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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003) Via P. S. Mancini, 2 00196 - Roma TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO (Curriculum Interprete e Traduttore) Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA Traduzione letteraria e relative problematiche: il bilinguismo di Samuel Beckett. RELATORI: CORRELATORI: Prof.ssa Adriana Bisirri Prof. Alfredo Rocca Prof.ssa Tiziana Moni Prof.ssa Claudia Piemonte CANDIDATA: Eleonora Zucca ANNO ACCADEMICO 2017/2018

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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI

(Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)

Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma

TESI DI DIPLOMA

DI

MEDIATORE LINGUISTICO

(Curriculum Interprete e Traduttore)

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi

afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE

IN

SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

Traduzione letteraria e relative problematiche: il bilinguismo di

Samuel Beckett.

RELATORI: CORRELATORI:

Prof.ssa Adriana Bisirri Prof. Alfredo Rocca

Prof.ssa Tiziana Moni

Prof.ssa Claudia Piemonte

CANDIDATA:

Eleonora Zucca

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

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A Liliana e Salvatore,

il cui affetto mi accompagna ogni giorno.

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Indice

I.Introduzione……………………………………………………………………………….1

II.Breve accenno alla storia della traduzione................................... 2

II.1 Definizione del termine "traduzione" e relative problematiche .......................... 4

II.2 Le varie tipologie di traduzione letteraria .......................................................... 10

II.3 L'auto traduzione ............................................................................................... 13

II.4 I "translation studies"…………………………………………………………………………………….16

II.5 Traduzione teatrale ............................................................................................ 19

III. Accenno al fenomeno del bilinguismo……………………………………23

III.1 L'eredità di Samuel Beckett ............................................................................... 24

III.2 Beckett Traduttore ............................................................................................ 34

III.3 L'utilizzo dello switch nel linguaggio di Beckett ................................................ 35

III.4 Le ragioni del bilinguismo di Beckett ................................................................ 37

III.5 La testimonianza delle lettere ........................................................................... 39

III.6 Le problematiche relative all'auto traduzione .................................................. 40

III.7 Tradurre il bilinguismo di Beckett ..................................................................... 43

IV. Tradurre Giacomo Leopardi ed Eugenio Montale ..................... 45

IV.1 Montale traduttore ........................................................................................... 53

IV.2 Problematiche relative alla traduzione dall'italiano verso l'inglese e il francese:

il caso del "Commissario Montalbano" di Andrea Camilleri……………………………………………54

IV.3 La specificità del caso in inglese ........................................................................ 58

V. Conclusione .............................................................................. 61

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Table of contents

I.Introduction ............................................................................. 62

II.What is translation?................................................................ 63

2.1 Self-translation ................................................................. 66

2.2 Drama translation ............................................................. 68

III.The phenomenon of Samuel Beckett's bilingualism ........... 69

III.1 Beckett as a translator .................................................... 73

III.2 The switch ...................................................................... 74

III.3 The reasons of Beckett's bilingualism ............................ 77

III.4 Self-translation related problems ................................... 78

III.5 Translating Beckett's bilingualism ................................. 79

IV. Translating Giacomo Leopardi and Eugenio Montale ......... 81

IV.2 Montale as translator ...................................................... 87

IV.3 The translations of “Il Commissario Montalbano” ........ 88

(Inspector Montalbano) by Andrea Camilleri ............................

IV.4 The translation into English ........................................... 89

V. Conclusion ............................................................................. 91

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Résumé

I. Introduction ............................................................................... 92

II. La traduction ............................................................................ 93

II.1 L'auto traduction ................................................................. 95

II.2 La traduction théâtrale ........................................................ 96

III. Le bilinguisme dans le cas de Samuel Beckett ........................ 97

III.1 Difficultés liées au bilinguisme ........................................ 104

IV. Conclusion ............................................................................ 106

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I. Introduzione

L'obiettivo di questa tesi di laurea è quello di analizzare la

traduzione letteraria e le numerose problematiche relative ad essa, con un

breve cenno ad alcune tipologie specifiche di traduzione come quella

teatrale. Nello specifico, il lavoro si prefigge di analizzare

dettagliatamente alcuni casi letterari, primo fra tutti quello rappresentato

dalle opere e dalla scrittura del Premio Nobel Samuel Beckett. Partendo

da un'analisi sul bilinguismo in generale il lavoro si sofferma su quello di

Beckett e sull'influenza che esso ha avuto nella carriera e nell'eredità

dell'autore. Successivamente l'elaborato mira ad analizzare le

problematiche relative all'auto traduzione, attività svolta dallo stesso

Beckett, e i cambiamenti legati a tale approccio traduttivo. In seconda

analisi vengono studiate le traduzioni di alcuni casi letterari, tra cui le

poesie di Giacomo Leopardi e di Eugenio Montale. Nella parte

conclusiva lo studio affronta la problematica della traduzione di un testo

moderno, ossia "Il Commissario Montalbano" di Andrea Camilleri,

analizzando così sia le difficoltà legate alla traduzione del dialetto che le

scelte operate dai traduttori che si sono cimentati in questo lavoro, per

consentire la diffusione a livello internazionale di tale opera. La tesi è

articolata in 5 capitoli. Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile

analizzare alcuni importanti fattori relativi alla traduzione letteraria; i

risultati di tale lavoro saranno esposti nelle conclusioni finali di questa

tesi.

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II. Breve accenno alla storia della traduzione

Secondo le considerazioni psicanalitiche di Freud, il mito e la

storia possono essere visti sotto una luce diversa. Il mito di Babele

(parola che deriva dal babilonese Bll, confondere), è comunemente noto

come simbolo di confusione e dispersione, intesa nel senso di

sdoppiamento di se stesso e, dunque, apparizione dell'Altro. Poiché il

passaggio dall'unicità alla pluralità delle lingue è stato voluto dal Divino,

nella concezione occidentale tradurre significava trasgredire la legge

divina; era percepito come un tentativo di oltrepassare i limiti imposti

dalla creazione di lingue diverse, per ritrovare un'unica lingua

primordiale. Le prime traduzioni giunte fino a noi risalgono al 3000 a.C.,

cioè all'Antico Regno Egizio, ma le prime testimonianze teoriche sono

riconducibili agli scritti di Cicerone, in un periodo storico in cui ormai la

cultura greca era stata assimilata dal popolo Romano, che continuava ad

omaggiarla tramite un costante lavoro di traduzione. Secondo numerosi

studi, Cicerone nel suo De optimo genere oratum (55 a.C.) e Orazio nella

sua Ars Poetica, furono i primi a sostenere il concetto di traduzione

libera contro quella che invece veniva definita come letterale, creando

una disputa che è rimasta al centro di tutta la successiva teoria della

traduzione. San Girolamo fu il protagonista del grande capitolo della

traduzione occidentale costituito dalla traduzione biblica. Egli sostenne

nel suo De optimo genere interpretandi l'importanza di riportare il senso

del testo originale, e dunque di non tradurre parola per parola,

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affiancandosi così al pensiero di Cicerone e Orazio. Secondo molti

studiosi, le riflessioni sulla traduzione da Cicerone in poi sono rimaste

invariate discutendosi ancora intorno al dilemma tra traduzione letterale

(parola per parola) e traduzione libera (rendere il senso generale del testo

di partenza). Alla fase prelinguistica del dibattito sulla traduzione

parteciparono l'umanista italiano Leonardo Bruni (che introdusse nel

vocabolario il verbo "traducere", che corrisponde al moderno tradurre),

Lutero e Dryden, i quali seguirono l'impostazione data da San Girolamo.

Il Seicento francese fu caratterizzato dalle belles infidèles ,traduzioni che

avevano lo scopo di adattarsi più ai criteri stilistici e ai gusti dell'epoca

che al senso del testo originale. Inevitabilmente esse presentavano

notevoli differenze con la versione nella lingua di partenza. Nel secolo

successivo, i traduttori hanno prediletto il metodo della traduzione

letterale; un esempio lampante è rappresentato dagli studiosi tedeschi del

periodo preromantico e romantico come Goethe e Humbolt, insieme

anche ai due grandi filosofi Schopenauer e Nietzsche. Goethe e Humbolt

in particolare sono stati i primi ad introdurre il concetto di traduzione

come trasposizione non solo di parole o frasi ma anche di culture che

esprimono diverse visioni del mondo, ed è da qui che nasce il concetto di

intraducibilità. Anche Benedetto Croce affrontò il problema della

traducibilità, ma nell'ambito della sua filosofia; egli ritenne che la poesia

fosse intraducibile, non perché essa rappresenti un'espressione

particolare della visione del mondo, ma perché ogni espressione in

poesia è unica e irripetibile. Secondo Croce la poesia è la tipologia di

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testo più difficile da tradurre; d'altro canto i testi più facilmente

traducibili sarebbero, secondo il filosofo, quelli tecnico-scientifici, dato

che la loro terminologia è generalmente predeterminata. Molti autori si

sono ritrovati d'accordo sul fatto che la poesia fosse la tipologia di testo

più difficile da tradurre e ciò soprattutto a causa delle sue caratteristiche

ritmiche e metriche. Negli anni '20 del 1900, infine, sono stati Benjamin

e successivamente Rosenzweig a conferire alla traduzione un'enorme

importanza: secondo i due autori solo tramite l'atto traduttivo era

possibile ristabilire quelle relazioni tra le diverse lingue, che

dimostravano la loro derivazione da un'unica lingua primordiale.

Dunque, il compito del traduttore diventa estremamente delicato: egli

deve "liberare" la pura lingua, l'unica vera lingua.

II.1 Definizione del termine "traduzione" e relative problematiche

Il termine "traduzione" ormai è divenuto di uso comune, utilizzato

nel linguaggio quotidiano da una vasta gamma di persone;

genericamente viene definito come il processo del passaggio da un

sistema linguistico all'altro senza alcun riferimento al contesto sociale e

culturale nel quale le lingue stesse si sono formate, trascurando in questo

modo il carattere interdisciplinare dell'atto traduttivo stesso. Inutile dire

che questa definizione ha dei limiti, in quanto tenta di rendere tale

processo come universale e indipendente da fattori esterni come quelli

sociali o culturali, senza considerare inoltre altri tipi di condizionamenti

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del traduttore stesso. Secondo molti studiosi infatti, dal momento che la

lingua è strettamente legata alla cultura, i traduttori e gli interpreti non

possono limitarsi a studi linguistici ma devono diventare "mediatori

culturali". Tuttavia, molti ammettono anche che spetta al traduttore

decidere quale approccio utilizzare nella traduzione, anche in base al

testo in questione, per poter ottenere lo stesso effetto che il TP (testo di

partenza) dava ai suoi lettori, nonché per poter essere il più vicino

possibile alle volontà dell'autore. Tra i vari studiosi, è Hermans a

concentrare la sua attenzione sul ruolo del traduttore come "essere

sociale" che collabora con altri "esseri sociali":

Translation involves a network of active social agents, each with certain

preconceptions and interests. The translate operation is a matter of

transactions between parties that have an interest in these transactions

taking place, the various modalities and procedures presuppose choices,

alternatives, decisions, strategies, aims and goals.

Il tema dell'intraducibilità, sia storica sia culturale, dipende molto

dai contatti stabiliti con l'altra cultura. Se gli scambi tra le due culture

sono rari e inesistenti, ovviamente sarà inevitabile il problema della

intraducibilità. Nonostante ciò, si può dire che la traduzione ormai è

concepita come una vasta gamma di comunicazioni interlinguistiche.

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L'odierno dibattito sulla traduzione può essere definito lo stesso

che si affrontava nell'antichità. La questione principale è quella del

significato da attribuire al termine "fedeltà" in campo traduttivo. Le

risposte a questi quesiti sono varie e molteplici. Quale traduzione è più

appropriata? Quella letterale oppure quella che mira a rendere lo spirito

del testo, adattandolo in base alla cultura diversa per tempo e luogo?

Cosa rende certo il traduttore di aver compreso alla perfezione l'essenza

del testo? Cosa poi assicura che tale comprensione non sia intoccata da

percezioni soggettive? Queste e altre domande fanno riflettere sulla

difficoltà esistente nel dare una definizione al termine "traduzione" che

possa comprendere tutti i fattori facenti parte del processo traduttivo.

Tale processo deve tener conto sia del trasferimento interlinguistico sia

di quello interculturale. L'obbiettivo è il raggiungimento dell'effetto di

equivalenza; questo concetto è individuabile nella "relazione che viene a

stabilirsi nel discorso tra unità di traduzione della lingua di partenza e

della lingua di arrivo" (Delisle,Lee-Jhanke,Cormier,2002,p.77), al fine di

riprodurre la funzione del concetto del testo di partenza. Essa si basa su

due presupposti fondamentali:

• una presenza testuale originale

• una rappresentazione di questa presenza testuale originale

nell'ambito culturale di arrivo

Il testo di arrivo dunque deve essere la proiezione del primo testo,

ma in una cultura geograficamente e cronologicamente diversa. In questo

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rapporto tra lingue e culture sono essenziali l'interpretazione e la

comunicazione, l'uno funzionale all'altro. L'interpretazione mira a

comprendere il senso del testo di partenza per poterlo inserire in un

contesto culturale diverso. La difficoltà della traduzione sta nel fatto che

basta cambiare un elemento tra il testo di partenza (TP) e quello di arrivo

(TA) che inevitabilmente cambieranno anche altri elementi, e il risultato

non sarà l'equivalenza ma l'adeguatezza. Dunque è inevitabile nell'atto

traduttivo la presenza di una valenza interpretativa e soggettiva. Spesso il

momento della comprensione del TP viene considerato come una fase

oggettiva, ma questo è vero nel momento in cui si parla di testi

specialistici e dunque di linguaggi settoriali, ma nei testi non specialistici

come quelli letterari, sembra remota la possibilità che la comprensione

del testo sia slegata dalla percezione soggettiva del traduttore. In

entrambi i casi comunque, lo scopo è quello di raggiungere un equilibrio

che rispetti le regole proprie della comunicazione e che tenga conto dei

vincoli che condizionano il traduttore (per esempio l'adeguamento ad una

cultura specifica, le caratteristiche del destinatario, in alcuni casi persino

l'esistenza di una eventuale censura, ecc). Dunque è evidente che la

traduzione non consiste semplicemente nel trasferimento linguistico e

non è una procedura prettamente meccanica comportando infatti il

confronto non solo tra due lingue, ma anche tra due culture. Essa può

addirittura influire sulla trasformazione e sull'evoluzione di una cultura.

Il fatto che gli elementi che caratterizzano l'atto traduttivo (le lingue e i

contesti culturali) siano in continuo mutamento sia nella loro natura, sia

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nei loro rapporti reciproci, rende impossibile una definitiva risoluzione a

questo storico dibattito. La natura della traduzione sta nel continuo

combinarsi di fattori linguistici ed extralinguistici. Recentemente è stato

riconosciuto che la ricerca sulla traduzione (la cui voce di più ampio

respiro è rappresentata dai Translation Studies), non può essere una

ricerca di natura puramente linguistica e di conseguenza non può neppure

essere rappresentata come una semplice emanazione del campo di studi

della letteratura comparata. Al contrario, ha bisogno di un suo proprio

status. Come qualsiasi altra disciplina, la traduzione ha al suo interno

tendenze, opinioni e teorie diverse così come sono svariati i contesti nel

quale viene adoperata. Dal momento che esiste questa pluralità di

contesti, nessun discorso teorico sulla traduzione può considerarsi

totalmente autonomo; dunque, è solo all'interno di un determinato

contesto che una teoria può essere sviluppata, espressa e messa in

comparazione con altre teorie. Ciò che ne deriva è una serie di approcci,

da scomporre e ricomporre a seconda del materiale con i quali/sui quali

si lavora. Alla luce di questo ragionamento, sarebbe facile dare per

scontata la definizione secondo la quale la traduzione viene descritta

come un processo tramite il quale una LP viene resa in una LA in modo

che il significato delle due lingue sia quanto più possibile simile, e le

strutture di partenza vengano mantenute nel modo più verosimile, in un

quadro equivalente alle strutture della LA. Questa definizione però

presenta numerosi ed evidenti limiti, sia perché introduce elementi di

approssimazione sia perché si focalizza su due aspetti: la sintassi della

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LP e il suo significato. Se circoscritto in questo ambito, il processo

traduttivo e il prodotto che da esso deriva vengono ridimensionati nella

loro essenza e nel loro aspetto fenomenico. Il rischio è che la traduzione,

concepita in questo modo, venga considerata un'attività poco più che

scolastica (cosa che non è, poiché la traduzione professionale non può

essere considerata come prova di apprendimento linguistico) o come

processo puramente meccanico (e anche questa affermazione è falsa, dal

momento che per il traduttore non è sufficiente avere la semplice

conoscenza operativa di un'altra lingua). Dunque, è importante ribadire

che una definizione univoca dell'atto traduttivo non potrà esistere se non

a fini di praticità. Al contrario, tale definizione potrà derivare da

differenti esigenze dell'atto traduttivo, derivanti da situazioni diverse di

partenza. La ricostituzione del testo deve essere in grado di gestire le

differenze culturali così come le incompatibilità della struttura tra LP e

LA. Durante questa fase, la portata dell'intervento del traduttore può

essere più o meno ampia. L'adattamento applica un metodo traduttivo

impostato in funzione del pubblico di arrivo e della più completa

ricezione degli elementi presenti nel TP. Secondo questa strategia, il TP

risulta avere un ruolo secondario, in quanto semplice fonte di dati che

verranno riutilizzati e rielaborati per ottenere un risultato caratterizzato

da un alto livello di libertà espressiva, con mutamenti talvolta consistenti

rispetto alle caratteristiche dell'opera originale. Un altro metodo

traduttivo è quello definito "traduzione-calco", per il quale è esplicita la

volontà di preservare il più possibile il carattere della lingua originale.

