SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO “GIACOMO VITALE” · Il mare e il clima di Napoli ... risale al...

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Anno Scolastico 2016-2017 Compito di realtà Viaggio d’istruzione tra le bellezze di Napoli Mini-guida turistica realizzata dalle classi terze SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO “GIACOMO VITALE” Via V. Caso, 2 – 81016 Piedimonte Matese (CE) Tel. 0823911157 – Fax. 08231452048 cod. mecc.: CEMM07300T – codice fiscale.: 82000860617 – Cod. univ. UF2KI2 e-mail: [email protected] - cem- [email protected] web: www.scuolavitale.gov.it

Transcript of SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO “GIACOMO VITALE” · Il mare e il clima di Napoli ... risale al...

Anno Scolastico 2016-2017

Compito di realtà

Viaggio d’istruzione tra le bellezze di Napoli

Mini-guida turistica

realizzata dalle classi terze

SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO

“GIACOMO VITALE”

Via V. Caso, 2 – 81016 Piedimonte Matese (CE)

Tel. 0823911157 – Fax. 08231452048

cod. mecc.: CEMM07300T – codice fiscale.:

82000860617 – Cod. univ. UF2KI2

e-mail: [email protected] - [email protected] web:

www.scuolavitale.gov.it

Napoli è la città di mare più grande d‟I-

talia e più famosa del Mediterra-

neo.

Il golfo di Napoli si estende per

870 km² da Monte di Procida a

nord-est, a punta Campanella a

sud, con una profondità media di 170 m.

Il golfo di Napoli è dominato

dal Vesuvio ad est, dalla cate-

na dei monti Lattari a sud e

dal monte Epomeo sull'isola

di Ischia. La parte nord del

golfo, ad ovest di Napoli, è

occupata dal sistema di vulca-

ni dei Campi Flegrei.

Nel golfo ci sono numerose isole che costituiscono l'arcipelago Campa-

no. Le più grandi ed

importanti sono Ischia,

Procida, Vivara e Capri,

che ne definiscono

idealmente i confini. Si

aggiunge Nisida, situata

nel golfo di Pozzuoli.

Il mare e il clima di Napoli

La presenza del mare influenza fortemente il clima di Napoli che è di

tipo mediterraneo, con inverni miti e piovosi ed estati calde e secche.

Le escursioni termiche stagionali e giornaliere sono meno intense grazie

all‟effetto delle brezze marine.

Una spiegazione di tale fe-

nomeno è sicuramente do-

vuta alle capacità termiche

del mare. Le masse d‟acqua

si scaldano e si raffreddano

molto più lentamente della

terraferma.

Di conseguenza, d‟inverno

l‟acqua tende a trasferire

calore alle masse d‟aria limi-

trofe, mitigando i rigori in-

vernali.

D‟estate le acque, più fre-

sche rispetto alla terraferma,

portano refrigerio alle zone

costiere.

Le brezze costiere, provenienti dal

mare, quindi, sono uno dei principa-

li fattori del clima così piacevole del-

la città di Napoli.

Il colore del mare nel Golfo di Napoli è particolarmente bello, di un

azzurro intenso e profondo.

L‟acqua, in realtà, è trasparente ma, per un principio fisico, diventa di

un magnifico colore perché riflette quello del cielo, che a Napoli è parti-

colarmente azzurro e sereno, in quanto le brezze marine e gli altri venti

spostano velocemente i corpi nuvolosi.

IL VESUVIO In posizione dominante rispetto al golfo di Napoli, il Vesuvio è uno dei

vulcani attivi d‟Europa e quello più studiato nel mondo; è uno dei più

pericolosi a causa della violenza dell‟attività eruttiva e dell'elevata densi-

tà di popolazione delle zone circostanti.

