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Appunti di «femminismo digitale» #1 a.a. 2018/2019 corso Media digitali e genere Scuola di Scienze Politiche dell'Università di Bologna. Marzia Vaccari

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Appunti di «femminismo digitale» #1

a.a. 2018/2019 corso Media digitali e genere

Scuola di Scienze Politiche dell'Università di Bologna.

Marzia Vaccari

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Dalla quarta di copertina

Anonimi e inaccessibili algoritmi gestiscono un nuovo mercato e nuove gerarchie di potere del

capitalismo attuale definito delle "piattaforme digitali". Il saggio mette in luce i «negoziati di

significato» derivati dall'interazione fra soggetti incarnati e mutevoli dal punto di vista

dell'appartenenza di genere e il sistema simbolico dei media digitali. La dimensione critica del

femminismo digitale, attraverso la pratica della decostruzione dei codici linguistici, semiotici ed

informatici dei dispositivi culturali degli algoritmi, contrasta la pretesa neutralità dell'algoritmo e

svela insoliti assi differenziali di potere. La maggior parte della popolazione si avvale delle fonti

algoritmiche dell'informazione e delle comunicazioni (search engine e social media marketing) per

gestire affetti e per procurarsi reddito. Sara' sempre piu' vitale continuare a sviluppare, codificare e

insegnare metodi piu' formalizzati di responsabilita' algoritmica per poter stare in «amicizia» con le

macchine informatiche.

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Sommario

Premessa.................................................................................................................................. 3

2) Sistema dei Media e capitalismo delle piattaforme digitali. ................................................ 5 2.1 Prosumerismo ............................................................................................................................................ 6 2.2 Gamification. ............................................................................................................................................. 7 2.3 Lo spirito della Silicon Valley. .................................................................................................................. 7 2.4 Amazon Mechanical Turk. ........................................................................................................................ 8 2.5 Teoria del medium e genere. ..................................................................................................................... 9

3. Il genere. ........................................................................................................................... 11 3.1 La parola genere. ...................................................................................................................................... 12 3.2 Espressioni mediatiche digitali del concetto di genere: esposizione sui social. .................................... 13

4. Partendo dagli stereotipi, questioni di rappresentazione e rappresentanza. ..................... 17 4.1 Immaginari e potere degli stereotipi. ...................................................................................................... 17 4.2 Questioni di rappresentazione. ............................................................................................................... 18 4.2.1 Il simbolico nel "linguaggio” digitale e nuove questioni di rappresentazione. .................................. 25 4.2.2 Assi differenziali di potere nella rappresentazione del genere. .......................................................... 29 4.2.3 La parola mainstreaming (complessità di significato). ........................................................................ 29 4.2.4 La funzione riparatrice delle culture network. ................................................................................... 31

5. Ecosistemi, mediatizzazione, città digitale e diritti di cittadinanza digitale ..................... 33 5.1 Questioni di rappresentanza ................................................................................................................... 34 5.2 Genere (generazioni) e analfabetismo funzionale. ................................................................................. 38 5.3 Il genere e lo star system nel Web .......................................................................................................... 40

Bibliografia ............................................................................................................................ 42

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Premessa

Il saggio vuole contribuire a far luce sui saperi, sulle condizioni di vita delle donne, sulla

distorsione dell'immagine femminile e di altre differenze sessuali al tempo della digitalizzazione

culturale e della mediatizzazione sociale. Siamo nel tempo del digitale, delle relazioni affettive che

nascono e muoiono su Internet, del sesso che diventa sexting, della diffusione delle idee attraverso

smartphone e computer e la domanda è: assistiamo a reali modificazioni nelle manifestazioni

mediatiche del rapporto, fin qui asimmetrico, sessista e patriarcale fra i generi?

La maggior parte degli studi sulla relazione problematica fra le donne e i mezzi di comunicazione

e d’informazione rileva che le donne sono quotidianamente sotto-rappresentate in termini sia di

contenuti (rappresentazione) che di decision-making (rappresentanza). Il perdurare di questa

disuguaglianza nel tempo indica che la questione è strutturale e globale1. Partendo da quelle che sono

oggi le manifestazioni (fenomenologiche) dei media della convergenza digitale, qui s’intende

approfondire e prendere in esame alcune delle diverse narrazioni della categoria di genere. Il saggio

focalizzerà l’attenzione su come si costruiscono le rappresentazioni culturali e su quanto le immagini

di genere corrispondono alle logiche commerciali della cultura egemone ed in quali fasi del processo

le soggettività corporee delle donne e degli altri generi sessuali oppongono resistenza. Il saper

comunicare e trasmettere, il far immaginare delle autentiche narrazioni credo siano gli assi portanti

delle professioni del management comunicativo. L’analisi del rapporto generi e media potrebbe

essere un’utile palestra per l’esercizio di una pratica comunicativa di qualità, che dia senso alla

relazione comunicativa e alla produzione di informazioni.

È d’obbligo partire dalle ampie analisi degli studi femministi e di genere, dove si legge il rapporto

a partire dall'ottica della rappresentazione e della rappresentanza. La figura del genere spesso riguarda

solo la figura femminile perché è quella che più resiste, che fa problema nell’essere rappresentata in

maniera non distorta, perché ricompresa nel neutro della parola «uomo», universalmente inteso. Sarà

dato ampio spazio al lessico, ai linguaggi e a tutto ciò che serve a disambiguare un tipo di

comunicazione che, spesso, nasconde se non cancella le innumerevoli specificità del femminile, come

di altre diversità, dell’umanità. Invitiamo chi è di sesso maschile a ribaltare e a sostituire la figura

femminile con quella maschile all’interno degli ambiti discorsivi per scoprire come cambia

continuamente la comunicazione, all’interno della frase, a seconda dell'uso della parola «uomo» o

«donna». Sarà dato maggiore spazio al tipo di rappresentazione del femminile – base per altre

differenze di generi - offerto dalle immagini, dalle narrazioni mediatiche, dal software alla base dei

media digitali.

Per trattare l'argomento «genere e media» è fondamentale la contestualizzazione dell’attuale

epoca, definita del capitalismo delle piattaforme digitali, che determina le tipiche caratteristiche dei

media della convergenza digitale. Ormai le tecnologie digitali permeano tutto il sistema dei media e

dopo trent’anni dall’avvento della rete delle reti (internet) non è più tempo di marcare in maniera

netta stampa, cinema, tv e radio come media tradizionali e considerare, per differenza, tutto il resto

come new media o media digitali. Nel presente lavoro, si preferisce dare per avvenuto il processo di

integrazione fra vecchi e nuovi media e riferire il termine «mass media»2 anche ai media sociali, tipici

1 Karen Ross e Claudia Padovani EJO 12 dicembre 2017 in https://it.ejo.ch/cultura-professionale/donne-

discriminazione-media-sessismo (consultato il 4 febbraio 2019). 2 Il termine mass media è tutt’ora oggetto di diverse interpretazioni allorché computer e mobile hanno introdotto la

distinzione fra mass media e personal media (Bennato Davide 2011).

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media della convergenza digitale. La suddivisione fra contenuti mainstreaming e contenuti delle sub-

culture della cultura network ci sembra più utile.

«Ciò che per abitudine chiamiamo “messaggi mediatici” non viaggiano più da un emittente a un

destinatario, ma si dispiegano e interagiscono, si mescolano e si trasformano su un singolare (e

tuttavia differenziato) piano informatico. L'informazione rimbalza da canale a canale e da medium a

medium, cambia forma nel momento in cui è decodificata e ricodificata dalle dinamiche locali,

scompare o si propaga, amplifica o inibisce l'emergenza di relazioni di comunanza o antagonismo.

Ogni produzione, o formazione culturale, cioè ogni produzione dì senso e significato, è sempre più

inseparabile dai più ampi processi informativi (informatici) che determinano la diffusione di

immagini e parole, suoni e affetti su un pianeta iperconnesso». (Terranova, 2006, il corsivo è mio).

Così in un importante saggio sulla cultura network, Tiziana Terranova chiude il cerchio della sua

indagine su masse, culture network e mainstreaming, dove l'abbondanza della produzione informativa

e l'accelerazione delle dinamiche informatiche segnano il confine fra media dell'epoca industriale e

media dell'attuale epoca definita post-industriale o del capitalismo delle piattaforme digitali.

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2) Sistema dei Media e capitalismo delle piattaforme digitali.

Ed è da questa prospettiva che sorge la necessità di inserire le nostre osservazioni nel vasto e

complesso sistema dei media seguito all’avvento del capitalismo delle piattaforme digitali. I media

nel loro insieme sono senza dubbio, da considerare un affare gigantesco in termini di business, di

trasformazione delle logiche culturali e produttive, di lotte politiche e, in ultima istanza, di profondi

cambiamenti conoscitivi e organizzativi. Si segnala da più parti il cambio di paradigma, di una svolta

epocale dell’agire umano, perché il mutamento non è solo rispetto alla teoria dei media: è un

mutamento antropologico, impatta sugli stili cognitivi e sulle mappe mentali che orientano l’azione

umana. Vediamo quanto e come la categoria dei generi sessuali, oggi in primo piano in tante

manifestazioni culturali, può modificare e ha modificato il simbolico veicolato dai media.

Per la valenza di sintesi e per la chiarezza espositiva consideriamo lo schema3 d’analisi di Jeremy

Rifkin (2014), pur rimanendo perplessi dall’estrema fiducia, riposta dall’autore, nelle dinamiche

migliorative derivate dagli usi e dalle pratiche della rivoluzione tecnologica. Cercheremo di bilanciare

il suo ottimismo attraverso le critiche tratte dai più recenti studi sull’evoluzione delle forme

economiche iper-liberiste del capitalismo delle piattaforme digitali, GAFA4.

La nostra epoca, per la prima volta nella storia dell'evoluzione umana, ha che fare con

un’infrastruttura intelligente, un “sistema operativo” costituito da Internet delle comunicazioni,

dell’energia e della logistica. I paradigmi che fino alla soglia del secondo millennio permettevano di

interpretare i fenomeni sociali sono diventati insufficienti. Tutto è cambiato, abbiamo a che fare con

un'infrastruttura «intelligente» - enormi sistemi informatici - che permette ad alcuni miliardi di umani

di comunicare e, con l’Internet delle cose, di collegare tutto e tutti in una rete globale. Copre l’intero

globo terrestre e ormai condiziona le vite degli umani (Rifkin 2014).

Nei vari passaggi dal web 1.0 all’attuale 4.0. le App5 diventano centrali, tutto è in funzione delle

App, tanto da meritarsi l’appellativo di AppEconomy. Assistiamo a manifestazioni e forme di realtà

aumentata. Per fare un esempio, con un'App opportunamente configurata quando arriviamo alla

stazione di una qualsiasi città lo smartphone ci propone i principali eventi culturali cittadini. L’utente

finale, con la geo-localizzazione e con il dispositivo mobile, interagisce con l'ambiente circostante

determinando una realtà più ricca di informazioni (Rifkin 2014).

Per il saggista statunitense sta accadendo «Il grande salto di paradigma del capitalismo di mercato

al Commons collaborativo» attraverso una forma di organizzazione a scala laterale, molti e dettagliati

esempi riguardano la nostra vita quotidiana:

I prosumers, consumatori diventati produttori, non solo producono e condividono a costo

marginale quasi zero nel Commons collaborativo informazioni, materiale di intrattenimento, energia

verde, merci realizzate con stampa 3D e corsi di massa online. Condividono a un costo marginale

basso, in certi casi prossimo allo zero, anche automobili, case, vestiti e altri beni attraverso noleggi,

affitti, gruppi di redistribuzione e cooperative (Rifkin 2014).

3 1- La società a costo marginale zero. 2- L'internet delle cose. 3- L'ascesa del «commons» collaborativo. 4- L'eclissi

del capitalismo. 4 Acronimo per indicare le multinazionali dell'ICT: Google, Apple, Facebook e Amazon in Eric Sadin, La

silicolonizzazione del mondo. L’irresistibile espansione del liberismo digitale, Einaudi Passaggi, 2018. 5 voce del dizionario: in informatica, abbr. dell'ingl. application ‘applicazione’

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Il costo marginale è la derivata della funzione di costo rispetto al tempo. Indica semplicemente

qual‘è il costo aggiuntivo per produrre un'unità in più di un determinato bene.

Il costo marginale della produttività, nell’insieme dell’economia, si è sempre più abbassato fino

al punto che numerosi beni e servizi hanno costo zero. Rendendo gli uni e gli altri praticamente

gratuiti, abbondanti e non più soggetti alle leggi di mercato (Rifkin 2014).

Cosa significa? La piattaforma di condivisione sociale Facebook non ha costi per produrre

contenuti, perché li produciamo noi e il suo costo marginale è vicino allo zero6. Altri esempi li

possiamo riscontrare nell’editoria e nella produzione musicale: una scrittrice può produrre un

romanzo senza la casa editrice ed evitare la filiera della distribuzione (titolare di costi).

L'infrastruttura intelligente può mettere in connessione l'autrice e i consumatori della sua opera

letteraria senza l'intermediazione di altri operatori. In ambito musicale, con altre modalità e altre

piattaforme digitali, assistiamo allo stesso fenomeno: con l’avanzare di Jamendo, Spotify, YouTube

che permettono anche ad artisti anonimi di essere conosciuti e condivisi, la fruizione della musica è

profondamente e irrimediabilmente cambiata. I social media generano un passaparola, base di quello

che poi è il movimento produttivo dal basso verso l’alto di contenuti artistici.

2.1 Prosumerismo

Le tecnologie hanno cambiato l'organizzazione produttiva e assistiamo sempre di più a

manifestazioni di prosumerismo7, i consumatori diventano produttori.I costi di produzione sono

sempre più bassi e il lavoro diventa flessibile, precario e gli individui sono imprenditori di sé stessi.

I pubblici produttivi (phyles) sono il nuovo modo di organizzare la produzione di valore

nell'economia. Insiemi di persone condividono valori e filosofia di vita senza necessariamente

conoscersi, e hanno dato luogo a paradigmi produttivi in diversi settori: produzione di software, open

design, open manufacturing, editoria elettronica (self publishing), community knowledge (ricerca

scientifica, medicina, agricoltura). (Ardivinson-Giordano 2013). Meno vincolante e durevole della

comunità, la reputazione online, che è diversa da quella del mondo reale, è il principale valore

apprezzabile dal pubblico produttivo. Basta un contribuito estemporaneo, come puo esserlo una

recensione su TripAdvisor 8 , per innescare il circuito virtuoso della produzione di valore. La

reputazione garantisce un sistema meritocratico di valutazione diffusa (tra pari) basata su

informazioni pubblicamente disponibili. Pensiamo all'importanza della reputazione di un artista o,

piu nel dettaglio, di programmatori di videogiochi al momento del lancio di un crowd working per il

miglioramento della piattaforma del video-gioco. Per le aziende non basta la semplice gestione

dell'immagine del marchio, è il governo delle relazioni sociali e affettive che sottostanno al suo valore

intangibile. Attraverso la cura e la centralità del brand si passa alla responsabilità e al capitale sociale

dell'impresa. La sfera dell'etica e dell'economia non sono più disgiunte e sembra abbiano trovato un

terreno comune nelle realizzazioni offerte dalle piattaforme software.

