Scienza Delle Costruzioni Pt1

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    1. INTRODUZIONE

    1.1. PREMESSA

    La Scienza delle Costruzioni la disciplina di base dell'ingegneria strutturale. Essa si colloca a valle diquasi tutti gli insegnamenti fondamentali comuni a tutti i corsi di laurea dell'ingegneria e pu esser vistacome lo sviluppo, in senso ingegneristico, della meccanica razionale. Infatti la Scienza delle Costruzioni

    prende le mosse dalla meccanica del continuo con i capitoli riguardanti lo studio della deformazione, dellostato di tensione, dell'equilibrio elastico, ecc.

    Inoltre riprende, per evidenziarne gli aspetti maggiormente applicativi, alcuni classici argomenti dellameccanica razionale quali la statica e la geometria delle masse.

    Requisito importante, per seguire con profitto queste lezioni, una buona conoscenza dei contenuti deicorsi di Analisi Matematica I e II, di Geometria, di Fisica I, nonch del corso di Meccanica Razionale.

    Lo scopo principale del corso quello di fornire, con riferimento agli organi resistenti delle costruzioni edelle macchine, gli strumenti per valutare

    1.La sicurezza2.La funzionalit

    1. Verificare la sicurezza significa controllare che gli organi resistenti di una costruzione siano in grado di

    sopportare, per tutta la durata della loro vita, i carichi che su di essi graveranno, senza che si verifichinoeventi traumatici quali possono essere il crollo totale o parziale.

    2. Verificare la funzionalit significa controllare che la risposta degli organi resistenti ai carichi siacompatibile con un corretto esercizio.Per la prima verifica occorre conoscere lo stato di cimento del materiale con cui realizzato l'organoresistente e confrontarlo con la resistenza dello stesso materiale.

    La seconda verifica molto spesso si esaurisce controllando che la deformazione dell'organo resistente siacompatibile con le funzioni che esso chiamato a svolgere durante l'esercizio.

    Frequentemente parleremo di strutture, intendendo con ci riferirci ad un solido avente la funzione diresistere alle azioni cui assoggettato nel corso di tutta la sua vita. Le strutture sono inserite nellecostruzioni ed hanno il compito di riportare al terreno di fondazione, o pi in generale ai vincoli, le azionicui sono sottoposte.

    Vedremo che per valutare la sicurezza e la funzionalit di una struttura occorre conoscere: la geometria della struttura il materiale con cui realizzata i vincoli a cui assoggettata i carichi a cui sottoposta

    Gran parte dei problemi della Scienza delle Costruzioni sono problemi di equilibrio ad iniziare dalladeterminazione di tutte le forze agenti su di una data struttura, ivi comprese cio le reazioni offerte daivincoli che non sono generalmente note. La determinazione delle reazioni vincolari stato oggetto distudio anche nell'ambito della statica dei corpi rigidi dove tuttavia sono risultati evidenti alcuni limiti suiquali ci soffermeremo nel paragrafo che segue.

    1.2. TRAVI LABILI, ISOSTATICHE ED IPERSTATICHE

    Riprendiamo un argomento gi trattato nel corso di meccanica razionale: la statica dei corpi rigidivincolati. Pi in particolare, con riferimento a quei solidi che per la particolare forma sono denominatitravi si vuole evidenziare quali siano i limiti propri della statica dei corpi rigidi.

    I vincoli che considereremo sono, salvo avviso contrario, bilaterali, indipendenti dal tempo e privi diattrito. Essi, a seconda del numero di gradi di libert che tolgono alla trave cui sono applicati, siclassificano in vincoli semplici o composti. I primi tolgono un solo grado di libert i secondi ne tolgonodue o pi.

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    Con riferimento al caso dei moti rigidi piani e quindi alle travi piane, il vincolo semplice o elementare, inaltre parole, in grado di togliere un solo grado di libert, costituito da un'asta incernierata alle estremitdenominata biella opendolo (v.Fig. 1.1a), equivalente al carrello (v.Fig.1. 1b).

    fig. 1.1a fig. 1.1b fig. 1.1c fig. 1.1d fig. 1.1e

    La cerniera invece un vincolo composto che toglie due gradi di libert (v. Fig. 1.1c) e consente soltantola rotazione attorno all'asse passante per il suo centro e normale al piano. Il glifo, detto anche incastroscorrevole o bipendolo, (v.Fig. 1.d) parimenti un vincolo doppio che consente una sola traslazione edinfine si cita l'incastro (v. Fig. 1.1e) che un vincolo che non consente alcun movimento e che togliequindi, nel piano, 3 gradi di libert.

    I vincoli, per impedire i movimenti, reagiscono con azioni denominate reazioni vincolari. Ad esempio ilpendolo in grado di reagire con un forza diretta secondo il suo asse e di qualsiasi intensit, mentre lacerniera in grado di reagire con una forza qualsiasi passante per il centro della stessa cerniera. Nella

    figura 1.2 sono indicate le reazioni che i vincoli pi comuni sono in grado di esercitare, sempre conriferimento al caso piano.

    Fig. 1.2a: V 0, H=M=0Fig. 1.2b: V 0, H=M=0 Fig. 1.2c: V 0, H 0, M=0

    Fig. 1.2d: V 0, M 0, H=0 Fig. 1.2e: V 0, H 0, M 0

    Le reazioni vincolari di un corpo rigido soggetto ad assegnate forze attive, sono in genere incognite edevono perci di volta in volta essere determinate imponendo innanzi tutto l'equilibrio di tutte le forzeesterne, ossia forze attive e reazioni vincolari.

    Un primo problema fondamentale che la Scienza delle Costruzioni deve risolvere proprio quello della

    ricerca delle reazioni vincolari. Per fare ci occorre stabilire, per prima cosa, se i vincoli sono insufficienti,ed in tal caso la struttura labile, ossia cinematicamente indeterminata. L'equilibrio allora impossibile, ameno che non si incontrino particolari sistemi di forze attive; ci significa che non esistono in generalereazioni vincolari in grado di assicurare l'equilibrio e che perci il corpo si metter in movimento.

    Organismi di questo tipo, detti catene cinematiche o sistemi ipostatici, sono privi di interesse per laScienza delle Costruzioni, mentre vengono studiati nell'ambito della meccanica applicata alle macchine.

    Se il numero di vincoli semplici imposti al corpo rigido sono nel numero strettamente necessario perfissarne la posizione nella variet a cui esso appartiene, tre nel piano e sei nello spazio, e se naturalmentetali vincoli sono "ben disposti", ossia sono traducibili in altrettante equazioni indipendenti nelle coordinatedei punti vincolati, allora il problema si dice isocinematico. Le componenti di reazione vincolare incognitecorrispondenti alle condizioni di vincolo sono quindi nello stesso numero delle equazioni d'equilibrio deisistemi rigidi e possono perci essere determinate in modo univoco. E siccome esiste una ed una solasoluzione nelle incognite, le strutture cos vincolate si chiamano isostatiche ostaticamente determinate, inquanto bastano le sole equazioni della statica dei sistemi rigidi per la loro risoluzione.

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    Pu infine capitare che le condizioni di vincolo ed i corrispondenti parametri delle reazioni vincolari sianoin numero superiore a quello delle equazioni fornite dalla statica dei corpi rigidi. La struttura, assimilata adun corpo rigido, si dice allora iperstatica o staticamente indeterminata, perch, in tal caso, esistono infinitisistemi di reazioni vincolari che rispettano l'equilibrio rigido. Si pu pensare infatti di fissare ad arbitrio len componenti di reazione vincolare incognite eccedenti il numero delle equazioni disponibili e ricavarecorrispondentemente le incognite rimanenti. Il grado di indeterminazione di una struttura misurato dalnumero n di condizioni di vincolo eccedenti quello delle equazioni disponibili.

    Con riferimento ad un insieme di travi, denominato travatura, si possono presentare le seguenti situazioni :

    Travatura isostatica (con un numero di vincoli semplici pari al grado di libert posseduto) : negli esempiche seguono si giunge ad un'unica soluzione.

    Fig. 1.3. - Soluzione grafica

    Travatura iperstatica (con un numero di vincoli semplici superiore al grado di libert posseduto). Es:

    Fig. 1.5. Soluzione grafica

    Fig. 1.6. Soluzione analitica

    (3 equazioni e 4 incognite)

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    Con riferimento allafigura 1.5., si osserva che per ogni arbitraria scelta di si determinano e . Ilproblema ha allora infinite soluzioni, corrispondenti a queste scelte arbitrarie, si perci in una situazioneindeterminata.