Il Vesuvio è un vulcano partico-

larmente conosciuto per le sue

continue eruzioni; la prima si è

verificata nel 79 d.C.: causò la

distruzione delle città di Ercola-

no e Pompei, oggi meta di molti

turisti. L‟eruzione più recente

risale al 1944. Il Vesuvio si risve-

gliò alle nove del mattino del 24

agosto; tuttavia, l‟eruzione iniziò

soltanto nel pomeriggio. In se-

guito, una colonna di gas e cene-

ri si sollevò per circa 15/20 km.

Qualcuno lasciò in fretta e furia

la città, altri si nascosero nei lo-

cali più riparati. Morirono incon-

sapevoli, soffocati dal calore e

dai gas tossici.

L‟eruzione del „79 d.C., o eruzione

pliniana, è quella che distrusse Er-

colano e Pompei; è stata descritta in

due lettere da Plinio il Giovane e

indirizzate allo storico Tacito. Que-

ste lettere costituiscono la prima

descrizione di un‟eruzione: da qui

deriva il termine “pliniano” per in-

dicare un‟eruzione violenta ed

esplosiva.

Piazza Municipio

Piazza Municipio è una vasta piazza rettangolare, tra le più grandi della

città, e la sua posizione la rende luogo di grande importanza; deve il

suo nome alla presenza del municipio, avente sede in palazzo S. Giaco-

mo, collocato di fronte al porto, sul lato nord della piazza. Un fresco

giardino fronteggia il palazzo e, poco più avanti, al centro della piazza,

si trova la statua di Vittorio Emanuele II.

Maschio Angioino

Il Maschio Angioino è

un castello medioevale

e rinascimentale. Si

trova in piazza Munici-

pio e nel complesso è

situato anche il museo

civico.

Maschio Angioino

ARCO DI TRIONFO

E CAPPELLA PALATINA

Tra le due torri che difendono l‟ingresso venne eretto un arco di trionfo

in marmo, che serve a ricorda-

re l‟ingresso di re Alfonso nella

capitale. Sul lato del castello

rivolto al mare si affaccia la pa-

rete della Cappella Palatina.

Adesso si possono notare solo

scarsi resti delle decorazioni

affrescate originali, alcune fatte

anche da Giotto.

Piazza del Plebiscito

Piazza del Plebiscito è una piazza di Napoli posizionata al termine di

via Toledo. Fu solo con l'edificazione dell'attuale Palazzo Reale di Na-

poli, tuttavia, che ebbe effettivamente inizio la storia di piazza Plebisci-

to. Il progetto venne affidato a Domenico Fontana, che decise di rivol-

gere la nuova residenza vicereale non più verso la «strada Toledana».

Basilica di San Francesco di Paola

La Basilica reale pontificia

di San Francesco di Pao-

la è una basilica mino-

re di Napoli, ubicata

in piazza del Plebiscito,

nel centro storico; è consi-

derata uno dei più impor-

t a n t i e s e m p i

di architettura neoclassica

in Italia.

Palazzo Reale

Il Palazzo Reale di Napoli è ubicato a Piazza del Plebiscito, dove è po-

sto il centro storico di Napoli. Fu la residenza storica dei viceré spagnoli

della dinastia borbonica.

La costruzione del Palazzo venne affidata a Domenico Fontana nel

1600. La facciata principale, lunga 169 metri, è realizzata in mattoni ro-

sati e si apre su Piazza del Plebiscito. Le otto statue poste nelle nicchie

della facciata raffigurano i re di Napoli.

Al piano nobile del palazzo si trova l‟Appartamento Reale, dove risiede-

vano i Viceré austriaci e spagnoli (1600-1734) e i sovrani dei Borbone

(1734-1860). A destra, sul primo braccio, si trovano il Teatrino di Corte

e le Sale di Udienza che affacciano su Piazza Plebiscito, mentre a sini-

stra vi sono le stanze dell‟appartamento privato che affacciano sul giardi-

no pensile; nel terzo braccio, si trovano il salone da ballo e la Cappella

Reale, mentre il quarto si apre lungo le vetrate dello scalone.

