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SCIENZA POLITICA Prof. Giampiero Cama 28/02/2012 PROGRAMMA E DEFINIZIONE DEI CONCETTI TESTI: "Principi di Scienza Politica" (cap. 4-5-6-7-8-9-11-12[1,5,6]-tutti gli altri tranne il 14) "Potere e Teoria Politica" (eccetto il cap.7) Cos'è la scienza politica e in cosa si distingue dalle altre materie che studiano la Politica? Contorni e identità peculiare. Principali correnti teoriche del metodo scientifico della politica a partire da quando la scienza politica nasce, nel 1950 negli USA (G. Sartori, studioso fiorentino, negli anni '50 va in America, esamina i primi esempi di studio scientifico della politica e li traspone in Italia. La scienza politica aspira all'utilità pragmatica. Approccio per rispondere al quesito "cos'è la politica?" tramite il rapporto tra il concetto di potere e la teoria generale della politica: inquadramento teorico Teorie principali contemporanee, tematiche specifiche. Apparente astrattezza -> metodo per interagire con il reale, si pone la teoria come base della pratica. Si procede all'analisi con la costruzione di MODELLI, che non si desumono direttamente dall'osservazione. L'induttivismo è una trappola, perchè l'osservazione diretta illude di spiegare i fenomeni. Cos'è la Scienza Politica? Scienza -> COME (metodo con cui si studia la Politica) Politica -> OGGETTO dello studio con il metodo scientifico. La Scienza Politica nasce come ambizione di uniformare metodologicamente lo studio della Politica alle scienze più mature, connotandola così come affine all'economia e con un oggetto più definito della sociologia. La Scienza Politica vuole affrancarsi da una tradizione di studi non scientifici della politica: - FILOSOFIA POLITICA -> Di storia millenaria (da Platone e Aristotele a oggi) ma con concetti sempre attuali. L'accostamento filosofico si differenzia da quello scientifico per la definizione di essere e dover essere -> ORIENTAMENTO PRESCRITTIVO. La filosofia politica quindi spiega i criteri di base per stabilire un giusto e ideale ordine politico, mentre la scienza politica descrive e spiega i fenomeni politici. Approccio scientifico: oggettività avalutativa che non è basata sulla determinazione di un criterio di giustizia da adottare come base delle scelte politiche -> la scienza ne individua le possibili conseguenze ma non i criteri da seguire (es. differenze di gestione degli armamenti o del sistema del welfare nei diversi stati). -STORIA -> La differenza tra un politologo e uno storico sta nella comprensione oggettiva della

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SCIENZA POLITICAProf. Giampiero Cama

28/02/2012PROGRAMMA E DEFINIZIONE DEI CONCETTITESTI: "Principi di Scienza Politica" (cap. 4-5-6-7-8-9-11-12[1,5,6]-tutti gli altri tranne il 14) "Potere e Teoria Politica" (eccetto il cap.7) •Cos'è la scienza politica e in cosa si distingue dalle altre materie che studiano la Politica? Contorni e identità peculiare.•Principali correnti teoriche del metodo scientifico della politica a partire da quando la scienza politica nasce, nel 1950 negli USA (G. Sartori, studioso fiorentino, negli anni '50 va in America, esamina i primi esempi di studio scientifico della politica e li traspone in Italia. La scienza politica aspira all'utilità pragmatica.•Approccio per rispondere al quesito "cos'è la politica?" tramite il rapporto tra il concetto di potere e la teoria generale della politica: inquadramento teorico•Teorie principali contemporanee, tematiche specifiche. Apparente astrattezza -> metodo per interagire con il reale, si pone la teoria come base della pratica. Si procede all'analisi con la costruzione di MODELLI, che non si desumono direttamente dall'osservazione.L'induttivismo è una trappola, perchè l'osservazione diretta illude di spiegare i fenomeni. Cos'è la Scienza Politica?Scienza -> COME (metodo con cui si studia la Politica)Politica -> OGGETTO dello studio con il metodo scientifico. La Scienza Politica nasce come ambizione di uniformare metodologicamente lo studio della Politica alle scienze più mature, connotandola così come affine all'economia e con un oggetto più definito della sociologia.La Scienza Politica vuole affrancarsi da una tradizione di studi non scientifici della politica: - FILOSOFIA POLITICA -> Di storia millenaria (da Platone e Aristotele a oggi) ma con concetti sempre attuali. L'accostamento filosofico si differenzia da quello scientifico per la definizione di essere e dover essere -> ORIENTAMENTO PRESCRITTIVO. La filosofia politica quindi spiega i criteri di base per stabilire un giusto e ideale ordine politico, mentre la scienza politica descrive e spiega i fenomeni politici.

Approccio scientifico: oggettività avalutativa che non è basata sulla determinazione di un criterio di giustizia da adottare come base delle scelte politiche -> la scienza ne individua le possibili conseguenze ma non i criteri da seguire (es. differenze di gestione degli armamenti o del sistema del welfare nei diversi stati). -STORIA -> La differenza tra un politologo e uno storico sta nella comprensione oggettiva della

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politica nella sua EVOLUZIONE e sulla base dell'interconnessione tra i fatti: la storia non è prescrittiva; attraverso di essa si compie un accostamento IDEOGRAFICO -> ricostruzione di un evento nella sua particolarità. L'accostamento MOMOTETICO della scienza politica invece cerca delle uniformità generali al di là delle contingenze.La storia studia i fenomeni inseriti nelle coordinate spaziotemporali, mentre la scienza pone delle regole che individuano gli aspetti universali avulsi dalle coordinate spaziotemporali (costruzione di un quadro generale). -DIRITTO COSTITUZIONALE -> Il giurista si occupa di determinare se il comportamento politico è in regola con le norme: i comportamenti devono coincidere infatti con le regole (essere = dover essere). I politologi trovano interessante il comportamento effettivo degli attori politici a prescindere dalle regole. Non tutti i comportamenti sono disciplinati dal diritto costituzionale (sovrapposizione con l'ingegneria costituzionale). L'OGGETTO DELLA POLITICAIl potere come fenomeno sociale non è racchiuso nella politica, ma se è necessario individuare un contesto che identifica la politica, questo è il GOVERNO, presente in ogni comunità politica, ma limitativo in quanto vi è attività politica anche dove un governo non esiste.La politica si definisce come una serie di processi che ha come esito l'assegnazione autoritativa di valori, vantaggi e svantaggi assistita dal monopolio della forza e della violenza (meccanismo coercitivo).Anche la politica, come l'economia, è un sistema di produzione e distribuzione, e come l'economia si esprime in varie tipologie ed è resa intelligibile da adeguate teorie. 29/02/2012IL METODO SCIENTIFICO E LA POLITICAEsistono temi che non possono essere risolti con il metodo scientifico: in questo senso i comportamenti umani si possono studiare solo nel caso essi siano prevedibili e soggetti a uniformità legate ad un contesto specifico, in quanto generalmente il libero arbitrio li rende imprevedibili.Il compito delle scienze è capire in quali occasioni il comportamento umano è prevedibile e in quali no.Le scienze sociali isolano un contesto comportamentale tipico (logiche di comportamento cui spesso gli individui si uniformano).Esiste una prassi legata alla lotta per il potere che vincola tutti.A prescindere dall'obiettivo, la prassi è la stessa, con uguali logiche e tattiche.Attraverso i mezzi si può stabilire se gli obiettivi sono realizzabili e non contrapposti. I mezzi e le risorse sono limitati e gli obiettivi possono essere incompatibili tra loro: un approccio scientifico può quindi aiutare a scoprire i difetti politici.La scienza fa sì che non ci si sorprenda di certi fatti che ciclicamente insorgono, come ad esempio la crisi delle democrazie.Le argomentazioni che costituiscono la materia sono proposizioni collegate logicamente, con premesse (maggiore e minore) e conclusioni, e si realizzano nel SILLOGISMO CATEGORICO, che si distingue in 4 tipi:1) Forma generale AFFERMARE L'ANTECEDENTE -> NON VALIDO se P allora Q "Se un Paese è ricco c'è democrazia" (premessa maggiore) P "il Paese è ricco" (premessa minore) Q "c'è democrazia" (conclusione) 2) NEGARE L'ANTECEDENTE -> NON VALIDO

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se P allora Q "Se un Paese è ricco c'è democrazia" (premessa maggiore) no P "il Paese non è ricco" (premessa minore)no Q "non c'è democrazia" (conclusione) La causa è sufficiente. 3) AFFERMARE LE CONSEGUENZE -> NON VALIDO se P allora Q "Se un Paese è ricco c'è democrazia" (premessa maggiore) Q "c'è democrazia" (premessa minore)P "il Paese è ricco" (conclusione) Non è detto che un paese democratico sia ricco. Si tratta di un ragionamento INDUTTIVO, ma sbagliato, in quanto la conclusione potrebbe essere ma anche non essere vera.Un altro esempio si riscontra in "Se c'è democrazia, ci sono elezioni - ci sono elezioni - c'è democrazia", che è palesemente falso in quanto esistono democrazie illiberali e autoritarie, e il voto popolare non basta perchè ci sia una reale elezione: le elezioni devono essere libere. 4) NEGARE CONSEGUENZE -> VALIDO se P allora Q "Se un Paese è ricco c'è democrazia" (premessa maggiore) No Q "non c'è democrazia" (premessa minore)No P "il Paese non è ricco" (conclusione) Si tratta di una FALSIFICAZIONE, la scienza tende a ricadere in questo ambito. Restando legati all'esempio precedente, "Se c'è democrazia, ci sono elezioni - non ci sono elezioni - non c'è democrazia" è vero, e si attua così una constatazione empirica, e la scienza indica le ipotesi che, se trovate, falsificano la teoria. Una teoria, se è buona, deve reggere alle falsificazioni. Riassumendo, la scienza è:- metodo critico per capire il mondo- accettazione della provvisorietà- metodo di osservazione e spiegazione- formulazione di teorie esplicative con ipotesi osservabili e falsificabili NB: i concetti devono poter essere misurabili. 01/03/2012PARADIGMI DELLA SCIENZA POLITICAIl primo approccio teorico della scienza politica è il COMPORTAMENTISMO, che si considera anche un modo di approcciarsi ai temi sociopolitici e alle scienze umane in generale. Nasce negli USA e si sofferma sull’osservazione dei comportamenti umani partendo da una critica della tradizione storica delle scienze umane.Tutti i fenomeni esaminati dovevano essere osservabili e misurabili: si applicava così il metodo delle scienze naturali alle scienze sociali. Doveva esserci una netta linea di separazione tra i filosofi e gli scienziati sociali moderni; negli USA c’è l’esigenza non solo generata dall’empirismo tipico anglosassone, ma anche dal PRAGMATISMO, cioè il fatto che il sapere si debba rivelare necessariamente utile per la società. Secondo i pragmatisti quindi il criterio della verità è l’utilità.La valenza applicativa doveva essere data anche alle scienze umane, e il fine ultimo di queste era migliorare le condizioni sociali dello stato. Limite: non è detto che l’immediata osservabilità di un fenomeno ne determini la rilevanza; è giusto basarsi sull’osservazione empirica, ma si necessita

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anche di un approccio teorico.Il comportamento più facilmente misurabile in campo politico è quello elettorale (sondaggi, atteggiamenti, opinioni, dati oggettivi), e ciò ha fatto nascere diverse teorie esplicative, che hanno come ambiti di osservazione tali argomenti:- Perché si vota a Destra o a Sinistra?- Di che ceto sociale e che livello di istruzione sono i votanti?- Abbinamento di caratteristiche e status sociale al voto- Identificazione con un partito, tradizione familiare e sociale (appartenenza a un dato ambito professionale o familiare)Queste indagini si compiono tramite interviste in merito all’orientamento politico dei soggetti -> comportamenti osservabili e misurabili.Altri temi analizzabili sono la socializzazione politica e la partecipazione politica, come la militanza o la partecipazione ai partiti.Tuttavia presto questo tipo di orientamento della scienza politica è entrato in crisi, perché dava solo un insieme di informazioni senza un criterio guida per analizzarle e sistemarle organicamente. Quindi era necessario formulare anche teorie astratte, per la mancanza di un quadro di riferimento unitario generale.Si è quindi giunti a definire un quadro teorico unitario efficace e parsimonioso ma semplice; il primo tentativo fu quello di David Easton, che formulò il paradigma SISTEMICO (fine anni ’50), che cercava di definire la politica connettendo i fenomeni e individuando i presupposti dell’autonomia della politica di fronte agli altri fenomeni sociali. Esso si può applicare indifferentemente a tutti i sistemi politici senza distinzione di spazio e di tempo.La teoria sistemica è superata ma molti suoi aspetti sono ormai di largo uso nelle scienze economiche, sociali e politiche.Altri approcci sono quello ECONOMICO (PUBLIC CHOICE) e quello NEOISTITUZIONALE

Sussiste un’idea di sistema totalitario in cui ogni parte interna si spiega in relazione con le altre.Quali sono i confini tra la politica e ciò che politica non è? Il sistema è un insieme di interazioni, ciò che qualifica quello politico è un insieme particolare di relazioni legate da una certa logica. La proprietà di queste relazioni è che esse sono legate a un criterio distintivo: l’assegnazione autoritativa dei valori nella società, e questo tipo di finalità distributiva connota tutti i comportamenti politici.Input del sistema politico: provengono dalla società e costituiscono l’articolazione della DOMANDA; sono le esigenze e le richieste dei cittadini al governo. I cittadini forniscono risorse allo stato (tasse, finanziamento ai partiti, servizio militare) e in cambio si aspettano l’accoglimento delle richieste.

Outcome: esito, conseguenze delle scelte del governo, reazione della popolazione.Se aumentano troppo le domande e diminuisce il sostegno si modifica lo schema politico ->

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autocorrezione, garantisce un feedback immediato. Le domande e il sostegno devono essere compatibili con la sopravvivenza del sistema. 6/03/2012PARADIGMI DELLA SCIENZA POLITICA (2)Michels → ferrea legge dell'oligarchia= una minoranza decide a prescindere dalla volontà della maggioranza. Le primarie consentono agli elettori di esprimere eventuali circoli oligarchici (ad es. esponenti non designati dalla base).Chi va a votare alle primarie tendenzialmente è più motivato e più militante: si tende quindi a favorire orientamenti più estremistici e radicali. Spesso i fenomeni politici si sviluppano in tre livelli diversi: locale, nazionale e internazionale, a cui bisogna fare riferimento → crisi organizzativa dei partiti nazionali che non forniscono un quadro di riferimento unitario fa si che anche a livello locale si verifichino problematiche al momento delle elezioni → corsa alle ambizioni personali, partiti come arene di contese senza freni, con effetti autodistruttivi.