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Tale scelta non necessita di giustificazioni, nei casi in cui sia motivata

dalla funzione e dalle caratteristiche del testo, insieme alle capacità e alla

cultura del traduttore. Il metodo traduttivo definito "letterale" rispetta le

particolarità della forma del TP, conformemente agli usi grammaticali

della LA. Lo scopo del traduttore in questo caso è quello di far emergere

il senso di estraneità, in modo da far cogliere al lettore la presenza forte e

distinta del testo originale, senza però forzare la lingua della LA. Per

ottenere questo risultato, è necessaria la presenza di prestiti lessicali e

strutture sintattiche il più possibile vicine a quelle del TP.

II.2 Le varie tipologie di traduzione letteraria

Tra i vari tipi di traduzione letteraria vi è quella parola per parola,

che trascrive i termini della TP verso la TA senza cambiarne l'ordine.

Una strategia utile per quanto riguarda la comprensione a livello

grammaticale e lessicale quando si parla della traduzione di testi antichi,

ma allo stesso tempo molto pericolosa, dal momento che può portare a

incomprensioni nella ricezione del testo ed essere fonte di errore. Un

ulteriore problema è rappresentato dall'ipotesi di intraducibilità

linguistica determinata dalla inevitabile intraducibilità culturale. La

traduzione non può fare a meno di effettuare una sostituzione ma non si

tratta di un trasferimento di significati; ciò vuol dire che i significati

della LP non saranno trasposti nel testo di arrivo, ma verranno sostituiti,

con i significati propri della LA. Tra le altre, la traduzione semantica

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mira a rendere l'esatto significato contestuale della TP, mentre la

traduzione comunicativa mette in atto un trasferimento degli elementi

stranieri nella lingua e nella cultura di arrivo, al fine di tentare di

produrre sul nuovo lettore un effetto il più vicino possibile a quello che il

testo originale produceva sui suoi lettori. Tutto ciò porta al famoso

stereotipo del traduttore-traditore e alle varie considerazioni che sono

state formulate per quanto riguarda l'atto traduttivo. Nonostante tali

affermazioni spesso pessimistiche e critiche, resta il fatto che la

traduzione, nonostante i suoi limiti, resta irrinunciabile, poiché risponde

alle esigenze comunicative di un mondo che non dispone di una lingua

"globale". Si traduce da sempre, e per sempre lo si farà. Il traduttore

deve sempre tener conto del costante adeguamento degli elementi

testuali ai fini di ottenere un risultato che sia simile a quello originale e

dunque in grado di trasmettere al pubblico della LA la globalità del

significato testuale. Il messaggio recepito dai lettori della TA sarà

dunque più vicino a quello recepito dai lettori della TP. Questo approccio

risulta essere particolarmente utile quando si parla di testi non letterari,

in cui i linguaggi settoriali e l'alto livello di pragmatismo porta a definire

l'atto traduttivo come un processo di comunicazione piuttosto che di

transcodificazione. La situazione appare più delicata invece nei casi di

traduzione letteraria, i cui valori originali non possono essere stravolti

per prediligere gli aspetti comunicativi. Il risultato di quanto fin qui detto

può essere riassunto in una semplice affermazione: "l'atto di traduzione è

il momento di decodificazione del TP e della sua ricostituzione nel TA".

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Tutto ciò che concerne questo atto deve tenere conto di due rapporti

esistenti e non trascurabili: quello tra testo e contesto. Il traduttore così si

ritrova davanti due possibili strade:

• presentare la funzione originale del testo di partenza nella sua

cultura (e ciò implica la focalizzazione sul TP)

• agire per adattare tale funzione alle esigenze specifiche della

cultura di arrivo (ciò implica invece la focalizzazione sul TA).

Ogni testo deve essere analizzato in modo da valutare l'opzione più

adatta per esso, in base anche allo scopo che il traduttore intende

raggiungere. I confini tra lingua letteraria e lingua non letteraria si vanno

facendo sempre meno netti. La lingua letteraria, rispetto al passato,

appare sicuramente più disponibile, mentre dal canto suo, la lingua non

letteraria presenta frequenti caratteristiche stilistiche che un tempo non le

appartenevano. L'apertura nei confronti della libertà del traduttore

consiglia di specificare che una teoria della traduzione in contesto

letterario dovrà enfatizzare il ruolo della sensibilità stilistica,

dell'accuratezza, della chiarezza e la necessità di un'armoniosa

ricreazione dell'ambito culturale originale. In mezzo al rapporto

dinamico che si crea tra autore e lettore, il traduttore si ritrova ad avere

l'arduo compito di dover comunicare il pensiero (e la forma di esso)

dell'autore del testo originale, in un altra lingua. Tale obbiettivo si può

raggiungere attraverso diversi procedimenti, a seguito della scelta del

metodo traduttivo più adeguato al testo stesso. In ogni caso, il rapporto

che il traduttore crea con il testo è impossibilitato dall'essere puramente

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di natura oggettiva; infatti esso sarà condizionato da una qualche

costrizione di natura contestuale o culturale.

II.3 L'auto traduzione

L'auto traduzione letteraria è una forma particolare di traduzione,

nella quale il traduttore è allo stesso tempo l'autore del testo originale.

Come nel caso della traduzione non autoriale, il termine auto traduzione

definisce il processo di traduzione dei propri testi verso un'altra lingua.

Questa pratica ha attirato l'attenzione dei critici soprattutto all'inizio del

XXI secolo, a seguito degli studi intensivi compiuti nel settore della

traduzione durante il secolo precedente. L'auto traduzione letteraria è

stata riconosciuta come branca speciale della traduttologia a seguito della

pubblicazione della prima edizione della Routledge Encyclopedia of

Translation Studies nel 1998. A livello storico, nelle società e culture

occidentali la traduzione di testi bilingue o multilingue risale al

Medioevo. I testi auto tradotti erano molto frequenti nel mondo

poliglotta della letteratura medievale e dei primi tempi moderni,

soprattutto rappresentavano una sorta di passaggio dal latino degli eruditi

alle lingue locali parlate nelle diverse regioni d'Europa. Più tardi questa

tradizione continua nei circoli letterari, per poi affievolirsi durante il

lungo periodo del monolinguismo nazionale favorito dalla creazione dei

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nuovi stati-nazione, e in seguito tornare nuovamente in vigore durante il

periodo post coloniale. Esistono diverse tipologie di auto traduzione:

• Essa può essere un'attività regolare dell'autore oppure un'attività

piuttosto rara, che può scaturire da numerose motivazioni.

Quest'ultimo è il caso di James Joyce, che auto tradusse verso

l'italiano due passaggi del suo "Work in Progress".

• Si può ricorrere all'auto traduzione quando la lingua materna o

un'altra lingua acquisita rappresentano la lingua di partenza, e

dunque la lingua di arrivo varia di conseguenza.

• Essa può verificarsi qualche tempo dopo la stesura del testo di

partenza o durante il processo di creazione del testo stesso, in

modo che le due versioni si sviluppino e crescano

contemporaneamente. Queste due tipologie vengono chiamate

auto traduzione consecutiva o simultanea.

• Essa può coinvolgere più di una lingua d'arrivo, che sia nativa o

acquisita.

Tra i fattori che favoriscono questa pratica troviamo:

• Il carattere elitario di una lingua specifica può favorire l'auto

traduzione di tale lingua verso un'altra lingua locale, per esempio

dal latino alle lingue popolari durante il Medioevo.

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• Il dominio culturale di una lingua specifica all'interno di una

società multilingue può portare all'auto traduzione da una lingua

minoritaria a una lingua dominante.

• Il dominio culturale della lingua nazionale può favorire l'auto

traduzione da un dialetto locale.

• Il dominio culturale di una lingua specifica all'interno di un

contesto internazionale può favorire l'auto traduzione dalla lingua

nazionale verso una lingua conosciuta a livello internazionale

come ad esempio l'inglese. Bisogna dire però, che spesso l'inglese

come lingua d'arrivo è più frequente nei casi in cui l'autore migra

verso un paese anglofono.

• Un bilinguismo perfetto o quasi può portare all'auto traduzione

verso entrambe le direzioni, qualunque siano le considerazioni

suggerite dal mercato.

• Insoddisfazione nei confronti di traduzioni già esistenti o sfiducia

nei confronti dei traduttori possono favorire l'auto traduzione

verso entrambe le direzioni, anche in questa ipotesi qualunque

siano le considerazioni suggerite dal mercato.

Questi ultimi due casi rappresentano due delle motivazioni che

hanno spinto Samuel Beckett a ricorrere all'auto traduzione delle sue

opere dall'inglese al francese o viceversa; questo argomento verrà trattato

nelle pagine successive di questa ricerca.

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A prescindere dalle qualità intrinseche del testo secondario, l'auto

traduzione viene spesso considerata preferibile rispetto alla traduzione

non autoriale. La ragione di ciò è che "lo scrittore-traduttore è senza

alcun dubbio considerato più adatto a recuperare le intenzioni originali

dell'autore, rispetto ad un traduttore normale". Se non basate sulle qualità

intrinseche del testo secondario, le critiche nei confronti della pratica

dell'auto traduzione possono riguardare specifiche considerazioni di

carattere sociale e culturale.

II.4 I "translation studies"

Negli anni del secondo dopoguerra, gli studi sulla teoria e sulla

pratica della traduzione venivano ancora considerati una sotto disciplina

della Linguistica Applicata o della Letteratura Comparata. Soltanto a

partire dagli anni Ottanta del secolo scorso si iniziò a riconoscere lo

studio della traduzione e delle dinamiche relative ad essa come una

disciplina indipendente, chiamata appunto "Translation studies". Un

grande passo dunque per questa disciplina, che in realtà racchiude diversi

ambiti come, oltre alla traduzione, anche la storia e la cultura, la

terminologia, le lingue speciali e l'insegnamento e la pratica della

traduzione (per questo essa viene definita anche come una inter

disciplina). La necessità di allargare gli orizzonti di questa disciplina è

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nata dall'insoddisfazione dei risultati delle ricerche relative ad essa: essi

si concentravano prettamente sull'aspetto linguistico, senza prendere in

considerazione l'ambito culturale o sociale. Varie sono le considerazioni

che gli studiosi di Translation studies hanno affrontato e continuano

ancora ad affrontare, ma molti di essi sono d'accordo sul fatto che sia

necessario riconoscere sia gli aspetti teorici che quelli pratici della

disciplina. Nell'ambito letterario invece, l'insoddisfazione nasceva dalla

scarsa considerazione che si aveva nei confronti della traduzione, la

quale era completamente esclusa dalla ricerca. Even-Zohar fu il primo ad

elaborare il concetto di "poli sistema letterario", secondo il quale la

letteratura di una determinata società è un insieme di sistemi (poli

sistema dinamico dal momento che è in continua evoluzione) all'interno

del quale confluiscono forme di scrittura di vario genere, tra cui anche le

traduzioni, che possono dunque occupare un ruolo fondamentale

all'interno del patrimonio letterario. Di conseguenza è risultata

indispensabile la nascita dello studio sull'effetto prodotto dai testi tradotti

nei confronti dei lettori della cultura ricevente e il ruolo del traduttore

come "manipolatore" di testi. Dunque, i Translation Studies

rappresentano la disciplina accademica che si occupa dello studio della

teoria e dei fenomeni della traduzione. Per sua natura viene definita

(come sopra citato) una "inter disciplina", dal momento che racchiude

diverse combinazioni linguistiche, varie branche della linguistica, le

letterature comparate, studi sulla comunicazione, la filosofia, una grande

varietà di studi culturali, la sociologia e la storiografia. Se questa

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pluralità sembra rappresentare un pregio, può essere considerata anche

un difetto, dal momento che aumenta la difficoltà di insegnamento e di

apprendimento di tale disciplina. L'opera universalmente conosciuta alla

base dei Translation studies è The Name and Nature of Translation

Studies di James S.Holmes. L'obbiettivo principale dell'autore fu quello

di organizzare in maniera sistematica la ricerca traduttologica, in modo

da includervi tutti gli aspetti teorici e pratici e renderla così una

disciplina completa. Se è vero che la pratica e la teoria non possono

essere scisse, è anche vero che non si possono non prendere in

considerazione i progressi più recenti in alcune discipline strettamente

legate alla traduzione come la linguistica, la critica testuale e la

letteratura comparata. Translation Studies era dunque il nome migliore

con il quale definire una nuova disciplina molto ampia, che aveva degli

obbiettivi ben mirati:

• la descrizione dei processi traduttivi

• mettere a punto dei solidi principi con cui spiegare tali processi

Holmes ricorda inoltre anche i Translation Studies applicati, cioè la

didattica e la critica della traduzione, che si aggiungono alla

problematica storica e metodologica, entrambe alla base della nascita

stessa di tale disciplina. Le maggiori scuole di pensiero hanno cercato il

più possibile di aggrapparsi ad alcuni concetti teorici, molti dei quali

sono divenuti oggetto di dibattito. Ecco alcune delle teorie più diffuse:

• L'equivalenza

• Translation Studies descrittivi

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• Teoria Skopos (secondo la quale prima di tradurre o interpretare un

testo bisogna prendere in considerazione la funzione del testo stesso).

• Traduzione culturale

• Eco-Translatology (teoria secondo la quale la traduzione deve essere

inserita in processi di adattamento e selezione tra le culture,

concentrandosi sugli ecosistemi traslazionali e sul ruolo chiave del

traduttore).

II.5 Traduzione teatrale

Più volte è stato ribadito che la traduzione non consiste

semplicemente in un atto di conversione linguistica; questo concetto è

reso ancora più evidente e inequivocabile quando si parla di traduzione

teatrale, dal momento che questa particolare tipologia di testo è sempre

fortemente condizionata dalle inevitabili esigenze della rappresentazione

e, di conseguenza, anche dalle esigenze funzionali della cultura d'arrivo.

Susan Bassnett ha affermato che "esiste una relazione tra il testo teatrale

e la sua messa in scena; i due testi, quello scritto e quello messo in atto,

coesistono e sono indivisibili." Con questa affermazione, si può giungere

alla conclusione che il testo teatrale e la rappresentazione scenica sono

caratterizzati da una forte centralità, ovvero la situazione all'interno della

quale il testo prende vita. Di conseguenza, si potrebbe pensare che un

testo teatrale debba essere necessariamente tradotto prendendo atto del

contesto culturale al quale deve essere adattato e, dunque, che non si

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possa affrontare una traduzione di tale testo in modo prettamente

linguistico e traduttologico. Ma la traduzione di un testo teatrale risulta

essere particolarmente complicata, a causa della relazione intrinseca che

si crea tra il testo scritto e le esigenze del palcoscenico, nonché la

difficoltà nel tradurre i dialoghi e nel rendere "recitabili" tutte le battute.

Esistono due tipi di traduzione teatrale; quella "fedele" al testo di

partenza e destinata alla lettura, che ha lo scopo di far conoscere al

lettore, nel modo più autentico possibile, il testo di partenza, e quella che

modifica la struttura del testo di partenza in base alla esigenze non solo

della cultura d'arrivo ma anche sceniche. La traduzione "fedele"

dell'opera teatrale (anche detta retrospettiva) vuole dunque rendere noto

ai lettori il vero pensiero dell'autore, l'autentico stile da egli adottato e il

vero linguaggio utilizzato; per questo motivo tale traduzione non risulta

essere adatta per la messa in scena, ma è senza alcun dubbio necessaria

all'elaborazione del "nuovo" testo. La difficoltà dunque della traduzione

teatrale sta nella convergenza dell'importanza ricoperta dal testo di

partenza, ma anche dalla necessità di adattare quest'ultimo alla cultura

d'arrivo, dal momento che il successo dell'opera stessa è determinato da

un buon adattamento del testo alla cultura d'arrivo. Tornando alla

distinzione tra testo teatrale destinato alla lettura e testo teatrale destinato

alla scena, è importante dire che per il traduttore che si cimenta in tale

lavoro, si tratta di due traduzioni profondamente diverse. La prima

infatti, destinata alla lettura (soprattutto i grandi classici spesso vengono

letti per diletto) consente al traduttore di dedicarsi prettamente agli

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aspetti linguistici e filologici del testo, rimanendo coerente con la cultura

all'interno della quale il testo stesso è nato e senza curarsi troppo del

fatto che le battute siano recitabili o no. In questo caso, la traduzione

teatrale si accosta a quella letteraria, anche se nelle drammaturgie il

discorso diretto prevale su quello indiretto, e di conseguenza il traduttore

dovrà cimentarsi con la difficoltà della traduzione di dialoghi. Ma le più

grandi difficoltà si affrontano quando il testo viene tradotto al fine di

essere messo in scena; in questo caso esso deve essere adattato alla

scena, deve diventare "recitabile", e non può non tener conto della

cultura d'arrivo. Pirandello disse, riguardo al drammaturgo:

"Ma perché dalle pagine scritte i personaggi balzino vivi e semoventi

bisogna che il drammaturgo trovi la parola che sia l’azione stessa

parlata, la parola viva che muova, l’espressione immediata, connaturata

con l’atto, l’espressione unica, che non può esser che quella, propria

cioè a quel dato personaggio in quella data situazione; parole,

espressioni che non s’inventano, ma che nascono, quando l’autore si sia

veramente immedesimato con la sua creatura fino a sentirla com’essa si

sente, a volerla com’essa si vuole ".

Bisogna ammettere che la traduzione teatrale ha un vantaggio

rispetto a quella poetica, e cioè che grazie alle prove sul palcoscenico, si

ha la possibilità di comprendere con più facilità la buona riuscita della

traduzione o, viceversa, quali sono le battute che non funzionano. Il fatto

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che ci sia un pubblico ad ascoltare e criticare il risultato, rende più lucido

il lavoro del traduttore, dal momento che rende chiari i difetti della

traduzione ma anche i suoi pregi. Per lavorare dunque su una traduzione

teatrale, è richiesta la massima sensibilità del traduttore; dal suo operato

dipende la riuscita dello spettacolo, poiché se il testo non è ben tradotto,

sarà difficile per gli attori recitarlo. Un altro problema che spesso si pone

a chi si cimenta in questo tipo di traduzione è la presenza di dialetti,

nonché di slang e del gergo. In questi casi il traduttore deve valutare se

riproporre l'utilizzo di questi ultimi riadattati alla cultura ricevente. Il

problema del dialetto rappresenta una questione molto seria, dal

momento che quando il traduttore decide di adattarlo alla cultura

ricevente, sceglierà un dialetto appartenente alla cultura ricevente; questo

potrebbe sconvolgere la percezione che il pubblico ha dell'opera, in

quanto esso potrebbe pensare che non sia un'opera tradotta poiché ne

riconosce un dialetto del suo paese, o potrebbe diventare un testo troppo

caricato e creare un effetto parodistico, cosa non propria di quello che

invece era il testo originale. Proprio a causa delle grandi difficoltà che

caratterizzano questo tipo di traduzione, spesso si ricorre ai soprattitoli.

