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Scuola Europea in Anestesia Ostetrica Master Biennale di Alto Perfezionamento IN ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA Direttore Prof. Giorgio Capogna ANNO ACCADEMICO 2015/17 ECM e Simulazione: proposte sperimentali per nuovi modelli formativi TESI FINALE DI: Roma, 20 Ottobre 2017 Dott. Giovanni Gibiino

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Scuola Europea in Anestesia Ostetrica

Master Biennale di Alto Perfezionamento

IN ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA

Direttore Prof. Giorgio Capogna

ANNO ACCADEMICO 2015/17

ECM e Simulazione: proposte sperimentali per nuovi modelli formativi

TESI FINALE DI: Roma, 20 Ottobre 2017

Dott. Giovanni Gibiino

“La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.” Grace Murray Hopper

INDICE

1.INTRODUZIONE.......................................................................................................................4

2.DALLAPEDAGOGIAALL’ANDRAGOGIA.....................................................................................6

3.COMEFAREUNCORSODIFORMAZIONE...............................................................................11

4.MODELLISTANDARDEAVANZATI..........................................................................................14

5.ILMODELLOSPERIMENTALE..................................................................................................15IL CRM DENTRO IL MODELLO..................................................................................................15COME APPRENDERE OGGI.........................................................................................................16

Piramide dell'apprendimento..............................................................................................................17Concetti chiave dell'apprendimento....................................................................................................18

LA STRUTTURA: PROPOSTE SPERIMENTALI.........................................................................21Aiuta la memoria e lei aiuterà te (CRM 2-11-12)...............................................................................21Mostra il percorso all'equipaggio prima di ammainare le vele (CRM 1-2-4-5-6-7-8-12-13-14-15)21Facciamo il punto (CRM 4-6-8-10-13-14)...........................................................................................22Esercitazioni post-lezioni (CRM 3-10-13-14)......................................................................................23Autovalutazione cognitiva: passato-presente-futuro (CRM 2-6-8-12-13-14)...................................24Le masteriadi - la formazione è un gioco da…professionisti (CRM 3-4-6-13)................................24Esercitazioni militari (dai militari abbiamo mutuato il CRM).........................................................25Simulare prima di simulare (CRM 1-2-3-6-9-14)...............................................................................27Repetita juvant: dall'ECM alla CPM (Conoscenza Permanente in Medicina)...............................29La tua opinione è essenziale!................................................................................................................32

MODELLO SPERIMENTALE: COMUNICAZIONE E STILE.....................................................34Prendere appunti con metodo..............................................................................................................34Lo switching time costa........................................................................................................................34Formazione nella formazione..............................................................................................................34Presentare con stile...............................................................................................................................35Aggiornamento VS congresso..............................................................................................................36Usare un linguaggio appropriato.........................................................................................................36

GESTIONE DEL TEMPO................................................................................................................38

6.CONCLUSIONI........................................................................................................................39

7.BIBLIOGRAFIA........................................................................................................................40

1. INTRODUZIONE

"L’evoluzione non è una forza ma un processo; non una causa ma una legge." John Morley

Sin dai tempi più antichi l’apprendimento nell’adulto è stato un tema di grande interesse, sul quale filosofi, scienziati, studiosi di varie discipline hanno ritenuto importante focalizzare la propria attenzione e impiegare parte delle proprie risorse. La ricerca scientifica non ha mai smesso di fare passi in avanti e tutt’oggi studi recenti come quelli di Malcom Knowles, Erik Erikson e Jack Mezirow arricchiscono continuamente la letteratura. L’evoluzione nella metodologia di insegnamento ha interessato anche la sfera della Medicina: si è passati da un insegnamento di tipo diretto (rapporto uno a uno “maestro-allievo”), alla creazione di scuole prima e di università dopo, fino a giungere ai programmi di Educazione Continua in Medicina (ECM) e agli obblighi di legge in termini di formazione medica post-universitaria. Apprendimento nell’adulto e formazione in medicina sono due fattori fortemente interconnessi la cui sinergia è determinante per garantire la preparazione e l’aggiornamento continuo dei professionisti della sanità. A dispetto di tutto ciò, purtroppo, i due fattori sopra citati sono stati sviluppati quasi sempre singolarmente, hanno viaggiato su binari paralleli e solo raramente l’uno ha influenzato l’altro. Solo negli ultimi anni la formazione in medicina, attraverso il progetto ECM, ha trovato un iniziale inquadramento. Grazie a questo è stato possibile integrare il modello formativo con nuovi e adeguati strumenti come la simulazione, introdotta agli inizi degli anni ’90 e continuamente implementata da tecniche quali CRM e lavoro di gruppo al fine di di accrescere sia le competenze tecniche (Tecnical Skills - TS) sia le non tecniche (Non Tecnica Skills - NTS) Formazione, ECM e simulazione condividono un unico obiettivo: rendere più sicura la pratica clinica del personale sanitario. Dal 1 gennaio 2008, con l’entrata in vigore della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, la gestione amministrativa del programma di ECM ed il supporto alla Commissione Nazionale per la Formazione Continua, fino ad oggi competenze del Ministero della salute, sono stati trasferiti all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Pur avendo emanato chiare e puntuali linee guida sull'accreditamento dei provider, la stessa agenzia ha fissato alcun vincolo sulle modalità di erogazione dell'offerta formativa (es. metodologia di insegnamento e analisi dei bisogni formativi). Consultando il documento ufficiale emanato dall'Agenas si apprende che: "L’ECM è il processo attraverso il quale il professionista della salute si mantiene aggiornato per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del Servizio sanitario e al proprio sviluppo professionale. La formazione continua in medicina comprende l’acquisizione di nuove conoscenze, abilità e attitudini utili a una pratica competente ed esperta. I professionisti sanitari hanno l'obbligo deontologico di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per offrire una assistenza qualitativamente utile. Prendersi, quindi, cura dei propri pazienti con competenze aggiornate, senza conflitti di interesse, in modo da poter essere un buon professionista della sanità ... La nuova fase dell’ECM contiene molte novità e si presenta quale strumento per progettare un moderno approccio allo sviluppo e al monitoraggio delle competenze individuali.". Come si può facilmente notare il documento fa riferimento all'acquisizione di nuove conoscenze, all'educazione continua e alla pratica competente ed esperta ma nulla si accenna su metodologie e modalità operative.

Esistono numerosi libri di testo, articoli, blog e siti internet che dispensano "buoni consigli" sugli aspetti sopra citati ma nulla più. Da un lato l’aggiornamento delle procedure sanitarie è ciclico e continuo, l’aumento delle conoscenze è esponenziale e la diffusione delle tecniche specialistiche è enorme. Dall'altro poco viene fatto per aiutare il personale sanitario a stare al passo con i tempi. È utopistico pretendere di mantenere elevati gli standard di qualità delle cure con il solo impegno e col costante aggiornamento del personale sanitario in assenza di una evoluzione parallela della "tecnologia formativa", più aderente alla fisiologia dell’apprendimento dell’adulto. Questo lavoro di tesi è stato sviluppato sulla base di un certo numero di quesiti come i seguenti:

• quali processi sottendono all'apprendimento dell'adulto? • cosa prova l'adulto sotto stress? • come migliorare la gestione dello stress? • come creare un corso di formazione efficace ed efficiente? • come mantenere immutate nel tempo le conoscenze acquisite? • quali le più recenti teorie e tecniche per migliorare lo studio? • come ci si può preparare a rispondere adeguatamente ad un evento che si verifica al massimo

una o due volte nella vita? • ecc.

Cercando di rispondere a queste domande, dopo lunghe riflessioni supportate da confronti con docenti, colleghi ed amici sono giunto ad una personale conclusione: l'ECM e la simulazione necessitano di essere integrate mediante il ricorso ad un modello didattico standardizzato che possa farle lavorare sinergicamente. In questa tesi passerò in rassegna le più importanti e recenti nozioni relative all’apprendimento dell’adulto e i concetti alla base della progettazione di un corso di formazione; in seguito saranno formulate e proposte metodologie didattiche innovative, integrative e mai sostitutive, in grado di contribuire alla standardizzazione di un modello strutturale-comunicativo che possa rappresentare un embrione per la redazione di linee guida per la progettazione di corsi di formazione efficaci. Obiettivo finale è quello di stimolare adeguatamente le capacità cognitive del personale sanitario in modo da renderlo più ricettivo e pronto alla rapida evoluzione che il nostro mondo sta vivendo.

2. DALLA PEDAGOGIA ALL’ANDRAGOGIA

"Una generazione che ignora la storia non ha passato… né futuro." Robert Anson Heinlein

Già i grandi maestri filosofi ponevano l'attenzione sull'adulto, come un soggetto ancora in apprendimento nonostante non sia più bambino. Tra i nomi più illustri che si sono interessati di educazione degli adulti rientrano Socrate (469 a.C. - 399 a.C.), Platone nella sua opera la Repubblica (390 a.C. - 360 a.C.), Aristotele (383 a.C. - 322 a.C.), Sant'Agostino (354 d.C.- 430 d.C), Confucio, Lao Tzu, Gesù e Cicerone. Nell'età moderna l'educazione viene vista come necessità di alfabetizzazione, ciò che ridimensiona l'adulto e gli dà dignità. I protagonisti di questa corrente sono Martin Lutero (1456-1546), il teologo Melantone (1497-1560), Comenio (1592-1679), Jean-Jacques Rousseau che parlerà dell'importanza dell'EDA (1712-1778) all'interno del testo intitolato "Le fantasticherie del passeggiatore solitario", il filosofo Nicolas de Condorcet (1749-1794), il politico Benjamin Franklin (1706-1790) e Don Giovanni Melchiorre Bosco (1815-1888). Nell'età contemporanea rientrano importanti pedagogisti come John Dewey (1859-1952), l'educatore Eduard C. Lindeman (1855-1953) e lo psicologo Edward Lee Thorndike (1874-1949). Il professore Cyrili O. Houle avrà un ruolo fondamentale in quanto applica il metodo sperimentale agli adulti e capisce che l'adulto apprende per uno scopo, per risolvere problemi, per l'interesse ad apprendere o per bisogni di crescita. Più tardi sarà Malcom Knowles ad approfondire questi studi sull'educazione degli adulti e a diventare il fondatore dell'andragogia e del modello andragogico. In tempi più recenti autori come Erik Erikson (1902-1998) con la teoria sullo Sviluppo Psicosociale e Jack Mezirow (1923-2014) con il modello del Transformative Learning, hanno apportato importanti contributi all'educazione degli adulti. L'andragogia è una teoria dell'apprendimento e dell'educazione degli adulti nata nel 1980. Il termine è stato coniato in analogia a quello di pedagogia, che deriva dal greco παῖς (pais) - bambino, e ἄγω (ago) - condurre. Si tratta di un modello incentrato sui bisogni e gli interessi di apprendimento degli adulti. L'andragogia, secondo il suo autore di riferimento Malcom Knowles, è «L'arte e la scienza per aiutare l'adulto ad apprendere». Il termine andragogia venne ufficialmente coniato nel 1833 in Germania, ad opera di Alexander Kapp e quindi riconsiderato in Germania, Paesi Bassi, Gran Bretagna e negli Stati Uniti solamente più di un secolo dopo. L'autore lo utilizza per la prima volta nel 1968, quando intitolerà un suo articolo Androgogy to Pedagogy, scrivendo il vocabolo in forma sbagliata. Nel 1981 il termine, dopo essere stato utilizzato nel titolo del suo libro The modern Practice of Adult Education. From Pedagogy to Andragogy diventa ufficiale e viene inserto all'interno del Webster Dictionary. L'andragogia quindi diventa una nuova pratica di educazione degli adulti che si basa sulla spiegazione di come l'adulto apprende e fornisce indicazioni sulla pratica da seguire per realizzare l'apprendimento. È inoltre riconosciuta come la prima Teacher and Learning Theory che fornisce un profilo ideale dell'adulto che apprende. Il modello di formazione proposto dall'andragogia si realizza a partire da una progettazione diversa dal modello tradizionale. Quest'ultimo generalmente è costituito da fasi definite (analisi dei bisogni, definizione degli obiettivi, scelta di strumenti e metodi, applicazione e valutazione) che si susseguono una dopo l'altra e che vedono la figura del

formatore come unico progettatore della formazione. Il modello andragogico invece pone al centro la figura del learner (colui che apprende) che diventa parte attiva e partecipe durante tutto il processo e che affianca il formatore anche nella progettazione del percorso formativo. Numerose ricerche fanno ipotizzare che, man mano che gli individui maturano, il loro bisogno e la loro capacità di essere autonomi, di utilizzare la loro esperienza di apprendimento, di riconoscere la loro disponibilità ad apprendere e di organizzare il loro apprendimento attorno a problemi della vita reale crescano costantemente dall'infanzia fino alla preadolescenza e poi assai rapidamente durante l'adolescenza. La teoria andragogica sviluppata da Malcolm Knowles si basa su degli assunti che hanno subito diverse modifiche nel corso del tempo: inizialmente erano soltanto quattro, che però sono stati spesso modificati tra il 1975 e il 1980. Nel 1984 l'autore decise di aggiungerne un altro (il numero 6) e tra il 1989 e il 1990 aggiunse l'ultimo (il numero 1) e completò quelli che oggi sono i sei assunti fondamentali dell'andragogia che ruotano attorno all'apprendimento adulto.

1. Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono l'esigenza di sapere perché occorra apprendere qualcosa. Allen Tough (1979) ha scoperto che quando gli adulti iniziano ad apprendere qualcosa per conto loro investono una considerevole energia nell'esaminare i vantaggi che trarranno dall'apprendimento. Il primo compito del facilitatore dell'apprendimento è aiutare i discenti in questo risveglio di consapevolezza (Paulo Freire)

2. Il concetto di sé del discente: man mano che una persona matura e diventa adulta, il concetto di sé passa da un senso di totale dipendenza ad un senso di crescente indipendenza ed autonomia. L'adulto deve sentire che il proprio concetto di sé viene rispettato dall'educatore e quindi deve essere collocato in una situazione di autonomia

3. Il ruolo dell'esperienza: la maggiore esperienza degli adulti assicura maggiore ricchezza e possibilità d'utilizzo di risorse interne. Qualsiasi gruppo di adulti sarà più eterogeneo – in termini di background, stile di apprendimento, motivazioni, bisogni, interessi e obiettivi – di quanto non accada in gruppi di giovani. Da qui deriva il grande accento posto nella formazione degli adulti sull'individualizzazione delle strategie d'insegnamento e di apprendimento, sulle tecniche esperienziali piuttosto che trasmissive e sulle attività di aiuto tra pari. La maggiore esperienza può avere anche tratti negativi, nel senso di una maggiore rigidezza negli abiti mentali, delle prevenzioni, delle presupposizioni e nella chiusura rispetto a idee nuove e diverse modalità di approccio. Un'altra ragione che sottolinea l'importanza dell'esperienza è che, mentre per i bambini l'esperienza è qualcosa che capita loro, per gli adulti essa rappresenta chi sono. Essi cioè tendono a derivare la loro identità personale dalle loro esperienze; �

4. La disponibilità ad apprendere: quanto viene insegnato deve migliorare le competenze e deve essere applicabile in modo efficace alla vita quotidiana; �

5. L'orientamento verso l'apprendimento: non deve essere centrato sulle materie ma sulla vita reale. Gli adulti infatti apprendono nuove conoscenze, capacità di comprensione, abilità e atteggiamenti molto più efficacemente quando sono presentati in questo contesto. Questo punto ha un'importanza cruciale nelle modalità di esposizione dell'insegnante, degli obiettivi e nei contenuti definiti e nella progettazione più generale dell'intervento formativo; �

6. La motivazione: nel caso degli adulti le motivazioni interne sono in genere più forti delle pressioni esterne. Sempre Allen Tough (1979) ha riscontrato che tutti gli adulti sono motivati

a continuare a crescere e a evolversi, ma che questa motivazione spesso viene inibita da barriere quali un concetto negativo di sé come studente, l'inaccessibilità di opportunità o risorse, la mancanza di tempo e programmi che violano i principi dell'apprendimento degli adulti. In questo gioca anche un ruolo fondamentale la promozione dell'autodeterminazione, soddisfacendo i bisogni psicologici innati di competenza, autonomia e relazione. La competenza consiste nel sentirsi capaci di agire sull'ambiente sperimentando sensazioni di controllo personale. L'autonomia si riferisce alla possibilità di decidere personalmente cosa fare e come. Il bisogno di relazione riguarda la necessità di mantenere e costituire legami in ambito sociale. �

Nel modello andragogico viene attribuito un ruolo centrale ai partecipanti: questi diventano parte attiva del percorso, affiancando il formatore nella realizzazione dell'intera attività. Il formatore vede quindi modificato il suo ruolo: viene identificato come un facilitatore, un consulente, una guida, un accompagnatore che deve riuscire a coinvolgere le persone facendole partecipare senza però forzarle, deve sapere lavorare sulle soft skills e porsi "dietro le quinte" per lasciare la scena ai suoi discenti. Conosce gli adulti, crea con essi un legame, li assiste e li accompagna nel diagnosticare gli obiettivi e nel percorso di raggiungimento di questi facendo in modo che si crei un clima positivo e collaborativo. Cerca inoltre di alimentare in essi motivazione e spirito di partecipazione, fa in modo di renderli consapevoli dell'importanza del percorso che andranno ad affrontare dal momento che saranno loro stessi gli autori della formazione. In questo modo affronteranno con uno spirito diverso l'attività e sapranno riconoscere lo sviluppo dell'apprendimento che si genererà in loro mediante le varie attività che svolgeranno. Il modello andragogico è di tipo processuale, ovvero vuole fornire procedure e risorse per aiutare i discenti ad acquisire informazioni e abilità. Si concretizza in 8 fasi circolari che favoriscono la realizzazione del learning contract per sostenere la motivazione, la partecipazione, la volontà e l'impegno.

1. Preparare i discenti: in questa prima fase il formatore fornisce informazioni, prepara alla partecipazione, aiuta a sviluppare aspettative realistiche e inizia a pensare ai contenuti di apprendimento assieme ai partecipanti. L'adulto è portato quindi a riflettere su se stesso affinché capisca il motivo della sua presenza in quel contesto e comincia un percorso di conoscenza reciproca con le parti coinvolte; �

2. Creare il clima: il clima della formazione vuole essere rilassato, fiducioso, rispettoso, informale. Si concretizza nella realizzazione di collaborazione, sostegno, apertura umanità e autenticità tra le parti. Nello specifico, si parla di clima fisico, relativo all'ambiente fisico in cui si realizza l'attività (la scelta della location deve essere accurata e favorire una formazione rilassata e piacevole), clima organizzativo in riferimento agli atteggiamenti del gruppo che possono ostacolare o facilitare l'apprendimento e clima umano, quello più importante, che deve connotarsi di rispetto, reciprocità e giusta informalità tra le parti coinvolte; �

3. Progettare in comune: in questa fase ci si rifà ad un meccanismo di progettazione condivisa tra discenti e facilitatore in cui tutti partecipano alla definizione del percorso che si andrà a realizzare; �

4. Diagnosticare i bisogni di apprendimento: la definizione dei bisogni viene fatta mediante un'autovalutazione, per cui l'esperto fornisce ai discenti gli strumenti e le procedure per raccogliere informazioni circa la loro preparazione e per individuare i gap di apprendimento

esistenti. Uno strumento utile sono le scale di aiuto con cui emerge la discrepanza tra il livello di competenza esistente e quello richiesto; �

5. Formulare gli obiettivi: anche in questo caso saranno i partecipanti a formulare gli obiettivi che si vogliono raggiungere durante il percorso, che verranno definiti a partire dai bisogni manifestati nella fase precedente; �

6. Progettare le esperienze e le attività di apprendimento: a partire dalla definizione degli obiettivi sarà necessario identificare le attività di apprendimento che si vogliono attuare per raggiungerli. Tendenzialmente si scelgono attività esperienziali (lavori di gruppo, role playing, case study...) che consentano ai partecipanti di essere coinvolti attivamente;

7. Gestire l'attività: questa fase riguarda la realizzazione pratica delle attività scelte in precedenza. Quindi si organizzano tutte le situazioni formative che erano state identificate con i partecipanti, per porli nella condizione di fare esperienza e di incrementare il loro livello di apprendimento; �

8. Valutare i risultati di apprendimento: la valutazione non viene realizzata solo alla fine del percorso, ma è un processo continuo. Il formatore essendo sempre presente durante l'attività, può verificare l'andamento del percorso in itinere, inoltre è preferibile inserire diversi momenti di riflessione e di confronto con i partecipanti per verificare i punti di forza e di debolezza della formazione. La valutazione che viene fatta riguarda quindi le reazioni al programma che si sta svolgendo (apprezzamento, sentimenti positivi o negativi), l'apprendimento (principi, fatti, tecniche che i partecipanti hanno acquisito), i comportamenti e i risultati.

Il modello di Knowles è stato criticato da alcuni autori contemporanei. Stephen Brookfield critica la self-direction, l'orientation e la motivation, che a suo parere risultano essere problematici. Viene poi criticata la centralità attribuita all'esperienza: è giusto valorizzare le esperienze che l'adulto ha già svolto, ma bisogna considerare anche che queste potrebbero essere una barriera per l'apprendimento e che potrebbero renderne difficile la realizzazione. La teoria andragogica sembra poi non considerare il contesto storico-sociale in cui la persona viene collocata quando è invece importante considerarlo proprio per l'influenza che questo può avere nello sviluppo della persona e per quanto possa andare ad incidere sull'intero percorso di apprendimento. Inoltre l'adulto definito dai sei principi, sembra essere riconosciuto come una sorta di adulto ideale e non come un ritratto concreto di adulto. Il modello andragogico è stato per lungo tempo messo agli antipodi della pedagogia. Sembrava infatti che inizialmente l'andragogia fosse un modello dedicato solo agli adulti e che la pedagogia si riferisse principalmente all'apprendimento scolastico dei bambini. Dopo la pubblicazione del 1970 The modern practice of Adult Education: Andragogy versus Pedagogy, nella quale Knowles sosteneva l'opposizione esistente tra andragogia e pedagogia, vennero comunicate le esperienze di numerosi insegnanti delle scuole elementari e medie che applicavano in alcuni contesti il modello andragogico con successo, e formatori di adulti che invece sostenevano che tale modello non funzionava. A partire da queste considerazioni, l'autore continuò a lavorare sul suo modello e nel 1980 pubblicò un altro testo dal titolo The modern Practice of Adult Education. From Pedagogy to Andragogy in cui i due modelli venivano adeguatamente correlati e non più visti in una prospettiva di discontinuità. Questo significa che il modello pedagogico e quello andragogico possono in qualche modo fondersi tra loro per favorire adeguati esiti di apprendimento. I formatori hanno quindi la responsabilità di

verificare quali ipotesi tra i due modelli siano realizzabili in una data situazione. Per esempio, quando i discenti sono molto dipendenti (come quando entrano in un'area contenutistica totalmente estranea), quando non hanno mai avuto in effetti esperienza con una certa area di contenuti, quando non ne comprendono la pertinenza con i compiti o i problemi della loro vita reale, quando hanno bisogno di accumulare un certo insieme di contenuti base per una determinata performance e quando non avvertono il bisogno di apprendere quel contenuto, allora bisogna insegnare loro applicando il modello pedagogico. Allo stesso modo gli insegnanti possono inserire assunti andragogici ai loro percorsi per renderli più efficaci e realizzare un insegnamento che non si caratterizzi solo dalla trasmissione di contenuti ma che coinvolga maggiormente i partecipanti, in un clima positivo, di rispetto e fiducia e riconoscendoli in qualche modo responsabili della loro formazione Knowles in seguito ha rivisto la propria posizione giungendo alle seguenti riflessioni:

• Gli adulti possono non essere consapevoli del bisogno di sapere e pertanto uno dei primi compiti del facilitatore è di aiutare i discenti a diventare consapevoli di questo bisogno.

• Ci sono delle situazioni di vita o di contesto in cui gli adulti manifestano dipendenza; l’educatore deve favorire la transizione dalla dipendenza all’autonomia nell’apprendimento e nella vita.

• L’esperienza pregressa dell’adulto comporta una certa rigidità di abitudini mentali, pregiudizi e presupposti che oppongono resistenze all’apprendimento e al pensiero alternativo; gli educatori devono quindi aiutare gli adulti a riesaminare le abitudini e pregiudizio per aprire le menti a nuovi approcci

• L’adulto dimostra una disponibilità ad apprendere ciò che si deve sapere o saper fare rispetto alle esigenze della vita e ai compiti evolutivi

• L’orientamento dell’apprendimento sembra più orientato sui compiti, sui problemi e sulla vita; la differenza tra giovani e adulti è oggi più sulle diverse strategie di pensiero che sulle diverse età

• Le motivazioni più forti sono quelle connesse alla propria realizzazione, alla crescita della propria autostima e al desiderio di migliorare la qualità di vita, del lavoro, etc...; tali motivazioni possono essere bloccate da scarsa fiducia nelle proprie capacità o da scarse offerte formative. Gli adulti pertanto devono essere messi nelle condizioni pratiche affinché le motivazioni possano agire.