6 Andrebbe detto come la massa ignara produce gratuitamente contenuti che vanno ad arricchire pochi oligarchi come

zuckemberg o cambridge analytics, e che si vedono controllate proprio col loro regalo di contenuti alle piattaforme, com

nel saggio sulla creazione del web 2.0 del 2010 di. Non solo a costo zero ma a costo zero che genera guadagni e controllo

sociale (simona) 7 Wikipedia. Prosumer è una parola macedonia (portmanteau) mutuata dall'inglese, è formata dalla composizione

della parola producer, con la parola consumer (in alcuni casi professional consumer). 8 Piattaforma digitale di prenotazione viaggi di un'azienda statunitense di viaggi, alberghi e ristoranti che pubblica le

recensioni della clientela.

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2.2 Gamification.

Secondo i game studies9 la diffusione, su scala globale, dei computer e i suoi derivati mobile

coincide con la diffusione di prodotti ludici digitali, in primis i videogiochi, che hanno accompagnato

il processo di addomesticamento delle macchine pensanti.10

Lo strumento della gamification è ormai largamente diffuso in diversi ambiti. TripAdvisor per

incoraggiare gli utenti a lasciare recensioni si avvale di premi (fidelizzazione) e badge. Duolingo, per

motivare gli studenti ad imparare la lingua straniera prescelta, utilizza una progress bar basata sul

superamento di livelli con crescenti gradi di difficoltà che gratificano lo sforzo dell'apprendimento.

L'attuale affermazione del capitalismo delle piattaforme software è basata su specifiche dinamiche

del rapporto umani e macchine che si caratterizzano per quella che viene definita la gamificazione

(ludicizzazione) del comportamento umano. L'associazione meccaniche-dinamiche della

metodologia rispecchia, abbastanza fedelmente, il seguente schema: si sbloccano badge (Livelli,

Status) in relazione ad attività o, dietro precise azioni (Sfide, Obiettivi), si guadagnano punti e

ricompense. Si ottiene la gratificazione all'utilizzo attraverso un sistema coerente di vantaggi e di

status digitali. Algoritmi applicano un preciso sistema di procedure (flussi di attività) e l’utente è

coinvolto in un’esperienza che fa generalmente leva su bisogni naturali, come la competizione, il

riconoscimento di status ma, anche l’identità e l’appartenenza a un gruppo. Si applicano modelli del

game design a sistemi software non prettamente ludici. L’esercito dei game designer sembra triplicato

a seguito dell'enorme diffusione delle meccaniche della gamification nelle strategie di comunicazione

del marketing, ma anche nelle architetture del personal brand dei social network.

2.3 Lo spirito della Silicon Valley.

Jane McGonigal, entusiasta della gamification come modello, è una tra le più conosciute game-

designer al mondo, è direttora della divisione ricerca e sviluppo del settore giochi presso l’ ”Institute

for the Future” di Palo Alto, California. Progetta alternate reality games (ARG), giochi basati sulla

collaborazione, realizzati per aiutare a risolvere i problemi della vita reale, non stupisce quindi la sua

convinzione «cerco di migliorare le vite e risolvere i problemi del mondo reale attraverso i giochi,

usando gli stessi punti di forza, che mostriamo nei giochi, per superare le sfide aziendali e

individuali… se usassimo un decimo delle ore che ogni settimana l’umanità spende a giocare per

affrontare problemi reali si potrebbe migliorare il mondo»11, La citazione è per introdurre quella che

per molti critici è la filosofia che «ispira i techies, fondatori di start up e ingegneri vari, tutti tesi a

contribuire al bene dell’umanità grazie ad applicazioni innovative destinate, ben presto, a divenire

oggetto di fund raising per poi finire online ed espletarvi la loro funzione primaria che, ovviamente

9 Frans Mäyrä, An introduction to game studies: games in culture, London: SAGE, 2008. 10 La nascita e la diffusione del personal computer, e di tutte quelle tecnologie che ne stanno ereditando

progressivamente il ruolo, dagli smartphone ai tablet, sono andate di pari passo con un progressivo processo di

ludicizzazione dell’esperienza quotidiana, fenomeno sintetizzato da alcuni studiosi italiani per mezzo di tipi antropologici

come l’Homo-Game descritto da Gianfranco Pecchinenda (2010) e l’Homo Ludicus di Peppino Ortoleva (2012). 11 by Laurie Chartorynsky Jane McGonigal, World-Renowned Alternate Reality Games Designer, to Keynote

PlayCon in aNb Media (consultato il 14 marzo 2019).

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consiste nel «rendere il mondo un posto migliore» (Sadin 2018). Il filosofo francese ripercorre figure

e paesaggi della visione utopica della «siliconizzazione del mondo» operata dal tecnoliberismo e ben

interpreta il disagio per le credenze millenaristiche annunciate, a più riprese, dai vari proprietari del

GAFA.

È questo l'orizzonte del nostro discorso: detto anche in altri termini, questo è l'ambiente in cui si

muove lo studio e l'analisi dei media digitali. Certamente è il punto di vista della rappresentanza e

delle forme della politica, delle forme del mercato e dell'economia ed è un orizzonte articolato e

complesso: non c'è più né il mercato di un tempo né, certamente, l’opinione pubblica di un tempo. Se

con l’avvento dell’internet delle cose e delle smart cities sembrava prendesse piede il commons

collaborativo e la share economy con un vantaggio per tutti, da alcuni anni invece assistiamo ad

un'evoluzione del capitalismo che ha introdotto forme nuove di discriminazione e di sfruttamento.

In questa accezione il capitalismo attuale viene definito delle piattaforme digitali perché i media

della convergenza digitale sono il perno dell’evoluzione capitalistica. Le piattaforme sono quelle

software. La piattaforma è ad esempio l'accesso a Facebook. La piattaforma è ancora l'accesso a tutti

i derivati del motore di ricerca Google. La piattaforma è Istagram, Pinterest e Amazon. È in corso

una profonda mutazione della Rete, rispetto agli anni del suo esordio, dovuto al progressivo affinarsi

e ingigantirsi di scala, attraverso un lento ma progressivo processo di concentrazione e

industrializzazione delle infrastrutture informatiche. Con il cloud computing, Internet sembra

destinata a trasformarsi in una sorta di piattaforma attiva su scala globale, strumento generalizzato

dell'app-economy. Attualmente e dopo l'universalizzazione del cellulare smart sembra che non

dobbiamo più cercare quello che ci serve perché abbiamo un costante accesso tramite le App.

Nonostante ogni persona non sia riconducibile ad un solo device e la navigazione si muova in modo

trasversale a seconda del device utilizzato, la diffusione del mobile device ci fidelizza al brand. Ci

leghiamo ai brand che scegliamo di scaricare (ex meteo.it, Facebook, testate giornalistiche). Prima

pre-selezione di punti d'accesso: si scandaglia il panorama di App e si selezionano quelle che

riteniamo fondamentali, creando una sorta di «walled garden» che, può essere rinnovato e modificato,

ma il risultato è quello di aver «recintato» Internet in quanto bene comune.

La gestione è affidata ad anonimi quanto inaccessibili algoritmi, intenti a selezionare

informazioni e persone, secondo i criteri di un nuovo mercato e di nuove gerarchie di potere. Siamo

dunque di fronte a dispositivi di produzione di reddito e di controllo/sorveglianza mediati da algoritmi

e big data, che costituiscono la trama sofisticata per la produzione e/o l'appropriazione di valore da

parte del biopotere12.

2.4 Amazon Mechanical Turk.

I black box, cioè i misteriosi algoritmi del news feed di Facebook o l’insieme degli algoritmi del

page rank di Google, sono alla base delle piattaforme fondamentali per i media digitali. Non si

conoscono bene i meccanismi di funzionamento. Non ha importanza come l’App riconosca il nome

botanico delle piante riprodotte nelle nostre meravigliose fotografie. La tecnologia alla base del

12 “Foucault adopera il termine «biopotere» per alludere alla trasformazione che investe il potere, rispetto

all’originaria matrice giuridica e sovranista, quando i suoi dispositivi, in una fase specifica della storia delle istituzioni e

dello Stato, integrano al campo politico una serie di funzioni biologiche” quali la salute, la funzione riproduttiva e gli

affetti. Di Sandro Chignola, 2000 d.c. Biopotere e biopolitica: sulle tracce della discussione, in Effimera magazine on line

12 giugno 2016.

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riconoscimento delle immagini (corrispondenza fra immagine e nome) si fonda sulle indicazioni

trovate in corrispondenza del codice tag (parola chiave). Uno dei lavoretti umani più diffusi in Rete

– il famoso clikwork o lavoro della folla – è proprio quello di inserire queste indicazioni e di

cancellare dai data base le immagini pornografiche taggate impropriamente. È uno dei tanti esempi

di lavoro cognitivo umano anonimo, sottopagato e spesso di genere femminile, ampiamente utilizzato

dalle aziende produttrici dell'indotto di software derivato dai GAFA. Per comprendere meglio le

dinamiche e l’organizzazione del lavoro di questi esseri umani che operano nell’ombra delle black

box, abbiamo scelto di descrivere nel dettaglio MTurk, dispositivo di proprietà di Amazon che

permette l'incontro fra offerta e domanda di lavoro.

L’indagine realizzata da Moshe Z. Marvit13 ha svelato, nel 2014, l’inganno di una delle più

notevoli e sinistre innovazioni introdotte nell’organizzazione del lavoro contemporaneo. L’ambiente

di Amazon Mechanical Turk (MTurk), in funzione dal 2005, è un servizio internet di crowd working

(letteralmente folla che lavora) che permette ad aziende, enti e singoli individui (conosciuti come

requester) di coordinare l’uso di intelligenze umane per eseguire compiti che i computer, ad oggi, non

sono in grado di fare. È la possibilità di contattare un vasto numero di lavoratori per far sì che un

lavoro venga svolto senza vincoli di spazio e di tutele. Su eTurk ogni progetto è diviso in micro

compiti suddivisi in HIT, acronimo di Human Intelligence Task: controllare le traduzioni, taggare

una singola foto da un migliaio fatte in vacanza, controllare gli errori di battitura di una singola frase

di un romanzo, identificare gli artisti in un cd musicale, le migliori fotografie di un negozio, la

scrittura delle descrizioni di un prodotto. I compiti sono svolti da lavoratori chiamati Turkers, definiti

da Amazon lavoratori «artificial artificial intelligence», pagati a volte per pochi centesimi a HIT con

un sistema di gamification (livelli e badge) fondato sui tempi di realizzo.

Come descrive molto bene la studiosa del lavoro digitale Lilly Irani14, MTurk organizza un’alta

percentuale di lavoro tecnico-informatico. Gli obiettivi del progetto software determinano il piano di

lavoro e gli HIT, MTuk ingaggia la folla di lavoratori. Solo i titolari (Committenti) del progetto

possono valutare la congruità fra obiettivi e task raggiunti. Sono i nuovi datori di lavoro che,

attraverso la piattaforma e le sue interfacce, possono comandare le persone avvalendosi di una

macchina che normalizza (premia e penalizza) il lavoro vivo. Sono i Committenti che detengono il

potere assoluto della transazione finanziaria: nessun contratto li lega ai Turkers perché entrambi

hanno come unico interlocutore la piattaforma. Nonostante il lavoro sia stato consegnato, può

accadere che un committente disonesto non paghi perché, in mala fede, lo giudica negativamente.

Lilly Irani, insieme al programmatore Six Silberma, ha sviluppato un plugin – Turkopticon – e una

mailing list che permette ai Turkes di uscire dall’isolamento e di costituire una rete di relazioni che

combatte lo strapotere dei Committenti disonesti. Pratica politica digitale, tentativo di contrastare il

nuovo sfruttamento del lavoro digitale che potrebbe costituire le basi per una class action (azione

collettiva) di categoria. Le teorie critiche alla scienza e alla tecnologia di Donna Haraway e dei

femminismi costituiscono lo sfondo teorico del lavoro di ricerca di Lilly Irani, particolarmente

prezioso anche per le nostre analisi.

2.5 Teoria del medium e genere.

13 Moshe Z. Marvit, Come gli operai-folla sono diventati i fantasmi della macchina digitale, rivista ∫connessioni

precarie (consultato il 4 marzo 2019). 14 Lilly Irani e Six Silberman, Turkopticon: Interrupting Worker Invisibility in Amazon Mechanical Turk.

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Ogni giorno, un flusso gigantesco di dati attraversa globalmente la Rete, MTurk è uno dei tanti

retroscena. Le grandi corporation, che operano nel web, estraggono dal flusso la materia prima del

loro business attraverso i processi di profilazione degli utenti e del «data mining»15. La raccolta

sistematica e cumulativa genera i dati e le informazioni acquistati da agenzie di marketing operanti

in svariati settori merceologici, culturali ed anche politici. Ciò dà luogo alla costruzione di un

ambiente infrastrutturale che è, al contempo, un bacino di audience per la vendita di spazi pubblicitari

digitali e il cuore dell'appropriazione e della messa a valore del lavoro inconsapevole. Svolto in rete

e messo in atto attraverso la semplice presenza online degli utenti e il flusso spontaneo di contenuti,

scambi e interazioni (prosumerismo). Nello stesso tempo molti studi e ricerche hanno individuato

proprio nella gamificazione le basi normative dell'epoca del biolavoro. Ingegneri del software,

programmatori e tutto il web marketing management si ispirano a questa tecnica, sia per produrre

software che per migliorare la pubblicità di un prodotto. «Le strutture della produzione mediale, e la

dinamica di concentrazione e conglomerazione, da sole non ci dicono nulla sugli usi che vengono

fatti dei prodotti. La teoria del medium deve affrontare problemi peculiari quando parla di effetti

sociali dei media» (Couldry 2015).

Prendendo le mosse dal dibattito intorno a tali fenomeni vorremmo introdurre una dimensione

critica tesa a individuare la rappresentazione e la rappresentanza delle diversificate forme di

soggettività di genere nei media della convergenza digitale e, nello specifico, nelle fonti algoritmiche

ed editoriali. I femminismi, nelle loro molteplici declinazioni, hanno scardinato la presunta

universalità e neutralità di molte teorie, categorie e paradigmi del pensiero occidentale rivelandone il

carattere sessuato, strettamente connesso al simbolico maschile. A nostro parere, le conseguenze di

lungo termine prodotte dalle rappresentazioni incorporate negli algoritmi del data mining e dei motori

di ricerca, come vedremo in seguito, sono solo alcuni esempi dove la lente del simbolico di genere

potrebbe dare interessanti contributi d’analisi e, indicare importanti linee di resistenza e di inversione

di tendenza riguardo le nuove forme di discriminazione e sfruttamento del cosiddetto lavoro

cognitivo.

15 Per data mining si intende l’individuazione di informazioni di varia natura (non conosciute a priori) tramite

estrapolazione mirata da grandi banche dati, compiute da operazioni in larga parte automatizzate ed eseguite da specifici

software.

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3. Il genere.

Analizziamo la categoria concettuale del genere, così come è stata elaborata e trasmessa dai

femminismi. Nel linguaggio dei femminismi compare negli anni settanta del secolo scorso. Nel 1975,

l’antropologa americana Gayle Rubin definisce il «sistema sesso-genere [...] l’insieme dei dispositivi

mediante i quali una società trasforma la sessualità biologica in prodotti dell’attività umana, e nei

quali sono soddisfatti i bisogni sessuali trasformati» (Rubin 1975). Dispositivi intesi come fattori

culturali, esterni al corpo sessuato, che definiscono la differenza fra uomini e donne, naturalmente

diversi.