Dunque, lo spettacolo viene recitato nella lingua originale, mentre in un

piccolo schermo collocato sopra il palco appare la traduzione delle

battute; in questo modo non ci possono essere incomprensioni o

ambiguità. Da una parte è vero che questa soluzione risulta essere

pesante per il pubblico, che necessita di leggere la traduzione ma che allo

stesso tempo desidera godersi lo spettacolo e osservare ciò che avviene

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nella scena, ma dall'altra è un modo per il pubblico per non distrarsi e

non "perdere il filo del discorso".

III. Accenno al fenomeno del bilinguismo

Recenti studi nel campo della neurolinguistica e della

psicolinguistica hanno dimostrato che le persone bilingue o poliglotte

sono profondamente diverse rispetto alle monolingue, una differenza che

inizia dalla dissimile struttura cerebrale per quanto riguarda il linguaggio.

Se dunque le persone poliglotte sono davvero diverse dalle persone

monolingue, di conseguenza anche gli scrittori poliglotta dovrebbero

essere diversi da quelli monolingue. Il bilinguismo di Samuel Beckett è

stato il punto centrale di una grande parte delle sue opere, e per questo è

stato oggetto di numerosi studi e critiche. Secondo diversi studi,

esisterebbero dei notevoli vantaggi nell'essere bilingue. Il bilinguismo

sembra incentivare una conoscenza metalinguistica e anche altri aspetti

cognitivi potrebbero trarre beneficio da ciò. Questo può avvenire

indirettamente dalle abilità linguistiche superiori, ma anche direttamente,

per esempio perché l'attenzione alla struttura rappresenta un beneficio per

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le funzioni cognitive in generale. Ricercatori nel campo della

neurolinguistica e della psicolinguistica hanno dimostrato che il substrato

neurale coinvolto nel linguaggio cambia nel corso della vita di una

persona. Le diverse lingue interagiscono tutte nel sistema multilingue, e

dunque il sistema del linguaggio è un continuo flusso.

III.1 L'eredità di Samuel Beckett

Samuel Beckett è stato uno scrittore bilingue che, tra le altre cose,

ha svolto l'attività di auto-traduttore. Nel 1956, egli venne insignito del

Premio Nobel per la letteratura «per la sua scrittura, che - nelle nuove

forme per il romanzo ed il dramma - nell'abbandono dell'uomo moderno

acquista la sua altezza» . Dotato della straordinaria facoltà di assimilare

tutti i segreti di una lingua, questo 'dono linguistico' è particolarmente

evidente durante gli anni di studio presso il Trinity College di Dublino,

durante i quali non mostra alcuna difficoltà a esprimersi in francese, ma

anche in italiano e in tedesco. Nel 1937 inizia a scrivere delle poesie in

francese e nel 1939 termina la traduzione del suo primo romanzo,

Murphy, scegliendo tale lingua come mezzo espressivo. Tuttavia nel

francese adottato da Beckett c'è una palese mancanza di abilità, un

linguaggio che non coglie l'essenza, goffo, debole, semplice, familiare,

esitante, ma capace di correggersi e mascherarsi dalla propria ignoranza.

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Ha iniziato scrivendo le sue opere in inglese, poi si cimentò nella

scrittura in francese, e successivamente tornò all'inglese. Il cambiamento

dall'inglese al francese comporta un significativo rinnovamento nello

stile della scrittura. Il fatto che Beckett fosse solito revisionare i propri

lavori mentre li traduceva in un'altra lingua, ha portato a numerose

versioni delle sue opere. Le sue traduzioni rappresentano testi nuovi e

paralleli. I critici di Beckett considerano le auto traduzioni di

quest'ultimo come testi che estendono e amplificano l'originale. Scrivere

in francese permette a Beckett di controllare il suo stile e gli consente

dunque di creare testi molto diversi da quelli scritti precedentemente in

inglese. Il suo stile in lingua francese è essenziale, semplice, basilare e

senza complicazioni. Nel 1956, Beckett torna a scrivere in inglese con il

suo primo lavoro radiofonico "All That Fall". Da quel momento in poi,

Beckett auto tradurrà tutte le sue opere, o scriverà i suoi lavori

contemporaneamente in entrambe le lingue. Gli anni '50 hanno

caratterizzato l'inizio del lavoro bilingue di Beckett. Durante la sua

carriera letteraria egli scrisse più di cinquanta testi; di questi, circa la

metà è stata scritta originariamente in inglese, e l'altra metà in francese.

Tutti i testi scritti dopo il romanzo Murphy (1938) sono stati tradotti

verso l'inglese o verso il francese dallo stesso Beckett. Come già detto,

esistono molteplici versioni dei suoi lavori, dal momento che egli era

solito revisionare le proprie opere mentre le traduceva verso un'altra

lingua, dunque ogni auto traduzione diventava una trasformazione

testuale dell'opera originale. La traduzione diventa un testo nuovo e

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parallelo, una continuazione del lavoro sul testo. Mentre traduce, Beckett

spesso cambia la nuova versione, dimostrando che è impossibile ripetere

esattamente le stesse procedure durante il processo di traduzione. Egli

non si è cimentato solo nella traduzione delle sue stesse opere, ma ha

anche svolto un ruolo di fondamentale importanza nell'aiutare gli altri

traduttori dediti a lavorare sui suoi testi, supervisionando il loro lavoro.

La scrittura dei suoi testi diventa ancora più complicata, se consideriamo

che Beckett non era solo un autore, ma anche un regista teatrale;

lavorando dunque sulla regie delle sue opere egli le cambiava, perciò

anche in un'opera scritta in un'unica lingua ci sono numerose versioni del

testo stesso. Tutto questo rende ancora più complicata la traduzione delle

sue opere verso altre lingue, diverse dall'inglese o dal francese. Il

traduttore deve cimentarsi con il problema della scelta. Quale versione

dei testi di Beckett deve essere tradotta? La versione originale e l'auto

traduzione hanno lo stesso prestigio?

Negli ultimi anni, è notevolmente cresciuto l'interesse nei

confronti del bilinguismo di Beckett e delle sue traduzioni. Non è un

fatto sorprendente, se si considera l'importanza che le traduzioni dei testi

di Beckett hanno per molte culture. L'auto traduzione (self-translation in

inglese) di solito si differenzia dalle altre forme di traduzione. Si può

dire anche che l'auto traduttore non sia un traduttore a tutti gli effetti. La

produzione di un'auto traduzione è un testo letterario complementare che

non si occupa semplicemente di riportare il testo originale in un'altra

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lingua; quest'ultima infatti, in molti casi non rispetta la versione originale

dell'opera. La seconda versione spesso cambia il significato stesso della

situazione, nonché le frasi. Per esempio, facendo una comparazione tra

Fin de partie e Endgame (Finale di partita in italiano) notiamo delle

piccole ma evidenti differenze: sfumature di senso o nel registro,

espressioni idiomatiche differenti. Questi piccoli cambiamenti rendono il

senso dell'opera più preciso e più profondo. Bisogna fare una distinzione

anche tra i testi nati con l'idea di essere scritti in entrambe le lingue, e

quelli che invece sono stati tradotti anni dopo la scrittura dell'originale.

Nel primo caso, quando la traduzione da una lingua all'altra viene fatta

immediatamente dopo la scrittura dell'originale, la corrispondenza tra il

testo autentico e la traduzione è netta. Al contrario, nel secondo caso,

quando la traduzione viene fatta anni dopo, ecco che le due versioni

risultano molto differenti. Per esempio, la versione inglese e quella

francese della Trilogia (Molloy, Malone Dies, Unnamable), non

presentano notevoli differenze, dal momento che la traduzione è stata

fatta immediatamente dopo la fine della scrittura del testo originale.

Invece, la versione inglese e quella francese di Murphy e Watt, risultano

essere ampiamente diverse, poiché la traduzione verso la lingua francese

è stata fatta più di venti anni dopo la scrittura in inglese. Le differenze

sono notevoli anche in Ping, traduzione del testo francese Bing, che non

può essere classificato tra le categorie riconosciute di traduzione. Le

traduzioni di Beckett sono una copia o un originale, una sostituzione del

testo autentico o una sua amplificazione e continuazione? Un testo auto

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tradotto può essere considerato come un testo diverso da quello

originale? Un'auto traduzione produce una doppia originalità? Tutte

queste domande sono state prese in considerazione dai critici di Beckett,

e devono essere prese in considerazione anche dai suoi traduttori. La

questione sul bilinguismo e l'auto traduzione di Beckett è stata più o

meno ignorata fino agli anni '80. Ruby Cohn è stata una delle prime ad

affrontare questa problematica e ad esaminare le diversità tra i testi e le

auto traduzioni dell'autore. Nel suo saggio “Samuel Beckett Self-

Translator” (Samuel Beckett auto traduttore) del 1961, Chon ha

esaminato le traduzioni di Murphy, Aspettando Godot e Finale di partita

ed è stata dunque la prima a rendersi conto delle notevoli differenze

esistenti tra la versione inglese e quella francese. Recentemente,

numerosi studi hanno preso in considerazione la dimensione bilingue dei

lavori di Beckett. Coloro che hanno affrontato la questione del

bilinguismo di Beckett si sono concentrati sulle sue auto traduzioni, con

l'intento di determinare lo stato della seconda versione dei suoi lavori.

Durante questi studi è emerso che il problema è se la traduzione sia

secondaria rispetto al lavoro originale. Le conclusioni riguardo il lavoro

bilingue di Beckett sono molto diverse, poiché è impossibile sapere se le

differenze siano il risultato di un'intenzione dell'autore o della necessità

della lingua. Lance St. John Butler afferma che le divergenze tra i lavori

originali e le auto traduzioni di Beckett siano il risultato della "radicale

incommensurabilità delle lingue" e l'impossibilità della traduzione

piuttosto che di una scelta dell'autore; egli ha sviluppato la teoria

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secondo la quale Beckett non ha cambiato intenzionalmente la seconda

versione dei suoi lavori con l'intento di renderle più chiare o

riconsiderare le sue precedenti idee; questo cambiamento sarebbe la

conseguenza degli imperativi esterni del linguaggio, della cultura e della

coerenza. Butle afferma, inoltre, che la natura del linguaggio, in questo

caso della lingua inglese e di quella francese, rende impossibile una

traduzione definitiva. E' importante tuttavia ribadire il fatto che molti dei

critici di Beckett sono d'accordo nel considerare le sue auto traduzioni

come testi che estendono o amplificano l'originale, affermando inoltre

che queste traduzioni rappresentino dei testi paralleli scritti in una

seconda lingua. Molte inconciliabili contraddizioni tra la versione

originale e quella secondaria dei testi di Beckett avvalorano questa

ipotesi. Harry Cockerham, che è stato uno dei primi ad affrontare la

questione del bilinguismo di Beckett, insinua che le sue traduzioni

diventino "lavori artistici distinti, un utilizzo rinnovato del soggetto

originale con le proprie qualità e caratteristiche" (“distinct works of art,

fresh treatments of the original subject with their own qualities and

characteristics” ). I ricercatori successivi hanno poi concordato con la

sua opinione. Nel suo libro Beckett Translating/Translating Beckett,

Raymond Federman affronta il punto cruciale, ossia se la traduzione sia

semplicemente una surrogato dell'originale, o se in effetti quest'ultima

diventi una sua continuazione, una amplificazione della versione

originale. Brian T. Fitch allo stesso modo ha affermato come la

produzione bilingue di Beckett sia forse il tipico esempio di un testo

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parallelo, e dunque le prove presenti nei testi auto tradotti di Beckett

confermano l'inevitabile inadeguatezza di ogni testo tradotto. Gli esempi

di Beckett sono spesso illuminanti nella loro divergenza dal testo

originale e dimostrano che anche le cose che potrebbero essere

tradizionalmente considerate come una perdita o una inadeguatezza della

traduzione possono rappresentare anche una crescita. Fitch afferma

invece che le auto traduzioni dell'autore siano una sorta di commento

critico e creativo del testo originale; conclude affermando che la seconda

versione non può essere considerata come una mera copia della prima, e

che il processo e la produzione di una auto traduzione non possono

essere gli stessi di una qualsiasi altra forma di traduzione. Di

conseguenza, nessuna versione può essere approssimativamente

sostituita dall'altra: ognuna di esse deve essere studiata e analizzata,

prendendo in considerazione anche la precisa relazione esistente tra le

due versioni. Il bilinguismo è uno degli aspetti fondamentali della

vita/poetica di Beckett; per l'artista rappresenta un mezzo con cui

rinnovarsi e soddisfare sia le necessità di forma che quelle personali. Il

dialogo intertestuale tra la versione originale e quella tradotta è il cuore

della sua poetica del bilinguismo. Dopo tutti questi anni di studio e di

considerazioni, la questione sul bilinguismo di Beckett rimane aperta.

Chiara Montini ha già affrontato questo argomento quando ha esaminato

le traduzioni dei testi di Beckett verso la lingua italiana. Afferma infatti

che il bilinguismo dell'autore lascia molto spazio ai traduttori verso una

terza lingua, che devono essere consapevoli dell'esistenza di entrambi i

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testi e che devono consultarli mentre si cimentano nella traduzione. Sono

molte le domande che ci si pone. È necessario che il traduttore conosca

sia la lingua inglese che quella francese? Devono essere usate entrambe

le versione del testo durante il processo della traduzione? è possibile

iniziare la traduzione partendo da due testi per poi ricavarne solo uno

scritto in una terza lingua? Deve essere tradotta solo la prima versione

mentre la seconda deve essere usata solo per chiarire le difficoltà? O

deve essere scelto il testo che si avvicina di più alla cultura della terza

lingua in cui il libro verrà tradotto? E come comportarsi quando le

versioni presentano notevoli differenze, come nel caso di Mercier et

Camier e Mercier and Camier ? Possono essere fatte due traduzioni

distinte, una dalla versione in inglese e una dalla versione in francese?

Solo una cosa sembra essere chiara, i futuri traduttori non potranno

ignorare la poetica bilingue di Beckett.

Lo stile bilingue di Beckett rappresenta un esempio unico di come

l'immaginazione artistica si integri con l'esperienza della migrazione.

Finora, gli studiosi di Beckett si sono concentrati sul suo coinvolgimento

con le comunità Anglofone espatriate e la letteratura francese della

seconda Guerra Mondiale. Per questo è importante sottolineare

l'influenza che la letteratura tradizionale francese ha avuto su di lui; per

questo motivo, il patrimonio culturale francese e quello inglese sono stati

assorbiti e "lavorati" in modo molto diverso nelle versioni delle sue

opere. Questo concetto aiuta a comprendere quanto le letterature

nazionali vengano 'rimodellate' attraverso il processo della traduzione.

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Talvolta Beckett risponde con delle battute alle domande in cui lo si

interroga sulle ragioni che lo portano a scrivere in una lingua diversa.

Michael Edwards, altro scrittore perfettamente bilingue, tuttavia

ribadisce oltre alla ricerca dell'astrazione letteraria, vera motivazione di

Beckett, quest'ultimo invoca anche il piacere dello scrittore, e la pura

gioia di cimentarsi con lingue diverse < c'était plus passionnant pour

moi, d'écrire en français» - <Per me, scrivere in francese era più

appassionante>.

L'esercizio del "divario linguistico" trova comunque il suo limite

in 'D'un ouvrage abandonné ' e 'Textes pour rien'. Ma l'utilizzo del

francese gli permette di destabilizzare la lingua madre, e di conseguenza

può, qualche volta, tornare all'inglese, confrontandosi con una lingua

straniera. Questo cambiamento di lingua non rappresenta soltanto un

cambiamento del tono o della tecnica (l'inglese come lingua teatrale e il

francese per la narrazione), ma il bilinguismo consente all'autore di

liberarsi dai suoi automatismi, presenti in qualsiasi lingua.

Per Compagnie (Compagnia), Beckett scrive il primo testo in

inglese, successivamente lo traduce e lo pubblica in francese, prima di

revisionare il testo in inglese. Chiara Montini (traduttrice e ricercatrice

associata presso l'Item) ha messo in evidenza le differenze di traduzione

tra le due lingue, che non sono né degli originali e né delle copie,

giocando ogni tanto sui termini per valorizzare il leggero divario

metaforico tra le due lingue. Per quanto riguarda Mercier e Camier, la

ricercatrice ha messo in evidenza delle interazioni tra i due testi.

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Spetta dunque a Beckett il compito di tradurre i suoi testi, e, se

permette a qualcun'altro di farlo, revisiona il testo parola per parola:

«d'une façon générale, je sais que je ne supporterai pas mon travail

traduit en anglais par un autre. Et réviser, comme j'essaie de le faire en

ce moment, me donne encore plus de mal que de traduire moi-même, et

pour un résultat déplorable» - <In linea di massima, so che non

sopporterei di vedere il mio lavoro tradotto da qualcun'altro. E

revisionarlo, come sto cercando di fare adesso, mi fa ancora più male di

quando sono io stesso a tradurre, e il risultato è deplorevole>. Tuttavia lo

stesso Beckett era dell'idea che Worstward Ho fosse di fatto intraducibile

a causa della scomparsa dei pronomi in inglese.

Questa auto-traduzione consiste di fatto in una ri-creazione, il cui

risultato sono due opere originali (tre nel caso di Godot, che Beckett

traduce anche in tedesco). Lavora molto sulla voce, sul ritmo delle frasi

(in particolare attraverso le combinazioni e le ripetizioni), lavora anche

su diverse versioni di Malone meurt (Malone muore) e in L'innomable

(L'innominabile) apporta delle modifiche fondamentali.

