlo, pur lasciata sola dalla maggioranza delle ONG, per-ché prevede la presenza di armi. Una posizione importan-te e che richiede la solidarietà di chiunque abbia a cuore i di-ritti dei migranti e la difesa del-la pace, specie dopo le gravis-sime minacce di Minniti, che non garantisce “la sicurezza delle imbarcazioni stesse”.

fermare la politica interventista del governo GentiloniVa poi ricordato che ripor-

tare i migranti in Libia signi-fica condannarli alla fame, al carcere, alla tortura e ad altre sevizie. Lo confermano i dati di “Medici per i diritti umani”, raccolti a partire dai profughi sbarcati in Italia provenienti dall’Africa sub-sahariana, se-condo cui ben l’85% (!) aveva subito torture e altre efferatez-ze, fra cui stupri e privazioni di cibo, acqua e cure mediche. E poi c’è l’incognita dei mino-ri, che secondo la Convenzio-

ne Onu sui diritti per l’infanzia non possono essere respin-ti, ma la missione italiana su questo lascia una pericolosa zona grigia, visto che non si tratterebbe di respingerli, ma di impedirgli di partire.

Con la missione militare e il codice di condotta, la banda di Renzi, Gentiloni, Minniti e Pinotti acchiappa due piccio-ni con una fava, diminuendo l’immigrazione, che tra l’altro veste bene in vista delle ele-zioni fra qualche mese, poco importa che i migranti siano costretti a restare nell’infer-no libico, e ottiene la possi-bilità legale di transitare con mezzi militari a poca distan-za dalla Libia. È sempre sta-ta intenzione di Renzi e poi di Gentiloni riuscire a mettersi in prima fila nella “pacificazione” della Libia e nella guerra con-tro le frange locali dello Sta-to islamico, offrendo così al capitalismo italiano una posi-zione di privilegio nello sfrut-tamento delle ricche risorse li-biche. Per il nuovo duce e il suo scalda-poltrona eviden-temente la Libia resta nella sfera coloniale italiana, a imi-tazione dell’imperialismo fran-cese che continua a conside-rarsi il gendarme delle sue ex colonie africane, dove inter-viene spesso e volentieri con bombardamenti e altre opera-zioni militari.

Non possiamo stare a guardare mentre il governo Gentiloni, preceduto da Ren-zi e sotto la sua egida, conti-nua a trascinare l’Italia in una

politica estera interventista e guerrafondaia che ha il solo obiettivo di arricchire il capi-tale, i commercianti di armi e respingere i migranti. Occorre una forte mobilitazione di tut-te le forze politiche, sociali e culturali, comprese religiose come i tanti parroci e associa-zioni cattoliche che aiutano i profughi, per imporre subito la ritirata dal teatro libico, la neu-tralità dai conflitti che stanno infuocando l’Africa settentrio-nale e il Medio Oriente e l’ac-coglienza dei migranti.

Va però riconosciuto che tutti questi problemi sono cre-ati, in ultima analisi, dal capi-talismo e dall’imperialismo. Le ondate di profughi non sono che il prodotto delle guerre scatenate per spazzare via chi si oppone ai piani dell’im-perialismo ed alla rapina delle risorse africane e mediorien-tali. Se la battaglia contro la continuazione e l’estensione di queste guerre è priorita-ria, dobbiamo nel frattempo chiedere che i migranti ven-gano accolti in Italia e negli altri Paesi europei. Ad impo-verire i lavoratori e le masse popolari italiane ed europee non sono i migranti, bensì i capitalisti, che cercano ma-nodopera a basso costo e con meno tutele, precariz-zano il lavoro, delocalizza-no la produzione all’estero. Il capitalismo e le guerre im-perialiste sono il nemico co-mune degli sfruttati e degli oppressi nativi e migranti, sconfiggiamoli insieme!

Gentiloni cede a al-sisi per fare gli interessi eni ed essere aiutato su libia e migranti

L’ambasciatore itaLiano torna aL cairo“new York times”: l’amministrazione obama passò al governo renzi le prove che

i servizi segreti egiziani avevano rapito, torturato e ucciso il ricercatore italianola faMIGlIa reGenI: “è una resa”

“Il Governo italiano ha de-ciso di inviare l’Ambasciatore Giampaolo Cantini nella ca-pitale egiziana, dopo che – l’8 aprile 2016 – l’allora Capo Missione Maurizio Massari venne richiamato a Roma per consultazioni”: così il governo ha annunciato che lo strappo nelle relazioni con l’Egitto, av-venuto con grave ritardo dopo l’assassinio di Giulio Regeni da parte del regime del boia al-Sisi, è definitivamente risa-nato. Il giorno non è secon-dario: l’annuncio è infatti sta-to dato il 14 agosto, nel pieno

della “distrazione” estiva per far passare tutto in sordina, e l’inquietante anniversario del massacro (oggi largamente e convenientemente dimenti-cato) di oltre 800 manifestan-ti perpetrato quattro anni fa dall’attuale regime egiziano in piazza Rabia al Cairo.

Alfano si arrampica sugli specchi affermando che il ri-torno dell’ambasciatore favo-rirà le indagini, ma non ci cre-de nessuno. La verità è che ci sarebbero “nuovi atti” invia-ti, in arabo, al governo italia-no, di cui la famiglia Regeni è

all’oscuro, nei quali si registre-rebbero “sviluppi” nelle indagi-ni. Detto fatto: Gentiloni e Al-fano avevano il loro pretesto per ripristinare la rottura, che né loro né Renzi hanno mai voluto, visto che l’Egitto è un partner commerciale prezio-so e un alleato indispensa-bile per le mire dell’imperiali-smo italiano in Libia. Tale da chiudere entrambi gli occhi sui crimini del regime di al-Sisi e addirittura da archiviare l’omi-cidio del giovane ricercatore nostro connazionale. Ha ra-gione da vendere la famiglia

Regeni a parlare di “resa con-fezionata ad arte”.

A rompere le uova nel pa-niere del governo è arrivato, l’indomani, un lungo articolo sul “New York Times” (NYT) a firma di Declan Walsh, cor-rispondente dal Cairo. Walsh rivela che l’amministrazione Obama, allora in carica (Re-geni fu ucciso il 25 genna-io 2016 e il corpo ritrovato il 3 febbraio), fornì al governo Renzi “prove incontrovertibi-li sulla responsabilità egizia-na”, con la precisazione che “non è chiaro chi avesse dato

l’ordine”, ma ciò non toglie che “quello che gli americani sapevano di certo, e fu detto agli italiani, è che la leader-

ship egiziana era pienamente a conoscenza delle circostan-

28 febbraio 2017. Manifestazione-presidio, con i genitori di Giulio Rege-ni, davanti all’ambasciata egiziana a Roma

La nave San Marco della Marina militare utilizzata per le operazioni di controllo delle coste libiche contro le navi dei migranti. Accanto una del-le numerose proteste in Libia contro l’intervento italiano in cui è stato dato fuoco alla bandiera italiana

SEGUE IN 5ª ➫

N. 31 - 7 settembre 2017 attacco islamico a barcellona / il bolscevico 5L’attacco a barceLLona

e’ La conseguenza deLLa guerra aLL’is

Il bersaglio dello stato islamico non è la “nostra libertà e il nostro modello di vita” ma l’imperialismorItIrare I solDatI all’estero e le navI Da Guerra nelle acque

lIbIche per evItare attacchI terrorIstIcI all’ItalIaIl 17 agosto a Barcellona,

un militante dello Stato isla-mico (IS) uomo facente parte di una cellula di giovani ma-rocchini residenti da anni in Spagna, ha compiuto una strage lanciandosi con un fur-gone contro i turisti che affol-lavano la Rambla, provocan-do la morte di 16 persone, tra cui un bambino, e decine di feriti. Successivamente l’at-tentato è stato rivendica-to da fonti dell’IS, e il grup-po di militanti dell’IS è stato individuato dalla polizia, con l’uccisione di quasi tutti i suoi componenti, compreso l’ese-cutore della strage.

Un atto di barbarie che cer-tamente suscita anche in noi orrore e solidarietà per le vit-time innocenti, ma ormai do-vrebbe essere chiaro, dopo Parigi, Bruxelles, Nizza, Lon-dra, Manchester e altri atten-tati analoghi, che esso è solo l’ultimo anello di una sangui-nosa catena destinata pur-troppo ad allungarsi ancora. E che pertanto non ci si può limitare all’orrore e alla con-danna, ma occorre fare uno sforzo per capire le cause che generano quella barba-rie, se si vuole interrompere questa tragica catena.

Il primo sforzo da fare per capire è però quello di non lasciarsi sopraffare dalla gi-gantesca, pervasiva e ormai totalmente omologata, mac-china propagandistica dei mass-media borghesi asser-vita ai governi imperialisti. La quale presenta invariabil-mente questi attentati come attacchi alla “democrazia” e ai “nostri valori occidentali”, da parte di gruppi di fanati-ci terroristi islamici che “ci odiano” e odiano “le nostre li-bertà e il nostro stile di vita”. Questa è la tesi ufficiale che viene spacciata ossessiva-mente ai popoli europei, im-mediatamente dopo questi attentati, da tutti i governi, da tutte le televisioni e da tutti i giornali, senza eccezione al-cuna a parte le diverse sfu-mature.

una guerra che arriva ai confini europeiMa in questo modo carica-

turale gli attacchi terroristici e le stragi sembrano sciagure piovute dal cielo e i loro ese-cutori degli alieni venuti da un altro pianeta per sterminarci. Nessuno di questi mezzi di “informazione”, né tanto meno i governi, ammettono e dicono al popolo la verità, e cioè che siamo in guerra, che questa è una guerra vera e propria, che insanguina tutto il Medio Oriente, l’Afghanistan e altri paesi ormai da decenni, e che con l’attacco imperialista del 2011 alla Libia, si è esteso al Nord-Africa fino a lambire l’Ita-lia e l’Europa.

Una guerra in cui alla bar-barie dell’aggressione impe-rialista al territorio dello Stato islamico, spacciata per “guer-ra al terrorismo” e condot-ta con i bombardieri, le flotte da guerra, i missili e i carri ar-mati, una guerra che fa anche migliaia e migliaia di vittime in-nocenti tra la popolazione, l’IS risponde esportando la guer-ra negli stessi Paesi imperia-listi da cui partono le aggres-sioni, usando tutti i mezzi a sua disposizione, compresi gli attentati terroristici che fan-no decine di vittime innocenti. E, per inciso, questa spropor-zione di vittime dovrebbe co-munque far riflettere, anche se nessuno ne parla.

Ecco che per nascondere la vera causa che genera le ritorsioni terroristiche dell’IS, cioè la guerra imperialista, e compattare la popolazione dei Paesi imperialisti intorno ai loro governi e alla loro po-litica interventista, aggressiva e guerrafondaia travestita da “guerra al terrorismo” all’este-ro, e di fascistizzazione e mi-litarizzazione all’interno, si ri-corre allora alla falsa tesi del “barbaro nemico alle porte”, della “difesa dei nostri valori e delle nostre libertà”, sul mo-dello della propaganda bellica durante la prima guerra mon-diale.

Così fa ad esempio Ezio Mauro su “La Repubblica” del 19 agosto, per il quale i terro-risti dell’IS hanno “falciato uo-mini donne e ragazzi” in quan-to “colpevoli di testimoniare un modo di vivere che loro rifiuta-no e combattono”. Un modo di vivere il cui “nome è quello della democrazia occidentale, di cui siamo cittadini infedeli e tuttavia testimoni inesauribili”. Esaltazione dell’Occidente im-perialista non poi tanto diver-sa, nella sostanza, da quella fatta su “Il Manifesto” del 20 agosto dalla trotzkista Lucia-na Castellina, che pur rivendi-cando che “la sola, ancorché ardua via da imboccare sta innanzi tutto nell’interrogarsi su cosa muove l’odio di que-sti ragazzi. Non l’abbiamo fat-to abbastanza”, si premura di sottolineare che con ciò non intende assolutamente “ne-gare l’importanza dei diritti e delle garanzie individuali che la Rivoluzione francese ci ha conquistato, così come il si-stema democratico-borghese che accorpa ormai quasi tutto l’Occidente. Non vorrei scam-biarlo con nessun altro siste-ma attualmente vigente”.

la “soluzione” militare è un inganno

Cosciente o di fatto che sia, questa propaganda obbe-disce ad un solo disegno poli-tico: chiamare la popolazione all’unità e al consenso intor-no alla politica dei governi del-la santa alleanza imperialista – che va dagli Usa, alla Rus-sia e all’intera Europa – che proclama la distruzione dello Stato islamico, da una parte, e la crescente militarizzazione delle città e limitazione delle garanzie democratiche dall’al-tra, come l’unica “soluzione” per sradicare il terrorismo. Tesi questa del tutto falsa e in-gannatoria, perché al contra-rio la cacciata dei combattenti islamici dai loro territori favo-risce la loro diffusione verso i Paesi limitrofi ed europei, e le immani distruzioni con miglia-

ia di vittime civili delle città “ri-conquistate” all’IS moltiplica-no la rabbia e il desiderio di vendetta che alimenta il terro-rismo, come riconoscono per-fino certi analisti occidentali.

Quanto alle “misure spe-ciali antiterrorismo” adottate all’interno, mentre come si è visto si rivelano del tutto im-potenti a prevenire attenta-ti come quello di Barcellona, il loro effetto a lungo termine è quello di abituare gradual-mente la popolazione alla fa-scistizzazione e alla militariz-zazione della vita civile, e alla soppressione strisciante delle libertà costituzionali democra-tico borghesi e di ogni voce di dissenso dai governi imperia-listi.

L’unica soluzione possibile per spezzare la spirale bom-bardamenti imperialisti-atten-tati terroristi è perciò quella di cessare la guerra contro i popoli islamici, ritirare tutte le truppe dei Paesi imperialisti dal Medio Oriente, dall’Africa e dell’Afghanistan, aprire trat-tative pacifiche e con tutte le parti in causa, compreso lo Stato islamico con la media-zione di organismi sovrana-zionali riconosciuti da tutti , per risolvere e mettere fine ai conflitti in corso in Siria, in Li-bia e nelle altre aree coinvol-te. Anche l’Italia deve farlo, perché è tra gli obiettivi prin-cipali del terrorismo, essendo coinvolta in prima linea nella guerra allo Stato islamico, con i suoi contingenti militari in Af-ghanistan e in Iraq (i più nu-merosi dopo gli Usa) e le sue squadre navali da guerra nel mare antistante la Libia.

Lo dimostrano anche le mi-nacce indirizzate da fonti isla-miche all’Italia e al Vaticano subito dopo l’attentato di Bar-cellona. Come quella sul sito “Lone Mujahid”, ritenuto vicino allo Stato islamico, che pub-blica un elenco delle capita-li europee già colpite e dopo la domanda “chi sarà il prossi-mo?” mette una bandiera ita-liana, aggiungendo che “i ni-poti del leone Omar al Muktar

colpiranno presto”: chiaro in-vito a colpire come ritorsione all’ingerenza politica e militare dell’Italia nei confronti della Li-bia, dato il riferimento all’eroe della resistenza libica ai colo-nialisti italiani, giustiziato nel 1931 dai fascisti di Graziani. Secondo l’organizzazione sta-tunitense di monitoraggio web sulle attività dell’IS, “Site”, L’I-talia è indicata come prossimo obiettivo di un attacco anche sul canale di Telegram usato dallo Stato islamico, in cui si raccomandano anche parti-colari obiettivi da colpire con veicoli. È stato inoltre diffuso in rete un video con minacce esplicite a papa Bergoglio e al suo predecessore Ratzinger.

Ritirare l’italia da tutti i teatri di

guerraL’idea di un ritiro dell’Ita-

lia dai teatri di guerra in cui è coinvolta comincia ad af-facciarsi, sia pure ancora in maniera confusa e contrad-dittoria, anche da parte di ex militari, liberi quindi da obbli-ghi di obbedienza e segretez-za, come ha già fatto più vol-te su “Il Fatto Quotidiano” l’ex generale Fabio Mini, a cui si è aggiunto ora anche l’ex ge-nerale Franco Angioni, già co-mandante delle truppe ter-restri Nato nel Sud Europa e del contingente italiano in Li-bano negli anni ’90. Il quale, in un’intervista al “Huffington Post Italia”, si è detto infat-ti contrario alla decisione di Trump di aumentare la pre-senza militare in Afghanistan e soprattutto alla sua richiesta all’Italia di aumentare di alcu-ne centinaia di effettivi il suo contingente già forte di 900 uomini, definendo i 16 anni di intervento militare in quel Pa-ese “una successione ininter-rotta di errori” a cui “è giunto il tempo di porre fine”: “È tempo di dire basta. Il problema af-ghano-iracheno va risolto d’in-tesa con tutti i Paesi interes-sati e stavolta sotto la guida delle Nazioni unite, e alla luce

di una strategia di lungo termi-ne che deve necessariamente dimostrarsi attenta ed efficace sul piano dei diritti umanitari”, ha detto l’ex generale.

Ma il governo Gentiloni non sembra voler tenere con-to di questi consigli, né tanto meno dei pericoli e degli av-vertimenti dell’IS, e continua a mettere a rischio la sorte del popolo italiano esponendo-lo alle ritorsioni terroristiche, da una parte intensificando la militarizzazione delle città e le espulsioni arbitrarie, e dall’al-tra tirando dritto con sua po-litica di escalation interventi-sta ed espansionista nel Sud del Mediterraneo. Di cui fanno parte integrante l’invio di navi militari nelle acque libiche e gli accordi col governo Serraj e con il boia egiziano al-Sisi, nonché il recente accordo di Parigi con Macron e la Merkel, per bloccare nei lager sul suo-lo africano il flusso dei migran-ti pagando profumatamente i loro carcerieri e torturatori.

L’imperialismo italiano e quello europeo non hanno quindi nessuna intenzione di ritirarsi e trattare la cessazio-ne dei conflitti, tant’è vero che blindano le proprie frontiere e le spostano in Africa pagando e sostenendo governi fantoc-cio, corrotti e sanguinari, pur di rendere il continente euro-peo una fortezza impenetra-bile alle migrazioni che essi stessi provocano e alimenta-no con le loro politiche neo-colonialiste e interventiste.

Il popolo italiano pacifista e antimperialista non può e non deve accettare questa politica di dominio imperialista che si riversa contro di esso. È ne-cessario prendere chiaramen-te e apertamente le distanze dal governo guerrafondaio e anti-migranti, combatterlo e abbatterlo. Per fermare le bombe in Italia, bisogna ur-gentemente passare dalla pa-rola d’ordine “non ho paura”, peraltro provocatoria, a quella “Basta guerra allo Stato isla-mico”. Prima che sia troppo tardi.

ze dell’uccisione”.Il governo Gentiloni si na-

sconde dietro un dito repli-cando che non furono mai trasmessi “elementi di fatto”, poiché, pare, gli Usa non con-divisero tutte le informazioni a loro disposizione per non ri-velarne la fonte. Tuttavia era chiaro che i vertici del regime di al-Sisi sapevano, come sa-rebbe diventato chiarissimo nei successivi mesi di bugie, mezze verità, contraddizioni e depistaggi. Lo stesso ex am-basciatore Massari, secondo Walsh, smise di parlare di ar-gomenti sensibili per email o telefono, ricorrendo a vecchi strumenti di crittografia, per-ché temeva lo spionaggio del

regime. Evidentemente si vo-leva lanciare un segnale con-tro chi osa andare a scavare nell’oppressione e nel marcio dello Stato egiziano.

L’Italia come minimo avreb-be dovuto seguire la pista e comunque condannare con decisione il governo di al-Si-si, insieme al resto della “co-munità internazionale”, così pronta a lanciare condanne e sanzioni solo quando fa co-modo all’imperialismo. Ma così non è stato. Il NYT par-la di “fratture” nel nostro go-verno: “C’erano altre priorità. I servizi di intelligence italia-ni avevano bisogno dell’aiu-to dell’Egitto nel contrastare lo Stato islamico, gestire il conflitto in Libia e monitora-re il flusso di migranti nel Me-diterraneo”. Incrociamo que-

ste parole con le dichiarazioni di una fonte della Farnesina pubblicate sulla “Repubblica” del 17 agosto: “Il quadro dei rapporti di forza e degli equili-bri in Medio Oriente è cambia-to. L’Egitto, oggi, conta su una forte sponda dell’amministra-zione americana, un rinnova-to rapporto con Francia e In-ghilterra e una forte alleanza con i sauditi, per non parlare della nuova attenzione mo-strata dalla Russia. Insomma il nostro isolamento rischia-va, se prolungato, di provo-care danni”. Non si poteva essere più sfacciati nell’am-mettere che a rischio c’era-no i piani di Renzi e Gentiloni per rafforzare l’impegno ita-liano nell’avventura imperiali-sta contro lo Stato islamico e mettere l’Italia in prima fila nel

teatro libico, nonché interes-si squisitamente economici e commerciali.