Tra il 1651 e il 1666

venne costruito lo

scalone d‟onore.

L‟ambiente è in stile

neoclassico, la volta è

a padiglione e ornata

con stucchi bianchi

su fondo grigio, raffi-

guranti festoni e

stemmi del regno.

Sulle pareti laterali si

aprono quattro nic-

chie, due per lato,

abbellite da sculture

in gesso: Fortezza e Giustizia, e altre due, Clemenza e Prudenza. Com-

pletano le decorazioni due bassorilievi in marmo di Carrara. Questo

scalone fu definito da Montesquieu “il più bello d‟Europa”.

LA SALA DEL TRONO

Il soffitto, in stile neoclassico, raffigura l‟estensione del Regno delle Due

Sicilie nel 1818: dodici figure femminili con corona ed iscrizione rap-

presentano altre province; Napoli e la Sicilia, invece, sono sostituite dai

loro simboli, il cavallo e la trinacria. In fondo alla sala, c‟è un grande

baldacchino di velluto rosso e galloni dorati, in stile Impero, risalente al

XVIII secolo, prove-

niente dal Palazzo Rea-

le di Palermo. Succes-

sivamente venne ag-

giunta l‟Aquila sabau-

da. Lungo le pareti, si

possono osservare i

ritratti dei personaggi di

corte, compresi re,

principesse, regine e

anche gli ambasciatori

turchi e tripolini.

TEATRO SAN CARLO

E‟ il teatro lirico più antico d‟Europa.

Il Teatro fu costruito nel 1737, per volontà del Re Carlo III di Bor-

bone, da cui prende il nome, su un progetto di Giovanni Antonio

Medrano e Angelo Carasale. I lavori terminarono in soli otto mesi.

L'inaugurazione avvenne la sera del 4 novembre, giorno dell‟ono-

mastico del Re.

Il disegno di Medrano prevedeva una sala lunga 28,6 metri e larga

22,5 metri, con 184 palchi, compresi quelli di proscenio, disposti in

sei ordini, più un palco reale capace di ospitare dieci persone, per

un totale di 1379 posti. Ogni palco aveva uno specchio inclinato, in

grado di riflettere il palco reale: nessuno infatti poteva applaudire

prima del Re e lo specchio permetteva di osservare il gradimento

del Sovrano.

Il teatro divenne l‟orgoglio di Napoli. Teatro di corte, ma soprattut-

to del popolo, regalava emozioni non solo a chi era presente in sala,

ma coinvolgeva l‟intera città di Napoli.

La notte del 13 febbraio del 1816 in una sola ora un incendio deva-

stò quasi del tutto il teatro: l‟ evento segnò la città di Napoli.

In soli 9 mesi, il teatro venne ricostruito su progetto di Antonio Nic-

colini, a cui si deve anche la facciata in perfetto stile neoclassico e

venne restituito al popolo napoletano.

Accanto a Piazza del Plebiscito, il teatro San Carlo si affaccia sull‟omo-

nima via e lateralmente su Piazza Trieste e Trento. Sorge nella parte

inferiore del Palazzo Reale, col quale comunica mediante una porta che

si apre proprio alle spalle del palco reale, in modo che il Re potesse

recarsi agli spettacoli senza dover scendere in strada.

Galleria Umberto I

La Galleria Umberto I, costruita a fine 1800, è la Galleria più famosa

di Napoli. Qui si può gustare un buon caffè nei bar, godere delle vetri-

ne dei negozi, oppure visitare le bellezze pittoriche dei dipinti. La Gal-

leria presenta all'esterno degli archi imponenti d'entrata e all'interno

due strade di elegantissimo pavimento. Costruita in appena tre anni tra

il 1887 e 1890, proprio mentre a Parigi Eiffel progettava e costruiva la

sua famosa Torre Eiffel, la Galleria Umberto colpisce ancora oggi per

maestosità, eleganza e complessità della struttura. Inaugurata nel 1892

dal sindaco Nicola Amore, divenne presto il centro mondano della cit-

tà. La costruzione della Galleria fu voluta non solo per una funzione

commerciale e sociale, ma anche monumentale.