Infine, Antony Cordingley (Professore presso l'Università di

Parigi) sottolinea che le coppie di personaggi, così frequenti nelle opere

di Beckett, prendono la forma allegorica dell'opera bilingue, «Chaque

personnage/ version s'interprétant et se réinterprétant imparfaitement» -

<Ogni personaggio/storia si interpretano e si reinterpretano in modo

imperfetto.> Il fenomeno dell'auto traduzione è presente in particolare in

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Watt, En attendant Godot (Aspettando Godot), Fin de partie (Finale di

partita.)

III.2 Beckett Traduttore

Samuel Beckett ha svolto un'attività di traduzione costante e

importante; è importante ricordare che è nato in Irlanda, nazione

bilingue, in cui si parlano sia il gaelico che l'inglese. Questa attività di

traduzione fa parte delle sue stesse opere; anche tradurre altri autori

rappresenta allo stesso tempo 'una sfida creativa, un atto di creazione

totale'. Questa attività ha un impatto sulla concezione che egli ha della

letteratura, e le sue influenze (specialmente la poesia di Guillaume

Apollinaire) forniscono degli elementi importanti che permettono di

comprendere meglio le sue opere fuorvianti.

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Dall'inglese verso il francese, Beckett svolge insieme a Alfred

Péron una traduzione di "Anna Livia Plurabelle" di James Joyce.

Successivamente, realizza l'auto-traduzione di gran parte dei suoi lavori,

ma traduce anche dei poeti moderni come Rimbaud, Apollinaire,

Éluardn, per i quali afferma "è sempre un piacere tradurli" ("toujours

plaisir à traduire"),di surrealisti come Breton, Tzara, Crevel, nonostante

non si sentisse vicino a questo movimento, e inoltre si è cimentato nella

traduzione di opere classiche (Chamfort). Prese anche in considerazione

l'idea di tradurre il Marchese de Sade il quale lo "riempie di estasi

metafisica" e del quale ammira lo stile, ma rinuncia per paura

dell'impatto che questa azione potrebbe avere sulla sua reputazione nel

mondo letterario. Nonostante ciò resta vivo in lui l'interesse nei confronti

di questo autore, del quale tradurrà successivamente alcune lettere che

verranno pubblicate e che Beckett considerava "estremamente belle".

Allo stesso modo realizza anche delle traduzioni verso l'inglese di autori

italiani (Montale), tedeschi (Rilke) e spagnoli.

III.3 L'utilizzo dello switch nel linguaggio di Beckett

La ragione del famoso "cambio" di scrittura dall'inglese al

francese è stato oggetto di studio per anni. Spesso questa decisione viene

associata con la famosa lettera che Beckett scrisse da Dublino al suo

amico tedesco Axel Kaun il 9 Luglio 1937. Questa lettera è stata citata

frequentemente dai critici; infatti, qui Beckett afferma di avere

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l'intenzione di eliminare la lingua, o, non riuscendoci, che gli piacerebbe

almeno contribuire alla sua caduta in rovina (Beckett claims that he

would like to eliminate language, or, failing that, that he would at least

like to contribute to its falling into disrepute).

Versione originale in tedesco:

Es wird mir tatsächlich immer schwieriger, ja sinnloser, ein offizielles

Englisch zuschreiben. Und immer mehr wie ein Schleier kommt mir

meine Sprache vor, denman zerreissen muss, um an die

dahinterliegenden Dinge (oder das dahinterliegende Nichts) zu kommen.

Grammatik und Stil. Mir scheinen sie ebenso hinfällig geworden zu sein

wie ein Biedermeier Badeanzug oder die Unerschüttlichkeit [sic] eines

Gentlemans. Eine Larve. Hoffentlich kommt die Zeit, sie ist ja Gott sei

Dank in gewissen Kreisen schon da, wo die Sprache da am besten

gebraucht wird, wo sie am tüchtigsten missbraucht wird. Da wir sie so

mit einem Male nicht ausschalten können, wollen wir wenigstens nichts

versäumen, was zu ihrem Verruf beitragen mag. Ein Loch nach dem

andern in ihr zu bohren, bis das Dahinterkauernde, sei es etwas oder

nichts, durchzusickern anfängt –ich kann mir für den heutigen

Schriftsteller kein höheres Ziel vorstellen.

Versione tradotta in inglese:

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It is indeed becoming more and more difficult, even senseless, for me to

write an official English. And more and more my own language appears

to me like a veil that must be torn apart in order to get at the things (or

the Nothingness) behind it. Grammar and Style. To me they seem to have

become as irrelevant as a Victorian bathing suit or the imperturbability

of a true gentleman. A mask. It is to be hoped the time will come, thank

God, in some circles already has, when language is most efficiently used

where it is most efficiently misused. Since we cannot dismiss it all at

once, at least we do not want to leave anything undone that may contrib-

ute to its disrepute. To bore one hole after another into it, until what

lurks behind it –be it something or nothing –begins to seep through; I

cannot imagine a higher goal for a writer today.

Il concetto del "punto debole" della lingua è rilevante alla luce del

bilinguismo di Beckett dato che il bilinguismo stesso può esporre alcuni

punti deboli della lingua. Le parole e i concetti di una determinata lingua

non sempre corrispondono efficacemente alle parole e ai concetti di

un'altra. Questo crea degli "spazi vuoti", all'inizio meno evidenti, e non

abbastanza percettibili per coloro che sono monolingue. I commenti che

lo stesso autore ha fatto riguardo alla sua decisione di scrivere in

francese sono sporadici, contraddittori e indiretti. "I just felt like it" è una

delle spiegazioni. Nel 1956 disse a un giornalista Americano:“it was a

different experience from writing in English. It was more exciting for me,

writing in French”. In risposta a un giornalista svizzero disse: “Parce

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qu’en français c’est plus facile d’écrire sans style”. Tutte le sue

motivazioni probabilmente contenevano un pò (o molta) verità, ma

tuttavia non chiariscono la sua decisione di cambiare verso il francese. Il

fatto che egli non abbia mai apertamente parlato del suo bilinguismo,

potrebbe significare che la motivazione del suo gesto poteva non essere

perfettamente chiara nemmeno a lui stesso.

III.4 Le ragioni del bilinguismo di Beckett

Nel caso di Beckett, è probabile che le sue abilità nel francese si

siano rafforzate e di conseguenza essa sia diventata la lingua principale

durante i due anni trascorsi a Roussillon. Questi due anni sono stati

determinanti nello sviluppo linguistico dell'autore. Prima di tutto, il

prolungato soggiorno nella campagna gli ha dato la possibilità di

apprendere un francese diverso da quello che gli era familiare. Dan Gunn

(uno dei co-autori del libro "The letters of Samuel Beckett" ) ha

osservato: “During the War years Beckett is immersed in a France, and

a French, that is very different from the world of Paris intellectuals he

knew” (Durante gli anni della guerra Beckett si trova in Francia, una

Francia totalmente diversa dal mondo intellettuale Parigino che egli

conosceva). Lavorando per una famiglia locale al fine di ottenere cibo

per se stesso e per la moglie Suzanne, Beckett migliora velocemente le

sue competenze in francese, imparando anche espressioni agricole e

proverbi locali. Ancora più importante è il fatto che Beckett in questo

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periodo parla quasi esclusivamente il francese; dunque, quest'ultimo

diventa in breve tempo la lingua che egli utilizza nella sua vita di tutti i

giorni e gradualmente inizia a contendersi insieme all'inglese il ruolo di

lingua dominante. Nel suo ultimo lavoro scritto in inglese, Watt, sono più

che evidenti le prove dell'influenza francese. Egli iniziò a scrivere l'opera

a Parigi e continuò durante il suo soggiorno nella campagna di

Roussillon. Lo studioso Beer a tal proposito ha esaminato una serie di

esempi presenti nel manoscritto secondo i quali l'opera sarebbe la

testimonianza della crescente influenza che il francese ha nella mentalità

dell'autore. E' interessante notare il processo in cui il francese diventa

progressivamente presente nella sua mente.

III.5La testimonianza delle lettere

Anche le lettere sono colme di esempi che testimoniano il cambio

linguistico, tramite l'apparente arbitraria alternanza di due o più lingue in

una sola conversazione, o addirittura in una singola frase. Nelle lettere

scritte in lingua inglese, parole, espressioni, addirittura intere frasi sono

incluse nel francese. Per esempio, in una lettera Beckett scrisse: “I’m

very sorry to hear that you are laid up again: at the Corneille, n’est-ce

pas?" o ancora “Won’t you keep me au courant”.

Questi esempi presenti nelle lettere scritte da Beckett mostrano la

crescente presenza del francese nella mente sua e la padronanza che egli

aveva in entrambe le lingue. A quei tempi questo cambio repentino da

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una lingua all'altra veniva considerato come qualcosa di negativo ma ora,

viene generalmente riconosciuto come segno di fluidità: le ricerche

hanno dimostrato che solo coloro che parlano due lingue fluentemente

sono capaci di alternarle in questo modo. E' dunque chiaro che Beckett

aveva una grande padronanza di entrambe le lingue e di conseguenza era

in grado di alternarle. Le lettere palesano la sua crescente inclinazione a

"giocare" con le lingue e a fare giochi di parole con più lingue. Esse ci

mostrano altri due aspetti interessanti: il primo è che lo scambio avviene

esclusivamente nelle lettere scritte in lingua inglese; infatti, le lettere

scritte in francese rimangono "incontaminate" dalla lingua inglese.

Questo può essere spiegato secondo il fatto che, non essendo Beckett

madre lingua francese, il fatto di aggiungere l'inglese nelle sue lettere

scritte in francese avrebbe potuto significare che non avesse completa

padronanza di tale lingua (sopratutto perché, come sopracitato, lo

scambio tra due lingue era considerata ancora come una cosa negativa

piuttosto che una competenza positiva). In secondo luogo, lo scambio

linguistico avviene solo in lettere che Beckett scrive ad amici intimi,

persone alle quali è legato e davanti alle quali non ha bisogno di

censurarsi. Questa teoria è confermata dal fatto che in tali lettere, anche

lo stile dell'autore risulta essere più rilassato e scherzoso, con la presenza

di numerose abbreviazioni. Per esempio: “taking it as easy as poss” o

“Ne demande pas mieux but don’t have the price”. Per concludere: le

lettere avvalorano ciò che l'opera Watt mostra palesemente: il francese è

senza dubbio assodato nella sua mente, ma nonostante ciò, non prende il

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posto dell'inglese come lingua dominante dell'autore. Questo potrebbe

essere uno dei motivi che ha spinto Beckett ha iniziare a scrivere in

francese dopo la guerra; probabilmente era diventato più semplice

scrivere in francese piuttosto che in inglese, o semplicemente scrivere in

inglese non era più semplice come una volta. Come disse lo stesso

Beckett in una lettera mai pubblicata: “my English is getting rusty”(il

mio inglese si sta arrugginendo).

III.6 Le problematiche relative all'auto traduzione

Scegliendo di tradurre molti dei suoi lavori da una lingua all'altra,

passando continuamente dal francese all'inglese e vice versa e

combinando gli sforzi tra le due lingue, Beckett ha garantito a se stesso

una grande frustrazione. Poche cose possono far percepire ad un autore il

senso di impotenza come quello causato dallo scambio continuo tra due

lingue. Per forza di cose, ogni autore deve accettare la "lotta " contro la

lingua, ciò fa parte del loro lavoro, ma tutta questa frustrazione aumenta

nel momento in cui l'autore ha a che fare con due lingue. Recenti studi

psicolinguistici hanno dimostrato che le persone bilingue tendono a

soffrire di più rispetto alle monolingue del così detto "tip-of-the-tongue

phenomenon" (sulla punta della lingua). Con questo nome si identifica il

fenomeno secondo il quale una persona crede di essere sul punto di

ricordare qualcosa (averlo sulla punta della lingua). Tutto ciò è di

notevole importanza per comprendere la scrittura di Beckett. Attraverso

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il processo dell'auto traduzione, Beckett nella sua mente continua a

lavorare con entrambe le lingue, alternandole e usando attivamente

entrambe. Di conseguenza, la ricerca delle parole più adatte diventa più

difficile e piu frustrante. Lo sforzo per trovare la giusta parola è centrale

nei lavori di Beckett, e questo è spiegato brillantemente nella sua opera

ultima, "Comment Dire" o "What is the Word". In questa opera,

attraverso trattini, ripetizioni e elisioni, Beckett rappresenta ed esplora la

demoralizzante ricerca che un autore bilingue deve compiere per trovare

le parole giuste.

Ecco il pezzo iniziale dell'opera:

folie

folie que de

que de

comment dire

folie que de ce

depuis

folie depuis ce

donné

folie donné de que de

comment dire

Il pezzo finale recita così

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comment dire

vu

tout

ceci

tout ce ceci

ci

folie que de voir

quoi

entrevoir

folie que d’y vouloir croire entrevoir quoi

quoi

comment dire

comment dire

Ciò che questo poema sottolinea, insieme al manoscritto Watt e

alle lettere pubblicate, sono le tensioni e le interazioni presenti nelle

scelte linguistiche di Beckett, che sono parte integrante di tutto il suo

lavoro. Per poter apprezzare a pieno i lavori di tale autore, è necessario

comprendere il suo bilinguismo e le problematiche legate ad esso.

III.7 Tradurre il bilinguismo di Beckett

Come è possibile fare una traduzione partendo da due testi? E'

noto che una delle caratteristiche fondamentali della poetica di Beckett

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sia la ripetizione; la ripetizione delle parole nella scrittura, la ripetizione

della storia ma con parole sempre diverse, la ripetizione maniacale di

frasi e situazioni, le sottili differenze contenute nelle varie ripetizioni,

ecc. Tramite questa azione l'autore ritrova nell'auto traduzione dei modi

di dire e di ripetere pressoché la stessa cosa. Il risultato è una scrittura

del cambiamento, che deriva dalla riscrittura (auto traduzione) dell'intera

opera. Nell'atto della auto traduzione Beckett riscrive il suo stesso testo,

modificandolo gradualmente, manifestando l'intenzione di voler ribadire

gli stessi concetti, pur confermando l'impossibilità di ripetere

esattamente la stessa cosa. Dunque, tutte le circostanze temporali e

spaziali, e tutte le inevitabili modifiche della scrittura contribuiscono

all'evoluzione del testo, rendendo la scrittura stessa un fenomeno limitato

e circoscritto. E' necessario adattarsi alla cultura della lingua verso la

quale il libro verrà tradotto? Per esempio, nell'opera Murphy Beckett fa

riferimento alla figura del "Ecclésiaste", figura conosciuta dalla cultura

anglosassone grazie alla presenza di una forte tradizione biblica, ma

meno nota alla cultura francofona dove le letture bibliche non sono

consuetudine. Di conseguenza nel testo francese è stato necessario

aggiungere "l’Impasse de l’Enfant Jésus"; grazie a tale aggiunta è stata

resa più chiara la situazione del protagonista mantenendo allo stesso

tempo l'allusione al personaggio sopracitato. Grazie a questa e ad altre

modifiche, Beckett riesce ad auto tradurre l'opera conformando il senso

della prima versione conformemente ad un'altra lingua. Così, nonostante

le inevitabili differenze tra i due testi, e le modifiche effettuate

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dall'autore durante la riscrittura, la seconda versione rappresenta un

grande aiuto per l'autore nel chiarire le ambiguità o nel risolvere le

difficoltà dell'interpretazione. Questo è il motivo per il quale nella

maggior parte dei casi le modifiche fatte dai traduttori non sono

percettibili se non attraverso una lettura minuziosa e un alta

comparazione del testo tradotto con quello originale.

Resta ancora aperto il problema della scelta: qual' è la versione più

giusta da tradurre? E' dunque possibile tradurre partendo da due testi? E

poi, a quale versione appoggiarsi quando le differenze tra i due testi sono

evidenti? Con tali problematiche, è inevitabile dire che la traduzione

verso una terza lingua diventerà un'altra variante del testo, dal momento

che le differenze tra le lingue sono imprescindibili.

IV. Tradurre Giacomo Leopardi ed Eugenio Montale

Giacomo Leopardi è stato un innovatore nel campo della poesia

italiana; la musicalità della sua poesia è una delle sfide più difficili per i

suoi traduttori. Il primo verso di "Canto notturno di un pastore errante

dell'Asia" cita:

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,

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dietro il suo significato apparentemente banale, si cela un grande potere

nelle parole del poeta. Galassi generalmente non cerca di riprodurre

questo effetto. Egli ha un notevole orecchio nei confronti dell'elevata

ritmica della versione originale; egli ha la capacità di trovare la minima

deviazione dal significato originale in modo che possa soddisfare

l'orecchio anglofono.

Jonathan Galassi nella sua introduzione ai Canti afferma: "la lirica

e la didattica, il pastorale e lo storico, la metafora e l'argomentazione"

rappresentano delle modalità per esprimere l'essenza dello spirito, ed è in

questo spirito che l'Italia trova la sua moderna voce lirica. Partendo

dall'orientamento religioso di Dante, e da quello erotico dei sonetti di

Petrarca, Leopardi si è dedicato all'analisi dell'universo materiale

descritto dalla scienza empirica: un universo indifferente nei confronti

del genere umano, che segue le proprie leggi fisiche e non quelle della

Provvidenza. Con grande audacia, egli ha accostato le proprie

convinzioni sull'estetica alla società dei suoi tempi. Bisogna ricordare

che oltre le difficoltà nelle vita del poeta, numerose erano le ragioni che

lo portarono al pessimismo: ai tempi l'Italia si trovava sotto il dominio

austriaco. Egli, successivamente agli scritti della giovinezza, adotterà

uno stile tragico e una sintassi breve. Nella poesia "A se stesso" (To

Himself) sono presenti frasi tronche a volte formate da un'unica parola

("Perì") o da due ("Assai palpitasti) o tre ("Posa per sempre"). La lingua

inglese non può essere così concisa; questa la traduzione di Galassi:

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Or poserai per sempre,

stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,

ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,

in noi di cari inganni,

non che la speme. Il desiderio è spento.