Dopo la fine della Prima Repubblica sono nati partiti privi di un indirizzo chiaro, di delle radici storiche e dei valori ben definiti → vittoria degli outsider, riflesso di un fenomeno che riguarda tutte le democrazie.L'elemento costante in quest'epoca in tutte le democrazia sono gli effetti sociali della crisi economica → risentimento verso l'estabilishment politico ed economico (indiñados in Spagna, Occupy Wall Street negli USA, antipolitica dilagante).L'OUTSIDER diventa per i cittadini un'alternativa, poiché è svincolato dalla classe dirigente → chi non è affiliato all'estabilishment è più appetibile dagli elettori in un periodo simile (es. Beppe Grillo) → forza ritrovata nel non affliarsi a nessun partito. Il fenomeno si può studiare a livello generale o contingente, ed è necessario analizzare la fusione dei due livelli per avere una comprensione completa.Bisogni più sofisticati POSTMATERIALISTICI -> es. tutela del paesaggio, vengono dopo i bisogni primari, si inseriscono quando si verificano livelli di sviluppo molto alti. L'ambientalismo quindi è più forte nei paesi più sviluppati (Germania, Paesi Scandinavi). Per la democrazia vera, prima delle elezioni deve essere garantito lo STATO DI DIRITTO, che porta a una giustizia equa e alla fruizione dei diritti politici -> è quello che manca in Russia (semidemocrazia), per quanto ci siano le elezioni non si riesce a radicare una vera democrazia; questo può avvenire anche in modo autoritario, infatti in Europa lo stato di diritto è nato a partire dallo Stato assoluto. Anche nei regimi autoritari più verticistici ci sono gruppi d'interesse delle grandi lobby e fazioni che difendono i propri interessi -> legame tra interessi sociali determinati e classe politica = SCAMBIO POLITICO (poteri minimi politicamente rilevanti). Pretese del potere centrale VS rispetto dei diritti della comunità -> causa delle rivolte nella storia.L'approccio sistemico ha vantaggi (consente di individuare diversi fenomeni politici, esamina gli input e quindi chi esprime la domanda politica, collocandoli in strutture di conversione in output, considerando i vari meccanismi e articolazioni strutturali in diversi livelli; occorre la fase di attuazione delle scelte politiche, che è il compito della Pubblica Amministrazione, composta da diversi rami periferici -> lo schema sistemico rende l'idea delle connessioni e non è legato ad un tempo e a un luogo specifico, si presta quindi anche come strumento di comparazione) e svantaggi (non spiega perchè gli attori politici attuano il sistema politico).L'esistenza del ciclo economico è giustificata dall'utilità, ma la spiegazione è la ricerca del profitto, che spinge i produttori a produrre beni e servizi. APPROCCIO ECONOMICOJoseph Shumpeter ("Capitalismo, socialismo e democrazia", anni '40) -> punto di partenza della moderna teoria empirica della democrazia: parallelismo tra la competizione economica di mercato e la competizione politica. La logica del processo economico è la stessa del processo democratico; anche la politica come il mercato produce dei beni (giustizia, ordine pubblico, sicurezza,

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uguaglianza), ma cosa spinge a ottenere questo output politico? Ciò che spinge a raggiungere un output è la LOTTA PER IL POTERE, così come l'output economico è il sottoprodotto della competizione per il profitto. Non bisogna confondere l'obiettivo con la prassi necessaria, che accompagna tutti i leader politici a prescindere dai loro confini concreti: per fare politica si deve conquistare il potere ed essere coinvolti, qualunque sia l'obiettivo e il disegno specifico, diversamente dal mercato economico.La prassi e premessa necessaria della politica è quindi la lotta per conquistare il potere: è importante perchè l'output serve come strumento necessario per conquistare il potere = OUTPUT COME STRUMENTO per ottenere il sostegno così come in economia si ottiene un profitto. Nell'impero romano gli imperatori dovevano soddisfare almeno una parte della società romana che li sosteneva per mantenere il potere -> ad es. garanzia della cittadinanza a tutti i cittadini dell'impero per accrescere il proprio potere.La prosperità garantita ad una parte sostanziale e importante della società da un sistema politico ne garantisce la sopravvivenza anche in assenza di democrazia.Welfare State -> un altro modo di produrre rispetto al mercato, secondo criteri di distribuzione amministrativa e non di profitto. Per Shumpeter quindi i consumatori coincidono con gli elettori, e su questa base costruì la TEORIA COMPETITIVA DELLA DEMOCRAZIA, che ha come base il consenso popolare.Parallelo tra logica economica e politica è stato preso alla lettera nel secondo dopoguerra -> approccio della PUBLIC CHOICE, tentativo di adottare metodi e assunti della microeconomia allo studio della politica. Assunti dell'approccio economico alla politica:1) l'individuo è antecedente al gruppo ed è l'attore fondamentale della società2) gli attori perseguono finalità che riflettono esclusivamente il loro interesse3) i valori e le priorità sono definiti soggettivamente4) la condotta dell'attore è conseguenza di una scelta consapevole5) gli attori hanno sistemi di preferenza e di valori stabili nel tempo e coerenti6) di fronte a opzioni diverse l'attore sceglie quella che massimizza l'utilità7) gli attori possiedono informazioni complete sulle alternative rilevantiSi basano su questi assunti dei modelli non descrittivi ma logico-deduttivi, che portano anche a conclusioni non convenzionali e non intuitive (es. spesso coloro che hanno un interesse comune non si mobilitano collettivamente per difenderlo). 07/03/12

INDIVIDUALISMO METODOLOGICO E INTERAZIONI STRATEGICHE LA TEORIA DEI GIOCHI

L'individualismo metodologico nell'approccio economico si definisce come un metodo per studiare le scelte degli individui, interagenti e tra uno o più individui rispetto agli altri; è quindi lo studio delle interazioni strategiche (tra cittadini, tra stati, tra elettori e partiti)-> reciproca interdipendenza.Lo strumento per analizzare le interazioni strategiche è la TEORIA DEI GIOCHI, che studia le scelte in un regime di scarse risorse.DILEMMA DEL PRIGIONIERO = diversi "giochi" implicano diverse dinamiche di interazione: competizione tra attori diversi per il perseguimento di obiettivi diversi o analoghi in regime di scarsità.I modelli della teoria dei giochi si fondano sugli assunti comportamentali tipici dell'economia (razionalità, utilità, probabilità); la logica è la stessa della scommessa di Pascal (calcolo razionale). La teoria dei giochi presuppone decisioni di soggetti dotati di un'unica volontà; il gioco è una simulazione matematica del comportamento umano, in cui si stabilisce un nesso logico tra fini, scelte e risultati: infine, l'esito del gioco è la ripartizione dei guadagni connessi a ciascuna combinazione di scelte (PAY OFF). I giochi si differenziano in base alla matrice dei pay off per ogni combinazione di scelte, in base al tipo di informazione dei giocatori (completa o incompleta) ed esistono giochi a somma zero (la somma che un giocatore guadagna è persa automaticamente dagli

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altri) e giochi a somma variabile (entrambi possono guadagnare, e in questo caso è a somma positiva, o entrambi possono perdere, quindi si avrebbe una somma negativa). Esempi di giochi a somma variabile: guerra nucleare, gioco del "pollo".

C= cooperazioneD= defezioneIn (D,D) si trova l'EQUILIBRIO DI NASH: nessuno dei due attori ha incentivo a muoversi unilateralmente da dove si trova.Ad ogni combinazione corrisponde una configurazione dei pay off o risultati; come si nota nello schema si ottiene un risultato contro-intuitivo: la strategia dominante della defezione è sub-ottimale rispetto alla cooperazione dove l'utilità è maggiore -> PARADOSSO.(D,D) è dominante perchè la defezione ha un grande vantaggio: se l'altro coopera (D,C) si ottiene il massimo dei pay off (opportunismo) e nella peggiore delle ipotesi si evitano i danni maggiori. Chi sfrutta le azioni degli altri per ottenere un guadagno è il cosiddetto FREE RIDER: l'esempio sono i beni pubblici, del cui consumo non vengono privati coloro che non partecipano attivamente a sostenerli economicamente, una volta prodotti.Senza vincoli, se tutti facessero i free rider i servizi non esisterebbero: i controlli esistono come incentivi selettivi (commitment) per permetterne la sopravvivenza. Spesso e volentieri quindi i movimenti collettivi devono spingere la gente a partecipare con incentivi selettivi collaterali; alcuni esempi sono l'astensione dal voto, l'evasione delle tasse, il non pagamento del biglietto sui mezzi pubblici.Se tutti gli Stati fossero disarmati ci si troverebbe in una situazione (C,C), in cui tutti sarebbero pacifici, ma se anche solo uno defezionasse la sicurezza sarebbe in pericolo: per questo si preferisce rimanere tutti armati; il paradosso è che la razionalità individuale porta a un esito collettivo non del tutto razionale.Nello schema dal punto di vista politico si può identificare lo Stato di diritto in (3,3) e lo Stato di natura di Hobbes in (2,2).Un'altro contributo importante è quello che riguarda la TEORIA DELLE SCELTE PUBBLICHE, di cui si occupò Kenneth Arrow, che studiando nell'ambito democratico ha formulato il teorema dell'impossibilità. In questo ambito si spiega come convertire gli ordini di preferenze individuali in ordini di preferenze collettivi.Nell'ambito della scelta razionale questa conversione deve garantire che la coerenza degli ordini individuali sia anche coerenza delle scelte collettive -> necessità del requisito della COERENZA.Il teorema di Arrow regola le situazioni in cui le preferenze sono più di due; si ottiene un paradosso di questo tipo:

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La conversione di questi organi individuali avviene attraverso il PRINCIPIO DI MAGGIORANZA. La democrazia è schiava del principio di maggioranza o il principio di maggioranza è uno degli aspetti che caratterizza la democrazia? 8/03/2012TEOREMA DELL'ELETTORE MEDIANOSolitamente, nel linguaggio comune c'è l'idea che i partiti partecipino alle elezioni per vincere e per questo dovrebbero evitare gli orientamenti estremistici e conquistare il centro.Anthony Damos, "La teoria economica della democrazia" (1957) riprende Shumpeter e stende un modello economico che spiega in modo analitico come funziona la democrazia

A, B e C sono tre attori con tre posizioni diverse che corrispondono a 3 decisioni: ciascuna decisione ha una posizione preferita che corrisponde ad un massimo di utilità in relazione a un certo ammontare di spesa pubblica.Se la spesa pubblica è essenzialmente assistenziale diventa una "palla al piede" dello sviluppo.

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Nelle democrazie un certo tasso di populismo è fisiologico, ma se va oltre rischia di illudere le persone che la soluzione dei problemi sia semplice.Il modello dell'elettore mediano serve a prevedere quale sarà la scelta finale in merito alla spesa pubblica che sarà compiuta dai tre attori: in questo caso vincerebbe B su A e C perchè è l'unico attore fondamentale per formare qualunque maggioranza, in quanto può andare sia con A che con C, perchè A e C non possono coalizzarsi tra di loro (per A è meglio accettare 40% che 60%, come per C è meglio 40% di 20% -> B ha un vantaggio in entrambi i casi).Esempio-> Prima Repubblica: estrema destra neofascista, un partito di centro (DC) e il partito comunista (PCI) -> la DC vinceva sempre (cfr. compromesso storico o tentativo di governo centrista degli anni '60) perchè poteva allearsi con entrambi gli estremismi.Il Centro è l'AGO DELLA BILANCIA, anche se non si schierasse vincerebbe comunque, nel fenomeno noto come GOVERNO DI MINORANZA (sia ad A che a C conviene il governo di B piuttosto che quello del proprio avversario -> è la stessa logica che permette la sopravvivenza del Governo Monti, per Berlusconi è un'alternativa migliore di Bersani e viceversa).La maggioranza può essere IMPLICITA o ESPLICITA -> il Centro si può alleare sia con la Destra che con la Sinistra, se anche non ottiene la maggioranza può comunque influire pesantemente sulle scelte e far variare sensibilmente il risultato. Il teorema dell'elettore mediano quindi associa l'utilità a una posizione nello spazio politico.Se i tre attori fossero accomunati dalla variabile, allora sarebbero possibili tutti i tipi di alleanza.Immaginiamo di prendere in considerazione tutti gli elettori di un paese in base agli schieramenti a cui appartengono: può avvenire una spinta centripeta.

A e B non sono in una condizione iniziale favorevole, devono quindi spostarsi verso il Centro, rischiando di perdere qualche voto all'estremo (perdita che sarebbe comunque ampiamente compensata dai nuovi elettori acquisiti). Accentrandosi i partiti rischiano tuttavia di frammentarsi o di essere sostituiti negli ambiti estremi che hanno abbandonato.Un partito per essere tale deve avere una solidità, se ci si accentra troppo si tende a perdere i propri principi.Conquistare il Centro non significa essere sbiaditi o indefiniti nella scelta politica, talvolta tende a vincere anche un profilo più forte e netta e meno centrista.Non è necessario temere di affrontare argomenti scabrosi se ciò corrisponde a esigenze reali della società.

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In questo caso vi è una polarizzazione verso gli estremi: la prima situazione in cui si è configurato è stata in Germania nella Rep. di Weimar (unione di estrema destra ed estrema sinistra). In situazioni di crisi economico-politica si crea la polarizzazione. Per D. le preferenze sono date, però in realtà le forze politiche contribuiscono a modellare la domanda politica, non solo a subirla.Pluralismo polarizzato -> i partiti di centro sono "condannati" a governare perchè non c'erano alternative: tudio compiuto da Sartori applicando alla 1° Repubblica la curva di Dawes.

13/03/2012VALUTAZIONI TEMPORALIScelte tattiche in relazione all'orizzonte temporale: ciò che può apparire perdente e incomprensibile nel tempo t0 può diventare vincente e comprensibile nel tempo t1 -> giustifica scelte apparentemente irrazionali. Piuttosto che vincere subito è meglio fare un investimento che faccia vincere successivamente in modo migliore. Chi per primo ha avuto questa idea è stato Anthony Dawes -> non si limita a un modello di competizione spaziale, ma un modello economico articolato che analizza le scelte dei singoli attori politici, accomunati dal principio di razionalità mezzi-fini. Considera la razionalità anche in rapporto all'orizzonte temporale, rappresenta l'archetipo dell'approccio economico: "tutti gli attori hanno scopi, che possono essere ricondotti a motivi razionali".Secondo il modello razionale, qual'è il motivo degli elettori e quale la logica della loro scelta? L'obiettivo degli elettori è la massimissazione dell'utilità in termini di reddito atteso, ovvero il massimo benessere economico. Ipotizzando che ci siano due coalizioni a contendersi il governo, come valuterà l'elettore se votare il

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partito A o il partito B?1) considerare il differenziale attuale [UAt - E(UB)t] -> differenza tra l'utilità di A al governo e l'utilità di B se fosse al governo. (VALUTAZIONE RETROATTIVA) 2) orientare il voto sulla base del differenziale atteso [E(UAt+1 - E(UB)t+1] -> confronto due ipotesi di esiti dei diversi partiti, sulla base delle aspettative sul futuro e degli ipotetici risultati del governo delle due coalizioni. (VALUTAZIONE PROATTIVA) Il risultato può essere differente a seconda della valutazione: si può trovare un esempio nelle elezioni del 1947 in GB, con il confronto tra Churchill e i conservatori contro i laburisti -> gli inglesi pensarono al futuro e al differenziale atteso, volevano un primo ministro che sapesse governare in tempo di pace, nonostante Churchill fosse stato il vincitore della guerra.Talvolta l'elettore sente l'esigenza di novità e prevale l'orientamento di calcolo riguardo al futuro, quando si chiude una fase politica. Nel caso i partiti siano più di due (sistema multipartitico) quale sarà la scelta dell'elettore?

Un elettore di estrema sinistra può scegliere tra A e B -> sceglie B perchè ha più probabilità di vincere, essendo più vicino al centro.Si può anche puntare al partito immediatamente perdente per fargli guadagnare una chance in futuro, nella speranza che diventi un partito vincente in un tempo successivo (INVESTIMENTO POLITICO).L'approccio economico è sensibile alla valutazione dell'orizzonte temporare sui suoi modelli. I modelli comportamentista (livello micro), sistemico ed economico (livello macro) analizzano la politica nell'ottica PROCESSUALE, illustrando delle fasi dinamiche della politica e analizzando le logiche di scelta, ma mancano della trattazione del LIVELLO STRUTTURALE: da qui nasce il NEOISTITUZIONALISMO. APPROCCIO NEOISTITUZIONALISTAOgni regola o istituzione (struttura) condiziona opportunità e vincoli che ciascun attore politico trova davanti a sé. Le istituzioni sono il contesto che influenza ma anche l'oggetto delle contestazioni e dei contrasti (fattori istituzionali), sono le variabili indipendenti cruciali nella comprensione della politica.Il primo approccio è di tipo sociologico-normativo, enunciato da Durkheim: le istituzioni influenzano gli attori trasmettendo VALORI e NORME. Gli attori valutano così in base a un criterio giusto-sbagliato la correttezza della scelta.L'altro approccio enuncia che le istituzioni sono importanti perchè rappresentano un insieme di vincoli e opportunità che corrispondono a un certo numero di costi e banefici: le istituzioni possono

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influenzare in modo positivo o negativo, con premi o punizioni materiali.A prescindere dal fattore più rilevante, le istituzioni influenzano quindi i comportamenti: entrambi gli approcci sono corretti, poichè l'attore può attenersi a valori appresi dalle istituzioni e/o perseguire la massimizzazione dell'utile economico. Samuel Huntington -> teorico dello scontro tra le civiltà, è il primo che sviluppa il concetto di ISTITUZIONALIZZAZIONE, che si distingue da quello di istituzione in quanto quest'ultima si connota come una forma di comportamento stabile condiviso e corrente, mentre la prima è definita come processo tramite il quale le istituzioni assumono validità e stabilità.Huntington ci dà degli indicatori per misurare il grado di validità e stabilità delle istituzioni:1) Adattabilità (o flessibilità) -> capacità di resistere a sfide, trasformazioni, crisi e situazioni difficili. 2) Complessità -> analogia con l'essere umano, che è più forte degli animali perchè il suo organismo è più adattabile.3) Autonomia -> un partito è autonomo se non dipende necessariamente dai finanziamenti di una certa classe sociale: questo ne limita la sovranità politica perchè provoca condizionamenti.4) Coesione -> un'istituzione è forte quando i membri sono coesi e sposano gli scopi dell'istituzione stessa (aspetto psicologico di condivisione). Se uno stato è carente di almeno uno di questi parametri, è affetto da debolezza costituzionale. 14/03/2012IL CONCETTO DI POTERE (M. Stoppino)Si può considerare il quinto approccio alla politica, secondo gli studi di Mario Stoppino.Le elezioni, i conflitti tra zone connotate economicamente in modo diverso e la competizione dei gruppi sociali tra di loro (lotta di classe) non è altro che lotta per il potere.La lotta per il potere è anche un terreno in cui lottano gli attori non propriamente politici: per ottenere degli scopi i gruppi sociali lottano per raggiungere i propri obiettivi.La sfida di Stoppino è quella di costruire sulla base del potere una teoria generale della politica, ma per fare questo si deve sgomberare il campo da equivoci.Occorre definire in che modo il potere si pone come base della politica: esso si connota come un criterio che connota tutti i comportamenti politici, come in economia si connota il criterio dell'utile.Se si individua un criterio esclusivo di un campo sociale, si possono delimitare i confini per definirlo. Ma non basta pensare indistintamente al potere: esiste un comportamento politico legato ad una certa ricerca del potere che accomuna tutti; chi si muove in politica a tutti i livelli ha lo stesso tipo di obiettivo generale.Classificazione del potere: diversi modi di esercitare il potere e basi sostantive di esso, che secondo gli studi di Keller sono quelle sociali ed economiche; ma il potere può basarsi anche sulla violenza legittima o sui VALORI, le risorse immateriali più potenti, superiori a quelle sociali e di forza.Il potere non si considera però come esercizio del potere come normalmente si è indotti a fare, perchè così se ne analizzerebbe solo un aspetto, ma si parte dal fare chiarezza sul concetto di potere.