    Con riferimento allafigura 1.6.si osserva che l'equilibrio descritto da un sistema di 3 equazionialgebriche lineari in 4 incognite; il sistema ammette infinite soluzioni. Siamo ancora una volta in unasituazione indeterminata.

    Riepilogando :

    Nel caso a), ad ogni arbitrariamente scelto, corrisponde una soluzione come indicato graficamente infigura ;

    Nel caso b) si hanno 3 equazioni algebriche lineari in 4 incognite.

    In entrambi i casi la soluzione indeterminata. Esistono soluzioni equilibrate.

    Il caso delle strutture iperstatiche quello pi frequente nella pratica e per queste l'esperienza dimostrache l'equilibrio risulta ben definito. perci evidente che l'ipotesi di corpo rigido che rendeindeterminato questo caso, problema che viceversa ridiventa determinato quando si tenga conto delladeformabilit dei corpi. Per questo motivo lo studio della Scienza delle Costruzioni basato sullameccanica dei solidi deformabili.

    La conoscenza delle deformazioni poi utile di per s stessa in quanto consente quei riscontri sperimentaliche si effettuano in sede di collaudo di una struttura.

    Le lezioni che seguono si concentreranno essenzialmente su di un unico tipo di struttura : la trave. Lostudio della trave sar tuttavia preceduto dai fondamenti della meccanica dei solidi da cui poi deriverquello della trave stessa. Tale impostazione generale vuole anche costruire il presupposto per affrontare lostudio di altre tipologie strutturali quali le piastre, le lastre, i gusci, le cupole oppure i semispazi e, pi ingenerale, i solidi tridimensionali.Si tenga infine presente che il corso direttamente propedeutico ai corsi successivi di Tecnica delleCostruzioni, di Geotecnica e di Costruzioni di Macchine.

    In questa introduzione si spesso parlato di trave. Come gi detto essa un solido di forma allungata,

    ossia con una dimensione prevalente sulle altre due, che si pu pensare come generato dal movimento diunafigura piana ilcui baricentro G percorre una linea che sempre ortogonale al piano della stessa figura.

    La figura piana rappresenta lasezione della trave, mentre la linea descritta da G rappresenta la linea d'asseo pi semplicemente l'asse della trave.

    Da questa definizione nascono pi classificazioni per la trave a seconda che la sezione si mantengacostante (trave prismatica) oppure vari la sua forma mentre percorre la linea d'asse (trave a sezionevariabile). In genere si ammette che la sezione vari con continuit. Inoltre la linea d'asse pu essere unacurva sghemba, una curva piana, una retta, ecc. Conseguentemente si avranno travi spaziali, travi curve( ad es. archi, travi ad anello, travi elicoidali, ecc), travi ad asse rettilineo, ecc.

    La trave viene rappresentata disegnando semplicemente la sua linea d'asse ed a parte, quando occorre, lasezione. Inoltre, salvo diverso avviso, le azioni si intendono sempre ridotte all'asse della trave.

    1.3. UN CENNO SULLE AZIONI ALLE QUALI PU ESSERE ASSOGGETTATA UNA TRAVE

    Le azioni che possono agire su di una struttura si possono classificare sotto diversi aspetti :

    IN BASE ALLA LORO DURATA :- PERMANENTI (peso proprio della trave, sovraccarico fisso, ecc)- VARIABILI (sovraccarichi di esercizio)

    IN BASE ALLA LORO NATURA :

    - STATICI (masse ferme e masse considerabili tali)- DINAMICI (urti, esplosioni, ecc)

    IN BASE A COME SONO APPLICATI :- CONCENTRATI (idealmente)

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    2. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE

    2.1 SCOPO

    Abbiamo visto nella Introduzione come l'ipotesi di corpo rigido debba essere rimossa qualora si voglianostudiare le strutture iperstatiche. In generale occorre prendere atto che non esistono in realt corpi rigidi eche pertanto occorre imparare a descrivere la deformazione dei solidi. quello che ci accingiamo a fare inquesto capitolo richiamando nozioni in parte gi impartite nei corsi di meccanica dei solidi.

    2.2 STUDIO DELLA DEFORMAZIONE

    Sia la configurazione assunta da un corpoB nell'istante e quella assunta dallo stesso corpoin un successivo istante t. Si osservi che il tempo tinterviene soltanto come parametro che ordina lasuccessione delle configurazioni e che consente di chiamare , configurazione iniziale, o di riferimento,e configurazione finale o deformata od attuale.

    Senza preoccuparsi delle cause che hanno prodotto il movimento, sulle quali si ritorner nel prossimocapitolo, la configurazione pu essere individuata dalla relazione:

    Fig. 2.1

    (2.1)

    nella quale r ed r' rappresentano rispettivamente la posizione occupata dalla particella materiale nella

    configurazione di riferimento e nella configurazione attuale C'(v. Fig. 2.1).La (2.1), che e' la naturale estensione della descrizione del moto di un punto materiale, e' nota comedescrizione referenziale o lagrangiana del moto.

    Sulla (2.1) si fanno le ipotesi di invertibilit e di differenziabilit fino all'ordine necessario.La biunivocitdella corrispondenza tra e il requisito matematico che assicura l'assenza di implosioni o diesplosioni (v. Fig. 2.2). Sotto queste ipotesi e' possibile invertire la (2.1):

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    (2.2)

    ottenendo in tal modo la descrizione spaziale od euleriana del moto. Nella (2.2) la variabile indipendente e'la posizione r' occupata dalla particella materiale nella configurazione attuale. Questa descrizione e' usata

    nella meccanica dei fluidi.Per la ipotesi di biunivocit si impone che, con riferimento alla descrizione referenziale, sia diverso dazero il determinante Jacobiano:

    In tutte le considerazioni che seguono si far esclusivo riferimento alla descrizione lagrangiana e non siprender in considerazione, per quanto detto, la variabile tempo, pertanto si avr :

    Adottando un riferimento cartesiano ortogonale , con i versori i, j, k, i vettori r ed r' sipossono rappresentare nel seguente modo:

    (2.3)

    Con tali notazioni le precedenti due relazioni si scrivono:

    ed il campo di spostamento:

    pu essere rappresentato dalle componenti ( , , ) nel riferimento assunto (v. Fig. 2.1):

    2.3 LA DEFORMAZIONE NELL'INTORNO INFINITESIMO DI UN PUNTO

    Con riferimento allafigura 2.3, ci si propone di studiare come si deforma il generico vettore infinitesimodl, spiccato dal punto , avente la direzione individuata dal versore n i cui coseni direttori si indicano con

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    Fig. 2.3

    A meno di infinitesimi di ordine superiore al primo si pu quindi scrivere :

    (2.4)

    Il puntoPestremo del segmento infinitesimo di retta individuato dalla equazione parametrica ( parametrodl) :

    si trasforma, a deformazione avvenuta, nel punto di coordinate :

    che, tenute presenti le (2.4), diviene:

    ossia :(2.5)

    che corrisponde ancora alla equazione parametrica di un segmento infinitesimo di retta.

    La precedente (2.5) qualora si ponga :

    diviene

    Questa relazione tra i puntiPeP', nell'ipotesi di biunivocit della corrispondenza una "affinit",ovverosia, una corrispondenza che, nell'intorno infinitesimo di , trasforma rette in rette, piani in piani,circonferenze in ellissi, sfere in ellissoidi ; inoltre conserva il parallelismo fra rette e piani ma nonl'ortogonalit.

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    Ha poi la propriet che almeno una terna di direzioni ortogonali conserva, nella trasformazionel'ortogonalit. Come noto dalla geometria si tratta della direzioni principali della trasformazione.

    possibile quindi affermare che segmenti infinitesimi di retta si trasformano in segmenti infinitesimi diretta.

    Dalla (2.5) si ottiene :

    (2.6)

    E' ora possibile calcolare la metrica dell'elemento deformato mediante:

    (2.7)

    da cui, con facili passaggi, si ottiene :

    (2.8)

    Si definisce il tensore doppio simmetrico:

    (2.9)

    come tensore delle deformazioni finite o tensore diAlmansi.

    In funzione di tale tensore la (2.8) assume la forma pi compatta:

    (2.10)

    La conoscenza del tensore in ogni punto di consente di effettuare una serie di valutazioniquantitative, come si vedr in dettaglio nei paragrafi seguenti.