Posa per sempre. Assai

palpitasti.

Now you’ll rest forever,

worn-out heart. The ultimate illusion

that I thought was eternal died. It died.

I know not just the hope but the desire

for loved illusions is done for us.

Be still forever.

You have beaten enough.

Da questa poesia traspare la fine dell'illusione dell'amore. Dunque,

la dolcezza rappresentata dall'attrazione sessuale giovanile permette la

creazione di passaggi intrisi di romanticismo anche in poesie con

conclusioni tragiche. In "A Silvia" ("To Silvia") viene descritto un

giovane Leopardi che ammira una ragazza dal balcone della casa

paterna; solo alla fine si viene a scoprire che la giovane è morta in

giovane età.

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I looked out on the cloudless sky,

the golden streets and gardens,

and, far off, the sea here and mountains there.

No mortal tongue can tell

all that I felt.

Dopo alcune considerazioni, la domanda da porsi è: la poesia di

Leopardi è traducibile? Alcune difficoltà nella traduzione sono visibili

già nei due esempi riportati precedentemente. Galassi, dal canto suo,

dispone di una contemporanea chiarezza. Tuttavia, alle volte il lettore

può rimanere deluso, dal momento che in alcune traduzioni non è stato

possibile rendere chiaro il soggetto. Un esempio lampante è

rappresentato dalla poesia "Il tramonto della luna" e nello specifico dal

verso che cita "la vita mortal" poiché la parola "vita " in inglese non è un

sostantivo né femminile né maschile; è un concetto astratto in una

lingua che non conferisce un genere ad ogni singolo sostantivo. Nella

sua versione dunque Galassi si limita ad usare il pronome "she", ma il

lettore avrà dunque difficoltà nel comprendere a cosa esso si riferisca

nello specifico. Questo è stato un problema riscontrato anche da altri

traduttori del poeta; per esempio Arturo Vivante usò il pronome "it":

But mortal life...

never colors itself

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of other light, or other dawn.

Widow it is to the end.

Ma la vita mortal, poi che la bella

Giovinezza sparì, non si colora

D'altra luce giammai, nè d'altra aurora.

Vedova è insino al fine.

Galassi decide di cambiare la forma riflessiva del verbo con quella

passiva ("life.../is never dyed/by other light or other dawns "), mentre

Vivante la mantiene come nella versione originale. Volendo mantenere la

forma attiva del verbo, Vivante attua espressioni idiomatiche; in inglese

non si usa dire "life/never colors itself/of other light.” In questo modo i

lettori, esaminando entrambe le versioni, approverebbero l'affermazione

di Leopardi, secondo la quale "un poeta, anche uno bravo, potrebbe non

essere tanto acclamato, dal momento che se anche egli diventasse

famoso nel suo paese, potrebbe essere scarsamente conosciuto all'estero,

perché la poesia perfetta non può essere tradotta in altre lingue".

Nonostante questi diverbi le traduzioni di Galassi hanno permesso ai

lettori inglesi di usufruire di una versione più chiara e naturale delle

opere di Leopardi, rispetto a quelle del suo collega R.C. Trevelyan ,

ormai ritenute lontane dalla contemporaneità.

Un altro esempio sulle difficoltà relative alla traduzione di

Leopardi è quello rappresentato dalla "Ginestra" ("The Broom"): anche

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questa opera infatti è caratterizzata da un ritmo che complica le cadenze,

tipico della sintassi di Leopardi e attuato al fine di affascinare la mente

del lettore. Dal momento che la moderna sintassi non accetta relazioni

sintattiche così complesse, Galassi si è trovato costretto a fare una

divisione dopo i primi otto versi, e a trasformare quella che nell'opera

originale era una frase, in due frasi nella versione in lingua inglese.

Nonostante ciò, la traduzione mantiene abilmente gli effetti visivi voluti

dal poeta: i deserti campi di lava che il poeta si accinge ad attraversare,

la bellezza innocente di questi stessi campi prima che la catastrofe

avvenisse, e infine lo sterminio causato dall'eruzione stessa.

These fields

strewn with sterile ashes, blanketed

by hardened lava

that echoes to a wanderer’s steps,

where the snake nests and coils under the sun

and the hare goes home

to his familiar cave-like den—

these were happy, prospering farms.

They were blond with wheat

and echoed with lowing cattle;

here were gardens, villas, welcome

respite for the powerful,

and famous cities, which, with rivers

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pouring from its fiery mouth,

the implacable mountain crushed,

along with their inhabitants.

Questi campi cosparsi

Di ceneri infeconde, e ricoperti

Dell'impietrata lava,

Che sotto i passi al peregrin risona;

Dove s'annida e si contorce al sole

La serpe, e dove al noto

Cavernoso covil torna il coniglio;

Fur liete ville e colti,

E biondeggiàr di spiche, e risonaro

Di muggito d'armenti;

Fur giardini e palagi,

Agli ozi de' potenti

Gradito ospizio; e fur città famose

Che coi torrenti suoi l'altero monte

Dall'ignea bocca fulminando oppresse

Con gli abitanti insieme.

Galassi si cimentò anche nella traduzione di un altro rinomato

poeta e scrittore italiano, Eugenio Montale. Anche William Arrowsmith

tradusse alcune poesie di Montale; è interessante dunque fare una

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comparazione tra le diverse traduzioni di Arrowsmith e Galassi. Infatti,

Galassi nella sua opera di traduzione ha dovuto tener conto del grande

patrimonio donatogli dal collega, con il quale si è dovuto confrontare. La

differenza tra i due sta nel fatto che le numerose note del primo sono più

magistrali e più coerenti nella ricerche del significato originale; di

conseguenza le due traduzioni risultano essere molto diverse. Dunque,

mentre il primo non esita ad alterare un verso per poter essere coerente

con il significato, il secondo è scrupolosamente fedele alla versione in

italiano di Montale, per quanto la lingua inglese potesse consentirlo

(alcuni errori sono inevitabili in lavori di questo calibro). Bisogna

ammettere però che questo approccio spesso intacca quella bellezza

intelligente che lo stesso Galassi ha definito come “nervosa, astringente

musica” della poesia di Montale. Un esempio di questo fenomeno è la

traduzione dell'opera “La bufera e altro” che letteralmente dovrebbe

essere tradotta come “The Storm and Other Things” ma che Galassi ha

tradotto con “The Storm, Etc”. Un altro problema riscontrato nella

traduzione delle opere di Montale si nota nella poesia “Casa sul mare”

(“House by the sea”) tratta da Meriggi e Ombre (Noons and Shadows);

nell'approcciarsi a questa poesia Galassi ha tradotto con prudenza in

modo letterale, sacrificando il vigore pungente dei versi ma allo stesso

tempo donando loro una grazia singolare.

Tu chiedi se così tutto vanisce

in questa poca nebbia di memorie;

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se nell’ora che torpe o nel sospiro

del frangente si compie ogni destino.

Vorrei dirti che no, che ti s’appressa

l’ora che passerai di la dal tempo;

forse solo chi vuole s’infinita,

e questo tu potrai, chissà, non io.

You ask if everything dissolves like this

in a thin haze of memories,

if in this torpid hour or the breaker’s sigh

every destiny’s fulfilled.

I’d like to say no, that the moment

when you’ll pass out of time is rushing toward you;

maybe only those who want to become infinite,

and, who knows, you can do it; I cannot.

IV.1 Montale traduttore

Eugenio Montale è riconosciuto a livello internazionale come uno

dei più grandi poeti italiani, e uno dei più rappresentativi del 1900.

Grazie al suo contributo alla letteratura mondiale fu insignito del Premio

Nobel nel 1975. Non molti però sono a conoscenza del suo lavoro come

traduttore; infatti nel 1948 egli pubblicò Quaderno di traduzioni, in cui

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vengono riportate traduzioni affrontate già dalla fine degli anni venti. In

questo esercizio di traduzione Montale si cimenta con le opere di T.S

Eliot, Ezra Pound, William B.Yeats e altri autori. Tendenzialmente viene

spontaneo pensare che tradurre delle poesie dovrebbe essere più facile

per coloro che sono poeti a loro volta, dal momento che la poesia è

legata a un criterio ritmico difficile da acquisire se non con tanto

esercizio. Di conseguenza colui che si cimenta nella traduzione di poesie

deve tenere conto di questo criterio, senza dimenticare i concetti e i

significati nascosti nel senso della poesia stessa; questa difficoltà è

diventata uno stimolo per Montale. Infatti egli fu capace di interpretare e

comprendere i testi da tradurre, rispettando comunque lo spirito

dell'opera originale. Egli non si limitò a riscrivere l'opera in un'altra

lingua, ma creò dei componimenti che fossero coerenti con lo scritto

originale.

Prendiamo in esame un testo di Shakespeare tradotto da Montale;

è possibile notare come la traduzione del poeta sia ariosa e di

conseguenza impreziosisca il testo senza però essere incoerente con il

senso voluto da Shakespeare.

Full many a glorious morning have I seen

Flatter the mountain tops with sovereign eye,

Kissing with golden face the meadows green,

Gilding pale streams with heavenly alchemy

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Spesso, a lusingar vette, vidi

splendere sovranamente l’occhio del mattino,

e baciar d’oro verdi prati, accendere

pallidi rivi d’alchimie divine;

Come si può notare, il ritmo è rimasto intatto, nonostante la

traduzione non sia molto letterale. Egli era in grado di arricchire i testi

tradotti grazie alle sue doti di straordinario poeta, senza tradire il testo

originale, né per quanto riguarda il ritmo, né per il significato.

IV.2 Problematiche relative alla traduzione dall'italiano verso

l'inglese e il francese: il caso del "Commissario Montalbano" di

Andrea Camilleri

Fino ad ora si è parlato delle problematiche relative alla

traduzione, e all'auto traduzione; il tema che andrò a trattare è relativo

alle difficoltà che i traduttori verso l'inglese si trovano ad affrontare nel

momento in cui si cimentano nella traduzione di testi italiani, nello

specifico di testi caratterizzati da un forte uso del dialetto. La domanda

che viene spontaneo porsi al proposito è: come fanno i traduttori stranieri

a tradurre i dialetti come quello "padano" utilizzato da Dario Fo, o quello

siciliano di Andrea Camilleri, autori che godono di grande fama anche

all'estero e che dunque necessitano di essere tradotti. Nello specifico,

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analizzerò le dinamiche complicate legate alla traduzione de "Il

Commissario Montalbano" di Andrea Camilleri.

Il primo problema che questi traduttori si ritrovano ad affrontare è

il dialetto: non è possibile tradurre un dialetto italiano con un

corrispondente dialetto della cultura ricevente, dal momento che questo

potrebbe portare ad indesiderati effetti comici o a caricature dei

personaggi non espresse nel testo originale e nelle volontà dell'autore.

Antoine Berman, noto traduttore francese nonché filosofo, storico e

teorico della traduzione, affermò che fosse necessario superare le

tradizioni etnografiche, le quali prevedono una rielaborazione (e

conseguente deformazione) di un testo che deve essere riadattato per la

cultura d'arrivo, tradendone così l'essenza originale. L'utilizzo di svariati

registri, i giochi di parole e i malapropismi, hanno rappresentato (e

tuttora rappresentano) una sfida per tutti coloro che si sono cimentati

nella traduzione di questo testo, poiché la sfida più grande consiste nel

riuscire a riportare tutte queste caratteristiche linguistiche in un'altra

lingua. Nello specifico andremo ad analizzare l'approccio utilizzato da

Stephen Sartarelli e Serge Quadruppani (traduttori del "Commissario

Montalbano" rispettivamente verso l'inglese e verso il francese).

Sartarelli, che traduce i racconti verso l'Inglese, ha dichiarato di aver

utilizzato lo slang tipico dei poliziotti siculo-italiani di Brooklyn, per

rendere la parlata dell'appuntato Catarella, che nella versione italiana non

ha una grande padronanza della lingua. Quadruppani invece ha

"reinventato" la lingua: infatti nella traduzione in francese non troviamo

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"Je suis Montalbano" come si potrebbe pensare, ma "Montalbano Je

suis". Egli dunque ha preferito seguire le orme di Camilleri e ha

integrato al suo francese "reinventato" alcuni termini tipici del sud della

Francia. Quadruppani dunque, prendendo in prestito la parlata tipica del

sud della Francia, è riuscito a riportare quella "r" un po’ arrotolata e dura

tipica della parlata siciliana; purtroppo, dal momento che la Francia è

stata unificata molto tempo prima dell' Italia, le sue lingue regionali sono

andate a perdersi nel tempo, mentre in Italia sono ancora molto vive. Di

conseguenza la difficoltà del traduttore è stata ancora più elevata, dal

momento che il dialetto siciliano è molto ampio, e il francese del sud del

paese non è abbastanza ricco per poter avere un corrispettivo per ogni

parola siciliana; dunque, il termine "picciliddro" ("bambino") utilizzato

da Camilleri viene tradotto in francese con la parola "minou", ma non è

stato possibile per Quadruppani trovare un corrispettivo per il termine

"taliare" ("guardare") o "spiare"("domandare"). Per le frasi in siciliano

stretto, il traduttore ha invece deciso di lasciarle nella versione originale

mettendo la traduzione in francese tra parentesi, probabilmente con

l'intento di dare la possibilità al lettore di godere della parlata siciliana

originale. Nonostante le difficoltà, il risultato è stato in entrambi i casi un

grande successo, che ha consentito alle opere di Camilleri di raggiungere

la fama ed il successo anche all'estero; non a caso la rivista francese

"L'Express" ha dedicato diversi articoli all'autore siciliano, elogiando

non solo i suoi testi ma anche i metodi adottati nelle traduzioni e la

complessità linguistica della sua scrittura. Ma le opinioni nei confronti di

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quest'opera sono svariate in tutto il mondo; in Germania la chiave di

lettura è stata una critica nei confronti del sistema politico e sociale

italiano, mentre in paesi come Giappone e Finlandia Montalbano non è

stato apprezzato come nel resto del mondo, probabilmente a causa delle

notevoli differenze tra le culture in questione. Ciò che ha potuto

garantire un grande successo alla serie di racconti di Camilleri sia in

Italia che all'estero, oltre all'indiscussa bravura dell'autore, è stata anche

la serie televisiva tratta dai racconti stessi. All'estero è stata molto

apprezzata la scelta della sottotitolazione, che ha consentito ai

telespettatori di comprendere il linguaggio, apprezzando allo stesso

modo le sonorità della parlata siciliana. Lo stesso Luca Zingaretti,

interprete di Montalbano nella serie televisiva, ha affermato quanto sia

importante la sottotitolazione in una serie del genere, dal momento che

con il doppiaggio il pubblico perderebbe quel gusto esotico e quelle

caratteristica tipica del dialetto siciliano percepibili solo attraverso

l'ascolto della versione originale. Non è infatti un caso che in Francia,

dove la serie è stata doppiata, essa non abbia riscontrato un grande

successo di pubblico.

IV.3 La specificità del caso in inglese

Per quanto riguarda la lettura di Camilleri nella stessa lingua

italiana, per gli italiani l’ambiente descritto dall’autore è abbastanza

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familiare perché, fatta eccezione per il dialetto siciliano, gli altri elementi

quali le ambientazioni, lo stile ironico dell’autore e il genere poliziesco

rappresentano elementi ordinari. Ed è per questo che in poco tempo

dall’inizio della lettura quei termini che inizialmente sono estranei, in

poco tempo vengono assimilati dal lettore e diventano quasi familiari.

Nel caso specifico della traduzione di questi racconti verso l’inglese, è

importante dire che la cultura americana difficilmente accetta di

assimilare testi appartenenti ad altre culture, soprattutto se scritti in

lingue diverse dall’inglese; per questa ragione in America gli editori

evitano le traduzioni e perciò anche i testi che hanno la fortuna di essere

tradotti, subiscono una sorta di “americanizzazione”, venendo tradotti in

modo da rientrare negli standard linguistici e stilistici americani, così da

diventare familiari per il lettore. Nel caso degli inglesi invece, essi hanno

una maggiore apertura verso le letterature straniere. Di conseguenza,

sorge una difficoltà ancora più grande per i traduttori che si cimentano

con le opere di uno scrittore come Andrea Camilleri, la cui scrittura è

caratterizzata da scarti rispetto alle norme linguistiche; primo fra tutti

l’uso del dialetto. Qui riporterò alcune delle considerazioni che lo stesso

Stephen Sartarelli ha fatto rispetto al suo lavoro di traduttore dei romanzi

di Camilleri. Egli ha infatti affermato che, dal momento che il genere

poliziesco è soprattutto di origine anglosassone, per i lettori anglofoni il

“giallo” di Camilleri non rappresenta una novità. La caratteristica che lo

rende diverso da ciò a cui tale pubblico è abituato sono le ambientazioni

siciliane, la stranezza dei costumi, i problemi politici e burocratici, che

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rendono il tutto agli occhi del pubblico anglosassone diverso e

interessante. Il dialetto ha sicuramente rappresentato un problema di

notevole importanza per il traduttore, dal momento che nella lingua

inglese i dialetti sono praticamente spariti, a parte qualche eccezione.

Sicuramente il fatto che il traduttore verso l’inglese debba tradurre per

tutto il mondo anglofono non fa che complicare le cose. La difficoltà è

stata riprodurre quello scarto linguistico creato dall’autore, senza volerlo

“riprodurre in modo eccessivo”, perché avrebbe snaturato lo spirito

originale. Il traduttore non poteva conferire ai poliziotti di Vigata una

parlata tipica di un determinato luogo geografico americano o

australiano, anglosassone, ecc...Il traduttore ha dovuto trovare una

soluzione che andasse bene per ogni tipo di lettore. Quale approccio ha

dunque usato Sartarelli? Sembra che egli abbia scelto di seguire la strada

della naturalezza voluta da Camilleri, tenendo conto della particolarità

linguistica e dell’originalità del contenuto. Di conseguenza il traduttore

ha optato, nella traduzione di parolacce, oscenità, ecc., per l’uso dello

slang americano che gli era più familiare, e che ormai è diventato

comprensibile per tutti grazie alla sua diffusione tramite i film e le serie

tv. Per quanto riguarda alcune espressioni idiomatiche che non esistono

in inglese, egli ha preferito tradurle letteralmente, poiché ha preferito

mantenere la musicalità delle espressioni di Camilleri. Dunque,

nonostante le difficoltà affrontate dal traduttore, rimangono ancora tante

domande da porsi riguardo alle problematiche legate alla traduzione di

testi come quelli di Camilleri. Il traduttore ha in tutti i modi cercato di

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mantenere le intenzioni dell’autore, ma sono inevitabili alcune

differenze; sicuramente il mondo descritto da Camilleri trasporta il

lettore all’interno delle sue storie e delle sue ambientazioni, e come ho

già specificato prima, è grazie al duro lavoro dei traduttori che le

avventure del Commissario Montalbano sono diventate famose e

apprezzate in tutto il mondo.