Sì, perché secondo dati del governo egiziano il com-mercio con l’Italia prospe-ra, con le esportazioni verso il nostro Paese in aumento del 29% nel primo semestre dal 2017. Inoltre, dall’agosto 2015, cioè dopo la scoperta del giacimento di gas di Zohr, Eni ha succulenti interessi in Egitto, dove è la principale compagnia italiana operante. La cosa veramente anomala è che Eni è inspiegabilmen-te entrata a far parte dell’in-telligence italiana: già nel 2014 Renzi l’aveva definita un “pezzo fondamentale del-la nostra politica energetica, estera e di intelligence”, ora il NYT lo ribadisce afferman-

do che “si era unita alle for-ze del servizio di intelligence dell’Italia nel tentativo di tro-vare una rapida soluzione del caso”. Addirittura Claudio De-scalzi, amministratore dele-gato di Eni, si sarebbe incon-trato con al-Sisi più di Renzi e persino dell’ex segretario di Stato americano Kerry messi insieme. Viene quindi da chie-dersi a che titolo Eni tratti in via diretta col governo egizia-no, e il governo italiano deve dirci se, nel caso Regeni, vuo-le fare chiarezza o tutelare gli interessi di Eni!

Questo disgustoso spetta-colo ci ha fatto capire bene la condotta del governo Gentilo-ni in politica estera: massima segretezza condita da falsità su falsità raccontate alle mas-se, per salvaguardare prima

di tutto le sue mire interven-tiste e commerciali. Ricucire con l’Egitto era urgente anche per rimanere in buoni rappor-ti con la giunta militare libica di Khalifa Haftar, vicino ad al-Sisi, che ha anche il compito di bloccare i migranti nei lager della Cirenaica.

Sull’altare del profitto ca-pitalistico e della guerra im-perialista Renzi e Gentiloni hanno sacrificato la giustizia per Giulio Regeni. Noi siamo fino in fondo al fianco della famiglia quando esige: “Solo quando avremo la verità sul perché e chi ha ucciso Giu-lio, quando ci verranno con-segnati, vivi, i suoi torturatori e tutti i loro complici, solo allo-ra l’ambasciatore italiano po-trà tornare al Cairo senza cal-pestare la nostra dignità”.

➫ DALLA 4ª

6 il bolscevico / interni N. 31 - 7 settembre 2017

“Se serve spezzate le braccia”

La poLizia di Minniti SgoMbera a ManganeLLate e idranti rifugiati eritreiLa sindaca Raggi lascia correre. La prefetta: Operazione perfettamente riuscita

All’alba del 24 agosto su or-dine del nuovo Scelba Marco Minniti decine di agenti in as-setto antisommossa diretti dal questore Guido Marino “d’intesa con la prefetta” Paola Basilione e armati di idranti, blindati e eli-cotteri hanno effettuato un vero e proprio rastrellamento contro al-cune centinaia di rifugiati inermi, in gran parte donne e bambini, provenienti dal Corno d’Africa e accampati in Piazza Indipenden-za, davanti alla stazione Termini a Roma.

“Neanche gli animali vengono trattati così. Ci hanno inseguito con i manganelli e gli idranti fino alla stazione Termini, ci hanno picchiato. Io vengo dall’Eritrea, sono scappata dalla dittatura ma ti dico una cosa: io lì non ho mai subito una violenza come quella di oggi”. È la drammatica testimonianza di Woelte mentre mostra il braccio con i lividi delle manganellate.

Come gli altri eritrei e etio-pi sgomberati sempre a suon di manganellate il 19 agosto scor-so dal palazzo di via Curtatone a Roma, anche Woelte stava dor-mendo nei giardinetti di piazza In-dipendenza quando, verso le sei, sono stati brutalmente aggrediti e selvaggemente picchiati da poli-zia e carabinieri che hanno fatto largo uso di blindati, lacrimogeni, manganelli e perfino un cannone ad acqua.

La caccia all’immigrato è pro-seguita fino al tardo pomeriggio con almeno 13 rifugiati feriti e quattro arrestati.

“Siamo stati svegliati con l’ac-qua degli idranti. Hanno preso alcune di noi per i capelli colpen-dole anche con i manganelli. È assurdo: siamo rifugiati politici, abbiamo i documenti in regola”, ha raccontato una delle donne ferite. “Ci hanno preso per i ca-pelli - racconta un’altra - quella donna con il braccio fasciato è stata colpita con un manganello e ora sta andando in ospedale. Anche io ho i segni sul fianco. Non è giusto. Abbiamo dormito per strada per 5 notti. Vogliamo solo una casa”.

“Questo è uno Stato acco-gliente? No è un paese fascista, disumano”, urla una terza donna con la voce spezzata dal pianto e il terrore subìto. Per me Italia è una mamma – ha aggiunto Alemi-to, anche lei manganellata dalla polizia - mi ha salvato dal mare, mi ha accolto. Ma oggi ho visto un altro Paese”.

Tutto è avvenuto “sotto gli oc-chi terrorizzati dei bambini che erano stati lasciati al primo piano dello stabile insieme alle loro fa-miglie dopo lo sgombero di saba-to scorso” ha denunciato Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che ha aggiunto : “Questi bambini, dopo aver assistito a scene di guerriglia urbana, sono stati caricati sui pullman delle forze dell’ordine e portati in que-stura, alcuni testimoni ci hanno raccontato che continuavano a gridare e battere le mani sui vetri durante tutto il tragitto, in preda al terrore. Sconvolti. È una situa-zione molto triste: parliamo di 800 persone con status di rifugia-to, sopravvissute a guerre, per-secuzioni o torture che in alcuni casi hanno anche ottenuto la cit-tadinanza italiana, buttate in stra-da in condizioni disumane senza una reale alternativa sostenibile (non il meno peggio) da parte del Comune di Roma, che abbiamo

invano atteso in piazza”.A fine serata Medici senza

frontiere (Msf) fa sapere che sono almeno 13 i rifugiati feriti, mentre la procura si prepara ad aprire un’inchiesta in cui si ipotizzano i reati di tentato omicidio e re-sistenza a pubblico ufficiale in relazione a un presunto “lancio di bombole di gas, sassi e altri oggetti contro le forze dell’ordi-ne” per cui i quattro rifugiati sono stati fermati.

Durante le cariche molti mi-granti, soprattutto donne, sono rimaste ferme con le braccia al-zate nonostante fossero investite dal getto dell’acqua degli idranti e dalle manganellate.

In diversi video pubblicati in rete si vedono scene di inaudi-ta ferocia da parte delle “forze dell’ordine”: l’idrante che solleva letteralmente da terra una signora per sbatterla sull’asfalto. La don-na “È rimasta ferita, siamo riusciti a farla trasportare in ospedale” ha detto Stefano Spinelli, uno dei Msf che assistono i rifugiati; poi “Ho soccorso altre due persone che avevano traumi da manga-nello agli arti e una persona con il gomito sicuramente rotto”.

In un altro video invece si vede un funzionario di polizia che guida all’assalto i suoi agenti contro gli immigrati e urla: «Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualco-sa spaccategli un braccio».

Parole e immagini che richia-mano alla memoria i rastrella-menti nazi-fascisti contro gli op-positori del regime e dei sionisti israeliani contro il popolo pale-stinese e che giustamente hanno sollevato l’indignazine popolare costringendo la stessa questura ad aprire un’inchiesta interna per “accertare eventuali irregolarità”.

La stessa violenza di stampo mussoliniano per riportare “or-dine, pulizia e sicurezza” vista a Milano il 3 maggio scorso alla stazione centrale dove la polizia di Minniti e Gentiloni ha inau-gurato sul campo le sciagurate conseguenze dei due decreti di chiaro stampo fascista, xenofo-bo e razzista recanti disposizio-ni urgenti per “l’accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali” di accoglimento e respingimento di immigrati e richiedenti asilo e per la “tutela della sicurezza delle città” appro-vati a tempo di record e a colpi di voti di fiducia dal parlamento nero nel giro di appena 50 gior-ni dalla loro promulgazione il 10 febbraio 2017 su proposta dei ministri Minniti e Orlando e che perciò devono immediatamente dimettersi.

Sprezzante e provocatoria la prefetta Basilone secondo cui: “Lo sgombero del palazzo di via Curtatone è perfettamente riu-scito... Senza torcere un capello a nessuno (sic) ... Si è trattato di un’operazione di cleaning, di ri-portare l’ordine a piazza Indipen-denza, di ristabilire le regole. Altri-menti, mi chiedo, quale sarebbe il mio compito?”.

Gravi sono anche le respon-sabilità della giunta pentastella-ta capitolina guidata da Virginia Raggi e della Regione Lazio del piddino Nicola Zingaretti total-mente incapaci di elaborare un piano abitativo e trovare una si-stemazione civile per i profughi e per le famiglie romane che hanno bisogno di un alloggio.

“Hanno rifiutato le sistemazio-ni alternative”, ripetono al Campi-doglio e alla Pisana; la Raggi ad-dirittura ha aggiunto che si tratta di un gruppo di immigrati che ha “occupato abusivamente e sot-tratto ad un gruppo di imprendi-tori” lo stabile; salvo poi ammet-tere che la sua amministrazione ha offerto solo 107 posti nelle case famiglia, tra l’altro riservate solo a donne, bambini, mlati e disabili con conseguente smem-bramento dei nuclei familiari, mentre i rifugiati sgomberati sono circa un migliaio in gran parte con

lo status già riconosciuto e quin-di sotto protezione; diversi sono diventati anche cittadini italiani dopo prolungata residenza. Sono nella maggior parte residenti nella Capitale.

Al loro fianco e in difesa delle “forze dell’ordine” si è immedia-tamente schierato il candidato premier dei Cinquestelle Luigi Di Maio sempre in prima fila nell’in-vocare il giustizialismo fascista e misure di stampo xenofobo e raz-zista contro gli immigrati, il qua-le a Omnibus su La7 dopo aver difeso la sindaca Virginia Raggi

che, secondo lui, deve “pensare prima ai romani“ ha aggiunto che è “allucinante che faccia più noti-zia una frase infelice di un agente (che ordina di spezzare le braccia ai rifugiati ndr) che i lanci dei rifu-giati contro la polizia”.

L’occupazione dello stabile da parte dei rifugiati andava avanti dall’ottobre del 2013. Il decreto di sequestro preventivo risale al 1° dicembre 2015. Da allora si sono succeduti tre solleciti alla prefettura, per l’esecuzione dello sgombero forzato dei locali inol-trati dalla proprietà dell’immobile,

vecchia sede dell’Ispra e ex sede della Federconsorzi, che fa capo al fondo d’investimento Omega, ossatura della holding Idea Fimit sgr, un colosso finanziario nato per incamerare e mettere a reddi-to le grandi e spesso prestigiose proprietà immobiliari di banche (Omega ha “in pancia” gli immo-bili di Intesa-S.Paolo) o enti pub-blici come Enasarco e Inps, di-ventato in brevissimo tempo (dal 2008 al 2011, in piena crisi) primo operatore italiano di fondi immo-biliari e quarto a livello europeo.

Il boss è Massimo Caputi, in-gegnere civile che dall’azienda del padre Onofrio, altro ingegnere civile amico dell’“asfaltatore d’A-bruzzo” Remo Gaspari a Chieti, diventato top manager dell’alta finanza real estate. Caputi, con molte mani in pasta – siede nei cda di Acea, Mps, Antonveneta – è un ex amico e oggi, vice pre-sidente di Assoimmobiliare, con-corrente di Caltagirone. E proprio con la ristrutturazione della vicina stazione Termini ha avuto il suo trampolino di lancio.

Caputi di recente è uscito da Idea Fimit. Ma la cosa “curio-sa” è che nel frattempo la “sua” holding, tramite il fondo Alpha, è in ballo per affittare due grossi edifici a Massimina, periferia nor-dovest della capitale, come hub per immigrati. Esattamente come faceva la banda di Mafia Capitale con Buzzi e Carminati che si van-tava di quanto gli affari inerenti l’accoglienza degli immigrati fos-sero più redditizi dello spaccio di droga.

IL nuOvO SceLba deve dImetteRSI

CoMuniCato deLL’organizzazione iSoLana deL pMLi

terremoto a ischia2 morti, 42 feriti, 400 sfollati. Salvati tre fratellini. L’Isola è priva di un

piano di evacuazione e delle misure di prevenzione dei terremotiRIcOStRuIRe gRatuItamente

e veLOcemente cIò che è StatO dIStRuttOL’Organizzazione isola d’Ischia

del PMLI esprime in primo luogo, il suo cordoglio per la morte delle due donne; si augura l’immediata guarigione delle varie decine di feriti; auspica il più veloce ripri-stino di una situazione che, cer-tamente, non può prorogarsi per mesi ed anni, come si è verificato e si sta verificando nell’Italia cen-trale, così da permettere ai sen-zatetto di avere al più presto una casa; esprime inoltre profonda gratitudine ai volontari che han-no colmato anche i gravi ritardi delle forze istituzionali. Il governo Gentiloni deve ricostruire gratui-tamente e velocemente tutto ciò che è stato distrutto.

Il terremoto che ha colpito Ischia e in particolare il comune di Casamicciola, ha ancora una vol-ta dimostrato che in certi eventi, e in condizioni perfino prive di forze particolarmente devastanti, è fin troppo comodo e ipocrita parlare di calamità naturale!

I marxisti-leninisti dell’isola d’Ischia fanno notare che nume-rose abitazioni (di vecchia costru-zione e recentemente realizzate, anche abusivamente) sono prive

di ogni precauzione antisismica. Pertanto, ritengono estremamen-te fondate le osservazioni dell’U-SB Vigili del Fuoco Nazionale secondo cui “abbiamo bisogno di una riforma vera di tutto il si-stema di protezione civile, fatta di prevenzione, previsione, ricerca e infine di un soccorso tecnico urgente con mezzi, attrezzature e unità degne di un Paese che vuole salvaguardare i suoi cit-tadini”. Ad Ischia, come in tante altre zone del Paese, non sap-piamo neppure cosa sia un pia-no di evacuazione, un intervento preventivo. L’Aquila ieri, Amatrice dopo, Ischia oggi sono l’esempio di come il governo tratta noi e i luoghi in cui viviamo: la terra tre-ma e le case ci cadono in testa.

L’Organizzazione isolana del PMLI ritiene che non servono le chiacchiere di chi parIa ma non conosce la realtà dei fatti; non servono le passerelle, come quel-la ultima,del ministro della Difesa Pinotti, sbarcata ad Ischia per consegnare una medaglia al pic-colo Ciro, che è riuscito a salva-re i suoi due fratellini intrappolati sotto le macerie. È una sceneg-

giata che non serve. Serve inve-ce che i fondi delle spese militari delle “missioni” imperialistiche siano utilizzati per mettere in si-curezza il nostro Paese.

Mobilitiamoci per costringe-re le giunte di “centro-destra” e di “centro-sinistra” a pretendere scelte serie e concrete in dife-sa dei lavoratori, del paese e di quell’economia turistica, che si fonda solo su una pianificazione che rispetti i lavoratori, il territo-rio, gli interessi della collettivi-tà, espressione di quel Comune

Unico, che la frammentazione clientelare dell’isola in sei comu-ni, continua a rinviare pericolosa-mente.

L’Organizzazione isola d’I-schia del PMLI

Ischia, 24 agosto 2017- - -Questo comunicato è stato

pubblicato integralmente dalle testate online “Teleischia” e “Il-dispariquotidiano” e rilanciato da “geosnews”, nonché citato da “Napolitoday” e “iI golfo”

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886

chiuso il 30/8/2017ore 16,00

Roma, via Curtatone, 24 agosto 2017. Un momento delle pesanti cariche della polizia, che ha fatto largo uso degli idranti, contro rifugiati donne e bambini

N. 31 - 7 settembre 2017 interni / il bolscevico 7Il ddl all’esame del senato nega l’IndIzIone dI scIoperI aI sIndacatI e aI lavoratorI non confederalI

Il governo gentiloni, dopo quelli di Berlusconi e renzi, all’attacco del diritto di sciopero nel trasporto pubblico

Un decreto contro i lavoratori e i sindacati non confederali tra l’altro favorisce il monopolio di Cgil, Cisl e UilI tentativi di limitare, se non

cancellare, uno degli strumen-ti più potenti che i lavorato-ri hanno in loro possesso per far valere i propri diritti si fan-no sempre più numerosi e mi-nacciosi. Gli attacchi al diritto di sciopero non sono una pre-rogativa esclusiva dell’attuale governo, bensì hanno caratte-rizzato tutta la storia dell’Italia repubblicana nata dopo la se-conda guerra mondiale. Tutta-via è negli ultimi 30 anni che si sono intensificati grazie anche all’atteggiamento dei sindaca-ti confederali che nel passato ritenevano questo diritto invio-labile e non negoziabile.

Da tempo invece Cgil, Cisl e Uil si sono resi complici del varo di numerose leggi restrit-tive specie nel settore pub-blico, passate sotto le voci di “codice di autoregolamenta-zione” e “fasce di garanzia” che già sono leggi antiscio-pero. Queste misure però non soddisfano più i governi e i padroni che intendono vietare ulteriormente gli scioperi nei trasporti e nella sanità, men-tre si stanno già toccando un po’ tutti i settori, dal turismo al commercio. Attraverso le co-siddette “clausole di raffred-damento” condivise dai sin-dacati confederali e inserite in quasi tutti i contratti nazionali, si arriva a includere i lavoratori del settore privato e categorie come quelle dei metalmecca-nici e dei chimici, lontani anni luci da qualsiasi catalogazio-ne, seppur pretestuosa, di

“servizio pubblico essenziale”.L’ultimo attacco in ordine

di tempo al diritto di sciope-ro è partito a giugno, quan-do alcune sigle sindacali han-no proclamato uno sciopero nei trasporti contro la priva-tizzazione del servizio pubbli-co. La demagogia e la retori-ca sono state sparse a piene mani e il governo ha usato senza vergogna la menzogna e il capovolgimento della real-tà dei fatti. “ Contro gli sciope-ri che mortificano la capitale agli occhi del mondo” (Gia-chetti, PD), “una minoranza di lavoratori tiene in ostaggio la maggioranza dei cittadini” (Del Rio, ministro dei traspor-ti), “L’ennesimo sciopero dei trasporti è uno scandalo. Fat-to ancora una volta di venerdì” (Renzi).

Pietro Ichino (ex PCI ora PD) è tornato alla carica chie-dendo che venga approva-to il disegno di legge che lui presentò assieme ad altri nel 2015. Si rammarica che la sua proposta si sia poi arenata in parlamento anche se rivendi-ca che la legislatura in cor-so non è stata con le “mani in mano” assoggettando il setto-re dei beni culturali alla disci-plina generale dello sciopero nei servizi pubblici, a segui-to di un’assemblea dei lavo-ratori del Colosseo. Il giusla-vorista che da decenni cerca di smantellare i diritti dei la-voratori propone una legge che permetta d’indire lo scio-pero solo dopo un preavviso

di almeno 5 giorni, lasciando comunque il monopolio alle organizzazioni maggiormen-te rappresentative, cioè Cgil, Cisl e Uil, sancendo anco-ra una volta il ruolo di sinda-cati di regime dei confederali. Nel caso siano altri sindacati a proclamarlo, nello specifico sarebbero quelli “di base”, al-

lora sarà necessario un refe-rendum tra i lavoratori, mentre le assemblee sindacali non potrebbero più svolgersi du-rante l’orario di lavoro, cancel-lando una storica conquista, quantomeno nel settore pub-blico.

Ed è sulla proposta di Ichi-no che si basa il disegno di legge che il governo ha in-

tenzione di varare. Una leg-ge fascista e neocorporativa, un ulteriore tassello delle re-lazioni industriali e sindaca-li di stampo mussoliniano che non a caso assomiglia tanto al corporativismo vigente nel ventennio dove la dittatura fa-scista concedeva solo ai sin-dacati di regime la possibilità

di rappresentare (entro certi limiti beninteso) i lavoratori. Il tutto è stato rimandato a set-tembre per motivi tecnici data l’imminenza delle ferie estive, tuttavia Gentiloni è tranquillo e può contare, oltre a quello del suo partito, sul sostegno di Forza Italia e di altre for-mazioni di destra che duran-te i governi Berlusconi hanno

più volte attaccato il diritto di sciopero. Se non lo voteranno lo faranno esclusivamente per mettere in difficoltà la maggio-ranza parlamentare.

Sul diritto di sciopero non si deve indietreggiare di un millimetro e non sono accet-tabili le dichiarazioni della segretaria della Cgil Susan-

na Camusso che, pur non al-lineandosi al governo, lascia spazio alla trattativa su que-sto tema. Sono inaccettabili gli attacchi ai lavoratori e ai “sindacati di base” che han-no scioperato, accusati addi-rittura di farlo di venerdì per allungare il week-end, sen-za menzionare il fatto che gli scioperanti hanno perso i

soldi di una giornata di lavo-ro. Evidentemente il governo teme una ripresa delle agita-zioni e non si aspettava una adesione così alta. Perché mai una “esigua minoranza” avrebbe messo in ginocchio il traffico nelle città? In real-tà in molti centri le adesioni hanno superato il 50% con punte del 90% a Firenze, an-dando ben al di là della rap-presentanza effettiva di USB, Cobas e di chi aveva indetto lo sciopero del 16 giugno.