In quegli stessi anni per i femminismi europei sarà la categoria concettuale della «differenza

sessuale» a indicare la profonda diversità, tutta ontologica, fra uomo e donna. La pratica

dell'inconscio e dell'autocoscienza delle femministe italiane e francesi getta le basi per la produzione

di teorie in ambito filosofico, psicoanalitico ed epistemologico fondate sull'ordine simbolico della

madre. L’importanza della metafora mette in rilievo il problema delle origini del simbolico fondato

sul rapporto dell’uomo con il proprio organo sessuale. L’ordine simbolico maschile organizza il piano

delle interpretazioni del reale attraverso analogie, somiglianze tra oggetti diversi che rimandano al

fallo come denominatore comune (Cavarero 1995). La sostituzione delle parole con le cose significa

ritorno dello stesso (il fallo) come abitudine a considerare il vero solo dal punto di vista del simbolico

maschile fallocentrico, origine del sistema di potere patriarcale.

Per le teoriche della differenza sessuale, l'ordine simbolico materno segue una logica differente,

caratterizzata dalla differente fisiologia della struttura sessuale femminile. Il rapporto della donna con

i propri organi sessuali - le labbra della vagina - fa emergere l’importanza dell’interiorità e della

contiguità. Il piano delle interpretazioni del reale segue la «dinamica del prossimo e non del proprio,

movimenti derivanti dal quasi contatto tra due unità poco definibili come tali» (Muraro 2004). Per

Luisa Muraro il simbolico materno è aperto alle infinite possibilità interpretative dell'abitare il mondo

come realtà in continuo divenire. La difficoltà nel concettualizzarlo può essere risolta «se riusciamo

a pensare ad una sostituzione senza sostituti della madre, in rispondenza con la struttura del

continuum materno. Il che è possibile poiché esiste una sostituzione senza sostituti: è la lingua che

parliamo». Qui le parole, aggiunge «non sostituiscono altre parole, ‘sostituiscono’ le cose, sì, ma

senza mettere nulla al loro posto» (Muraro 2004).

La filosofa Judith Butler, all’inizio del 1990, approfondisce e radicalizza la differenza fino al

punto di ritenere il genere un apparato culturale che crea i sessi attraverso performance discorsive.

Per Butler il maschile e il femminile sono generi «intelligibili», in quanto supportati dal sistema

simbolico patriarcale che istituisce e mantiene relazioni di coerenza e continuità tra sesso, genere,

desiderio e pratica sessuale. Attraverso norme di comportamento e pratiche comunicative –

performance – il simbolico decide in anticipo quali siano le possibilità di sesso, genere e sessualità

alle quali sia socialmente consentito di apparire in quanto coerenti e naturali. Le identità di genere

che non si conformano alle norme di intelligibilità culturale sono considerate fallimenti evolutivi o

impossibilità logiche.

Oggi è lungo l’asse di chi detiene il potere nelle relazioni che si è sviluppato maggiormente il

dibattito teorico ed è sempre una questione di regimi prescrittivi e di performance, tanto che la stessa

nozione di genere sessuale deve essere riformulata alla luce delle sue molteplici possibilità espressive:

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non più binaria ma LGBTQIA 16 . «Ora il genere deve essere riformulato in modo che possa

comprendere le relazioni di potere che producono il sesso prediscorsivo e che, quindi occultano

l’operazione stessa della produzione discorsiva.» (Butler 1990). Per lei «“essere” un sesso o un

genere è impossibile» causa un travisamento performativo, della lingua e/o del discorso, che

maschera tutto ciò che non è conforme alla norma generale eterosessuale.

La posizione di Butler e di Muraro sono mosse da diverse interpretazioni sull’origine del soggetto

e del suo modo di stare al mondo, ne consegue una diversa strategia critica: ricercare e perseguire un

ordine simbolico materno per il pensiero della differenza, mentre per le teorie di genere si tratta di

decostruire i codici relativi ai processi linguistici performativi (Braidotti 2003 e Zamboni17).

La teoria della differenza sessuale, nel presente lavoro di analisi, è sfondo e riferimento per le

pratiche, in particolare quelle politiche, in quanto, a nostro parere, la nozione di ordine simbolico

materno propone di continuo la profonda esigenza di modelli alternativi aperti e flessibili.

Utilizzeremo invece in gran parte la teoria del genere per la parte di decostruzione dei codici

linguistici, semiotici ma anche informatici per la sua capacità d'indagare, di volta in volta, i dispositivi

di potere che emergono dall'interazione fra soggetti incarnati ed estremamente mutevoli dal punto di

vista delle appartenenze di genere e il sistema simbolico espresso dai media digitali.

3.1 La parola genere.

L’utilizzo delle parole, la grammatica e, più in generale, il lessico è molto importante. Le parole

femmina/maschio, uomo/donna designano le appartenenze essenzialmente biologiche e, sembrano

categorie immutabili. Negli anni di fine millennio, queste parole non sono state più sufficienti a

descrivere la complessità delle identità che riguardano gli uomini e le donne. Le parole maschio/

femmina, uomo/donna sono statiche, classificano in modo fisso. Invece la nozione di genere indica

una relazione con qualcosa d'altro, segnala il carattere costruito e non biologicamente dato della

diseguaglianza tra i sessi e della disparità di potere tra uomini e donne. La distinzione lessicale è

fondamentale perché quando si usa la parola uomo o la parola donna non si ammettono variazioni. È

come se dicessimo quello è un videoproiettore! quello è un maschio! Se invece usiamo la parola

genere immediatamente dobbiamo specificare, dobbiamo mettere degli aggettivi, dobbiamo mettere

dei pronomi e dobbiamo farci sopra una frase che descrive un processo. Costruiamo un discorso, ecco

il carattere costruito della parola genere. Non è sufficiente appellarci al sesso biologico: dobbiamo

vedere, di volta in volta, la relazione a cui la parola rimanda. L’enorme disparità di potere tra uomini

e donne e l’enorme diseguaglianza tra i sessi sottesa all’impiego delle parole maschio/femmina o

uomo/donna si manifesta sulla scena mediatica. I media registrano questo mutamento culturale e, non

è più sufficiente parlare di uomini e donne, di maschi e femmine per indicare la dinamicità di un

processo, la parola genere sembra soddisfare l'esigenza. Nel lessico dei femminismi, la parola genere

introduce alle diverse grammatiche del rapporto di potere asimmetrico sotteso alla relazione fra i sessi

e fra le innumerevoli identità sessuali.

16 L’acronimo LGBTQIA significa lesbiche, gay, bisessuali, transgender (o transessuali), queer, intersessuali e

asessuali. 17 Chiara Zamboni per una posizione sessuata di fronte ai temi dei gender studies, nella Lezione del 27 novembre

2015 allo IAPh, l’Associazione internazionale delle filosofe di Roma. Articolo di C. Zamboni La passione della differenza

in DEA donne e altri. (consultato il 4 febbraio 2019).

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Dietro alla parola genere c’è il processo dell'acquisizione della norma sessuale di tipo

eterosessuale, con un chiaro riferimento alle relazione della coppia eterosessuale. Le altre tipologie

di coppia, per molto tempo, non hanno potuto stare sulla ribalta e, nella scena dei media, se

emergevano era per negazione e per rinforzo alla normalità della coppia eterosessuale. Sulla scena

dei media la divisione dei compiti, all' interno delle grandi istituzioni, famiglia, scuola, stato e più in

generale società, sono tutte funzioni di questi ruoli che presuppongono appunto delle asimmetrie.

Fino alla comparsa della parola genere e del suo uso, era la parola uomo che veniva indicata come

umanità ricomprendente tutti. L’universalità della categoria uomo ha permeato e, purtroppo, sta

ancora permeando i simboli, i segni e i linguaggi. Dentro la categoria uomo l'altra metà del cielo, le

donne, e tutte le altre differenze non possono essere ricomprese. La categoria uomo è il pater familias,

base del sistema patriarcale.

Per parlare in generale di rappresentazione del genere attraverso l’immaginario sociale è

d’obbligo segnalare come gli enormi cambiamenti politici, economici e sociali in corso, seguono e

precedono la rappresentazione del genere. E si agganciano, badate bene, anche alle specifiche realtà

locali. L’enorme conversazione del web 2.0 e del 3.0 avviene in determinati o specifici luoghi

geografici (Lupton 2018). Ma è pur vero che in epoca di globalizzazione assistiamo a innumerevoli

interrelazioni fra locale e globale che hanno generato delle nuove ambivalenze, delle ambiguità e vi

è stata certamente una trasformazione degli usi e dei costumi e dell’interazione tra i sessi che ha

comportato anche delle conseguenze sul significato della parola genere. Lungi dall’essere una parola

statica che, fissa una volta per sempre il suo significato, la parola genere (generi) indica un processo

in continuo divenire.

3.2 Espressioni mediatiche digitali del concetto di genere: esposizione sui social.

Per avere percezione della dimensione processuale del significato della parola abbiamo scelto di

rintracciare la rappresentazione della parola genere (generi) sessuale nei media attuali, attraverso il

comportamento dell'audience di una serie tv e negoziando il significato della parola genere con il

search engine di Pinterest, uno dei più grandi archivi di immagini di Internet.

3.2.1 La serie tv Sense8.

Scritta e diretta da Lana e Lilly Wachowski, le stesse della trilogia Matrix e di Cloud Atlas, note

per la complessità della narrazione filmica nelle loro opere, con la serie TV non hanno smentito la

fama.

Presenta 8 personaggi che vivono in diverse parti del mondo e costituiscono una forma più

evoluta di essere umano, i sensate appunto, che sono in grado di condividere tra loro esperienze

psichiche e fisiche una volta che sono fatti nascere in questa sorta di gruppo trans-soggettivo da

Angelica Turing, la loro figura madre sensate. La trama della narrazione, lo spettacolo messo in scena

sottolineano l'urgenza delle autrici della ricerca di una sorta di loro anima collettiva. «Siamo lungo

l’asse della differenza svalorizzata, per citare Rosi Braidotti. Gli “8 sensate” traggono la loro forza

dirompente proprio dal fatto che incarnano ed esprimono la visione di quell’"alterità" peggiorativa

(sono gli altri sessualizzati e razzializzati), ma strutturalmente necessaria, alla visione dominante del

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soggetto. In modo sovversivo, essi rappresentano il sintomo della crisi del soggetto dominante e

l’espressione di posizioni della soggettività/comunità del tutto nuove» 18 (Fabbiani 2016).

A causa del costo di produzione Netflix ha annunciato il primo giugno 2017 l’annullamento di

questa serie. I fan sono insorti e hanno iniziato una lunga campagna mediatica per convincere la

produzione a realizzare un'altra stagione. I fan, usando le fanpage create per conversare sulla serie tv,

si sono organizzati per boicottare Netflix. Su Instagram, attraverso il profilo della fanpage hanno

coordinato le persone. Hanno inventato più hashtag (#RenewSense8 e #BringBackSense8) e una

petizione su change.org. Attraverso Twitter, hanno twittato ogni giorno usando #RenewSense8,

intercettavano i un post di Netfix e, su qualsiasi social, li commentavano usando lo stesso hashtag per

contestare la chiusura del serial. Sense8 Project chiedeva ai fans di postare sui social media la

videoregistrazione mentre cantavano What’s Up di 4 Non Blondes. Il profilo Sense8_fans su

Instagram ha pubblicato tutta una serie di di post dove incoraggiava a scrivere, chiamare Netflix nella

pagina Title Request Page, e spiegare i motivi per i quali non avrebbero dovuto cancellare Sense8.

Le azioni si sono spostare anche negli eventi reali, ad esempio ai Gay Pride hanno sfilato cantando la

canzone e mostrando cartelli con l'hashtag e con le richieste di rinnovare la serie. Seppur parziale, i

fans hanno ottenuto un risultato in meno di un mese. Alla fine di giugno 2017 Netflix ha annunciato

che avrebbe fatto un’ultima puntata di Sense8, con la durata di 2 ore per offrire ai spettatori un finale.

3.2.2 Il tag genere e Pinterest.

Folksonomy (tradotto in italiano con folksonomie), è un termine inglese composto da folk

(persone) e il suffisso di origine greca nomos (regola). Se la tassonomia è una classificazione

gerarchica effettuata da persone che si coordinano e fissano le regole dell'ordinamento, una

tassonomia di tipo folk indica che la classificazione viene generata spontaneamente e in maniera non

coordinata. Attualmente è alla base dell'usabilità e della ricercabilità dei contenuti in rete, siano essi

post, immagini e video. Un esempio di folksonomy è l'uso di parole-chiave (tag) per etichettare una

serie di immagini: mano a mano la comunità di utenti di una piattaforma social raccoglie immagini,

aggiunge le parole chiave, aumenta la definizione della tassonomia e quindi la rintracciabilità delle

immagini.

La parola genere (generi) è usata come tag con molta frequenza e con tantissime declinazioni.

Vediamo due esempi per individuare il rapporto «media digitali e genere», attraverso la possibilità di

rintracciare contenuti riguardo l'argomento. Entrambi rintracciati su Pinterest, uno è sulle molteplici

possibilità espressive della parola genere e l’altro è sui ruoli teatrali.

Pinterest è un social network basato sulla condivisione di fotografie, video e immagini, la tecnica

dell'infografica19 è molto diffusa e anche di ottima qualità. Si possono seguire i propri interessi senza

che nessuno invada la vostra privacy, o vi inviti a giochi online o vi racconti come è andata la sua

giornata. Permette agli utenti di creare bacheche in cui catalogare le immagini in base a temi

predefiniti, oppure scelti.

18 Federica Fabbiani, La realtà aumentata dei corpi: l'empatia secondo Sense8, intervento al 15° Seminario Estivo

SILViterbo, 17-19 giugno 2016. Per approfondimenti sull'analisi delle Serie TV dal punto di vista di genere si veda:

Federica Fabbiani (2018), Zapping di una femminista seriale, Ledizioni, Milano. 19 L'insieme dei disegni e dei grafici elaborati al computer per rappresentare sinteticamente lo sviluppo di fenomeni

complessi, statistiche, ecc. Usata specialmente in ambito giornalistico.

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(fig. 1)

(fig. 2)

Nell’infografica mostrata in fig. 1, emersa dopo aver cercato la parola gender, ci sono delle iconcine,

dei simboli indicanti le diverse appartenenze di genere. Il significato cambia, si evolve, si modifica

in ogni riga: transgender, cisgender, bigender, intergender. La segnalazione ben rappresenta la

liquidità delle appartenenze sessuali e, tutto sommato, rispecchia le odierne manifestazioni di usi e

costumi riguardanti le relazioni amorose e sessuali. Nessuno si sofferma più di tanto sul fatto che nei

social, o nelle serie televisive, o al cinema si propongono positivamente espressioni di usi e costumi

sessuali diversi da quelli della norma eterosessuale.

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Rintracciata mediante il medesimo procedimento della fig.1, in un'altra infografica fig. 2

abbiamo la descrizione, dal punto di vista del genere, dell'opera di Shakespeare; indica i ruoli maschili

e le bassissime percentuali dei ruoli femminili nel teatro shakespeariano. Carente la rappresentazione

del genere femminile dovuta allo specifico contesto storico di riferimento.

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4. Partendo dagli stereotipi, questioni di rappresentazione e rappresentanza.