San Gregorio Armeno

La strada è al centro dei Decumani, la parte di gran lunga più antica di

Napoli. I Decumani sono gli assi viari e paralleli al mare tracciati dai

Greci ne VI secolo avanti Cristo quando fondarono “Neapolis”. Via

San Gregorio Armeno, congiunzione perpendicolare fra il Decumano

Inferiore (Via San Biagio dei Librai) e il Decumano Maggiore (Via dei

Tribunali). Essa può essere il punto di partenza e pretesto per la scoper-

ta di uno degli angoli più ricchi di storia e di misteri della Città parteno-

pea.

Attraverso le parole

celebri di Edoardo De

Filippo in "Natale in

casa Cupiello", si può

descrivere, a perfezio-

ne, la magia che Napoli regala in una delle sue vie più caratteristiche: via

San Gregorio Armeno, famosa nel mondo per l‟arte presepiale.

Te piace ‘o presepe, Te piace ‘o presepe,

‘a papà ? ‘a papà ?

Nel Seicento il presepe allargò il suo scenario, non venne più rap-presentata la sola grotta della Natività, ma anche il mondo esterno.

Il secolo d'oro del presepe napoletano è il Settecento, per merito della fioritura artistica e culturale; in quel periodo anche i pastori cambiarono. I committenti non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili.

Anche oggi grandi presepi vengono regolarmente allestiti in tutte le principali chiese del capoluogo campano e molti napoletani lo allesti-scono ancora nelle proprie case. Ciascun personaggio del presepe ha un significato particolare.

Il Museo della Certosa di San Martino è certamente il punto di rife-rimento per gli studi sul presepe Napoletano.

Il presepe non è più solo un simbolo religioso, ma uno strumento descrittivo, identificativo e unificante della comunità di appartenen-za.

Il presepe napoletano

Il presepe napoletano è una rappresentazione della nascita di Gesù am-bientata tradizionalmente nella Napoli del Settecento. L'arte presepiale napoletana si è mantenuta inalterata per secoli, divenendo parte della cultura partenopea.

Il presepe ieri e oggi

Ferrigno è uno dei maggiori esponenti dell’arte presepiale na-

poletana. La bottega di Ferrigno è tramandata da generazioni in genera-zioni. La sua produzione presenta, accanto ai perso-naggi tradizionali, le figure care alla tradizione napole-tana. Fra tutte, Marco, co-me suo padre Giuseppe, predilige ancora due perso-naggi storici dell‟arte tradi-zionale: Benino, il pastore eternamente assonnato, e Cicciobacco, personaggio strampalato; entrambi ven-gono realizzati in tutte le misure. I materiali usati per la costruzione dei personag-

gi sono: argilla, legno e seta di San Leucio lavorati a mano. La lavorazio-ne inizia con un bozzetto di terracotta scolpito e messo in una fornace; quindi viene assemblato su un corpo di fil di ferro ricoperto di canapa. Mani e piedi sono fatti di legno e i vestiti di seta. L‟insegnamento di tut-to ciò è dovuto al padre che ha tramandato a suo figlio e, non solo, la propria arte.

Oggi alcuni pastorai produco-no anche pastori che rispec-chiano le personalità dei nostri tempi. Lungo via San Gregorio Armeno sono presenti mostre permanenti e negozi artigiani che permettono di comprare, oltre alle classiche statuette, pastori raffiguranti personaggi moderni, come ad esempio Totò e Pulcinella, piuttosto che personalità della politica o dello sport.