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Il potere si poggia spesso su delle risorse, ma possedere le risorse non significa avere potere. Il potere sociale si connota come rapporto tra comportamenti di natura TRIADICA:1) sfera di attività (ambito in cui opera)2) comportamento di A (che possiede il potere) diretto a modificare il comportamento di B, e comportamento di B che modifica il proprio comportamento nella direzione voluta da A3) nesso causale che intercorre tra i comportamenti A e B (rapporto di causa sufficiente, non è causa necessaria perchè non esclude che B possa modificare il suo comportamento anche sulla base di altri fattori) I rapporti di potere non sono necessariamente UNIDIREZIONALI: nei rapporti di potere reali, se A ha potere su B non impedisce che B abbia potere su A (reciproca influenza, che non significa necessariamente eguaglianza -> il padrone ha bisogno dello schiavo come lo schiavo ha bisogno del padrone). Questa dinamica spiega spesso l'origine dello stato moderno: nasce da una pura sottomissione del popolo a un sovrano, il quale comprende che se vuole mantenere il potere deve dare in cambio qualcosa al popolo -> SCAMBIO TRA GOVERNANTI E GOVERNATI.Il potere non è esercizio della volontà di dominio, ma al contrario anche il più sanguinario dei conquistatori non è legato a una logica di sterminio puro e semplice: sia i governanti che i governati nel potere cercano COLLABORAZIONE e COOPERAZIONE (apparente ossimoro).L'obiettivo di una guerra non è mai l'annullamento di un nemico, ma è quello di piegare la volontà di questo per ottenere uno scambio diverso e un altro tipo di accordo.Bisogna anche considerare la differenza tra POTERE ATTUALE e POTERE POTENZIALE: il primo è un esercizio di potere qui ed ora tra A e B, che si sta consumando o si è già consumato, è un potere contingente; il potere potenziale è una capacità di determinare i comportamenti altrui con diversi esercizi futuri di potere -> possibilità di A di esercitare un certo tipo di comportamento cui corrisponde una probabilità di un unico comportamento di B, che obbedisca a quel comando, che non si esaurisce in un singolo esercizio di potere (es. il potere dei genitori sui figli).In questo caso è giusto distinguere "avere potere" da "esercitare potere".Il potere sociale è quindi il potere potenziale -> capacità di determinazione intenzionale o interessata dei comportamenti altrui.L'indicatore maggiore di potere potenziale è la connotazione di non essere mai sfidato; esso dipende da tre aspetti: - Risorse- Predisposizione e volontà di impiegare le risorse ai fini del potere- Abilità o efficienza tale da consentire una conversione delle risorse in potereIl POTERE STABILIZZATO è un'ulteriore differenziazione del potere potenziale, che si attua con la stabilizzazione nella vita quotidiana; quando il potere si istituzionalizza diventa un meccanismo di comando-obbedienza. Quando questi rapporti comando-obbedienza si articolano in una pluralità

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di ruoli si giunge al POTERE ISTITUZIONALIZZATO (organizzazioni complesse permanenti anche non politiche, tra cui spicca lo Stato, che rappresentano una somma di ruoli definiti coordinati tra loro caratterizzati da una catena di rapporti comando-obbedienza). 20/03/2012IL POTERE E LE ASPETTATIVETransizioni democratiche -> le speranze avviate dalla transizione sono sostenute dal tipo di regime instaurato prima che il processo avesse inizio. I diversi assetti politici non democratici presentano potenzialità diverse, e lo stesso vale per la democrazia, che ha anch'essa numerose differenze interne.Ci si sofferma ora sul ruolo che hanno le ASPETTATIVE nel contesto dei rapporti di potere, le quali hanno un ruolo analogo a quello che hanno nel contesto economico.Nel rapporto di potere tra A e B spesso l'aspettativa che A abbia risorse di potere provoca su B lo stesso effetto che avrebbe l'effettiva presenza di esse.Quando c'è coincidenza tra possesso e aspettativa di possesso chi subisce potere può anticipare le mosse di chi lo esercita: l'attore passivo può agire sulla base di aspettative sul comportamento futuro dell'altro attore.Il fatto che una potenza statale abbia una grande flotta fa sì che gli attori che dispongono di un potenziale militare inferiore agiscono di conseguenza, tenendo conto delle possibili reazioni di questa potenza. Se ci sono controlli molto capillari la probabilità di sanzioni è elevata, ma se lo Stato esercita meno potere sono indotti comportamenti meno obbedienti sulla base delle aspettative di una punizione.Meccanismo delle REAZIONI PREVISTE -> spiega la stabilità del potere, in questo contesto l'attore passivo modifica il proprio comportamento anticipando le possibili reazioni dell'attore attivo: A esercita il potere senza agire esplicitamente, in quanto B applica comunque il comportamento desiderato da A (esempio della segretaria solerte, che agisce in anticipo per avere un premio o per evitare una punizione).Gran parte delle nostre relazioni sociali e politiche sono basate su questo meccanismo; un regime politico basa la sua stabilità proprio su questo meccanismo.Conflittualità -> per definizione quando si parla di rapporti di potere si ha una lotta di volontà (senza A, B si comporterebbe indifferentemente); nella fase iniziale di un rapporto di potere (COERCIZIONE) c'è sempre conflittualità, che esiste anche alla fine.Non tutte le forme di potere agiscono sugli stessi meccanismi, ma ne esiste una per cui B è esposto a una convergenza con la volontà di A -> PERSUASIONE (la condotta per cui si simpatizzava diventa la preferita: cambia la strada dei valori), atteggiamenti elusivi e convincenti; un leader deve avere un buon potere persuasivo.La conflittualità è una variabile importante, un elemento che dipende da diverse circostanze tra cui la forma del potere.Essa può essere scatenata dal divario estremo nel possesso delle risorse o dalla frustrazione derivante dal dover subire uno squilibrio.Democrazie contemporanee -> divaricazione nella distribuzione delle risorse, movimenti di rivolta e atteggiamento di rancore contro l'estabilishment (Occupy Wall Street, Indignados): il risentimento è il propellente di tutti i populismi.Esistono dei meccanismi per attenuare la conflittualità:a) il divario può non essere recepito come taleb)anche se recepita, la disparità può essere giustificata in virtù di dottrina politica, religiosa ecc.c)le disuguaglianze, anche se percepite e non giustificate, possono essere attribuite a un soggetto diverso dal vero detentore delle risorse (capro espiatorio). Un'altro aspetto importante è la MISURAZIONE DEL potere. La capacità di produrre e garantire potere non è uniforme anche all'interno dello stesso sistema politico: i sistemi politici sviluppano diverse capacità di potere, alcuni molto inferiori rispetto ad altri.

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L'idea che il potere si misuri implica che sia qualcosa che si produce, si consuma e va quindi alimentato.Il potere non esiste in natura, viene prodotto in modo discontinuo -> occorre misurarne la produttività mediante diversi indicatori: in Italia ad esempio vi è un dualismo di produttività in tal senso, tra nord e sud.Il potere può avere diverse dimensioni:1) Probabilità (che ha B di accettare i comandi di A)2) Numero o campo del potere (su quanti soggetti si esercita potere)3) Settore o sfera del potere (ambito di azione, più aumenta più si necessita di forza)4) Grado (o peso) di modificazione (quanto il comportamento di A modifica quello di B)5) Efficacia (grado di corrispondenza tra i compiti di B e gli interessi di A; prontezza, accuratezza, decisione, monitoraggio e controllo)6) Costi (risorse impiegate da chi lo esercita)7) Forza (aggravio su chi subisce il potere, costi da sopportare in caso di disobbedienza). 21/03/2012DISTRIBUZIONE DEL POTEREPer indagare chi ha potere in un dato contesto esistono una serie di metodi: 1)METODO POSIZIONALE -> si rileva la posizione formale occupata nelle diverse sedi istituzionali organizzative e politiche dai diversi soggetti, insomma si analizzano i vertici sociali (mappe del potere formale). Il vantaggio di questo metodo è il poco sforzo che necessita la sua applicazione; il limite di questa tecnica è la presenza di attori privati dotati di potere significativo che non rivestono cariche di potere (non sempre potere formale e potere sostanziale coincidono): il potere di facciata nasconde talvolta poteri che manovrano nell'ombra (es. grandi azionisti, segretari di partiti importanti, potere mafioso, capi religiosi). 2)METODO REPUTAZIONALE -> svolgere ricerche e interpellare dei testimoni privilegiati, incrociare le risposte e quindi ottenere una mappa del potere più affidabile. Si possono interpellare personaggi come i direttori dei grandi giornali, uomini politici, banchieri, persone che sono a conoscenza del reale peso degli attori politici: necessità di un lavoro preparatorio e di scontare costi di rigidità o non volontà a collaborare. Il possibile errore di valutazione è legato alla non piena corrispondenza tra il potere reputato e il potere reale: talvolta si reputa un potere che in realtà non esiste o viene sopravvalutato. 3)METODO DECISIONALE -> più costoso e impegnativo, l'unità di analisi non è statica ma dinamica: la mappa del potere non è cristallizzata, ma si esaminano i processi decisionali delle politiche pubbliche di grande rilievo. Si osservano tutti gli attori che si organizzano per far sì che la configurazione della politica pubblica sia orientata in una qualche direzione che privilegia un certo interesse. Il metodo decisionale consente di osservare gli itinerari delle politiche pubbliche, di valutare il peso relativo dei diversi interventi in base al successo o all'insuccesso di questi, ricostruendo le diverse posizioni.La mappa del potere ottenuta in questo modo è estremamente più affidabile di quelle ottenute coi metodi precedenti. Ma anche questo metodo può incorrere in valutazioni errate: con questo sistema si osservano solo interventi espliciti e visibili (iniziative manifestate pubblicamente), ma esiste una faccia nascosta del potere, che non è visibile e agisce dietro le quinte; spesso poteri più importanti sono tanto influenti che non necessitano di rendere visibile il loro intervento.Bisogna prendere quindi atto dell'esistenza di questo potere nascosto, del quale un esempio si può rilevare nel contesto del potere di stampo mafioso, che agisce surrettiziamente; ci sono però anche poteri legittimi che agiscono in tal modo, come le grandi lobby o i titolari di fondi d'investimento.La finanza è un classico potere molto influente che agisce in modo nascosto, infatti spesso influenza pesantemente i governi, con un impegno reciproco alla riservatezza. In Italia ad esempio c'è l'ABI,

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l'associazione che raggruppa le banche, le cui decisioni infuenzano le scelte pubbliche. Quale strategia possiamo mettere in campo per rintracciare questi poteri nascosti?In questo ambito ha grande rilievo il concetto di INTERESSE, e quindi è necessario cercare di individuare una mappa degli interessi rilevanti presenti in una determinata comunità.A questo punto si deve verificare quanto le scelte compiute all'interno della comunità corrispondono agli interessi principali di questa; se essi sono soddisfatti questo avviene in virtù del meccanismo delle reazioni previste, oppure perchè questi poteri agiscono volontariamente di nascosto. IL NESSO TRA POTERE, INTENZIONE E INTERESSEFinora abbiamo inteso che il potere fosse un rapporto intenzionale di causazione sociale, ma questa definizione ne restringe troppo il campo in quanto esclude fenomenologie di potere molto importanti. Per capire il potere è necessario analizzare lo stato mentale e le conseguenze: l'intenzione di chi impone il potere deve essere corrisposta dall'attore passivo.La politica include forme di potere non intenzionali, ma solo interessate.Il potere è sempre interessato e può essere non intenzionale; l'attore passivo B può modificare il proprio comportamento in virtù del presunto interesse di A, quindi il criterio dell'intenzione non è sufficiente nel suo insieme per esaurire tutti i rapporti di potere.Una definizione generale di potere sociale deve comprendere quindi sia le causazioni di potere intenzionale, sia quelle interessate.Quando c'è solo potere interessato sono importanti tutti i comportamenti passati di A che ne mostrano un interesse preciso verso certi esiti: l'attore passivo B in questo modo fa previsioni sugli interessi di A sulla base dei precedenti comportamenti.Il potere interessato quindi si basa sulle reazioni previste.Il potere prodotto dalla politica ha meccanismi simili a quelli della politica: è inteso come mezzo di scambio di tipo creditizio, e questo tipo di connotazione basata sulle aspettative è cruciale per far funzionare tutta la società. Cos'è l'interesse? L'attore B può essere disposto a modificare il proprio interesse in vista di atteggiamenti favorevoli di A; il concetto di interesse ha una forza e una visibilità che in politica non sono possedute da nessun altro concetto. Il concetto di interesse si compone di una dimensione COGNITIVA e di una DIRETTIVA.La dimensione cognitiva riguarda l'associazione ad un oggetto di una gratificazione qualsiasi attesa; sussiste quindi un'aspettativa che ci spinge verso quest'oggetto.Riguardo alla dimensione direttiva, l'interesse deve spingere ad agire intenzionalmente per usufruire di tale oggetto per poter ottenere le gratificazioni attese.Solo attraverso queste due dimensioni l'interesse lascia tracce di sé ed è reso visibile. L'ultima implicazione dell'allargamento del concetto di potere con l'introduzione dell'INTERESSE si esprime nel potere nascosto veicolato attraverso le NON-DECISIONI (potere d'agenda, impedisce che certe materie non vengano nemmeno istituite all'ordine del giorno), in quanto il potere può anche impedire di fare qualcosa, inibendo iniziative o decisioni che possano turbare degli equilibri. Un esempio riguarda l'autocensura di alcuni giornalisti (scelta di non pubblicare certi articoli per il timore di un'eventuale reazione o potere di veto implicito, che preclude la discussione di certi argomenti). Un altro esempio di tale tipo di potere è quello della Chiesa in Italia, che influenza pesantemente la politica fino a evitare la discussione su alcuni temi.In questo caso, se applichiamo la tecnica decisionale si considerano solo le manifestazioni visibili e i poteri sui processi in chiave dinamica e non strutturale. Solo i gruppi sociali organizzati possono avere interessi tali da lasciare tracce nel tempo, e si dovranno analizzare gli aspetti strutturali e continuativi del potere. 22/03/2012L'ARTICOLO 18 E IL RAPPORTO TRA DIRITTI E POLITICA