Il governo e molti partiti di “opposizione” tirano in ballo i “diritti dei cittadini” ma non dicono una parola sui motivi degli scioperi. Sono proprio le loro politiche di privatizza-zione, sia a livello nazionale che locale, che vanno a cre-are i disservizi nei traspor-ti ferroviari, su gomma, nel-le metropolitane, mettono a repentaglio la sicurezza dei viaggiatori, danneggiano i pendolari per lavoro e per stu-dio a favore dell’alta velocità e della vendita di biglietti ad alto costo, oltre a tagliare migliaia di posti di lavoro. I lavorato-ri del settore pubblico invece, esercitando il diritto di sciope-ro, difendono le loro condizio-ni e il loro posto di lavoro, ma al tempo stesso lottano per tutte le persone che hanno di-ritto a un servizio di traspor-ti pubblici efficiente e a prez-zi popolari che i vari governi borghesi vogliono smantellare completamente.

Roma. Sciopero nazionale dei lavoratori dei trasporti marittimi

due attivi centri sociali di Bologna

sgomBeratI a manganellate Il “laBas” e Il “crash”La Prefettura ordina, la Questura esegue, il Comune tace

IL 9 settembre Corteo nazIonaLe dI Protesta �Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaAncora sgomberi nella Bo-

logna del PD Virginio Mero-la, e questa volta col vantag-gio del “buio” nel senso che sono stati operati nel pieno dell’estate quando gli studen-ti universitari fuori sede, tra i principali sostenitori e fruitori di questi spazi, sono lontani e impossibilitati a difenderli.

È infatti nella mattina dell’8 agosto che, seguendo il soli-to copione, le “forze dell’ordi-ne” si sono presentate in gran numero all’ex caserma Masi-ni di via Orfeo 46, di proprietà della Cassa depositi e prestiti, dove da 5 anni ha sede il cen-tro sociale “Labas”, bloccando le strade d’accesso per evi-tare che i residenti potessero vedere l’ennesimo scempio sociale in una città dove ora-mai gli spazi sociali autogestiti sono ridotti al “lumicino”. Infat-ti quelli che sono scesi in stra-da dissentivano fortemente: “Ma che fastidio davano?”, “è un lutto, il quartiere perde una realtà sociale unica”. Ma an-che per evitare che altri potes-sero accorrere per dare man forte ai giovani che si erano

presentati di fronte al “Labas”, sul quale pendeva da tempo un decreto di sequestro.

E come da copione le “for-ze dell’ordine” non hanno lesi-nato le manganellate per farsi largo dall’ingresso principale dove si era formato un presi-dio “difensivo” che ha resistito 3 ore prima di cedere alle vio-lente cariche che hanno “re-stituito alla città”, anzi più pre-cisamente ai palazzinari che ci faranno un albergo di lus-so, un luogo riqualificato dopo tanti anni di abbandono con

campagne di finanziamento popolari, e divenuto nel tem-po un punto di riferimento per molti residenti del quartiere e non solo, e dove era stato re-alizzato innanzitutto un dormi-torio sociale che ospitava 20 persone ora rimaste senza un tetto, oltre ai tanti laboratori tra cui “Labimbi”, pensato per i più piccoli, la scuola di italia-no per immigrati, gli orti, una pizzeria biologica, un merca-to bio.

Contemporaneamente an-che il centro sociale “Crash” in

via della Cooperazione subiva la stessa sorte ma qui le “for-ze dell’ordine” non hanno tro-vato nessuno ad opporvisi.

Tra i tanti attestati di solida-rietà giunte anche quella del-l’Xm24 di via Fioravanti, altro centro sociale della città che deve fare i conti con il rischio di uno sgombero.

Nel suo comunicato il La-boratorio Crash ha denun-ciato come “negli anni lungo il succedersi di diverse giun-te e amministrazioni comunali ha ricevuto in risposta alla ri-

vendicazione di spazi auto-gestiti dagli enti locali solo ri-fiuto e repressione. A questo politica securitaria e autorita-ria non abbiamo mai china-to il capo, e sgombero dopo sgombero, scontro su scon-tri, abbiamo sempre continua-to ad occupare spazi abban-donati della città, sia pubblici che privati, mettendoli a servi-zio di un laboratorio di politica antagonista, di culture radica-li e alternative, di aggregazio-ne giovanile e non solo. E così faremo in assenza di risposte al forte bisogno che esprime il nostro territorio di spazi lega-ti alla pratica dell’autogestio-ne e dell’autorganizzazione. Se i poteri della città vorranno continuare a rapportarsi con le esperienze di occupazio-ne e autogestione tramite l’u-so del manganello e della ce-lere ripetiamo, se ancora ce n’è bisogno, che di certo non ci facciamo intimidire o pre-occupare, tanta è la certezza di essere nel giusto, forte è la consapevolezza di dare sod-disfazione a bisogni impor-tanti che spingono e premono nella nostra città. E così sarà occupazione dopo occupazio-ne!”.

Il sindaco Merola si è na-scosto dietro alla magistratu-ra che avrebbe deciso in au-tonomia e “sulla quale, nel rispetto dei ruoli e della lealtà tra istituzioni, non ho titolo per interferire”, impegnando poi l’amministrazione comunale a trovare un luogo “adatto per dare continuità a queste espe-rienze” secondo le parole del segretario provinciale PD.

Per tentare di calmare le acque Merola ha invitato in Comune queste realtà politi-che e sociali per discutere di “soluzioni alternative”, le quali hanno risposto che il 29 ago-sto, “giorno in cui ci ha invitato a Palazzo D’Accursio, l’oppor-tunità è ‘sua’: può scegliere di essere la politica di sempre, dispotica e lontana dalle vite della città, oppure la politica del coraggio, della trasforma-zione, quella che sfida gli inte-ressi di pochi per valorizzare un’esperienza di straordinaria innovazione. Quella politica, caro sindaco, che abbiamo costruito insieme a migliaia di persone in questi cinque anni: la politica del fare”.

Prevista per il 9 settembre una manifestazione nazionale di protesta a Bologna.Bologna, 8 agosto 2017. Il violento intervento della polizia per sgomberare il centro sociale Labas

8 il bolscevico / interni N. 31 - 7 settembre 2017

Ridicola sentenza del tribunale di Roma

La banda CaRminati-buzzi “non eRa mafiosa”

Tutti fuori dal carcere duroCondannaTi amminisTraTori della desTra e del Pd

Dopo 21 mesi di indagini, 230 udienze, 46 imputati a va-rio titolo di estorsione, usura, turbativa d’asta, corruzione, ri-ciclaggio, criminalità organizza-ta, di cui 19 accusati anche di associazione mafiosa, 10milioni di pagine di atti giudiziari e oltre 19mila intercettazioni sottopo-ste a perizie: anche l’inchiesta su Mafia Capitale che ha scos-so dalle fondamenta tutti i pa-lazzi del potere a Roma rischia di finire nel famigerato “Porto delle nebbie” come è già suc-cesso in passato con la famige-rata banda della Magliana o più recentemente con le inchieste su “Tangentopoli”.

Il 19 luglio, a due anni e mezzo dai 37 arresti del Ros con alla testa l’ex Nar Massimo Carminati, il suo braccio destro Riccardo Brugia, e il boss delle Coop “rosse” Salvatore Buzzi già condannato per omicidio, che portarono alla luce quel “mondo di mezzo” di Mafia Ca-pitale, dove la connivenza tra la criminalità organizzata romana, imprenditori e esponenti delle varie cosche parlamentari ap-partenenti sia alla destra che alla “sinistra” del regime neofa-scista era “determinata da una consapevole convenienza”; la decima sezione del Tribunale, presieduta dal giudice Rosanna Ianniello, ha ridicolizzato il duro lavoro degli inquirenti scagio-nando tutti gli imputati dall’ac-

cusa più pesante, ossia l’asso-ciazione a delinquere di stampo mafioso inclusa l’aggravante prevista dall’articolo 7.

Una sentenza ridicola e so-prattutto ipocrita perché da un lato, la caduta del 416 bis ha di fatto dimezzato gli oltre 500 anni di carcere complessivi chiesti dalla procura di Giusep-pe Pignatone per i 46 imputati, e dall’altro lato, ha inflitto con-danne “abnormi mai viste prima per reati di corruzione” come dicono i difensori che già nei prossimi gradi di giudizio conta-no di ridurle sensibilmente.

In definitiva, secondo i giudi-ci della decime sezione, quella messa su da Carminati e Buzzi è una “semplice” organizzazione a delinquere anche se capace di infiltrarsi e fare business nella gestione dei centri accoglien-za per immigrati, di finanziare cene e campagne elettorali, di raggiungere politici di destra e sinistra. Un’organizzazione che, ciononostante e contrariamen-te a come la pensa la procura di Roma non è una cupola, non è una piovra, non è mafia ma poco più che delinquenza co-mune.

Non a caso gli avvocati di-fensori esultano: “È una pietra miliare – ha dichiarato Salvatore Diddi, legale di Buzzi – ora so che Buzzi non è un mafioso e neppure Carminati”.

“Questa sentenza è un modo

serio e consapevole di ricordare Borsellino. La mafia è una cosa seria: se tutto è mafia, niente è mafia” ha rincarato Giosuè Bru-no Naso, avvocato di Carminati, che tra l’altro ha già annunciato di voler chiedere l’immediata re-voca del carcere duro per il suo assistito.

La sentenza infatti permette fin da subito al “karaoke della corruzione“: Carminati, Buzzi e Burgia di lasciare i rispettivi carceri di Parma, Tolmezzo e Terni dove erano sottoposti al 41bis nonostante le condanne rimediate: vent’anni a Carminati (contro i 28 chiesti dai Pm); 19 anni e 3 mesi a Buzzi (contro i 26 chiesti dall’accusa); undici anni a Brugia contro i 25 e 10 mesi richiesti.

Insieme ai difensori esultano anche le cosche parlamentari pesantemente coinvolte nei lo-schi affari di Mafia Capitale con alla testa PD e FI che all’uniso-no ripetono: “la mafia a Roma non esiste”.

Su tutti si è distinto il renzia-no Roberto Giachetti, vicepre-sidente della Camera nonché candidato a sindaco di Roma nel 2016, che ha ammonito: “D’ora in poi chi accosterà la parola mafia a Roma dimostrerà di non amare la città, continuan-do sciaguratamente a speculare su una notizia falsa... trovo inac-cettabile che si continua a par-lare espressamente di mafia: il

tribunale ha sentenziato il venir meno del reato di associazione mafiosa per tutti gli imputati”.

Sulla stesso tasto battono anche i vari boss delle cosche parlamentari di destra che non vogliono sentir parlare di as-sociazione mafiosa. “Demolito il teorema ‘Mafia Capitale’: da questa sentenza la Procura di Roma esce sconfitta” è il com-mento del senatore di Forza Italia Francesco Giro. Critico con la Procura anche il fascista Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia: “‘Mafia Capitale’ non è mafia. Abbiamo assistito alla criminalizzazione di un’in-tera città, bisognerebbe chie-derne conto alla Procura. In più sembra che i giudici abbiano compensato la cancellazione della qualifica di associazione mafiosa inasprendo le condan-ne”. Per il capogruppo dei de-putati di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli non esiste “Nessuna mafia, a Roma ci sono gli stessi delinquenti di Milano, Bologna e Venezia... Quell’accusa ha inne-scato una deriva che ha conse-gnato la Capitale a un sindaco incapace... e ora chi risarcisce la città?”. La sentenza ha susci-tato il sarcastico commento di Roberto Saviano: “A Roma la mafia non esiste. Anche a Pa-lermo non esisteva”.

Fondamentali per l’impianto accusatorio sono risultate le in-tercettazioni. Quella più famosa

è di Carminati che spiega la fi-losofia del gruppo descrivendo il “Mondo di mezzo” dove si in-contrano quello ‘di sopra’ delle istituzioni e dei “colletti bianchi” e “quello di sotto” del crimine organizzato per la spartizione degli appalti e fare affari affari perfino sulla pelle dei migran-ti. Tant’è che L’ex Nar, dopo la conquista del Campidoglio del PD Ignazio Marino aveva detto: “Adesso si va a bussacchia-re… Che progetti c’avete?… Teneteci presenti per i progetti che c’avete, che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare, che te serve il mo-vimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo? Ecco, te lo faccio io. Perché se poi vengo a sape’ che te lo fa un altro, è ‘na cosa sgradevole”.

“Una mucca da mungere“, come diceva Buzzi intercettato il quale in una successi conversa-zione confessava: “Pago tutti”e in un’altra confermava quanto fosse redditizio il business dei migranti: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Eh? Il traffico di droga rende de meno!”. Lo stesso uomo che però diceva: “Noi non sfruttamo nessuno, noi semo gente de si-nistra” e anche “A me me piace Matteo Renzi, che cazzo vuoi? Tu glie devi di’: “Noi siamo di-ventati tutti renziani, ce devi di’ che cazzo me dai in cambio?”.

Su questa base i giudici hanno condannato fra gli altri anche la moglie e la segretaria di Buzzi, Alessandra Garrone e Nadia Cerrito. A Garrone è stata inflitta una condanna di 13 anni e sei mesi mentre a Cerrito, che teneva i libri contabili di Buzzi compreso quello delle tangenti, 5 anni.

Condannati a sei anni anche l’ex presidente dell’Assemblea capitolina del Pd, Mirko Coratti (4 e mezzo la richiesta), undici per l’ex capogruppo di Forza Italia in Regione Lazio, Luca Gramazio (l’accusa aveva chie-sto 19 anni e mezzo), dieci per l’ex amministratore delegato dell’azienda dei rifiuti capitolina, Franco Panzironi (sul quale pen-deva una richiesta di 21 anni), vicinissimo all’ex sindaco Gian-ni Alemanno, cinque per Andrea Tassone, il dem che era presi-dente del Municipio di Ostia, tre anni per Giordano Tredicine, ex consigliere di Forza Italia.

Pena molto più severa ri-spetto alle richieste dell’accu-sa, invece, quella inflitta a Luca Odevaine, l’unico a confessare le tangenti: i giudici l’hanno condannato a sei anni mezzo, i pm avevano chiesto due anni e sei mesi. L’ex vicecapo di gabi-netto di Walter Veltroni in Cam-pidoglio ed ex componente del tavolo sull’immigrazione, ha già patteggiato in continuazione 3 anni e due mesi davanti ai gup di Roma e Catania: viste le due precedenti sentenze, ne scon-terà in totale otto anni di reclu-sione. L’ex assessore alla Casa dem Daniele Ozzimo è stato in-vece già condannato a due anni e due mesi anni con rito abbre-viato).

I giudici hanno assolto solo

cinque imputati su 46. Si trat-ta di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, per i quali la procura aveva chiesto 16 anni di carce-re, e l’ex dg di Ama, Giovanni Fiscon, per il quale erano stati chiesti 5 anni. Secondo l’accu-sa Rotolo e Ruggiero avrebbero garantito i contatti tra Mafia Ca-pitale e ambienti della ‘ndran-gheta: entrambi sono stati scar-cerati. Assolti anche l’ex sindaco di Castelnuovo di Porto, Fabio Stefoni e Giuseppe Mogliani per i quali la procura aveva chiesto rispettivamente 4 anni e 6 anni. Sono 17, invece, le persone che tornano libere dopo la sentenza, tra loro anche Panzironi, Ode-vaine, Emanuela Bugitti, Carlo Maria Guarany, Roberto Lacopo e Mario Schina.

Le altre condanne sono per Claudio Bolla (6 anni), Stefano Bravo (4 anni e 6 mesi), Ema-nuela Bugitti (6 anni), Claudio Caldarelli (10 anni), Matteo Cal-vio (9 anni), Pierina Chiaravalle (2 anni e 8 mesi), Mario Cola (5 anni), Sandro Coltellacci (7 anni), Giovanni De Carlo (2 anni e mezzo), Paolo Di Ninno (12 anni), Antonio Esposito (5 anni), Franco Figurelli (5 anni), Agostino Gaglianone (6 anni e mezzo), Carlo Maria Guarany (5 anni), Cristiano Guarnera (4 anni), Giuseppe Ietto (4 anni), Giovanni Lacopo (6 anni), Ro-berto Lacopo (8 anni), Guido Magrini (5 anni), Sergio Meni-chelli (5 anni), Michele Naca-mulli (5 anni), Franco Panzironi (10 anni), Pier Paolo Pedetti (7 anni), Marco Placidi (5 anni), Carlo Pucci (6 anni), Daniele Pulcini (1 anno), Mario Schina (5 anni e mezzo), Angelo Scoz-zafava (5 anni), Fabrizio Franco Testa (12 anni), Claudio Turella (9 anni), Tiziano Zuccolo (3 anni e mezzo). Sono 113 invece gli indagati archiviati dal gip Flavia Costantini su richiesta dei pm: tra loro anche il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti e Gianni Alemanno (per cui è rimasta in piedi l’accusa di corruzione).

La verità è che questa sen-tenza conferma che per farla finita con la corruzione bisogna attaccare e distruggere la radice del problema, ossia il sistema capitalista che è la fonte di tutti i mali che affliggono il mondo e di cui la corruzione e la mafia insieme alle guerre, allo sfrut-tamento, alla fame, povertà ne fanno parte integrante.

Basti pensare che attual-mente al Comune di Roma, nonostante sia governato dai Cinquestelle, ci sono almeno 70 dirigenti sui 190 in organico, pari al 36,8 per cento del totale, indagati dalla magistratura per reati gravi e infamanti legati alla corruzione e al malgoverno. E le indagini riguardano anche mol-ti ex assessori e dirigenti della giunta Raggi.

Solo nell’ultimo periodo sa-rebbero arrivati 10 avvisi di garanzia ad altrettanti dirigenti del Campidoglio e molti di loro sono stati trasferiti forzatamen-te ad altro incarico perché le mansioni che svolgevano erano collegate con il motivo dell’in-dagine a loro carico.

Libera interpretazione delle riflessioni spicce di fausto bertinottiprima di partecipare

al meeting di Comunione e Liberazionedi A.C.

A una certa età bisogna es-sere sinceri con se stessi, fare un bilancio della propria carrie-ra e dire le cose come stanno, non è che ci si può continuare a prendere tanto in giro. Vediamo. Ho sparato idiozia su idiozia per trenta-quarant’anni, come quando ho pensato bene di tor-nare a Marx facendo finta che la storia del movimento comunista del Novecento non esistesse nemmeno, ma poi mi sono ac-corto che anche Marx alla fine è un ferro vecchio, il futuro ap-partiene al pacifismo, così non rischiamo nemmeno di butta-re giù il capitalismo che, sotto sotto, mi piace anche, perché se no dove la prendo la mia ele-gante ed esclusiva maglieria di cashmere? Solo che mi hanno fatto notare che il comunismo nel Novecento qualcosina lo ha realizzato e non era proprio il caso di fare finta di niente, quindi ho colto la palla al balzo e ho detto che erano tutti crimi-ni, Stalin un orrore, quindi anche

Lenin e la Rivoluzione d’Ottobre perché Stalin da qualche parte sarà anche saltato fuori, quindi via il marxismo, avanti tutta con la non-violenza, lo zapatismo, le magliette del Che, i diritti civili e individuali che quelli sociali e collettivi sono vecchiume, e la classe operaia non esiste più.

Ah, ora che mi ricordo (anni fa), per un bel po’ sono stato segretario di un forte partito co-munista. Avevamo sui 100mila iscritti e sui 2 milioni di elettori! Ero alla loro guida durante gli anni di Berlusconi, di Prodi, del G8, delle lotte in difesa dell’ar-ticolo 18 e delle pensioni, della mobilitazione contro la guerra… boh, forse avrei anche potuto la-vorare per dargli una svolta rivo-luzionaria, come mi pare di aver leggiucchiato distrattamente in qualche libro di Marx o di Le-nin (sbiaditi ricordi di gioventù), però alla fine mi è sembrato più redditizio usare quelle forze per farmi eleggere presidente della Camera. Ah, la vera realizzazio-ne di una vita spesa al servizio

della classe operaia! Che, lo ri-peto, non esiste più, adesso c’è il capitalismo cognitivo, gli ope-rai sono ricchi e vogliono fare la bella vita e blablabla.