Museo di Capodimonte

Il museo di Capodimonte è un fiore all'occhiello di Napoli.

La struttura è una residenza Borbonica situata in un me-raviglioso parco che rappresenta un polmone verde sulla

omonima collina. Custodisce al suo interno opere di gran-di personaggi dell'arte e della cultura del Rinascimento italiano ed europeo. E' organizzato su tre livelli: primo

piano collezione Farnese; secondo piano collezione Borbo-nonica con appartamenti reali e terzo piano arte contem-poranea. Questo sito vanta una vista favolosa sulla città

di Napoli.

Complesso monumentale

di Santa Chiara

La costruzione del complesso monumentale di S. Chiara ebbe inizio

nel 1310, per volontà del re Roberto d‟Angiò e della sua seconda mo-

glie Sancia di Maiorca.

I lavori, furono eseguiti sotto la direzione di Gagliardo Primario e Leo-

nardo di Vito. Nel 1340 la chiesa fu aperta al culto.

La cittadella francescana fu realizzata costruendo due edifici religiosi

contigui ma separati: un monastero, destinato ad accogliere le clarisse, e

un convento, ospitante i frati minori francescani. Questa originale con-

formazione a “convento doppio” fu possibile grazie all‟approvazione

papale ottenuta nel 1317.

La chiesa si presenta oggi nelle sue originarie forme gotiche, con una

facciata a larga cuspide, nella quale è incastonato l‟antico rosone trafora-

to, con il pronao dagli archi a sesto acuto e l‟interno con un‟unica nava-

ta, su cui si aprono dieci cappelle per lato. La copertura è a capriate.

Santa Chiara: il chiostro e le navate

Alle spalle dell‟altare è si-

tuato il Coro delle clarisse,

composto da tre navate. Su

una parete sono visibili i

frammenti di un affresco

raffigurante la Crocifissio-

ne, in cui si riconosce la

mano di Giotto, chiamato a

decorare le pareti della

chiesa nel 1326.

I monumenti funebri, situa-

ti nel presbiterio, furono

realizzati da scultori trecen-

teschi come Tino di Camai-

no, che lavorò alle tombe

di Carlo di Calabria e di

Maria di Valois, e i fratelli Bertini, cui si deve il sepolcro di Roberto

d'Angiò.

Nel 1742 la chiesa subì delle modifiche ad opera dell‟architetto D. A.

Vaccaro. Fastosi rivestimenti donarono al complesso un aspetto baroc-

co: l‟interno fu ricoperto da marmi policromi, stucchi e cornici dorate; il

tetto a capriate fu nasco-

sto da una volta affresca-

ta da grandi pittori

dell‟epoca. Il 4 agosto

del 1943 la chiesa fu

quasi del tutto distrutta

da un bombardamento

aereo. Essa fu ricostruita

e restaurata sotto la dire-

zione di Mario Zampi-

no, secondo l‟originario

stile gotico.

Cappella San Severo

Situato nel cuore del centro antico di Napoli, il Museo Cappella San

Severo è un gioiello del patrimonio artistico internazionale. Creatività

barocca e orgoglio dinastico, bellezza e mistero s'intrecciano creando

qui un'atmosfera unica, quasi fuori dal tempo. Tra capolavori come il

celebre Cristo Velato, la cui immagine ha fatto il giro del mondo per la

prodigiosa "tessitura" del velo marmoreo, il Disinganno ed enigmatiche

presenze come le Macchine anatomiche,

la Cappella San Severo rappresenta uno

dei più singolari monumenti che l'ingegno

umano abbia mai concepito. Questo mo-

numento è stato ideato da Raimondo Di

Sangro, settimo principe di San Severo.

Il Disinganno L‟opera raffigura il padre del principe di

San Severo avvolto in una rete che cerca di

liberarsi. Ciò che colpisce il visitatore, ap-

pena guarda la statua, è la rete che la cir-

conda.