V. Conclusioni

Questo studio ha cercato di rispondere alle numerose domande

legate alle problematiche relative alla traduzione letteraria. A tal fine è

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stata fatta un'analisi sul significato del termine "traduzione" partendo

dalla sua storia, per poi giungere ad un'analisi delle questioni legate ad

essa. Le risposte a tali questioni hanno evidenziato una notevole

difficoltà nel trovare un approccio oggettivo ed universale alla

traduzione. Nello specifico è stato analizzato il caso del bilinguismo e

della conseguente auto traduzione. L'analisi di questi fattori ha

dimostrato le svariate complicazioni legate a questo tipo di attività,

soprattutto per quanto riguarda i testi presi in esame in questo elaborato,

ossia le opere di Samuel Beckett. Nella seconda parte questa ricerca si è

concentrata sulle traduzioni di alcuni testi di altri noti autori italiani

come Leopardi e Montale, per poi concludersi con Camilleri e l'analisi

sull'approccio traduttivo da adottare nei confronti del dialetto. Ciò che

traspare da questo studio è che non è possibile elaborare una teoria unica

che sia valida per ogni caso, ogni testo necessitando di un'analisi

dettagliata e accurata al fine di determinare quale sia l'approccio

traduttivo più adatto.

I. Introduction

The aim of this thesis is to analyse some aspects of literary

translation and the numerous problems related to it, with examples

specific types of translation such as drama translation. The work aims at

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studying in detail some literary works, first of all those of Nobel Prize

Samuel Beckett. Starting from a general analysis of bilingualism, the

work will focus on Beckett's bilingualism and the influence it has had on

the author's career and legacy. Afterwards, in the analysis of issues

related to self-translation, I will give account of Beckett’s approach to

the translation of his own works. In the second part, the translations of

some literary works, including the poems of Giacomo Leopardi and

Eugenio Montale, are analysed. In the final chapter, the translation of "Il

Commissario Montalbano" by Andrea Camilleri will be studied, to

explain some difficulties related to the translation of the dialect, and the

choices made by the translators. Thanks to this research work, I had the

possibility to enhance my knowledge of literary translation, whose

results will be presented in the final conclusions.

II. What is translation?

The term translation nowadays is of everyday use; it is generally

defined as the process of translating words or texts from one language

into another ,often without taking into consideration the social and

cultural context, which are part of the translator's background and

culture. Clearly, this definition has its limits, because it tries to define

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this process as universal and independent from external factors such as

social or cultural ones, and without considering other types of influences

on the translator’s work. Since language is strictly linked to culture,

according to many researchers translator and interpreters must become

also cultural mediators. However, it is up to the translator to choose the

most suitable approach to the author's style and intentions, in order to

make a good work. The issue of "untranslatability" is defined as "the

property of a text, or of any utterance, in one language, for which no

equivalent text or utterance can be found in another language when

translated" (Wikipedia). This matter, both at historical and cultural level,

depends on the contacts established with the other culture. If exchanges

between the two cultures are rare or non existent,there will be an

inevitable problem of untranslatability. Today's debate on translation is

not so different from what took place in the past. The main question is

about the meaning of the term "faithfulness" in the translation field, but

there are many discordant answers. Which is the best approach to

translation? What can certify that the translator has fully understood the

essence of the original text? Isn’t this comprehension conditioned by

subjective perceptions? The translation process has to take into

consideration both linguistic and cultural exchange. The aim of

translation is to create an "equivalent text" of the original version in

another language, so that the translated text becomes a corresponding

version of the original version, but in a culture that is different in place

and time. In this correlation between culture and language, interpretation

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and communication are essential. Interpretation aims to understand the

meaning of the original text in order to integrate it into a different

cultural context. For this reason it is clear that the translation process

doesn't consist just in a linguistic switch, so it can't be considered as a

mechanical procedure. In fact, it leads to a comparison between cultures

and languages. One of the main problems connected to translation is that

some words or concepts in a language probably do not probably convey

the same meaning in the other language. Recently, it has been recognised

the importance of Translation Studies, defined as " an academic

interdiscipline dealing with the systematic study of the theory,

description and application of translation, interpreting, and

localization"(Wikipedia). It is an interdiscipline, because it involves

many fields of study that support translation such as: comparative

literature, computer science, history, linguistics, philology, philosophy,

semiotics and terminology. As other disciplines, Translation has

different school of thoughts based on various theoretical concepts like

equivalence, descriptive Translation Studies, cultural translation, eco-

translatology, etc...

There are many types of literary translation:

• word by word: it is a typology of literary translation, often

used to translate ancient texts, often Latin or Greek. It is

very useful to comprehend a text at grammatical and lexical

level, but at the same time it is very dangerous because it

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can lead to an incomprehension of the meaning of the

original text.

• Semantic translation: whose aim is to recreate the same

contextual meaning of the original text.

• communicative translation: it tries to produce the same

effect of the original text

• Adaptation: this approach is used especially for the

translation of poems and screenplays. The translation aims

at adapting the text into another language even if the

meaning of the single words is not exactly the same.

• Free translation: it reproduces the subject of the original

version but with a different form.

The stereotype of the translator as impostor is common; despite

the critics against this branch of knowledge, that certainly has its limits,

it is indispensable. Many academics think that the translation of non

literary texts is easier. In case of literary translation, the translator has to

take into consideration both the text and the context. Every text has to be

analysed so that the translator can choose the best typology of

translation.

II.1 Self-translation

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It is a "translation of a source text into a target text by the writer of

the source text (Wikipedia)". It defines the process of translation in

which the author is the translator of the text as well. This discipline has

been recognized as a special branch of translation studies in 1998, after

the publication of the Routledge Encyclopaedia of Translation Studies,

first edition. Historically speaking, in western cultures and societies the

translation of bilingual and multilingual texts dates back to the Middle

Ages.

There are different types of self-translation:

1. It can be an author's regular or a sporadic activity. There can

be several reasons behind this choice; James Joyce for

instance translated two passages into Italian of his "Work in

Progress" .

2. The author can translate his work immediately after writing

the text or during the process of writing, so that the two

versions grow and develop simultaneously. These two types

are defined as consecutive and simultaneous self-translation.

3. It may involve more than one language, whether native or

acquired.

Among the factors fostering self translation, the following have to be

mentioned:

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1. Cultural supremacy of a specific language within a multilingual

society, which can lead to self-translation from a minority

language to a dominant language.

2. The cultural supremacy of national language can lead to self-

translation from a local dialect.

3. The cultural supremacy of a specific language within an

international context can urge self-translation from one

national language into an internationally known language (i.e

English).

4. A perfect or almost perfect bilingualism can lead to self-

translation in either direction.

This last case represents one of the reasons that led Samuel

Beckett to translate his own works into English or French. Self-

translation is often considered preferable to the "traditional" translation

because the author is obviously the most reliable translator of his/her

own thoughts into another language.

II.2 Drama translation

The translation of a script for the stage is a particular example of

translation, because this text is always influenced by the performance's

requirements. This type of translation is considered to be very difficult,

as script and staging of the script are strictly intertwined. Actually, it is

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very difficult to translate dialogues and to adapt them into lines. There

are two types of drama translation:

• The one faithful to the original work. It is meant to be read,

to make people aware of the original meaning of the text.

• The one that modifies the structure of the original text

according to the needs of the other culture and of the stage.

There is a great difference between the translation made to be read

and that intended for the stage; the two types of translation are deeply

diverse. When translating texts intended for reading, which often are

classical texts, the translator can focus on linguistic and philological

aspects. In this case, the translation is similar to the literary translation,

even if in dramaturgy there are more dialogues than in novels.

Translating a text intended for the stage involves a real challenge, since

it must be adapted to the scene. The dialogues have to become clear and

linear lines for both actors and spectators. Therefore, in order to translate

texts for theatre, the translator has to have a real artistic sensibility.

Another problem that the translator has to face is the presence of

dialects; it is difficult to translate a dialect into another language. The

translator will have to choose how to best translate the dialect into the

target language.

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III. The phenomenon of Samuel Beckett's bilingualism:

Samuel Beckett's legacy.

According to many latest studies, bilingual and polyglot people

are profoundly different compared to monolingual people, because of a

diverse structure of the brain. Well, if bilingual people are different from

others, also bilingual writers will be different from monolingual writers.

Samuel Beckett's bilingualism has been subject of study for years,

because it is one of his works' main characteristic . According to many

researchers, there would be considerable advantages in being bilingual .

Actually, it seems that bilingualism promotes metalinguistic knowledge

and it is likely also other cognitive aspects benefit from it.

Samuel Beckett was an Irish novelist, playwright, theatre director,

poet and literary translator. He wrote both in English and French. He was

considered as bilingual writer, because he spent most of his life in

France, although he was born in Ireland. Beckett was awarded the Nobel

Prize in Literature in 1969 " for his writing, which—in new forms for the

novel and drama—in the destitution of modern man acquires its

elevation". He had the capability of assimilating all secrets of a

language. This competence is particularly evident during his years of

study at the Trinity College in Dublin. Actually, at university he studied

French, Italian and English, but he was could also speak German. He

started writing poems in French in 1937 and in 1939 he ended the

translation of his first novel, Murphy. He started writing his early works

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in English, then he switched to French and again to English. This switch

between English and French led to an important transformation in his

style. Beckett used to review his works while he was translating them

into another language; for this reason, there are many versions of his

works. His translations represent new and parallel texts. Many literary

critics affirmed that Beckett's self-translations extend and amplify the

original versions. Writing in French allows Beckett to control his style

and therefore allows him to create very different texts from those

previously written in English. His style in French is simple, essential,

basic. In 1956 he used English again to write his first radio play ,"All

That Fall". From then on, he would translate all his plays, or he would

write them simultaneously in both languages. During his career he wrote

more that fifty works ,of which about half had been originally written in

English and the other half in French. All the works written after Murphy

were translated into English or French by Beckett himself. His writing is

even more complex to study if we consider that Beckett was also a

director. He used to modify his works when he adapted them for the

stage. There are numerous versions of the source text, even in case of

works originally written in only one language. All these reasons make

the translation of his works into other languages- different from English

and French- very difficult. The translator must ask himself, which

version of Beckett's works should he translate? Do original version and

the self-translation have the same prestige? Over the last few years, the

interest in Beckett 's bilingualism and in his self-translations have

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increased considerably. Since self-translation is considered a particular

kind of translation, also the self-translator has to be considered as a

different kind of translator. The self-translator usually changes not only

the expressions but also the meaning of the text. For example, in

Beckett's play Endgame ,there are little but significant differences; these

changes, even if slight, make the sense of the work clearer and more

intense if compared to the first version. It is necessary to distinguish

among the works that were born to be translated in either languages from

those that have been translated many years after the original version. In

the first case, when the author translated the work immediately after

have wrote it, there is a great similarity between the two texts. But in the

second case, when he translated the text many years later, the two

versions appear to be very different. As a matter of fact, the two

versions (English and French) of the Trilogy (Molloy, Malone Dies,

Unnameable) do not show many differences, and are a typical example

of the first case. On the other hand, the two versions of Murphy and

Watt are widely different, because they were translated more than twenty

years after been written.

Are Beckett's translations a copy, or do they have to be considered

as an original version? Are they a replacement of the original text or their

amplification and extension? Can a self-translated text can be considered

as a separate text compared to the original version? The translators that

translate Beckett's works have to take into consideration all these

questions. The issue of Beckett's self-translation remained more or less

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neglected until the 80's.Ruby Cohn was one of the first researcher to

analyse the difference between Beckett's texts and self-translations. In

1961 she wrote an essay entitled "Samuel Beckett Self-Translator" ,

where she examined the translations of Murphy, Waiting for Godot and

Endgame; therefore she was the first to notice the considerable

discrepancies between the English and the French versions. Recently,

many studies have taken into account the bilingual dimension of

Beckett's works. Those who have studied this subject, focused on his

activity of self-translator, with the aim of establishing the relationship

between the two versions and the role played by the second translation.

There are many answers to all the questions that will be mentioned

below, and they are often discordant, because it is impossible to know

whether the differences between the two versions are due to Beckett's

choices or linguistic needs. Many researchers believe that the only

possible answer is that the second versions of Beckett's work are so

different from the original due to a language incompatibility. Others

believe that he changed the second version on purpose, in order to make

it clearer and more exact compared with the original. For Beckett,

bilingualism is a way to renovate his works ,and fulfil his personal but

also textual needs. After all these years of studies, this question is still

wide open.

Chiara Montini studied Beckett's works from a different point of

view, that is the translation into a third language(in this case, Italian).

She affirmed that the translators into a third language have to know and

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analyse both the English and the French version of the text. In this case,

there are other questions that need to be answered: Does the translator

has to know both English and French? During the translation process,

Does the translator have to consult both versions? Is it possible to start a

translation from two texts in order to create a single version in a third

language? Or maybe is it better to use just the first version, and consult

the second only in order to clear the head? Does the translator need to

choose the text which is more similar to the culture of the third

language? And what to do when the two versions are very different, for

example in "Mercier et Camier" and "Mercier and Camier"? There

aren't clear answers to all these questions,but it's clear that those who

want to translate Beckett's works can't ignore his bilingualism.

III.1 Beckett as a translator

During his career, Beckett not only did translate his own texts, but

he also translated other authors like Joyce ("Anna Livia Plurabelle")

modern poets like Rimbaud, Apollinaire, Éluard, surrealism novelists

like Breton, Tzara, Crevel. The activity of translator influenced his style

considerably. He also translated Montale and Rilke into English.

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III.2 The switch

Beckett's decision to switch from English to French language was

announced in a letter of 9 July 1937 to his German friend Alex Kaun. In

this letter, Beckett himself claims that he would like to eliminate

language, or, failing that, that he would like at least to contribute to its

falling into disrepute.

The original version in German:

Es wird mir tatsächlich immer schwieriger, ja sinnloser, ein offizielles

Englisch zuschreiben. Und immer mehr wie ein Schleier kommt mir meine Sprache

vor, denman zerreissen muss, um an die dahinterliegenden Dinge (oder das

dahinterliegende Nichts) zu kommen. Grammatik und Stil. Mir scheinen sie ebenso

hinfällig geworden zu sein wie ein Biedermeier Badeanzug oder die

Unerschüttlichkeit [sic] eines Gentlemans. Eine Larve. Hoffentlich kommt die Zeit,

sie ist ja Gott sei Dank in gewissen Kreisen schon da, wo die Sprache da am besten

gebraucht wird, wo sie am tüchtigsten missbraucht wird. Da wir sie so mit einem

Male nicht ausschalten können, wollen wir wenigstens nichts versäumen, was zu

ihrem Verruf beitragen mag. Ein Loch nach dem andern in ihr zu bohren, bis das

Dahinterkauernde, sei es etwas oder nichts, durchzusickern anfängt –ich kann mir

für den heutigen Schriftsteller kein höheres Ziel vorstellen.

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The English version:

It is indeed becoming more and more difficult, even senseless, for me to write an

official English. And more and more my own language appears to me like a veil that

must be torn apart in order to get at the things (or the Nothingness) behind it.

Grammar and Style. To me they seem to have become as irrelevant as a Victorian

bathing suit or the imperturbability of a true gentleman. A mask. It is to be hoped the

time will come, thank God, in some circles already has, when language is most

efficiently used where it is most efficiently misused. Since we cannot dismiss it all at

once, at least we do not want to leave anything undone that may contribute to its

disrepute. To bore one hole after another into it, until what lurks behind it –be it

something or nothing –begins to seep through; I cannot imagine a higher goal for a

writer today.

So, it's clear that there are a lot of evidences of his linguistic

switch, especially in letters. Actually, in his letters Beckett used to switch

from English to French also in a single conversation, sometimes even in

a single sentence. In some letters written in English, there are many

French expressions, for instance once he wrote: “I’m very sorry to hear

that you are laid up again: at the Corneille, n’est-ce pas?" or “Won’t you

keep me au courant” .These examples show the growing influence of

French in Beckett's life and his great fluency in both languages. At that

time, this switch was considered as something negative ,but now, after

many studies carried out on bilingualism, researchers agree that only

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people having great fluency in two or more languages are able to shift

among them so rapidly. Now it's clear that Beckett was one of those

people. His letters show something really interesting: first of all, this

switch occur just in letters written in English. The letters written in

French remained "pure"; this can be explained with the fact that Beckett

wasn't a native French man, and the switch into English in French letters

would have meant that he wasn't fluent in French language. Secondly,

they show that the switch happens only in letters addressed to close

friends. This theory is confirmed by the fact that in these letters the style

of the author is more relaxed and playful. He also uses a lot of

abbreviations such as: “taking it as easy as poss” or “Ne demande pas

mieux but don’t have the price”. Therefore, letters confirm that French is

already engrained in Beckett's mind, and this could be one of the reasons

for him to write in this language; probably writing in French became

easier than writing in English, or maybe writing in English wasn't so

easy as before. Beckett himself once declared in a letter: “my English is

getting rusty”.