3. COME FARE UN CORSO DI FORMAZIONE

"I mestieri più difficili in assoluto sono nell’ordine il genitore, l’insegnante e lo psicologo." Sigmund Freud

Oggi si conviene che per progettare un corso di formazione non esiste una ricetta magica e neanche una o più linee guida: tutto dipende dagli obiettivi e dai gruppi da formare, poiché ogni corso di formazione è un evento unico ed irripetibile. Non esiste un modello base scientificamente accordato su cui basarsi per pianificare un corso. Esistono invece numerosi libri di testo, articoli, blog e siti internet che dispensano "buoni consigli". In medicina, il progetto Educazione Continua in Medicina, attraverso l'Agenas, ha emanato delle linee guida che definiscono gli standard necessari all'accreditamento dei provider senza fornire indicazioni su numerosi altri aspetti come ad esempio la metodologia di insegnamento o l'analisi dei bisogni formativi. È proprio grazie a questa numerosa offerta di documenti e informazioni che mi sarà possibile riassumere in pochi "consigli utili" le principali evidenze e opinioni di esperti inerenti l'ambito di formazione e progettazione di corsi. Consiglio n.1 - Nel preparare e progettare un corso di formazione occorre farsi delle domande:

• Perché? Qual è lo scopo della formazione? • Quale? Qual è la priorità fra gli obiettivi del corso? • Chi? Chi sono i destinatari della formazione? • Cosa? Quali sono i principali argomenti su cui lavorare? • Quando? In quale momento e con quali tempistiche avrà luogo? • Dove? Dove avrà luogo la formazione? • Come? Quali metodologie e strumenti verranno utilizzati durante il corso di formazione?

Consiglio n.2 - Durante la progettazione di un corso di formazione è necessario valutare:

• se, in quale misura e in quali condizioni, la formazione può soddisfare le esigenze individuate senza creare false aspettative

• come definire gli indicatori di efficacia attraverso i quali poter stabilire successivamente se le attività formative hanno raggiunto gli obiettivi attesi: quali sono gli indicatori (numerici) che ci segnaleranno che il corso ha avuto successo?

• quali contenuti erogare e come farlo in funzione degli obiettivi del committente. Consiglio n.3 - per essere un formatore di successo bisogna:

• far tesoro delle informazioni raccolte durante la fase di audit iniziale ed in particolare conoscere il livello dei partecipanti (conoscenze, stile relazionale, esperienza, ecc...) per potere adeguare e personalizzare il corso;

• leggere e studiare a fondo l'argomento: prepararsi e/o aggiornare le proprie conoscenze; • conoscere e padroneggiare gli obiettivi da raggiungere; • predisporre una scaletta dei punti salienti da affrontare; • ordinare i punti secondo una sequenza logica e coerente; • valutare i tempi a disposizione e ripartire i diversi blocchi;

• verificare in anticipo gli spazi e gli strumenti a disposizione per la formazione; • predisporre numerose esercitazioni di supporto agli argomenti affrontati; • prevedere sempre delle esercitazioni jolly per emergenza e/o per specifiche esigenze che

dovessero emergere in aula; • verificare e validare in anticipo con altre persone (ad es. colleghi, il committente, un campione

dei partecipanti) la bontà della scaletta. • se si tratta di un progetto che verrà replicato diverse volte, prevedere una sessione pilota al

cui termine dedicare almeno 1 ora di tempo insieme ai partecipanti per migliorare l'articolazione del progetto formativo.

Consiglio n. 4 - Nello scegliere i criteri d'efficacia nel valutare i metodi formativi, alcuni accorgimenti sono:

• focalizzare gli obiettivi • centrarsi sui partecipanti tenendo conto delle loro conoscenze ed esperienze; • rendere i partecipanti attori della loro formazione: fargli fare e fargli dire (coinvolgerli e

incoraggiarli); • diversificare le attività e integrare l'elemento ludico (se le persone durante un corso si

divertono saranno sicuramente meglio predisposte anche ad apprendere sia da un punto di vista mentale che fisico.

• dalla pratica verso la teoria e non il contrario (vivere esperienze pratiche e concrete da cui risalire alle linee guida)

• stimolare i partecipanti a fare domande e a voler approfondire gli argomenti. Consiglio n. 5 - Per riuscire a mantenere alta l'attenzione durante l'erogazione del corso di formazione, già in fase di progettazione bisogna ricordarsi che:

• l'attenzione implica uno sforzo, con il tempo si attenua. • è più facile prestare attenzione e ricordare quello che si dice e si fa rispetto a quello che dice

e fa il formatore. • per evitare il calo di attenzione, il formatore deve far partecipare e coinvolgere nelle

discussioni e nelle attività ogni partecipante. • in media, un corsista ascolta attentamente una presentazione al massimo per 15-20 minuti. • è importante cambiare spesso la tipologia di attività svolta, in modo da variare spesso il ritmo

del corso e soddisfare le diverse preferenze di apprendimento dei partecipanti (film, giochi, lavoro di gruppo, caso studio)

• per mantenere l'attenzione conviene fare una piccola pausa di 5 minuti ogni 25 oppure di 10-15 minuti ogni circa 90 minuti.

• durante la fase di progettazione occorre definire con precisione gli obiettivi e condividerli (se il formatore non ha chiari gli obiettivi e la progettualità del suo intervento, figuriamoci i partecipanti. Se il formatore è confuso, anche i partecipanti lo saranno).

Consiglio n. 6 - il singolo formatore dovrebbe, in aggiunta a quanto necessario per le specifiche del singolo corso, anche:

• conoscere il processo di apprendimento negli adulti per meglio progettare la formazione; • sapere come raccogliere ed analizzare i bisogni formativi; • aver sempre chiaro cosa i partecipanti al corso dovranno sapere e/o fare al termine del corso

• preparare i materiali didattici di supporto al corso di formazione: libri, dispense, filmati, esercitazioni, ecc...;

• avere dimestichezza con la macro e la micro progettazione • utilizzare check list per validare la micro progettazione • saper integrare fasi di apprendimento ludico per rendere la sessione formativa più

accattivante; • saper utilizzare le metodologie di formazione centrate sull'azione rispetto a quelle centrate

sulla parola; • archiviare i materiali per le sessioni successive; • verificare e misurare il gradimento e l'efficacia dell'intervento formativo. • costruire e gestire il proprio Piano Personale di Miglioramento al fine di lavorare sulle proprie

aree di miglioramento individuate durante il corso di formazione In merito alla macro e micro progettazione, necessarie allo sviluppo corretto di un progetto formativo, preme precisare alcuni aspetti. Nella macro progettazione si analizza lo svilupparsi dell'intervento per sequenze temporali ampie di circa 2-4 ore con l'intento di definire gli aspetti del corso a livello generale in modo da ottenere una vera e propria guida per la messa a punto degli aspetti più specifici ed operativi. In particolare si dovranno identificare gli obiettivi formativi che si intendono raggiungere con l'intervento, il tipo di studenti cui il corso è rivolto, la durata complessiva e quali metodi e/o attività didattiche utilizzare (lezioni tradizionali, lavori di gruppo, dibattiti, studi di casi, ecc). In questa fase è utile anche individuare il sistema di valutazione da usare a chiusura del corso. Fissati gli aspetti più generali, si può passare a quelli più operativi attraverso la micro progettazione. Nella micro progettazione si analizzano i dettagli della progettazione di ogni singolo minuto del corso di formazione realizzando una scaletta minuziosa dell'intervento. A partire da quanto definito a livello macro si dovrà provvedere, in primo luogo, a stilare nel dettaglio quali argomenti trattare all'interno delle lezioni, suddividendoli e organizzandoli. Sarà d'aiuto in questo caso redigere una scaletta dei temi da trattare, indicando i titoli di ognuno, gli eventuali sotto-argomenti, e la durata necessaria alla spiegazione degli stessi. Tenendo conto del monte ore di durata totale del percorso formativo si potrà, di pari passo alla scaletta, costruire anche il calendario dettagliato degli incontri, in cui specificare date e orari. La scelta del metodo didattico prevalente da utilizzare è la più impegnativa ed è dipendente da numerosi fattori legati al contesto: docenti, discenti, durata del corso, sede e spazi, obiettivi formativi, etc...etc... .

4. MODELLI STANDARD E AVANZATI

"Gli standard non possono durare per sempre" Shigeru Nakamura

Abbiamo visto come ad oggi non esistono linee guida o modelli standard, chiari e condivisi dalla comunità internazionale, da poter utilizzare come base o semplice guida per la creazione e lo sviluppo di un determinato corso di formazione. Facendo un piccolo sforzo è possibile però identificare 2 modelli principali presenti ad oggi nel mercato della formazione:

• "modello standard” riconoscibile nella maggior parte dei corsi offerti dal mercato; • “modello avanzato” costruito integrando il modello standard con idee e azioni derivate dalle

teorie sull'apprendimento dell'adulto, dalle scienze della formazione e della comunicazione Di seguito uno schema dei due modelli Modello standard:

1. Presentazione del programma 2. Invio del materiale e/o suggerimento dei testi da consultare prima dell’avvio del corso

(opzionale) 3. Benvenuto, presentazione dei docenti e del corso 4. Presentazione dei partecipanti e breve indagine conoscitiva inerente le motivazioni personali

dei singoli discenti 5. Lezioni frontali mediante uso di diapositive digitali o più raramente di supporti fisici come

lavagne o poster 6. Pause programmate e strutturate o casuali 7. Sezioni pratiche come hands-on, workshop o simulazioni 8. Test fine corso 9. Test qualità del corso e saluti

Modello avanzato (in grassetto le integrazioni rispetto al modello standard)

• Presentazione del programma • Test di ingresso con blocco di avanzamento o ingresso libero • Invio del materiale e/o suggerimento dei testi da consultare prima dell’avvio del corso • Benvenuto, presentazione dei docenti e del corso • Presentazione dei partecipanti e breve indagine conoscitiva inerente le motivazioni personali

dei singoli discenti • Lezioni frontali mediante uso di diapositive digitali o più raramente di supporti fisici come

lavagne o poster secondo uno specifico stile comunicativo e una precisa modalità gestionale con attenzione e rispetto dei tempi prestabiliti per ogni singola lezione frontale

• Pause programmate e strutturate con il rispetto dei tempi predeterminati • Sezioni pratiche come hands-on, workshop o simulazioni • Test fine corso • Test qualità del corso e saluti

5. IL MODELLO SPERIMENTALE

"L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentarle con novità." Ugo Foscolo

Sulla base delle evidenze scientifiche del mondo delle scienze della formazione e delle neuroscienze, in particolare nell’ambito della fisiologia dell’apprendimento, e sulla base di esperienze personali, continui confronti con docenti, colleghi e amici, lunghe riflessioni e qualche idea fortuita o rubata ad altri mi permetto di esporre una serie di “proposte sperimentali” (PS) che messe insieme possono contribuire alla creazione di un modello sperimentale strutturale-comunicativo che possa aspirare ad essere l’embrione di un nuovo modello standardizzato, linea guida per la creazione dei corsi futuri. Per maggiore chiarezza ho preferito suddividere le PS in due macro aree: • Struttura • Comunicazione e Stile Prima di entrare nello specifico di ogni singola PS mi preme fare una breve introduzione al Crisis Resource Management (CRM) e alle più moderne metodologie di apprendimento. IL CRM DENTRO IL MODELLO

“In assenza di pianificazione, la legge della giungla prevarrebbe.”