Il Cristo Velato

Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo Vela-

to è una delle opere più note e suggestive al mondo. Nelle intenzioni

del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradi-

ni, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradi-

ni morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in ter-

racotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. Fu così

che Raimondo di Sangro incaricò un giovane artista napoleta-

no, Giuseppe Sanmartino, di realizzare “una statua di marmo scolpita

a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo mor-

to, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco

della statua”. Sanmartino tenne poco conto del precedente bozzetto

dello scultore veneto. Come nella Pudicizia, anche nel Cristo Velato

l‟originale messaggio stilistico è nel velo.

Rappresenta la madre del principe, mo-

stra una donna nuda ricoperta da un velo

finissimo che fa intravedere ogni detta-

glio. L‟allegoria di questa statua sarebbe

quella della sapienza il cui velo deve esse-

re sollevato da chi vuole impadronirsene.

La Pudicizia

Chiesa del Gesù

La Chiesa del Gesù Nuovo, o della Trinità Maggiore, è una chiesa mo-

numentale di Napoli, sita in piazza del Gesù Nuovo di fronte all'obeli-

sco dell'Immacolata e alla Basilica di Santa Chiara. Si tratta di una delle

più importanti chiese della città, tra le massime concentrazioni di pittu-

ra e scultura barocca a cui hanno lavorato alcuni dei più influenti artisti

della scuola napoletana. All'interno è custodito il corpo di

San Giuseppe Moscati, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel

1987.

Lungomare di Mergellina

Il lungomare di Mergellina si tro-

va nel quartiere di Chiaia, si

estende tra il largo Sermoneta e

la Torretta, racchiudendo Piedi-

grotta e la riviera. E‟ posizionata

in riva al mare, ai piedi di Posilli-

po. Il suo nome vuol dire «mare

chiaro e trasparente».

Durante i secoli, il lungomare ha subito varie trasformazioni, soprattut-

to quando fu prolungata via Francesco Caracciolo fino al largo Sermo-

neta e via Posilli-

po. Vi sono molte

fontane, molte

piazze e molte

chiese. Fu nomina-

to da molti poeti e

furono tante le

poesie dedicate al

lungomare. Molto

famosa è Via Ca-

racciolo e la pizze-

ria Sorbillo.

«… sull‟arenoso dorso, a cui riluce di Capri la marina e di Napoli il porto e Mergellina».

(Giacomo Leopardi, La Ginestra)

Via Caracciolo

Via Caraccio-

lo è una lun-

ga ed ampia

promenade

di Napoli,

che fa parte

del lungoma-

re della città.

Il suo nome

ricorda l'am-

m i r a g l i o

F r a n c e s c o

Caracc io lo ,

eroe della

Repubblica Partenopea, impiccato nel 1799 da Nelson all'albero mae-

stro della sua nave e gettato nelle acque del Golfo di Napoli, il cui ca-

davere riemerse e fu raccolto sul litorale di Santa Lucia. La grande

strada è considerata una delle più belle litoranee del mondo, e corre

fino a Mergellina con visioni panoramiche sulla città e sulle colline del

Vomero e di Posillipo.

Castel dell‟Ovo LEGGENDA

Una delle più fantasiose leggende napoletane farebbe risalire il suo no-

me all'uovo che Virgilio avrebbe nascosto all'interno di una gabbia nei

sotterranei del castello. Il luogo dove era conservato l'uovo fu chiuso da

pesanti serrature e tenuto

segreto poiché da «quell'ovo

pendevano tutti li facti e la

fortuna di Castel Marino».

Da quel momento il destino

del castello, unitamente a

quello dell'intera città di Na-

poli, è stato legato a quello

dell'uovo.

Le cronache riportano che,

al tempo della regina Gio-

vanna I, il castello subì ingen-

ti danni a causa del crollo dell'arco che unisce i due scogli sul quale esso

è costruito e la regina fu costretta a dichiarare solennemente di aver

provveduto a sostituire l'uovo per evitare che in città si diffondesse il

panico per timore di nuove e più gravi sciagure.