Beckett didn't justify his choice to write in French in a clear and

direct way; his comments on this topic were often contradictory and

indirect. One of his justifications was "I just feel like it". In 1956,during

an interview to an American journalist, he declared: “it was a different

experience from writing in English. It was more exciting for me, writing

in French”. He also said to a Swiss journalist:“Parce qu’en français

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c’est plus facile d’écrire sans style”("Because in French is easier to

write without a style"). All his motivations were probably true and

authentic, but they don't clarify the reason why he made this decision. He

has never spoken about his bilingualism, so maybe the author himself

wasn't completely conscious about the reason of this choice.

III.3The reasons of Beckett's bilingualism

Beckett's ability in French probably improved during the two years

he spent in Roussillon. These years were fundamental in his linguistic

growth First of all, his stay in outskirts gave him the possibility to learn

a different French from the one he knew. Dan Gunn1 declared that :

"During the War years Beckett is immersed in a France, and a French,

that is very different from the world of Paris intellectuals he knew”. It is

important to say that Beckett spoke French almost every day in that

period, so that in a short period of time it became his day-to-day

language. His last work written in English, Watt, there clearly shows the

influence of French. He started writing this novel in Paris, and continued

during his stay in Roussillon, so this manuscript is the proof of the

growing influence of French in the author's mind.

1Dan Gunn is one ot the author of the book "The letters of Samuel Beckett".

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III.4Self-translation related problems

Beckett's capability of switching from English to French caused

him frustration and a great sense of powerlessness. Every author has to

"make compromises" with the language, but the situation gets

complicated when two languages are involved. Recent studies show that

bilingual people suffer from the "tip-of-the-tongue phenomenon" more

than monolingual people. This "is the phenomenon of failing to retrieve

a word from memory, combined with partial recall and the feeling that

retrieval is imminent. The phenomenon's name comes from the saying,

"It's on the tip of my tongue". All these aspects are really important in

order to understand Beckett's style. In order to self-translate his works,

Beckett was constantly switching between the two languages; as a

consequence, he was always looking for the most appropriate word to

use, and this was really frustrating. His constant quest for the "best"

word is clearly represented by his last work, "Comment Dire" or by

"What is the Word". Here Beckett, by means of hyphens, repetitions and

elisions, explores and represents the discouraging challenge a bilingual

author must face to find the right words. Here the first part of this work:

folie

folie que de

que de

comment dire

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folie que de ce

depuis

folie depuis ce

donné

folie donné de que de

comment dire

This work, together with "Watt" and his letters, show us the

tensions and interactions in Beckett's linguistic choices. In order to fully

understand and appreciate Beckett's works, it’s necessary to take into

account Beckett’s bilingualism and the related problems.

III.5 Translating Beckett's bilingualism

How is it possible to translate two texts into one? It is known that

one of the main characteristics of Beckett's style is the presence of

repetitions; the repetition of words, the repetition of the history nut with

different words, the obsessive repetition of sentences and situations,

etc...

Through self-translation the author discovers new ways to say and

repeat almost the same concept. With his self-translation, Beckett

rewrote his own text, gradually modifying it, revealing his intention to

reiterate the same concepts ,but confirming the impossibility to repeat

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exactly the same things. Therefore, all the temporal and spatial

circumstances, all the unavoidable modifications of the composition

contribute to the evolution of the text. This topic leads to another

important question: is it necessary for the translator to adapt the text to

the receiving culture? Beckett is able to self translate the text without

losing the sense of the original writing . Despite the unavoidable

differences between the two languages, the two texts and the

modifications ,all these aspects are very difficult to detect. There are

many questions that remains still open: which is the best version to be

translated? Is it possible to translate starting from two texts? And then

,what to do when the two versions present great differences? It is clear

that a translation into a third language will become another variation of

the text, due to the obvious differences among the languages.

IV. Translating Giacomo Leopardi and Eugenio Montale

Giacomo Leopardi2 was an innovator for the Italian and European

poetry; due to the musicality of his poems ,translating his work is

2Giacomo Leopardi was an Italian philosopher, poet, essayist, and philologist. He is widely seen

as one of the most radical and challenging thinkers of the 19th century .Although he lived in a

secluded town in the conservative Papal States, he came in touch with the main ideas of the

Enlightenment, and through his own literary evolution, created a remarkable and renowned

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considered to be a complex work. The first verse of "Night-time chant of

a wandering Asian sheep-herder" says:

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,

Why are you there, moon, in the sky? Tell me

Behind the seemingly ordinary sense ,there is the great power of

Leopardi's words. In this chapter, I will analyse the work made by

Jonathan Galassi, who is a translator and also the president and publisher

of Farrar, Straus and Giroux. In his translation, Galassi tries to fulfil the

needs of the English language. Leopardi dedicated himself and his works

to the analysis of the material universe described by empirical science: a

world that is indifferent towards human beings, that follows its own rules

and not those of God. It's important to remember that Leopardi's life

wasn't easy due to his health's problems. Moreover, during his lifetime

Italy was under the Austrian domination. These and other events led to

his pessimism. In his late works, Leopardi started to write with a concise

and short style. For example, in his poem "To Himself" (A se stesso)

there are sentences which are composed sometimes by a single word like

"Perì" or two like "Assai palpitasti".Here below are the two versions, the

original in Italian and Galassi's translation into English.

Or poserai per sempre,

poetic work, related to the Romantic era. The strongly lyrical quality of his poetry made him a

central figure on the European and international literary and cultural landscape.

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stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,

ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,

in noi di cari inganni,

non che la speme. Il desiderio è spento.

Posa per sempre. Assai

palpitasti.

Now you’ll rest forever,

worn-out heart. The ultimate illusion

that I thought was eternal died. It died.

I know not just the hope but the desire

for loved illusions is done for us.

Be still forever.

You have beaten enough.

The end of the illusion of love shines through this poem. The

sweetness of young love gives him the chance to create melancholy

landscapes full of sentimentalism even in poems that have a tragic end.

In "To Silvia" there is a young Leopardi who admires a girl from the

balcony, but at the end of the poem the reader discovers that this girl is

dead.

I looked out on the cloudless sky,

the golden streets and gardens,

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and, far off, the sea here and mountains there.

No mortal tongue can tell

all that I felt.

After all these reflections, the question is: Can Leopardi's poems

be translated? The above-mentioned examples show some translation-

related problems. Galassi as translator has the capability to be extremely

clear, but sometimes his translations are unsatisfactory to the readers,

because the subject of the poem is often not clear. For instance ,in the

poem "Il tramonto della luna" ("The Waning of the Moon" ) there is a

line in which Leopardi uses the word "life" that in Italian is a feminine

word, but that in English doesn't have a gender. In this case, Galassi

choses the pronoun "she" , but the reader will probably have problems to

understand which is the subject of the line. Other translators, for

example3Arturo Vivante, used the pronoun "it":

Ma la vita mortal, poi che la bella

Giovinezza sparì, non si colora

D'altra luce giammai, nè d'altra aurora.

Vedova è insino al fine.

3Arturo Vivante Italian-born writer .He had written stories,poetry and later translated Giacomo

Leopardi.

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But mortal life...

never colours itself

of other light, or other dawn.

Widow it is to the end.

While Galassi decided to change the reflexive form of the verb

into a passive form, Vivante chose to keep the active form of the original

version. In this way, he creates some idiomatic expressions (for example

:"life/never colours itself/of other light.”) Leopardi himself once said:

"un poeta,anche uno bravo,potrebbe non essere tanto acclamato,dal

momento che se anche egli diventasse famoso nel suo paese,potrebbe

essere scarsamente conosciuto all'estero, perchè la poesia perfetta non

può essere tradotta in altre lingue" (A poet ,even a good one, couldn't be

very appreciated, because even if he becomes famous in his own country,

he could be scarcely known abroad, as perfect poetry can't be translated

into other languages).

Despite these altercations, it's clear that for English readers,

Galassi's translations are more natural compared with those of 4R. C.

Trevelyan. Another example of Leopardi's translation-related problems is

"Ginestra" ( "The Broom"):this poem is characterized by the typical

rhythm of Leopardi's poetry. Galassi ,due to the modern syntax's

4 R. C. Trevelyan :was an English poet and translator, of a traditionalist sort.

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regulations ,decided to make a great change, transforming one sentence

in Italian into two sentences in English. Despite this transformation ,the

translation keeps the visual effect of the original version:

These fields

strewn with sterile ashes, blanketed

by hardened lava

that echoes to a wanderer’s steps,

where the snake nests and coils under the sun

and the hare goes home

to his familiar cave-like den—

these were happy, prospering farms.

They were blond with wheat

and echoed with lowing cattle;

here were gardens, villas, welcome

respite for the powerful,

and famous cities, which, with rivers

pouring from its fiery mouth,

the implacable mountain crushed,

along with their inhabitants.

Questi campi cosparsi

Di ceneri infeconde, e ricoperti

Dell'impietrata lava,

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Che sotto i passi al peregrin risona;

Dove s'annida e si contorce al sole

La serpe, e dove al noto

Cavernoso covil torna il coniglio;

Fur liete ville e colti,

E biondeggiàr di spiche, e risonaro

Di muggito d'armenti;

Fur giardini e palagi,

Agli ozi de' potenti

Gradito ospizio; e fur città famose

Che coi torrenti suoi l'altero monte

Dall'ignea bocca fulminando oppresse

Con gli abitanti insieme.

Galassi translated also another important Italian poet as well,

Eugenio Montale. Also 5William Arrowsmith translated some of

Montale's works, so it's interesting to make a comparison between the

two translators. The great difference between them is that while

Arrowsmith doesn't hesitate to change the line in order to be consistent

with the meaning, Galassi tries to be accurate and to maintain the

structure of the original version. We cannot overlook the fact that

sometimes this approach undermines the beauty of Montale's poetry. A

clear example of this situation is the translation of the poem “La bufera e

5William Arrowsmith: was an American classicist, academic, and translator.

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altro” which should be translated literally with “The Storm and Other

Things”. Galassi decided to translate with “The Storm, Etc”. Instead, in

the poem “Casa sul mare”(“House by the sea”) he translated literally

with caution:

Tu chiedi se così tutto vanisce

in questa poca nebbia di memorie;

se nell’ora che torpe o nel sospiro

del frangente si compie ogni destino.

Vorrei dirti che no, che ti s’appressa

l’ora che passerai di la dal tempo;

forse solo chi vuole s’infinita,

e questo tu potrai, chissa, non io.

You ask if everything dissolves like this

in a thin haze of memories,

if in this torpid hour or the breaker’s sigh

every destiny’s fulfilled.

I’d like to say no, that the moment

when you’ll pass out of time is rushing toward you;

maybe only those who want to become infinite,

and, who knows, you can do it; I cannot.

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IV.2 Montale as translator

Eugenio Montale is widely known as one of the greatest Italian

poets ,and one of the main poets of the XX century. He was awarded the

1975 Nobel Prize in Literature. He was a translator as well, in fact in

1948 he published “Quaderno di traduzioni”. He translated works

written by T.S Eliot, Ezra Pound ,William B. Yeats. Montale was able to

understand and explain the hidden meanings of the poem he translated,

still being faithful with to the spirit of the original work. Reading a

Montale's translation of Shakespeare's works, for example, it's clear that

his translations, while enhancing the beauty of the original poem, are not

inconsistent with the sense Shakespeare wanted to express:

Full many a glorious morning have I seen

Flatter the mountain tops with sovereign eye,

Kissing with golden face the meadows green,

Gilding pale streams with heavenly alchemy;

Spesso, a lusingar vette, vidi

splendere sovranamente l’occhio del mattino,

e baciar d’oro verdi prati, accendere

pallidi rivi d’alchimie divine;

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The rhythm remains unvaried, even if the translation is not very

literal. He was able to elevate the translations thanks to his talent,

without betraying the rhythm or the significance of the original text.

IV.3 The translations of “Il Commissario Montalbano”

(Inspector Montalbano) by Andrea Camilleri

By taking as an example the series of novels and short stories

written by Andrea Camilleri, it's possible to analyse the translation -

related problems that those who translate from Italian into English have

to face. In this specific case, Camilleri uses very frequently the dialect,

so the question is: how do the English translators have to approach a text

written in the Padanian dialect used by Dario Fo or the Sicilian dialect

used by Andrea Camilleri? In the specific case of the Inspector

Montalbano the biggest problem for the translator is the wide use of the

dialect; it's impossible to translate an Italian dialect with an English

dialect because it could produce a unwanted comic effect or a parody of

the characters that aren't consistent with the original text and with the

author's will. 6Stephen Sartarelli is the official translator of Inspector

Montalbano into the English language. Sartarelli in his translations uses

the typical slang of Brooklyn's Sicilian police-men, to express the way of

6Stephen Sartarelli is an American poet and translator. Specialized in translations from French

and Italian into English .He also translated works written by Giacomo Casanova,Roberto

Calasso ,Umberto Saba e Pier Paolo Pasolini.

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speaking of Catarella, who version does not speak a very good Italian in

the original.

Despite the complications, the translation was a success; thanks to his

work the novel of Camilleri has been appreciated all around the world.

IV.4 The translation into English

We must say that, with the exception of the Sicilian dialect, the

locations, the author's ironic style, and crime novels are well-known

elements in Italians’ life. For this reason, for an Italian reader it's easy to

assimilate those elements that are unknown initially. The American

editors avoid translations, and as a consequence, all the texts that are not

written in English; for this reason, all the texts written into another

language “become Americanised”, meaning they are translated in ways

that are in line with the American stylistic and linguistic standards. As to

Britain, Sartarelli himself affirmed that for the Anglo-Saxons, the crime-

novel is far from being something new; what makes the difference are

the Sicilian locations, the particular traditions, the political problems.

However, the fact that the translator has to translate for native English

speakers represents certainly an additional problem ,particularly for such

a peculiar text like “Montalbano”. For this reason, the translator couldn't

use a typical dialect from Australia ,America or England. He had to find

something that was clear for all the Anglophone readers. Sartarelli chose

to remain coherent with the naturalness of Camilleri, so he translated all

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the swearwords into the American slang, that by now is famous all

around the world thanks to its diffusion in movies and tv series. For all

the idiomatic expressions that don't exist in the English language, he

preferred to translate them literally, because he wanted to preserve the

musicality of the original version. The work made by Sartarelli is an

example of the complexity of the translation process; he tried to keep the

author's intentions, but some differences are inevitable, and will always

be.

5. Conclusions

This study attempted to answer the many questions related to the

issues concerning literary translation. For this purpose, it has been done

an analysis of the meaning of the term "translation", starting from its

history, in order to examine the issues related to it. The answers to these

questions have highlighted a considerable difficulty in finding an

objective and universal approach to translation. Specifically, the case of

bilingualism and the resulting self-translation have been analysed. The

analysis of these factors has demonstrated the numerous complications

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linked to this typology of translation, as the texts examined in this paper

show, namely the works of Samuel Beckett. In the second part this

research focused on the translations of some texts by other well-known

Italian authors such as Leopardi and Montale, and in the final part on the

translations of Camilleri’s works, with an analysis on the translation

approach to adopt towards. What emerges from this study is that it is not

possible to develop a single theory that is valid for all cases, each text

needing a detailed and accurate analysis in order to determine which is

the most suitable translation approach.

I. Introduction

L'objectif de cette thèse est celui d'analyser la traduction littéraire

et ses nombreux problèmes, par une brève référence à certains types

spécifiques de traduction comme la traduction théâtrale. Plus

précisément, le travail vise à analyser les œuvres et le style de Samuel

Beckett, prix Nobel de littérature en 1969. Ce travail analyse le

problème du bilinguisme et surtout le bilinguisme de Beckett et

l’influence qu’il a eu sur sa carrière et son héritage. Grace à ce projet de

recherche il y a la possibilité d’analyser certains facteurs importants liés

à la traduction littéraire.

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II. La traduction

La traduction est en général définie comme le fait de faire passer

un texte rédigé dans une langue dans une autre langue. Elle compare

aussi deux contextes sociaux et culturels différents. Ce n'est pas un

processus universel; la traduction est influencée par des facteurs

extérieurs comme ceux sociaux et culturels, et le traducteur aussi est

conditionné par de nombreux éléments. En effet, selon plusieurs

chercheurs ,les traducteurs et les interprètes doivent devenir médiateurs

culturels, puisque la langue est directement liée à la culture. Le débat sur

la traduction est toujours d'actualité. La question principale a pour objet

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le signification du terme "fidélité". Quelle est la typologie de traduction

la plus appropriée? Est-ce que la traduction «à la lettre» vaut mieux que

la traduction "à l’esprit"? Est-ce que le traducteur peut être sûr d'avoir

parfaitement compris le sens du texte? Voici quelques-unes des questions

sur la traduction; les réponses sont nombreuses et différentes, pour cette

raison il est difficile de donner à la traduction une définition qui tienne

compte de tous les facteurs qui font partie de ce processus. Le but de la

traduction est de créer une texte qui soit équivalent au texte original. Le

texte d'arrivée doit être équivalent au texte original (ou "texte source" ou

"texte de départ"),mais à l'intérieur d'un nouveau contexte culturel

géographiquement et chronologiquement diffèrent. Tous ces éléments

rendent la traduction beaucoup plus compliquée. En ce qui concerne

quelques principaux problèmes de la traduction, il faut dire qu’il y a des

mots et des idées qui différent de l’autre langue. Donc il est évident que

la traduction n'est pas seulement un processus mécanique. Il ‘y a deux

principal types de principaux:

• Traduction technique (des textes scientifiques, juridiques ou

administratifs).

• Traduction littéraire (qui concerne particulièrement les

romans et les poèmes).

Dans le domaine de la traduction littéraire, il y a des

approches différentes :

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• En ce qui concerne la traduction des textes antiques, il est

préférable une traduction "mot à mot”, en accordant une

attention particulière aux syntaxes originales.

• Une approche communicative, qui vise à reproduire le même

effet du texte original.

• L'adaptation: cette approche est utilisée surtout dans la

traduction des poèmes et des scripts; la traduction adapte le

texte d'arrivée bien que le sens des mots ne soit pas

exactement le même.

II.1 L'auto traduction

L'auto traduction est une forme particulière de traduction dans

laquelle le traducteur est aussi l’auteur du texte original. Ce terme définit

le choix d'un auteur de traduire son propre texte dans une autre langue.