John Fitzgerald Kennedy In alcune aree non mediche, l’aviazione ad esempio, in cui la gestione di eventi complessi e critici è affidata allo sviluppo di capacità non tecniche, come leadership, comunicazione e lavoro in team, da anni ormai sono stati sviluppati programmi formativi che prevedono l’uso di strumenti quali il CRM (Crew Resource Management). A partire dal 1980 Gaba e alcuni collaboratori per primi trasferiscono questi concetti alla pratica anestesiologica. Accanto alle capacità tecniche viene focalizzata l’attenzione sulle capacità non tecniche, anche in ambito medico. Il Crew Resource Management diventa così il Crisis Resource Management ovvero un metodo di apprendimento che enfatizza il fattore umano comportamentale nella gestione di un evento critico. Il principio su cui poggia è quello di sviluppare le capacità durante una situazione critica simulata e di trasferire le conoscenze su quanto è necessario fare in azioni efficaci nelle situazioni cliniche concrete. Gli eventi critici sono differenti, ma le abilità richieste per la gestione sono simili. I principi del CRM sono 15:

1. conoscere l’ambiente in cui si agisce - risorse tecniche e di personale; attrezzature; sistema in cui si è inseriti�

2. anticipazione e pianificazione - conoscere i possibili problemi e pianificare in anticipo le possibili azioni; non lasciarsi travolgere�

3. chiamare aiuto precocemente - conoscere e riconoscere i propri limiti; sapere che in certe situazioni è indispensabile essere in tanti; pensare alla paziente senza sentirsi sminuiti; superare il proprio orgoglio; concentrati su cosa è giusto più che su chi ha ragione;�

4. esercitare il ruolo di leader e collaboratore in base alla situazione �

5. distribuire il carico di lavoro in modo equilibrato � 6. utilizzare tutte le risorse disponibili - sollecita e utilizza l’expertise dei componenti del team;

identifica presto soluzioni alternative quando le �cose vanno storte 7. comunicare efficacemente � 8. utilizzare tutte le informazioni disponibili - fare controlli incrociati sui dati e aggiornarli � 9. prevenire ed evitare gli errori di fissazione � 10. eseguire un doppio controllo (terapie; dosaggi...) 11. utilizzare ausili mnemonici: checklist, protocolli e linee guida, calcolatrici, schemi; 12. rivalutare ripetutamente la situazione 13. lavorare in team, facendo un buon lavoro di squadra, soprattutto comunicare - parlare con

chiarezza; se necessario richiedere silenzio; chiamare le persone per nome; non lanciare ordini nel vuoto; assicurarsi che tutti possano sentire; chiudere la comunicazione; ascoltare gli altri; chiarire i dubbi;

14. rivolgere l’attenzione alla persona e agli eventi in maniera oculata - focalizzare gli aspetti più importanti e delegare ad altri quelli meno urgenti;

15. stabilire le priorità in modo dinamico: la situazione evolve Il CRM oggi è applicato all’apprendimento in simulazione. Attraverso degli scenari, vengono ricreate realisticamente delle situazioni cliniche di emergenza. I 15 punti del CRM vengono successivamente discusse in una sessione di debriefing utilizzando il vissuto e/o anche la registrazione video dello scenario clinico simulato. Il debriefing CRM enfatizza gli elementi relativi alla gestione dell’emergenza da parte del team quali comunicazione, distribuzione dei ruoli, individuazione delle priorità, consapevolezza dell’emergenza e del singolo. L’obbiettivo è di esplorare in maniera interattiva gli aspetti teorici e pratici della gestione di eventi clinici complessi e stressanti al fine di apprendere come migliorare la performance del gruppo ma anche del singolo e ridurre al minimo gli errori. La consapevolezza di lavorare in un ambiente sicuro e che valorizza l’errore come risorsa e non come giudizio, permette di creare le condizioni perché si verifichi un apprendimento positivo e duraturo. Il CRM è quindi, senza ombra di dubbio, un modello gestionale. Pertanto alcuni, se non tutti, principi del CRM possono essere mutuati anche nella macro e micro progettazione di un corso, nonché nella corretta gestione. Nella stesura di questa tesi ho pertanto sottolineato i principi del CRM che in qualche modo hanno condizionato la stesura della maggior parte delle PS. COME APPRENDERE OGGI

“Dimmi e io dimentico. Insegnami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo”.

Benjamin Franklin. Oggi giorno un docente che voglia creare e gestire un corso di formazione non è obbligato a frequentare esso stesso un corso di formazione formatori né tantomeno una scuola di formazione formatori. Ne tantomeno i corsi o le scuole di formazione formatori integrano pienamente tutte le conoscenze attuali relative all'apprendimento dell'adulto.

Allo stesso modo l'intero percorso scolastico e accademico del singolo discente è povero delle stesse nozioni sopra descritte e pertanto i discenti si ritrovano carenti di nozioni relative al come si studia, come si apprende e come si memorizza. Il corso di formazione pertanto ancora una volta può essere occasione di formazione nella formazione integrando gli insegnamenti specifici di settore con metodologie di apprendimento. Poiché esistono una notevole entità di teorie, modelli, nozioni e metodologie sull'apprendimento dell'adulto mi limiterò ad inserire quelle che reputo fondamentali e di maggiore facilità integrativa.

Piramide dell'apprendimento La piramide dell’apprendimento è un ottimo strumento per aumentare l’efficacia dell’insegnamento, e per capire come noi stessi possiamo imparare meglio. La Piramide dell’apprendimento è stata creata nel 1946 nel National training Laboratories in Betel, Maine. Questo modello è diventato celebre, molto diffuso, criticato e contestato, ed anche usato a sproposito. Personalmente condivido diversi appunti mossi alla piramide e sono convinto che non vada presa tout-court, come un valore assoluto in ogni contesto. La mia esperienza, sia di formatore, che di studente, è però allineata con i suoi concetti. Quindi sebbene non vada presa come un dogma, le idee principali che possiamo estrarne sono valide e trovano riscontro nella realtà, o quanto meno nella ampia maggioranza dei casi. La piramide (o cono dell’esperienza) è spesso raffigurata con dei valori percentuale che dovrebbero rappresentare il livello di ritenzione delle informazioni a seconda di come vengano presentate. I valori riportati vanno presi come raffronto di diversa efficacia fra le modalità.

Coinvolgere quindi il singolo discente nell'insegnamento non può che innalzare la qualità formativa del corso. In merito a questo concetto corre occasione di ricordare l'approccio Lernen durch Lehren (LdL, dal tedesco: imparare insegnando), ideato dal professore Jean-Pol Martin. Tale approccio prevede che gli studenti, in seguito alle classiche sessioni in aula, diventino responsabili sia dell’apprendimento, sia dell’insegnamento. Secondo l’approccio LdL, il materiale di studio deve essere suddiviso in sotto-unità e gli studenti debbono organizzarsi in piccoli gruppi di massimo 3 persone. Ogni gruppetto è responsabile di una sotto-unità di studio, che dovrà dapprima essere studiata approfonditamente e successivamente presentata al gruppo di studio allargato. I gruppi di massimo 3 persone devono assicurarsi che quanto insegnato ai propri pari sia stato compreso ed

appreso e per farlo possono utilizzare qualsiasi strategia di insegnamento. Inoltre un po’ di sana competizione tra i vari gruppetti è benvenuta. Tale approccio può essere di sicura ispirazione per qualsiasi corso di formazione avendo cura di adattarlo allo specifico contesto formativo.

Concetti chiave dell'apprendimento L'apprendimento può essere suddiviso in 3 stadi principali:

1. Acquisizione� 2. Elaborazione� 3. Assimilazione

Ciò che si acquisisce quindi deve essere prima elaborato per poter essere assimilato. Esistono 3 principali modalità per acquisire le informazioni:

1. Ascoltare 2. Prendere appunti 3. Leggere.

Ascoltare: il docente, i discenti, se stessi e il proprio corpo Prima di ogni lezione sarebbe bene ricordare a se stessi e agli altri il perché. Perché si sta frequentando il corso. Perché si sta assistendo alla lezione. Ricordare la motivazione migliore la focalizzazione e la concentrazione. Ascoltare infatti significa essere concentrati. Significa non distrarsi. Per tale ragione, una volta chiarita e concordata la durata delle lezioni e delle pause è possibile chiedere ai discenti di interrompere per un tempo limitato, al massimo 25 minuti, la "connessione" con il proprio smartphone o tablet. Il modo migliore per sentire cosa pensa il discente è stimolarlo attraverso domande. Domande che non nascondano un giudizio quanto una curiosità vera nei confronti del discente, della sua realtà e del contesto in cui lavora, dei suoi pensieri, dei suoi dubbi e delle sue paure. Ascoltare il proprio corpo e rispettarlo significa:

• lezioni della durata massima di 25 minuti - numerosi studi hanno ampiamente dimostrato che non si riesce la concentrazione diminuisce dopo tale tempo)

• effettuare una pausa tra una lezione e la successiva di 5-15 minuti; • muoversi tra una lezione e un'altra - cambiare luogo ad esempio; • idratarsi con facilità - predisponendo l'ambiente per un richiamo costante ed un facile

approvvigionamento • porre attenzione all'alimentazione - così come l'atleta rispetta un determinato regime dietetico

prima di una performance il discente dovrebbe rispettare un regime dietetico funzionale ai suoi obiettivi (ad esempio frutta in occasione della pausa mattutina e pomeridiana e/o evitare pranzi pesanti)

Prendere appunti Prendere appunti è una strategia di apprendimento attivo. Eseguire pertanto questo compito con metodo e cognizione di causa migliorerà l'apprendimento stesso. Esistono numerose metodologie o

consigli pratici che possono aiutare a sviluppare ulteriormente questo aspetto. Di seguito riporterò 3 metodologie che mi hanno aiutato negli ultimi anni di studio. Utilizzo dei colori e dei simboli contro la monotonia. I simboli hanno la capacità di stimolare la nostra memoria emotiva, andando a radicare più a fondo gli appunti presi nei nostri ricordi. I colori rendono meno monotona, e quindi più interessante per il nostro cervello, la memorizzazione. Un esempio pratico:

• Un quadratino blu per identificare le attività da fare finita la lezione (esercizi, approfondimenti, ricerche, etc...);

• Un segnale di “attenzione” rosso per individuare le informazioni più importanti emerse nel corso della spiegazione;

• Un punto di domanda arancione per marcare i concetti da approfondire a fine lezione o successivamente;

• Un asterisco verde per indicare elementi degli appunti spiegati dettagliatamente nel libro di testo, nelle dispense o in altre lezioni;

Metodo Cornell (METODO 6R) Il metodo Cornell è una tecnica che merita particolare attenzione per la sua efficacia e per l'ampia possibilità di utilizzo. Si tratta di un metodo elaborato nel 1989 da Walter Pauk, docente nell'università di Cornell, e successivamente utilizzato in tutto il mondo. Apprendere il metodo Cornell è piuttosto facile e consente agli studenti di utilizzarne i benefici fin da subito, applicandolo anche insieme ad altre tecniche (come ad esempio la creazione di mappe - vedi dopo). Non è questa la sede più idonea per esporre il metodo Cornell per cui rimando al seguente link ulteriori specifiche: https://www.wikihow.it/Prendere-Appunti-con-il-Metodo-Cornell Mappe Concettuali e Mappe Mentali Le mappe concettuali sono uno strumento grafico per rappresentare informazione e conoscenza, teorizzato da Joseph Novak, negli anni ’70. Servono per rappresentare in un grafico le proprie conoscenze intorno ad un argomento secondo un principio cognitivo di tipo costruttivista, per cui ciascuno è autore del proprio percorso conoscitivo all’interno di un contesto, e mirano a contribuire alla realizzazione di apprendimento significativo, in grado cioè di modificare davvero le strutture cognitive del soggetto e contrapposto all’apprendimento meccanico, che si fonda sulla acquisizione mnemonica. Intuendo l’efficacia delle mappe concettuali, nel 1974, il presentatore televisivo e psicologo divulgativo Tony Buzan pensò bene di proporre una propria versione delle mappe, le cosiddette mappe mentali: oggi molto diffuse soprattutto a livello commerciale Sia le mappe concettuali, sia le mappe mentali hanno punti di forza e di debolezza, per questo personalmente ho sviluppato una mia versione e invito il lettore a svilupparne una propria. Sembrano tecniche complicate ma l'organizzazione ripaga sempre nel lungo periodo. E il lungo periodo è il regno della memoria. Inoltre, lo sforzo di sintesi ti permetterà di memorizzare più facilmente le informazioni. In fin dei conti senza elaborazione non c’è comprensione.

Leggere Fornire al discente il materiale didattico prima dell'inizio del corso ha numerosi vantaggi. Uno di questi è la pre-lettura, un metodo che aumenta la concentrazione e la focalizzazione necessaria prima dello studio. Se utilizzata prima di una lezione è tanto più utile quanto minore è l'intervallo di tempo tra l'esecuzione della tecnica e lo svolgimento della lezione. Per tale ragione, fornendo il materiale in anticipo e informando i discenti per tempo, è possibile sperimentarlo insieme in occasione dello svolgimento del corso. La tecnica consiste in 2 principali passaggi.

1. Prima di studiare, cerca di famigliarizzare con il materiale didattico • Leggi rapidamente il testo sfogliando le pagine cercando semplicemente di prendere

dimestichezza con la struttura delle sezioni • Leggi i titoli delle sezioni principali, le premesse e le conclusioni

2. Poniti delle domande • Qual è l'obiettivo che voglio raggiungere leggendo il testo • Quali sono i concetti chiave che voglio apprendere • Quali sono i risultati che voglio ottenere

L'utilizzo della tecnica in sostanza permette alla propria mente di prendere la configurazione più adatta al proprio apprendimento.