Castel dell'Ovo, oggi sede della Direzione Regione per i Beni Culturali

e Paesaggistici della Campania, è stato oggetto, nel tempo, di molteplici

trasformazioni, le cui tracce sono ancora oggi evidenti. Unito al Castello

dalla parte del mare, il Ramaglietto fu costruito sopra l‟antico “ciglio del

sole”, dove un tempo esistevano dei mulini a vento.

Il viceré Francesco Bonavides conte di Santo Stefano, alla fine del Sei-

cento, ne ordinò la costruzione per difendere il castello dalle flotte ne-

miche. Dal Ramaglietto, attraverso un camminamento che fiancheggia il

castello, si giunge all‟arco naturale che in passato, aperto sul mare, iden-

tificava l‟immagine dell‟isolotto. L‟arco, crollato durante il regno di Gio-

vanna D‟Angiò, fu ricostruito in muratura. La sua ampiezza è oggi leggi-

bile all‟interno della Sala Italia.

Città della Scienza Città della Scienza è il primo museo scientifico, di ultima generazione,

realizzato in Italia. Un'istituzione finalizzata alla diffusione della cultura

scientifica mediante tutte le più moderne tecniche di intrattenimento

educativo: la sua missione è coniugare conoscenza, educazione e diverti-

mento, un vanto per Napoli e per l'Italia.

E‟ stata realizzata a partire dall'inizio degli anni '90 tra Coroglio e

Bagnoli, alla periferia ovest di Napoli. È proprio questo che lo ren-

de speciale: la struttura sorge infatti nell'area un tempo occupata

dalle acciaierie dell'Italsider, smantellate alla fine degli anni '80 e si

presenta come esempio positivo di riconversione del territorio.

È stata inaugurata nel 2001, ma completata con altre strutture solo

nel 2003.

Il 4 marzo 2013, un vasto incendio ha danneggiato 4 dei 6 capanno-

ni che componevano la mostra.

Ad oggi è aperta con le sezioni non danneggiate e altre nuove e ri-

costruite, come il museo del corpo umano, aperto il 4 Marzo 2017,

ed il Planetario.

SCIENCE CENTRE

All‟interno di Città della Scienza è presente lo Science Centre, un vero

e proprio museo interattivo, in cui imparare e divertirsi, facendo amici-

zia con la scienza.

E‟ un luogo di sperimentazione, apprendimento, divertimento, incontro

e dialogo costruttivo con la scienza.

La sua filosofia si basa sull‟interattività e la sperimentazione diretta dei

fenomeni naturali e delle tecnologie.

Attualmente le aree espositive del Science Centre sono:

Credenze

Il miracolo, cioè lo sciogli-mento del sangue di San Gennaro, è atteso tre volte all‟anno:

il 19 Settembre il 16 Dicembre il sabato precedente

la prima domenica di Maggio

Non sempre la liquefazio-

ne avviene, oppure avvie-

ne in anticipo o in ritardo.

Quando il sangue non si scio-glie, è considerato un segno infausto per i napoletani: care-stie, pestilenze e terremoti.

Il sangue non si è sciolto:

nel 1943: occupazione nazista

nel 1980: anno del terremoto in Irpinia

Gli altarini sono dei piccoli luoghi di culto che si possono trovare

per le strade di Napoli. Sono formati da un piccolo altare decorato da candele e fiori. Queste decorazioni, nell‟800 erano inserite dai bambi-n i . L ‟ e s p r e s s i o n e «scoprire altarini» signifi-ca scoprire dei segreti, perché durante il perio-do di Quaresima vengo-no coperti da un panno viola che a Pasqua si to-glie e si scopre che Gesù è risorto.