Récemment, elle a été reconnue comme un secteur spécial de la

Traductologie. Il ‘y a beaucoup de types différents d’auto traduction :

• Elle peut être une activité régulière de l'auteur ou une

activité occasionnel.

• L'auteur peut décider de traduire le texte simultanément à

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la rédaction du texte original.

• L'auto traduction peut inclure plus qu'une langue

d'arrivée.

Il ‘y a des éléments particuliers qui portent à l'auto traduction,

comme la domination culturelle d'une langue spécifique ,qui peut

provoquer l'auto traduction dans une langue minoritaire ou un dialecte,

aussi bien qu'un bilinguisme parfait (comme dans le cas de Samuel

Beckett, qui parlait parfaitement aussi bien le française que l'anglais.)

Souvent les auteurs bilingues préfèrent de traduire ses propres textes

dans une autre langue; il est préférable parce qu’ ils ‘ont la chance de

reformuler le sens exacte du texte original dans la langue d'arrivée.

II.2 La traduction théâtrale

Le texte théâtral est considéré l'un des plus difficiles type de texte

à traduire, parce qu’ il est conditionné par les besoins de la

représentation; il ‘y a un lien étroit entre le texte et la scène, ainsi que la

difficulté de la traduction des conversations et des répliques. Il existe

deux types de traduction théâtrale:

• Celle qui reste fidèle au texte (souvent destiné à la

lecture),pour faire mieux comprendre aux lecteurs le sens

du texte.

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• Celle qui modifie la structure du texte original en

conformité de la culture d'arrivée et les besoins de la

représentation

Il ‘y a une grande différence entre ces deux typologies de

traduction: le traducteur qui traduit un texte théâtrale destiné à la

lecture(souvent il s'agit de textes classiques) se concentre sur les aspects

philologiques et linguistiques ; dans ce cas la méthode ressemble à celle

de la traduction littéraire. En ce qui concerne la traduction du texte

destiné à la mise en scène, le traducteur doit transformer les

conversations en répliques claires et linéaires, aussi bien pour les acteurs

que pour les spectateurs. Les dialectes sont utilisés également dans les

textes théâtraux, voici une autre difficulté pour le traducteur.

II.3 La traductologie

La traductologie a été reconnue comme une discipline seulement

dans les années 1980; elle est une science qui étudie le processus cognitif

et le processus linguistique concernant la traduction. Elle est une science

interdisciplinaire, parce qu'elle implique d’ autres disciplines comme la

traduction, l'histoire et la culture, la terminologie, les langues spéciales,

l'enseignement et la pratique de la traduction. Initialement, la discipline

s'occupait seulement des aspects linguistiques, sans prendre en

considération le domaine culturel et social. Aujourd'hui, les chercheurs

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de cette discipline confirment qu'il est nécessaire de reconnaitre aussi

bien les aspects théoriques ,que ceux pratiques. Les deux objectifs de la

discipline sont:

• la description des processus traductifs

• l'élaboration des normes à travers lesquels expliquer les processus

Voilà quelques-unes des théories plus diffusées, qui on fait l' objet de

débat: la théorie de l'équivalence, la théorie du Skopos, la théorie de la

traduction culturelle.

III. Le bilinguisme dans le cas de Samuel Beckett

Des études récentes dans le domaine de la neurolinguistique et de

la psycholinguistique ont montré que les personnes bilingues ou

multilingues sont profondément différentes des personnes monolingues.

Le bilinguisme est défini comme "la capacité d'un individu d’alterner

entre deux langues selon ses besoins ". Selon diverses études, il y aurait

des avantages considérables à être bilingue. Le bilinguisme semble

promouvoir les connaissances métalinguistiques et d'autres aspects

cognitifs pourraient également en bénéficier. Samuel Beckett était un

écrivain bilingue qui, entre autres choses, travaillait comme auto-

traducteur. En 1969, il reçoit le prix Nobel de littérature pour «son

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œuvre, qui à travers un renouvellement des formes du roman et du

théâtre, prend toute son élévation dans la destitution de l'homme

moderne» . Il avait une capacité linguistique extraordinaire, qui est

particulièrement évidente durant ses années d'études au Trinity College

de Dublin, au cours desquelles il n'a eu aucune difficulté à s'exprimer en

français, mais aussi en italien et en allemand. Le bilinguisme de Samuel

Beckett était le point central d'une grande partie de ses œuvres, et pour

cette raison c’est l'objet de ses nombreuses études et critiques. En 1937,

il commence à écrire des poèmes en français et en 1939, il termine la

traduction de son premier roman, Murphy, en choisissant cette langue

comme moyen d'expression. Il a commencé a écrire ses œuvres en

anglais, puis il a changé vers le français, et ensuite il est retourné à

l'anglais. Le passage de l'anglais au français implique un renouvellement

significatif du style d'écriture. Il avait l'habitude de revoir ses œuvres

tout en les traduisant dans une autre langue; cela a conduit à de

nombreuses versions de ses œuvres. Ses traductions représentent des

textes nouveaux et parallèles, en effet les critiques de Beckett

considèrent ses propres traductions comme des textes qui prolongent et

amplifient l'original. L'écriture en français permet à Beckett de contrôler

son style et lui permet donc de créer des textes très différents de ceux

écrits précédemment en anglais. En 1956, Beckett revient à l'écriture en

anglais avec sa première œuvre radiophonique "All That Fall"; a partir

de ce moment, Beckett traduira toutes ses œuvres, ou écrira ses œuvres

simultanément dans les deux langues. Ce sont donc les années 1950 qui

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marquent le début du travail bilingue de Beckett. Tous les textes écrits

après le roman Murphy (1938) ont été traduits en anglais ou en français

par Beckett lui-même. La traduction devient un texte nouveau et

parallèle, une continuation du travail sur le texte. Beckett modifie

souvent la nouvelle version, ce qui démontre qu’ il est impossible de

répéter exactement les mêmes procédures pendant le processus de

traduction. Alors que Beckett n'était pas seulement un auteur mais aussi

un metteur en scène, la traduction de ses textes devient encore plus

compliquée. En effet, en travaillant sur la mise en scène il modifiait ses

textes. Cela rend encore plus difficile la traduction de ses œuvres dans

d'autres langues. Les principaux problèmes pour le traducteur sont les

suivants: quelle version des textes de Beckett devrait être traduite? Est-

ce que l'auto-traduction a la même valeur que le texte original ? Au cours

des dernières années, l'intérêt pour le bilinguisme de Beckett et ses

traductions s'est considérablement accru. L'auto-traduction diffère

généralement des autres formes de traduction, mais on peut aussi dire

que l'auto-traducteur n'est pas un traducteur à part entière. La production

d'une auto-traduction est un texte littéraire complémentaire qui ne

consiste pas simplement à ramener le texte original dans une autre

langue; dans la plupart des cas il ne respecte pas la version originale de

l'œuvre. Par exemple, en faisant une comparaison entre Fin de partie et

Endgame, nous remarquons de petites mais évidentes différences :

nuances de sens et différents idiomes . Ces petits changements rendent le

sens du travail plus précis et plus profond. Il faut aussi faire la distinction

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entre les textes nés avec l'idée d'être écrits dans les deux langues, et ceux

qui ont été traduits des années après la rédaction de l'original. Dans le

premier cas, lorsque la traduction d'une langue à une autre est faite

immédiatement après la rédaction de l'original, la correspondance entre

le texte authentique et la traduction est claire ; au contraire, dans le

second cas, quand la traduction est faite des années plus tard, les deux

versions sont très différentes. Par exemple, les versions anglaise et

française de la Trilogie (Molloy, Malone Dies, Unnamable), ne

présentent pas de différences significatives, puisque la traduction a été

faite immédiatement après la fin de la rédaction du texte original. D'autre

part, les versions anglaise et française de Murphy et Watt semblent être

très différentes, puisque la traduction en français a été faite plus de vingt

ans plus tard de celle en anglais. Par conséquent, les questions qui

suivent sont: est-ce qu'un texte auto-traduit peut être considéré comme

un texte différent du texte original? Est-ce qu'une auto-traduction produit

une double originalité ? 7Ruby Cohn a été l'un des premiers à aborder

cette question et à examiner les différences entre les textes de l'auteur et

ses propres traductions. Dans son texte de 1961 "Samuel Beckett Self-

Translator", Chon a examiné les traductions de "Murphy", "En attendant

Godot" et " Fin de partie", donc elle a été la première à se rendre compte

des différences considérables entre les versions anglaise et française. Au

cours de l'étude de ses textes, il est apparu que la question est de savoir si

7Ruby Cohn était une spécialiste du théâtre et une des principales expertes du dramaturge Samuel

Beckett. Elle a été professeure de théâtre à l'Université de Californie à Davis pour trente ans.

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la traduction est secondaire par rapport à l'œuvre originale. Les

conclusions concernant les œuvres bilingues de Beckett sont très

différentes, puisqu'il est impossible de savoir si les divergences sont le

résultat de l'intention de l'auteur ou de la nécessité de la langue. Parfois,

Beckett répond aux questions avec des blagues, quand il lui demande

pourquoi il a écrit dans une autre langue. En fait, il a lui-même affirmé:

« c'était plus passionnant pour moi, d'écrire en français» . En outre, il

justifie le choix de traduire lui-même ses textes en disant :«d'une façon

générale, je sais que je ne supporterai pas mon travail traduit en anglais

par un autre. Et réviser, comme j'essaie de le faire en ce moment, me

donne encore plus de mal que de traduire moi-même, et pour un résultat

déplorable» . 8Chiara Montini a déjà abordé cette question lorsqu'elle a

examiné les traductions des textes de Beckett en italien, déclarant que le

bilinguisme de l'auteur laisse beaucoup de place aux traducteurs dans

une troisième langue, qu'ils doivent être conscients de l'existence des

deux textes et qu'ils doivent les consulter pendant qu'ils essaient de

traduire. Les spécialistes conviennent d'une chose : aucune version ne

peut être remplacée approximativement par l'autre. Chaque version doit

être étudiée et analysée, en tenant compte également de la relation

précise existant entre les deux versions.

La raison du fameux "changement" d'écriture de l'anglais vers le

français a été le sujet d'étude pendant des années, souvent associé à la

8Chiara Montini elle est traductrice et chercheuse à l'Item (Institut des Textes et Manuscrits Modernes,

ENS/CNRS, Paris) où elle s'occupe de génétique textuelle, de multilinguisme et de traduction.

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fameuse lettre que Beckett a écrit de Dublin à son ami allemand Axel

Kaun le 9 juillet 1937. Cette lettre a été fréquemment citée par la critique

; en fait, Beckett affirme ici avoir l'intention d'éliminer la langue, ou, à

défaut, qu'il voudrait au moins contribuer à sa chute en ruine.

Les remarques que l'auteur lui-même a fait au sujet de sa décision

d'écrire en français sont sporadiques, contradictoires et indirectes. En

réponse à un journaliste suisse, il a dit :“Parce qu’en français c’est plus

facile d’écrire sans style”. Toutes ses motivations contenaient

probablement certaines (ou plusieurs) vérités, mais elles n'ont pas clarifié

sa décision de passer au français, et le fait qu'il n'a jamais parlé

ouvertement de son bilinguisme pourrait signifier que la motivation de

son geste pourrait ne pas être très claire, même pour lui-même. Les

lettres contiennent également de nombreux exemples de changement de

langue, par l'alternance arbitraire apparente de deux ou plusieurs langues

dans une seule conversation, ou même dans une seule phrase. Dans les

lettres écrites en anglais, les mots, les expressions, voire des phrases

entières sont inclus en français. Par exemple, il a écrit dans une lettre:

"I’m very sorry to hear that you are laid up again: at the Corneille,

n’est-ce pas?", ou encore “Won’t you keep me au courant” . Il est donc

clair que Beckett avait une grande connaissance des ces deux langues et

qu'il était donc capable de les alterner. Au départ, ce changement rapide

d'une langue à une autre à été considéré comme quelque chose de

négatif, mais aujourd'hui, il est généralement reconnu comme un signe

de fluidité : les recherches ont montré que seuls ceux qui parlent

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parfaitement deux langues sont capables de les alterner de cette façon. Il

est intéressant de noter que le changement linguistique n'a lieu que dans

des lettres que Beckett écrit à des amis proches, des personnes

auxquelles il est lié et devant lesquelles il n'a pas besoin de

s'autocensurer. Cette théorie est confirmée par le fait que dans ces lettres,

le style de l'auteur est plus simple et informel, et il y a de nombreuses

abréviations. Par exemple: “taking it as easy as poss” ou “Ne demande

pas mieux but don’t have the price”. Pour conclure : les lettres

corroborent ce que l'œuvre Watt montre clairement : malgré sa grande

maîtrise de la langue française, elle ne remplace pas l'anglais comme

langue dominante de l'auteur. Ce pourrait être l'une des raisons qui ont

encouragé Beckett à commencer à écrire en français ; il était

probablement devenu plus facile d'écrire en français qu'en anglais, ou

simplement écrire en anglais n'était plus aussi simple qu'avant. Comme

Beckett lui-même l'a dit dans une lettre jamais publiée :"Mon anglais

devient rouillé".

III.1 Difficultés liées au bilinguisme

Des études psycholinguistiques récentes ont montré que les

personnes bilingues ont tendance à souffrir plus que les personnes

monolingues du "Mot sur le bout de la langue». Il est le phénomène qui

désigne l'impossibilité à retrouver un mot en mémoire . En traduisant ,

Beckett continue de travailler avec les deux langues , en les utilisant

activement et en les alternant; cela rend la recherche de mots encore

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plus difficile et frustrante. L'effort pour trouver le mot juste est au cœur

de l'œuvre de Beckett, ce qui est brillamment expliqué dans son dernier

ouvrage, "Comment Dire" ou "What is the Word". Dans cet essai, par des

tirets, des répétitions et des élisions, Beckett représente et explore la

recherche démoralisante qu'un auteur bilingue doit effectuer pour trouver

les mots justes. Ce qui émerge de ce texte, avec le manuscrit " Watt" et

les lettres publiées, nous montre les tensions et les interactions présentes

dans les choix linguistiques de Beckett, qui font partie intégrante de

toute son œuvre. Une autre caractéristique importante du style de Beckett

est la répétition : la répétition des mots , la répétition de l'histoire mais

avec des termes toujours différents, la répétition de phrases et de

situations, etc. Traduisant ses œuvres, il réécrit son propre texte, le

modifiant progressivement, montrant l'intention de vouloir réaffirmer les

mêmes concepts, tout en confirmant l'impossibilité de répéter

exactement la même chose. Par conséquent, toutes les circonstances

temporelles et spatiales, toutes les modifications inévitables contribuent

à l'évolution du texte, faisant de l'écriture elle-même un phénomène

limité et circonscrit. Malgré les inévitables différences entre les deux

textes, et les changements apportés par l'auteur pendant la réécriture, la

deuxième version représente une grande aide pour l'auteur en clarifiant

les ambiguïtés ou en résolvant les difficultés d'interprétation. C'est

pourquoi, dans la plupart des cas, les modifications apportées par les

traducteurs ne sont perceptibles qu'à travers une lecture minutieuse et

une comparaison approfondie du texte traduit avec le texte original.

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V. Conclusion

Cet étude a cherché à répondre aux nombreuses questions liées

aux problèmes de la traduction littéraire et, à cette fin, une analyse a été

faite de la définition du terme "traduction", en commençant par son

histoire, puis en arrivant à une analyse des questions qui s'y rapportent.

Les réponses à ces questions ont mis en évidence une difficulté

considérable à trouver une approche objective et universelle de la

traduction. Plus précisément, le cas du bilinguisme et de l'auto-traduction

ont été étudiés, et l'analyse de ces facteurs a démontré les diverses

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complications associées à ce type d'activité, particulièrement en ce qui

concerne les textes examinés dans le présent document, c'est-à-dire les

œuvres de Samuel Beckett. Ce qui ressort de cette étude est qu'il n'est

pas possible de développer une seule théorie qui soit valide pour chaque

cas ; il c’ est nécessaire de procéder à une analyse détaillée et précise de

chaque texte afin de déterminer quelle est l'approche de traduction la

plus appropriée.

Ringraziamenti

Il primo doveroso ringraziamento va alla mia relatrice Adriana Bisirri e

ai correlatori Alfredo Rocca, Tiziana Moni e Claudia Piemonte, che mi

hanno aiutato nella stesura e nella correzione del lavoro e, inoltre, a tutti

i professori e al personale della segreteria didattica.

Un ringraziamento speciale va ai miei amorevoli genitori Massimo e

Valeria e al mio amatissimo fratello Riccardo, che mi hanno sempre

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sostenuto nelle mie scelte e mi sono stati accanto in ogni momento di

questo lungo ed importante percorso, così come tutta la mia famiglia, per

l’affetto ed il supporto che mi ha sempre mostrato.

Ringrazio anche i miei carissimi amici e amiche, quelli sardi per essermi

sempre stati vicini nonostante la distanza, quelli romani, quelli fuori sede

e i miei coinquilini, per essere stati tutti una seconda famiglia che mi ha

accolto e mi ha mostrato l'affetto di cui avevo bisogno, essendo lontana

da casa.

Ringrazio Leonardo, per l’amore incondizionato e per aver sempre

creduto in me.

Ringrazio la città di Roma, che nel bene e nel male è diventata una

seconda casa, e che porterò nel cuore per il resto della mia vita.

Infine ringrazio la mia amata Sardegna, il cui calore non mi ha mai

abbandonato.

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Bibliografia

Buffoni F., Con il testo a fronte: indagine sul tradurre e l'essere tradotti

Buffoni F., La traduzione del testo poetico

Nasi F., Sulla traduzione letteraria: figure del traduttore, studi sulla

traduzione, modi del tradurre

Manferletti S., Tradurre dall'inglese: avviamento alla traduzione

letteraria

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Salmon L., Mariani M., Bilinguismo e traduzione: dalla neurolinguistica

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Sitografia

https://asmarttranslatorsreunion.wordpress.com

www.cairn.info

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http://freemaninrealworld.altervista.org

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https://www.poetryfoundation.org

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http://www.vigata.org