LA STRUTTURA: PROPOSTE SPERIMENTALI

Aiuta la memoria e lei aiuterà te (CRM 2-11-12)

"Perdere il passato significa perdere il futuro." Wang Shu

Come accennato in precedenza per creare un corso è necessario progettare e pianificare. Strumenti essenziali della pianificazione sono gli ausili mnemonici come le checklist o gli schemi che supportano il docente durante l’intero percorso formativo (evitando dimenticanze o uscite di percorso). Una volta pianificato il corso è essenziale pertanto creare una checklist o uno schema di supporto che, controllati ad intervalli regolari, garantiscano il rispetto dei tempi e del percorso stabilito. Considerando inoltre che il multitasking è un mito, ovvero che il cervello difficilmente riesce a fare 2 cose contemporaneamente, soprattutto se per molto tempo, e che l’attenzione del docente deve essere principalmente indirizzata ai discenti, è consigliabile pianificare dei richiami programmati (ad esempio sveglie) che possano aiutare il docente a ricordare di rivalutare ripetutamente e verificare il rispetto di quanto pianificato. Vantaggi:

• aderenza alla progettazione • maggiore attenzione, concentrazione ed impegno del discente che si sentirà guidato da un

docente coerente e capace di mantenere le promesse. In pratica:

• PIANIFICA IL CORSO • CREA AUSILII MNEMONICI COME CHECKLIST E/O SCHEMI DEL CORSO • IMPOSTA AD INTERVELLI REGOLARI DEI RICHIAMI CHE AGEVOLINO LA

VERIFICA DEGLI AUSILI MNEMONICI Mostra il percorso all'equipaggio prima di ammainare le vele (CRM 1-2-4-5-6-7-8-12-13-14-15)

"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi."

Marcel Proust

Rendere chiaro il percorso formativo, le modalità di sviluppo e di gestione e gli obiettivi prefissati del corso migliora l’aderenza dei discenti in quanto chiarisce le aspettative, permette di reindirizzare, se necessario, l’offerta formativa prima ancora di iniziare, focalizza l’attenzione e la concentrazione dei discenti sui singoli aspetti specifici limitando la distrazione legata ad aspettative non chiarite. Permette inoltre di stabilire prima le “regole del gioco” e di rispettare in egual misura il tempo del docente e quello del discente. Quest’ultimo sentendosi rispettato onorerà il docente organizzando meglio le proprie necessità o desideri distribuendo meglio le proprie energie nei momenti di picco e dedicando il tempo per le attività personali nei momenti di pausa. Tutto questo giova all'autorevolezza del docente, persona in grado di parlar chiaro e rispettare le promesse, che avrà così maggiore facilità nell'insegnare ai discenti sia le TS che le NTS.

Tale approccio può essere adottato all’inizio di un corso e/o in itinere con uno o più richiami (ogni qual volta, ad esempio, il docente dovesse sentire la necessità di rifocalizzare il gruppo di discenti). Vantaggi:

• Maggiore autorevolezza del docente • Maggiore focalizzazione del discente • Migliore organizzazione generale • Migliore distribuzione dei carichi di lavoro • Re indirizzamento parziale dell'offerta formativa, se necessario

In pratica: • MOSTRA CON PRECISIONE IL PERCORSO FORMATIVO RICORDANDO DI

ESPLICITARE ANCHE LE REGOLE E I TEMPI • CONCORDA CON I DISCENTI, SE OPPORTUNO, MODIFICHE AL PERCORSO

FORMATIVO • PIANIFICA EVENTUALI TIME-OUT DI RIVERIFICA

Facciamo il punto (CRM 4-6-8-10-13-14)

"Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi."

Galileo Galilei

Un corso di formazione è un'occasione unica di apprendimento e di aggiornamento. Spesso le informazioni fornita in occasione di un corso di aggiornamento sono così numerose da superare ampiamente la capacità di memorizzazione del nostro cervello. Per tali ragioni è frequente che il discente concluda una giornata o un modello di corso con entusiasmo, voglia di fare e nuove conoscenze ma che tutti e tre questi aspetti svaniscono in breve tempo lasciando spazio ad un latente o più esplicito senso di frustrazione e sconforto. Probabilmente una delle ragioni dietro questo fenomeno è la carenza di momenti di chiarimento e ricapitolazione. In sostanza in assenza dei "momenti-setaccio", utili a convogliare nel modo appropriato le conoscenze più importanti e utili per il singolo discente, viene a mancare la base su cui poter lavorare per mantenere la conoscenza duratura nel tempo. Inserire nella struttura di un corso un momento di ricapitolazione è pertanto a mio avviso essenziale. Tale ricapitolazione dovrebbe essere eseguita in prima battuta dal docente, reintegrata successivamente dai discenti, mediante semplici confronti o tecniche di brainstorming, e conclusa dal docente in pochi, essenziali e soprattutto accordati concetti chiave. In aggiunta potrebbe essere inviato a supporto inviato un documento riassuntivo finale, condiviso da tutti, ad ogni discente come promemoria di quanto appreso e come eventuale strumento di studio. Alternativa a quanto sopra espresso è l'inversione dei ruoli: alla fine della lezione si invita uno o più discenti ad eseguire la riformulazione di quanto espresso dal docente con l'intento di trasformare la posizione passiva e ricettiva del discente in posizione attiva e creativa (si rimanda ai concetti relativi all'apprendimento descritti in precedenza per ulteriori integrazioni). Vantaggio di questo approccio è la è la creazione di algoritmi e documenti/libri personalizzati della scuola frutto del vero e interessato contributo di tutti i docenti e discenti. Vantaggi:

• Maggiore chiarezza dei take home messagges

• Informazioni adeguate alle capacità di memorizzazione • Apprendimento "su misura" • Maggior entusiasmo e preparazione dei discenti duratura nel tempo • Creazione di materiale "della scuola"

In pratica: - RIASSUMI I CONCETTI CHIAVE DELLA LEZIONE - COINVOLGI ATTIVAMENTE I DISCENTI E SONDA EVENTUALI DUBBI O CURIOSITÀ

RESIDUALI - RIDEFINISCI QUANTO RIASSUNTO, ACCORDA E CONSOLIDA LE NUOVE

CONOSCENZE - CREA UN DOCUMENTO RIASSUNTIVO E SPECIFICO DEL CORSO - CONDIVIDI IL DOCUMENTO SUL MOMENTO O A DISTANZA

Esercitazioni post-lezioni (CRM 3-10-13-14)

"Non c’è cosa che non venga resa più semplice attraverso la costanza, la familiarità e l’allenamento. Attraverso l’allenamento noi possiamo cambiare; noi possiamo trasformare noi stessi."

Dalai Lama Quanto sto per argomentare ho avuto modo di esperirlo personalmente in occasione della frequenza del Master della Scuola EESOA del Prof. Capogna. Le esercitazioni hanno da sempre rappresentato un'occasione di verifica e apprendimento. Nonostante questo sono spesso vissute con ansie e paure. Ridurne la complessità, la durata e mascherarle come momento di confronto col docente limita la componente emotiva e migliora la preparazione generale e quella necessaria al superamento del definitivo test di fine corso. Anticipare il progetto al discente migliora ulteriormente l'approccio emotivo e quindi le performance dello stesso che sarà inoltre più critico nei confronti della lezione col fine ultimo di esser preparato al confronto finale. Il tutto può essere ottenuto mediante semplici esercitazioni di breve durata alla fine di ogni lezione. Vantaggi:

• Maggiore focalizzazione del discente • Maggiore capacità critica del discente • Maggiori informazioni di ritorno per il docente da parte del discente • Maggiore coinvolgimento del docente e conseguente innalzamento del livello qualitativo

della lezione • Maggiore gratificazione del docente

Esempi pratici: • compilazione di slide mostrate in precedenza, parzialmente cancellate • giochi a quiz • domande secche inerenti i punti essenziali • esercitazioni su casi clinici • domande su esperienze personali • compilazione su lavagna della mappa concettuale ad opera del docente o di uno o più discenti • ...

Nota bene: la PS andrebbe evitata durante le lezioni soprattutto se la lezione dovesse durare un tempo non superiore ai 25 minuti; questo per evitare l'eccessiva frammentazione e la conseguente distrazione dei discenti

Autovalutazione cognitiva: passato-presente-futuro (CRM 2-6-8-12-13-14)

"Chi vince sugli altri è forte. Chi vince se stesso, ha potere" Albert Einstein

Quanto sto per argomentare ho avuto modo di esperirlo personalmente in occasione della frequenza del Master della Scuola EESOA del Prof. Capogna. Già nella PS "facciamo il punto" è stata argomentata l'importanza di momenti di ricapitolazione fondamentali per creare la base di ripasso e consolidamento delle conoscenze apprese in occasione di un corso. In questo caso è il discente, attraverso il supporto del docente, a rivedere le proprie conoscenze, a confrontarle con le nuove acquisizioni e a programmare gli approfondimenti futuri. La tecnica consiste nell'invitare il discente a prendere un foglio, suddividerlo in tre colonne e riempire le colonne con le risposte alle seguenti 3 domande:

1. PASSATO: cosa ho consolidato? 2. PRESENTE: cosa ho imparato di nuovo? 3. FUTURO: cosa voglio approfondire?

Questa tecnica può essere utilizzata alla fine di ogni lesione frontale o prova pratica e/o alla fine di una giornata di corso. Avendo la possibilità di rivedere il discente in più occasioni, come nei corsi composti di più giornate consecutive, incontri a cadenza mensile o alternative simili, è possibile inoltre utilizzare la PS per:

• la creazione di un diario del discente contenente le n autovalutazioni da rivedere ad intervalli prestabiliti per verificare il consolidamento delle conoscenze e l'eventuale rispetto delle promesse relative al "cosa voglio approfondire";

• confrontare le autovalutazioni di tutti i discenti in un lavoro di gruppo per avere un polso della situazione più oggettivo e ottenere delle preziose informazioni di ritorno utili all'aggiornamento e alla revisione del programma del corso

Vantaggi: • Maggiore focalizzazione del discente • Maggiori informazioni di ritorno per il docente da parte del discente • Creazione di un programma formativo "su misura"

Le masteriadi - la formazione è un gioco da…professionisti (CRM 3-4-6-13)

"Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione."

Platone Come altre scienze, la Matematica e Fisica ad esempio, che da anni giovano dell'organizzazione di olimpiadi di settore, anche la Medicina, attraverso la simulazione in particolare, seppur timidamente, sta iniziando a giovare dell'integrazione tra formazione e gioco.

Il gioco infatti pone tutti sullo stesso livello, stimola la competizione e quindi l’impegno, è meritocratico e agevola e rinforza l'apprendimento grazie allo sviluppo delle emozioni, per lo più positive. Integrare quindi un corso di formazione con il gioco non può che innalzare il livello di partecipazione, migliorare l'apprendimento a breve e lungo termine nonché l'esperienza generale sia dei discenti che dei docenti. Ancor più di altre PS il gioco, toccando maggiormente il piano emozionale, richiede maggiore attenzione nelle fasi di pianificazione e programmazione. In particolare gli aspetti relativi alla meritocrazia, alla motivazione e alla responsabilità del singolo individuo devono essere attentamente sorvegliati. Un altro rischio da presidiare costantemente è lo sviluppo di dinamiche gruppali poiché quando si porta l'adulto sul piano del gioco le regole della pedagogia, il più delle volte, sostituiscono quelle dell'andragogia e incappare in errori è più facile. Non potendo utilizzare, come nel soggetto pediatrico, la punizione come stimolo alla crescita l'unico strumento di stimolo alla motivazione è la premialità che deve essere sempre presente e abilmente utilizzata senza mai creare differenti livelli tra i vari discenti. In particolare la premialità deve essere sia materiale, come ad esempio un libro o un corso in omaggio, che immateriale come un elogio pubblico in occasione del corso o ancor meglio sul sito o sui social (in questo caso sarebbe bene approfondire l'aspetto attraverso un'analisi dei rischi collegati all'effetto di ritorno sugli altri discenti). In assenza di premialità si azzera la motivazione: i resistenti vincono, i talenti scompaiono. Vantaggi:

• Maggiore partecipazione • Apprendimento più efficace e duraturo

Esempi pratici da prendere come spunto: • Corsa dei cavalli • Gioco dell’oca • Giochi senza frontiere • Gioco a quiz

Ancora una volta maggiore è la componente creativa materiale maggiore sarà il coinvolgimento. Utilizzare ad esempio una lavagna dove apporre un magnete con un cavallo per singolo discente, personalizzandolo con la propria foto, mostrando il percorso dall'inizio alla fine in modo da utilizzare la lavagna come tabellone segna-punti o mostra-percorso stimola costantemente i discenti in modo allegro e creativo, toccando le giuste corde emozionali, portando i più ad impegnarsi maggiormente per vincere il gioco.