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L'articolo 18 si connota recentemente come un tema politico saliente che solleva controversie anche in seno al governo tecnico; esso è esemplificativo degli effetti che provoca in ambito politico la modificazione dei diritti.L'articolo 18 riguarda un diritto con effetti permanenti e stabili, ma riguarda allo stesso tempo tutti i diritti e mette in gioco il potere relativo tra imprese e lavoro.Qualunque variazione a quest'articolo può modificare i rapporti di forza tra il mondo del lavoro e le imprese, ponendo una possibile modifica al metodo della CONCERTAZIONE (accordo tra i 3 soggetti sindacali principali, ovvero CGIL, CISL e UIL). Se la riforma dovesse passare con parere contrario della CGIL, si violerebbe il diritto di veto di quest'ultima.La produzione politica è produzione di diritti e quindi di POTERI GARANTITI, che siano riconosciuti e codificati o consuetudinari.La lotta politica riguarda la possibilità di consumare degli eventuali benefici; un diritto infatti si connota come un potere potenziale, la ricerca del quale è il soggetto della lotta politica.Le imprese sanno che se il potere contrattuale si modifica a loro favore potranno ottenere benefici, così come i lavoratori possono avere condizioni migliori nel caso la vertenza sia a loro favorevole.In politica quindi non solo si deve ricercare il potere sotto forma di diritti, ma si devono in primis PRODURRE e DISTRIBUIRE: questo è il compito dello Stato e delle istituzioni amministrative. LA VIOLENZABisogna subito specificare che non si devono confondere la violenza e il potere, in quanto si differenziano per diversi aspetti.La violenza è un argomento che si tende ad aggirare o a non trattare con continuità, per il suo carattere "imbarazzante" e "scabroso".Rispetto ad essa ci sono due possibili pregiudizi:• il pregiudizio del CONSERVATORE è teso a favorire lo status quo; in questo senso la violenza è un male in quanto distrugge l'ordine e la convivenza e suscita emozione e turbamento. Si minimizza l'importanza della violenza e il suo ruolo, e le si attribuisce legittimità solo se è atta a restaurare l'ordine.•il pregiudizio del RIBELLE si connota con un aspetto di esaltazione della violenza e allo stesso tempo un'affermazione della presenza di essa in ogni ambito (immanenza). Si considera la violenza positiva, indirizzata a rompere le catene dello sfruttamento sociale (valenza rigeneratrice che forgia nuove esperienze, nuove coscienze, nuove basi per la società). I rapporti sociali e politici si basano sulla violenza e sulla base di questa affermazione il ribelle attua un rovesciamento di prospettiva. Molti ribelli vedono la violenza anche dove non c'è e tendono ad assimilarla con il potere. La violenza si definisce come un intervento fisico che ha lo scopo di distruggere e offendere ed è esercitata contro la volontà di chi la subisce.Si differenziano la violenza diretta (esercitata sul corpo della persona che la subisce) e quella indiretta (che altera l'ambiente fisico, cioè limita le libertà fisiche dell'individuo -> es. prigione). La forza si distingue dalla violenza in quanto la prima è benefica e legittima. La differenza tra violenza e potere invece si riscontra nell'oggetto di quest'ultimo: esso infatti ha l'obiettivo di manovrare la volontà degli altri, in quanto con la violenza si può al massimo ottenere l'OMISSIONE, un non-fare, mentre col potere si può ottenere anche e soprattutto lo svolgimento di un'azione o di un comportamento -> consente COLLABORAZIONE, anche quando si tratta di potere coercitivo.In quanto potere agisce la violenza potenziale o MINACCIA, a cui si può opporre una scelta di volontà.Paradossalmente, se c'è violenza nonostante la minaccia il potere va incontro a un fallimento. La violenza può servire a scopo dimostrativo per esercizi futuri di potere: la minaccia di violenza è quindi una risorsa di potere.Questa situazione è quella che paventava Hobbes: quando il potere non funziona, c'è la guerra civile

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e il continuo ricorso alla violenza che non produce risultati, in quanto il potere non riesce a favorire la cooperazione. La prima tappa per una pacificazione della società e per la formazione dello stato di diritto è l'impedimento ad affrontarsi direttamente tramite la violenza (duelli, faide). 27/03/2012RAPPORTO TRA VIOLENZA E POTERE POLITICOSecondo Weber esiste un rapporto privilegiato tra di essi, in quanto la violenza è il mezzo specifico che solo il potere politico ha, in quanto ha l'efficacia più generale poichè può incidere sull'integrità fisica e sulla vita degli individui.La garanzia dell'ordine pubblico è essenziale per evitare la diffusione della violenza e garantire il potere dello Stato.Più lo stato si sviluppa e si organizza, meno la violenza si pone come fondamento esclusivo di esso, poichè in molti casi il fondamento prevalente è il consenso, su cui deve basarsi anche l'ordine più coercitivo.Quindi, ogni forma di potere politico si basa sulla violenza e sul timore ma anche e soprattutto sul consenso.Si è osservato che perfino i regimi autoritari hanno avuto un consenso maggiore di quanto si immaginasse, in quanto in alcuni casi attuavano politiche pubbliche e garantivano benefici o una sorta di welfare state per una certa parte della popolazione.Si nota che è difficile differenziare il consenso scaturito dalle reazioni ai benefici da quello scaturito dal timore -> analisi costi-benefici. Per il meccanismo delle reazioni previste, anche i dittatori sanno che "oltre al bastone si deve usare anche la carota", quindi cercano di anticipare alcuni dei desideri della popolazione per ottenere il consenso.Ad esempio la dittatura in Iran di Khomeini considera tabù i temi religiosi e simbolici ma è aperta dal punto di vista economico; un altro esempio è il governo cinese, che seppur limitando pesantemente la libertà di espressione a livello statale, permette di esternare la domanda politica attraverso proteste di carattere locale e settoriale-specifico.Il consenso ha tre possibili fonti:1) Interessi -> ogni regime soddisfa in modo diverso gli interessi di una parte più o meno grande della popolazione; possono essere di tipo generale, economico, simbolico (es. tolleranza di minoranze religiose).2) Valori -> il sistema difende valori che io sostengo e condivido (es. democrazia), che corrispondono al mio modo di intendere la politica. 3) Sentimenti -> le cosiddette "ragioni di pancia" o "di cuore"; si può essere legati a delle istituzioni per ragioni sentimentali, ad esempio si sente di appartenere ad uno Stato perchè si è nati lì, o si stabilisce un legame affettivo di ammirazione e venerazione tra un leader di carisma e i propri seguaci.L'essere umano è fatto di ragione, sentimenti e valori (homo aeconomicus, razionale rispetto al valore, razionale rispetto ai sentimenti).I regimi autoritari si differenziano per il modo di impiegare la violenza tra regimi coercitivi e regimi del terrore; questi ultimi rappresentano una fattispecie più recente e si connotano per l'uso indiscriminato e arbitrario della violenza, in cui la paura suscitata è irrazionale, legata all'imprevedibilità: anche rispettando le regole si può incappare nella rete repressiva. Esso è il marchio di fabbrica dei veri regimi totalitari (nazismo, purghe staliniane). La violenza cieca che impedisce di reagire genera una servile passività, che finisce per far aderire la maggior parte della popolazione al regime con una dedizione totale -> uso strategico della violenza porta ad una disposizione al conformismo.L'individuo viene posto di fronte a due possibilità: diventare vittima o carnefice (si diventa collaborazionisti per il terrore di diventare vittime).Nei regimi strettamente coercitivi l'uso della violenza è prevedibile, quindi il sentimento di timore ha una connotazione razionale, in quanto è vincolata da determinate norme, che se rispettate

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garantiscono di vivere tranquilli.Il terrore può indurre a una trasformazione delle attitudini, ma anche i regimi totalitari possono superare questa sindrome e giungere al post-totalitarismo, che ha carattere prettamente coercitivo.Un regime che può avvicinarsi al terrore è il regime sultanistico, cioè quel regime legato al dominio capriccioso di un capo e del suo clan familiare (es. Gheddafi). LE CAUSE GIUSTIFICATIVE DELLA VIOLENZA POLITICALa violenza è spesso uno degli elementi che regola i rapporti tra gruppi all'interno di un sistema politico.In altre parole, essa fa parte in modo ineliminabile della politica in quanto è uno dei mezzi con cui si può cambiare (violenza attiva) o mantenere lo status quo (violenza repressiva).La violenza può venire dai ribelli (es. terrorismo basco indipendentista) o da coloro che detengono il potere, ma tendenzialmente finisce per essere congiunta.La violenza preventiva proviene dal regime, che soffoca sul nascere ogni embrione di ribellione.Anche nei sistemi più stabili e pacificati possono avvenire episodi di guerra civile (es. guerra civile americana, guerra civile svizzera); in certi regimi si contengono gli aspetti più pericolosi della violenza, ma essa resta latente e può affiorare nelle società più evolute, ad esempio in seno ai contrasti politici che si contendono la supremazia relativa e l'ordine.In questo ambito prendiamo in considerazione due teorie: 1) T. Gurr "Deprivazione relativa" -> la violenza è la conseguenza immediata di un'incongruenza tra la situazione reale vissuta da individui e gruppi e le aspettative ritenute legittime; la situazione di deprivazione provoca una sensazione di frustrazione negli individui e quindi rabbia e risentimento, che spingono le persone che provano sofferenza a usare la violenza per colmare questo divario (es. Primavera Araba).Tale teoria tuttavia spiega solo la violenza dei ribelli e non quella operata dal regime, e questo è il suo punto debole, che la rende incompleta. Inoltre la frustrazione è una matrice potenziale della violenza, ma talvolta non è sufficiente; ci può essere un'accentrazione ideologica della frustrazione, portando ad un'accettazione (falsa coscienza di Marx, si può accettare una condizione gravosa trasfigurandola e ammantandola con un ideale), o si può attuare un calcolo di non modificabilità (rassegnazione, anche agire con la violenza non servirebbe a nulla).2)Teoria di C. Tilly -> non è una teoria sociopsicologica ma assume la razionalità della violenza come strumento di lotta per il potere; essa è spesso pianificata per ottenere i propri fini politici.Dobbiamo immaginare il sistema politico divisa tra due componenti: coloro che appartengono al regime politico e coloro che ne sono esclusi.In ogni sistema politico c'è quindi una pluralità di gruppi impegnati nella lotta per il potere e le risorse sociali.Alcuni di questi gruppi sono membri del regime in quanto hanno la capacità stabilizzata e riconosciuta di accedere al governo e/o di influenzarlo.Si sviluppa una lotta dei gruppi esclusi per penetrare nel regime e acquisire la titolarità a influenzare o partecipare al governo. Quando questo tentativo non trova canali istituzionalizzati, si finisce per usare i canali non istituzionalizzati, in primis proprio la violenza.Es. nell'Ottocento in molti paesi europei il movimento operaio e i propri rappresentanti era fuorilegge, ma più lo Stato vi ha posto barriere più esso ha sviluppato comportamenti più radicali.Quando la violenza cerca di modificare la leadership del regime, si ha una reazione uguale e contraria dei gruppi ad essa appartenenti.La violenza si colloca quindi intorno alle linee di confine che delimitano l'appartenenza o meno al regime politico.I confini violenti rappresentano quindi una modalità specifica della lotta per il potere.Il primo pregio di questa teoria è riconoscere gli aspetti cognitivi della violenza, legata ad un calcolo di razionalità politica; l'altro elemento di pregio è la generalità della teoria, in quanto considera sia la violenza repressiva sia quella rivoluzionaria. La violenza rivoluzionaria viene generalmente attuata quando si ha l'estrema debolezza del regime

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politico(es. crollo della monarchia in Francia, crollo della monarchia zarista); anche la violenza ribelle è quindi frutto di un calcolo; i leader politici avveduti devono saper determinare il momento giusto, tramite un calcolo costi-benefici. 28/03/2012 FUNZIONI POLITICHE DELLA VIOLENZACi si riferisce alle intenzioni di chi adopera la violenza o alle consegne se non intenzionali; in ogni fenomeno di violenza politica sono impiegati tre soggetti:A -> coloro che subiscono la violenzaB -> coloro che esercitano la violenzaC -> coloro che osservano il contesto dell'azione violenta senza esserne né protagonisti attivi né passivi (sono spesso il reale obiettivo delle azioni violente). La storia è una sequela di eventi bellici, ma qual'è lo scopo di tale violenza rispetto a chi la subisce? A prima vista si direbbe che lo scopo è l'annientamento (scomparsa fisica) dell'avversario o la pulizia etnica; si tratta di scopi meramente distruttivi, ma lo scopo può anche essere il potere, ovvero essere in grado, attraverso la violenza, di modificare la volontà altrui.Il primo scopo che la violenza può perseguire rispetto agli spettatori è la visibilità, ovvero la manifestazione tramite la violenza delle proprie idee politiche (es. Bin Laden dopo l'attacco alle Twin Towers); si pone l'esempio del terrorismo come strumento di visibilità per gruppi privi di altre risorse efficaci: la violenza diventa risorsa politica da usare anche solo a scopi informativi. Una volta ottenuta l'attenzione, tali gruppi possono perseguire altri obiettivi con la violenza:

• esprimere un malessere connesso a una determinata condizione politica affermando la legittimità delle azioni del gruppo ribelle (legittimazione della propria causa): si tratta di violenza selettiva, che colpisce obiettivi simbolici (tattica del martirio e del suicidio).• delegittimare l'ordine costituito e i difensori dello status quo provocando la loro reazione violenta: la violenza repressiva può smascherare l'ipocrisia (es. Brigate Rosse negli anni '70, volevano suscitare reazioni dello Stato democratico; smascheramento della ferocia dell'esercito tedesco da parte dei partigiani), ottenere sostegno per la loro causa; talvolta ha anche effetto opposto, rivelandosi un boomerang, un elemento di indebolimento (es. indipendentisti Baschi che hanno creato dissenso nello stesso popolo basco.

Vanno fatte delle distinzioni tra azioni ragionevoli e azioni estremiste dei movimenti rivoluzionari: divisione in fazioni, aumenta il potere contrattuale dei capi della fazione più moderata e pacifica.I movimenti ribelli possono dividersi in modo che il più estremista faccia la parte di chi è più moderato. Quando c'è una coalizione tra partiti o si dissente su politiche pubbliche il gruppo più moderato e aperto al dialogo ha vantaggio dall'esistenza di quelli radicali. Il primo effetto che ha la violenza su chi la esercita è quello psicologico (rafforza e fa nascere ex-novo la coscienza di un gruppo rafforzandone l'identità (es. commilitoni in guerra). Esistono gruppi che della violenza fanno un piano formativo (riti di iniziazione, battesimo del fuoco, dà vita alla vera integrazione nel gruppo); allo stesso modo l'aver partecipato a delle guerre come popolo ha rafforzato la coscienza nazionale.Mussolini credeva che la guerra fosse necessaria per rafforzare il senso di appartenenza degli italiani e creare maggiore coesione.Molti gruppi terroristici chiedono come requisito di appartenenza il compimento di atti violenti. Il secondo effetto è l'accentramento del potere, cioè il rafforzamento del potere centrale con il dirottamento dell'economia a scopi bellici e lo sviluppo di una maggiore coesione all'interno della comunità.(es. di accentramento -> nell'ultimo secolo il ruolo del presidente degli USA è mutato: inizialmente aveva meno poteri del Presidente della Repubblica italiana; recentemente ha acquisito potere, soprattutto in seguito allo sviluppo della potenza americana come potenza internazionale. Es. di

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coesione -> in GB le parti politiche si affrontano senza compromessi o larghe coalizioni, eccetto nel contesto della seconda guerra mondiale: la coesione si è rafforzata grazie alla coalizione tra laburisti e conservatori.)

• Meccanismo del dirottamento dell'ostilità -> distogliere la violenza verso sè stessi con la violenza verso gli altri (pretesto di molti regimi arabi, che riguarda il "nemico esterno").• Meccanismo del capro espiatorio -> scelta di un individuo o un gruppo su cui scaricare la responsabilita di uno status quo che viene emarginato e osteggiato, e questo diventa un elemento di legittimazione (es. caccia alle streghe a Triora, in corrispondenza con una grave carestia).