Ero lì bello tranquillo stravac-cato sulla mia poltrona a Mon-tecitorio, che mi è capitata que-sta crisi fra capo e collo. Avevo appena finito di dire che Marx è superato, che tutti si sono ri-messi a parlare della sua attua-lità! È sfiga, però…

Ora, siccome i compagni si sono resi conto che la mia li-nea ha fatto solo danni e non mi invitano più da nessuna parte, rompo gli indugi e pas-so direttamente con la Chiesa, che poi è sempre stata il mio amore inconfessabile, visto che il primo quotidiano che leggo ogni mattina è “L’osservatore romano”. Sì perché a me il co-munismo cominciava a stare stretto stretto, del resto non veste granché nei salotti bene (mica come la mia maglieria di cashmere). Come quando sono andato, ricordate?, a duettare

con Fini alla festa dei giovani di Alleanza Nazionale e a prende-re gli applausi dei fascisti rac-contandogli quanto abbia fatto schifo il socialismo. Orsù, avevo abbattuto un altro tabù, la pre-giudiziale antifascista. Quasi quasi sarei andato volentieri an-che a Predappio, ma Fini era già nella fase di pulizia dalle scorie del fascismo, e non se ne è fatto niente.

Poi, dato che le cose o si fanno per bene o non si fanno, della Chiesa mi scelgo una del-le propaggini più reazionarie e corrotte, CL, e per accreditarmi dichiaro, dall’alto del mio rosso pulpito, che la sinistra ha falli-to per sempre. Forse qualche responsabilità l’ho anch’io, ma che mi frega, adesso sono cat-tolico praticante! Ogni tanto mi viene il pensierino che qualcu-no si farebbe schifo da solo per valere così poco. Ma poi penso che, se mi impegno ancora un pochetto, aver seminato disa-stri a sinistra presto sarà per me motivo di vanto.

1856Capirai che sto sulle spine. Deb-

bo procurarmi un appartamento per quando arriva la family, e non so né come uscire dal vecchio, né come entrare nel nuovo, dato che non ho né means [mezzi] in mano, né una qualsiasi prospettiva d’averne pre-sto. La spazzola elettrica si sforza invano di annerirmi i capelli, perché l’atra cura [nera preoccupazione] li fa sempre più bianchi. Zitschke ha preso il volo, e così, per un tempo imprecisato, io sono alleggerito al-meno del debito che ho con lui.

(Marx, Lettera a Engels, 28 luglio 1856, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XL, pag. 65)

Ricevuta oggi una lettera di mia moglie. Pare molto scossa per la morte della madre. Dovrà passare otto o dieci giorni a Treviri per ven-dere all’asta l’eredità insignificante della madre e per dividere i pro-ceeds [proventi] con Edgar. Ecco il programma che mi comunica: re-sterà poi ancora qualche giorno da un’amica nelle vicinanze di Treviri. Poi andrà a Parigi e da lì direttamen-te a Jersey, dove pensa che potre-mo passare il settembre e l’ottobre. Anzitutto per riposarsi lei stessa; poi perché è più a buon mercato e più piacevole che a Londra; infine per-ché le bambine imparerebbero a parlare il francese, ecc. Naturalmen-te lei non sa nulla di quanto è avven-to qui. Per il momento le scrivo che il programma è eccellente, sebbene in pratica io non veda come attuarlo. (…)

P.S. Visti da Blind due volumi della geremiade dell’emigrazione di Simon di Treviri. Una nota insul-saggine, ogni parola un mosciume, un pasticcio da scolaretto, una fa-tua vigliaccheria, una pretesa inge-nuità sdolcinata, una brodaglia da poveracci con dentro della verdura grüniana, prolissa banalità; non si è mai stampato nulla di simile. Ci man-cava ancora, per dare l’ultimo calcio nel sedere al “parlamento tedesco” questa autodenudazione di uno dei suoi eroi. Naturalmente l’ho soltan-to sfogliato. Leggerei questa roba con lo stesso piacere che proverei a bere acqua saponata o a brinda-re insieme al grande Zoroastro con dell’orina calda di vacca. Il nostro spettro ossessiona lui & Co. Conti-nuamente. L. Blanc, Blanqui, Marx ed Engels sono la sua quaternità infernale, che lui non dimentica mai. Tra l’altro, noi due – i teorici del-l’“uguaglianza dei diritti economici” - avremmo predicato “l’appropria-zione armata (!) del capitale”. Anche i commenti ironici che noi abbiamo fatto nella “Revue” a proposito della Svizzera lo “indignano”. “Niente lista civile, niente esercito permanente, niente milionari, niente mendican-ti”: “Marx ed Engels sperano che la Germania non cadrà mai a questo grado di abiezione”. È stranissimo come il tipo ci consideri al singolare:

“Marx ed Engels dice” ecc.(Marx, Lettera a Engels, 1° ago-

sto 1856, Opere Marx Engels, Edito-ri Riuniti, vol. XL, pagg. 67-68)

Avrei già da prima acknowledged [accusato] la tua ultima lettera, ma l’intera giornata, dalla mattina alla sera, da about [circa] due settimane, se n’è andata per le ricerche d’un appartamento. Nel vecchio buco non potevo a nessun costo restare. Finalmente abbiamo trovato un al-loggio, una casa intera, che dobbia-mo furnish [arredare] noi stessi. Sta al 9, Grafton Terrace, Maitland Park, Haverstock Hill, Hampstead Road. Affitto: 36 sterline. Bisogna fare il trasloco il 29 settembre; questa set-

timana bisogna ammobiliarlo. Siamo alquanto in imbarazzo, perché ab-biamo da pagare in città about 26 sterline, e molte di più per la nuova sistemazione. Cioè mi mancano dal-le 10 alle 15 sterline, anche se solo per il momento, dato che mia mo-glie, in seguito all’eredità di Treviri, dovrà ancora ricevere da parte del fratello di Berlino una certa somma. Ieri lui scrisse di non poter ancora mandare il denaro perché le azio-ni della ferrovia della Bassa Slesia, nelle quali è investito il capitale spet-tante a mia moglie, dans ce moment [in questo momento] sarebbero ne-goziabili soltanto con gravi perdite. Inoltre il signor ministro [il fratello della moglie di Marx] fa la seguente melanconica osservazione: “Questo è davvero un momento sfavorevole, poiché tutti i titoli reali del genere sono considerevolmente in ribasso in seguito all’ondata di speculazione nel credito mobiliare e nelle società in accomandita”.

Se puoi fornirmi una parte del de-naro mancante, penso di far scappar fuori il resto col Monte di Pietà, fino a che non arrivi la rimessa da Berli-no. Il guaio è che non c’è tempo da

perdere. (…)La “Tribune” mi ha restituito gli

articoli non stampati. Sono, all in all [tutto sommato], il Panslavismo e i miei articoli sulle Danubian princi-palities [principati danubiani]. Il si-gnor Dana scrive che se non potessi piazzarli altrove, loro dovrebbero so-stenere il “loss” [perdita] per legge, perché non li hanno rifiutati a tempo debito. In caso contrario aspetta-no la restituzione di part delle loro expenses [parte delle loro spese]. Nous verrons [Vedremo]. (…)

Pieper, che io avevo messo fuori, due giorni dopo l’arrivo di mia moglie s’è di nuovo ripresentato e si è si-stemato in casa, cosa che ora non è affatto piacevole. Quando prenderò

il nuovo appartamento lo sistemerò per bene nel piccolo buco a te noto di Dean Street, e lo lascerò con la mia garanzia.

(Marx, Lettera a Engels, 22 set-tembre 1856, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XL, pagg. 71-72)

La casa che ho preso in affitto è molto bella per il suo prezzo, e dif-ficilmente l’avrebbero affittata così a buon mercato se i suoi dintorni immediati, strade ecc. non fosse-ro somewhat unfinished [alquanto non sistemati]. Ora, quando verrai a Londra, troverai una home [casa] completa.

(Marx, Lettera a Engels, 22 set-tembre 1856, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XL, pag. 75)

Dopo aver ricevuto il post office ordre [vaglia postale] abbiamo tra-slocato, e per le due prime settima-ne abbiamo dovuto correre su e giù in città per mettere un po’ la casa in ordine. Da qui il mio silenzio.

Qui accluso un estratto da un li-bro di Mieroslawsky. Sai che non è privo di spirito; ma c’è anche molto esprit de mauvais aloi [spirito di cat-

tiva lega], in questo scritto, soprat-tutto molto di quello stile amphigou-rique [confuso] che i francesi hanno adottato con tanta fatica da quando sono diventati “profondi” e non sono più dei superficiali volterriani. Anche molto di quell’untuoso entusiasmo con cui certe nazionalità “miscono-sciute” levano al cielo il loro passé [passato]. Odio contro la Russia, an-che più contro la Germania; contro il panslavismo; invece di questo la libera confederazione delle nazioni slave coi polacchi come peuple Ar-chimède. Mette decisamente in rilie-vo la rivoluzione sociale in Polonia come condizione fondamentale di quella politica; ma cerca di dimostra-re con una deduzione storica, che

dimostra proprio il contrario, che la strada vera è la creazione della vec-chia comunità agraria (Gmina: la co-munità russa latinizzata).

Nelle ultime settimane ho anche studiato più attentamente la faccen-da dell’argento, e all’occasione ti darò un resoconto.

(Marx, Lettera a Engels, 16 otto-bre 1856, Opere Marx Engels, Edi-tori Riuniti, vol. XL, pag. 79)

Sto appunto dettando un articolo sulla Persia [“La guerra anglo-per-siana”]. Perciò soltanto poche righe. Ricevute le tue 5 sterline. Non ti è possibile mandarmi in questa setti-mana qualche cosa di militare sulla Svizzera, perché io mi ci trovo un po’ impacciato e non posso andare avanti coi miei articoli?

(Marx, Lettera a Engels, 30 otto-bre 1856, Opere Marx Engels, Edi-tori Riuniti, vol. XL, pag. 81)

Mia moglie sta ancora in cura, e così c’è ancora un gran disordine in casa, di modo che mi è difficile met-termi a scrivere.

Pare che col Mieroslawsky ci sia stata una “partizione” provvidenzia-

le, perché probabilmente la maggior parte degli estratti a te destinati (era-no about [circa] due fogli di scrittura) sono stati strappati dal manoscritto per accendere la pipa. Tuttavia non perdi molto. Ho poi letto le “Con-sidérations” di Lelewel, da non con-fondersi con la sua popolare storia. Costituisce propriamente, accanto al Maciejowski (?) (cito il nome a memoria) il materiale su cui Mie-roslawsky ha profuso il suo spirito: del resto quello che nei miei recen-ti studi di storia polacca mi ha fatto subito, décidément [decisamente], propendere per la Polonia, è la re-altà storica che dal 1789 in poi tut-te le rivoluzioni hanno misurato con sufficiente certezza la loro intensità e la loro vitalità nel loro atteggia-mento verso la Polonia. La Polonia è il loro termometro “esterno”. Lo si può dimostrare nei particolari nella storia francese. Nel breve periodo della nostra rivoluzione tedesca, ed altrettanto in quella ungherese, è una cosa che salta agli occhi. Di tutti i governi rivoluzionari, compreso Na-poleone I, fa eccezione il comité du salut public solo in quanto rifiutarono l’intervento non per debolezza, ma per “diffidenza”. (…)

Per concludere, ti devo sottoporre ancora un caso di coscienza. Per la fine di dicembre ho da fare dei paga-menti abbastanza considerevoli. Ti è possibile procurarmi qualche cosa per allora? Il denaro di mia moglie se n’è andato in gran parte per arredare la casa e per coprire dei grandissimi vuoti nei nostri redditi.

Quando verrai qui?(Marx, Lettera a Engels, 2 dicem-

bre 1856, Opere Marx Engels, Edito-ri Riuniti, vol. XL, pagg. 88-90)

Se mi potessi mandare il denaro entro questa settimana, te ne sarei obbligatissimo. Sono stato proprio da Freiligrath per vedere se mi po-teva anticipare qualche cosa su quanto mi resta di una cambiale scontabile tra due o tre settimane, mais impossible! [ma è impossibi-le!] Il denaro di Putnam l’aspettavo per oggi: ma non è arrivato. Con la miserabile banda di Urquhart – con cui ho dei crediti – le transactions [trattative] sono sempre in sospeso. Se non pago puntualmente il mio landlord [padrone di casa] la prima volta, sono entièrement discrédité [completamente screditato].

(Marx, Lettera a Engels, 22 di-cembre 1856, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XL, pag. 91)

1857D’abord [prima di tutto] buon

Capodanno, quantunque in ritardo. In conseguenza dell’inchiostro sbiadito e perché ho scritto per più notti, mi si è così infiammato uno degli occhi che scrivere mi dà noia.

Ricevute tutt’e due le cose, le 5 sterline (secondo invio) e la Mountain warfare [l’articolo di Engels: “La guerra in montagna, nel passato e oggi”]. Per tutt’e due my best thanks [i miei migliori ringraziamenti]. (...)

Proudhon pubblica ora a Parigi una “Bibbia economica”, Destruam et aedificabo [distruggerò e edificherò]. La prima parte, a quanto lui dice, la ha sviluppata nella “Philosophie de la misère”. La seconda la “svelerà” adesso.

(Marx, Lettera a Engels, 10 gennaio 1857, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XL, pagg. 93-94)

MARX SU MARXProseguiamo la pubblicazione di importan-ti citazioni autobiografiche di Marx iniziata sul numero 10/2017 de “Il Bolscevico” in occasione del 14 marzo, 134° Anniversario della scomparsa del cofondatore del socia-lismo scientifico e grande Maestro del pro-letariato internazionale, e proseguita sui n. 12, 14, 15, 17, 19, 20, 21, 23, 24, 26, 27 e 28/2017. Tra parentesi quadre […] compaiono le note dei curatori.

Marx con la moglie e le figlie

N. 31 - 7 settembre- 2017 marx su marx / il bolscevico 9

[14 - continua]

10 il bolscevico / cronache locali N. 31 - 7 settembre 2017

Per De Magistris “accorDo vantaggioso”. e renzi esulta

no all’accordo di Bagnoli su bonifica e riqualificazione urbana

L’ex pm accetta il commissariamento e apre ai privatiBisogna dare L’uLtima paroLa aLLe masse popoLari

riunite nei Comitati territoriaLi �Redazione di NapoliLo scorso 19 luglio è stato

siglato l’accordo su Bagno-li che aveva per oggetto non solo la bonifica delle aree ex Italsider, il recupero della zona di Coroglio e la sua balneabili-tà definitiva, nonché la costru-zione di un parco, ma anche la riqualificazione-rigenerazione urbana della zona Ovest, in particolare non solo Bagnoli, ma anche una parte del quar-tiere di Fuorigrotta e della zona del Dazio.

Un fulmine a ciel sereno per il proletariato e le masse popolari riunite nei diversi Co-mitati territoriali che non han-no potuto partecipare e hanno dovuto veder passare le loro rivendicazioni sotto traccia, scavalcati dal vertice in prefet-tura tra le istituzioni nazionali e locali in camicia nera. Nella mattinata si formava, infatti, il tavolo interistituzionale con

la presenza del ministro per la coesione territoriale Claudio De Vincenti, il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, il sindaco di Napoli Luigi De Ma-gistris assieme al tanto conte-stato commissario governativo voluto dal nuovo duce Renzi, Salvo Nastasi, nonché l’ammi-nistratore delegato di Invitalia - l’Agenzia nazionale per l’at-trazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprie-tà del ministero dell’Economia - Domenico Arcuri. Partenza delle gare entro fine anno, due anni per bonificare gli areni-li, sette anni totali per ridare a Bagnoli un “volto nuovo”, con conclusione attorno al 2025.

L’accordo prevederebbe la realizzazione di una spiaggia pubblica di due chilometri, che sorgerà davanti a quello che è il sito occupato dalla “Città della Scienza”; il borgo dei pescatori di Coroglio dove

sorgeranno attività commer-ciali, una pista ciclabile e un centro sportivo che ingloberà gli impianti dell’ex circolo Ilva; la rimozione della colmata, os-sia la piattaforma di cemento e materiale di scarto dell’al-toforno realizzata negli anni Sessanta del secolo scorso per supportare l’ampliamen-to dell’acciaieria. L’intesa non dovrebbe prevedere costru-zioni di palazzi residenziali ad alto impatto, ma non sono escluse speculazioni dei gran-di commercianti della città nonché dei ricchi albergatori e speculatori.

Fin da subito sia nella mag-gioranza arancione che go-verna Napoli che nei centri sociali è serpeggiato un forte malumore relativo a un accor-do che non rientrava assoluta-mente nei propositi iniziali dei Comitati territoriali della zona Ovest. Innanzitutto finivano i

proclami populistici di De Ma-gistris che aveva urlato alla “città derenzizzata”, al “mai stringeremo un accordo con il commissario Nastasi”, alla possibilità di dare la stura alla fantomatica “democrazia di-retta” permettendo alle masse popolari in lotta di poter inci-dere nelle fase decisionali che precedeva l’intesa. Tutta aria fritta sottolineata dall’ironia di Renzi che in una intervista al quotidiano di regime “Il Mat-tino” si complimentava con De Magistris: “Evviva! Bravo il sindaco che ha firmato l’ac-cordo”, sottolineando così la sua vittoria per l’intesa, riba-dita successivamente da un tweet di Gentiloni.

Diversamente arrivava un primo secco No all’accordo da Città della scienza soprattutto sulla progettualità relativa alla ricostruzione del Scienze Cen-ter bruciato nel 2013: “il piano

per il risanamento di Bagnoli finisce per cancellare la rico-struzione del Science Center bruciato che era prevista per il 4 marzo 2020: mai la Fonda-zione Idis accetterà di vedere deportato il Museo”. I giovani dei centri sociali annunciava-no la loro protesta con cortei e presidi mentre la moglie del sindaco Maria Teresa Dolce, con il nick name Greta Fiore, su Facebook affermava: “Sto nera! E scusate lo sfogo! Ma il fuoco ‘amico’ non lo soppor-to più! Quello sta morendo, a giorni gli verrà un infarto e qui si filosofeggia!”. Intendendo per “quello” proprio De Ma-gistris; e ancora: “non si può sentire! Io veramente non ca-pisco se è arroganza o cosa. Ma si rendono conto che se non era per l’ostinazione di Luigi de Magistris, Bagnoli era persa e la sua ricostruzione in mano a chi inquinato??? Ma

chi ha mai recepito o, meglio anticipato (!!!) le richieste dei movimenti??? Ma dove la tro-vano in un’altra istituzione così espressione degli stessi idea-li?”.

In realtà la mossa di De Magistris è tesa a recuperare il malcontento in cui versa la “sinistra” del PD, accettando praticamente un accordo ca-pestro che ricalca lo “Sblocca Italia”, lasciando i movimenti e i comitati territoriali al loro de-stino e senza una loro parteci-pazione decisiva cosiccome la giunta antipopolare arancione aveva auspicato.

L’accordo siglato dimostra invece come il sindaco di Na-poli abbia a cuore non le mas-se popolari partenopee ma la creazione di un movimento nazionale pronto a fare accor-di con il PD e a fare ruota di scorta ad un futuro governo egemonizzato da Renzi.

a Paola, in provincia di cosenza

la giunta antiPoPolare Perrotta coacervo Di riciclati, voltagaBBana e “caMPioni” Della Mala aMMinistrazione

il vecchio-nuovo sindaco eletto da meno di 3 paolani su 10Insediata a luglio la giunta

comunale borghese, neofasci-sta e filomafiosa del sindaco di Paola (Cosenza), Roberto Perrotta, oggi Psi, rieletto per la terza volta al ballottaggio del 25 giugno scorso da appena il 29,9% degli aventi diritto al voto e bocciato quindi da oltre il 70% dell’elettorato paolano, la cui maggioranza relativa, il 43%, si è astenuta negando il proprio consenso alle liste in corsa.

Perrotta è sostenuto dall’im-monda “Coalizione di salute pubblica” composta da tristi figuri che vanno dai falsi co-munisti espulsi dal Prc fino ai veri fascisti (passando per Pd, Psi, Idm, Cd di Tabacci e altre 2 liste, contenenti all’interno e all’esterno anche massoni, berlusconiani, ex Dc, riciclati e voltagabbana) che ha costitui-to a Paola alle scorse comunali una delle tre coalizioni in gara.

Nominato vicesindaco, con delega al bilancio, Antonio Cassano, in quota ad Art.1-Psi (a Paola i bersaniani e il Psi hanno costituito un unico gruppo consiliare), militare del-la Guardia di Finanza in aspet-tativa, nominato per dare una patina di “legalità” alla scre-ditata coalizione e a Perrotta medesimo, sul quale pende il rischio di decadenza nel caso in cui la Corte dei Conti lo rite-nesse responsabile “con dolo o colpa grave” del dissesto da lui causato e un eventuale intervento della magistratura ordinaria sul voto di scambio politico-mafioso (provato dalle intercettazioni telefoniche pub-blicate sui giornali locali) con la ‘ndrina dei Serpa.

Emilio Mantuano è il nuovo assessore ai Lavori Pubblici, su volere dell’ex sindaco Dc (responsabile del primo disse-sto comunale nel 1993) e ex consigliere regionale FI, Anto-nio “don Tonino” Pizzini, per la lista “Liberamente per Pa-ola”, la quale, come ha detto lo stesso Pizzini in piazza, co-stituisce “la vera Forza Italia” (contrapposta a quella ufficiale dell’ex sindaco Ferrari, battuto al ballottaggio da Perrotta per soli 466 voti) espressione an-che dell’ex sindaco di destra Giovanni Gravina (ex Dc, Fi, La Destra) e di Franco Aloise, il fa-scista doc, ex Msi, An, Pdl, un tempo tutti sodali del fascista malripulito e condannato Sco-pelliti e dello stesso sindaco uscente Ferrari.