    2.4 COEFFICIENTE DI DILATAZIONE LINEARE

    Con riferimento ad un elemento lineare , preso nella configurazione , ed individuato dai cosenidirettori si definisce coefficiente di dilatazione lineare la quantit:

    (2.11)

    la cui conoscenza ci consente di valutare la variazione di lunghezza di una qualunque lineainterna al corpo nel passaggio dalla configurazione alla .

    Infatti dalla (2.11) si ottiene immediatamente:

    (2.12)

    E' facile esprimere il coefficiente nel caso in cui la direzione dell'elemento coincida con una delle

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-8.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-11.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-8.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-11.gif
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    direzioni coordinate. Infatti riferendosi all'elemento inizialmente parallelo all'asse (v. Fig. 2.4) si ottiene

    Fig. 2.4

    (2.13)

    ricordando la (2.10),nella quale ora i coseni direttori valgono ,si perviene a :

    da cui si deduce che

    (2.14)

    e quindi:

    (2.15)

    Naturalmente per rotazione degli indici si possono ottenere i coefficienti di dilatazione lineare nelle altredue direzioni coordinate e, ruotando il sistema di riferimento, possibile ottenere il coefficiente didilatazione lineare per una qualunque direzione.

    2.5 COEFFICIENTE DI DILATAZIONE ANGOLARE

    Presi nella configurazione indeformata due elementi lineari dl, dm formanti un angolo e, dettol'angolo formato dagli stessi elementi a deformazione avvenuta, ossia nella configurazione , si definiscedilatazione angolare la quantit:

    (2.16)

    Assumendo due elementi inizialmente paralleli agli assi coordinati ed , la dilatazione angolare datadalla quantit:

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-4.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-10.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-4.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-10.gif
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    (2.17)

    da cui segue :

    (2.18)

    e quindi, con riferimento alla figura 2.5 e ricordando la relazione fra coseni direttori di due direzioni e

    coseno dell'angolo compreso tra esse, possibile esprimere il mediante:

    (2.19)

    da cui:

    (2.20)

    e, ricordando la (2.6), si ha:

    (2.21)

    e, per la (2.13)

    (2.22)

    Concludendo la dilatazione angolare tra due direzioni inizialmente parallele agli assi , uscenti dalpuntoP, vale:

    Fig. 2.5

    (2.23)

    ovverosia, in termini di sole componenti del tensore di Almansi:

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-13.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-13.gif
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    (2.24)

    Per rotazione degli indici possibile ottenere gli scorrimenti angolari e .

    2.6 COEFFICIENTE DI DILATAZIONE SUPERFICIALE

    Siano e due elementi lineari che nella configurazione indeformata individuano l'elemento di area. Siano e i corrispondenti elementi in . Essi individueranno l'elemento di area . Si

    definisce coefficiente di dilatazionesuperficiale la quantit:

    (2.25)

    la cui conoscenza consente di valutare la variazione di area di una qualunque superficie interna alcorpo nel passaggio dalla configurazione alla . Infatti dalla (2.25) si ottiene immediatamente:

    (2.26)

    Fig. 2.6

    Con riferimento ad un elemento di area inizialmente parallelo al piano coordinato (v. Fig. 2.6) si puscrivere:

    (2.27)

    da cui, ricordando che :

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-25.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-6.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-25.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-6.jpg
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    (2.28)

    e che, per i risultati conseguiti nel2.4., si pu porre :

    con facili passaggi, si perviene a:

    ovverosia, in termini di componenti del tensore della deformazione:

    (2.29)

    2.7 COEFFICIENTE DI DILATAZIONE CUBICA

    Con ovvio significato dei simboli, si definisce coefficientedi dilatazione cubica la quantit:

    (2.30)

    dalla cui conoscenza deriva la possibilit di calcolare la variazione di volume subita da una qualunque

    porzione finita di corpoB mediante:

    (2.31)

    Se la corrispondenza tra e assegnata mediante :

    ricordando il significato del determinante Jacobiano, si pu scrivere :

    e quindi si ottiene:

    (2.32)

    Si vedr nel prossimo paragrafo che sar possibile esprimere anche in termini di .

    2.8 UNA RAPPRESENTAZIONE GEOMETRICA DELLA DEFORMAZIONE

    La deformazione nell'intorno di un puntoP suscettibile di una rappresentazione geometrica moltoefficace. Infatti si visto che, nella deformazione, l'elemento lineare dlsi trasforma nell'elemento ancoralineare dl'e che valgono le :

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/2_4.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/2_4.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/2_4.htm
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    (2.33)

    (2.34)

    che rappresentano la prima, l'equazione di una sfera di centroPe raggio infinitesimo dlnelle variabiliinfinitesime , e la seconda, nelle stesse variabili, l'equazione di un ellissoide. Si noti che

    Sovrapponendo la rappresentazione di (2.33) e (2.34), cio facendo coinciderePconP', si pu avere unadelle situazioni indicate infigura 2.7.

    Fig. 2.7

    L'intersezione della sfera (2.33) con l'ellissoide (2.34) individua il cono:

    (2.35)

    E' facile vedere che tale cono divide la stella di elementi lineari intorno aPin due categorie : quella chesubisce dilatazioni positive (allungamenti), quella che subisce dilatazioni negative (accorciamenti). Tali

    due categorie di elementi sono separate dal cono (2.35) che individua gli elementi lineari che nonsubiscono alcuna dilatazione.Per tale motivo il cono prende il nome di cono degli scorrimenti.

    E' poi evidente che il cono pu essere reale, come indicato nella figura 2.7a, oppure immaginario come neicasi della figura 2.7b e figura 2.7c. In tali casi le dilatazioni intorno aPsaranno tutte positive (v.Fig.2.7b)o tutte negative (v.Fig.2.7c).

    Si pu ora calcolare la variazione di volume nel passaggio dalla sfera all'ellissoide :

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-33.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-34.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-33.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-34.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-35.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-33.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-34.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-33.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-34.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-35.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-7.jpg
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    essendo i semiassi dell'ellissoide. Indicando con le dilatazioni principali, ossiaquelle degli elementi lineari che andranno a coincidere con i tre semiassi dell'ellissoide che, come noto,sono relativi rispettivamente ad un punto di massimo, di minimo e di stazionariet, per le dilatazionilineari si avranno le espressioni:

    Il coefficiente di dilatazione cubica (2.29) pu quindi essere espresso in termini di dilatazioni principalimediante :

    (2.36)

    2.9 DEFORMAZIONI INFINITESIME

    Il caso in cui gli spostamenti e le derivate siano delle grandezze molto piccole rispetto alledimensioni del corpo quello che corrisponde alla situazione tecnicamente pi ricorrente. In talicondizioni si ottengono delle semplificazioni rilevanti.

    Infatti, potendo considerare come infinitesime del primo ordine le , le espressioni precedentementetrovate si semplificano nel modo qui di seguito indicato.

    2.9.1 Tensore delle deformazioni infinitesime

    Il tensore (2.9),trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo, si trasforma nel tensore delle deformazioniinfinitesime:

    (2.37)

    2.9.2 Coefficiente di dilatazione lineare

    L'espressione (2.15),

    mediante sviluppo in serie di Mac Laurin, trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo, diviene:

    (2.38)

    2.9.3. Coefficiente di dilatazione angolare

    Dall'espressione (2.23),

    trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo si ottiene :

    (2.39)

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-29.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-9.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-15.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-23.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-29.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-9.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-15.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-23.gif
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    2.9.4 Coefficiente di dilatazione superficiale

    Dall'espressione (2.29),

    trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo si ottiene :

    (2.40)

    2.9.5 Coefficiente di dilatazione cubicaDall'espressione:

    (2.41)

    trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al primo si ottiene :

    (2.42)

    Il tensore delle deformazioni infinitesime:

    prende cos anche il nome di tensore delle dilatazioni e degli scorrimenti per il significato che assumono lesue componenti :

    (2.43)

    2.10 CONGRUENZA DELLA DEFORMAZIONE

    Se la corrispondenza :

    ovverosia

    tra le configurazioni e tale da assicurare l'assenza di implosioni o di esplosioni (v. Fig. 2.2), allorail campo di spostamenti

    si dice che congruente internamente.

    Se inoltre rispetta i vincoli cinematici imposti al corpoB sulla sua frontiera allora la deformazione

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-29.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-2.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-29.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/Imm2-2.jpg
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    sar congruente esternamente.