AUTORITÀ -> Non esiste un sistema politico che non abbia o non sia alla ricerca di questa forma specifica di potere, ricercata anche dagli imperi più feroci; infatti l'autorità è utile per la stabilità del potere politico, che da essa viene consolidato: diventa così un potere stabile e continuativo nel tempo, al quale i sottoposti prestano (entro certi limiti) un'obbedienza incondizionata; si può anche arrivare ad un automatismo, ovvero all'obbedienza automatica ad ogni comando.L'autorità è un fenomeno sociale tra i più diffusi, è infatti la struttura di base di qualsiasi organizzazione sociale.Chi obbedisce può anche farlo in modo acritico (obbedienza incondizionata).Tale forma di potere aiuta anche a produrre potere come mezzo circolante di scambio (spendibile anche in rapporti orizzontali).L'elemento di legittimità rafforza l'autorità determinando l'obbedienza incondizionata; talvolta la pretesa della legittimità non trova riscontro e il potere non è più autorità, e diventa potere coercitivo o totalitarismo. 29/03/2012L'AUTORITÀL'autorità è una forma di potere che caratterizza soprattutto il potere politico anche se in modo non esclusivo. Si tratta di un potere stabile e ai quali i sottoposti prestano obbedienza incondizionata , anche se ciò non implica l'annullamento di facoltà critiche.L'autorità politica è la base degli altri rapporti di autorità, in quanto garantisce il procedere della cooperazione sociale di natura privata, fornendone l'intelaiatura di base.Il diritto civile che gestisce e regola i rapporti tra privati è prodotto dal parlamento e quindi scaturisce dall'autorità; essa è quindi la condicio sine qua non che permette l'esistenza di tutti i rapporti sociali.Il diritto, le garanzie, i poteri, possono anche scaturire da norme consuetudinarie, ma l'autorità politica del governo è necessaria per l'imposizione di tali norme.L'autorità politica è sempre esistita, e la sua particolarità è la fonte specifica della stabilità del potere, che si fonda sulla credenza nella legittimità: coloro che obbediscono lo fanno perchè credono nella legittimità di tale potere.La legittimità sta nella modalità dell'insediamento, che segue criteri stabiliti, come quello rappresentativo.(es. deficit di legittimità nell'unificazione dello Stato Italiano).La credenza nella legittimità, che è un giudizio di valore positivo verso un particolare aspetto del potere, si concretizza verso la fonte del potere e non verso la persona depositaria in sé.Weber distingue 3 forme di potere e 3 tipi di legittimità: 1) potere legale razionale -> tipico delle società moderne e specialmente di quelle democratiche, si fonda sulla credenza nella legittimità di ordinamenti statuiti che definiscono espressamente il ruolo del detentore del potere. La fonte del potere è quindi la LEGGE. Non basta definire la fonte del potere, ma anche il tipo di amministrazione che ad essa corrisponde, ovvero l'apparato che concretizza tale potere, che si individua nella BUROCRAZIA, che è un prodotto della modernità.

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2) potere tradizionale -> si fonda nella credenza nel carattere sacro del potere esistente da sempre, e quindi il suo fondamento è la TRADIZIONE, che impone l'obbedienza sulla base della persistenza e dell'immanenza di un determinato tipo di governo. Esso non è un concetto moderno in quanto nel passato non esisteva la moda come comprensione della continua evoluzione del mondo, in quanto prevaleva il concetto di continuità e di tradizione persistente nel tempo (es. accettazione del vecchio testamento nel mondo cristiano-romano in quanto base forte tradizionale). L'apparato amministrativo è composto da SERVITORI legati personalmente al SIGNORE -> si concretizza nel PATRIMONIALISMO. Non c'è distinzione tra la figura del sovrano e lo Stato. Tale tipo di potere riappare nel mondo moderno nell'ambito dei regimi sultanistici e in alcune dittature. 3) potere carismatico -> si fonda sulla DEDIZIONE AFFETTIVA alla persona del capo, con il quale i seguaci stabiliscono un rapporto a metà strada tra l'innamoramento e l'infatuazione; ciò può essere dovuto al carattere sacro del suo ufficio, alla sua forza eroica o dialettica, oppure al suo carattere esemplare (specialmente nel caso dei leader religiosi).Questa eccezionalità può essere oggettiva ma talvolta è anche legata all'emergere di particolari situazioni critiche, nelle quale c'è talmente tanto bisogno di una soluzione che si finisce per caricare di valore carismatico il personaggio che ascende al potere.Con la grande crisi del 1929 e l'ansia di riscatto dopo la guerra, in Germania Hitler riuscì a instaurare una sorta di simbiosi mistica con il popolo approfittando della situazione critica e del periodo di trasformazione in atto. I leader forti e carismatici danno una svolta radicale e imprimono una forte discontinuità nel proprio periodo storico.Ciò avviene in ambiti anche non di tipo politico (es. Steve Jobs, Ferrari).Il carisma tende a diventare potere tradizionale o legale razionale, in quanto ha un carattere di provvisorietà e dopo la morte del leader o la fine della trasformazione tende a istituzionalizzarsi (es. la Chiesa ha trasformato il potere carismatico di Gesù in potere tradizionale).Esso non è un rapporto contingente anche se tende ad esaurirsi in un unico esercizio, ma è presente una certa continuità di esercizi di potere; si tende a valutare come criterio del proprio comportamento o come spinta i messaggi e i comandi che provengono da tale autorità. Come il carisma, anche le altre forme di autorità necessitano che sia riaffermata la qualità del fondamento che vi ha attribuito valore: l'autorità va periodicamente provata e valutata in una prospettiva dinamica. Se si tende a non richiamare e riaffermare tale qualità, c'è il rischio che la legittimità dell'autorità declini ed essa perda forza. Ciò fa la differenza tra la persistenza di un potere carismatico e il suo crollo.Se la legittimità viene meno, si esaurisce anche la capacità di imporre con la forza i propri ordini.Il primo indicatore serio di una crisi è quando gli esponenti delle forze armate iniziano a rifiutarsi di impugnare le armi seguendo gli ordini del proprio governante (es. Libia). L'efficacia del potere si può valutare dal punto di vista dei suoi effetti dal punto di vista del comando e dal punto di vista dell'obbedienza.

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L'obbedienza dovuta ad autorità ha un effetto moltiplicatore della legittimità, detto contagio positivo; ciò tente a propagarsi e a creare imitazione, aiutando la stabilizzazione e l'efficacia del potere. 03/04/2012AMBIGUITÀ DELL'AUTORITÀComportamenti politici:1) Partecipazione politica e sensibilizzazione dell'opinione pubblica2) Lotta per il potere sotto forma di cariche o tesa alla conquista di diritti3) Pressione politica = comportamento che fa capo ai gruppi sociali specializzati o gruppi d'interesse (lobby) I gruppi politici si occupano dell'offerta di diritti alla società, che si forma una domanda di tali diritti; la politica può raccogliere la domanda della società e concretizzarla tramite i programmi di partito. Il politico creativo è quello che anticipa le domande dei gruppi sociali, che gli garantiscono il consenso. L'autorità presenta delle potenziali ambiguità, legate al fatto che nella vita politica nessun potere è di tipo puro e autoritario: in parte il potere è legittimo, ma può basarsi anche sulla coercizione o sulla possibilità di fornire privilegi.L'esempio più studiato riguarda i rapporti tra l'effettività (il potere nudo di Hobbes) e l'autorità; questo tipo di nesso è importante in quanto quando ci troviamo di fronte al potere legittimo esso può essere suscettibile di contaminazione: il potere può connotarsi in forma idealistica o materialistica.Secondo un'interpretazione materialistica l'autorità è un riflesso di un potere di fatto, che si maschera con una sovrastruttura (determinismo sociale di Marx), un simulacro del potere reale.L'interpretazione idealistica di tale ambiguità fa sì che l'autorità generi la possibilità di altre fonti del potere: la credenza nella legittimità può facilitare l'uso di altre risorse di potere.La forte credenza nella legittimità può portare ad un uso talmente disinvolto da portare ad un abuso del potere e ad un uso indiscriminato della violenza; in questo caso si può incorrere nel fanatismo, nella rincorsa senza freni della purezza ideologica -> l'autorità spinge alla violenza e al potere coercitivo.L'autorità è più corrotta quando si connota unicamente come un adattamento ideologico (razionalizzazione) di una realtà di fatto, per non guardare le reali basi del potere e rendere accettabile la realtà -> falsa autorità. Un altro tipo di ambiguità riguarda l'autorità apparente e l'autoritarismo, che vanno compresi in chiave dinamica; nel primo caso ci si riferisce a quei casi in cui il detentore dell'autorità non detiene il potere reale. L'autoritarismo indica il venir meno della credenza nella legittimità da parte chi dovrebbe dare l'obbedienza al potere; la reputazione che legittima tale potere non corrisponde alle

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aspettative della popolazione: chi ha l'autorità è legittimato ma chi non possiede il potere non crede nella legittimità del potere stesso.Talvolta il venir meno della legittimità non dà segni visibili: i leader possono non rendersi conto che il loro potere non è pù legittimato. Quando i leader si rendono conto delle crisi di legittimità possono dare vita ad una transizione tra i dissidenti e il regime stesso basata su tecniche di compromesso. DIVERSE TIPOLOGIE DI POTEREStoppino attua una differenziazione tra una classificazione formale del potere rispetto a una classificazione sostantiva, che riguarda le basi sociali del potere stesso. La classificazione formale riguarda le modalità procedurali delle relazioni di potere. Al fine di questa classificazione si individuano tre criteri di distinzione:a) Modalità aperta o nascosta del rapporto di potere (se esso si manifesta apertamente o rimane celato)b) Oggetto specifico dell'intervento di A su B: 1. scelte alternative di comportamento 2. conoscenze di fatto e credenze di valore (possono influenzare le scelte e le azioni) 3. dinamismi psicologici inconsci (es. pubblicità subliminale) 4. contesto ambientale in cui B si muove (la manipolazione ambientale può portare ad agire in un certo modo)c) Potere intenzionale o interessato (teoria delle reazioni previste) Tali criteri si incrociano tra di loro; è necessario precisare che alcune combinazioni sono empiricamente impraticabili, come l'incrocio del primo criterio con il terzo (il potere nascosto rafforza l'intenzione). a)c) Manipolazione: non si può agire nascostamente sulle alternative di comportamento, perchè si dovrebbe inserire una punizione o una remunerazione, che non possono essere nascoste; gli altri tre oggetti sono plausibili di agire come soggetti di potere nascosto.Il primo esempio si connota come manipolazione dell'informazione, e permette di agire sulle conoscenze tramite la menzogna, la soppressione dell'informazione (parzialità e censura), l'eccesso di informazione (il troppo è come il troppo poco, il sovraccarico di informazioni porta al disorientamento nelle decisioni, che può aiutare chi comanda) o l'indottrinamento (cerca di orientare le credenze e le conoscenze dei soggetti con bombardamento ossessivo di messaggi informativi; può essere conservativo o settario). Gli altri due tipi sono la manipolazione psicologica (automatismi) e la manipolazione situazionale (che concerne l'intervento sull'ambiente). 11/04/2012 IL POTERE CARISMATICO E IL PREGIUDIZIO MODERNISTASi connota come una delle tipologie weberiane del potere, e spesso si avvale anche di risorse simboliche e non solo materiali.PREGIUDIZIO MODERNISTA: si pensa tipicamente che i nuovi movimenti si affermino legandosi all'innovazione, invece ad esempio nei paesi arabi si affermano regimi basati sull'interpretazione letterale delle religioni antiche. In realtà le trasformazioni profonde non sono volte solo al raggiungimento di un'utopia; la carica d'innovazione non si lega ad un'idea di futuro ma alla riproposizione di un passato mitico, quindi una forma di utopia.Esistono ideologie radicali che ripropongono un'originaria purezza, trovando un punto di riferimento nella tradizione e non nell'innovazione -> ritorno a un passato premoderno, utopia in senso antimodernista.Il comunismo era un tentativo di sposare modernità e tradizione (tecnologia e ricucitura delle

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piccole comunità, in origine egualitarie). Esiste anche un'ideologia di puro progresso (es. giacobinismo, futurismo).In politica ogni corrente di pensiero può rivitalizzarsi in diversi contesti o fasi storiche.Globalizzazione -> ha cause politiche nelle sue fasi sia espansive sia regressive, nei cicli di apertura e chiusura dei commerci internazionali. LA MANIPOLAZIONELa manipolazione consiste in dinamismi psicologici inconsci, che talvolta sono una reazione automatica ad uno stimolo; i sistemi autoritari e totalitari fanno spesso uso della manipolazione psicologica.Esistono impulsi che ci guidano a fare certe cose e ci dettano certi comportamenti, incentivando certi corsi di azione; esistono poi simboli o immagini che sono associati in modo preferenziale a certi impulsi.

La manipolazione psicologica consiste nell'associare un oggetto in modo ricorrente ad un certo simbolo, in modo ossessivo e ripetuto: l'oggetto stesso così arriva a sollecitare un impulso al posto del simbolo (associazione di idee) -> meccanismo della pubblicità subliminale.Tale meccanismo è tipico dei regimi totalitari, dove i nemici vengono raffigurati come esseri riprovevoli e il leader autoritario come un eroe.Tale manipolazione può creare nelle giovani generazioni dei dinamismi inconsci distorti, tramite mezzi di informazione manipolati e controllati; anche nella democrazia può manifestarsi tale meccanismo, tuttavia può avvenire solo in ambiti circoscritti.MANIPOLAZIONE SITUAZIONALE -> si interviene direttamente sul contesto sociale della vittima, e può riguardare:

• una data configurazione di attori (a contesti diversi corrispondono attori diversi)• una data distribuzione delle risorse (distribuite in modi diversi)• una data distribuzione delle credenze (valori diversi a seconda del contesto)

L'ambiente deve essere modificato in modo che gli attori non se ne accorgano (per esempio una riforma agraria potrebbe portare i contadini a diventare proprietari a sostegno di un certo tipo di ideologia), e in tal modo si ha un impatto sui comportamenti futuri esercitato dal panorama ambientale (il condizionamento è un potere aperto, la manipolazione è un potere implicito).

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Un potere esplicito non può intervenire su meccanismi psicologici inconsci.Remunerazione e costrizione -> potere aperto che agisce intenzionalmente nelle alternative di comportamento, con un meccanismo di premi e punizioni.Reazioni previste -> B modifica il suo comportamento per avere vantaggi da A o per evitare punizioni.Imitazione -> persuasione fatta di esempi, affermazioni valoriali portano a comportamenti coerenti con esse.La minaccia non esplicita (es. mafia) apparentemente è un meccanismo persuasivo, ma in realtà il carattere dominante è quello della costrizione perchè sottintende la minaccia; si crea un'ambiguità ("se non ti fai proteggere ti può accadere qualcosa"). REMUNERAZIONE E COSTRIZIONEPoniamo che esistano 5 casi di azione e che a ciascuno siano associati incentivi positivi o negativi (costi e opportunità).

REMUNERAZIONE

1 2 3 4 5+ + + + +- - - - -

+ La remunerazione aggiunge un valore positivo all'alternativa di comportamento desiderata, che può essere seguita in virtù di questa aggiunta.

COSTRIZIONE1 2 3 4 5+ + + + +- - - - -- - - -

La costrizione aggiunge un valore negativo alle alternative di comportamento indesiderate, che vengono punite.Remunerazione e costrizione possono riguardare le risorse economiche, di violenza o simboliche (ostracismo), mentre per quanto riguarda le risorse di violenza la remunerazione consiste in un danno cessato; la non erogazione delle risorse economiche diventa costrizione (cessazione di un vantaggio).Questa affermazione riguarda la classificazione sostantiva, quella formale prescinde dal tipo di

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risorse. Reazioni previste -> solo interessate, possono essere sia negative che positive; premi e punizioni sono anticipati dal soggetto passivo non esplicitamente espresso.