Francesco Città, segreta-rio paolano del PD, è il nuovo assessore ai Servizi sociali e al Lavoro, “campione” del misero risultato dell’8,2% del corpo elettorale (il 12,2 dei votanti) che vedono il PD secondo, dopo FI, bocciato da ben oltre 9 paolani su 10.

Francesco De Cesare (ex An poi La Margherita), avvoca-to dello stesso Perrotta, con-quista la poltrona di assessore all’urbanistica, in quota all’I-talia del Meridione, la forma-zione politica del consigliere regionale Orlandino Greco (in maggioranza con il filomafio-so governatore Mario “palla-palla” Oliverio del Pd) rinviato a giudizio per voto di scambio politico-mafioso.

Marianna Saragò, commer-cialista, è il nuovo assessore alla Pubblica Istruzione e Cul-

tura, eletta consigliere comu-nale nel Psi, è imparentata con la famiglia borghese per eccel-lenza di Paola: gli Sganga.

Diventa presidente del con-siglio comunale Graziano Di Natale, oggi Pd, in passato Dc, Ppi, Cdu di Buttiglione, La Margherita. Genero di Mario Pirillo (ex Dc, “centro-destra”, poi Pd) e campione di trasfor-mismo, è stato vicesindaco della giunta di destra di Gra-vina. Oggi è anche consigliere provinciale (eletto in secondo grado), è stato presidente fa-cente funzioni della provincia di Cosenza fino allo scorso gennaio e si prepara alla can-didatura per le prossime poli-tiche.

Diversi sono rimasti a boc-ca asciutta, come Grupillo di Centro Democratico, alcuni socialisti che ora si scontrano con gli uomini del massone e trasformista Franco Fedele (ex “centro-destra”) e di suo figlio Vincenzo Fedele di Art. 1-MDP, accusati di cannibalizzare il Psi per lanciare la candidatura alle prossime politiche appunto di Vincenzo Fedele, avvocato, amico e ex compagno di uni-versità del sodale di D’Alema e Bersani, Roberto Speranza, il quale, con la faccia di bron-zo che lo contraddistingue, è venuto a Paola a sostenere Perrotta.

Questa è la “nuova sinistra” di Speranza e compari che, anche a Paola, nasce già vec-chia, di destra e filomafiosa.

Fuori dalla giunta (e dal consiglio comunale) anche i falsi comunisti e veri fascisti espulsi dal Prc per il sostegno

dato a Perrotta, Pizzini e i fa-scisti storici, legati al trotzkista Lucio Cortese. Portano a casa solo il contentino (gratuito) del-la nomina del delfino di Corte-se, Emanuele Carnevale, nello staff di Perrotta.

Qualcuno, un tempo, si ven-dette almeno per 30 denari, i falsi comunisti e veri fascisti, grazie al loro amore per la bor-ghesia e la ‘ndrangheta, addi-rittura gratis!

Nell’opposizione è caos, l’ex maggioranza di “centro-destra” vede il passaggio im-mediato della consigliera Maria Pia Serranò di Grande Paola (moglie del medico corrotto e trasformista legato ai Gentile, Lucio Sbano, e madre di Fran-cesco Sbano, vicesindaco del-la Città fino a poche settimane fa) nelle file della nuova mag-gioranza, per “riposizionare” la famiglia in vista delle prossime politiche.

Ha votato per Di Natale alla presidenza del consiglio e al-cuni atti legati al bilancio.

Problemi anche nella “si-nistra radicale” paolana per il consigliere Enzo Limardi, le sue due liste “Rete dei Beni Comuni” e “Cambia Paola” sono in rotta di collisione per effetto del sempre più palese appoggio a Perrotta da parte di esponenti di “Cambia Pa-ola” i quali, dopo aver detto peste e corna di “Robertino” in campagna elettorale, lo han-no poi votato al ballottaggio e si apprestano a sostenerlo (pur senza consiglieri), ricom-ponendo definitivamente così, almeno in parte, la frattura a “sinistra” con Cortese e gli altri

camerati.Il nuovo consiglio comunale di Paola è così composto, 16 seggi:11 seggi alla maggioranza (10 consiglieri ai quali si ag-giunge il sindaco),3 al PD: Graziano Di Natale, Barbara Sciammarella, Chiara Donato.3 ad Art. 1-Psi: Giovanni Po-litano, Ivan Ollio, Pino D’an-drea, subentrante alla Saragò nominata in giunta.1 al CD di Tabacci: Josè Gru-pillo.1 per l’Idm: Francesco Aloia, squallido trasformista eletto con Ferrari 5 anni fa.1 alla lista Un’idea per la città:Francesco Sorace, vice-presidente del consiglio.1 per la lista Liberamente per Paola: Stefania Mirafiori, su-bentrante al posto di Mantua-no, nominato assessore.6 seggi per l’“opposizione’’:2 seggi a FI: l’ex sindaco Ba-silio Ferrari e Antonio Lo Gat-to (FI è denominata “Moderati per Paola con Ferrari sinda-co”).1 a Grande Paola: Maria Pia Serranò, ufficialmente ancora all’opposizione.2 allo spezzone di “centro-sinistra” fermo al primo turno che ha poi votato Ferrari e il “centro-destra” al ballottag-gio: Pino Falbo e Anna Ansel-mucci di Azione Democratica.1 seggio a Enzo Limardi per la Rete dei Beni Comuni e Cam-bia Paola.Per l’ennesima volta a Paola e in Calabria non si capisce più dove inizia la destra e finisce la “sinistra” borghese (e vicever-

sa) dove inizia la maggioranza e finisce l’opposizione (e vice-versa) dove inizia lo Stato bor-ghese e finisce la ‘ndrangheta (e viceversa).Insopportabile poi il servilismo filomafioso di alcuni “giorna-listi” e testate locali (cartacee e online) nei confronti della giunta e di Perrotta, questi neri scribacchini sono ormai diventati la vergogna del gior-nalismo a Paola!Urge costituire un ampio fron-te unito per spazzare via la giunta comunale borghese, neofascista e filomafiosa del sindaco Perrotta, questo ban-dito che ha già distrutto Paola tra il 2003 e il 2012, dal punto di vista contabile (ammonta a 27 milioni e mezzo di euro il dissesto da lui causato) ammi-nistrativo e architettonico.Creiamo un ampio fronte unito per il lavoro, lo sviluppo, l’in-dustrializzazione di Paola e dell’intero Meridione e contro la ‘ndrangheta.Creiamo le istituzioni rappre-sentative delle masse fautrici del socialismo basate sulla democrazia diretta, la parità di genere e a carattere perma-nente:Le Assemblee Popolari e i Co-mitati Popolari.Spetta al PMLI qualificare il di-lagante astensionismo generi-co in un voto cosciente antica-pitalista e per il socialismo.Per Paola e la Calabria gover-nate dal popolo e al servizio del popolo!Per l’Italia unita, rossa e socia-lista!Perrotta dimettiti, sei la vergo-gna di Paola!

N. 31 - 7 settembre 2017 antifascismo / il bolscevico 11

A proposito del gesto del professore fascista Bianchi a Carrara

Punire risolutAmente Chi fA APologiA di fAsCismoApplicare le leggi vigenti in materia di neofascismo. Promuovere iniziative antifasciste coinvolgendo i giovani

�Dal nostro corrispondente della ToscanaTra il 24 e il 27 agosto del

1944 si consumò per mano dei soldati tedeschi l’atroce eccidio di Vinca una frazione ai piedi delle Alpi Apuane in provincia di Massa Carrara, poco più di dieci giorni dopo l’eccidio di Sant’An-na di Stazzema (Lucca) che vide la terribile morte di centinaia e centinaia di civili.

Della strage di Vinca furono responsabili i soldati tedeschi appartenenti al “reparto esplo-rante 16” legato alle SS, la stes-sa divisione che commise atro-cità a Marzabotto e a Bergiola Foscalina, fiancheggiati dalle Brigate Nere di Carrara, un cor-po paramilitare fascista della “re-pubblica sociale italiana” (Rsi).

Nella prima mattinata del 24 agosto un centinaio di brigatisti neri di Carrara guidarono le SS nei sentieri e nei boschi vicini per trovare la popolazione che si era rifugiata all’arrivo dei tedeschi. Bloccarono l’accesso al villaggio di Vinca e i nazi-fascisti iniziaro-no a uccidere gli abitanti, a sac-cheggiare e bruciare le case.

Successivamente, gli abi-tanti che riuscirono a scampa-re all’eccidio tornarono nel pae-se per cercare cibo e seppellire i loro morti, ma furono colti di sor-presa dai nazi-fascisti che fece-ro ancora più vittime del giorno precedente e rastrellarono tutte le zone vicine.

173 furono le vittime accerta-te, molte donne, bambini e an-ziani rinvenuti nudi, decapitati e addirittura impalati. Ad una don-na incinta di nove mesi fu strap-pato il feto dal grembo. Alcune testimonianze riportano che gli aguzzini facevano suonare un organetto mentre passavano di casa in casa ad uccidere. A Vin-ca è stato eretto un monumento in ricordo delle vittime e una tar-ga con i loro nomi.

Provocatoriamente e sicuro dell’impunità, il fascista Manfre-do Bianchi, insegnante dell’Isti-tuto tecnico Domenico Zaccagna di Carrara, ha pubblicato sul suo profilo Facebook una foto che lo ritrae in maglietta nera sulla vet-ta del monte Sagro che si affac-cia su Vinca, mentre sventola la bandiera tricolore con aquila e

fascio littorio.Bianchi, candidato alle ultime

amministrative per Fratelli d’Ita-lia, non è nuovo a manifestare pubblicamente il suo camerati-smo con l’estrema destra, visto che sempre sul suo profilo Fa-cebook ritrae un uomo di spalle (forse lui?) che sfodera un saluto romano al cospetto di un ritrat-to del duce, oltre a diversi rife-rimenti a Giorgio Almirante e ai caduti della Rsi.

Il presidente dell’Anpi di Car-rara Alessandro Conti ha giusta-mente denunciato che “avere decantato il fascismo è un reato. Il prefetto e chi di dovere prenda-no provvedimenti del caso. Bian-chi dovrebbe essere allontanato dalla scuola”. Il pentastellato sin-daco di Carrara Francesco De Pasquale ha trovato “inquietan-te” quanto accaduto senza an-dare a fondo nella denuncia. Il coordinatore di AN del comune di Carrara Lorenzo Baruzzo ha vergognosamente espresso so-lidarietà a Bianchi definendo il suo gesto una “goliardata” e ri-facendosi alla “libertà di espres-sione”. Sulla stessa linea Gianni

Musetti, leader locale della lista Trump che parla di “assurdo lin-ciaggio” poiché “Bianchi in un paese democratico ha il diritto sacrosanto di andare dove vuole con le bandiere che meglio pre-ferisce”.

Forte è stata la risposta de-gli antifascisti della zona che in massa, in oltre 300, hanno par-tecipato domenica 27 alla “ricon-quista” del Monte Sagro organiz-zata dall’Anpi Casola-Fivizzano in collaborazione con l’associa-zione Sentieri Liguri Apuani. Sul-la vetta, ad attendere i cam-minatori antifascisti la gradita sorpresa di trovare la croce del Sagro già cinta dalla bandiera delle Anpi Mugellani (Borgo San Lorenzo e Barberino) saliti sul monte il giorno precedente.

Il governatore della Tosca-na Enrico Rossi (MdP) ha dato mandato all’avvocatura regio-nale di sporgere denuncia alla Procura della Repubblica “sulla base delle leggi che puniscono l’apologia di fascismo”.

Ci auguriamo che le denun-ce non cadano nel vuoto e nel dimenticatoio ma che ci sia ef-

fettivamente un seguito a livello giudiziario visto che anche nella nostra regione si stanno intensifi-cando episodi di stampo fascista e razzista con tanto di minacce e prese di posizione da parte di or-ganizzazioni come Forza Nuova, Fratelli d’Italia, Lega Nord, AN alle quali viene permesso libe-ramente di entrare nelle istituzio-ni borghesi. Altro recente esem-pio il prete in provincia di Pistoia che è stato minacciato da Forza Nuova e attaccato dalla Lega di Salvini perché ha offerto a dei migranti una giornata in piscina e ha professato il suo antifasci-smo e antirazzismo.

La strada da percorrere esi-ste ed è quella di applicare re-almente la legge Scelba e la XII disposizione transitoria della Co-stituzione per sciogliere i gruppi fascisti e punire chi fa apologia di fascismo. Occorre chiuderne i covi e non concedere loro spa-zi pubblici. Noi marxisti-leninisti toscani siamo vicini alle famiglie delle vittime della strage di Vinca e di tutte le stragi compiute per mano dei nazi-fascisti nella no-stra regione.

Presso “Cascina lunga” al Bocchetto sessera del Comune di tavigliano (Biella)

CeleBrAtA lA fondAzione dellA “seCondA BrigAtA d’AssAlto gAriBAldi”

Il segretario della sezione “Valle Oropa” salutando i nostri compagni afferma: “Servirebbero migliaia e migliaia di marxisti-leninisti per cambiare l’Italia”

�Dal corrispondente dell’Organizzazione di Biella del PMLIDomenica 30 luglio in

zona Bocchetto Sessera del Comune di Tavigliano s’è svolta la 72ª celebrazione della fondazione della “Se-conda Brigata d’Assalto Ga-ribaldi” che, come sottoline-ato dal Presidente dell’ANPI della provincia di Biella, avv. Gianni Chiorino: “Questa è una festa perché, a diffe-renza di molte altre occa-sioni solenni, qui non ven-gono commemorati fatti di sangue o stragi ma la fon-dazione di una nuova e vin-cente brigata partigiana che ha fortemente contribuito alla vittoria sulle famigerate truppe d’occupazione nazi-ste e dei loro servi fascisti”. Nel suo saluto iniziale il refe-rente della sezione di Biella dell’ANPI, compagno Lucia-no Guala, ha voluto saluta-re le forze politiche presenti dunque, considerate le uni-che bandiere visibili, il PMLI.

Come già accennato pre-cedentemente ha poi preso la parola per il discorso uffi-ciale l’avvocato Gianni Chio-rino che s’è detto fortemen-te indignato e preoccupato dalla sempre maggior pre-senza di forze politiche che si richiamano apertamente al fascismo com’è recente-mente capitato nel mantova-no dove, alle recenti elezioni amministrative, era presente una lista dal nome eloquen-te “Fasci italiani del lavoro”. Successivamente il Presi-dente provinciale dell’ANPI ha relazionato brevemen-te sul lavoro svolto dall’As-sociazione partigiana nel-le scuole biellesi dove sono nate proficue discussioni con gli studenti che, come sempre accade in queste circostanze, si sono dimo-strati interessatissimi sulle eroiche gesta dei partigiani durante il secondo conflitto mondiale.

Durante la celebrazione sono venuti a salutarci il se-

gretario della sezione “Valle Oropa” dell’ANPI, compa-gno Franco Demarchi, che ha voluto sottolineare che “Servirebbero migliaia e mi-gliaia di marxisti-leninisti per cambiare l’Italia”. Anche il giovane e bravo segretario della sezione ANPI del Co-

mune di Sala Biellese è ve-nuto a salutarci cordialmen-te.

Militanti e simpatizzan-ti del PMLI hanno diffuso il volantino sulla Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, accolto con favore dai pre-senti.

11 Agosto, 73º AnniversArio

Celebrata la liberazione di firenze con il rilancio della lotta al neofascismoApplaudito intervento di Luca a nome del PMLI alla festa dell’ANPI

�Redazione di FirenzeL’11 Agosto, Anniversario

della Liberazione della città dal nazifascismo, è stato il momento per il rilancio della lotta al neofascismo.

In PMLI ha fatto affiggere per tempo un bel manifesto dove si leggeva “Viva il 73° della Liberazione di Firenze dal nazifascismo. Applicare la legge Scelba e la XIIa di-sposizione transitoria della Costituzione per sciogliere i gruppi fascisti.

La giunta Nardella deve attivarsi per chiudere i loro covi a Firenze e mettere nero su bianco il ‘no’ alla concessione di spazi pub-blici a qualunque organiz-zazione di stampo fascista, xenofoba, razzista, omofo-ba”.

Il 7 agosto la segreteria dell’ANPI Firenze ha scritto al sindaco Nardella, al pre-fetto Alessio Giuffrida e al questore Alberto Intini affin-ché impedissero atti di apo-logia di fascismo al Cimitero di Trespiano dove i neofa-scisti provocatoriamente si recano proprio l’11 Agosto per ricordare i cecchini fa-scisti e i caduti della “repub-blica di Salò”.

L’11 Agosto nel discor-so pronunciato durante la celebrazione ufficiale il neo presidente provincia-le dell’ANPI, Luigi Rema-schi, ha rilanciato il monito alle istituzioni e ai funziona-ri pubblici affinché rispettino le leggi contro l’apologia di fascismo.

Questa tematica è stata anche al centro dell’assem-blea conclusiva della festa provinciale dell’ANPI a La-stra a Signa, domenica 27 agosto, dal tema “Contrasto ai fascismi, un progetto co-mune” a cui sono stati invita-ti iscritti, associazioni, parti-ti e sindacati. All’assemblea,

sentita e partecipata, di sti-molo perché l’ANPI svilup-pi con sempre più decisione la battaglia contro il neofa-scismo, ha preso la parola il compagno Luca a nome del Comitato provinciale di Firenze del PMLI rilancian-do l’appello a dare batta-glia al neofascismo e, unico dei presenti, ha chiamato in causa direttamente il sinda-co Nardella affinché si ado-peri per togliere spazio ai neofascisti. È stato applau-dito dai partecipanti.

I manifesti del Comitato provinciale di Firenze del PMLI per il 73° anniverario della Liberazione della città (foto Il Bolscevico)

nel 73° AnniversArio

ricordato l’eccidio nazifascista del Padule di fucecchio

Il PMLI l’unico partito presente �Redazione di FucecchioTenere alta la bandiera dell’antifa-

scismo è sempre stata una delle ca-ratteristiche che contraddistinguono i marxisti-leninisti a Fucecchio come in tutta Italia. Anche quest’anno, l’ul-tima domenica di agosto, il PMLI era presente alla manifestazione unita-ria di tutto il comprensorio che 73

anni fa venne colpito da questa stra-ge messa in atto dai nazisti con la collaborazione dei fascisti locali che causò quasi 200 morti, in larga par-te rifugiati tra i canneti della zona per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi, alla chiamata obbligatoria della co-siddetta “repubblica sociale italiana” fascista e ai bombardamenti alleati che martellavano i centri abitati.

Quest’anno l’iniziativa si è svolta nel comune di Monsummano Terme, in provincia di Pistoia. Proprio nel capoluogo provinciale, che si trova a pochi chilometri, in questi giorni è in atto una grave provocazione dei ni-poti di Mussolini. Il parroco Massimo Biancalani, a cui va tutta la nostra solidarietà, si è reso “responsabile” di aver portato in piscina, a proprie spese, alcuni rifugiati africani come premio per aver prestato servizio ad alcune iniziative di beneficenza. Di ciò ha pubblicato foto sul suo profi-lo Facebook. Questo ha scatenato le offese e le minacce sui social di fa-scisti e razzisti anonimi oppure ben noti, come il fascioleghista Salvini, tra i primi ad aggredire, per ora solo verbalmente, il religioso.

Ma Forza Nuova di Pistoia si è spinta oltre, arrivando a presidiare la messa del 27 agosto per “vigilare

e controllare” le parole dell’omelia. Una esplicita minaccia a don Bian-calani e a tutti gli antirazzisti e antifa-scisti che li hanno accolti fuori dalla chiesa al grido di “fascisti carogne, tornate nelle fogne”.

Negli interventi all’iniziativa di Monsummano ci si aspettava una condanna forte di questi fatti, inve-

ce solo Vannino Chiti, senatore PD ed ex sindaco di Pistoia, intervenu-to al posto del presidente del Sena-to Grasso che ha dato forfait all’ulti-mo secondo, ha speso delle parole per denunciare la provocazione, sia pure deboli e di circostanza. Si è di-mostrato più toccante e significativo il breve spettacolo teatrale sulla stra-ge del ’44 che ha fatto piangere alcu-ni superstiti presenti.

A parte i rappresentanti istituzio-nali e l’Anpi, erano ufficialmente as-senti tutti i partiti e le associazioni, unica eccezione il PMLI, con la ban-diera del Partito portata dai compa-gni della Cellula “Vincenzo Falzara-no” di Fucecchio e il circolo Arci “G. Pacchi” di Fucecchio. Presenze ora-mai tollerate con fastidio dalle isti-tuzioni borghesi che danno sempre più spazio ai loro rappresentanti, ai militari, al tricolore. A chi si presenta con la bandiera rossa vengono rivol-te sempre più spesso osservazioni pretestuose sui simboli dei partiti po-litici “inopportuni” o sul loro posizio-namento durante le cerimonie, cosa che si è ripetuta anche stavolta. Ai fascisti, invece, ormai si permette di entrare anche dentro le chiese per minacciare i parroci progressisti.