    Un campo di spostamenti che sia congruente internamente ed esternamente si dice cinematicamenteammissibile oppure, pi semplicemente, congruente.

    Quando sia assegnata la deformazione mediante una terna di funzioni , continue con le

    derivate prime e monodrome sempre possibile determinare il tensore delle deformazioni mediante le(2.37) :

    Ci si pu chiedere se, assegnate comunque ad arbitrio in Vsei funzioni :

    pensate come le componenti di un tensore delle deformazioni, sia possibile far loro corrispondere una

    deformazione effettiva per il corpoB , ossia un campo di spostamenti a cui corrispondano le in

    accordo con le (2.37).

    La riposta a tale quesito risiede evidentemente nella possibilit di integrare il sistema di equazionidifferenziali alle derivate parziali :

    (2.44)

    E' facile ottenere delle condizioni necessarie di integrabilit per il sistema (2.44), dove ora, per quantodetto, le rappresentano i termini noti, con un procedimento di eliminazione delle dalle (2.44).

    Infatti dalle (2.44) si ottengono le seguenti relazioni :

    e, sottraendo le ultime due dalle prime due si perviene alle seguenti equazioni :

    (2.45)

    Le (2.45) sono necessarie per l'esistenza di un campo di spostamenti in grado di individuare unacorrispondenza biunivoca tra e . Se il dominio Vin cui esse sono definite semplicemente connesso,allora le (2.45) sono anche sufficienti per l'esistenza di un campo di spostamenti da cui si possono farderivare le deformazioni assegnate.

    In una regione a connessione multipla, ossia con delle cavit, occorrono delle condizioni aggiuntive lungoi bordi delle stesse cavit.

    Le (2.45) sono state trovate per la prima volta da Saint-Venant e sono note come equazioni esplicite dicongruenza o anche come equazioni di Saint-Venant.

    Se il corpo occupa un volume Vsemplicemente connesso ed libero nello spazio, allora le (2.45) sonoanche sufficienti ad assicurare l'esistenza delle tre funzioni spostamento ad un sol valore. Ladimostrazione della sufficienza dovuta a E. Cesaro (1906).

    Le (2.45) sono formalmente equazioni, riducibili in realt soltanto a sei distinte. La scelta di una

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-37.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-37.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-44.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-44.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-44.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/nota4.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-37.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-37.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-44.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-44.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-44.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/nota4.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gif
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    sestupla di equazioni distinte pu esser fatta attribuendo agli indici, ad es., i seguenti valori :

    i j h k

    1 1 2 2

    2 2 3 3

    3 3 1 1

    1 1 2 3

    2 2 3 1

    3 3 1 2

    oppure, contraendo la prima coppia di indici, ponendo cio i=j nella (2.45) :

    (2.46)

    e sottintendendo la sommatoria rispetto all'indice ripetuto.

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo2/formule2/2-45.gif
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    3. LO STATO DI TENSIONE

    3.1 INTRODUZIONE

    La nozione di stato di tensione in un punto interno di un continuo nasce da considerazioni di equilibrio traazioni e reazioni che interessano due parti dello stesso corpo supposti separati da una superficie ideale.

    Un esempio elementare , ad es., quello di una trave soggetta a forza normale semplice di trazione, oppurea flessione pura. Ricordando infatti la definizione di caratteristica di sollecitazione, si determinafacilmente la risultante delle azioni che, attraverso una qualunque sezione, si trasmettono le due porzionidi trave (v. Fig. 3.1).

    Fig. 3.1Se invece siamo interessati a conoscere le azioni che le due porzioni di trave si trasmettono punto perpunto, allora si pu procedere nel seguente modo.

    Si consideri un corpo qualsiasi B, non necessariamente una trave, in equilibrio sotto assegnate azioniesterne e si divida il volume Vda esso occupato in due parti e mediante una sezione fatta con un

    piano individuato dal versore normale n e dal puntoP(v. Fig. 3.2).

    Il versore n viene, per convenzione, orientato verso l'esterno della porzione di corpo rispetto alla quale siesamina l'equilibrio. Poich in generale ciascuna porzione non sar pi in equilibrio, appare evidente cheattraverso venivano trasmesse delle azioni, il cui andamento per ora non dato conoscere, ma che iltaglio effettuato ha evidentemente annullato.

    Si supponga che di tali azioni, quelle che interessano l'area generica , contenente il puntoP, pensatoappartenente alla porzione e ridotte al puntoP, siano equivalenti ad una forza e ad una coppia.

    Si considerino i rapporti:

    e si ammetta che esistano finiti i limiti:

    Fig. 3.2 Equilibrio del corpoB sezionato con il piano .

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-2.gif
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    (3.1)

    Al vettore , che ha le dimensioni di una pressione si d il nome di vettore tensione relativo al pianonell'intorno del puntoP.

    Risulta evidente che:

    (3.2)

    e, per il principio di azione e reazione, che:

    (3.3)

    ricordando la convenzione pi sopra adottata per il segno del versore n.

    Per stato di tensione in un punto internoPdi un corpo s'intende l'insieme dei vettori tensione , quando ndescrive la stella di piani passanti perP.

    3.2 EQUILIBRIO DI UN CONTINUO

    Le cause che possono deformare i corpi sono molteplici, ci si limita tuttavia a considerare, in quanto piinteressanti nell'ambito dell'ingegneria strutturale, quelle puramente meccaniche, escludendo percieventuali azioni derivanti da fenomeni di natura termodinamica, chimica, elettrostatica o magnetica.

    Con questa restrizione, le azioni agenti sul corpoB si possono classificare in due tipi: forze di superficie eforze di massa o di volume. Le prime si suppongono applicate sulla superficie esterna e le seconde sisuppongono distribuite con continuit nel volume.

    3.2.1 Forze di superficie

    Le argomentazioni che hanno portato all'introduzione del vettore tensione , consentono ora di riconoscereche la natura delle azioni che due corpi si trasmettono quando entrano in contatto, pu essere descritta inmaniera identica all'azione tra due porzioni dello stesso corpo, separati da una superficie ideale. Bastainfatti portare il puntoP, fin sulla superficie di Vnel puntoP'ed n fino a coincidere con la normaleesterna a inP'. In tal caso il vettore tensione viene a coincidere con la forza superficialefesercitata dalsecondo corpo sul primo. Si ha pertanto:

    (3.4)

    La forza esercitata attraverso l'elemento di area superficiale sar perci espressa da:

    (3.5)

    3.2.2 Forze di massa e di volumeLe forze di massa, che insorgono tutte le volte che il corpo immerso in un campo di accelerazioni,tipiche quelle gravitazionali, sono proporzionali alle masse delle particelle su cui esse agiscono; conriferimento all'elemento di massa dm ed al campo gravitazionaleg, risulta

    (3.6)

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    dovegdenominato forza di massa, ha il significato di forza per unit di massa. Se

    (3.7)

    la densit di massa, allora si pu definire la forza di volume b, ossia la forza agente sull'unit di volume,mediante:

    (3.8)

    3.2.3 Equazioni di equilibrio

    Sotto l'azione delle forze di volume e di superficie il corpoB sar in equilibrio se sono verificate leseguenti equazioni:

    (3.9)

    (3.10)

    Queste due equazioni vettoriali, sei equazioni scalari, sono la naturale estensione ai corpi deformabili delleequazioni cardinali della statica ed esprimono le condizioni necessarie per l'equilibrio del continuodeformato.

    3.3 IL TENSORE DEGLI SFORZI

    Si visto che lo stato di tensione in un punto internoPdi un corpo completamente conosciuto quando sisappia determinare il vettore tensione per qualunque n della stella di piani passanti perP. Perraggiungere tale risultato si ripercorre ora il ragionamento classico di Cauchy , riportato nei suoi famosiExercices de mathmatique (1827).

    3.3.1 Le componenti del vettore tensione

    Il vettore tensione pu essere rappresentato in un riferimento cartesiano ortogonale (v. Fig.3.4) in cui siano i versori relativi ai tre assi :

    fig. 3.4

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-3.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-4.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-4.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-3.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-4.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-4.jpg
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    Fig. 3.4: Vettore della tensione nel riferimento .

    (3.11)

    ovverosia in un riferimento ortogonale intrinseco all'elemento piano costituito da n , v, r(v.Fig. 3.5),essendo v ed rversori tangenti al piano

    (3.12)

    Fig. 3.5: Vettore della tensione nel riferimento n , v ed r.