12/04/2012 LA SITUAZIONE DEI PARTITI IN ITALIAIl potere poggia su delle risorse sociali; i partiti hanno il ruolo di mediare tra la società e le istituzioni, ruolo indispensabile dopo l'avvento della politica di massa, che non può avere luogo senza mediazione tra società e istituzioni.Il contatto troppo diretto comporta rischi, ovvero che abbia luogo una politica di demagogia, instabilità e disordine.I partiti, mediazione e filtro, sincronizzano e accorpano le richieste della società. I partiti italiani sono deboli, bisogna semmai auspicare che diventino più autorevoli, inoltre sono proprietà ed emanazione del proprio leader nella maggior parte dei casi.I partiti italiani dopo la crisi della prima repubblica hanno un problema di identità: infatti, privi di un indirizzo strategico, si sono identificati in leader pseudocarismatici che esercitano il richiamo medttaiatico ma sono privi di coerenza; in mancanza della razionalizzazione, si arriva alla personalizzazione.Il governo tecnico è un tentativo di dare indirizzo politico chiaro.La forza del partito dovrebbe prescindere da chi lo guida, soprattutto se si tratta di un leader carismatico.Nei Paesi più evoluti i capi dello Stato subiscono una selezione di qualità, per assicurare che siano persone preparate e con esperienza, e inoltre seguono una sorta di cursus honorum.La debolezza dei partiti non consente nemmeno il ricambio fisiologico dei loro leader. LA CLASSIFICAZIONE FORMALE DEL POTERESi tratta delle ultime quattro modalità aperte dell'esercizio del potere, sia intenzionali che interessate; le prime 3 hanno come oggetto le alternative di comportamento.Se l'oggetto sono le credenze e le conoscenze si è in una forma intenzionale aperta, detta PERSUASIONE. Essa si definisce come un tentativo di modificare la condotta di B modificando le conoscenze e le credenze di valore che ne plasmano la condotta, attraverso argomentazioni aperte che contengono ragionamenti sui fatti e sulle loro connessioni, ma anche ragionamenti sui valori (es. Kennedy "siamo tutti berlinesi" -> immedesimazione ed empatia che svolge la funzione di richiamo emotivo-sentimentale).La persuasione talvolta può confondersi con remunerazioni e costrizioni, in quanto bisogna determinare se le previsioni sono indipendenti dalla volontà di A: se sì siamo di fronte ad una persuasione, in caso contrario può trattarsi di una minaccia.La versione solo interessata della persuasione è l'IMITAZIONE: A non provoca volontariamente il cambiamento di condotta di B, non esiste quindi un'azione persuasiva deliberata.L'imitazione ha un ruolo fondamentale , ad esempio nel contesto della formazione (imitazione spontanea del gruppo dei pari, priva di persuasione. LE FORME DI CONDIZIONAMENTO CONDIZIONAMENTO AMBIENTALEL'ambiente si connota come una data configurazione di attori e una data distribuzione delle risorse sociali e delle credenze.Questa forma è indiretta e strutturale e garantisce continuità all'intervento; l'ambiente agisce sulle credenze, che a loro volta plasmano le aspettative di comportamento.Ad esempio la scuola dell'obbligo permette di inserire i bambini in un ambiente che li indirizzi.Uno dei principali problemi dei paesi in via di sviluppo è l'assenza di un sistema scolastico

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adeguato. CONDIZIONAMENTO INTERESSATOSi tratta di una sorta di esternalità. Gli outcomes non previsti derivanti dalla modifica dell'ambiente portano B a comportarsi in modo favorevole: i dipendenti che si orientano a favore dell'impresa senza che questa si esprima esplicitamente agiscono nell'ambiente producendo effetti non intenzionali che però ne favoriscono l'interesse. LA CLASSIFICAZIONE SOSTANTIVA DEL POTERELe basi sostantive del potere sono sempre le risorse sociali, a prescindere dal suo modo di attuarsi.Gelner -> la massima "l'aratro, la spada, il libro" individua i possessori delle principali risorse sociali: coloro che producono le idee e le diffondono, i rappresentanti delle attività produttive, coloro che detengono le risorse di violenza.In tal modo le risorse si distinguono in:

• risorse econimiche• risorse di violenza• risorse simboliche

Proprietari, sacerdoti e guerrieri hanno dominato in tutte le società della storia, insieme o separatamente. Esiste un beneficio associato a tali risorse:

17/04/2012 [quaderno] 18/04/2012IL POTERE COERCITIVOTale tipo di potere si basa sulle risorse di violenza, che hanno un carattere prevalentemente costrittivo, che in specie si connota come coercitivo.La sanzione negativa associata al potere coercitivo è la più generale di tutte, in quanto la cosa a cui teniamo di più è la nostra integrità fisica e la capacità di muoversi liberamente senza costrizioni.Questa sanzione spesso agisce come rinforzo rispetto ad altre forme di potere.La violenza influisce sia sugli attori verso cui è rivolta sia gli attori limitrofi; impedire la violenza altrui significa creare sicurezza. Anche la violenza può essere declinata in senso positivo e diventa associata a un potere remunerativo, in termine di danni cessati (non si somministra più).Si avrà un possesso squilibrato delle risorse tale che A possiede tutte le risorse e B non ne ha

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nessuna: in questo caso A può infliggere in modo unilaterale danni emergenti, senza che B possa controbilanciare tale violenza, in un di dominio coercitivo (SOGGEZIONE). CONDIZIONI DEL DOMINIO COERCITIVO:1) Salienza di B (emancipazione -> ridefinizione della scala delle preferenze e dei valori; è meno praticabile che nel caso del dominio economico)2) Monopolio di A delle risorse salienti per B (il venir meno del monopolio produce un danno per A ma non produce alcun vantaggio per B, aumenterebbe solo il numero degli attori che di Hobbes giustifica in tal modo lo stato assoluto: meglio un sovrano assoluto col monopolio della violenza di uno stato di natura in cui la violenza dilaga)3)B non possiede risorse di violenza equivalenti ad A (se le possedesse si avrebbe un riequilibrio, ma esso può sfociare in due possibilità: combattimento o conflitto violento oppure equilibrio delle minacce, che provoca uno scambio di sicurezza con astensione reciproca della violenza -> equilibrio del terrore, tipico delle RELAZIONI INTERNAZIONALI).4)B controbilancia il potere coercitivo con le risorse economiche di lungo periodo (entra in gioco il fattore temporale del garantire nel tempo tali risorse economiche: se A non è interessato a benefici economici di lungo periodo da parte di B o B non è in grado di elargirli a lungo, tale controbilanciamento non avviene e B si rassegna ad essere espropriato delle proprie risorse; se A ha un interesse a lungo termine e B ha sufficienti risorse economiche questo dà luogo ad un POTERE CONTRATTUALE, ovvero uno scambio di protezione in cambio di risorse economiche. In sistemi più evoluti i parlamenti hanno usato tale capacità per evolvere i sistemi in senso costituzionale tramite il monopolio dell'esazione delle tasse; anche in questo caso si può quindi raggiungere un rapporto di collaborazione). Nel caso delle risorse di violenza c'è anche la possibilità che si verifichi un caso di non soggezione o non vulnerabilità, causata principalmente dalla distanza o dall'isolamento (es. Inghilterra nelle guerre mondiali). IL POTERE SIMBOLICOLe risorse simboliche assomigliano in particolare a quelle economiche, in quanto producono benefici positivi lontani, come l'identità etico-sociale, ovvero l'identificazione con un gruppo o una comunità valorizzata eticamente.Le risorse remunerative simboliche possono essere declinate in negativo come cessazione di benefici, come l'espulsione dal gruppo (es. scomunica, ostracismo).L'affinità con le risorse di violenza è legata all'INTENSITÀ EMOTIVA (pathos), in quanto il campo ideologico della politica è il campo delle passioni: l'interesse legato al potere economico è più logico e razionale.Le risorse simboliche fanno riferimento a delle CREDENZE: i simboli hanno un valore solo se giustificati da una dottrina religiosa, politica o sociale che ha un nucleo centrale che consiste in una raffigurazione/avvaloramento (descrizione fattuale e valore morale) di un gruppo sociale nel quadro complessivo di una visione della società o dello sviluppo storico (es. ruolo del proletariato per Marx). LA COMPONENTE ETICO/SOCIALELa componente etica è composta dalla dimensione del sacrificio e quella della genuinità, la componente sociale prevede l'elemento della comunione e quello del riconoscimento.Se si appartiene fortemente a un gruppo testimoniamo il valore di questa appartenenza dimostrando la rilevanza di un valore rispetto agli altri. Il sacrificio attesta la gerarchia dei valori. La genuinità afferma che i valori vanno perseguiti con sincerità: un sentimento non si può comprare ma va vissuto in modo sincero. L'identità dev'essere perseguita da persone che ci credono: la credenza viene meno quando si capisce che i capi di un movimento sono i primi a non crederci, demotivando così i propri seguaci e generando smarrimento e sfiducia.

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In merito alla comunione, il beneficio ricavato dall'identità è tale solo se condiviso.L'identità è tale solo se gli altri ci riconoscono come appartenenti ad essa; il riconoscimento avviene dall'alto verso il basso e viceversa e in modo laterale-orizzontale tra i componenti di un gruppo dello stesso rango (Es. un artista necessita del riconoscimento dal pubblico).I militanti di una fede perseguono tali valori per ottenere un beneficio per sè, e i leader devono mostrarne la convinzione più dei seguaci per trascinarli.Anche tra le risorse simboliche ci può essere un equilibrio o un divario estremo tra gli attori; nel secondo caso ci sono le condizioni del DOMINIO SIMBOLICO:1)Salienza (i produttori singoli devono costruirsi autonomamente le risorse simboliche, che sono prodotti tipicamente umani; A deve indottrinare e convincere B che tali credenze sono importanti)2)Monopolio (richiede un intervento, A può ottenere il monopolio verso l'esterno tramite la conversione [es. proselitismo], verso l'interno deve impedire fughe tramite la battaglia per l'ortodossia)3)Incapacità di B di trovare risorse simboliche appartenenti ad A Alle prime 3 condizioni corrisponde lo stesso metodo di emancipazione, che si riscontra nella creazione di un nuovo universo di simboli e nell'adesione a un solo credo.4)Uso della violenza di A su B emancipazione -> donazioni unilaterali indipendenti, che non snaturano la genuinità a differenza di uno scambio "do ut des" (un re protegge una religione o un ecclesiastico dà ordini di tipo politico). Nelle democrazie moderne nessuno ha un dominio simbolico (multipartitismo), ma ciò avviene spesso nelle dittature o nelle sette religiose. 19/04/2012COS'È LA POLITICA?Stoppino cerca di definire un'azione tipicamente politica tramite il concetto di potere (AZIONE POLITICA NUCLEARE).Ci sono 5 presupposi per circoscrivere il concetto di politica.I. L'azione politica si può individuare anche senza fare rifermimento al centro del Governo.II. Le azioni politihe sono razionali, è necessario iscrivere la politica in un contesto di politica nazionale.III. Il potere: teoria di Karl SchinidtLa politica è connessa al potere ma non è legata a concetti di , e si evidenza che la lotta per il potere è un'arma per molti gruppi. Il potere che cerchiamo è lo stesso tipo ma è in forme diverse. Esso non solo è cercato, ma è anche prodotto e distribuito.Non si deve pensare il potere come comando-obbedienza, ma come produzione-distribuzione; in virtù di ciò esiste la società.Attraverso il potere, la politica produce GARANZIE DI COOPERAZIONE.Talvolta disordini politici portano a un'interruzione nella produzione politica (Hobbes) e dell'interazione sociale.Si immagina un CAMPO SOCIALE dove:a) vi sono individui interagenti in assenza di politicab) le risorse sociali sono dispersec) vi è interdipendenza per ottenere qualsiasi valore a cui si è interessati: la gran parte degli scopi prevedono inevitabilmente l'azione cooperativa.d) gli attori agiscono tramite una razionalità strumentale Ciascuno razionalmente ricerca ragioni di scambio dando il meno possibile e cercando di ottenere il più possibile, ma tale tipo di logica porta a un processo ininterrotto di contrattazione e conflitto ->

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INCERTEZZA e INSICUREZZA e percezione che chiunque possa infliggere un danno a chiunque altro.La ragione di tale incertezza è la mancanza di CONFORMITÀ: i comportamenti degli altri non sono stabili e prevedibili; la politica nasce per fermare la conformità.

Si intende quindi la conformità come stabilizzazione: essa diventa il fine dell'azione politica.Un'azione politica cerca conformità garantita, cioè GENERALIZZATA e STABILIZZATA. Essa produce beni strumentali, il potere prodotto dalla politica ha la stessa natura: vale per tutti e ha durata temporale indefinita.Vi sono due modi di produrre conformità garantita:

• Arene naturali: non esiste un attore specializzato nella produzione e distribuzione (Stato) • Arene monetarie: esistono strutture istituzionali specializzate nella produzione e distribuzione di conformità garantita.

Nelle arene naturali il quantum di conformità prodotta dipende dallo stock che ciascun attore possiede (tipico delle arene internazionali -> rapporti tra stati)Nelle arene monetarie la produzione non avviene attraverso patti ma affermazioni e decisioni dell'autorità politica. 24/04/2012 (manca) 26/04/2012IL POTERE POLITICOQuando si parla di potere politico si parla di arene monetarie, dove esistono istituzioni specializzate nella produzione politica.Si tratta di un potere associato al monopolio tendenziale della violenza, ma questa è una definizione restrittiva perchè si riferisce solo allo stato moderno come realtà circoscritta nel tempo e nello spazio.Nella storia in realtà ci sono stati sistemi politici che non prevedevano tale proprietà, in cui il potere politico non era associato al monopolio della violenza (es. Impero Romano, Europa feudale).Il potere politico è un potere stabilizzato sotto forma di autorità politica che produce poteri garantiti sotto forma di diritti. Questo lo distingue da tutti gli altri poteri sociali.I poteri sociali producono beni sociali finali o economici; anche la Chiesa è un'organizzazione dotata di autorità, ma produce e distribuisce beni simbolici. L'autorità politica produce reti di orientamenti vincolanti che sono beni strumentali, perchè stabilizzano e tutelano l'acquisizione di beni finali e permettono di ottenere beni potenziali a tempo indeterminato.Non tutti gli ordinamenti tuttavia sono stabili e non garantiscono i diritti con efficacia (il potere sotto forma di stabilità ha vari livelli di stabilizzazione).Una società può desiderare talmente tanto la stabilizzazione da giungere ad una forma di autoritarismo alternativa alla democrazia o anomalìe che mettono da parte la legittimazione democratica. Ad esempio la crisi della Repubblica di Weimar portò a una pressione ideologica tale

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che portò la democrazia alla svolta autoritaria del nazismo.La stabilizzazione è uno degli obiettivi politici fondamentali; si aspira ad evitare l'inconcludenza, ovvero l'incapacità di applicare le azioni politiche.I sistemi di distribuzione dei regimi tendono a garantire e produrre diritti almeno per alcune fasce della popolazione per garantire il consenso.Ponendo ad esempio la Cina, che nonostante sia un regime autoritario è stabile in quanto cerca di garantire prospettive di crescita economica e produce a livello politico beni sociali stabilizzati ed avanzati.Tra potere politico e principali reazioni sociali si instaurano sempre e comunque relazioni significative; da una parte il potere politico estrae e mobilita parte delle risorse sociali (fiscalità), dall'altra i detentori di risorse sociali hanno bisogno del governo per trasformare il loro possesso delle risorse in diritti riconosciuti e generalizzati, per vedere garantito l'uso redditizio di queste risorse sociali. I diritti a loro volta consentono gli scambi di cooperazione tra tutti i possessori di risorse sociali (costi di transazione).L'economia viene spiegata in base alla presenza o all'assenza di istituzioni che permettono di abbassare i costi di transazione, e questa è la differenza tra i diversi livelli di sviluppo.Il potere della classe lavoratrice costituisce nella capacità di unirsi in sindacati (beni strumentali) e promuovere azioni; in assenza di tale diritto di associazione non sarebbero in grado di applicare il potere -> diritto di proprietà per il mondo del lavoro.La politica ha dei limiti legati alla possibilità di ottenere risorse, alla volontà di ottenere dei risultati, alla capacità di organizzazione.Le funzioni politiche che producono determinate conformità sono cinque:1) Protezione (garantisce la sicurezza)2) Giurisdizione (assicura il ripristino dei diritti violati)3) Facilitazione (garantisce i mezzi generalizzati di scambio, come le strade o la moneta)4) Allocazione (welfare state, diritto ad avere quote specifiche di beni)5) Regolazione (produce le regole della cooperazione sociale; le forme più complesse sono quelle che riguardano l'economia contemporanea).I sistemi politici più primitivi e rudimentali garantiscono solo protezione e giurisdizione, che a loro volta producono diritti; le altre 3 funzioni si sviluppano con lo stato moderno.Raccogliere tasse non è una funzione politica perchè non produce diritti; ci sono infatti delle funzioni ausiliarie per compiere le funzioni politiche:

• Organizzazione delle istituzioni e degli apparati amministrativi• Estrazione delle risorse dalla società• Alimentazione della fiducia della società verso le istituzioni

Anche i diritti si distinguono in base alle conformità:a) Diritti di facoltà (dà a chi lo possiede il potere di evocare un comportamento altrui)b) Diritti di libertà (diritto che gli altri non interferiscano con le attività di chi lo possiede)c) Diritti di potestà (il governo può garantire dei poteri dell'autorità)d) Diritti di spettanza (legati all'allocazione, sono associati a quote discrete di beni sociali) 2/05/2012 (quaderno) 3/05/2012 (manca) 8/05/2012LE ORIGINI DELLO STATO MODERNOSi parte dalla concezione weberiana secondo cui lo Stato detiene il monopolio della violenza legittima. Tuttavia oggi si ritengono eccessivi i concetti di "monopolio" e "legittimità".La violenza è il mezzo specifico dello Stato, e la minaccia di violenza è sempre di ultima istanza (es. carcere).