I concetti di rappresentazione e rappresentanza di genere potranno orientarci nell’analisi del

rapporto «media digitali e genere». E come nel teatro shakespeariano ci troviamo di fronte ad una

scarsa rappresentanza del genere femminile, così l’infografica sulle differenti tipologie di generi

rimanda agli aspetti della rappresentazione. Nella comunicazione, soprattutto quella mediata dalla

digitalizzazione, non vi è solo una questione di corretta rappresentazione del genere, ma anche una

questione di potere fra chi progetta e realizza gli strumenti dei media e chi semplicemente li usa. È

una questione politica, è una questione di rappresentanza.

A tal proposito, è necessario tornare ad analizzare il sistema di potere del patriarcato (Risoldi

2018) e ripercorrere, per sommi capi, la storia della rappresentanza che ha portato alla conquista dei

diritti civili, per poter fissare i due concetti che da qui in poi ci orienteranno.

Abbiamo visto che l’universalità della parola uomo fonda un'ambiguità linguistica che tutt’ora

condiziona la comunicazione. Si impone in epoca illuminista sul finire del 1700. L'illuminismo -

razionalità e astrazione - è sotteso all’economia capitalistica, al potere politico colonialista e al

sistema delle relazioni sessuali patriarcali della cultura occidentale. All’epoca spagnoli, francesi e

inglesi dominavano il mondo conosciuto insieme ai portoghesi e agli olandesi. In nome della

categoria universale uomo, i colonialisti diffondono quel tipo di simbolico che per il femminismo è

ancora ed è tuttora da mettere in discussione. Per moltotempo l’uomo universale e il cittadino sono

stati:maschi, di razza bianca e occidentale, possibilmente dotati di un consistente patrimonio

finanziario. Mettere in discussione questa categoria – merito soprattutto del femminismo - è stata una

delle più grandi rivoluzioni culturali del secolo scorso. Sono state vinte numerose battaglie per la

conquista dei diritti civili e, per le donne occidentali sembra raggiunta la consapevolezza di essere

“soggetto della storia”, come l'uomo occidentale. Per le compagne e amiche di altre appartenenze

culturali, che patiscono le forme dell’asimmetria di potere patriarcale, purtroppo c'è ancora tanta

strada da fare.

4.1 Immaginari e potere degli stereotipi.

Per stereotipi di genere si intendono quei meccanismi che tendono a suddividere le persone in

base al preconcetto di che cosa sia maschile o femminile.

Sotto questa luce Irene Biemme ha indagato la prima forma di narrazione scritta che offriamo ai

nostri bambini, quella che plasma il loro immaginario. I libri di testo delle elementari, importanti

mediatori nella trasmissione culturale durante l'età infantile, presentano immagini e contenuti

permeati da stereotipi e pregiudizi. «Siamo a un paradosso: mentre la narrativa contemporanea sta

galoppando, con proposte educative attente e curate, i libri di testo della scuola primaria sembrano

fermi agli anni Cinquanta» (Biemme 2017). La ricerca20 ha fatto emergere un universo di ruoli e

professioni che circoscrive il simbolico della donna limitandolo allo spazio domestico e educativo,

tutto il resto è ad appannaggio dell’uomo, nonostante il Codice di autoregolamentazione con cui nel

1999 gli editori si erano impegnati a evitare sessismo e stereotipi e a fornire rappresentazioni

equilibrate delle differenze. Emblematica la scena che dovrebbe spiegare il succedersi del giorno (il

20 Irene Biemme ha analizzato i libri – editi tra 1998 e 2002 – di dieci tra le maggiori case editrici attive nel settore

scolastico in Italia: De Agostini, Giunti, La Scuola, Nicola Milano, Fabbri, Raffaello, Piemme, Elmedi, Capitello, Piccoli.

La maggior parte dei protagonisti delle narrazioni è di sesso maschile.

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sole) e della notte (la luna) che si ritrova ininterrottamente in molti dei libri di testo. Al rientro a casa,

dopo una giornata trascorsa a illuminare il mondo, il marito-Sole è spazientito dalla pigrizia della

moglie-Luna, colpevole di non avergli preparato la cena. Prepara la polenta e quando la moglie ne

vuole mangiare una fetta, il Sole le «scaglia in faccia» il tagliere e la Luna «dolorante e vergognosa

corse a nascondersi»; da quel momento i due non si sono più riappacificati e ancora oggi il faccione

giallo della Luna mostra l’effetto polenta della lite con il Sole. Sembra che il riferimento sia un’antica

fiaba africana 21 che faceva parte di un arcaico modo di vivere e di concepire il rapporto

maschio/femmina, ma perché proporlo in modo acritico in libri letti nelle aule delle scuole

elementari?

4.2 Questioni di rappresentazione.

Le nostre identità si formano attraverso l'immaginario dei prodotti culturali – metafore, racconti,

romanzi, film e tutto il prodotto delle conversazioni sui social - solo per fare alcuni esempi. Una vasta

letteratura documenta come, attraverso i media, noi possiamo imparare o disimparare il sessismo e il

razzismo (Tota 2008). La nuova scena mediatica costituita sia dai siti/blog, sia dai social network,

definiti come una conversazione continua, dovrebbero favorire gli immaginari dal basso perché

permettono di esprimere gli immaginari di ciascuno. In particolare il web collaborativo, in un primo

tempo, sembrava effettivamente promuovere una comunicazione autentica, dove la rappresentazione

della realtà e l’autenticità dei suoi contenuti sembrava potesse essere garantita dalla molteplicità delle

fonti e dei punti di vista. Attualmente chi lo critica lo definisce invece un’enorme chiacchiericcio; chi

invece lo promuove, per non perdere l’enorme crogiuolo di possibilità, di punti di vista, di opportunità

conoscitive e comunicative offerte dalla Rete, è alla ricerca di forme nuove di autorevolezza.

Riteniamo siano corrette entrambe le posizioni perché il mezzo comunicativo in sé può far incontrare

i differenti punti vista e, nel continuo divenire delle trasformazioni provocate dagli incontri,

modificare gli immaginari, sia in senso positivo che negativo.

I risultati dello studio dell’AGCOM22 in base ai risultati di un’indagine condotta nel 2017 da

GfK Italia per un campione di oltre 14.000 individui rappresentativo della popolazione italiana ha

messo in luce che gli italiani accedono all’informazione online prevalentemente attraverso fonti

cosiddette algoritmiche (in particolare social network e motori di ricerca). Il 54,5% della popolazione

utilizza le fonti algoritmiche dell'informazione e i minori si rivelano essere i grandi consumatori di

social network a scopi informativi (55,8%)23.

21 Dal sito Reportonline Racconto Epico Marito Sole, Moglie Luna (consultato il 28 febbraio 2019) 22 AGCOM - Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. «la legge istitutiva affida all'Autorità il duplice compito

di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali degli

utenti.» 23 AGCOM, Anno 2018, Rapporto sul consumo di informazione.

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19

fig. 3 Fonte: AGCOM 2018.

Attualmente la scena mediatica del digitale, se così si può chiamare, in gran parte è determinata

dal gesto di chiedere a Google. È fondamentale, a nostro parere, il negoziato di significato (searching)

che siamo in grado di mettere in azione. La funzione di autocompletamento (il suggerimento) - forma

di mediazione fra noi e la macchina - interviene prima ancora di esprimere il nostro pensiero e non

come correzione tra i nostri pensieri e il modo in cui li esprimiamo, tant'è che non abbiamo modo di

cambiare i suggerimenti.

Le combinazioni di parole cercate (query) e i «suggerimenti alla ricerca» del search engine della

macchina determineranno la composizione della pagina dei risultati della ricerca (SERP24) con

l’indice dei link, ordinato in base ad un insieme di indici di gradimento. La posizione in questa pagina

è molto ambita perché è anche la più letta. Non ci soffermeremo sugli algoritmi che realizzano l'indice

e sulla loro pretesa di obiettività, per i quali si rimanda ad un successivo momento d'analisi,

focalizzeremo l'attenzione sul tipo di suggerimento proposto dall'algoritmo. Per Google la

funzionalità «suggerimenti alla ricerca» è data da un algoritmo e «le previsioni di completamento

automatico vengono generate automaticamente, senza l’intervento umano, in base a una serie di

fattori oggettivi, come ad esempio la frequenza con cui gli utenti hanno cercato un termine in

passato» 25 . Oltre a questo sono incluse le notizie di tendenza, argomenti popolari nella zona

geografica rilevata dal geolocalizzatore che variano nel corso della giornata.

Mentre si effettuavano delle ricerche su Google - le domande erano: «le donne dovrebbero» e

«le donne sognano» - sono emersi, fra gli altri, inquietanti suggerimenti sessisti e di incitamento alla

violenza (fig.5 e 6) «le donne dovrebbero essere terminate» «le donne sognano di essere stuprate».

Abbiamo cambiato il soggetto - la domanda era «gli uomini dov....» e sono emerse manifestazioni

stereotipate «gli uomini non lavano i piatti» ma non pericolose (fig.4). Il comportamento di Google

è stato il medesimo anche da un dispositivo mobile e mediante la App di Google.

24 Da wikipedia « Search Engine Results Page (acronimo SERP) significa "pagina dei risultati del motore di ricerca».

25 Sull'oggettività del search engine vedere il link al support.google.com.

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20

fig. 4

fig. 5

screenshot del 23.2.2019.

Sicuramente gli stereotipi sono la parte inconsapevole dei nostri immaginari e la

rappresentazione di vecchi stereotipi, attraverso la numerosità delle parole «cercate», purtroppo fa

riemergere asimmetrie, storture che dimostrerebbero quanto il genere femminile e altri generi sessuali

sono rappresentati in forme che veicolano discriminazione ed esclusione.

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21

fig. 6

screenshot del 16.4.2018

Soffermarci sugli incitamenti alla violenza sarebbe doveroso, ma richiede approfondimenti e

argomentazioni che riserviamo ad uno specifico capitolo riguardante la pornografia. Qui vorremmo

porre l'attenzione al fatto che l'algoritmo, a detta di Google, è oggettivo perché attinge dalla

numerosità - numero di volte - delle frasi ricercate e poi proposte e per questa via attribuisce un alto

valore alle frasi appena lette e, pur con i dovuti distinguo, la massa che cerca contenuti di questo tipo

sicuramente esprime un preoccupante immaginario di dominazione rispetto alle donne. Non è colpa

sua, sostiene Google, se a qualcuno non piacciono i risultati calcolati26, il motore di ricerca mostra

solo ciò che esiste!

Sicuramente funzioni di questo tipo contribuiscono a perpetuare stereotipi negativi. Anche se

questo non significa che la maggioranza delle persone sia sessista, razzista o omofoba, la funzione di

auto-completamento «offre una finestra nella coscienza collettiva di Internet, e ciò che questa finestra

rivela non è una scena interessante»27. Per rimediare, continuamente a migliaia, dovremmo digitare

query di diverso contenuto per modificare il comportamento dell'algoritmo oppure realizzare un

26Articolo apparso in Sociostrategy Google’s autocompletion: algorithms, stereotypes and accountability (consultato

il 23 febbraio 2018). 27 Articolo apparso in Wired 2013 #womenshould: donne, stereotipi e motori (di ricerca) (consultato il 23 febbraio

2018).

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plugin che lo faccia automaticamente, ma verrebbe intercettato dalla barriera di sicurezza dei server

di Google.

Impossibili da realizzare, comunque le iniziative sono destinate al fallimento, finché i

suggerimenti hanno una fonte automatica. L’argomento però ci permette di introdurre l'aspetto delle

«azioni di contrasto», perché la problematica sessista dell'auto completamento è emersa fin dall'inizio

della nascita dei motori di ricerca. Da qualche tempo sembra che il search Google sia sensibile a

questo tipo di discriminazione e si stia attrezzando per non proporre suggerimenti, nella versione

inglese, alle query «donna» e «donne». Nella versione italiana non ci è stato modo di apprezzare

questo mutamento. Il fatto in sé non risolve il problema ed anzi elimina una funzione altrimenti utile.

Sarebbe invece auspicabile che il colosso di Mountain View integrasse nei suggerimenti i thesauri di

genere28 delle maggiori lingue. Sono il risultato della collaborazione e del controllo continuo della

pertinenza e della qualità dei vocaboli utilizzati per descrivere il genere sessuale. Prodotti dai centri

di informazione documentaria ufficiali spesso riflettono studi storici sui movimenti di liberazione

della donna. Segnaliamo il Gender Equality Glossary and Thesaurus29, curato dall'Istituto europeo

per l’uguaglianza di genere e Linguaggio Donna 30 per la lingua italiana, in attesa di cospicui

aggiornamenti. Sono strumenti terminologici specializzati curati da comunità di documentaristi e

bibliotecari e, nel nostro caso, si concentrano sull'area linguistica del genere sessuale con l'obiettivo

di rendere più inclusiva la catalogazione e la ricercabilità dei materiali.

Per circa un ventennio chi scrive ha fatto parte di un gruppo di donne di diversa formazione ed

età che ha «abitato» la scena digitale dell’Internet italiana fin dal suo manifestarsi e ha realizzato un

search engine di genere (cercatrice di Rete), concreta piattaforma tecnologica, segnata dalla tradizione

linguistica del femminismo italiano. Il motore «comprendeva» una lingua ad orientamento sessuato

avendo adottato LinguaggioDonna, insieme ad altri due microthesauri31, come guida nei suggerimenti

alla ricerca, diventando uno strumento capace di un senso più alla differenza di genere nelle

interrogazioni sul web. A titolo esemplificativo: alle domande: «le donne dovrebbero» e «le donne

sognano» emergevano automaticamente suggerimenti quali:

- autonomia delle donne

- biblioteche delle donne

- case delle donne

- condizione delle donne

- disparita tra donne

- sessualità delle donne

28 Thesaurus: lista di termini utilizzabili per l'indicizzazione di materiali documentali. Thesauri di genere, lista di

termini che tengono conto della differenza sessuale nel linguaggio della classificazione. 29 Link al portale dell’Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere che lo propone per intero Gender Equality

Glossary and Thesaurus. 30 La prima versione del Thesaurus LinguaggioDonna è stata elaborata dal Centro di studi storici sul movimento di

liberazione della donna in Italia, in collaborazione con la Libreria delle donne di Firenze, nel 1991. 31 I due micro-thesauri sessuati, Tempi e Spazi e Inviolabilità sono stati elaborati all’interno delle attività del progetto

Abside, del Centro di documentazione delle donne di Cagliari.

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- erotismo delle donne

- donne e maternità

- rappresentanza delle donne

- salute delle donne

- vissuto delle donne

solo per citarne alcuni, l'elenco potrebbe essere molto più lungo, perché suggerimenti attorno alla

parola «donne» sono tantissimi, come innumerevoli e diversificate sono le produzioni testuali, visive,

rispettose della differenza sessuale restituite nella SERP di query composte dalle parole così

suggerite. Il confronto con le parole suggerite dal motore di ricerca più utilizzato al mondo non lascia

spazio a dubbi sull'effetto e sull'impatto nel simbolico degli immaginari.

Nel 2013, la campagna di comunicazione per la sensibilizzazione e il contrasto agli stereotipi

sessisti UN Women - agenzia delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e realizzata da Memac

Ogilvy & Mather Dubai - ha fatto emergere il fenomeno sessista della funzione di autocompletamento

di Google attraverso espliciti manifesti (vedi fig. 7 e 8). Ha fatto eco la community di Global Voices,

rete internazionale di blogger e cittadini-reporter volontari, che ha effettuato la stessa ricerca in 12

lingue e da differenti continenti. A parte le contraddizioni in alcuni paesi, le conclusioni della

campagna UN Women sono state confermate estesamente. Alla pratica mediatica di denuncia si è

unito il magazine svizzero Mannschaft che, ha declinato la campagna con soggetti maschili per

rivelare gli stereotipi sull’omofobia (#gaymanshould) a cui si è aggiunto lo spunto ad ampliare la

riflessione sulla discriminazione verso uomini e donne in generale (#EndAllSexism).