    Le componenti prendono i seguenti nomi :

    tensione normale

    tensioni tangenziali

    Si noti che in generale con il simbolo si indica la componente, lungo la direzione b, del vettoretensione relativo all'elemento piano di normale a. Quindi il primo indice individua l'elemento piano ed ilsecondo indica la direzione della componente.

    Spesso, e quasi sempre nella letteratura tecnica, le tensioni tangenziali sono indicate con i simboli e.

    E' immediato verificare che il modulo della tensione tangenziale totale sull'elemento piano data da:

    (3.13)

    3.3.2 L'equilibrio in un punto interno

    In un puntoPgenerico del corpoB si consideri un tetraedro infinitesimo idealmente isolato all'internodello stesso mediante tre piani paralleli ai piani coordinati, passanti per il punto considerato, e da un quarto

    piano avente per normale n e distante dh dal puntoP(v.Fig. 3.6).

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-6.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-6.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-6.jpg
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    Fig. 3.6: Tetraedro infinitesimo isolato intorno al puntoP.

    Essendo interessati all'equilibrio del tetraedro cos individuato, si dovranno considerare le azioni che su diesso esercitava il corpoB prima dei tagli. In virt delle ipotesi fatte, si orienteranno le normali alle faccedel tetraedro verso l'esterno e di conseguenza le azioni che agiscono sul tetraedro sono:

    Per l'equilibrio dovr risultare:

    (3.14)

    Ricordando che

    (3.15)

    in cui

    (3.16)

    la (3.14), dividendo per d luogo a :

    (3.17)

    e, facendo tendere a zero l'altezza del tetraedro, si riduce a:

    (3.18)

    La (3.18) dimostra che il vettore tensione su di un generico piano passante perP perfettamente

    determinato dalla conoscenza dei tre vettori tensione su tre elementi piani mutuamente ortogonali. Questadimostrazione dovuta a Cauchy.

    L'equazione (3.18) scritta in componenti diviene:

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-14.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-18.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-18.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-14.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-18.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-18.gif
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    (3.19)

    dove , componenti dei vettori , sono chiamate componenti speciali di tensione.

    In notazione compatta le (3.19) si scrivono nella forma:

    (3.20)

    che sintetizza il "teorema di Cauchy" e dove sottintesa la sommatoria, da 1 a 3, rispetto all'indiceripetuto.Dalla (3.20) discende che un'applicazione lineare che al generico vettore n fa corrispondere il vettore

    . Si tratta di un tensore (del secondo ordine) le cui componenti cartesiane, nel riferimentosono proprio le quantit

    (3.21)

    Resta quindi dimostrato che, conoscendo le 9 componenti del tensore , possibile risalire, mediante le(3.20), al vettore tensione su un qualunque elemento piano.

    3.3.3 Convenzione sui segni delle componenti speciali di tensione

    Per definire una convenzione sui segni delle componenti speciali di tensione si fa riferimento alle giacitureparallele ai piani coordinati del riferimento cartesiano ed in particolare alle facce di un cubo

    elementare (v. Fig. 3.7).

    Fig. 3.7: Componenti speciali di tensione nel riferimento .

    La convenzione pu essere cos enunciata: con riferimento all'azione esercitata sul cubo elementare dalcorpo che sta dalla parte positiva degli assi di riferimento (il versore n coincide di volta in volta con i, j,k), le componenti di sono positive se equiverse con gli assi . Viceversa, se ci si riferisce all'azioneesercitata sul cubo elementare dal corpo che sta dalla parte negativa degli assi di riferimento ( il versore ncoincide di volta in volta con -i, -j, -k), le componenti di sono positive se discordi con gli assi .

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-19.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-20.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-20.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-7.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-19.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-20.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-20.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-7.jpg
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    Si noti che le tensioni normali positive denotano una trazione.

    3.3.4 Reciprocit delle tensioni tangenziali

    Si supponga di isolare all'interno del corpoB, un cubo elementare avente tre facce coincidenti con i pianicoordinati del riferimento . Con ragionamento analogo a quello gi fatto nel precedente punto,se ne possono studiare le condizioni di equilibrio applicandogli, oltre alle eventuali forze di volume cui erasoggetto all'interno del corpo, anche le forze che, attraverso le sue facce, vi esercitava la parte rimanente.

    La situazione quella rappresentata nellafigura 3.8, dove sono indicate le componenti speciali di tensionenell'ipotesi che siano tutte positive.

    Ritenendo ammissibile per le funzioni uno sviluppo in serie di Taylor nell'intorno delpuntoP, supponendo cio che le componenti di tensione siano continue e derivabili inP, passando ad es.dalla faccia , alla sua parallela, distante da essa , le tensioni agenti, a meno di infinitesimi diordine superiore al primo, saranno:

    E' ovvia l'estensione alle altre facce.

    E' cos possibile risalire alle forze di superficie agenti su tutte le facce del cubo elementare considerato,semplicemente moltiplicando le tensioni per l'elemento di area su cui agiscono.

    Poich l'intero corpoB in equilibrio, lo sar anche il cubo elementare sotto le azioni sopra considerate.

    Se ora si impone l'equilibrio alla rotazione intorno ad un qualunque asse, scegliendo qui per comoditl'asse baricentrico parallelo all'asse , si trova che i contributi non nulli portano a scrivere l'equazione:

    (3.22)

    Dividendo tutto per e, trascurando gli infinitesimi rispetto alle quantit finite, si perviene allaequazione:

    (3.23)

    che nota come reciprocit delle tensioni tangenziali.

    Fig. 3.8

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-8.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-8.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-8.gif
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    Fig. 3.8: Cubo elementare isolato nel corpo B.

    E' immediato verificare che, con riferimento alle facce normali agli assi ed , risulta e. Si pu perci scrivere :

    (3.24)

    Il tensore degli sforzi risulta essere quindi un tensore doppio simmetrico. Tale propriet riduce da 9 a 6 le

    sue componenti distinte.Nella figura 3.9. illustrato il significato della simmetria con riferimento ad un generico diedro rettangolo.

    Fig. 3.9: Simmetria delle tensioni.

    3.4 EQUAZIONI INDEFINITE DI EQUILIBRIO

    Con riferimento allo stesso cubo elementare sopra utilizzato per dimostrare la reciprocit delle tensionitangenziali (v. Fig. 3.9), si vuole ora esprimere l'equilibrio alla traslazione, ad es. nella direzione dell'asse

    . Si ottiene l'equazione:

    (3.25)

    dalla quale, con ovvie semplificazioni, si deduce:

    (3.26)

    e, per rotazione degli indici:

    (3.26a)

    (3.26b)

    Si sono cos ottenute le equazioni indefinite di equilibrio note anche come equazioni di Cauchy, le qualiesprimono l'equilibrio dei punti interni al corpoB.

    In notazione compatta queste si possono scrivere nella forma :

    (3.27)

    dove, come gi detto, l'indice ripetuto si intende sommato da 1 a 3 ed inoltre il segno "," denota la derivataparziale rispetto alla coordinata individuata dall'indice che segue.

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-9.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-9.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-9.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-9.jpg
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    Una dimostrazione delle (3.27) pu essere fatta osservando che, se il corpoB in equilibrio, sar inequilibrio una qualunque regione , delimitata dalla superficie (v.Fig. 3.10).

    Fig. 3.10

    Devono perci essere soddisfatte le (3.9) :

    ovverosia, nel riferimento :

    che , ricordando le (3.21), divengono :

    e, per il teorema della divergenza, danno luogo a :

    ossia :Per l'arbitrariet della scelta di V'e per la supposta continuit uniforme della funzione integranda,quest'ultima relazione implica che, in ogni punto del continuo deve risultare :

    3.5 EQUAZIONI AI LIMITI

    La relazione (3.4), riferita al puntoP'di Ve tenuta presente la (3.18), fornisce:

    nella quale sono i coseni direttori della normale nesterna al contorno del corpoB.

    In notazione compatta la precedente espressione si scrive:

    (3.28)

    che rappresenta le equazioni ai limiti.

    Le (3.27) e le (3.28), particolarizzate al continuo in esame,

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-27.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-10.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-10.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-9.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-21.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-18.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-27.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-28.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-27.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-10.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-9.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-21.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-18.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-27.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-28.gif
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    (3.29)

    rappresentano le equazioni di equilibrio per tutti i punti del volume Voccupato dal corpoB.