Esercitazioni militari (dai militari abbiamo mutuato il CRM)

"Le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo.” Seneca.

Nel 1980 Gaba e alcuni collaboratori per primi trasferiscono i concetti del CRM, mutuati dalla marina militare, alla pratica anestesiologica. Diciotto anni fa, il comitato Americano per la qualità per la qualità delle cure (Quality of Healthcare in America Committee of the Institute of Medicine, IOM) ha pubblicato il rapporto dal titolo “L’errore è umano: costruire un sistema sanitario più sicuro” (Kohn et al., 1999), che esaminava la qualità delle cure nel sistema sanitario americano. Dalla pubblicazione di questo rapporto numerose iniziative sono state prese ma ancora nel 2009 pochi erano

stati i progressi (Jewel e McGiffert, 2009). Per questo, forti dell’esperienza militare, si è sviluppato, anche in ambito sanitario, un forte interesse verso lo studio e la comprensione di come gli esseri umani lavorano in ambienti ricchi di stress al fine di ottenere risultati rilevanti in termini di sicurezza e miglioramento dell’efficienza. In effetti gli anestetisti condividono con con i militari alcuni aspetti di rilievo:

• lavorano in ambienti ad alto livello di stress; • viene chiesto di rispondere in tempi brevi e in modo eccellente, indipendentemente dal

contesto in cui si trovano, a tutto quello che rientri nelle loro competenze Sebbene condividano questi aspetti, la loro formazione, soprattutto per quel che riguarda la gestione dell'ansia e dello stress, è molto diversa e alla fine del percorso formativo sono per lo più emotivamente impreparati all'emergenza, per quanto possano essere preparati invece dal punto di vista tecnico. Per poter agire prontamente durante una emergenza bisogna prima sapere cosa fare e per poter evocare i ricordi necessari alla formazione dell'idea dietro l'azione la mente deve essere in grado per prima cosa di gestire il sovraccarico emotivo. Senza allenamento, anche in questo caso, si rischia di essere impreparati. Simulare uno o più momento di stress, provando e riprovando senza rischi ne conseguenze, a ricordare nozioni difficili e raramente riprese durante la normale attività clinica può rappresentare un ottimo allenamento e può precondizionare e preparare la mente ai veri e reali momenti di stress collegati alle emergenze cliniche. Questa PS dovrebbe ripetuta, casualmente e senza preavviso, numerose volte durante la giornata formativa. In tal modo il discente è portato a mantenere elevato il livello di attenzione durante tutto il corso, ad eccezione dei momenti di ricarica come le pause, poiché sa, ma non quando, di poter essere richiamato in qualsiasi momento a rispondere in urgenza ad un dato quesito. Ancora una volta una attenta pianificazione dei tempi e della modalità gestionale e comunicativa è di fondamentale importanza poiché in caso contrario rischia di tornare indietro come un boomerang ponendo il discente in posizione difensiva, riducendone la capacità di apprendimento. Anticipare ed argomentare in modo efficace ad inizio corso la strategia specificando l'obiettivo che si vuole raggiungere accordandolo con i discenti è il primo passo da fare. Se possibile, è opportuno collegare la PS all'aspetto ludico sostituendo le punizioni, tipiche dell'approccio militare, con le gratificazioni e le premialità, tipiche del gioco. Gestendo correttamente le esercitazioni le competenze del discente non possono che migliorare e il livello di ansia non può che diminuire. Col passare del tempo la paura e l'ansia si trasformeranno in entusiasmo e gratificazione. Proprio su quest'ultimo aspetto mi preme fare un ulteriore appunto. È possibile fare formazione nella formazione utilizzando la strategia delle esercitazioni militari per guidare il discente a valutare sia il proprio livello di ansia che il delta tra la correttezza della risposta fornita e la difficoltà della domanda posta. Con questo piccolo stratagemma il discente esperirà in prima persona e direttamente la propria crescita sia nelle TS che nelle NTS. Anche qui la creatività ha un ruolo fondamentale e l'applicazione pratica della PS è a piena discrezione dell'organizzatore del corso e dei docenti (largo spazio alla fantasia). Vantaggi:

• Mantiene alta l’attenzione del discente • Migliora l'autostima del discente migliorando di conseguenza la risposta emotiva allo stress • Fornisce al discente una valutazione più vicina alla realtà

• Abitua il discente alle emozioni tipiche dell'emergenza • Rafforza, grazie al rinforzo delle esperienze emozionali, il ricordo di nozioni essenziali

In pratica: • INDENTIFICA I CONCETTI CHIAVE DA PASSARE AI DISCENTI • PIANIFICA LE ESERCITAZIONI DEL DETTAGLIO (domande di diversa difficoltà,

intertempo tra le domande, numero di domande, etc...) • VALUTA L'INTEGRAZIONE DELLE ESERCITAZIONI MILITARI CON UNA

AUTOVALUTAZIONE COGNITIVA/EMOTIVA (livello di ansia, delta appropriatezza/difficoltà);

• PONI MOLTA ATTENZIONE ALLE MODALITÀ COMUNICATIVA • INTEGRA L'ESERCITAZIONE CON UN SISTEMA GRATIFICANTE (se possibile, ad

esempio, inserisci la PS nel progetto più grande delle masteriadi) • NON INIZIARE O INTERROMPI L'ESERCIZIO SE RICEVI INFORMAZIONI DI

RITORNO NEGATIVE DA PARTE DEI DISCENTIA Alcuni esempi da spunto:

• domande secche su azioni o sequenza di azioni da eseguire in emergenza • descrivere alla lavagna in 3-5 minuti un algoritmo dell'emergenza • rispondere a domanda secca su nozione scientifica in un tempo limitato (es quiz televisivo)

Simulare prima di simulare (CRM 1-2-3-6-9-14)

"Simulare il disordine presume una perfetta disciplina, simulare paura il coraggio, simulare

debolezza la forza" Sun Tzu

In medicina la simulazione è stata riscoperta all’inizio degli anni ’90 e via via implementata a scopo formativo e di apprendimento dinamico. Viene utilizzata con due scopi: accrescere le competenze tecniche (Technical Skills - TS) e sviluppare le competenze non tecniche (Non Technical Skills - NTS) utilizzando a tal fine strumenti come il CRM. Si affianca con l’intento di completare la formazione d’aula e precedere la pratica clinica rendendola più sicura. Negli ultimi due decenni è divenuta un fenomeno pervasivo diventando una pratica condivisa di tutte le professioni medico-sanitarie entrando a far parte delle tecniche formative dei Programmi di Educazione Continua in Medicina (ECM) sia a livello nazionale che internazionale Nella mia personale esperienza ho notato che spesso il canovaccio pre-simulazione è il seguente:

• spiegazione del metodo ai discenti e formazione sui principi del CRM • conoscenza dell'ambiente • familiarizzazione con le strumentazioni • formazione in aula sulle TS utili ad affrontare la simulazione • simulazioni gradualmente sempre più complesse

Ho sperimentato in prima persona e notato su altri colleghi che spesso le prime esperienze in sala di simulazione sono cariche di ansia da prestazione e paura di sbagliare. Persino i più esperti le prime volte cadono nell’oblio della tempesta emotiva riducendo le TS a livelli appena sufficienti. Il sentimento predominante prima di entrare in aula di simulazione è più la paura che il coraggio. Il discente solitamente spera di affrontare uno scenario quanto più semplice possibile per non

commettere errori piuttosto che affrontare lo scenario più difficile e dimostrare a se stesso e agli altri ciò che è in grado di fare, traendo comunque spunto dall'esperienza in simulazione. Raro se non addirittura unico è il discente che spera di trovare lo scenario impossibile al fine di superare i propri limiti. Questo fenomeno mi ha incuriosito molto e ho deciso di approfondirne l'aspetto psicologico. Questa breve trattazione non è il luogo adatto per argomentare in modo sufficiente quanto appreso, pertanto riassumerò brevemente i principi essenziali che mi hanno portato a proporre la PS:

1. Emisfero destro (emozioni) e sinistro (logica) lavorano al meglio solo se in armonia tra di loro (il concetto di emisfero destro e sinistro è ormai superato da tempo ma aiuta a semplificare l'argomentazione) - in pratica sotto stress l'emisfero destro soffre e rallenta le funzioni cognitive del sinistro e vale il contrario ovvero in assenza di conoscenza adeguata e sufficiente ad affrontare un problema l'emisfero sinistro soffre e rallenta le funzioni dell'emisfero destro evocando emozioni come paura e dolore; il risulto in entrambi i casi è comunque lo stesso ovvero si dimenticano anche le nozioni di base, ci si blocca o semplicemente si riducono sostanzialmente le performance lavorative.

2. Il pensiero crea la realtà - le nostre convinzioni hanno una influenza concreta sulle nostre prestazioni poiché il cervello non differenzia la realtà immaginata da quella reale; la nostra immaginazione può alterare ciò che sentiamo e vediamo ovvero la realtà che ci circonda può essere differente da ciò che percepiamo davvero a causa della nostra immaginazione.

3. esasperare deliberatamente la paura porta a cancellarla - ho avuto modo di conoscere e sperimentare una tecnica psicoterapeutica specifica per patofobie inventata e perfeziona dal Prof. Giorgio Nardone della scuola di Palo Alto, allievo di Paul Watzlawick e fondatore insieme a Paul Watzlawick del Centro di Terapia Strategica di Arezzo; la tecnica, o più correttamente lo stratagemma, si chiama "Peggiore fantasia" e consiste nel dedicare ogni giorno un tempo prestabilito (30 minuti) a fantasticare nei dettagli sulle peggiori cose che potrebbero accadere nel momento in cui il soggetto dovesse trovarsi faccia a faccia con la propria paura per poi interrompere tutto istantaneamente, alzarsi, lavarsi la faccia e cambiare luogo

Sarà opportuno quindi preparare il discente alla simulazione in aula mediante il ricorso ad un allenamento mentale utilizzando scenari immaginari. In tal modo si effettua una sorta di priming nella mente del discente che entrerà in sala di simulazione con minori ansie da prestazione. Ciò consentirà una più adeguata e automatizzata performance tecnica e una maggiore disponibilità cognitiva, maggiore concentrazione e attenzione alla NTS (come un computer: più RAM si libera per i processi di base maggiore RAM sarà disponibile per una data applicazione). Dall’altro lato il docente potrà creare scenari più complessi in sala di simulazione migliorando la qualità formativa. Inoltre avendo trattato prima gli aspetti emozionali, mediante il ricorso agli scenari immaginari, in sede di debriefing avrà maggiore facilità a gestire i discenti e potrà focalizzare maggiori energie e tempo all'analisi delle TS e NTS. In sostanza è una applicazione pratica di un antico stratagemma orientale: partire prima per arrivare dopo. D’altronde anche i sottopunti del secondo principio del CRM richiamano a questo PS proprio perché le emergenze in quanto tali sono rare e come tutti gli eventi rari devono essere affrontati prima che accadano

• Simulare mentalmente i problemi che possono insorgere • Correggere e risolvere in anticipo i problemi che possono insorgere

• Cercare di avere sempre un piano • Non farsi coinvolgere dagli eventi

Vantaggi: • Migliore gestione emozionale del discente • Possibilità di utilizzare un numero maggiore di scenari per unità di tempo • Possibilità di utilizzare scenari complessi fin dal primo incontro • Facilitazione in sede di debriefing

In pratica: • PREPARA SCENARI SEMPLICI E ACCADEMICI PIENAMENTE ADERENTI AGLI

ALGORITMI • FAI SIMULARE AL TAVOLO I DISCENTI INVITANDOLI AD IMMAGINARE GLI

SCENARI PROPOSTI • GUIDA IL DISCENTE LUNGO L'INTERO SCENARIO FACENDOGLI SCOPRIRE LE

PROPRIE CAPACITÀ • AIUTA IL DISCENTE AD AFFRONTARE E SUPERARE LE PROPRIE PAURE

EVOCANDOLE ED ESASPERANDOLE • INIZIA GLI SCENARI IN SALA SIMULAZIONE SOLO DOPO AVER PROVATO E

SUPERATO GLI SCENARI IMMAGINARI • COME PRIMO SCENARIO SIMULATO IN SALA DI SIMULAZIONE UTILIZZANE

UNO PRESO DAGLI SCENARI SIMULATI MENTALMENTE IN MODO DA FAR ESERCITARE IL DISCENTE NELL NTS SENZA PREOCCUPARSI DELLE PERFORMANCE NELLE TS

Repetita juvant: dall'ECM alla CPM (Conoscenza Permanente in Medicina)

“Ho sempre avuto difficoltà a memorizzare tre cose: i nomi, le facce e...! non riesco a ricordare

quale fosse la terza!” Fred A. Allen.