27 agosto 2017. Andrea Cammilli, assieme a un altro compagno che mostra con fierezza la bandiera del PMLI

30 luglio 2017. Il Pmli partecipa alla commemorazione per l’Anniversario della Fondazione della “Seconda Brigata d’As-salto Garibaldi” a Bocchetto Sessera del Comune di Taviglia-no (Biella) (foto il Bolscevico)

12 il bolscevico / cronache locali N. 31 - 7 settembre 2017

ComuniCato dell’organizzazione di Biella del Pmli

la senatrice Pd Favero incensa i governi

renzi-gentiloni eppure i giovani biellesi sono sempre più precari e

malpagatiLeggiamo che la senatri-

ce biellese del Partito De-mocratico (PD), Nicoletta Favero, si rallegra della si-tuazione occupazionale ita-liana e biellese basando il suo ottimismo sui recenti dati ISTAT che comunica-no una disoccupazione, a livello nazionale, assesta-ta all’11,1% mentre quella giovanile risulta al 35,4%. La senatrice afferma che tali confortanti dati (sic!) sarebbero da ricondur-re all’ottimo lavoro svolto dai governi Renzi-Genti-loni che con l’introduzione del Jobs Act, degli 80 euro e della controriforma della “Buona Scuola” avrebbero permesso tali bellezze oc-cupazionali.

A nostro avviso la triste realtà è sotto gli occhi a partire da quella del gover-no Gentiloni che ha com-piuto una vergognosa ma-novra politica, per evitare il giusto referendum del-la CGIL sull’abolizione dei voucher, cancellandoli per poi subito reintrodurli con un nuovo nome mantenen-do però intatti i meccanismi sostanziali fatti di estrema precarietà e bassissima re-tribuzione economica per le lavoratrici e i lavoratori. Le politiche del lavoro del go-verno Renzi prima e del go-verno Gentiloni oggi sono tutte politiche economiche che hanno ulteriormente

spostato la forza contrat-tuale in favore dei padroni che possono assumere la-voratrici e lavoratori senza l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ossia impie-gare lavoratori senza tutele sindacali e facilmente licen-ziabili stravolgendo il signi-ficato stesso del termine “Contratti a tempo indeter-minato” rendendoli, a tutti gli effetti, “Contratti a tem-po determinato”.

I giovani nella nostra provincia devono accon-tentarsi di impieghi saltuari e mal retribuiti a cui si alter-nano lunghi tempi di disoc-cupazione e successive snervanti ricerche di nuovi posti di lavoro. Il “clima po-sitivo”, la “scossa benefica al Paese” e l’“agganciare la ripresa” sono meri slogan propagandistici in pieno sti-le berlusconiano che nulla hanno a che vedere con la realtà lavorativa del nostro territorio fatta di precarietà e lavori estemporanei che non permettono a miglia-ia di lavoratrici e lavoratori e di giovani di costruirsi un futuro dignitoso.

Per il PMLI.BiellaGabriele Urban

Biella, 5 agosto 2017________

Questo comunicato è stato rilanciato dal sito www.newsbiella.it

la VoCe di luCCa e Pmli

La Voce di Lucca, il blog dei lucchesi che ha pubblicato on-line l’articolo de “Il Bolscevico” che introduce la “Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS”

luttoVenerdì 25 agosto, all’età di 89 anni, è venuto a manca-

re Sergio Cammilli, babbo del compagno Andrea, Respon-sabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI, al quale sono state espresse fraterne condoglianze da parte del Comitato centrale e del Comitato provinciale di Firenze del PMLI.

La HitacHi di NapoLi LiceNzia 4 operai

Responsabilità politiche della giunta De LucaLaRga mobiLitazione opeRaia peR RespingeRe i Licenziamenti

�Redazione di Napoli“Siamo quattro operai.

Dopo aver lavorato per qua-si 20 anni in questa azienda, la Hitachi ci ha licenziato, di-cendo che siamo in esube-ro rispetto a un piano di rior-ganizzazione generale delle sue strutture produttive”. È questo il comunicato diffuso a giugno dai lavoratori del-la multinazionale giappone-se Hitachi licenziati a Napoli dalla direzione padronale se-condo la solita logica della “ri-strutturazione aziendale” fon-data sulla eliminazione delle attività appaltate alla socie-tà FATA, ora rientrate in Hi-tachi. In questo processo di ristrutturazione 30 lavoratori hanno continuato a lavorare

nello stabilimento di via Argi-ne, mentre per 18 veniva an-nunciato l’espulsione dal ciclo produttivo; espulsione che ri-entrava con la ricollocazione in altre aziende, tranne che per quattro operai che veni-vano proditoriamente licen-ziati.

“L’azienda chiama questi atti ‘processi di ristrutturazio-ne’ – continuano gli operai -, termine che in realtà nascon-de il licenziamento. Questi quattro licenziamenti sono soltanto il preambolo di ciò che succederà anche a tutti gli altri operai”. La multinazio-nale ha introdotto da qualche tempo anche nuovi model-li di supersfruttamento delle moderne fabbriche del capi-

talismo che ricalcano quelli imposti dal nuovo Valletta Marchionne alla Fiat di Pomi-gliano D’Arco con ritmi diven-tati insostenibili, non c’è più neanche il tempo per fermarsi e andare in pausa, dove vie-ne cronometrato il tempo per andare in bagno.

La lotta operaia ha avuto larga diffusione tra Napoli e provincia con forti solidarie-tà dalle altre fabbriche, con presìdi fuori dalla Hitachi, lo sciopero della fabbrica del 14 luglio con l’occupazione del tetto della fabbrica, e poi del Duomo di Napoli da parte delle mogli dei 4 operai licen-ziati, sit-in fuori alla Prefettu-ra. Culmine della protesta è stata l’occupazione della gru

che sovraintendeva i lavo-ri nei pressi di piazza Muni-cipio lo scorso 5 agosto con un caldo torrido insopportabi-le (45 gradi) nel centro di Na-poli che non sfiancava Aniel-lo, Vincenzo, Massimiliano e Alfredo, ossia gli operai in lot-ta contro questi ingiusti licen-ziamenti.

I sindacati, in particolare l’USB, hanno chiesto l’imme-diato reintegro degli operai li-cenziati. Sottolineiamo l’indif-ferenza della giunta regionale della Campania guidata dal PD Vincenzo De Luca che ancora una volta non riesce a dare risposte concrete e reali per il lavoro stabile, a salario pieno, a tempo pieno e sinda-calmente tutelato.

CaPitalismo assassino

operaio della “ixfin” di marcianise si suicida gettandosi dal balcone

�Redazione di Napoli“Scusatemi, ma così non

ha più senso vivere”. Con queste strazianti parole rivol-te alla moglie e alle figlie Sal-vatore De Francesco, ope-raio metalmeccanico della storica fabbrica in provincia di Caserta “Ixfin”, si è suici-dato in maggio. Un suicidio quasi “annunciato” dopo il grido disperato degli operai e delle operaie dello stabili-mento di Marcianise chiuso definitivamente quest’anno con lavoratori e lavoratrici prima in cassa integrazione e poi senza lavoro. Una dispe-razione doppia se si pensa che De Francesco non vede-

va prospettive di lavoro nel-la zona Est di Napoli dove è nato e vissuto, dopo le tante promesse dei governi locali di “centro-sinistra” non ultime quelle della giunta arancione di De Magistris che dopo 6 anni continua ad abbandona-re le periferie napoletane, la-sciando al palo la loro riqua-lificazione. Ne è una riprova l’accordo sull’area di Bagnoli.

L’operaio di San Giovan-ni a Teduccio, da oltre due anni ormai senza lavoro, si è gettato dal terrazzo del pa-lazzo in cui viveva la sorel-la, a Casalnuovo. Ai familiari ha consegnato poche parole per giustificare il gesto: ripe-

tuti ma inutili i tentativi, di tro-vare un lavoro dopo la chiu-sura della Ixfin di Marcianise. Dopo il fallimento dell’azien-da nel 2006, De Francesco aveva cercato lavoro in Ita-lia e all’estero, era stato nel-le Marche da una sorella, in Germania da un parente. Per quanto esperto del si-stema operativo Sap, non ha tuttavia trovato impiego. La sua fine non è che un tragi-co esempio della crisi del la-voro che attanaglia sempre più la Campania riportando alle cronache il dramma de-gli ex lavoratori delle fabbri-che ormai dismesse confluiti nel cosiddetto “Bacino di cri-

si” e che da oltre un anno non hanno alcuna forma di soste-gno al reddito.

La responsabilità diretta è dei padroni dell’ex “Ixfin”, ma è significativo come non vi sia ancora nessun interven-to straordinario, serio e strut-turale da parte delle istituzio-ni centrali e locali in camicia nera, prime fra tutti i governi Renzi e Gentiloni, ma anche della giunta regionale retta dal governatore Vincenzo De Luca, per frenare la dilagante disoccupazione e avviare un concreto sviluppo della Cam-pania passando da una nuo-va industrializzazione della regione.

Comunicato del nodo di genova della Piattaforma sociale eurostop

la eriCsson liCenzia deCine di diPendenti della Filiale di genoVa

Riceviamo e volentie-ri pubblichiamo in ampi estratti.

Come i ladri, nella sera-ta di venerdì 21 luglio a uffi-ci chiusi, la Ericsson ha man-dato a decine di dipendenti della filiale di Genova lettere di licenziamento retroattivo. Passa quindi a una ulterio-re fase operativa la procedu-ra di dismissione del gruppo multinazionale in Italia nono-stante le lotte dei lavoratori. Il gruppo Ericsson sta licen-ziando da anni e non solo a Genova. Come per tutte le multinazionali i governi in questi anni sono stati molto generosi con finanziamenti pubblici nonostante le conti-nue manovre contro i lavora-tori. Soldi pubblici che sono stati usati per speculazioni e non certo a sostegno dei di-pendenti...

In teoria, dalla politica lo-cale non manca l’appoggio

ai lavoratori ma, puntualmen-te, le decisioni sembrano già state prese. Gli interessi del-le multinazionali vengono pri-ma, gli interessi dei lavoratori non esistono. Un tweet o una dichiarazione stampa di qual-che politico genovese sem-bra l’unico appiglio per dei la-voratori che sono alla mercé di poteri che fanno il bello e il cattivo tempo.

Appare quindi eviden-te che la lotta debba essere politica. Abbiamo tutti l’inte-resse di salvare centinaia di lavoratori che si trovano in difficoltà ma esiste anche un interesse strategico nel sal-vare settori produttivi e op-portunità di lavoro.

In questi anni le politiche dei vari governi che si sono succeduti, sia a livello loca-le che nazionale, sono state sempre contro i lavoratori. Lo strumento delle classi domi-nanti cambia di volta in volta ma non cambiano gli obietti-

vi della ricerca del massimo profitto contro le tutele dei lavoratori. Questi obiettivi si sostanziano con una serie di strumenti creati dalla poli-tica. Leggi contro i lavoratori (come il Jobs Act) ma a favo-re dei padroni accompagna-te da una politica generale basata su trattati indiscutibili presi in sedi prive di control-lo popolare e senza possibili-tà per chi lavora di interveni-re. Bisogna avere il coraggio di riappropriarsi di alcuni stru-menti come la nazionalizza-zione dei settori strategici, la possibilità di espropriare i padroni che licenziano o de-localizzano come punto di partenza ineludibile per pro-gettare una politica per i la-voratori. Tutto questo non può essere messo in campo senza mettere in discussione i trattati europei e l’architettu-ra complessiva della UE.

Quando ti licenziano con un messaggio via mail o sms

è evidente che esiste un qua-dro normativo e politico che sancisce la completa subor-dinazione dei lavoratori agli interessi dei capitalisti. Sen-za ribaltare questo quadro normativo imposto da poteri sovranazionali la sconfitta è sostanzialmente certa.

Lottare per i diritti dei lavo-ratori contro il capitale oggi significa lavorare per abbat-terne gli strumenti di dominio.

Nazionalizzazione delle aziende strategiche e a ri-schio di ristrutturazione.

Blocco dei licenziamenti in ogni attività produttiva.

Recupero della possibilità per i lavoratori e per i cittadi-ni di intervenire sulle scelte economiche. Fuori l’Italia dal-la UE e dall’Euro.

Costruire l’alternativa po-litica e sociale dei lavoratori.

Piattaforma Sociale Eurostop. Nodo di Genova24 luglio 2017

N. 31 - 7 settembre 2017 lettere / il bolscevico 13

Provvederò a mie spese a far attaccare i manifesti del PMLI

sull’OttobreCome da contatti telefonici vi

invio richiesta scritta di alcune copie del manifesto celebrativo del centenario della Rivoluzione d’Ottobre. provvederò io stes-so, a mie spese, a far attacca-re i suddetti manifesti nelle zone previste del mio comune.

Questa richiesta deriva dalla volontà (in qualità di comunista) di ricordare ai cittadini del mio comune il più grande evento del XX secolo.

Resto a disposizione per eventuali ulteriori contatti.

Fraterni saluti.Antonio – Montecarlo

(Lucca)

Un bellissimo regalo la pubblicazione della

“Storia del Partito comunista (Bolscevico)

dell’URSS” La “Storia del Partito comu-

nista (Bolscevico) dell’URSS” pubblicata su Il Bolscevico ci dà in modo semplice ma completo, il quadro della fase pre-rivolu-zionaria, rivoluzionaria, post-ri-voluzionaria (pur se il cammino della Rivoluzione è ininterrotto, come ci ricorda opportunamen-te Mao). Da un testo come que-sto (questa è la seconda parte della Rivoluzione d’Ottobre, e occupa tutte le pagine, un bel-lissimo regalo per tutti/e noi compagni/e) è per noi un vero

insegnamento, dato dai Mae-stri.

Terribili le condizioni della Russia zarista prerivoluzionaria, con un tremendo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, condizio-ni di vita spaventose per i la-voratori dell’industria come per i contadini poveri, mentre bor-ghesi e aristocratici vivevano nel lusso, appunto, da sfruttato-ri. Contro le menzogne del ca-pitalismo mondiale, che a livel-lo storiografico vuol rivalutare la dinastia corrotta, imbecille, “de-generata” (in questo caso il ter-mine è adeguato) dei Romanov si dovrebbe leggere e far leg-gere questa straordinaria storia del PC (bolscevico), dove si ri-cordano efficacemente la spie-tatezza dei pogrom anti-ebraici e della repressione poliziesca, tutta opera dei Romanov, tan-to che il popolo aveva inventato il seguente ritornello, dalla ma-cabra, efficacissima ironia: “Lo zar s’è spaventato/Ha fatto un manifesto/La libertà per i morti/per i vivi l’arresto” (riferito a tutta la repressione, non solo quella della “domenica di sangue” del 22 gennaio 1905).

Gli autori ricordano poi come Lenin si battesse per l’unifica-zione del Partito del proletaria-to, ossia tra bolscevichi e men-scevichi, ma al tempo stesso vedeva come i menscevichi non fossero capaci di accettare le tesi rivoluzionarie, rimanendo quello che sarebbero sempre stati, dei socialdemocratici, dei revisionisti, degli elementi inca-paci di realizzare la rivoluzione (un insegnamento attualissimo,

valido oggi come allora). Così, per la questione dei Soviet, che i “menscevichi non considera-vano né come organi di potere rivoluzionario né come organi-smi dell’insurrezione”.

Al tempo stesso, i bolscevi-chi (qui troviamo il meglio del-le loro tesi) denunciano molto opportunamente il carattere dei “falsi socialisti” del populismo, in specie dei cosiddetti “social-rivoluzionari” (a loro volta divi-si in socialdemocratici di destra e di sinistra, tra l’altro) come la necessità di opporsi con ogni mezzo ai fiancheggiatori del-lo zarismo, ossia monarchici, esponenti del “Partito industria-le”, iperborghesi come i “Ca-detti”, eccetera. Ancora, il testo mostra, citando i Maestri Marx, Engels, Lenin, come il materia-lismo dialettico, ossia lo studio della natura nelle sue feconde contraddizioni, senza bisogno di alcun intervento divino (En-gels cita la risposta di Laplace, grande astronomo del 1700-1800 a Napoleone che gli chie-deva perché nel suo “Sistema del mondo” non si parlasse mai di Dio “Sire, non avevo bisogno di questa ipotesi”) sia precon-dizione o meglio includa in sé il materialismo storico, ossia lo studio della “storia come sto-ria della lotta di classe” (Marx-Engels, “Manifesto del Parti-to Comunista”), come continua contraddizione tra forze di pro-duzione e rapporti produttivi.

Ecco perché Lenin afferma in “Materialismo ed empiriocri-ticismo”, qui opportunamente molto citato, che “La via dell’ide-

alismo filosofico è la via dell’o-scurantismo clericale”. Pen-siamo al famoso slogan delle elezioni politiche italiane del 1948, con lo slogan democri-stiano “Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no”, ma anche ai metodi più raffinati quanto peri-colosi di far rientrare dalla fine-stra quanto è stato buttato fuori dalla porta, ossia la vecchia za-vorra (ma in Marx più efficace-mente “the old shit”, la vecchia merda, religioso-idealistica).

Eugen Galasso – Firenze

Consigliamo il sito del PMLI

Consigliamo questo sito, www.pmli.it, a quelli che hanno smesso di pensare in termini di lotta di classe.

È un esercizio salutare per non perderci nei meandri del qualunquismo piddino e suoi cespugli vari.

Buona lettura.Via e-mail

Anche in vacanza ci si può imbattere nel PMLI e nei suoi sostenitoriNei giorni scorsi stavo pas-

seggiando in via Fiorentini a Cesenatico, in provincia di For-lì-Cesena, durante il mio perio-do di ferie, quando ad un cer-to punto fermandomi di fronte alla vetrina di un negozio in cui erano esposti libri e altri ogget-ti particolari, l’occhio è inevita-bilmente caduto sulla raccolta di citazioni di Mao “Sulla lotta contro il revisionismo moderno” edita dal PMLI. A questo punto

sono entrato e tra la grande rac-colta di libri storici, politici e altri, ho notato subito diversi volumi editi dal PMLI quali le biografie di Lenin e Stalin.

Chiacchierando con il giova-ne proprietario ho scoperto che lui stesso recupera tanti dei li-bri che vende soprattutto pres-so mercatini e quelli del PMLI li ha avuti durante alcune iniziati-ve alle quali aveva partecipato e ha deciso di metterli a dispo-sizione dei propri clienti anche quale forma di sostegno al Par-tito.

Felice di questa bella sco-perta sono uscito dopo un po’ di tempo molto contento di sapere che anche in vacanza e nei po-sti “più impensati” ci si può im-battere nel PMLI e nei suoi so-stenitori!

Un simpatizzante romagnolo del PMLI

Il Vaticano è sempre stato fautore e

promotore di guerre e non di pace

Mentre si scoprono le nefan-dezze del Vaticano in relazione all’inchiesta sulla pedofilia (ne-fandezze che sono il frutto della mente perversa dei componen-ti di questa deleteria istituzione immorale che osa anche defi-nirsi cristiana), l’attuale pontefi-ce, probabilmente al deliberato fine di sviare l’attenzione sugli eventi della Germania di Ratzin-ger, lancia appelli per la pace in Medio Oriente.

Se sul piano di principio cer-to non si può non essere con-

cordi con gli appelli lanciati dal Soglio Pontificio, ci si domanda tutto questo zelo di pace (ricor-diamo che il Vangelo stesso è chiamato Vangelo della Pace) dove fosse nel periodo cruento delle crociate, oppure in quello del Tribunale dell’Inquisizione o ancora durante lo Stato Vati-cano dell’Ottocento pre-libera-le, quando per riunificare l’Ita-lia occorse la breccia di Porta Pia, con soldati pontifici arma-ti di tutto punto che in nome di Cristo non hanno esitato a truci-dare giovani poco più che ado-lescenti.

Personalmente reputo che per la sua storia passata ma an-che recente, i silenzi sul caso di Emanuela Orlandi, gridano an-cora oggi vendetta al cospetto di Dio, perciò lo Stato Vaticano e il suo proprietario, il papa dit-tatore incontrastato, non han-no alcun diritto di far lezione ad alcuno in merito all’argomen-to pace e non hanno sull’argo-mento diritto di parola alcuna.

Semmai, tali oscuri figu-ri, sono stati fautori e promoto-ri di guerre non certo di periodi di pace.

Quando essi hanno realmen-te detenuto il potere, il mondo ha sempre vissuto in stato di oppressione e miseria, vittima di regimi cruenti e repressivi, dal Sacro Romano Impero, bla-sfemo già nel nome, sino allo Stato Pontificio, mai nel nome della Chiesa, triste testimonian-za ne sono l’inquisizione e le crociate, vi è stata vera pace.