    Si noter che le equazioni di equilibrio disponibili sono tre mentre le componenti di tensione da

    determinare in ogni punto del volume Vsono le sei . La ricerca dello stato di tensione si presentaquindi come un problema tre volte iperstatico.

    3.6 TENSIONE NORMALE E TANGENZIALE

    Partendo dalla espressione (3.21) delle componenti cartesiane del vettore tensione facile esprimere latensione normale e la componente tangenziale lungo una direzione vqualsiasi del generico piano

    (v. Fig. 3.5) individuato dal versore normale n mediante:

    (3.30)

    In componenti le (3.30) danno luogo alle espressioni:

    (3.31)

    essendo i coseni direttori dei versori ne v rispettivamente.

    Le espressioni (3.31) consentono di esaminare come variano, in un puntoP, le componenti al ruotare

    del riferimento che porti la terna iniziale nella terna finale .

    Infatti, posto :

    (3.32)

    per le (3.31), immediato verificare che, ad es., la tensione normale sull'elemento piano di normale k',ossia che ha per normale l'asse , vale:

    (3.33)

    e che la tensione tangenziale nella direzionej', ossia nella direzione dell'asse vale:

    (3.34)

    Si pu porre perci porre, in notazione compatta:

    (3.35)

    La (3.35) conferma la natura tensoriale di . Del resto il nome di "tensore" stato usato per la primavolta proprio nello studio dellostato di tensione.

    3.7 PIANI, DIREZIONI E TENSIONI PRINCIPALI

    Nella stella di piani intorno al puntoP, possibile individuarne alcuni che godono di particolari propriet.

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-21.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-30.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-31.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-31.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-35.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-21.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-5.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-30.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-31.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-31.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-35.gif
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    Fra questi, i pi interessanti sono i piani per i quali il vettore tensione risulta parallelo alla normale n almedesimo piano e, di conseguenza, sui quali la tensione tangenziale nulla.

    Questi piani sono dettipiani principali e le direzioni normali da essi individuate sono dette direzioniprincipali.

    Se n una direzione principale vuol dire che, per la definizione sopra data, si pu porre :

    (3.36)

    in cui il modulo di e, con notazione ormai consueta e ricordando la (3.21) :

    (3.37)

    da cui, ricordando il significato del simbolo di Kronecker, si perviene a :

    ossia

    (3.38)

    Si cos pervenuti ad un sistema omogeneo di 3 equazioni nelle 3 incognite , le quali, peressere dei coseni direttori, non possono essere tutti nulli e di conseguenza ci porta ad escludere lasoluzione banale e dovr perci risultare soddisfatta la condizione:

    che, scritta esplicitamente, fornisce:

    (3.39)

    che l'equazione caratteristica del tensore . Si tratta, come noto, di un'equazione di terzo grado in ,che, introdotta da Lagrange, conosciuta anche col nome di equazione secolare, possiede sempre radicireali , che rappresentano le tensioni principali.

    Se si sviluppa la (3.39) si ottiene la forma esplicita dell'equazione caratteristica del tensore :(3.40)

    in cui

    (3.41)

    sono, rispettivamente, gliinvarianti di primo, secondo e terzo ordine.

    3.7.1 Ricerca delle Direzioni Principali

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-21.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-7a.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-7a.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-39.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-7b.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-7b.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-21.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-7a.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-39.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-7b.htm
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    Sostituendo, una alla volta, le tensioni principali , in (3.38), si ottengono 3 terne di cosenidirettori che individuano le 3 direzioni principali e cio:

    Si dimostra facilmente che le 3 direzioni principali formano una terna ortogonale. Inoltre si vede subitoche:- se le 3 radici di (3.39) sono distinte la terna principale sar univocamente determinata;

    - se si hanno due radici coincidenti risulteranno indeterminate le due direzioni principali nel pianoortogonale alla terza direzione;- se tutte le radici coincidono rimangono indeterminate tutte e tre le direzioni principali. Di conseguenzaogni direzione principale e ci significa che su qualunque elemento piano si esercita la stessa tensione,sempre diretta secondo n, come accade nei fluidi perfetti (principio di Pascal).

    3.7.2 Propriet di Estremo delle Tensioni Principali

    Una strada alternativa per la ricerca delle tensioni principali , discende dalla circostanza che,tra tutte le componenti di tensione, quelle principali godono di una propriet di estremo.

    Infatti se interpretiamo la legge di trasformazione delle componenti del tensore (3.35) come funzionedei coseni direttori e se ricordiamo la condizione di ortogonalit:

    la condizione di stazionariet per la pu ricondursi ad un problema di stazionariet libero per lafunzione

    (3.42)

    in cui rappresenta un opportuno moltiplicatore di Lagrange. Supposte verificate tutte le condizioni dicontinuit richieste, la condizione di estremo facilmente ottenuta annullando le derivate della

    rispetto agli supposti indipendenti e rispetto al moltiplicatore .

    Si ottiene:

    (3.43)

    (3.44)

    E' immediato osservare che la (3.43) coincide con la (3.38), mentre la (3.44) esprime la condizione diortogonalit.

    In particolare i 3 valori che rendono stazionaria la coincidono con le 3tensioni principali .

    Delle 3 tensioni principali una massima, una minima ed una semplicemente stazionaria. Di solito le 3

    tensioni principali vengono ordinate nel seguente modo:

    3.8 STATI DI TENSIONE MONO, BI E TRI-ASSIALI

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-38.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-39.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-35.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-43.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-38.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-38.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-39.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-35.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-43.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-38.gif
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    Gli stati di tensione possono essere classificati in base al numero di tensioni principali uguali a zero. Piprecisamente uno stato di tensione si definisce monoassiale, biassiale oppure triassiale a seconda che visiano due, una, oppure nessuna tensione principale uguale a zero. evidente che tale classificazionediscende immediatamente dall'esame dei coefficienti dell'equazione secolare :

    (3.45)

    senza che sia necessario risolverla. Infatti facile verificare che :se 0 lo stato di tensione triassiale ;

    se =0 e 0 , lo stato di tensione biassiale ;

    e infine se =0 e =0 e 0, lo stato di tensione monoassiale.

    Si pu infine osservare che nel caso monoassiale il vettore tensione relativo a qualunque elemento pianorisulta sempre parallelo ad una medesima direzione, mentre nel caso biassiale risulta appartenente sempread una medesimo piano, che prende il nome di piano delle tensioni. Se in tutti i punti di un solido i piani

    delle tensioni sono paralleli ad una medesima giacitura, si dir che il solido soggetto ad uno stato pianodi tensione.

    3.9 LINEE ISOSTATICHE

    Escludendo i casi di indeterminazione ricordati alparagrafo 3.7.1., in ogni punto del continuo si individuauna terna di direzioni principali relativa ad altrettanti piani principali sui quali agiscono soltanto tensioninormali. In generale da punto a punto del continuo la terna sar diversamente orientata. E' cos possibileindividuare tre famiglie di curve inviluppo delle tre direzioni principali in ogni punto che sono dette lineeisostatiche.

    Ne discende che, lungo le direzioni individuate dalle linee isostatiche, si hanno, per definizione, soltanto

    tensioni normali e la materia risulta perci semplicemente tesa o compressa. Se si potesse concentrare lamateria che costituisce il continuo lungo le linee isostatiche si realizzerebbe una specie di tessuto fibrososollecitato esclusivamente da trazioni o da compressioni, senza tensioni tangenziali che di solito,impegnano il materiale in modo pi sfavorevole.

    Fig. 3.11: Trabecole ossee: "disposizione ottimale della materia".

    In natura esistono esempi interessanti di strutture nelle quali la materia proprio disposta lungo le linee

    isostatiche.Ad esempio il tessuto spugnoso che costituisce le ossa (trabecole ossee) presenta un'architettura tutt'altroche casuale; essa infatti conformata all'andamento delle linee isostatiche corrispondenti alla

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/3_7_1.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/3_7_1.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/3_7_1.htm
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    sollecitazione prevalente a cui sono assoggettate (v. Fig. 3.11). A ci va indubbiamente attribuita lanotevole resistenza da esse posseduta in rapporto al peso di materiale che le costituisce.

    Anche nel campo dell'ingegneria strutturale vi sono alcune importanti applicazioni nelle quali, disponendola materia il pi possibile lungo le traiettorie isostatiche, si cerca di realizzare quanto la natura faspontaneamente: individuazione di schemi reticolari all'interno di strutture complesse, forme particolari digusci che richiamano quelle di alcuni animali, disposizione della armature all'interno delle strutture incemento armato.