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fig. 7

fig. 8

In questi ultimi decenni e a differenza di altre epoche, le produzioni culturali di genere sono state

tantissime proprio per le opportunità offerte dalla Rete alle rappresentazioni mediate dal linguaggio

digitale. Allo stesso tempo, innumerevoli e molteplici Query e SERP dovrebbero aver contribuito a

costituire un immaginario rispettoso del genere che, via via, dovrebbe condizionare il comportamento

degli algoritmi di ricerca. Come mai assistiamo a forme discriminatorie digitalizzate? Forse il nesso,

per quanto riguarda la cultura delle donne, sta nel processo che ha visto il femminismo migrare nei

media digitali, in un primo tempo più liberi e ospitali, con interessantissime produzioni di femminismi

in rete. Tuttavia il processo non ha prodotto un femminismo della rete che potrebbe condizionare la

programmazione del software e modificare il comportamento degli algoritmi sulla base di una sorta

di responsabilità algoritmica. Dato il crescente potere che gli algoritmi esercitano nella società,

riteniamo servano maggiori artefatti tecnologici come cercatrice di Rete32, vera e propria macchina

femminista, concreto esempio di un altro genere di search engine. Sarà sempre più vitale continuare

a sviluppare, codificare e insegnare metodi più formalizzati di responsabilità algoritmica. Per N.

Diakopoulos «questo aumenterà la consapevolezza. (Non sono d'accordo che "la responsabilità

algoritmica" possa essere assegnata a priori, però). Ma quando gli algoritmi non sono responsabili,

32 Vedi articolo su Almagulp 2017 No more , dove viene descritto il progetto e la sua durata.

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allora di chi è la responsabilità?» Le persone/organizzazioni/aziende che li creano, li distribuiscono,

o di chi li usa? «Questo ci riporta alla conclusione che la questione della responsabilità va al di là di

un'opzione binaria di intenzionalità o completa innocenza ... il che rende l'intera faccenda una

questione estremamente complessa. Chi è responsabile dell'operatività degli algoritmi?»33

4.2.1 Il simbolico nel "linguaggio” digitale e nuove questioni di rappresentazione.

La responsabilità è una questione valoriale, etica, ed è centrale nel pensiero critico. Il

ragionamento e la comunicazione di qualità danno la possibilità di esprimere un giudizio e di avere

consapevolezza di quanto i fenomeni appena descritti fondano nuove forme di esclusione. È quindi

necessario soffermarci sul concetto di rappresentazione, soprattutto nelle forme assunte dai nuovi

linguaggi dei media digitali e dalle nuove pratiche della comunicazione. Il genere (i generi) ha una

significazione articolata e complessa in quanto processo in divenire. Nei media digitali viene

rappresentato in maniera ancora più complessa e articolata per la complessità infrastrutturale delle

architetture dei media digitali. Compresenza di rappresentazioni corrette (vedi Pinterest) e distorte

(vedi i suggerimenti alla ricerca di Google), ma anche per la molteplicità dei punti di vista che

convivono, verrebbe da dire, in quella che è l'immensa narrazione del web con la sua ipertestualità

multimediale in Rete.

In generale, la rappresentazione è la raffigurazione di un’idea, di una scena, di un’immagine

mediante la sua ricostruzione, la sua narrazione verbale, visuale e scritta. La rappresentazione

riguarda il sistema di simboli a cui il linguaggio rimanda (il simbolico). I media contemporanei sono

caratterizzati dalla convergenza digitale per il peculiare modo di fruizione improntato alla ricezione

contemporanea di messaggi convergenti in un unico dispositivo di fruizione. Da una postazione fissa

o da un dispositivo mobile (smartphone) possiamo consultare un motore di ricerca, leggere un libro,

un giornale, guardare la Tv, ascoltare la radio, conversare e socializzare con gli amici, scrivere un

commento su un blog ect. Commistione integrata (sintesi) di scritto e orale, di simbolico e iconico,

di visivo e sonoro. Il nuovo linguaggio è sintetico e richiede una peculiare literacy o alfabetizzazione

del linguaggio digitale.

Dopo le battaglie per il rispetto e l’inclusione, anche nei media, dei saperi delle donne, il

linguaggio digitale veicola e trasmette la cultura delle donne, la cultura delle differenze? Oppure, in

considerazione del fatto che immaginario mediale e sociale coincidono, l’egemonia del simbolico

maschile di tipo sessista e razzista ne impedisce l'emersione anche nella produzione algoritmica? Tale

tendenza dagli esempi appena riportati sembrerebbe confermata.

Indaghiamo ancora più a fondo l'aspetto egemonico. Ripartiamo dai simboli che sono la chiave

per l’interpretazione (rappresentazione) di qualunque cultura: verbali (linguistici) e non verbali,

rimandano, con un meccanismo naturalmente metaforico, a qualcos’altro, l’oggetto simboleggiato.

La loro funzione nella comunicazione è nota da millenni, pensiamo ai miti nella tragedia greca. Per

essere comunicativo il simbolo deve far riferimento ad una qualche forma di vocabolario (canone)

comune ai soggetti parlanti. Il simbolo infatti, deve avere un significato, o più di un significato,

socialmente condiviso. È attraverso il simbolo che l’immaginario esprime il suo contenuto e può

essere tradotto in un prodotto culturale.

Il potere simbolico influisce non solo su quello che facciamo, ma anche sulla nostra capacità di

descrivere quello che «succede» ed è considerato uno dei poteri più pervasivi. Pierre Bourdieu,

33

Citazioni di Nick Diakopoulos riprese dall'articolo apparso in Sociostrategy Google's autocompletion: algorithms, stereotypes and accountability, (consultato il 23

febbraio 2018).

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maestro di una concezione «forte» di potere simbolico, ritiene che sia la base per la «produzione di

modi di ordinamento che sono applicati diffusamente e con coerenza, tanto da essere trattati come

punti di riferimento universali, per molti fini … (nella realtà) circolano descrizioni e categorie

universalizzanti che autorizzano altre generalizzazioni e altre costruzioni, senza una resistenza

efficace o senza contraddizioni. Il risultato è una realtà che per molti fini sembra coerente, ordinata,

incrollabile, ma le cui coerenze sono basate su una serie di discriminazioni ed esclusioni che

rimangono in gran parte nascoste alla vista, in assenza addirittura di un linguaggio di base in grado

di descriverle» (Bourdieu 1999).

Decostruire il simbolico è il metodo dei femminismi per rintracciare l’immagine metaforica che

non è nominata. Il simbolico femminile storicamente non è mai stato nominato, tant'è che spesso

viene detto che le donne sono state «assenti dalla Storia». E si aggiunge anche che se viene nominato

è per differenza e sottrazione dal simbolico maschile del patriarcato. Analizzare con quali meccanismi

produciamo il simbolico che necessariamente riguarda l’immaginario personale, l’immaginario della

cultura e della società, è indispensabile per comprendere le dinamiche e i processi che hanno portato

alla sua negazione perché solo così possiamo invertirne il senso (decostruzione) e/o sostituirli per

«essere nella Storia».

L’avvento della cultura network e la centralità dei social network, a nostro parere, ha

ulteriormente rafforzato la società dell'immagine (pensiamo alle odierne manifestazioni del personal

branding). Per il perdurare dell’epoca della società dello spettacolo e per poter decostruire o meglio

smontare anche i dispositivi simbolici del software, alla base del sistema dei media digitali, è

necessario insistere sul concetto di rappresentazione.

La tecnologia soddisfa sempre dei bisogni ed è nella prospettiva delle attese e delle disattese che

si potrà comprendere appieno i meccanismi di funzionamento e promuovere pratiche culturali e

politiche che possano modificarne le derive di omologazione e di sfruttamento. Serve una teoria

critica dei media digitali che possa renderci consapevoli e ci possa fornire utili strumenti concettuali.

Il nostro discorso è incentrato sul fatto che le piattaforme digitali, che noi usiamo gratuitamente,

non sono neutre. Certo la tecnologia è neutra ma non è neutrale! È necessario un simbolico che

consenta di superare l’idea di tecnologie neutre, in realtà fortemente informate dal maschile con le

donne considerate come mera particolarità aggiunta al discorso generale (di segno maschile) o

specificata per complemento (Vaccari 2009).

E se è vero che la tecnica è ormai il «soggetto della Storia» (Anders 1963), perché la storia si

svolge ormai in un mondo «tecnico», è fondamentale chiedersi quale costruzione sociale sottende

queste tecnologie? Tentare una risposta è possibile anche rintracciando i valori e le scelte degli

scienziati, degli ingegneri, dei programmatori e di tutti coloro che hanno progettato e poi realizzato

le piattaforme digitali. Si tratta di ricondurre l’ambito progettuale dei media digitali, in quanto

artefatto tecnologico, alla sua dimensione politica e promuovere degli spazi alla possibilità di

negoziare e mediare tra molteplici differenze per avviare un processo di «democratizzazione» dei

media digitali e, più in generale, della tecnica. Si pone la questione politica di quale potere e quale

democrazia per il governo dei processi della globalizzazione digitale?

Emerge la necessità di cartografare e disegnare una mappa che analizzi le tecnologie dal punto

di vista della differenza sessuale, che possa acquisire specifiche riflessioni nell'epoca del capitalismo

delle piattaforme e che possa realizzare pratiche politiche di inclusione digitale nella fase sia di

progettazione che d’uso degli artefatti.

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Per Luciano Floridi e Nick Couldry, solo per citare alcuni degli studiosi che hanno introdotto il

concetto di ecosistema digitale, il contributo dei media digitali nella vita quotidiana è sistematico

tanto da ritenerlo ambiente dell’azione umana. Si parla di ecologia dei media per indicare

l’interrelazione, enorme e dinamica, di processi e oggetti, esseri e cose, schemi e materia (Floridi

2012). Si introducono argomentazioni riguardo l'inquinamento informativo e l'immaginario

sostenibile, perché sommersi da immagini capaci di inquinare la rappresentazione che abbiamo del

mondo in cui viviamo. Ci si pone la questione se un’immagine sessista o razzista possa costituire una

minaccia oppure è per lo più innocua perché, ciò che conta, sono i gradi di libertà di chi decodifica la

rappresentazione (Tota 2008).

E se è vero che gli individui umani sono principalmente esseri sociali e che il sociale viene

ridefinito in un continuo divenire, per Nick Couldry: «Il risultato, invece, è che vengono introdotti,

nella nostra esperienza quotidiana di interazione sociale e di immaginazione sociale, tutti gli effetti

di potere e le forme di esclusione intrinseche al processo dei media. Nelle nostre esperienze più

profonde di condivisione, troviamo all'opera (...) la natura intrinsecamente divisiva del potere

simbolico dei media, la divisione specifica del sociale fra quanti hanno accesso alle vaste

concentrazioni di potere di rappresentazione dei media e quelli che non hanno tale accesso. Questo

ha conseguenze fondamentali per la capacità di azione quotidiana.» (Couldry 2015, il corsivo è mio).

A nostro parere, per una teoria critica (Lovink 2016) dei media digitali, l’apporto della

prospettiva del genere è fondamentale. Affiancata e integrata dall'approccio pragmatico che non parte

solo dai testi e dalle istituzioni dei media, ma dalle pratiche mediali, perché il grado di libertà di chi

decodifica la rappresentazione possono rivelarsi nulle o inesistenti. Soprattutto quando si ha a che

fare con la pretesa oggettività degli algoritmi, come l'ordine del risultato della SERP di un search

engine.

Nella nostra relazione con le macchine informatiche, le decodifiche delle rappresentazioni di

genere (generi) risultano ancora più complesse se prendiamo in esame il fenomeno del negazionismo

agito nei confronti dei punti vista della differenza sessuale, in primis quella femminista. Prenderemo

in considerazione la pratica mediale che la esprime agendo un negoziato di reperibilità su FaceBook.

Attraverso il search di FB effettuiamo una query attraverso la parola «femminista» nel canale Pagine

fan, ne risultano oltre un centinaio, e nell'esaminare attraverso i titoli e la descrizione del «chi siamo»,

emerge il fenomeno del negazionismo.

Particolarmente scandalosa la Pagina fan «Antisessismo» fig. 9 e nella sua auto-descrizione

troviamo la citazione «Si aderisce anche all'idea che il patriarcato non sia mai esistito, e che le società

(incluse quelle del passato e mediorientali) siano nate come bisessismi... . Non vi è mai stato un potere

decisionale esclusivo di uno dei due generi: nei rapporti tra uomini e donne l'autorità maschile è stata

sempre bilanciata da un potere "per procura" femminile»34. Le narrazioni che troviamo nei post sono

un tipico esempio di negazionismo, tipo la tesi che gli omicidi per violenza domestica e gli stupri

siano compiuti al rispettivo 50 e 50% da uomini e donne. Le considerazioni matematiche e statistiche

solo all’apparenza sono rigorose.

34 Per chi è iscritto a FB, link alle regole per partecipare alla pagina fan Antisessismo Pagina MRA, LGBT+, anti-

tradizionalista e antirazzista.

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fig. 9

Sconcertante la pretesa del rigore scientifico invocato da diversi documenti che, da alcuni anni,

circolano in rete a sostegno dell'alto numero di violenze sessiste per mano femminile. Secondo M.

Prizzi e M. Tomatis «Quando invece si parla di fenomeni sociali, i numeri non possono catturarne in

ogni aspetto e sfumatura le motivazioni e la natura profonda – e men che meno avere la pretesa di

escludere l’esistenza di un concetto come il femminicidio.»35

È pur vero che il canale della Pagina fan è una delle tante finestre sul movimento di opinione

iper-conservatore per i diritti degli uomini (MRA), ma anche per i diritti della razza bianca. L’Alt-

Right, la destra alternativa, tutta presa dall’angoscia che l’uomo bianco ed eterosessuale è la vera

vittima del nuovo millennio36. Stupisce il fatto che è seguita da 45.000 profili, tanti per un argomento

di nicchia come la negatività delle femministe e tanti rispetto alla media dell’iscrizione alle Pagine

fan dichiaratamente a favore dei diritti delle donne. Molti dei profili che hanno clonato37 vere pagine

femministe per produrre Fake news provengono da ambienti frequentati da suprematisti bianchi,

ultraconservatori, razzisti e hi-tech. A nostro parere, le pratiche mediatiche messe in campo

necessitano di abilità che solo esperti di tecnologia possono praticare e che confermano la

pericolosità, tutta ideologica, delle abilità tecniche quando amplificano la deriva autoritaria delle fonti

algoritmiche dell'informazione.