Dott. Marcello Ranieri - Pogliano Milanese (Milano)

A Cardinale (Catanzaro)

LA gIUntA dI “CentRO-SInIStRA” IntItOLA UnA VIA ALL’ex RePUBBLIChInO e fASCIStA PInO RAUtIIl suo nome figura in molte inchieste sullo stragismo fascista, dagli attentati ai treni dell’estate del 1969, alla

strage di Piazza Fontana a quella di Piazza della Loggia a BresciaNuovo vergognoso oltraggio

alla gloriosa Resistenza e al so-cialismo in Calabria, la regione più povera d’Italia, amministra-ta dal filomafioso e neofascista governatore del PD Mario Oli-verio e del ministro dell’Interno del governo neofascista di Gen-tiloni, il nuovo Scelba del PD Marco Minniti.

A Cardinale (Catanzaro) l’amministrazione di “centro-si-nistra” del sindaco Giuseppe Marra (lista civica), ha intitola-to una via al “bombarolo nero”, il criminale fascista Pino Rauti, nativo di Cardinale e cugino del-lo stesso Marra.

Alla cerimonia di intitolazio-ne, il 13 agosto scorso, erano presenti anche le figlie di Rau-ti, Alessandra e Isabella (moglie dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno), il sindaco, l’asses-sore ai lavori pubblici del comu-ne Umberto Marra del PD e vari fascisti festeggianti con le loro immonde bandiere e simboli, peraltro illegali ed eversive, ol-tre che offensive.

Forte la denuncia di Mario Vallone, presidente provincia-le dell’ANPI di Catanzaro, che ha dichiarato: “Ci opporremo in tutte le sedi anche rivolgendoci al prefetto. Quel che rattrista è constatare la debacle culturale, anche nel PD, secondo cui l’an-tifascismo sarebbe un ferrovec-chio, una roba superata”.

In seguito alle polemiche esplose in tutto il Paese da par-te degli antifascisti, il PD re-

gionale ha capito di averla fat-ta davvero grossa, tanto che il segretario regionale “‘don” Er-nesto Magorno (deputato, con-siderato vicino alla ’ndrina dei Muto di Cetraro in provincia di Cosenza) ha spinto alle dimis-sioni da assessore Umberto Marra e lo ha costretto ad au-tosospendersi dal partito, de-finendo con una nota Rauti una personalità “controversa e oscura della nostra storia”.

Sgamati con il sorcio fascista in bocca, insomma, gli uomini di Renzi in Calabria fanno finta di essere indignati e cercano (inu-tilmente) di salvarsi la faccia, ma è troppo tardi.

Hanno commesso l’ennesi-mo crimine e oltraggio alla me-moria storica del nostro popolo e alle vittime della barbarie nazi-fascista, sull’altare della riscrit-tura della storia in chiave anti-resistenziale e anticomunista tipico della seconda repubblica capitalista, neofascista, presi-denzialista e interventista, parte integrante dell’Ue imperialista, funzionale al dominio della clas-se dominante borghese.

In questo quadro e non da oggi, ma dall’avvento della se-conda repubblica neofascista, la “sinistra” borghese si è sem-pre più omologata alla destra, finendo con il confondersi con essa, anche dal punto di vista anticomunista del revisionismo storico riguardo al fascismo e ai suoi crimini, (vedi l’istituzione dell’infame “Giornata del ricor-

do dei martiri delle fobie”) per impedire alle masse popolari, specie ai giovani, di acquisire i preziosi e incancellabili inse-gnamenti storici della lotta par-tigiana e della liquidazione del mostro nazifascista, i cui artefici principali furono l’Urss di Stalin ed i partigiani comunisti.

Ma chi era Pino Rauti?Nato a Cardinale nel 1926,

nel 1943 si arruola nella “re-pubblica sociale italiana” (RSI). Arrestato viene rilasciato nel 1947. Da allora e fino alla sua morte, avvenuta nel 2012, con-tinua la sua carriera politica nel profondo delle fogne fasciste ed eversive più nere e schifo-se, passando dal MSI-DN, del quale fu segretario nazionale, ai Far, fino a “Ordine Nuovo”, in combutta fra gli altri con il baro-ne nero Julius Evola al grido “Il mio onore si chiama fedeltà” (il famigerato motto delle crimina-li SS hitleriane), diventando l’a-nello di collegamento dei fasci-sti con gli apparati deviati dello Stato borghese in combutta con gli USA, per l’instaurazione in Italia di un regime militare sul modello delle Grecia dei colon-nelli e del Cile di Pinochet per “scongiurare il pericolo comuni-sta”.

Infiniti gli atti di violenza, squadristici e provocatori da lui diretti o ispirati contro i comuni-sti e gli antifascisti, fino al coin-volgimento nelle stragi ai tempi della “strategia della tensione’ che comunque, forte delle sue

protezioni, lo vedranno arresta-to e processato ma non con-dannato, anche se venne rico-nosciuta per la strage di Piazza della Loggia del 1974 almeno la sua “responsabilità morale” dal pm Di Martino, che pure lo as-solse, dopo infiniti tentativi di depistaggio e insabbiamento delle indagini, spesso coperte dal segreto di Stato.

Alleato nel MSI (con il quale fu deputato e europarlamenta-re) ma avversario del caporione fascista Fini, fonda la Fiamma Tricolore dopo la nascita di AN, ottenendo effimere percentua-li elettorali da solo o in allean-za con il “centro-destra” e altri gruppi fascisti, infine espulso da FT fonda il suo ultimo partito, il MIS.

Rauti fu dunque uno schi-foso topo di fogna nazifascista che avrebbe meritato di finire a Piazzale Loreto!

Occorre cancellare subi-to l’intitolazione della strada a Rauti a Cardinale!

Il sindaco Marra di Cardinale si deve dimettere e va proces-sato per favoreggiamento della ricostruzione del partito fascista e apologia del fascismo.

Urge sciogliere le organizza-zioni fasciste e chiudere i loro covi, alzando il tiro della lotta antifascista contro il governo neofascista di Gentiloni, foto-copia di quello di Renzi, che va spazzato via dalla piazza prima che possa fare ulteriori danni al popolo italiano.

I sinceri comunisti e antifa-scisti devono dare tutta la loro forza politica, materiale ed intel-lettuale, al PMLI per dotarlo di un corpo da Gigante Rosso (la testa è già rossa e forte), fare esplodere la lotta di classe per

condurre il proletariato alla con-quista del potere politico che è poi la madre di tutte le questioni e la chiave di volta per distrug-gere, per sempre, il fascismo vecchio e nuovo nel nostro mar-toriato paese.

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

AGOSTO

:fino al 31 SETTEMBRE Movimento per la dignità della docenza universitaria - Sciopero dei

docenti e ricercatori presenti nelle 59 Università del Paese per l’intera durata della sessione autunnale di esami

SETTEMBRE

D-F fao-Cobas-Trasporto Merci – Sciopero del personale di tutte le aziende del settore trasporto merci

F fino al 5 oTToBRE Cobas Pt-Cub-Usb – Poste-Comunicazioni Poste italiane Spa - Blocco

del lavoro straordinario in ogni settore e, nel settore recapito, le prestazioni in flessibilità operativa

G - Slc-Cgil, fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl-Tlc - Telecomunicazioni-British Telecom – Sciopero dei lavoratori per l’intero turno di lavoro

P– osr, filt-Cgil, fit-Cisl, Uilt-Uil, flai T oSP, Ugl-Ta- Sciopero di 24 ore dei lavoratori del comparto aereo, aeroportuale e indotto

14 il bolscevico / esteri N. 31 - 7 settembre 2017

L’esperienza riformista del “socialismo del XXI secolo” mostra la corda

Il Venezuela spaccato sull’assemblea costItuenteL’imperialismo americano appoggia e manovra la destra golpista venezuelana. Anche il papa alla fine si schiera con la destra

Trump: “NoN è esclusa l’opzioNe miliTare coNTro caracas”Il 4 agosto si insediava a Ca-

racas l’Assemblea nazionale costituente (Anc) del Venezue-la eletta il 30 luglio e nella pri-ma seduta i 545 membri eleg-gevano alla presidenza Delcy Rodriguez, ex ministra degli Esteri, e due vicepresidenti che nei prossimi mesi saranno i di-rigenti di una assise che di fat-to sarà il governo del presiden-te Nicolas Maduro. Il compito principale dell’assemblea sa-rebbe la redazione di una nuo-va Costituzione il cui testo sarà sottoposto a referendum, pre-visto a dicembre ma già il 18 agosto, con un decreto dispo-sto dalla presidente Rodríguez, l’assemblea azzerava le com-petenze del Parlamento vene-zuelano eletto nel 2015 e si as-segnava il potere di legiferare in tema di ordine pubblico, si-curezza nazionale, diritti uma-ni, sistema socio-economico e finanze.

Al voto del 30 luglio che ha eletto 364 parlamentari su base territoriale e 173 per sud-divisione sociale, ovvero 8 con-tadini e pescatori, 5 imprendi-tori, 5 disabili, 24 studenti, 24 membri di consigli locali, 28 pensionati e 79 operai e 8 rap-presentanti delle comunità in-digene, hanno partecipato, se-condo i dati diffusi dal Consiglio elettorale, circa 8 milioni di elet-tori sui 19 milioni aventi diritto, pari al 41,5%; ovvero un nume-ro superiore ai sette milioni che avrebbero partecipato due set-timane prima al “referendum” contro il presidente Maduro in-detto dalla Mud, la Mesa de la Unidad Democratica, la coa-lizione dell’opposizione parla-mentare di destra.

Col giuramento dei com-ponenti dell’assemblea si in-terrompeva quella spirale di scontri alimentata dall’opposi-zione di destra che in quattro

mesi aveva fatto registrare un bilancio di oltre 130 morti, più di 1.500 feriti e migliaia di arre-stati che aveva portato il Vene-zuela sull’orlo della guerra civi-le. Con l’assemblea insediata la Mud rinunciava a nuove ma-nifestazioni di piazza e annun-ciava la partecipazione alle ele-zioni regionali di dicembre.

Dalle urne usciva comun-que un paese che si è spac-cato sull’Assemblea costituen-te, col governo del presidente Maduro che deve fronteggiare una pesantissima crisi politica e economica, di cui porta una parte di responsabilità, sotto la pressione di una evidente inge-renza dell’imperialismo ameri-cano che appoggia e manovra la destra golpista venezuelana. Una destra che dopo il soste-gno della Chiesa cattolica loca-le incamerava alla fine anche quello del papa.

Fra gli obiettivi che il gover-no del presidente Maduro ha indicato per i lavori dell’Anc ci sono l’indicazione di un percor-so verso “un nuovo modello di economia post-petrolifera, pro-duttiva, diversificata, che soddi-sfi le necessità di approvvigio-namento della popolazione”, “il consolidamento delle nuove forme della democrazia parte-cipativa, con la costituzionaliz-zazione dei consigli comunali e delle comunas (le unità or-ganizzative di base che spes-so sono anche unità produttive, ndr)”, “la preservazione della vita sul pianeta, proteggendo la biodiversità e sviluppando una cultura ecologica”. Obiettivi già enunciati nei 15 anni di ammini-strazione del presidente Hugo Chavez e del suo successore che sono rimasti in gran parte sulla carta e testimoniano tra gli altri come l’esperienza riformi-sta del “socialismo del XXI se-colo” mostri la corda. E ha tolto

al governo di Caracas quanto-meno una parte del consenso popolare che aveva conquista-to in passato e rendendolo più debole nel contrastare l’offensi-va dell’opposizione di destra e dell’imperialismo americano.

Il Venezuela conta meno appoggi anche nel continen-te dopo il ritorno della destra al potere nei due principali pae-si, Brasile e Argentina, mentre l’offensiva degli Usa rilancia-ta dall’amministrazione Trump può contare sulla partecipa-zione attiva del Segretario ge-nerale dell’Organizzazione de-gli stati americani, l’uruguaiano Luis Almagro, che per cinque anni, fino al 2015, è stato mini-stro degli Esteri a Montevideo nel governo della “sinistra” bor-ghese presieduto da José Muji-ca.

Almagro a metà luglio mi-nacciava un intervento dell’or-ganizzazione per avviare un processo di “ritorno alla demo-crazia” nel paese, una inaccet-tabile ingerenza a favore della Mud che organizzava il “refe-rendum” contro la proposta di Assemblea costituente e pro-cedeva grazie alla sua maggio-ranza parlamentare alla nomi-na di 33 magistrati del Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), l’i-stanza che vigila e interviene per garantire l’equilibrio fra i 5 organi che reggono la repubbli-ca presidenziale. Il Tsj bocciava la decisione del parlamento, ri-tenendola un reato.

Ben più potente era la voce che si levava dalla Casa Bian-ca. In una nota del 18 luglio il presidente Trump sostene-va che non sarebbe rimasto a guardare mentre il ”Venezuela va sgretolandosi”, appoggiava la consultazione promossa dal-la Mud e chiedeva ”elezioni li-bere e giuste per ristabilire una democrazia piena e prospera nel paese”. Il 22 luglio l’ammi-nistrazione Trump minaccia-va che “se il regime di Madu-ro impone la sua Assemblea costituente il 30 luglio, gli Usa adotteranno massicce e rapi-de azioni economiche” per ri-portare il paese “a una piena e florida democrazia”. Minacce respinte al mittente dal gover-no di Caracas. La sospensio-ne dell’Assemblea costituente era chiesta anche da Federica Mogherini, l’Alto rappresentan-te Ue per gli Esteri che si meri-tava la secca risposta di Madu-ro: “in Venezuela comandano i venezuelani e le venezuelane. Hai sbagliato paese, Federi-ca Mogherini: Venezuela non è una colonia europea”.

A urne chiuse, il 31 luglio, la portavoce del dipartimen-to di Stato americano, Hea-ther Nauert, in una nota rilan-ciava gli attacchi al Venezuela affermando che “gli Usa con-dannano l’elezione imposta il 30 luglio per l’Assemblea co-stituente nazionale, concepita per rimpiazzare l’Assemblea nazionale legittimamente eletta e per minare il diritto del popo-lo venezuelano all’autodetermi-nazione (sic!!)” e garantiva che gli Stati Uniti “continueranno ad assumere azioni veloci e forti contro gli architetti dell’autorita-rismo in Venezuela”.

Il presidente Maduro rispon-

deva alla minaccia di sanzioni da Washington ribadendo che in Venezuela comandano i ve-nezuelani e nessuno riuscirà a bloccare il Paese che ”è un pa-ese libero e sovrano” e non si lascerà ”scoraggiare da nessu-na minaccia al mondo”.

Neanche da quella gravis-sima che Trump pronuncerà il 12 agosto, al termine di un in-contro nel suo golf club privato in New Jersey con il segretario di Stato Rex Tillerson e l’am-basciatrice all’Onu Nikki Ha-ley convocato per fare il punto sulla Corea del Nord, quando spiegava che per contrastare il governo di Maduro c’erano di-verse opzioni sul tavolo. Com-presa quella militare: “abbiamo truppe dispiegate in ogni parte del mondo, anche in zone mol-to, molto lontane. Il Venezuela non è così distante e le perso-ne stanno soffrendo e moren-do”. Nel gioco delle parti sem-pre più spesso usato alla Casa Bianca, il segretario di Stato Til-lerson successivamente smor-zava i toni, anche per risponde-re agli appelli alla moderazione pronunciati da Mosca e Pechi-no, i due potenti amici del go-verno di Maduro.

La campagna imperialista contro la repubblica bolivariana venezuelana intanto ingrossa-va le sue file con l’adesione del Vaticano. Il 4 agosto una nota del Vaticano ripeteva la richie-sta a Caracas del “pieno rispet-to dei diritti umani e delle libertà fondamentali” ma anche che “si evitino o si sospendano le ini-ziative in corso come la nuova Costituente che, anziché favo-rire la riconciliazione e la pace, fomentano un clima di tensione e di scontro e ipotecano il futu-ro”.

Il presidente Maduro, in una intervista ad una radio argen-tina, se la cavava ricorrendo a una questione formale: “una cosa è il percorso del Papa come difensore dei popoli cri-stiani con la sua umiltà, un’al-tra, molto diversa, è la struttura della segreteria di stato vati-cana, della burocrazia. Sfortu-natamente Monsignor Parolin è caduto nelle mani dei settori più estremisti del vertice della Chiesa cattolica venezuelana”. Come se il Vaticano e papa Francesco, che comunque non aveva smentito il suo primo mi-nistro, fossero due cose ben di-verse.

Nel 1998 Hugo Chavez fu eletto a capo della repubbli-ca presidenziale in nome del-la “rivoluzione bolivariana” che prometteva una politica este-ra antimperialista e una diver-sa redistribuzione dei redditi a favore delle masse popola-ri schiacciate da un alto tasso di povertà. La realizzazione dell’alleanza bolivariana Alba tra i paesi della regione è uno dei successi registrati in politi-ca estera da Chavez per tenere testa alle pressioni dell’imperia-lismo americano sotto le ammi-nistrazioni di Bush e Obama; il mantenimento della proprietà privata dei mezzi di produzione e della dipendenza del paese dall’esportazione del petrolio diretta per due terzi negli Usa, il mantenimento di un’economia sostanzialmente capitalista e

l’inefficacia della lotta alla cor-ruzione e alla burocrazia sono alcuni degli aspetti economici che hanno caratterizzato la po-litica socialdemocratica del go-verno di Caracas, rivenduta in-vece come socialista.

Lo slancio della “rivoluzio-ne cristiana”, come la defini-va Chavez, rallentava già nel 2007 quando il presidente su-biva la prima pesante sconfitta con il referendum del 2 dicem-bre che bocciava la “costitu-zione del socialismo del XXI secolo”, ovvero la riforma pre-sidenziale che modificava un quinto degli articoli della costi-tuzione del 1999, ma non quel-li che garantivano la proprietà privata e vietavano l’aborto, e che doveva permettere a Cha-vez di poter essere rieletto fino al 2031. Hugo Chavez moriva nel 2013, il compito di porta-re avanti la “rivoluzione boliva-riana” passava al nuovo presi-dente eletto, Nicolas Maduro. Che doveva subito fare i con-ti con gli effetti della crisi eco-nomica scoppiata nel 2008 fra i quali il crollo del prezzo del greggio e di conseguenza di oltre il 90% delle entrate del bilancio statale. Con le casse vuote saltavano programmi so-ciali e assistenziali a favore dei poveri e finiva definitivamente la socialdemocratica politica di redistribuzione del reddito che aveva marciato a passo ridot-to anche nei tempi delle vac-che grasse.

Maduro cercava di parare i colpi della crisi, attingendo agli aiuti finanziari che il socialim-perialismo cinese di Xi mette-va a disposizione per un certo tempo in cambio di facilitazio-ni per investire nel paese; fini-te le risorse provenienti da Pe-chino, il governo di Caracas si rivolgeva a Mosca che era inte-ressata a mettere le mani sulla ricca dotazione petrolifera ve-nezuelana, compreso l’acqui-sto di una quota della compa-gnia petrolifera statale Pdvsa. L’imperialismo russo di Putin è diventato il principale allea-to di Maduro. La vendita di as-set della compagnia petrolifera statale era osteggiata dal par-lamento in mano all’opposizio-ne della Mud dalle elezioni del dicembre 2015.

Maduro ha tentato di vincere il braccio di ferro con l’opposi-zione di destra attraverso una sentenza del Tsj che lo scorso 29 marzo esautorava il parla-mento dalle sue funzioni; co-stretto dalle proteste a far riti-rare la sentenza, rilanciava l’1 Maggio con la convocazione delle votazioni per l’Anc.

Dal voto il Venezuela usci-va spaccato fra i due principali schieramenti, quelli governati-vo e della forte opposizione par-lamentare di destra, ma anche con una parte dell’elettorato non certo secondaria che non ha votato il 30 luglio, compresa una crescente opposizione che critica Maduro da sinistra. Una critica che ai più evidenti errori compiuti dai governi di Caracas quali la mancata diversificazio-ne dell’economia dipenden-te dal petrolio, il dilagare della corruzione e del mercato nero, il ricorso a misure d’eccezione di stampo presidenzialista sia

pur per fronteggiare i piani gol-pisti dell’opposizione, denuncia il ruolo pesante e condizionan-te della cosiddetta borghesia bolivariana, quella costituita da alti funzionari di imprese pub-bliche e dell’apparato stata-le, militari di alto grado e nuo-vi capitalisti legati alle banche e alla rendita petrolifera stata-li. Quella borghesia nazionale che ha spinto per la costituzio-ne delle zone economiche spe-ciali per attirare gli investimenti dei capitali stranieri. Il governo non abbandonerà “il modello economico socialista”, garanti-va Maduro nel dicembre 2014, all’atto della firma del decre-to per la creazione delle prime due zone speciali, nate sul mo-dello di quelle sperimentate dai capitalisti cinesi che sono ap-punto fra i primi passi già spe-rimentati per abbandonare l’e-conomia socialista. Nonostante ciò il partito comunista del Ve-nezuela revisionista copre a si-nistra Maduro, pur dichiarando fallito il “modello capitalista ve-nezuelano”.