    3.10 DEVIATORE DI TENSIONE

    Il tensore delle tensioni, come tutti i tensori del secondo ordine, pu essere scomposto additivamente indue parti, rispettivamente denominate parte sferica e parte deviatorica nel seguente modo:

    (3.46)

    dove , per definizione, tale che

    .

    Risulta pertanto :

    (3.47)

    da cui :

    ossia la media delle tensioni normali.

    Dalle (3.46) si deduce immediatamente:

    (3.48)

    che, in forma esplicita, si pu scrivere:

    (3.49)

    da cui, essendo , si deduce che le direzioni principali del deviatore coincidono conquelle del tensore, mentre facile verificare, che i valori principali di sono dati da:

    (3.50)

    Inoltre, con facili passaggi, si perviene ai seguenti valori per gli invarianti secondo e terzo del deviatore:

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-11.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-46.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-11.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-46.gif
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    (3.51)

    (3.52)

    ed alle loro espressioni in termini di componenti principali:

    (3.53)

    (3.54)

    3.11 RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DI TENSIONE

    Lo stato di tensione, in quanto individuato da un tensore doppio simmetrico, suscettibile di alcunerappresentazioni geometriche fra le quali presenta un particolare interesse applicativo quella introdotta daOtto Mohr, che ora ci si accinge a descrivere, con riferimento agli elementi piani appartenenti ad unmedesimo fascio di sostegno una qualsiasi retta (v. Fig. 3.12). Il generico piano di questo fascio individuato dall'angolo f che n forma con l'asse .

    Fig. 3.12. - Fascio di pianidi sostegno .

    Se sono i coseni direttori di n sussistono le seguenti relazioni :

    Se si sceglie il versore tangente v , individuato dai coseni direttori , in maniera che la coppiad'assi ortogonali (n, v) sia sovrapponibile agli assi del riferimento , facile verificare che:

    Con tali posizioni, le componenti normali e tangenziali del vettore tensione su , ricordando le formule

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-11.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-12.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/nota3-11.htmhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-12.jpg
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    (3.31), risultano:

    da cui

    (3.55)

    Inoltre

    da cui :

    (3.56)

    3.11.1 Costruzione grafica della circonferenza di Mohr

    E' facile provare che le espressioni trovate nel paragrafo precedente per e per sono le equazioniparametriche di una circonferenza nel piano .

    Infatti, eliminando il parametro f dalle (3.55) e (3.56), si perviene all'equazione:

    (3.57)

    che nel, riferimento , appunto l'equazione di una circonferenza di centro Ce raggioR , datida:

    (3.58)

    Questa circonferenza nota come circonferenza di Mohred il piano viene pi

    sinteticamente indicato con .Si ricorda che nel linguaggio tecnico sinonimo di tensione normale, mentre lo di tensionetangenziale.

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-31.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-31.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gif
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    La costruzione di questo cerchio nel piano (s,t) immediata (v. Fig. 3.13). Basta infatti riportare sull'assedelle ascisse s i punti rappresentativi di e sull'asse delle ordinate t il punto rappresentativo di

    ed eseguire la costruzione indicata nella stessa figura.

    Ricordando che le espressioni (3.55) e (3.56) sono la versione parametrica della circonferenza (3.57), sipu affermare che il punto rappresentativo delle componenti descrive una circonferenza alvariare di da 0 a 2 . Si stabilita cos una corrispondenza tra gli elementi piani del fascio di sostegnoed i punti della circonferenza di Mohr.

    Per dimostrare che questa corrispondenza biunivoca, basta far vedere che il generico puntoSdellacirconferenza di Mohr, individuato mandando dal punto , dettopolo dellarappresentazione, la parallela alla traccia del piano ha proprio come coordinate . Infatti,moltiplicando l'espressione (3.55) di per cos f e la (3.56) di per sin f si ottiene:

    Fig. 3.13:Costruzione del cerchio di Mohr.

    e, sottraendo membro a membro e dividendo il risultato per cos f, si perviene all'espressione:

    (3.59)

    la quale dimostra, come si pu dedurre dalla figura 3.13, che le coordinate di Ssono proprio la tensionenormale e tangenziale dell'elemento piano .

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-13.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-57.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-13.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-13.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-57.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-13.jpg
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    3.11.2 Circonferenze principali di Mohr

    E' importante osservare, a questo punto, che se la direzione principale, ed in tal caso la indichiamocon z,la tensione tangenziale la tensione tangenziale totale su ; il fascio di piani si chiamer

    fascio principale e la circonferenza di Mohr associata prende il nome di circonferenzaprincipale relativaalla direzione principale z.

    E' facile ora, dopo aver costruito la circonferenza principale associata alla direzione z, con gli elementi

    base , individuare le altre due direzioni principali ( ) e le relative tensioni principalie .

    Basta infatti proiettare dal polo della rappresentazionePi punti (v.Fig. 3.14) per individuare ipiani principali e quindi le direzioni principali e misurare le ascisse per ottenere leespressioni delle tensioni principali:

    (3.60)

    Inoltre, annullando l'espressione (3.56) di si trova che la direzione principale individuatadall'angolo dato da:

    (3.61)

    Le tensioni tangenziali massime, rappresentate dai punti (v. Fig. 3.15), valgono:

    (3.62)

    e gli elementi piani su cui agiscono sono individuati dall'angolo:

    (3.63)

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-14.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-14.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-15.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-14.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-56.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-15.jpg
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    Fig. 3.14: Tensione normale e tensione tangenziale sul piano di Mohr.

    che ottenuto imponendo, nella (3.55), a il valore

    e risolvendo quindi rispetto a f.

    Si noti che questi piani, su cui la t massima e minima, risultano ruotati di (p/4) rispetto ai pianiprincipali.Resta infine del tutto evidente che quanto detto per il fascio principale di sostegno z pu ripetersiidenticamente per gli altri due fasci principali relativi alle altre due direzioni ed h. Si giunge cos al

    tracciamento delle tre circonferenze principali di Mohr, che risultano mutuamente tangenti (Fig. 3.16). Daquesta si pu anche constatare che, se le tensioni principale vengono ordinate nel seguente modo:

    Fig. 3.15

    allora la ha l'espressione:

    (3.64)

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-16.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/3-55.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo3/formule3/imm3-16.jpg
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    Fig. 3.16: Circonferenze principali di Mohr

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    4. IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI

    4.1 INTRODUZIONE

    Fino ad ora si condotto lo studio del problema della deformazione e di quello della tensione per un corpocontinuo giungendo alla formulazione di importanti relazioni, che sono le equazioni di congruenza, per il

    primo, e le equazioni indefinite di equilibrio e le equazioni ai limiti per il secondo. In entrambi i casi si giunti a tali risultati considerando i due problemi indipendentemente l'uno dall'altro.

    Utilizzando le equazioni ottenute fino ad ora, si possono ottenere alcune relazioni formali che, pur nonrappresentando nulla di concettualmente nuovo rispetto alle equazioni sopra ricordate, forniscono unostrumento analitico molto potente per affrontare una gran quantit di problemi diversi. Tali relazioni hannoquindi un notevole interesse e sono di assoluta generalit essendo valide per qualsiasi continuodeformabile a prescindere dalle sue propriet fisiche.

    4.2 IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI

    Nello studio del problema della deformazione sono state scritte le equazioni di congruenza che, per ungenerico sistema di spostamenti e deformazioni infinitesimi, assumono la forma:

    (4.1)

    Fig. 4.1

    Mentre lo studio dello stato di tensione ha portato alle equazioni di equilibrio:

    (4.2)

    (4.3)

    Abbiamo anche mostrato che .

    Un campo di spostamenti e deformazioni infinitesimi che soddisfa gli eventuali vincoli cinematici esternie le (4.1) detto congruente, mentre un campo di forze e tensioni che soddisfa (4.2) e (4.3) dettoequilibrato.

    Moltiplicando la (4.2) per il campo di spostamenti ed integrando sul volume Vsi ottiene :

    (4.4)

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-2.gif
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    Con riferimento alla identit :

    ed al teorema della divergenza :

    si perviene alla seguente uguaglianza:

    (4.5)

    Partendo dalla scomposizione del gradiente di spostamento :

    (4.6)

    per la congruenza (4.1) si pu scrivere :

    mentre facile riconoscere che :

    il tensore anti-simmetrico della rotazione infinitesima.