A chi non è capitato di ritrovarsi a distanza di settimane o di mesi da un corso e ricordarsi appena il 10% o meno di quanto appreso. E questo a prescindere dalla qualità del corso. Le uniche eccezioni a questo fenomeno sono quelle relative a conoscenze acquisite e poi utilizzate routinariamente nel proprio lavoro. Ancora una volta il fenomeno mi ha incuriosito e portato a approfondire gli studi. Come accennato nei precedenti capitoli la memorizzazione è solo una naturale conseguenza dell’apprendimento. Quando impariamo qualcosa per la prima volta, nella nostra mente si formano delle connessioni dendritiche fragili, che possono scomparire velocemente. Tuttavia ogni volta che si studia e si fa pratica ripassando quanto appreso i dendriti diventano più spessi, aumentando il loro strato di mielina. Per rafforzare le connessioni neurali non è quindi sufficiente lo studio ma bisogna coinvolgere attivamente il cervello attraverso la pratica. Anche nella memorizzazione le emozioni giocano un ruolo cardine. Se è l'ansia a dominare viene rilasciata adrenalina in circolo che modificando il comportamento dei neurotrasmettitori, rende più difficoltoso il passaggio dei segnali nervosi tra le diverse sinapsi. Se invece l'emozione predominante

è il piacere il sotto forma di desiderio vengono rilasciate in circolo le endorfine che inducono sensazione di calma e rilassamento contrastando gli effetti dell'adrenalina Semplificando la formula della memoria è dunque:

Memoria = (Emozioni x Frequenza) / Tempo Ovvero se si vuole memorizzare qualcosa bisogna provare delle forti emozioni positive, ripetere l’esperienza più volte e fare il tutto in uno specifico lasso di tempo. Tra le numerose tecniche di memorizzazione una in particolare mi ha indirizzato nell’avanzare questa PS: la Ripetizione Dilazionata. Un sistema di ripetizione dilazionata, o ripetizione spaziata (in inglese Spaced Repetition System, SRS), è un sistema didattico volto all'ausilio della memorizzazione di informazioni. Sfrutta l'"effetto di spaziatura" o "effetto di distribuzione temporale", ovvero il fatto che la memorizzazione a lungo termine di una informazione è più facile quando essa viene ripetuta poche volte su tempi lunghi anziché molte volte su tempi brevi. I primi studi sull'argomento sono dovuti ad Hermann Ebbinghaus (1850-1909): questo filosofo e psicologo tedesco teorizzò la "curva dell'oblio" e l'"effetto di spaziatura" nel suo saggio del 1885 intitolato Über das Gedächtnis (tradotto in "Memoria. Un contributo alla psicologia sperimentale"). il libro segnò l'inizio di una nuova disciplina: la psicologia cognitiva. L'oblio segue un ritmo esponenziale: un fatto è velocemente dimenticato nelle prime ore, e poi in pratica tende a decadere con più lentezza.

Un altro risultato ottenuto dallo psicologo fu l'identificazione dell'"effetto di spaziatura" (spacing effect). Questo fenomeno prevede che imparare del materiale attraverso una distribuzione nel tempo dei ripassi di quanto memorizzato per la prima volta, sia più efficace che cercare di ricordare tutto facendo una sola sessione di memorizzazione. In pratica, questo effetto suggerisce che fare un solo ripasso la notte prima di un esame, non sarà così utile quanto lo sarebbe fare più ripassi di quanto già imparato, a diversi intervalli di tempo, nel quadro di un lasso di tempo più lungo. Bisogna sottolineare che i benefici delle presentazioni spaziate non sono così evidenti negli intervalli più brevi, e quindi in un intervallo di tempo ridotto un'esposizione massificata porta ad un risultato migliore. L'effetto di spaziatura può essere schematizzato con il concetto che la curva dell'oblio è soggetta a una dilatazione se il materiale che si vuole imparare viene ripassato prima che abbia raggiunto una certa soglia di oblio. Dall'idea di sfruttare l'effetto di spaziatura nascono le "ripetizioni

spaziate" (spaced repetition), una tecnica di apprendimento che prevede l'uso di crescenti intervalli di tempo tra ripassi successivi di materiale precedentemente imparato. Il concetto su cui si basa il metodo sfata il luogo comune che "più si ripete meglio è". È stata convinzione diffusa che sia consigliabile ripassare il più spesso possibile: la verità è che non solo le ripetizioni frequenti sono uno spreco di tempo prezioso, ma possono anche impedirci di formare ricordi stabili. La via più veloce per costruire ricordi duraturi è ripetere il proprio materiale in momenti determinati con precisione e per ottenere il tutto con il minimo sforzo bisogna usare le ripetizioni dilazionate.

Questa premessa è la PS. Ovvero integrare la ripetizione dilazionata nei corsi e insegnarla a tutti i discenti in modo da poterla applicare anche e soprattutto a mesi di distanza dal corso. Come? Libero spazio alla fantasia in relazione al corso e al contesto. Solo garantendo conoscenza e abilità stabili nel tempo si potrà parlare di Conoscenza Permanente In Medicina (CPM). È questo progetto ambizioso non può che non passare dalla formazione e dalla capacità dei docenti di effettuare formazione nella formazione, ovvero insegnare ai discenti non solo nozioni specifiche dell'area di appartenenza ma anche e soprattutto nozioni relative all'autoapprendimento. Vantaggi:

• Formazione stabile nel tempo • Richiami più efficienti ed efficaci

Esempi pratici: • richiamare i concetti più volte durante il corso programmando i momenti di ripasso sfruttando

le altre ipotesi sperimentali (l'esercitazione militare, esercitazioni, creazione di mappe concettuali, momenti di confronto, etc...)

• richiamare quanto appreso la mattina seguente o in occasione degli incontri successivi (per i corsi della durata maggiore di un giorno)

• sfruttare la tecnologia, soprattutto internet con i siti web e le app specifiche del settore (anki ad esempio), per richiamare quanto appreso

• insegnare ai discenti la ripetizione dilazionata in modo da poterla usare anche dopo il corso • rilasciare i crediti ECM solo al superamento di n richiami effettuati in sede o online

La tua opinione è essenziale!

"Parlare è un bisogno. Ascoltare è un’arte" Goethe

Alla fine del corso è consuetudine fornire al discente un documento di valutazione della qualità formativa fornita. Dall’applicazione del DLgs 502/1992 integrato dal DLgs 229/1999 e della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 questo aspetto è diventato essenziale ai fini dell’accreditamento istituzionale di qualsiasi corso ECM. L'Agenas ha emanato delle Linee guida e degli standard relativi a questo aspetto. Gli standard lasciano abbastanza liberi nel realizzare il documento valutativo purché si rispettino i punti principali. Spesso, a torto o ragione, questo documento è percepito dal discente come superfluo e "burocratico". Questa lettura porta ad una compilazione poco attinente alla realtà e priva di critica. Si sottovaluta inoltre la sudditanza psicologica del discente nei confronti del docente e anche un documento “anonimo” non viene quasi mai compilato nel rispetto dello scopo principale. Il risultato finale è inevitabilmente il rispetto della forma ma non della sostanza. Il documento di valutazione della qualità formativa fornita è invece fondamentale per aggiornare le successive edizioni del corso e renderle più aderenti alle necessità formative dei discenti. È importante anche per il discente, sia sul piano cosciente che emotivo, poiché ha la possibilità di esprimere un parere sapendo che il suo contributo potrà avere una ricaduta positiva sull'intero sistema. Almeno in teoria. Per quanto premesso pertanto è opportuno coinvolgere e informare adeguatamente il discente ancor prima dell’inizio del corso in modo da prepararlo a questo aspetto critico importante. Bisogna essere in grado di “far sentire”, non limitandosi alla mera spiegazione, l’importanza del documento e delle informazioni di ritorno in esso contenute. Per far ciò sarà necessario dedicare un tempo adeguato, non meno di 5 minuti, e le dovute attenzioni:

• Leggere insieme il documento e chiarire aspetti ambigui • Fare degli esempi della scala di valutazione utilizzata (se si decidesse di utilizzare la scala da

0 a 10 è opportuno far pesare correttamente sia lo 0 che il 10 poiché una votazione di tutti 10 non vale nulla!)

• Riassumere quanto detto per ridefinire ed essere certi di aver raggiunto l’obiettivo mediante domande di ritorno dirette ai discenti.

È possibile integrare il documento di base con domande atte a valutare ulteriori aspetti: • Qualità delle informazioni ricevute • Livello dell’attenzione o della concentrazione in occasione delle lezioni • Rapporto tempo/informazioni ricevute (sei soddisfatto delle informazioni ricevute? Il tempo

per forniti tali informazioni è stato superiore alle aspettative o inferiore?) • Segnalazione di dubbi residui o nuove curiosità

Se si scegliesse di informare il discente del progetto prima della frequenza del corso si potrebbe integrare il documento con domande utili a fornire ai docenti informazioni per ridisegnare, nei limiti del possibile, il corso in relazione al gruppo dei discenti. Ad esempio:

• Cosa ti aspetti dalla lezione/incontro pratico X del docente Y? • Quali sono i dubbi che vorresti risolti o le curiosità che vorresti soddisfatte dal docente Y in

occasione della lezione/incontro pratico X?

• Vorresti chiarito qualche aspetto particolare dal docente Y prima della lezione/incontro pratico X?

• Il programma che ti abbiamo fornito è chiaro o c’è qualche aspetto che vorresti chiarito? Ricevere le informazioni di ritorno a queste domande può consentire all’organizzazione del corso la redazione di un programma più di sostanza che di facciata, più chiaro e trasparente. I docenti avranno inoltre la possibilità di organizzare la propria lezione sulla base della necessità del singolo gruppo di discenti ottimizzando il tempo a loro disposizione. Questa PS, come altre precedenti, per le caratteristiche intrinseche relative al mutuo scambio di informazioni gioverebbe della piena integrazione con gli strumenti che oggi giorno offre la tecnologia: siti web, app dedicate, utilizzo di mailing list, trasferimento di documenti mediante tecnologia cloud, etc... . Vantaggi:

• Maggiore chiarezza e credibilità delle informazioni di ritorno fornite dai discenti • Maggiore partecipazione attiva al corso dei discenti • Maggiore capacità critica dei discenti • Possibilità di adeguare il corso al singolo gruppo di discenti • Maggiore qualità dell'offerta formativa • Offerta formativa cucita su misura dei discenti

In pratica: • CREA UN DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ FORNITA SECONDO

DECRETO LEGGE E LINEE GUIDA AGENAS • INTEGRA IL DOCUMENTO CON DOMANDE ATTE AD INDAGARE ASPETTI PIÙ

SOSTANZIALI CHE FORMALI ADERENTI AL PIANO FORMATIVO DA TE PROGETTATO (rapporto tempo/informazioni ricevute, qualità delle informazioni ricevute, difficoltà a mantenere la concentrazione, etc.. etc...)

• CREA UNA GUIDA CHIARA E SINTETICA A SUPPORTO DELLA COMPILAZIONE CORRETTA DEL DOCUMENTO ED INVIALA PRIMA DEL CORSO INSIEME AL PROGRAMMA

• INTEGRA LA GUIDA CON UNA PARTE ATTA A FORNIRE INFORMAZIONI PRE-CORSO UTILI A REINDIRIZZARE L'OFFERTA FORMATIVA (info relative al programma, a dubbi da chiarire o curiosità da soddisfare)

• FAI SENTIRE AI DISCENTI L'IMPORTANZA DEL PROGETTO E NON LIMITARTI AD INFORMALI ATTRAVERSO UNA SEMPLICE SPIEGAZIONE

• PREOCCUPATI DI FORNIRE TU STESSO EVIDENZE AL DISCENTE CHE IL DOCUMENTO COMPILATO È STATO LETTO ED UTILIZZATO (per le informazioni pre-corso l'evidenza è in occasione dell'incontro; per le informazioni post corso l'evidenza è un feedback a distanza mediante strumenti tecnologici)

MODELLO SPERIMENTALE: COMUNICAZIONE E STILE

"Non v’è Arte là dove non v’è stile" Oscar Wilde

Le osservazioni di seguito presentate sono frutto della mia personale esperienza e prendono spunto da quanto appreso presso l'European e-Learning School in Obstetric Anesthesia (EESOA) del Prof. Giorgio Capogna.