Direttamente connesso a tutto ciò è il fenomeno delle filter bubbles ed infatti una delle accuse

più ricorrenti rivolte a Facebook è quella che il medium crea delle bolle di informazioni esponendoci

solo a opinioni simili alle nostre. Motivo di orgoglio per Zuckerberg che la definisce «riduzione della

diversità informativa», sicuramente è alla base per le logiche di schieramento e di polarizzazione

spinta che generano fenomeni perversi di fake news, pur di vincere il duello «pro/contro» che non

permette di distinguere le notizie vere dalle false. Di più, a nostro parere, i dati emersi attraverso i

diagrammi del grafo sociale non vengono interpretati in un’ottica rispettosa delle differenze, bensì in

un'ottica che sta dentro a specifici assi differenziali di potere. Pensiamo al danno che può aver arrecato

la campagna di diffamazione, durante le ultime presidenziali americane, alla figura di Hillary Clinton.

La produzione di fake news, la diffusione di post e l’indotto di commenti all’interno della piattaforma

FB ha fatto realizzare profitti all'azienda. Zuckerberg, nonostante avesse promesso di vigilare, si è

giustificato in nome dell'idea che non si può ledere la libertà di espressione dei suoi utenti. Come per

35

Vedi articolo su Giap (Wumingfoundation) 2017 di M. Tomatis «Il femminicidio non esiste»? Piegare la matematica per fare disinformazione, (consultato il 23

febbraio 2019). 36

Vedi articolo apparso su AbbattoiMuri 2017 Maschilismo 3.0: se lo conosci, lo eviti!, (consultato il 5 febbraio 2019). 37 Per chi è iscritto a FB, interessante la Nota scritta nel 2011 sulla clonazione di Pagine fan femministe da Donne

ultraviolette, alla luce di cio che è successo a FB sarebbe da aggiornare, ma rimane utile la testimonianza registrata. Spieghiamo

perché i profili di certe donne "spariscono", e cosa sono le pagine FALSE che proliferano su fb CONTRO LE DONNE (consultato il 26 gennaio 2019).

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Google che non può impedire suggerimenti sessisti perché il motore di ricerca mostra solo ciò che

esiste, così gli algoritmi di FB non hanno alcuna responsabilità.

4.2.2 Assi differenziali di potere nella rappresentazione del genere.

Concordiamo con l'analisi di Nick Couldry sulla natura intrinsecamente divisiva del potere

simbolico e sugli effetti di potere derivati dalle forme di esclusione intrinseche al processo dei media:

indagare questo aspetto diventa estremamente importante per le nostre argomentazioni. È sicuramente

Donna Haraway, teorica femminista della scienza e della tecnica, che ci fa cogliere questa

dimensione. Il suo universo concettuale coincide con il mondo high-tech dell’informatica e con

l’insieme post-antropocentrico delle specie da compagnia. Per questa pensatrice è fondamentale

«posizionarsi dalla parte dei soggetti dominati» (Haraway 1995) per avere una lettura imparziale della

realtà.

E se il simbolico dei media mainstreaming è la tendenza comune e dominante, tradizionale e

«convenzionale» seguita dal più grande pubblico (massa), essa sottende un giudizio di valore, che

può essere negativo o positivo a seconda dei casi e dei contesti. Indagare la rappresentazione del

genere nei media significa analizzare di volta in volta l’insieme dei simboli, segni, linguaggi del

sistema dei media con la lente, da un lato, del genere e, dall’altro, del rapporto di potere fra gli attori

della comunicazione per individuarne le asimmetrie e gli assi differenziali di potere.

Possiamo utilizzare il metodo degli assi differenziali di potere attraverso due pratiche

mediatiche: l’una rispetto alla complessità dei significati attribuiti a parole del vocabolario dei media,

indicative di chi detiene il potere nella comunicazione, e l’altra rispetto alla funzione riparatrice della

cosiddetta cultura network «delle ferite nascoste» dei media mainstreaming.

4.2.3 La parola mainstreaming (complessità di significato).

Nel secolo scorso il termine mainstreaming riferito ai media assume molta importanza negli studi

sulla comunicazione sociale. Le idee, le preferenze, i gusti, la moda, i consumi seguiti dalla

maggioranza delle persone costituiscono la «tendenza culturale» che viene riportata maggiormente

dai media. In questo senso ciò che è mainstream si contrappone alle culture minoritarie. Un sistema

broadcasting, come quello televisivo, ripone molta fiducia nei processi di acculturazione delle masse

attraverso il medium. Sono le élite, più o meno colte, che si incaricano di rappresentare ma anche di

produrre, per conto di chi detiene il potere, la cultura egemone. Nella seconda metà del secolo scorso,

nella realtà italiana televisiva, erano le élite che governavano la tv pubblica e in seguito anche la tv

privata - vedi la tv di Mediaset - a detenere il potere della relazione con le masse.

Da questo punto di vista, il termine ha finito per assumere una connotazione negativa e viene

tutt’ora usato, anche in senso spregiativo, per indicare un effetto legato ad azioni mediali per

aumentare le vendite, il consumo ed il successo elettorale.

Negli anni ottanta e novanta del secolo scorso, tuttavia, il successo comunicativo della parola

mainstream raggiunge anche l’ambito della politica delle donne. In quegli anni, nell’ambito delle

battaglie delle donne per i diritti, è in capo al movimento delle donne una profonda critica alle

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manifestazioni del potere. Più che di un movimento si è sempre trattato di molteplici movimenti38

che, nel corso del tempo e dei luoghi geografici (ora in quasi tutte le parti del globo) in cui si

manifestano, esprimono pratiche, parole e percorsi differenti tra loro, persino conflittuali, molto

articolati e complessi tanto che, ancora oggi, si preferisce parlare di movimenti e di femminismi al

plurale.

Nella seconda metà del secolo scorso nei movimenti politici delle donne era in corso una

trasformazione: da una prima fase, che può definirsi dell’eguaglianza, caratterizzata dalle battaglie

per la parità con l'uomo, stava emergendo una seconda fase, cosiddetta della differenza, connotata

dalla ribellione alla logica dell’«assimilazione» all’uomo. È stata fondamentale anche la dimensione

internazionale del «movimento di liberazione della donna», ed è testimoniata dal ruolo, svolto a

partire dalla metà degli anni settanta, dalle quattro Conferenze Internazionali sulla Donna, svoltesi

rispettivamente a Città del Messico, Copenhagen, Nairobi e Pechino, dove esponenti della società

civile (movimento) hanno negoziato con le istituzioni (ONU, stati e organizzazioni politiche) un

nucleo minimo di politiche comuni. In quest'ultimo è confluita l'idea, sostenuta soprattutto dalle

compagini istituzionali, di promuovere eguali opportunità di successo alle donne della popolazione e

far diventare «tendenza culturale maggioritaria» l'idea dell'emancipazione della donna. Le parole più

rappresentative del nuovo immaginario che si intendeva promuovere sono state due. Empowerment

o valorizzazione della figura della donna e che si riferisce alla rimozione di tutti gli ostacoli ad una

piena partecipazione delle donne alla vita sociale, culturale, economica e politica di un Paese. Gender

mainstreaming (parola composta da due parole) che considera le diverse conseguenze dei processi

decisionali su uomini e donne e adotta un approccio al decison making orientato alle differenze

sessuali.

Ecco perché l’espressione mainstream è di interesse anche per il nostro discorso. L'idea del

gender mainstreaming è assunta dalla Nazioni Unite in una importante risoluzione del 1996. Secondo

Rossi Doria, il gender mainstreaming consiste nell'introdurre in tutte le iniziative e le verifiche nel

campo dei diritti umani il criterio della differenza di genere, sia nell'analisi che nei rimedi.39 Riguardo

il settore dei media avrebbe dovuto favorire un approccio pluralistico nell'agenda setting40 , nei

palinsesti e nei ruoli delle organizzazioni dei media, in modo da mettere in condizione di parità le

persone svantaggiate dall’appartenenza ad un genere oppure ad un altro. A partire da quel momento

le donne non sono più viste come passive destinatarie di sostegno e assistenza, bensì soggetto politico

a tutti gli effetti. Tuttavia l'aspetto dell'assimilazione al modello unico di tipo maschile non è stato

sufficientemente preso in considerazione.

A oltre 20 anni dalla dichiarazione, il bilancio della realizzazione non è positivo. Sconfortante il

risultato dell’asimmetria tra la costante crescita delle presenze femminili nel settore dei media e la

loro pressoché totale assenza ai vertici delle organizzazioni e nei livelli decisionali. Di più e

nonostante la rilevanza, nella comunicazione, di un linguaggio rispettoso delle differenze sessuali, il

tema del linguaggio sessuato è difficilmente metabolizzato. Mentre sin dal 1994 il dizionario

Zingarelli ha inserito la declinazione al femminile di ben 800 parole maschili e l’Accademia della

Crusca considera un errore grammaticale usare il cosiddetto «neutro maschile» per indicare

professioni o ruoli ricoperti da donne, c’è ancora chi si oppone a questo linguaggio di genere dicendo

che è ininfluente rispetto alle competenze che le donne manifestano ricoprendo professioni e funzioni

38 Vedi articolo apparso sul Post 2017 Maschilista e Femminista non sono parole equivalenti (consultato il 4 marzo

2019). 39 In Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti, LIBERE TUTTE. Dall’aborto al velo, donne nel nuovo millennio (minimum

fax, 2017). 40 Calendario dei lavori. Per approfondimenti vedi Anna Badino, Mainstreaming, in AA. VV. Glossario. Lessico della

differenza, a cura di Aida Ribeiro Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile.

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tradizionalmente maschili 41 . Infine l'enorme produzione di pubblicità sessista amplificata dalla

diffusione in Rete interroga il tipo di sessualità derivata dall'esposizione mediatica delle emozioni e

degli affetti di una sfera privata sempre più oggetto di consumo voyeuristico.

Tantissimi accadimenti reclamano la necessità di tematizzare maggiormente, rispetto al settore

dei media, il potere del simbolico in mano alle grandi istituzioni mediatiche. Si tratta di attualizzare,

attraverso la dinamica degli assi differenziali di potere, come è stata ricondotta al silenzio mediatico

l’esigenza di mettere in discussione il rapporto fra chi detiene il potere dell'informazione e della

comunicazione nel nuovo sistema dei media digitali. Infatti, per l’attivismo mediatico dei femminismi

il termine è caduto in disuso ed anzi, come per il mainstreaming dei media, il gender mainstreaming

indica una pratica politica connotata negativamente, che promuove processi di omologazione alla

cultura dominante perché perde completamente di vista la differenza femminile e di altre

appartenenze culturali, fino a rovesciare l’approccio. A volte, con il risultato di mascherare il

sostegno ad espressioni culturali sessiste e alla promozione di un simbolico maschile, soprattutto,

nell'immaginario politico, lavorativo e professionale.

Ai giorni nostri e a seguito del movimento Metoo, balza all’occhio ciò che ha scritto Ealasaid

Munro in un articolo42 dove sostiene che il femminismo del nuovo millennio è il femminismo

dell’hashtag, spesso in contrasto con il femminismo istituzionale. Permette di costruire un movimento

globale, intersezionale, transfemminista, mettendo in rete le ragazze e le donne di tutto il mondo con

esperienze, provenienze e culture diverse che si riconoscono a partire da un’esperienza comune.

Intorno alla diffusione di notizie riguardo al gender e alle battaglie per i diritti delle donne, è in atto

un mutamento di simbolico, i maggiori riscontri si hanno proprio dalle molteplici manifestazioni che,

quotidianamente, vengono pubblicate in rete e diffuse sui social.

Ciò che il gender mainstreaming non è riuscito a fare, viene fatto in questi anni dai media digitali

delle diversificate culture network dei movimenti femministi. Le dinamiche delle trasformazioni

culturali, per fortuna, non seguono modelli prefigurati e soprattutto è stata fallimentare l'idea che si

potesse, dall'alto, modificare la «tendenza» delle idee, delle preferenze, dei gusti, della moda, dei

consumi seguiti dalla maggioranza delle persone.

4.2.4 La funzione riparatrice delle culture network.

La diffusione virale della clip video sulla figura di Marielle Franco ripara la ferita nascosta dei

media mainstreaming: l’emersione della notizia dell’uccisione di Marielle Franco, consigliera

comunale di Rio de Janeiro, militante nera, femminista e lesbica nella notte fra il 14 e il 15 marzo

2018. Sui media tradizionali ne troviamo traccia solo sul tg2 delle 13 il 16 marzo e, a seguire, qualche

post sui maggiori quotidiani online. Invece, le reti sociali ne danno notizia immediatamente, iniziando

una straordinaria eco globale che ha portato lo sdegno nelle piazze di tutto il mondo. In Italia,

fondamentale è stato il ruolo del movimento politico femminista Non una di meno, facendo sì che

l’attenzione fosse soprattutto sulla militanza femminista di Marielle. A conferma che il sistema

dell’informazione mainstream non cambia il proprio canone «conservatore e patriarcale» nella «scelta

delle notizie del palinsesto, nella conduzione delle interviste, nella regia, nel montaggio» (Capecchi

2018). La diffusione dell’informazione del tragico accadimento si è basata soprattutto su clip video

derivati dal montaggio di immagini, di audio e didascalie tradotte dalle e dai journalist citizen, nelle

41 Vedi articolo apparso su Tempo stretto, 2015 “A vent’anni dalla Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino”,

due giorni di incontri e dibattiti, (consultato il 15 marzo 2019). 42 Vedi articolo apparso su SageJournalism 2013, Ealasaid Munro Feminism: A Fourth Wave? (consultato il 2 marzo

2019).

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lingue di destinazione della notizia. Uno di questi in particolare ha raccolto oltre 2 milioni e mezzo

di visitatori in 24 ore. Se i parametri sono anche numerici non si capisce perché non ha fatto subito

notizia sui media mainstreaming? è la stessa domanda che ha circolato all’indomani della

riuscitissima manifestazione romana di Non una di meno del 24 novembre 2018, c’erano almeno

150mila persone e non ha fatto notizia!

La cultura professionale maschio-centrica del giornalismo italiano permea tutte le fasi

produttive dell’informazione e potrebbe fare la differenza solo una revisione sistematica

dell’immaginario, del simbolico e dei rapporti di potere che sono all’opera nell’opinione pubblica

generale.

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5. Ecosistemi, mediatizzazione, città digitale e diritti di cittadinanza digitale

Torniamo così alla presenza e alla «presa di parola pubblica» delle donne, tema molto caro ai

femminismi che si sono battuti e che tutt’ora combattono per modificare il «simbolico» sessista e

patriarcale incorporato nella cultura popolare e, a maggior ragione, dei mass-media. È importante che

ci soffermiamo sul concetto di medium, all’indomani dello sviluppo e della diffusione del processo

di digitalizzazione dei media e sul concetto di spazio pubblico nell’epoca dei social media. Jay David

Bolter e Richard Grusin sostengono che un medium è ciò che rimedia, ovvero che si «appropria di

tecniche, forme e significati sociali di altri media e cerca di competere con loro o di rimodellarli nel

nome del reale» (Bolter e Grusin 2003). È possibile parlare di spazio pubblico digitalizzato?

I quindici anni appena trascorsi hanno visto la normalizzazione dell’accesso a banda larga di

Internet, la quasi universalizzazione dei cellulari, la grande espansione della capacità di ricerca del

web, la nascita dei blog, poi you tube, poi i social media come nuova forma di comunicazione. La

presenza dei media nella nostra vita, tutti i giorni, è punto di riferimento base per bambini e anziani,

amici, famiglia, e lavoro. La teoria dei media, allontanandosi dal modello d'analisi a triangolo -

produzione, testo, pubblico - introduce il concetto di mediatizzazione e l'idea del medium totalizzante.