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Nel mondo contemporaneo a partire da dopo la Guerra Fredda sono stati riscontrati casi di stati falliti, che deviano dal loro percorso naturale. L'esempio più clamoroso è quello dell'Afghanistan, ove l'assenza di uno Stato ha fatto sì che si diffondesse il terrorismo esteso all'ambito internazionale. Circa l'origine e il funzionamento degli stati sono state formulate due teorie: quella contrattualista e quella predatoria (che Stoppino cerca di conciliare tra loro).La teoria contrattualista si basa sul pensiero di autori come Thomas Hobbes, secondo cui lo Stato nasce in base alle esigenze, ponendo la condizione iniziale dello stato di natura, che può essere analizzata tramite la teoria dei giochi (in particolare col dilemma del prigioniero e l'equilibrio di Nash). Ciascuno nello stato di natura si può trovare o a subire o a usare la violenza, in una situazione generale di insicurezza. Tale condizione porterebbe gli uomini a fare uno scambio tra diritti di natura e diritti civili, garantiti dal sovrano a cui è concesso il potere assoluto.Entrambi gli attori defezionano, non esiste collaborazione perchè c'è sempre tentazione di defezionare. Lo stato aggiunge payoff per modificare tale dinamica e in cambio di questo chiede il pagamento delle tasse: i costi di questo lavoro sono più alti degli eventuali benefici.

La teoria contrattualista mette in evidenza la possibilità di uno scambio di natura diversa, in base al quale contemporaneamente alla minaccia della violenza i governanti estraggono risorse dalla società e in tal modo erigono delle strutture politiche.Secondo Tilly lo Stato si comporterebbe come un'organizzazione criminale che estorce risorse sotto la minaccia della violenza.Le attività dei signori feudali erano di matrice esterna (guerra con gli altri stati) e interna, contro gli altri signori territoriali, e inoltre si occupavano di eliminare o neutralizzare i nemici dei loro clienti. La quarta e ultima attività dello stato secondo Tilly consiste nell'estrazione di mezzi necessari per svolgere le attività suddette.Gli apparati amministrativi si rafforzano a vicenda tramite le tasse, che li alimentano; secondo Tilly l'economia moderna in Europa si è sviluppata grazie alla competizione tra gli stati del continente.Un meccanismo di conquista ed espansione porta alla creazione dello Stato, che si forma in un momento successivo con l'emergere di un gruppo che impone la sua forza agli altri. La teoria predatoria invece illustra lo scambio tra le risorse versate dalla società e i benefici e favori attribuiti dal governo a un gruppo sociale più o meno grande; ha il difetto di connotarsi come uno scambio generalizzato rispetto a una società intesa come un tutto unico: infatti nella realtà ci sono coalizioni sociopolitiche che si contrappongono tra di loro e difendono i propri interessi contro tutti gli altri. Lo stato, se fosse costruito solo su base predatoria, non reggerebbe a lungo, in quanto una parte della società deve essere necessariamente alleata con lo Stato, che non può reggersi solo sulla minaccia della violenza. La teoria definitiva predatoria spiega l'offerta ma non la domanda, mentre quella contrattualista ha il difetto opposto: è necessaria una teoria che le comprenda entrambe per spiegare concretamente la politica, cogliendone l'interconnessione.

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Nelle democrazie tale interconnessione si riscontra nelle elezioni ed è trasparente e visibile, ma è più difficile individuarla nei regimi non democratici. 9/05/2012DEFINIRE E MISURARE LA DEMOCRAZIALa valorizzazione della democrazia è un concetto relativamente recente; spesso la democrazia è stata considerata con diffidenza (Aristotele) per i suoi possibili lati negativi legati all'essere governo dei molti sui molti. Le cause dell'ingresso irreversibile delle masse in politica è stato provocato dalla modernizzazione e dall'industrializzazione.Il concetto di democrazia ha una natura ambivalente che sussiste anche nella classificazione di Aristotele: esssa è di tipo sostanzialistico, e quindi giudica sulla base del valore del tipo di beneficio prodotto da un sistema politico. Siamo quindi nell'ambito dei giudizi di valore, per cui la democrazia è un simbolo e un ideale per cui combattere.C'è una sfasatura tra le aspettative su come dovrebbe essere la democrazia ed il suo concreto funzionamento; l'ideale della democrazia diretta non è praticabile ma è previsto da numerose utopie politiche, così come quello dell'uguaglianza piena tra tutti i soggetti politici.La scienza politica moderna ha risolto questo problema con una teoria che espunge gli elementi normativi e descrive la democrazia in modo empirico, secondo la realtà dei fatti; l'artefice di questa prima definizione è John Shumpeter, che propone un concetto di democrazia che può essere misurato.Egli ha demolito uno dei pilastri della democrazia classica, quello di Jean-Jacques Rosseau, secondo cui la sovranità appartiene al popolo che tende al bene comune; Shumpeter introduce una definizione procedurale di democrazia, sulla base dei meccanismi principali sui quali funziona la democrazia.Il concetto di sovranità mostra l'illusorietà della democrazia: come può avere una visione compiuta e razionale una massa comune di cittadini che non si occupano direttamente dello Stato.Shumpeter definisce la democrazia come "un meccanismo per la selezione della classe governante con alla sua base una competizione per il voto popolare" -> Teoria competitiva della democrazia, che tiene conto della contestazione e dell'inclusività.Le dimensioni di contestazione pubblica e inclusività secondo il diagramma di Dahl si possono misurare con determinati indicatori, che scaturiscono dalla possibilità di fruire di certi diritti. Esistono i cosiddetti regimi ibridi, che non sono nè completamente democratici nè completamente autoritari (es. Russia).Ci sono quindi due scuole di pensiero: una che considera una divisione dicotomica e un'altra che considera il sussistere di un continuum di regimi.Ci sono tre tecniche per misurare la democrazia:

• PACL -> individua dei criteri che sono delle proprietà, l'assenza di una delle quali denota la mancanza di democrazia; tali criteri sono l'elezione del legislativo e dell'esecutivo, il pluripartitismo, l'esistenza di elezioni (condizione necessaria e non sufficiente) e il fatto che ci sia stata un'effettiva alternanza di schieramenti diversi al potere.• Polity IV -> Adotta una scala di regimi in un continuum di tipo procedurale, con i criteri della competitività e la trasparenza della selezione dell'esecutivo, i vincoli ad esso imposti e la partecipazione politica. Per ognuno di questi criteri c'è un punteggio che permette di misurare la democrazia.• FREEDOM HOUSE -> basata sul livello di libertà, considerata quindi coincidente con la democrazia; tale organismo distingue la libertà nei diritti civili e in quelli politici, ed assegna un punteggio progressivo che determina il livello di uno Stato in una scala che va dalla dittatura alla democrazia.

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DETERMINANTI ECONOMICHE DELLA DEMOCRAZIAQuando cerchiamo un nesso tra condizioni economiche e democrazia si pone il problema di distinguere la teoria della nascita e quella della sopravvivenza di quest'ultima; secondo alcuni studiosi la ricchezza favorisce più la sopravvivenza che la nascita di uno stato democratico.A questo problema si può ovviare solo con l'osservazione empirica, e a prima vista si può riscontrare che la ricchezza possa portare alla democrazia, e che comunque spinga anche i sistemi autoritari verso la democrazia. A parità di condizioni, se c'è un aumento della ricchezza pro capite si avanza verso la democrazia, ma una correlazione non è ancora una spiegazione.C'è chi sostiene che la modernizzazione economica porta con sè conseguenze sociali che portano all'emergere e al consolidamento della democrazia; questo avviene grazie a:

• istruzione• aumento della classe media• aumento della fiducia dei cittadini nella partecipazione politica• spinta ad una maggiore partecipazione• urbanizzazione.

Recentemente c'è stata una variante sofisticata della teoria della modernizzazione, che si connota come uno schema Defezione-Lealtà-Protesta (Exit-Loyalty-Voice): questo schema serve a misurare il grado delle interazioni tra un'impresa e un consumatore.Loyalty -> essere leali a un marchio, a un servizio o a un partito (fidelizzati)Exit -> defezione, cambiare prodotto, tipo di servizio, partito o PaeseVoice -> quando non è possibile "exit" (come in caso di monopolio) si attua la PROTESTA che è più influente quando esiste anche un'opzione di "exit", cioè quando ci sarebbe una possibilità di cambiamento, che aumenta il potere contrattuale dei cittadini.Lo sviluppo dell'economia produce talvolta delle modificazioni della struttura socioeconomica più significative politicamente, come una crescita dimensionale dei soggetti detentori di ricchezze mobili (risorse finanziarie); in effetti le rivoluzioni democratiche hanno visto come protagonista la borghesia, composta da soggetti che detengono risorse più facili da nascondere o da muovere.In termini istituzionali, per tassare tali ricchezze il governo deve concedere: i detentori di ricchezze mobili hanno più potere contrattuale dei detentori di ricchezze immobili (case, terreni). Quando i detentori di ricchezza mobili sono tanti, i detentori del potere in cambio delle tasse devono concedere la rappresentatività di governo; in tal modo si sviluppò il parlamentarismo in Inghilterra dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1668. Questo spiega il nesso tra ricchezza e democrazia.Dove la ricchezza è di tipo immobile non si produce una spinta verso la democrazia, in quanto tale ricchezza deriva da una rendita (si tratta della cosiddetta "maledizione delle risorse") o da una quasi rendita: per godere dei vantaggi delle materie prime un governo ha il potere di impossessarsi delle rendite di tali materie prime senza ricorrere alla tassazione.Questo preclude la possibilità di introdurre delle riforme di tipo costituzionale, in quanto il governo può utilizzare le materie prime anche eventualmente in contrasto con le proteste, rendendo vana la scelta "voice". Per questo in stati ricchissimi sulla base di rendite è molto difficile instaurare una democrazia.Lo stato può evitare le proteste in tali casi comprando il consenso con la redistribuzione di risorse statali (sussidi, falso impiego, pensionamenti precoci, clientelismo).Questo spiega anche un effetto perverso degli aiuti per lo sviluppo ai governi, che li usano per accrescere il loro potere e per clientelismi, e non fanno altro che aumentare la dipendenza di tali paesi in via di sviluppo da economie esterne. DETERMINANTI CULTURALI DELLA DEMOCRAZIALa religione è un fattore ostacolante o facilitante per l'avvento della democrazia? Si può dire che ciò dipende dagli usi e dalle circostanze in cui si sviluppano determinati credi religiosi. La religione, come soggetto detentore di simboli, può essere di diversi tipi: molti pregiudizi consolidati alla prova empirica su diverse religioni vengono meno.

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Si possono sottolineare due tendenze:• Tendenza primordialista : le culture scaturiscono dalla tradizione e non sono soggette a mutamenti.• Tendenza situazionista : una data cultura può subire influenze ed essere soggetta a cambiamenti.

Negli anni '60 un gruppo di sociologi americani con una serie di sondaggi svolsero uno studio per sondare le attitudini e individuarono diversi tipi di culture politiche, sulla base di diversi criteri (fiducia nel poter modificare il sistema politico, fiducia interpersonale...).La risultante di questi sondaggi ha visto la rilevazione di 3 culture politiche:

• Provinciali• Assoggettate• Partecipative (cultura civica -> ha il potere di cambiare le cose, ha fiducia verso gli altri, ha le caratteristiche adatte per fondare una democrazia). [cfr. pag. 153, 7.2]

Anche in questo caso si deve capire se le variabili culturali sono legate maggiormente alla nascita o alla sopravvivenza della democrazia.Si è riscontrato che la stabilità di una democrazia è stata associata alla crescita della fiducia dei cittadini nella democrazia stessa, che precedentemente non c'era, si connotava unicamente come una "non-opposizione" a tale forma di governo.La nostra idea di democrazia e di valori è diversa da caso a caso: si rileva un problema di comparabilità in contesti politico-culturali diversi. RELIGIONE E DEMOCRAZIAC'è una tradizione che lega alcune religioni alla democrazia (es. Protestantesimo di Weber) e altre no, ma anche questo criterio deve essere analizzato a livello empirico, cercando di costatare un legame tra certe religioni e determinati sbocchi politici. Tuttavia non si sono trovati dei rapporti continuativi solidi e definitivi, e molti di quelli pregiudiziali sono stati smentiti (es. Confucianesimo e democrazia).Nel caso dell'Islam, si può porre l'esame della Turchia, che è più democratica della Russia e sta vivendo un processo di crescita economica e sociale.Le religioni in realtà hanno convissuto tutte con diverse esperienze politiche (es. dittature in Europa negli anni '30), se si considera un punto di vista diacronico storico si constata che le culture si adattano alle forme politiche più differenti.Quando i leader religiosi sono legati a certe forze politiche, cercano di usare la religione per fini politici (es. Islam), come per i fondamentalismi e gli integralismi.La religione entra nel gioco della politica con obiettivi diversi a seconda del contesto; il peso della religione non va in una direzione univoca e può avere diversi sbocchi.Non c'è nulla nelle credenze religiose che le spinge in una direzione politica piuttosto che verso un'altra. 15/05/2012TRANSIZIONI DEMOCRATICHESi tratta di un percorso politico che ha come finalità la creazione di un nuovo regime politico, quindi è un processo costituente che mira a cambiare la natura di un sistema politico, da uno autoritario a uno democratico.Questi processi si prestano all'uso di metodologia formale ed economica, con modelli comportamentali che necessitano metodi di tipo microeconomico.Ci sono state diverse ondate di democratizzazione nella storia umana: la prima è avvenuta nell'Ottocento, la seconda nel secondo dopoguerra e la terza è iniziata alla fine degli anni Settanta nell'Europa meridionale e nell'America latina, ed è poi proseguita nell'Est Europa; la quarta ondata è quella che sta tentando di avviarsi in alcuni paesi arabi.

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Lo studio di tali fenomeni ci ha portato a individuare due modelli:• Transizione dal basso (modello tunisino) -> viene provocata da una rivolta che determina la caduta di un regime.• Transizione dall'alto -> apertura compiuta a partire dai riformisti del regime che dà il via ad una reazione a catena (per evitare le rivolte si possono concedere delle liberalizzazioni parziali, ma la situazione può degenerare facilmente a vantaggio delle forze popolari sottomesse al governo autoritario).