Prendere appunti con metodo Come anticipato nel paragrafo "Come apprendere oggi" sarebbe opportuno:

• CONDIVIDI IL MATERIALE DIDATTICO PRIMA DEL CORSO • RIVEDI INSIEME AI DISCENTI, PRIMA DI INIZIARE IL CORSO, IL MATERIALE

DIDATTICO • ESEGUI UNA PRE-LETTURA INSIEME AI DISCENTI PRIMA DI UNA LEZIONE • FORMA NELLA FORMAZIONE ATTRAVERSO LA CONDIVISIONE DELLE

NOZIONI RELATIVE ALL'AUTOAPPRENDIMENTO DELL'ADULTO (mappe concettuali, uso di simboli e coli per prendere appunti, metodo Cornell, etc...)

Lo switching time costa

La distrazione costa. Il multitasking, ovvero svolgere più compiti contemporaneamente, costa. In pratica passare momentaneamente da un’attività ad un’altra, come ad esempio controllare la posta elettronica o rispondere ad un messaggio o una telefonata durante una lezione o un'altra attività formativa, aumenta di almeno il 25% il tempo necessario a completare l’attività iniziale. Tale fenomeno è noto come “switching time”. Pertanto è molto più efficiente focalizzarsi completamente su di un’attività per un dato tempo (mai superiore ai 90 minuti) e poi prendersi una vera pausa per poi passare all’attività successiva. La pianificazione e la condivisone del piano è fondamentale per superare le resistenze dei discenti "super connessi" e accordare finestre di tempo mai superiori ai 25 minuti di assoluta concentrazione. In pratica:

• GARANTISCI UN AMBIENTE FAVOREVOLE ALLA CONCENTRAZIONE CON TUTTO IL NECESSARIO PER PRENDERE APPUNTI

• STABILISCI UN TEMPO MAI SUPERIORE AI 25 MINUTI PER SINGOLA LEZIONE TEORICA O PRATICA

• CONCORDA CON I DISCENTI LE REGOLE DI BASE E OTTENERE LA "DISCONNESSIONE PARZIALE E MOMENTANEA" PER I BLOCCHI DI TEMPO DEFINITI

Formazione nella formazione

Il sanitario è studente in occasione di un corso ma sarà poi docente a lavoro o in futuro nella sua carriera poiché inevitabilmente sarà portato a condividere e trasmettere ad altri quanto imparato. Il sanitario si aggiorna, per piacere e per dovere, e successivamente trasmette l’aggiornamento al prossimo per piacere o necessità.

Per tale ragione ogni corso può e deve essere una occasione per imparare l'arte dell'insegnamento e per approfondire le nozioni relative all'apprendimento dell'adulto. Inoltre vi è sempre l'opportunità per insegnare aspetti trasversali all'insegnamento, alle TS e NTS come ad esempio: come parlare in pubblico, come creare slide efficaci, come fare ricerca, come leggere un lavoro scientifico, come conoscere e interpretare i network, come valorizzare e utilizzare l'umanizzazione nel proprio ambito, etc...etc... . In pratica:

• IDENTIFICA NEL PIANO FORMATIVO PIANIFICATO GLI ASPETTI INERENTI LA CONOSCENZE TRASVERSALI E NON SPECIFICHE DEL CORSO

• SCEGLI TRA GLI ASPETTI IDENTIFICATI QUALI TRASMETTERE IN MODO DIRETTO E QUALI MOSTRARE NELLA PRATICA

• SFRUTTA LA FORMAZIONE NELLA FORMAZIONE PER CREARE MOMENTI DI RICARICA E STACCO DURANTE IL CORSO (ricorda: la monotonia è il killer dell'apprendimento; variare la tipologia dell'offerta formativa con momenti formativi non specialistici ha la stessa valenza di una pausa)

Presentare con stile

Di seguito, per gentile concessione del dell'European e-Learning School in Obstetric Anesthesia (EESOA) del Prof. Giorgio Capogna riporto le regole di una presentazione strategica ed efficace:

• Durata presentazione: 10 minuti (max. 20) • Scegliere un obiettivo • INCIPIT - ha una funzione suggestiva e serve a catturare l'attenzione; si può usare un

aforisma, una metafora o un racconto breve, una narrazione storica • DEFINIRE L'ARGOMENTO - transizione dal suggestivo al cognitivo • PUNTI DI VISTA - allargare per stringere; la nostra prospettiva, ovvero il nostro punto di

vista, è l'ultima cosa che diciamo • RISULTATI APPLICATIVI - ricerche ed efficacia; documentazione, quanto basta, a

supportare la propria tesi (l'eccesso di informazione azzera la conoscenza) • NARRAZIONE EVOCATIVA - preparare l'uscita lasciando un effetto eco mediante il

racconto di un caso, un resoconto, ecc...ecc... . • CHIUSURA - sentenza conclusiva; ad esempio un aforisma ad effetto, un aneddoto che lasci

un eco di riflessione sugli uditori In merito alle DIAPOSITIVE:

• sono un supporto didattico • servono a complemento e spiegazione di ciò che si vuol dire e non sono la base di lettura della

propria presentazione. • le meno numerose possibile, quanto basta a chiarificare ciò che si vuol dire. • leggibili, ovvero con poche righe, sintetiche, parole chiave, font, grafici e tabelle funzionali

all'esposizione A quanto appresso presso l'EESOA aggiungo riflessioni personali:

• EFFETTO ECO DI 10 SECONDI DOPO AVER ESPRESSO UN CONCETTO CHIAVE sia per dare importanza e risonanza al concetto sia per dare il tempo ai discenti di appuntare osservazioni da porre successivamente al docente

• EVITARE DI CADERE NEL TRANELLO DEL “FASCINO DEL MISTERO” che consiste nel preferire la scena sul palco piuttosto che la trasmissione concreta di informazioni; in pratica si espone con autorevolezza e carisma un dato argomento, per lo più complesso e difficile, ma in modo generico o eccessivamente specifico, con eccesso di informazioni a tratti di difficile comprensione, con il risultato finale di aver sorpreso e affascinato i discenti lasciandoli però confusi e disorientati senza un minimo apporto pragmatico e concreto.

Infine, poiché si impara più guardando un video che leggendo un testo (vedi piramide dell'apprendimento) consiglio di guardare le presentazioni scientifiche dei relatori di TED-Talks per ispirarsi allo stile comunicativo (vedi https://www.ted.com/). Vedi anche https://www.wikihow.it/Tenere-un-Discorso-per-il-Technology-Entertainment-Design-(TED).

Aggiornamento VS congresso Spesso nei corsi di formazione le lezioni frontali sono derivate dalle presentazioni congressuali o comunque simili per stile e conformazione pur essendo i due contesti molto diversi. Il più delle volte il discente che decide di aggiornarsi attraverso un corso di formazione non vuole essere persuaso dal docente sulla veridicità e appropriatezza di quanto esposto. Si fida già! O in alternativa preferirebbe avere prima le informazioni a sostegno di quanto il docente esporrà durante la lezione e sfruttare il tempo a disposizione per qualcosa di più pratico e concreto: aggiornamenti chiari e sintetici, ultimi aggiornamenti del settore, pareri dell’esperto, rassicurazioni. Le fonti e le evidenze a supporto della tesi del docente devono sicuramente essere citate ma possono essere richiamate brevemente a fine lezione e/o fornite precedentemente al discente. Il tempo a disposizione del docente è prezioso e limitato così come è limitata l’attenzione del discente. Per tale ragione limitare l’informazione all’essenziale consente un maggior grado di coinvolgimento e apprendimento. In pratica il docente può utilizzare il tempo a sua disposizione dedicando maggiori energie ad altri aspetti della lezione. Ad esempio potrà:

• confrontarsi coi i discenti in modo da ridefinire quanto detto e chiarire eventuali dubbi • rispondere in modo chiaro e conciso alle domande effettuate dai discenti prima della lezione • aprire una discussione con i discenti relativa alle esperienze personali • coinvolgere i discenti simulando scenari futuri e ragionando sulle possibili azioni da

intraprendere • fornire il parere dell'esperto • raccontare la propria pratica clinica e casi clinici particolari di attenzione

Usare un linguaggio appropriato

Oltre alle regole generali presenti in qualsiasi manuale relativo al parlare in pubblico mi preme precisare i seguenti aspetti, spesso dimenticati dai docenti:

• EVITARE L'USO DI PAROLE DI DIFFICILE PRONUNCIA O SIGNIFICATO E SE NON SI PUÒ FARNE A MENO PRENDERSI QUALCHE SECONDO PER ARGOMENTARLE E SPIEGARLE - Dire una parola senza farsi capire o dire una parola in una lingua sconosciuta è la stessa cosa; citare un grande della storia o un autore importante senza informare sul suo conto è inutile anzi dannoso perché distrae, come una nota in più in una melodia perfetta si

perderà il senso della melodia e si darà importanza, per un breve tempo, solo a quel suono dissonante.

• EVITARE GLI INTERCALARI, SOPRATTUTTO EVITARE DI RIPETERLI PIÙ DEL DOVUTO (ad esempio intercalari come diciamo, praticamente o il più famoso "quant'altro") per lo stesso motivo di cui sopra.

• SPIEGARE CON CHIARI RIFERIMENTI ARGOMENTI DISTANTI DA QUELLO PRINCIPALE DELLA LEZIONE perché probabilmente sarà sconosciuto ai più e quindi di difficile comprensione.

GESTIONE DEL TEMPO

"Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto". Seneca

Qualsiasi lettore che si approcci a questo documento sperimentale probabilmente avrà pensato o penserà: “tutto molto bello ma…il tempo di fare tutto dove lo trovo?”. A questo ipotetico lettore risponderei: "Prima di dirlo o pensarlo, sperimenta!" Il primo passo per aggiungere qualcosa è togliere il superfluo. Per poter rimuovere il superfluo bisogna prima identificarlo. Pertanto chiunque sia interessato ad integrare uno o più aspetti di questa tesi dovrà prima analizzare con attenzione il progetto del corso scelto. È molto probabile che un’analisi attenta porti a notare uno dei seguenti aspetti:

1. Utilizzo non standardizza e/o inappropriato delle pause 2. Lezioni frontali della durata maggiore di 20-25 minuti 3. Macro e micro progettazione mancante o carente 4. Ritardi o mancato rispetto della tabella di marcia 5. Esercizi formali ma poco sostanziali 6. numerosi tempi morti

Una volta effettuata l'analisi probabilmente ci si renderà conto che il tempo c'è ed è mal valorizzato. Si potrà così prima recuperare del tempo e poi usarlo per aggiungere qualcosa di nuovo e sperimentale. Si consiglia infine di sperimentare una sola PS alla volta in modo da modificare solo lievemente la struttura a cui si è abituati e convogliare così le attenzioni ad un unico progetto. Il tempo di insegna tante cose, meno come farne buon uso. Oggi giorno l'offerta formativa di corsi che insegnano la gestione del tempo è ampia. Coglierla è a discrezione di tutti.

6. CONCLUSIONI

“La cosa meravigliosa degli standard è che ce ne sono molti tra cui scegliere.”

Grace Murray Hopper Avrei potuto concludere citando il pensiero di Grace Murray Hopper e invitando i lettori a scegliere tra i numerosi standard formativi offerti dalla comunità scientifica. In realtà di standard non ve n'è nemmeno uno per cui la scelta ad oggi non può essere fatta. Santajana diceva "Non c'è nulla di nuovo sotto questo cielo, se non il dimenticato". Non ci resta dunque che fermarci, ridare dignità a quanto già noto e applicarlo con metodo e rigore scientifico. Quanto trattato in questa tesi è solo la punta dell'iceberg. La vastità dell'argomento è notevole e le possibili applicazioni numerose. Conoscere un dato argomento specialistico non basta. Avere esperienza su quel dato argomento non basta. Conoscere come apprende l'individuo e imparare a trasmettere le informazioni al prossimo fa la vera differenza. L'ECM necessita di un modello specifico sia sul piano strutturale che comunicativo condiviso dalla comunità scientifica, basato sulle più recenti scoperte inerenti l'apprendimento e la formazione dell'individuo adulto, frutto di applicazioni pratiche sostenibili e riproducibili. La sfida futura è dunque la creazione di un modello didattico standardizzato da poter utilizzare come guida per la progettazione e pianificazione delle offerte formative.

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