Definita come un meccanismo pervasivo della società contemporanea metaforicamente simile ad una

ecologia (Postman, 1993), è considerato un vero e proprio meta-processo assieme a globalizzazione,

individualizzazione, commercializzazione - pornografizzazione (Krotz, 2007).

E se la mediatizzazione è ambiente, la metafora continua con la definizione di ambiente digitale

e poi di ecosistema digitale (Floridi 2012). Quest'ultimo esprime una progettualità complessiva, nei

modelli di sviluppo del software e nei modelli organizzativi per la conoscenza e l’acquisizione delle

conoscenze, che permette alle sue applicazioni di evolvere e di modificarsi adattandosi ai sistemi

locali, ai territori. Le «specie digitali» come i software e i frammenti di conoscenza digitalizzabili,

dai files audio, ai video, ai testi e a tutto il catalogo dei widget e degli App, se lasciati in questo

ambiente libero, si diffondono, si combinano e si riproducono evolvendosi e dando luogo a specifiche

manifestazioni legate alle appartenenze locali (Bonora e Vaccari 2014).

È questa la nuova scena mediale, ad alta intensità tecnologica, dove diventa centrale la metafora

della città digitale e della città intelligente (Smart city), intese come un sistema di relazioni fra

molteplici soggetti e oggetti che esprimono senso e significato rispetto all’appartenenza culturale,

sociale e territoriale di riferimento dei suoi abitanti. La sovrapposizione dell’esperienza reale di tutti

i giorni, con i nuovi livelli informativi costituiti da elementi virtuali e multimediali, da dati

geolocalizzati, e cosi via, ha completamente ridefinito il territorio. Costituendo una sorta di metropoli

virtuale (metafora della citta digitale) che si sovrappone e ricompone con quella reale. Il territorio

viene ridisegnato da reti invisibili, ma anche da una ricchissima e continua produzione di

informazioni che lo ridefiniscono e lo aumentano. Le città vengono taggate, duplicate virtualmente

poi riproposte sul web con Google Earth e raccontate con le narrazioni delle cronache di YouTube,

con il Liveblogging e il Mobilejournalism.

È per questo, che la teoria di media si dovrebbe intrecciare con il portato politico della figura

della cittadinanza perché rimanda ad un immaginario che è quello dei diritti. I diritti di cittadinanza

in un territorio vengono riconosciuti solo a chi è intestatario di una documentazione che ne attesta la

residenza. Grande tema politico e di civiltà quello delle battaglie per il riconoscimento dei diritti non

solo a chi vi risiede. Alla luce delle trasformazioni tecnologiche si ripensano i significati di parole

quali libertà, democrazia, partecipazione, proprietà e potere e in ultima istanza spazio pubblico e, alla

luce di queste riflessioni, si caratterizza dall'essere uno spazio pubblico digitalizzato.

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I contenuti della comunicazione digitale, nei vari campi della convivenza umana, dovranno

essere inserite all'interno di pratiche mediali sviluppate per aumentare, quanto piu possibile,

l'inclusione digitale della popolazione nei processi di e.goverment e di e.democracy. Emerge la figura

del* cittadin* 43 digitale che dovrà essere messo nelle condizioni di esercitare, in pieno, il diritto di

cittadinanza digitale che si compie nel passaggio tra ecosistema digitale e coordinate – urbanistiche,

organizzative, di servizi della PA – del territorio.

È ben chiaro il fatto che il rapporto tra tecnologia (nella fattispecie, mediale) e società è articolato,

complesso, retroattivo e storicamente contestualizzato (Bennato 2011). Dietro (e dentro) la

produzione di artefatti tecnologici, diffusi su larga scala con la rivoluzione informazionale e con la

generalizzata utilizzazione di applicazioni tecnologiche della scienza, c’è un profondo contenuto

simbolico che non va ignorato. Le relazioni intersoggettive tendono a essere sostituite dalle relazioni

oggettive instaurate dalla circolazione degli oggetti digitali; ancora oggi, essi sono simboli

dell’identità maschile oltre che possibilità concrete di comunicazione. Pensiamo all'enorme lavoro

che andrebbe fatto sulla sessuazione del linguaggio44 e sulla progettazione45 delle interfacce utenti

delle piattaforme della PA. La nostra analisi è da inserire in questo orizzonte per poter cogliere i nessi

e le criticità del rapporto generi e tecnologie mediali.

Il social divide e il digital divide, nonché il rischio di un semantic divide e di partecipation gap,

per la specifica fenomenologia dei motori di ricerca e dei social network, impatta maggiormente sulle

soggettività sotto-rappresentate o per niente rappresentate (Lupton 2018).

5.1 Questioni di rappresentanza

Come l’immaginario e il simbolico costituiscono il retroscena delle rappresentazioni di genere, i

retroscena della rappresentanza di genere sono i ruoli e le gerarchie di potere (forme). Infatti, quando

usiamo la parola rappresentanza ci riferiamo alla sua forma. Di solito la parola richiama una delle

forme della politica: la democrazia. Invece se è usata nell'ambito dell'economia richiama le relazioni

lavorative. Nell’ambito culturale, quello che qui interessa maggiormente, per rappresentanza si

intende la possibilità, l'essere messi in condizioni di prendere parola pubblica.

Per i femminismi degli anni "70 non era solo un passaggio retorico, ma terreno di dibattito e di

scontro politico continuo e non solo per il nesso con la funzione svolta dai mezzi di comunicazione

nella formazione di una coscienza pubblica.

Per il femminismo della seconda ondata le parole privato e pubblico, slogan quali «il personale

è politico» sono stati fondamentali. Sono gli anni, almeno per l’Italia, dove le denunce

dell’asimmetria di potere entro l’ambito privato, domestico e familiare portano al referendum sul

divorzio e sull’aborto, e rendono indispensabile rivendicare un ruolo attivo nell’ambito pubblico,

43 L’uso del maschile generalizzato previsto dalla norma grammaticale (figura del cittadino riferito a donne e uomini)

è sostituito da cittadin* per convenzione. Vedi definizione della Treccani. L’uso dell’asterisco come “carattere jolly”,

tipico dei sistemi informatizzati di ricerca, ha preso piede negli ultimi anni ed è legato alla volontà di evitare il cosiddetto

uso “sessista” della lingua. 44 vedi Cecilia Robustelli, Linee guida per l'uso del genere nel linguaggio amministrativo (2012) e Le linee guida per

giornalisti e giornaliste in Donne, grammatica e media. Suggerimenti per l'uso dell'italiano (2014). 45 vedi Federica.Fabbiani e Marzia.Vaccari, Linee guida per un approccio di genere alla progettazione dei servizi on-

line delle Pubblica Amministrazione (2008) recuperabile nel repository ISSUU.

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politico e dei mezzi di comunicazione in quanto medium per uscire dall’invisibilità riservata alla

cultura, ai saperi e alle pratiche politiche dei generi nello spazio pubblico dei media.

5.1.1 Dichiarazione universale dei diritti umani e diritto d'opinione.

L’evoluzione e il significato di questa parola, per noi occidentali, ci accompagna e fa parte della

nostra storia. Nella nostra tradizione politica non possiamo prescindere dalla «Dichiarazione

universale dei diritti umani», dichiarazione dell'organizzazione delle Nazioni Unite del 1948.

Inizialmente l’importante documento si riferiva ai «diritti dell’uomo» poi, a seguito del cambiamento

culturale, anche la Dichiarazione ha rispecchiato il mutamento linguistico. Una fonte istituzionale

mostra un documento che ha sostituito la parola «uomo» con «umani». Invece, utilizzando il

searching del documento con Google, nella SERP (fig. 10) emerge in 2^ posizione il rimando ad un

testo non istituzionale e in corrispondenza del titolo al posto di «umani» è rimasto «uomo», vedi

«Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo». La parola «uomo», al posto di «umani», è riportata

ben tre volte; quando il testo - da fonte istituzionale -– la riporta una sola volta.

Il negoziato di significato fatica a rispecchiare l'evoluzione del simbolico legato alla parola

«uomo» e reintroduce, attraverso l'algoritmo, il fenomeno del «pensiero unico» veicolato da termini

che non rappresentano le differenze.

fig. 10

Il testo della Dichiarazione universale dei diritti dell'umanità, che sancisce la legittimità e la

fondatezza del diritto di opinione e di espressione, ci permette di introdurre il tema dell’opinione

pubblica dal punto di vista mediato. Intesa come «un processo transattivo tra individui e i loro

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ambienti, di tipo comunicativo legittimante la forza collettiva emergente46» (Crespi 1997). Tema

ampiamente studiato dalla sociologia della comunicazione, anche attraverso l'introduzione della

categoria delle audience attive, per sottolineare l'esistenza di tanti tipi di pubblici, capaci di

rielaborare criticamente i contenuti (Capecchi 2004).

5.1.2 Il diritto di espressione versus impressione: spazio pubblico digitalizzato.

Oltre la dimensione urbana e fisica, per spazio pubblico si intende generalmente il luogo

simbolico delle libertà in primis quelle civili: libertà di manifestazione, di parola e d’espressione. Per

noi dei femminismi è d'obbligo il riferimento ad Hannah Arendt; nel libro Vita Activa (Arendt 1958),

individua le tre condizioni dell’esistenza: il lavoro che assicura la sopravvivenza, la produzione che

genera il mondo concreto in cui viviamo e lo spazio pubblico in cui gli individui interagiscono

mediante la discussione cui segue l’azione come conseguenza prevalente. In questa dimensione lo

spazio pubblico ha il significato politico di azione collettiva, può assumere anche l’aspetto della

disobbedienza civile e soprattutto è il luogo in cui si forma l’opinione (le opinioni) pubblica. Per

tornare ai giorni nostri, tanta teoria femminista ma anche tanta teoria della politica hanno dibattuto e

dibattono intorno a questa categoria. Nell'ambito della teoria dei media la nozione di spazio pubblico

digitalizzato ha richiesto una revisione radicale della funzione pubblica dei media (Innerarity 2008)

e ha generato innumerevoli dibattiti, tutt’ora in corso.

A proposito della democrazia in generale, in un recente post sulla rivista online Doppio Zero,

Ponte Di Pino parla di un'alluvione di volumi e la sua bibliografia ragionata a proposito della

democrazia digitale potrebbe aiutare l'approfondimento. «La fede “in una Rete libera, democratica,

gratuita, trasparente, imparziale (…) Rivoluzionaria, capace di rovesciare le gerarchiche stabilite a

favore di una partecipazione ampia, diffusa, popolare” si scontra con “la tendenza alla delega

tecnocratica” (Ippolita 2014). “La credenza diffusa circa il potenziale democratico immanente alle

tecnologie digitali è sempre piu spesso smentita da chi la vede principalmente nella guisa di frecce

all'arco del “populisti” (Gometz 2017). Il verdetto è ambiguo: “da decenni gli esperti si dividono sulla

possibilità della rete di permettere una maggior partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa

pubblica” (Chiusi 2014). Digitalizzazione vuol dire anche big data e algoritmi, “armi pericolose

giudicano insegnanti e studenti, vagliano curricula, stabiliscono se concedere o negare prestiti,

valutano l'operato dei lavoratori, influenzano gli elettori, monitorano la nostra salute” (O'Neil 2017)»

47.

5.1.3 Gap di partecipazione e discriminazione di genere.

Per le argomentazioni del presente lavoro vorremmo riprendere l'ipotesi, formulata nel 2000 in

pieno avvento dei nuovi media digitali, che auspicava l'evoluzione del diritto di espressione in diritto

di impressione. Se attraverso libri, giornali, tv e radio la cittadinanza, nel suo insieme, esprime

un’opinione, l'introduzione dei media digitali non solo aumenta questa possibilità ma favorisce i flussi

informativi e comunicativi del singolo individuo. Attraverso il Web e la conversazione del web 2.0

ad ognuno di noi viene offerta un’illimitata possibilità di scrivere, pubblicare notizie e informazioni.

In inglese il termine impression è sinonimo di print (stampa), e in quanto diritto richiama la possibilità

dell'azione di imprimere, di lasciare una traccia, un segno riconoscibile e, soprattutto, di interagire.

46 Vedi nella piattaforma e.learning federica.eu dell'Università di Napoli Federico II, il modulo La questione

definitoria. (consultato il 2 marzo 2019). 47 Al sito Doppiozero 2018, l'articolo di Oliviero Ponte Di Pino La democrazia: governo della crisi o modello in crisi?

(consultato il 13 gennaio 2019).

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Sono anni dove la democrazia sembra ricevere la linfa vitale della partecipazione dei cittadini perché,

con facilità, possono entrare in rapporto diretto con i governanti.

Attorno a questo termine, coniato da una coppia di canadesi, nacque un movimento politico che

avrebbe voluto che la giurisprudenza riconoscesse nei corpora del diritto questa evoluzione. Stefano

Rodotà è stato paladino di questa battaglia ed è sua la richiesta, indirizzata al Parlamento italiano, per

includere nella Costituzione italiana il diritto d’impressione. Purtroppo le cose non sono andate così,

al posto dell'evoluzione c'è stata l'involuzione. Oggi la crisi della democrazia è ancora più grave,

assistiamo a manifestazioni di forme nuove di autoritarismo e di manipolazione del consenso con il

supporto dei media digitali. Pensiamo alle elezioni di Trump e allo scandalo della Cambrige Analitics.

Tale formulazione ha comunque permesso di dare una cornice politica ai fenomeni, che in quel

momento cominciavano a manifestarsi, delle nuove forme di esclusione: digital divide, semantic

divide, social divide e gap di partecipazione. Quest'ultimo si riferisce esplicitamente alle abilità per

imprimere (collaborare, conversare ect.) cioè esprimere opinione attraverso i media digitali. Abbiamo

a che fare con un gap di partecipazione quando si presenta un evidente «scarto tra chi conosce e usa

i social media partecipando e chi li frequenta soltanto leggendo dei contenuti» (Bonora e Vaccari

2014). A nostro parere, chi usa attivamente i media è colui o colei che partecipando, pubblicando,

leggendo, interpretando crea spazio pubblico mediatizzato. E allora: 1) se il web permette di accedere

alla sfera pubblica e di farsi un’opinione, 2) se la sfera pubblica digitalizzata è auto-prodotta perché

deriva dalla creazione volontaria di contenuti da parte dei singoli, 3) se il diritto

d’opinione/impressione non è esigibile per i fenomeni connessi al gap di partecipazione, si creano

nuovi fenomeni di discriminazione.

Vediamone uno all'opera. Una delle caratteristiche consolidate della Rete è quella di essere

diventata una delle principali fonti di informazione e di consultazione, come abbiamo visto in

precedenza il fenomeno di «chiedilo a Google!». Nel negoziato di significato con Google emergono

principalmente le voci di Wikipedia, in quanto occupano i primi posti nell'ordinamento dei risultati

di ricerca, e, per questa via, assumono una tale autorevolezza da essere intese quasi forme di verità.

Nella fonte più richiamata del Web, a causa di una rappresentazione e una scarna rappresentanza

femminile nella compagine degli «editori», scompaiono anche le storie e le narrazioni in cui sono

protagoniste le donne; in ultima istanza le battaglie per i diritti delle donne o sono irrilevanti o

scompaiono del tutto.

Fra i media della convergenza digitale Wikipedia è fra quelli di tipo collaborativo, vedi il

precedente punto 2, a differenza di Facebook che è di tipo espressivo. E se il web accresce

verticalmente la possibilità di farsi un’opinione e di manifestarla, grazie alla molteplicità di fonti,

notizie e punti di vista a cui si può accedere, il gap di partecipazione che si associa alla

discriminazione di genere si verifica quando analizziamo il tipo di collaborazione e il tipo di gerarchia

messo in pratica dalle strutture editoriali di Wikipedia.