    Alla luce di queste posizioni, la (4.4), avuto riguardo alla (4.5), e ricordando che il prodotto

    di un tensore simmetrico per uno emisimmetrico nullo, si perviene alla relazione :

    (4.7)

    che rappresenta l'equazione dei lavori virtuali.

    Il primo membro della (4.7) il lavoro che la forze esterne o compiono in corrispondenza del campodi spostamenti , del tutto indipendente dalle medesime forze esterne e che perci prende il nome dilavoro virtuale esterno :

    Il secondo membro della (4.7) rappresenta il lavoro che le tensioni compiono in corrispondenza delledeformazioni , anch'esse del tutto indipendenti dalle medesime e che perci prende il nome dilavoro virtuale interno. Infatti , se si suppone di associare ad un assegnato campo di tensioni , un campo

    di deformazioni indipendente immediato verificare, con riferimento alla faccia in figura 4.2che :

    per la dilatazione lungo la direzione la forza e quindi, se lo spostamento , il lavoroche viene compiuto , ossia ;

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/Imm4-2.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/Imm4-2.jpg
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    per lo scorrimento tra gli assi la forza , lo spostamento vale:

    e quindi il lavoro sar:

    Fig. 4.2

    Per estensione resta provato che l'espressione

    a secondo membro della (4.7) rappresenta proprio il lavoro che le compiono in corrispondenza delle

    e che perci prende il nome di lavoro virtuale interno :Si pu quindi enunciare il seguente teorema :

    Dato un continuo deformabile V sul quale siano assegnati un campo di spostamenti e deformazioniinfinitesimi qualsiasi purch congruente ed un campo di forze e tensioni qualsiasi purch equilibrate,allora vale l'uguaglianza :

    (4.8)

    Questa uguaglianza, nonostante sia stata dimostrata, spesso nota comeprincipio dei lavori virtuali.

    Se il corpo continuo rigido si ha che e quindi la relazione precedente si scrive semplicemente

    L'equazione (4.7) anche nota comeprincipio degli spostamenti virtuali o comeprincipio dei lavorivirtuali nella forma diretta quando si considera un sistema di spostamenti e deformazioni virtuale; mentreinvece quando si considera il sistema di forze e tensioni come virtuali la (4.7) nota come principio delleforze virtuali, ovverosia comeprincipio dei lavori virtuali nella forma inversa .

    4.3 RELAZIONI TRA EQUILIBRIO, CONGRUENZA E LAVORI VIRTUALI

    Si pu dimostrare che se, con riferimento al solido di figura 4.1., due delle seguenti proposizioni sonovere, la terza anch'essa vera:

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/Imm4-1.jpghttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/Imm4-1.jpg
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    - "il campo di spostamenti e deformazioni congruente"

    - "il campo di forze e tensioni equilibrato"

    - "il principio dei lavori virtuali verificato"

    Si gi dimostrato nel paragrafo precedente che le prime due affermazioni (congruenza ed equilibrio)portano alla formulazione del teorema dei lavori virtuali. Si dimostrer ora che:

    1 ) [P.L.V. + Congruenza] [Equilibrio]Si gi visto che vale la :

    e quindi, per sostituzione nell'espressione (4.7) del principio dei lavori virtuali, si ha :

    e, per l'identit (4.6) si ha :

    Quest'ultima si pu scrivere :

    (4.9)

    Ora, per l'arbitrariet con cui si possono scegliere i campi di spostamento, pur nel rispetto dellacongruenza, discende che, affinch la relazione precedente sia vera, sotto ipotesi di continuit per lefunzioni integrande, necessario che l'argomento di ciascun integrale sia nullo:

    Si ottengono cos proprio le condizioni di equilibrio (4.2), (4.3) e la simmetria del tensore della tensione.

    2 ) [P.L.V. + Equilibrio] [Congruenza]Dal P.L.V. :

    che, per l'equilibrio, assume la forma :

    e l'identit (4.5) si riduce a :

    per la (4.6), diviene :

    Per la simmetria di si ottiene :

    Per l'arbitrariet del campo di tensioni, purch equilibrato, dovr necessariamente essere

    che il risultato cercato.

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo4/formule4/4-6.gif
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    5. IL SOLIDO ELASTICO ED I TEOREMIENERGETICI

    5.1 INTRODUZIONE

    Da quanto discusso fino ad ora si comprende che il problema matematico tipico della meccanica dei

    solidi cos impostato :DATI : V= Volume occupato dal solido= forze di volume assegnate in V

    Condizioni al contorno :forze assegnate sulla porzione di superficie

    spostamenti assegnati sulla porzione di superficie

    TROVARE in ogni punto di V i campi di spostamenti, deformazioni e tensioni :

    (5.1)

    che siano soluzione del seguente problema al contorno :

    Equilibrio

    (5.2)

    Congruenza

    (5.3)

    Come si vede, a fronte di 9 equazioni differenziali alle derivate parziali, occorre determinare le 15funzioni incognite (5.1). In alcuni casi particolari il numero delle funzioni incognite da determinare siriduce tanto da consentire la risoluzione del problema (5.2),(5.3). Si tratta dei problemi cos detti

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-1.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-3.gif
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    staticamente determinati, mutuando il linguaggio della statica dei corpi rigidi. In generale per ilproblema non si pu risolvere se non si tiene conto della particolare natura materiale del solido.

    In altri termini, mentre le equazioni (5.2) e (5.3) valgono in ogni continuo a prescindere dalparticolare materiale di cui costituito, per poter risolvere problemi concreti occorre descrivere ilcomportamento dei singoli materiali attraverso opportune relazioni che siano in grado di individuarele classi di processi che ciascuno di essi in grado di compiere.

    Tali relazioni prendono il nome di equazioni costitutive e, nella formulazione pi semplice, legano iltensore della tensione con quello della deformazione :

    (5.4)

    Le (5.4), che in generale sono non-lineari, rappresentano la pi generale relazione per descrivere ilcomportamento di un materiale elastico, il quale perci caratterizzato dalla propriet che lagenerica componente di tensione determinata dal valore che assumono tutte le componentidi deformazione.

    Si noti che per un materiale elastico non ha alcuna influenza la storia deformativa subita dalmateriale prima che esso venga sottoposto alla nostra osservazione.

    Particolare importanza riveste per le applicazioni nell'ingegneria il caso in cui le equazioni costitutive(5.4) siano lineari, ossia quando sia possibile scrivere le (5.4) nella forma :

    (5.5)

    essendo Cuna applicazione lineare che trasforma lo spazio dei tensori in quello dei tensori ossia,lo spazio dei tensori del secondo ordine in se stesso ; C quindi un tensore del 4 ordine. La (5.5),se passiamo dalla notazione assoluta, alle componenti con riferimento ad una base ortonormale

    , diviene :

    (5.6)

    La (5.6) una generalizzazione della famosa legge di R. Hooke il quale nel 1676 diede il primocontributo in tema di equazioni costitutive. Egli condens le sue esperienze sulle molle di orologi nellarelazione di proporzionalit ( ut tensio sic vis ) :

    Questa relazione, che oggi pu apparire del tutto scontata, ha avuto una notevole importanzametodologica in quanto dimostr la possibilit di misurare la forza, ossia la tensione, attraversomisure di spostamenti, ossia di deformazioni. Inoltre prov l'invarianza della legge costitutiva rispettoal sistema di riferimento.

    La (5.6) descrive pertanto il comportamento di un materiale elastico lineare, e deve la sua estesafortuna alla circostanza che quasi tutti i materiali da costruzione, se poco sollecitati, sono riconducibiliad essa. Essa tuttavia pur sempre la descrizione di un materiale ideale che non esiste a rigore innatura ed in tal senso sarebbe pi corretto parlare di stato elastico anzich di solido elastico o dimateriale elastico.

    5.2 IL SOLIDO ELASTICO LINEARE

    Abbiamo visto nel precedente paragrafo che il solido o, per meglio dire, lo stato elastico lineare, descritto dalla relazione di proporzionalit, generalizzazione della legge di Hooke,

    (5.7)

    in cui sono le componenti, in un riferimento ortonormale, di un tensore del 4 ordine, dettotensore d'elasticit.

    Sviluppando la (5.7) con riferimento ad es. ad una particolare componente di , si ottiene :

    http://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-7.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-2.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-3.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-4.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-5.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-6.gifhttp://www.strutture.unipg.it/scienza/root/capitolo5/formule5/5-6.gifhttp://www.strutture.uni