Per chi volesse approfondi-re la conoscenza della nostra analisi sulla “rivoluzione boli-variana” di Chavez e Maduro in Venezuela può leggere sul nostro sito alcuni articoli tra i quali La teoria del “socialismo del XXI secolo”: nuova strate-gia per la conquista del potere politico da parte del proletaria-to? dell’11 febbraio 2009 (http://www.pmli.it/socialismo21mo-secolo.htm) oppure Maduro: “Il socialismo del XXI secolo” è fondato su Gramsci del 26 giu-gno 2013 (http://www.pmli.it/madurogramsci.htm).

In ogni caso il nostro giudi-zio è sintetizzato nel Rappor-to al 5° Congresso nazionale del PMLI (novembre 2008), dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, dove afferma che il “socialismo del XXI secolo (…) è un impa-sto di gramscismo, riformismo, guevarismo, castrismo, trot-zkismo, movimentismo. Tutte queste ‘teorie’ hanno in comu-ne, da una parte, il ripudio del socialismo dell’Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao, della dittatura del proletariato, della rivoluzione socialista, del movi-mento comunista del Novecen-to, della concezione marxista-leninista del Partito; dall’altra parte accettano il capitalismo, la proprietà privata capitalisti-ca, la democrazia borghese, il parlamentarismo, il riformismo, la collaborazione tra le classi e l’esistenza delle classi”.

In altre parole il “socialismo del XXI secolo” è una strategia riformista in contraddizione e opposta a quella dell’autenti-co socialismo, quello di Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao che porta il proletariato e le masse popolari in un vicolo cieco con l’illusione che il socialismo pos-sa passare per il parlamento senza prendere, invece, la via dell’Ottobre; lo conferma la pa-rabola compiuta dal Venezuela di Chavez e Maduro. Tuttavia questo non ci impedisce di ap-poggiare il Venezuela antimpe-rialista impegnato a respingere le ingerenze e gli attacchi gol-pisti dell’imperialismo america-no.St

ampa

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pro

prio PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] -- www.pmli.it

1917-2017100Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

ANNIVERSARIO DELLA

O

Cento anni fa, il 7 Novembre 1917, l’evento storico che ha dimostrato che il proletariato è capace di prendere il potere politico e di edi�care il socialismo

Viva la Grande RivoluzioneSocialista d’Ottobre!

È LA VIA CHE DOBBIAMOSEGUIRE IN ITALIA

Gloria eterna a Lenin, Staline ai marxisti-leninisti russi

Viva la Grande RivoluzioneSocialista d’Ottobre!

Viva la Grande RivoluzioneSocialista d’Ottobre!

N. 31 - 7 settembre 2017 esteri / il bolscevico 15D’accordo anche il socialimperialismo cinese

Il ConsIglIo DI sICurezza Dell’onu InflIgge sanzIonI vessatorIe alla rpD DI Corea

Trump: “La Corea del Nord conoscerà il fuoco e la furia come il mondo non l’ha vista mai”La RPDC ha DiRiTTo Di sviLuPPaRe iL PiaNo NuCLeaRe PeR TuTeLaRsi

Da uNa eveNTuaLe aggRessioNe DeLL’imPeRiaLismo usaIl 5 agosto il Consiglio di si-

curezza delle Nazioni Unite ha adottato una gravissima riso-luzione contro la Repubblica popolare democratica di Co-rea (RPDC) che, recependo gli strali dell’imperialismo, non solo condanna “con la massima fer-mezza i lanci di missili balistici condotti dalla RPDC il 3 luglio e il 28 luglio del 2017” , intiman-do a Pyongyang l’immediata in-terruzione dell’“uso di tecnolo-gie missilistiche balistiche, test nucleari o qualsiasi altra provo-cazione” in “maniera comple-ta verificabile e irreversibile”, ma infligge sanzioni vessato-rie che riguardano l’assoluto di-vieto a tutti gli Stati di commer-ciare con la RPDC, in entrata e uscita, carbone, ferro e minerali di ferro, piombo e frutti di mare (inclusi pesci, crostacei, mollu-schi e altri invertebrati acquati-ci). La risoluzione 2371 impone altresì uno stop alle assunzioni di lavoratori nordcoreani all’e-stero in quanto le loro rimesse verrebbero “utilizzate per soste-nere il suo programma nucleare e la produzione di missili balisti-ci” e alla stipula di nuovi accordi produttivi e finanziari con entità economiche, produttive e finan-ziarie della RPDC.

È evidente che con questa risoluzione votata all’unanimi-tà, d’accordo anche il socia-limperialismo cinese che finora

aveva tenuto una posizione op-portunista e defilata, l’imperiali-smo mondiale vuole strangola-re la RPDC per farla capitolare ai suoi voleri di domino asso-luto su tutto e tutti. La RPDC ha invece diritto di sviluppare il piano nucleare al pari di quel-lo che fanno tutti gli altri paesi imperialisti, a partire dagli USA, Francia e Israele, per non par-lare di Cina e Russia. Tanto più ora per tutelarsi da una even-tuale aggressione dell’imperia-lismo USA. Un’eventualità per niente remota stando alle di-chiarazioni spaventosamente belliciste del presidente Trump che l’8 agosto ha minacciato pubblicamente di voler colpire la Corea del Nord con “il fuo-co e la furia, e sinceramente anche la forza, a un livello che questo mondo non ha mai visto prima” se la RPDC continuerà a fare minacce dirette contro gli Stati Uniti. Sì, abbiamo capito bene, Trump è pronto ad usare l’arma nucleare per rispondere anche a sole minacce verbali, non a un attacco militare della RPDC, nonostante che diverse ore dopo il segretario alla Dife-sa americano James Mattis sia stato costretto a intervenire per precisare che il presidente si riferiva non alle sole minacce verbali ma a un qualche tipo di attacco militare nord coreano. Tant’è che il 9 agosto tornan-

do sulla questione Trump ha rincarato la dose: “Il mio primo ordine come presidente è sta-to rinnovare e modernizzare il nostro arsenale nucleare. Ora è forte e potente come mai pri-ma. Speriamo di non dover mai usare questo potere, ma non ci sarà un tempo dove non sare-mo la nazione più potente del mondo!”.

E per far capire che non scherza il 22 agosto in un co-mizio a Phoenix, in Arizona, ha spiegato perché gli USA han-no ripreso l’arma delle sanzio-ni economiche e commerciali contro Pechino e Mosca accu-sate di sostenere la Corea del Nord. I provvedimenti riguarda-no 10 compagnie e 6 loro re-sponsabili che avrebbero forni-to ai nordcoreani materiali che contribuiscano allo sviluppo del suo programma nucleare. “C’è chi ha detto che io sono stato troppo duro – ha tuonato Trump -. Non sono stato abbastanza duro”.

Dal canto suo la Cina, il 13 agosto, in attuazione della riso-luzione Onu, ha stoppato le im-portazioni di ferro e altri minera-li dalla Corea del Nord, nonché dei frutti di mare e prodotti della pesca, che da soli nel mese di giugno hanno significato incassi per oltre 46 milioni di dollari per Pyongyang. Le sanzioni dell’O-nu mirano a sottrarre alla Corea

del Nord risorse vitali per circa 1 miliardo di dollari di entrate. Det-to questo la risoluzione dell’Onu risulta ancor più ipocrita al suo punto 17 dove “si rammarica dell’incanalamento delle scarse risorse della RPDC verso lo svi-luppo di armi nucleari e una se-rie di costosi programmi dei mis-sili balistici” quando “ben oltre la metà della sua popolazione sof-fre di scarsità di cibo e cure me-diche, tra cui un gran numero di donne in gravidanza e bambini sotto cinque anni”. Da che pulpi-to vien la predica! Come se nei paesi imperialisti armati di nu-cleare dalla testa ai piedi non ci fosse fame e povertà!

Il 7 agosto il governo della RPDC aveva prontamente ri-sposto all’adozione della gra-vissima risoluzione Onu con una dichiarazione, pubblicata integralmente in questa stessa pagina in cui si legge: “Gli Stati Uniti hanno introdotto la ‘risolu-zione delle sanzioni’ 2371 pres-so il Consiglio di sicurezza del-le Nazioni Unite che si prefigge di bloccare completamente lo sviluppo economico della Co-

rea del Nord e il miglioramento della vita dei cittadini, definen-do il lancio di test ICBM come ‘una minaccia alla pace interna-zionale e la sicurezza’. A tutti gli scopi e fini è un risultato di ten-tativi diabolici degli Stati Uniti per isolare e soffocare la RPDC e costituisce una violenta viola-zione della sua sovranità e una sfida aperta ad essa. L’accesso della RPDC alla forza nucleare è una misura giusta e legittima per l’autodifesa, per proteggere la sovranità del paese e il diritto della nazione all’esistenza da-gli atti arbitrari degli Stati Uniti che perseguono una politica di estrema ostilità e minaccia nu-cleare contro la RPDC da ben oltre mezzo secolo. Il succes-sivo lancio missilistico da par-te della RPDC è stato un seve-ro avvertimento agli Stati Uniti che, essendo radicati in tutto il Pacifico, attuano una sconvol-gente e pericolosa provocazio-ne militare e stanno cercando di portare la situazione della penisola coreana sull’orlo della guerra nucleare. Ora – prose-gue la dichiarazione del gover-

no nordcoreano – mettendo in atto un divieto totale anche sul-le normali attività commerciali e sullo scambio economico, mo-strano al mondo la loro inten-zione di cancellare la RPDC e sterminare la sua gente. Fintan-to che la politica ostile e la mi-naccia nucleare degli Stai Uniti continuano, la RPDC non met-terà mai la sua deterrenza nu-cleare autodifensiva sul tavolo delle trattative”.

E nei giorni seguenti alle sparate belliciste di Trump il go-verno della RPDC ha fatto sa-pere tramite l’agenzia KCNA, che le forze armate sono pron-te a lanciare i missili in qualsi-asi momento ma anche che “Per disinnescare le tensioni e prevenire il pericoloso conflitto militare nella penisola coreana è necessario che gli Stati Uni-ti facciano scelte adeguate e le traducano in azioni concrete, in quanto hanno compiuto una provocazione con l’introduzione di enormi attrezzature strategi-che nucleari in prossimità della penisola”.

In nome Della lotta allo stato IslamICo

Bombe usa massacrano civili a raqqa

mosca bombarda 20 suv dell’is e uccide 50 civili

Le ultime notizie ufficiali dell’offensiva per la “liberazio-ne” di Raqqa, la capitale del-lo Stato islamico (IS) in Siria sono quelle del 26 agosto da parte delle Forze Democrati-che Siriane (FDS), le forma-zioni curde e arabe appoggiate dall’aviazione americana, che affermavano di aver circonda-to le ultime forze resistenti as-serragliate in poco meno del-la metà della città. Il portavoce delle FDS sottolineava che l’offensiva aveva rallentato nel mese di agosto poiché i curdi si erano dovuti guardare alle spalle a causa degli attacchi delle forze turche al Rojava e alla Siria del nord, soprattutto contro la zona di Afrîn. Chi non aveva avuto problemi a tenere il piede sull’acceleratore nel-la guerra all’IS erano i capofi-la delle coalizioni imperialiste che si disputano la spartizione della Siria, Usa e Russia, le cui aviazioni continuavano a col-pire indifferentemente obiet-tivi militari e civili. E, in nome della lotta allo Stato islamico, a compiere nuove stragi di ci-vili, spesso ignorate o sottova-lutate dagli organi di informa-zione impegnati a tempo pieno nel sostegno alla guerra con-tro l’IS.

Le ultime stragi di civili di

cui abbiamo notizia sono quel-le delle quasi 80 vittime del 22 agosto a Raqqa per i bombar-damenti dei caccia Usa a so-stegno dell’avanzata delle for-ze delle FDS. I comandi militari americani hanno lanciato 250 raid aerei solo nella terza set-timana di agosto sui quartieri centrali della città e, secondo osservatori di organizzazioni per i diritti umani, sono respon-sabili della morte di 167 civili, di cui 59 minori.

Anche l’imperialismo rus-so faceva la sua parte. In 5 giorni i blitz delle forze arma-te russe sul territorio dell’IS sono stati circa 800, affermava il 21 agosto il generale Serghei Rudskoi, capo dipartimento generale dello Stato maggio-re russo all’agenzia di stam-pa Tass. Il generale sostene-va che l’esercito governativo siriano aveva cacciato le forze dell’IS dalla provincia di Alep-po e al più presto avrebbe ri-preso il controllo della città di Akerbat a Ovest di Hama e di Deir ez-Zor mentre nei pres-si di quest’ultima città i cac-ciabombardieri russi avevano distrutto un convoglio dell’IS composto da 20 grossi veico-li blindati e ucciso almeno 200 miliziani. E non solo, dato che le forze di opposizione a Assad

denunciavano il 22 agosto che i cacciabombardieri russi ne-gli attacchi contro le postazioni dell’IS a Rueidah, del distretto di Ukeirat, avevano ucciso an-che 50 civili.

DIChIarazIone Del governo Della rpDCPubblichiamo la dichiarazione

del governo della RPDC contro la risoluzione dell’Onu, rilasciata il 7 agosto.

Il 6 agosto, gli Stati Uniti hanno introdotto la “risoluzione delle san-zioni” 2371 presso il Consiglio di si-curezza delle Nazioni Unite che si pre-figge di bloccare completamente lo sviluppo economico della Corea del Nord e il miglioramento della vita dei cittadini,definendo il lancio di test ICBM come “una minaccia alla pace interna-zionale e la sicurezza “.

Questa “risoluzione delle sanzioni” delle Nazioni Unite, a tutti gli scopi e fini, è un risultato di tentativi diabolici degli Stati Uniti per isolare e soffocare la RPDC, che costituisce una violenta violazione della sua sovranità e una sfi-da aperta ad essa.

L’accesso della RPDC ad una mag-giore forza nucleare è una misura giu-sta e legittima per l’autodifesa, per pro-teggere la sovranità del paese e il diritto della nazione all’esistenza dagli atti ag-gressivi e arbitrari degli Stati Uniti, che perseguono la politica di estrema ostili-tà e di minaccia nucleare per la RPDC da ben oltre mezzo secolo.

Il successivo lancio di test ICBM da parte della RPDC è stato un grave av-vertimento per gli Stati Uniti che, es-sendo radicati in tutto il Pacifico, pa-gano una sconvolgente e pericolosa provocazione militare e una spiacevole campagna di sanzioni contro la RPDC.

Gli Stati Uniti sono frenetici e di-sperati, invece di accettare l’esi-stenza della RPDC e imparare a co-esistere con quest’ultima. Stanno cercando di portare la situazione della penisola coreana sull’orlo della guerra nucleare,installando un esercito missi-listico contro la RPDC e distribuendo potenti attrezzature strategiche nella penisola.

È stato in questo contesto che gli Stati Uniti hanno manipolato il Consi-glio delle Nazioni Unite per emanare la “risoluzione delle sanzioni” più ardi-te che mai, mettendo in atto un divieto totale anche sulle normali attività com-merciali e sullo scambio economico, mostrando così a tutto il mondo la sua cattiva intenzione di cancellare l’ideolo-gia e il Sistema della RPDC e stermi-nare la sua gente.

D’altra parte, gli Stati Uniti stanno facendo commenti impudenti valutan-do la cosiddetta opzione militare con-tro la RPDC.

Ci sono paesi in cui le ridicole mi-nacce degli Stati Uniti stanno funzio-nando e ci sono paesi che si trovano prostrati al bluff degli USA.

Gli Stati Uniti che affermano di es-sere “l’unica superpotenza del mondo” mentre i vicini della RPDC non han-no dimensioni minori rispetto agli Sta-ti Uniti, sono così spaventati da due semplici lanci di test ICMB da parte della RPDC che stanno facendo un sacco di scene. Vederli in questo modo aumenta l’orgoglio della RPDC nella grande potenza del paese e ribadisce la sua convinzione che il percorso che ha scelto è l’unico modo per sopravvi-vere e prosperare.

La Corea del Nord ha già ottenuto tutto ciò di cui ha bisogno, pur aven-do tutto ciò che è nelle sue mani at-traverso una lotta dura sotto il regime più severo delle sanzioni, creato da molte risoluzioni sanzionatorie adotta-te dall’Onu su iniziativa degli Stati Uniti negli ultimi decenni. È solo una speran-za infondata quella di considerare la probabilità che la RPDC sia scossa di un centimetro o cambi la sua posizione sulle sanzioni di questo nuovo tipo im-poste dalle forze ostili.

Poiché gli Stati Uniti hanno lanciato provocazioni in scala contro la RPDC in tutti i settori della politica, dell’econo-mia e delle forze armate, nulla può al-terare la volontà e la risoluzione dell’e-sercito e delle persone della RPDC per rispondere adottando misure risolutive.

Il governo della RPDC ha solen-nemente dichiarato quanto segue per affrontare la grave situazione creata dagli atti frenetici degli USA e da altre forze ostili;

In primo luogo, la Corea del Nord condanna nei termini più forti e rifiu-ta completamente la “risoluzione delle sanzioni” perorata dagli Usa e da al-tre forze ostili come violazione violenta della sovranità del paese.

La RPDC sta prendendo misure per rafforzare la deterrenza nucleare auto-difensiva per contrastare la poli-tica di estrema ostilità e minaccia nu-cleare contro di essa degli Stati Uniti, il più grande stato di armi nucleari del mondo. La definizione di queste misu-re “una minaccia per la pace e la si-curezza internazionali” è da gangster, come la logica che indica che il resto del mondo dovrebbe diventare colonia Usa che serve i propri interessi o vitti-me della sua aggressività.

I paesi che perseguono apertamen-te la loro ambizione di mantenere l’e-gemonia nucleare permanente ese-guendo la maggior parte delle prove nucleari nel mondo e lanciando ICBM ogni volta che lo desiderano, stanno adottando le “risoluzioni sanzionali” il-legali per condannare il rafforzamento della forza nucleare di autodifesa della RPDC e applicare tali sanzioni per la loro presunta “violazione”. Questo co-

stituisce un doppio oltraggio.Fintanto che la politica ostile e la

minaccia nucleare degli Stati Uniti con-tinuano, la RPDC, non metterà mai la sua deterrenza nucleare auto-difensiva sul tavolo delle trattative, né devierà di un centimetro dalla strada scelta auto-nomamente, la strada di rafforzare la forza nucleare statale.

In secondo luogo, ora che gli Sta-ti Uniti hanno forgiato la “risoluzione delle sanzioni” manipolando l’Onu per eliminare la sovranità e i diritti dell’esi-stenza e dello sviluppo della RPDC, la RPDC ricorrerà nell’azione decisa del-la giustizia come aveva già chiarito.

Gli Stati Uniti assurdamente ricor-rono alle sanzioni anacronistiche e alla campagna di pressione contro la RPDC, invece di apprezzare lo sta-tus strategico della RPDC e prestando un’attenzione adeguata ai suoi ripetu-ti avvertimenti. La condotta sbagliata degli Stati Uniti accelererà la propria estinzione.

Dato che i gangster degli Stati Uniti rimangono inabissati nella loro provo-cazione, la RPDC rafforzerà ulterior-mente la forza della giustizia per sra-dicare accuratamente la causa della guerra e dell’aggressione e non rinun-ciare mai a questa lotta fino alla fine.

In terzo luogo, la RPDC farà paga-re caro agli Stati Uniti per tutti i crimini che commette contro lo stato e le per-sone di questo paese.

Gli Stati Uniti hanno fatto una tra-gica guerra che ha affondato questa terra in un mare di sangue e di fuoco e non ha lasciato pietre intonse per cancellare l’ideologia e il sistema del-la RPDC secolo dopo secolo.Gli Stati Uniti si sono tristemente sbagliati se considerano la propria terraferma un paradiso sicuro per essere sull’altro lato dell’Oceano.

Quei paesi che sono stati ricom-pensati dagli Stati Uniti per la parteci-pazione alla cospirazione per inventare questa “risoluzione delle sanzioni” con-tro la RPDC, questa volta non possono negare la responsabilità di aver contri-buito a far crescere le tensioni sulla pe-nisola coreana e mettere in pericolo la pace e la sicurezza della regione.

Se gli Stati Uniti non riescono a agire con discrezione, persistendo nei tentativi di soffocare la Corea del Nord, non esiteremo ad utilizzare qualsiasi mezzo.

La RPDC proseguirà nella linea di sviluppare contemporaneamente i due fronti, la bandiera duratura della difesa della pace, e continuerà a marciare di-ritto in avanti fino alla fine della strada intrapresa autonomamente senza la minima deviazione.

Raqqa in Siria, prima e dopo i bombardamenti a tappeto degli imperialisti americani. Come si vede questa vasta area della città, come altre zone, è stata completa-mente rasa al suolo

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