Su Wikipedia la maggior parte degli editor sono uomini e la piattaforma è poco permeabile ad

argomenti quali il femminismo. Tant’è che da qualche anno è in atto una campagna internazionale

(Art+Feminism) che punta a mobilitare città intenzionate a ospitare la maratona di scrittura al

femminile sulle protagoniste dell’arte di ogni tempo e luogo. Per Camelia Boban, l’animatrice

dell’iniziativa in Italia nel 2018, «solo il 14,4% del totale delle biografie riguarda le donne e solo il

10% dei contributori all’enciclopedia si dichiara di sesso femminile. Perciò esiste un gender gap non

solo nei contenuti, ma anche nella partecipazione.»

Attraverso pratiche di engendering dell’enciclopedia collaborativa online Wikipedia (Italia), si

promuove il superamento del gap di partecipazione attraverso il coinvolgimento di «agenti» attivi

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(editori ed editrici) che inseriscono voci e descrizioni rappresentative dei saperi delle donne. Ecco

all’opera una delle operazioni di contrasto alle nuove manifestazioni della discriminazione di genere

nei media della convergenza digitale.

In Wikipedia è avvenuto un addomesticamento dei mezzi di comunicazione che si è rivelato

funzionale, soprattutto in Italia, ad una gestione maschilista e misogina dello spazio pubblico.

Prendiamo il fenomeno MeToo, manifestazione tipica di spazio pubblico digitale: nasce, vive e si

manifesta nella conversazione continua e collaborativa dei social network «mondiali» raccogliendo

milioni di like, di post. Ma secondo Ida Dominijanni «Abbiamo un problema, qui in Italia, con i media

mainstream e con l’establishment intellettuale… le americane con la storia del #metoo hanno

attaccato il quartier generale di Hollywood, che per loro è una cosa enorme, perché Hollywood per

loro è come per noi attaccare la Rai … Hollywood è la più grossa macchina d’industria culturale ed

economica del paese … oggi per noi è la misoginia dell’establishment intellettuale italiano [nda

pensiero egemone] che, ripeto, dall’accademia ai media è insopportabilmente privo di qualunque

riconoscimento, dialogo, attenzione, ascolto a quello che le donne dicono da cinquant’anni.»48

5.2 Genere (generazioni) e analfabetismo funzionale.

La diminuzione delle abilità cognitive è una delle probabili cause del partecipation gap. Secondo

un recente articolo del Sole 24ore49 le performance tecnologiche sono in aumento ma diminuiscono

le abilità cognitive. Da più parti si va dicendo che è questo il vero digital divide del nuovo millennio.

La carenza di risorse dovute alle condizioni economiche, alle disponibilità tecnologiche o alla

provenienza geografica non sono alla base dell’esclusione è il mancato adeguamento del livello, in

costante crescita, delle abilità cognitive necessarie all’utilizzo del digitale.

Le abilità cognitive si acquisiscono mediante processi, più o meno intensi, di quella peculiare

literacy, o alfabetizzazione del linguaggio digitale. Come abbiamo visto poc'anzi, il linguaggio

digitale è caratterizzato dalla commistione integrata (sintesi) di scritto e orale, di simbolico e iconico,

di visivo e sonoro. Da anni, il punto di vista di genere sull'alfabetizzazione del linguaggio digitale ha

introdotto la problematica del Gender Digital Divide (GDD), ora patrimonio dell’Agenda Digitale

Europea in chiave di Genere, con le sue indicazioni di intervento e di superamento. Le statistiche

pongono il nostro paese al 25^ posto su 28. Rimane pur vero che rispetto alla situazione mondiale

del GDD l'Italia mostra una tendenza migliorativa e, presso le fasce d'età giovanili, ha superato la

forbice50, ma nei paesi terzi le percentuali sono ancora basse.

Il successo della literacy del linguaggio digitale è strettamente connesso con il livello di

alfabetizzazione in generale, ed è in questo incrocio di competenze che può sorgere un ulteriore

problema. Nelle società avanzate già da parecchi anni (Castells 2002), è emerso il fenomeno

dell'analfabetismo funzionale, definito una delle piaghe sociali più diffuse nell'era del digitale.

In generale, è l’incapacità di un individuo di usare (correttamente) le sue abilità di scrittura, di

lettura e di calcolo nelle situazioni più semplici, di solito quelle legate alla vita quotidiana. È un

fenomeno che mina le basi culturali della società, colpendo chi, nonostante sia in grado di leggere e

48 Nel sito Libreria delle donne di Milano, l'articolo del 2018 di C. Perone #metoo e la presa di parola femminile.

Intervista a Ida Dominijanni, (consultato il 13 gennaio 2019). 49 Nel sito della rivista Il sole 24 ore, l'articolo del 2018 di G. Corbellini Il declino dell'intelligenza, (consultato il 24

gennaio 2019). 50 Al sito InsiteMarketing, per le donne italiane i risultati sembrano ottimistici (!) nell'articolo di Virginia Dara Gender

digital divide: perché le donne sono ancora indietro nell’adozione del digitale, (consultato il 16 marzo 2019).

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di scrivere, non ha la capacità di comprendere e di valutare un qualsiasi testo scritto: un articolo di

giornale, una polizza assicurativa, un contratto d’affitto, la posologia di un medicinale.

Per la Treccani è «quella quota di alfabetizzati che, senza l’esercitazione delle competenze

alfanumeriche, regredisce perdendo la capacità di utilizzare il linguaggio scritto per formulare e

comprendere messaggi.» Un analfabeta funzionale può essere in grado di aggiornare la sua pagina

Facebook ma, come ha spiegato bene l’OCSE (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo

economico), è incapace «di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per

intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie

conoscenze e potenzialità»51.

Nell'indagine del 201852, l’Istat dice che il 28 per cento di italiani è affetto da analfabetismo

funzionale, mentre a livello europeo è il 14 per cento. Chi sono? Di età superiore ai 50 ma anche i

ragazzini dai 14 ai 18 e coloro che eseguono lavori domestici non retribuiti. La fascia di popolazione

over 50 anni e dai 14 ai 18 anni sono due figure senza ambiguità, invece la terza figura rimanda

indirettamente alla popolazione, alla condizione femminile senza esplicitarla. Il 99% per cento del

lavoro domestico non retribuito riguarda la fascia di popolazione di sesso femminile. E allora perché

non dire l’analfabetismo funzionale colpisce maggiormente le donne? Comunicazione politicamente

corretta perché nella figura c'è anche una bassissima percentuale di uomini? O censura la criticità del

lavoro di cura e la discriminazione femminile? La questione comunicativa è complessa e per

approfondimenti si rimanda all’articolo dal titolo «I soggetti culturalmente più deboli: i pensionati e

le persone che svolgono lavoro domestico non retribuito» nel sito dell'Istituto Nazionale per l’Analisi

delle Politiche Pubbliche (ex Isfol)53.

Dalle rilevazioni statistiche dell’ISTAT non vi è differenza fra uomini e donne riguardo il livello

di studio raggiunto (l’Italia del 2016, tabella ISTAT fig. 10), che è sostanzialmente pari con

l’eccezione del conseguimento della laurea che è maggiore nelle donne54.

Maschi % Femmine %

Licenza

elementare

6,8 8,6

Licenza media 36 30,5

Diploma 6,8 (2-3anni)

35,6 (4-5anni)

6,6 (2-3anni)

34,9 (4-5anni)

Laurea 15,3 19,8

fig. 10

51 Al sito ISFOL 2014, il Rapporto completo dell'indagine OCSE_Piaac, (consultato il 29 gennaio 2019). 52 Al sito dell'ISTAT il Rapporto completo la ricerca Istat l’Italia in cifre del 2016, (consultato il 16 marzo 2019). 53 Al sito ISFOL 2013, l'articolo di S. Mineo I soggetti culturalmente piu deboli: i pensionati e le persone che svolgono

lavoro domestico non retribuito, (consultato il 29 gennaio 2019). 54 Al sito TPI news 2019, l'articolo di L. Serafini Che cos’è l’analfabetismo funzionale e perché riguarda la metà

degli italiani , (consultato il 13 marzo 2019).

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L'analfabetismo funzionale nell'ottica della praticabilità reale degli spazi pubblici del digitale e

dal punto di vista della rappresentanza di genere mette a rischio il diritto della libertà di espressione

perché una larga fetta della popolazione soffre di questo disturbo e non ha le abilità cognitive per

esprimere le proprie opinione rendendo nei fatti il diritto non esigibile.

5.3 Il genere e lo star system nel Web

L’impermeabilità culturale della rappresentanza di genere, sottesa alla mediatizzazione dei

processi sociali possiamo analizzarla anche da un'altra angolatura. Innumerevoli ricerche hanno fatto

emergere quanto e come i media (tradizionali) lavorano, in buona parte, con immagini stereotipate

nella rappresentazione della donna e dei sessi in generale (Capecchi 2006 e Buonanno 2005). Uomini

e donne, nel corso del processo della formazione di identità, devono sempre confrontarsi con il

concetto di polarizzazione che attribuisce loro, da una parte, lo svolgimento di un ruolo determinato

nella società, e dall’altra parte, una disparità nel loro status sociale. A mio parere, il rapporto sessista

dei generi fondato sulla fantasia di una «superiorità maschile» si manifesta, purtroppo, anche nei

media della convergenza digitale.

Ed è in riferimento alla logica del prosumerismo, espressa dal personal branding, dalla

reputazione e dalla figura dell’influencer, che vorremmo tentare alcune osservazioni. L’attenzione e

la cura dell’identità e del proprio profilo in Rete hanno spesso l’intento di inseguire la notorietà presso

un determinato pubblico. La numerosità della visualizzazione di un blog e della frequentazione dei

profili attivi nella conversazione dei social determinano le voci «autorevoli». Si generano gerarchie

di importanza, le famose classifiche della reputazione nei media elettronici digitali. L’indice di

gradimento sul Web deriva da specifici software di analisi del traffico di visualizzazione, fra i più

noti Semrush e SimilarWeb. Gli elenchi derivano dalla reputazione conquistata e rintracciata

attraverso i negoziati di significato (google) e di reperibilità (facebook), essenzialmente dall’indirizzo

Web nel primo caso e dal Profilo nel secondo. Attraverso l’Italian Social Media Ranking possiamo

avere le classifiche dei siti/profili italiani più attivi sui social e dei post con più interazioni. Introdurrò

in altre sezioni delle lezioni un’analisi critica dell’«oggettività» di questi strumenti. Una fra tutte: con

10 dollari si possono comprare per FB oltre 24.000 (livello base dell'offerta) visualizzazioni, derivate

dalla possibilità di comparire nelle news in evidenza.

Attorno all’output dei software statistici si genera una vasta gamma di interpretazioni e di

descrizioni che costituiscono ormai una specifica documentazione al riguardo. Vorremmo segnalare

il persistere della tendenza sessista nella produzione di contenuti di questo tipo. Un’analisi più attenta

al genere nella lettura dei post e degli articoli, che sintetizzano e commentano le statistiche, mostra il

medesimo pregiudizio che si rileva sugli altri media.

La tendenza è aggravata dal fatto che tali post e articoli compaiono ai primi posti nella SERP di

Google. Facciamo una ricerca partendo proprio dalla frase: la classifica dei blogger italiani più

famosi. Il risultato della Query della frase mostra, in corrispondenza del primo articolo della SERP

di Google, un articolo del sito Dlame dal titolo «Blog Famosi – I blog italiani più famosi del 2018»,

che riporto nel seguente elenco:

My Personal-Trainer (salute)

Salvatore Aranzulla (informatica, problem solving)

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Giallo Zafferano (cucina, creato da una donna ma non viene nominata)

Dario Vignali (marketing, assistenza costruzione siti e blog)

Chiara Nasti (moda).

Siti generalisti: salute, moda, cibo, tecnologia e marketing. Alle donne, di fatto, le categorie cibo

e moda; agli uomini tecnologia di vario tipo. La reputazione, il personal branding on-line mostra una

rappresentazione di genere stereotipata. Il fenomeno è maggiormente evidente nel secondo post della

SERP. F. Magni, a commento delle classifiche riportate nel suo articolo «Blogger famosi italiani più

seguiti», afferma: «Per fare un esempio, una fashion blogger che riceve 5000 visite giornaliere nel

proprio sito di moda ha un seguito molto ridotto rispetto a un blogger di finanza da 4000 accessi

giornalieri. Questo perché esistono settori di massa e settori di nicchia»55. Il metamessaggio è po'

questo: «la blogger che ha più di 5000 mila visite giornaliere sarà anche brava ma vuoi mettere

l’analogo blogger di finanza!?» È espresso un giudizio di valore a favore del blogger che parla di

finanza con 4000 accessi e, si svalorizza la blogger che scrive di abbigliamento con i 5000 accessi.

Possiamo essere d'accordo riguardo l’importanza rivestita del settore merceologico, ma in ambito

SEO è necessaria la medesima abilità e competenza,per raccogliere audience. La comparazione

dovrebbe essere fatta riguardo al medesimo settore di competenza: esperti ed esperte di finanza.

Riguardo i media tradizionali, la problematica è nota: nonostante vi siano esperte di economia e

finanza molto competenti ed informate, il Global Media Monitoring Project 2015, il più ampio e

longevo progetto di ricerca sulla visibilità delle donne nei mezzi d’informazione, riferisce che radio,

stampa e TV italiane danno molta più visibilità agli uomini che alle donne (79% vs il 21%) (Capecchi

2018). In particolare, tra gli esperti le fonti femminili sono solo il 18%.

Le gerarchie di importanza dei media della convergenza digitale riflettono il medesimo

pregiudizio, con l’aggravante di mascherare con un alone di «oggettività» i dati statistici emersi

dall’utilizzo di misteriosi algoritmi di web marketing. Secondo il Social Web Marketing, l'oggettività

deriva dal fatto che tutto viene misurato attraverso oggettivi parametri: le nostre competenze e abilità

possono venire effettivamente e realmente constatate da ciò che la Rete dice di noi!

Infine vorrei porre alla vostra attenzione un altro post che è emerso nella SERP di cui sopra. La

svalorizzazione delle competenze attraverso riferimenti espliciti alla fisicità, al corpo delle donne.

Fenomeno noto che si riflette anche sui media digitali. All’articolo del sito Primaonline, l'autore

afferma: «Ecco i top influencer italiani per categoria. Girls: Ferragni; Emergenti: Nicolò Balini;

Professional: Favij»56 più accurato perché la classifica è per categorie, in corrispondenza della breve

biografia dei vari influencer troviamo SabriGamer fra i maggiori della categoria Professional. «Ha

iniziato posando sui set, poi ha capito che giocare era la sua vita. Qualcuno poteva immaginare che

la modella sarebbe diventata la più grande non sul palco delle sfilate, ma sul web nel settore

gaming?»57

55 Al sito WP-Efficace l'articolo di F. Magni, Blogger famosi italiani piu seguiti, (consultato il 1 marzo 2019). 56 Al sito PrimeOnline l'articolo della redazione, Ecco i top influencer italiani per categoria. Girls: Ferragni;

Emergenti: Nicolo Balini; Professional: Favij, (consultato il 13 marzo 2019). 57 idem

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