Il sangue di San Gennaro

Il malocchio

Il malocchio consiste nella capacità di procurare danni a cose o persone attraverso una sorta di ener-gia negativa che viene gettata attraverso lo sguardo. A compiere questo gesto è lo jettatore.

Chi è lo jettatore?

E‟ un essere moralmente perduto, dal suo sguardo emanerebbe le influenze di invidia e cattiveria, che determinano quellealterazioni che colpiscono, nell'anima e nel corpo, la povera vittima.

Il malocchio si può eliminare attraverso il rito dell‟olio. Secondo alcune credenze popolari ci sono delle donne, che possie-dono la capacità di scoprire se una perso-na è vittima del malocchio e di eliminar-lo attraverso il rito dell‟olio.

Il rito dell‟olio

Il popolo napoletano, oltre al rito dell‟olio,

per eliminare il malocchio si fornisce di

amuleti.

O’ curniciello

Ferro di cavallo

Gli amuleti

Gesti molto conosciuti a Napoli sono

le corna, per rispedire al mittente il malaugurio. Già tra gli antichi greci e romani c‟era l‟abitudine di fare questo gesto per allontanare gli spiriti mali-gni;

toccare la gobba di un uomo, perché in passato, la sagoma del gobbo era legata all‟idea dell‟uomo curvo sotto il peso della ricchezza e della fecondi-tà.

Gesti tipici

popolari

Gastronomia

Le origini della pizza margherita

Nel giugno 1889, per onorare la Regina d'Italia, Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito della Pizzeria Brandi inventò una pietanza che chiamò Pizza Margherita.

Insieme alla pasta, la pizza è l'alimento italiano più conosciuto sia in Italia sia all'estero.

Il soffritto napoletano Gli ingredienti principali del soffritto

napoletano sono le interiora di maia-

le.

La minestra maritata La minestra maritata è un tradiziona-

le piatto napoletano che si chiama

così perché la verdura "si sposa" con

la carne.

La parmigiana La monnezzaglia

La pizza fritta

Dolci napoletani

Sfogliatella riccia e frolla

La riccia di forma triangolare è croccantissima ed è formata da pasta sfoglia sovrapposta a strati fittissimi, e con un caratteristico ripieno di semola, ricotta, can-diti, latte, uova e zucchero.

La frolla ha lo stesso ripieno della riccia, ma con una forma tonda e liscia. Il babà

La pastiera

Il caffè napoletano

Si racconta che il musicologo romano, Pietro

della Valle, nel 1614 abbandonata la Città Eter-

na per una delusione amorosa, si era stabilito a

Napoli. In seguito partì per la Terra Santa

ma, con uno dei suoi amici napoletani, il

medico, grecista, arabista e poeta Mario

Schipano, era rimasto in contatto episto-

lare. In una delle sue 56 lettere, il musi-

cologo racconta di una specialissima be-

vanda detta “kahve”, che aveva assaggiato

laggiù. Al suo rientro il giovane introdus-

se il kahve (caffè) a Napoli.

“Napoli è uno strano paese!

Disteso come un Re orientale sul tappeto del più bel verde

che si possa vedere, coi piedi sull’azzurro e limpido Tirre-

no, col capo sul fianco dell’ardente Vesuvio, non v’ha città

al mondo che possa rivaleggiare colla capitale dell’Italia

del mezzodì.

Non v’ha mare più ridente, non v’ha cielo più sereno, tutto

è bello e grande qui”. Franco Mistrali, 1833 – 1880, storico italiano

Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quar-tieri di Napoli: ai miei occhi è,

senza alcun para-gone, la città più bella dell’universo.

Il poeta Giacomo Leopardi amava os-

servare il lungomare, passeggiare e

naufragare con l’immaginazione nel

dolce panorama del Golfo.

3. Farsi la croce con l’acqua di mare

1. Guardare il mare da Castel dell’Ovo

2. Mangiare taralli caldi sugli scogli di Mergellina