Un esempio di transizione dall'alto è stato quello innescato dalla perestroijka di Gorbaciov, che ha dato il via al crollo del blocco sovietico, mentre nello stesso contesto vi è anche un esempio di transizione dal basso, localizzabile nella caduta del regime in Romania (Ceaucescu). MECCANISMI DI TRANSIZIONE DAL BASSOPer analizzare scientificamente tali meccanismi si può applicare la teoria dei giochi, per comprendere le implicazioni dell'azione collettiva.In una rivolta dal basso si può riscontrare il problema del free rider, in quanto le persone possono pensare che non partecipando alla rivoluzione (e non correndo rischi) possono comunque beneficiare dell'eventuale crollo del regime.La maggior parte delle volte, più è esteso il gruppo che avrebbe interesse al crollo del regime, più è difficile monitorare e constatare l'azione collettiva (non si riesce a valutare la defezione); spesso le persone si mobilitano quando percepiscono che la loro azione è indispensabile, e quindi il contenuto marginale aggiuntivo della propria persona può essere rilevante.Per questo si tende a far credere che la propria quota di mobilitazione sia veramente decisiva, con un certo elemento di irrazionalità; ciò che è razionale individualmente non lo è collettivamente.Questo tipo di meccanismo può essere aggirato con un'ulteriore disincentivazione, ossia la dissimulazione delle preferenze, al fine di nascondere l'opposizione latente al regime autoritario. Uno dei problemi per sollevare la protesta è quello di rilevare le preferenze genuine della gente; bisogna capire come cambia la cosiddetta soglia rivoluzionaria, cioè la probabilità di un individuo di partecipare a una sollevazione popolare.Nel modello di Kula (p.196) si attribuisce un numero progressivo alla soglia rivoluzionaria di ogni cittadino (0 significa che un cittadino è disposto a mobilitarsi anche se non si mobilita nessun altro, 1 che il soggetto è disposto solo se partecipa almeno un'altra persona, e via dicendo), e in tal modo si possono schematizzare diverse situazioni.Se si cambia anche solo la soglia di un cittadino si può modificare tutta la catena, innescando una rivoluzione, con il cosiddetto fenomeno di cascata rivoluzionaria.Uno spostamento della soglia può essere determinato da shock esogeni al sistema (es. aumento eccessivo del prezzo del pane); l'opposizione latente in tal modo diventa manifesta e i movimenti di cambiamento appaiono così improvvisi e non giustificati, poichè in precedenza agiva la dissimulazione delle preferenze.es. Resistenza al Fascismo, al modificarsi delle circostanze è aumentata l'adesione all'opposizione al regime. MECCANISMI DI TRANSIZIONE DALL'ALTOC'è un altro modello che spiega le transizioni dalle mosse di coloro che agiscono a livello dei componenti del governo autoritario. Essi generalmente si distinguono in riformisti e conservatori.Le transizioni dall'alto vedono questa divisione come punto di avvio, in quanto interagiscono strategicamente con le opposizioni, che si dividono in tal modo a loro volta.La teoria dei giochi è stata applicata a tale interazione strategica, configurando una possibilità di percorsi (pp.103-5) in base alle preferenze degli uni e degli altri.I riformisti hanno come migliore opzione possibile una dittatura allargata, aperta parzialmente alle forze di opposizione per rafforzare il regime; la seconda opzione preferita è lo status quo, la terza una dittatura ristretta, seguita dalla transizione democratica e quindi dall'insurrezione, che si

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connota come l'alternativa peggiore.L'opposizione ha come opzione preferita la transizione democratica, poi la dittatura allargata, lo status quo, l'insurrezione e quindi la dittatura ristretta.I riformisti possono avere di fronte un'opposizione debole o un'opposizione forte: dal tipo di opposizione dipende la reazione dei riformisti. Se l'opposizione è debole i riformisti decidono di aprire e quindi l'opposizione debole e consapevole di ciò finisce per farsi coinvolgere in una dittatura allargata, che è comunque migliore dello status quo; se l'opposizione è forte dopo un'apertura pretenderà la transizione, e quindi i riformisti decideranno di non aprire e di accontentarsi dello status quo.Le transizioni dall'alto avvengono quando i riformisti fanno un calcolo sbagliato sulla forza delle opposizioni, sottovalutandole: in tal modo innescano senza volerlo un processo di transizione.Quello che determina la transizione è quindi un errore di valutazione, anche se ci possono essere casi più complessi da spiegare.In alcune democrazie c'è stata una transizione a partire dall'autoritarismo guidata da un patto tra i componenti del vecchio regime e quelli dell'opposizione, tramite un autoritarismo non vendicativo; tale fenomeno è avvenuto inizialmente a partire dall'America latina, ma anche in Italia dopo la dittatura fascista.Tale impatto garantisce che la transizione avvenga senza turbolenze; molte transizioni di successo si sono avviate in tal modo, che ha garantito una transizione tranquilla e una democrazia stabile.Talvolta le transizioni avvengono sia dall'alto che dal basso, con una commistione di elementi dei due modelli. TIPI DI DEMOCRAZIAEsistono diversi modelli di democrazia, che si distinguono per le forme di governo in:

• Parlamentare: privilegia il rapporto esclusivo tra legislativo ed esecutivo (il governo può essere destituito solo dal legislativo)• Presidenziale: solo il Presidente può destituire il governo• Mista: sia il legislativo sia il Presidente possono destituire il Governo

Tuttavia in tal modo si compie una classificazione solo strutturale, si devono quindi esaminare anche i processi legati a questi contesti e le possibili influenze delle diverse strutture sui governi.Un altro elemento strutturale è la presenza o meno di un voto di fiducia in base al quale si può instaurare un Governo o un voto di sfiducia, che può essere anche costruttivo (bisogna anche proporre l'alternativa, non si può far cadere un governo "al buio"). Il processo di formazione di una democrazia dipende dal tipo di potere del Presidente della Repubblica, che può avere potere formativo del Governo (Italia), che in alternativa può appartenere al partito più grande (GB). Il capo dello stato può anche, sulla base della sua discrezionalità, designare un formatore o attuare delle consultazioni per formare un Governo.Se è necessario il voto di fiducia ci vuole più tempo per la formazione del Governo.Formare un Governo è più difficile più i partiti sono numerosi, poichè sarà più complicato negoziare un patto alternativo. I tempi lunghi di formazione tuttavia possono causare delle situazioni complesse, soprattutto in ambiti di crisi.Per questo spesso in sistemi parlamentari si formano delle coalizioni prima o dopo le elezioni; questa necessità ha creato la curiosità in merito a quale sia la logica di formazione di una coalizione di governo.Una possibile soluzione all'enigma delle coalizioni è proposta dalla teoria delle coalizioni.Le previsioni possono variare se i politici sono più orientati verso le cariche o verso le politiche: se sono orientati alle cariche le coalizioni si formeranno in base a una logica di massimizzazione delle cariche, in modo da ottenere più portafogli possibili; se invece ci si orienta maggiormente verso le politiche, quello che conta è la convergenza ideologica-programmatica tra i componenti delle coalizioni, anche a costo doi sacrificare qualcosa in termini di cariche.

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16/05/2012TIPI DI COALIZIONIQuando il partito che vince le elezioni e governa è uno solo, chi vince occupa tutte le principali cariche dello Stato, ma se i politici sono orientati alla massimizzazione delle cariche allora sceglieranno i partner che gli permetteranno di ottenere più posti possibili, dando origine così a una coalizione minima vincente, che contiene esclusivamente la maggioranza necessaria ad avere il numero dei seggi. Si può avere anche una combinazione di coalizioni minime di vari tipi.La legge di G. afferma che il numero dei seggi... (p.297) in modo che tale distribuzione sia la migliore possibile (ogni partito deve avere il maggior numero di ministeri possibile.Se i partiti sono interessati alle politiche, essi si concentreranno su altre logiche: a parità numerica, si sceglieranno partiti prossimi e adiacenti nello spazio politico, per poter perseguire gli stessi fini.Quindi è più facile che si alleino quei partiti che sono confinanti nello spazio politico; tali alleanze si definiscono coalizioni connesse.Tuttavia dal punto di vista empirico nessuno di questi modelli è convincente: per perseguire le politiche è necessario ottenere le cariche e viceversa, le due cose non sono distinguibili, sono le due facce della stessa medaglia.La dinamica della competizione in ogni caso li spinge a comportarsi come se cercassero sia le politiche che le cariche in ogni caso; non importa la genuinità della motivazione, ma come i vincoli della competizione politica spingono ad agire.L'orientamento alle cariche c'è sempre, ma in un mix diverso a seconda dei leader e dei contesti istituzionali.Si affermeranno quindi coalizioni che tengono anche conto dell'omogeneità politica, quindi un compromesso tra le due esigenze; la realtà politica è più complessa perchè abbiamo dei governi che non sono nè coalizioni minime nè basati su maggioranze parlamentari. Un terzo delle democrazie parlamentari sono GOVERNI DI MINORANZA, mentre ci sono governi formati a coalizioni che contengono un numero di partiti molto al di là rispetto a quello strettamente necessario per far funzionare una maggioranza.Un primo fattore che porta a un governo di minoranza è l'assenza di un voto di fiducia preventiva (o di investitura); tale governo funziona tramite un meccanismo basato sulla ricerca di maggioranze variabili a seconda dei temi affrontati. Un governo di minoranza, se abile, può durare a lungo ed essere efficiente.Ci sono anche altre condizioni che rendono più comprensibile questa realtà, ad esempio ci sono procedimenti legislativi che assegnano alle commissioni particolari anche un potere di decisione politica; anche le forze che non sono nel governo possono così influenzare gli esiti delle politiche pubbliche.Un altro tipo di fattore è il contesto dove sono presenti assetti neocorporativi, in cui le associazioni di interessi condividono un tavolo con l'esecutivo e configurano una contrattazione su questioni importanti.Infine i governi di minoranza sono favoriti quando il resto delle forze politiche non è in grado di formare altre coalizioni di governo. Un quinto delle democrazie si connotano come GOVERNI A MAGGIORANZA SOVRADIMENSIONATA; uno dei fattori che possono determinarli sono le crisi o particolari situazioni complicate che necessitano di maggioranze straordinarie e coalizioni particolarmente ampie. Esistono anche le leggi che richiedono maggioranze qualificate che richiedono governi ad hoc perchè fondate su accordi politici molto ampi.In certi casi si accetta di soffrire una maggiore eterogeneità in cambio di un minor ricatto da parte delle opposizioni. Talvolta le grandi coalizioni servono a disciplinare fazioni interne a un singolo partito: a volte i nemici interni sono più pericolosi di quelli esterni. Un'altra differenza importante è quella tra coalizioni PRE-ELETTORALI e POST-ELETTORALI.

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Le prime sono più credibili, più omogenee e soprattutto dal punto di vista metodologico instaurano un rapporto più diretto tra governo e scelta degli elettori.Le coalizioni post-elettorali lasciano ai partiti un mandato discrezionale e sono tendenzialmente più frastagliate e meno coerenti e omogenee di quelle pre-elettorali.Vi è un rapporto diretto tra la durata dei governi e il numero dei partiti come eterogeneità politica; ad esempio la coalizione attuale inglese è destinata a durare molto, perchè formata da due partiti molto vicini tra di loro.Il numero di elementi coalizzanti dipende dalla forza legislativa del presidente (se è forte ha meno esigenze di contrattare). Riguardo alle forme di governo MISTE la più emblematica è la Francia, nella quale può esserci una maggioranza concorde con il Presidente (ricorda la democrazia presidenziale) o una coabitazione, nella quale deve crearsi un accordo: tale situazione ricorda le forme di governo parlamentari. Il rischio della coabitazione è quello di paralisi o conflitto permanente, e quindi si necessita di una collaborazione costante.(cfr. Sartori aveva perorato un governo misto in Italia, ma sarebbe stato molto difficile, in quanto la politica italiana è molto polarizzata). 17/05/2012SISTEMI ELETTORALIUn sistema elettorale si distingue da un altro per 3 elementi:

• formula elettorale (i voti si traducono in seggi, in base a sistemi proporzionali, maggioritari o misti)• struttura del voto (un individuo vota per candidati, partiti o con un voto singolo per preferenze• ampiezza del collegio elettorale (concerne il numero di seggi assegnati da quel collegio)

Le leggi elettorali hanno effetti diproporzionali, cioè manipolano in modo forte il rapporto tra voti e seggi, e questo ha degli effetti soprattutto sul numero dei partiti (rapporto tendenziale di De Berger).I sistemi proporzionali filtrano meno rispetto a quelli maggioritari.Un sistema fortemente maggioritario riduce il numero dei partiti che poi saranno presenti in Parlamento; nei sistemi maggioritari esistono casi dove in base alla distribuzione dei voti nei collegi anche un partito con un numero inferiore di voti rispetto agli altri può avere la maggioranza assoluta.Ci sono democrazie che si definiscono maggioritarie e democrazie consensuali o consociative caratterizzate da un sistema proporzionale.Un altro elemento che distingue le democrazie riguarda il sistema dei partiti: i sistemi politici funzionano in base al numero e alla qualità dei partiti politici. LE FUNZIONI DEI PARTITI POLITICI E I SISTEMI DI PARTITI

• strutturare il mondo politico dal versante dell'offerta politica e dal versante della domanda• mettere insieme diverse soluzioni e proposte• organizzare in modo continuo, serio e attendibile la classe politica• mobilitare le masse (es. elezioni, manifestazioni, partecipazione politica)• legame tra governanti e governati: i partiti sono un tramite in due direzioni (educazione alla democrazia e ai valori delle istituzioni, radicamento della società verso lo stato -> integrazione tra istituzioni).

Più partiti possono associarsi in sistemi che possono essere caratterizzati da minore o maggiore

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polarizzazione; si usano degli indicatori che in base a un indice numerico indicano quanto un partito conta all'interno di un sistema politico.Il momento discriminante è il potere di coalizione, ma anche il potere di ricatto, con cui il partito può condizionare gli altri partiti.I sistemi di partiti si differenziano per la natura dei partiti che li compongono, non solo per il numero; le matrici dei partiti sono i CLEAVAGES o fratture sociali, ovvero i conflitti tra diverse categorie sociali (es. lotta di classe).Non c'è un rapporto naturale e necessario tra le fratture sociali e la nascita dei partiti, che in parte sono un artefatto costruito da leader politici.Il primo tipo di frattura è il conflitto "città-campagna", tra la società rurale e quella urbana, che può portare alla nascita di partiti rurali; un altro tipo di frattura è quella legata alle confessioni religiose: stato confessionale VS stato laico (tale frattura è la radice dei partiti confessionali e democristiani o dei movimenti partitici che si affermano contro la Chiesa).La frattura di classe è stata quella più pervasiva nella società occidentale: in moltissimi paesi c'è almeno un partito comunista o socialista.Esiste anche la frattura tra valori materiali e valori post-materiali, che aspirano a soddisfare i bisogni non necessari alla sopravvivenza (tipica delle società avanzate: qualità della vita, qualità della democrazia, protezione dell'ambiente); a tale frattura si contrappongono movimenti conservatori, legati alla tradizione o xenofobi.Ci sono anche fratture etniche o linguistiche che possono essere politicizzate e strumentalizzate.La politicizzazione di tali fratture è frutto di un interazione tra le fratture stesse e il contesto istituzionale in cui ci si trova. I SISTEMI FEDERALI, BICAMERALI E COSTITUZIONALISTIIl federalismo si differenzia dalla decentralizzazione in quanto lo stato federale è uno stato dove la sovranità è ripartita costituzionalmente tra almeno due livelli territoriali, indipendenti e aventi l'autorità finale in determinati ambiti.I federalismi possono essere congruenti o incongruenti e asimmetrici o simmetrici; un federalismo congruente è quello in cui non ci sono differenze etniche, linguistiche e sociali significative (es. federalismo tedesco), un federalismo incongruente è quello della Svizzera, dove ogni unità territoriale si distingue alle altre su aspetti etnici, linguistici e sociali.Il federalismo simmetrico dipende dalla distribuzione dei poteri, è asimmetrico se sono differenziati (es. governi totalitari).C'è un federalismo associativo che nasce per difesa (USA, Svizzera) e un federalismo dissociativo che viene dall'alto (devolution), quando lo Stato concede i poteri alle autonomie territoriali (es. Scozia). Il federalismo ha vantaggi e svantaggi, di cui bisogna essere consapevoli:

• vicinanza tra governanti e governati• garantisce maggiore responsabilità dei governi verso le domande dei cittadini• la possibilità di exit determina una concorrenza tra le diverse unità e dovrebbe far aumentare l'efficienza• consente la sperimentazione di idee nuove nelle singole unità territoriali• garantisce contro gli abusi del potere stesso sui diritti individuali

• duplicazione delle inefficienze e moltiplicazione di enti inutili• ostacolo ai progetti nazionali da parte dei poteri territoriali• effetti deleteri della concorrenza (corsa al ribasso delle tasse)• crea disuguaglianze tra le componenti delle unità territoriali• scaricabarile tra regioni e governo centrale

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CAUSE DEL FEDERALISMO:a) dimensioni del Paeseb) eterogeneità Il BICAMERALISMO non è più giustificato da ragioni sociali ma dalla presenza di Stati federali. DIFFERENZA TRA DEMOCRAZIE MAGGIORITARIE E CONSENSUALI: le prime si basano sulla centralità del potere, le seconde sulla sua dispersione. Il federalismo ad esempio è un potere consensuale perchè disperde il potere sul territorioLe democrazie maggioritarie garantiscono maggiormente la responsabilizzazione e la forza del mandato, quelle consensuali garantiscono la rappresentanza (tutela delle minoranze) e la formazione di una sorta di contratto tra l'eletto e gli elettori, sono molto adatte ai contesti eterogenei a livello sociale.I sistemi elettorali proporzionali dovrebbero avere un effetto moderatorio dei conflitti, ma non è dimostrato; se il federalismo si combina con partiti regionali forti, può accentuare le spinte secessioniste e peggiorare la situazione di conflitto. L'impatto del presidenzialismo sull'instabilità democratica consiste nel produrre possibili stalli, in cui nè governo nè parlamenti riescono a risolvere la situazione. In un governo parlamentare tale problema si risolverebbe con la sfiducia o sciogliendo le camere, ma in un governo presidenziale si giungerebbe a un colpo di stato. Il fattore che può produrre stallo in un governo presidenziale è soprattutto il pluripartitismo. Questi difetti del presidenzialismo si rafforzano o indeboliscono a seconda del tasso di sviluppo socioeconomico (in paesi in via di sviluppo il rischio di instabilità è più alto)