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C A P I T O L O I

I f a t t i e l e p r o v e

S O M M A R I O : 1. Prove e mezzi di prova. Premesse terminologiche. 2. Prova ed accertamento del fat-

to. Rilievi introduttivi. 3. Prova e verita del fatto, nella variabilita dei modelli processuali. 4. Natura e col-

locazione delle norme sulle prove. 5. Il diritto alla prova e le garanzie costituzionali del ‘‘giusto processo’’.

6. Le prove atipiche o innominate. 7. Le prove formate, acquisite od assunte con mezzi illeciti, illegittimi o

incostituzionali. Quesiti e problemi. 8. Segue: le indicazioni emergenti dalle esperienze comparatistiche. 9.

Segue: problemi e prospettive, nel nostro ordinamento processuale. 10. Segue: i limiti derivati di ammissi-

bilita delle prove atipiche. 11. Le prove scientifiche. 12. I fatti oggetto di prova. 13. Segue: i fatti allegati.

14. Segue: i fatti non contestati. Principi e problemi in discussione. 15. Segue: non contestazione, oneri di

parte e poteri del giudice. 16. Segue: la non contestazione, dopo la riforma del 2009.

1. P r o v e e m e z z i d i p r o v a . P r e m e s s e t e r m i n o l o g i c h e • In un’operaqual e questa – che, per l’impronta genetica da cui e caratterizzata, si propone di con-ciliare il rigore della trattazione sistematica e dell’analisi normativa con l’evidenza deidati giurisprudenziali forniti dal c.d. «processo vivente» – non e fuori luogo una brevedigressione semantica sui termini tecnici da utilizzare. L’introduzione terminologica –che, a prima vista, parrebbe superflua, se non addirittura banale ed ovvia, in rapportoalla notorieta del tema generale – si rivela invece ricca di spunti costruttivi, sul pianopratico, ove sia strumentalmente riferita all’interpretazione delle diverse categorie esuddistinzioni tipologiche del linguaggio probatorio1, contribuendo in misura non tra-scurabile alla chiarezza del discorso complessivo.

Nel linguaggio corrente, prova e tutto «quanto si fa per verificare, conoscere, dimo-strare la veridicita di un’affermazione»2. Da una siffatta definizione – in se, occorredirlo, alquanto generica – sembra potersi cogliere, peraltro, un necessario collegamen-to strumentale o finalistico di tale nozione (attraverso il verbo «verificare» od, a ri-schio di una sostanziale tautologia, mediante il termine «veridicita») con il concettodi «verita», ben piu suggestivo e ricco di implicazioni logico-filosofiche, il cui uso ven-ga riferito ed applicato direttamente ad un «fatto» o, come accade perlopiu, indiretta-mente ad una proposizione verbale, che ne abbia affermato oppure negato l’esistenza.Il che parrebbe condurre ad identificare nel termine «prova» qualsiasi mezzo, di di-mostrazione ricostruttiva e di acquisita conoscenza, idoneo ad accertare (necessaria-mente ex post) quell’affermata o negata «verita».

1 Si veda, infra, il par. 2.2 Od anche «... le qualita di una cosa, le attitu-

dini d’una persona, il funzionamento d’un utensi-

le, d’una macchina ecc. ...»: cosı, ad es., la voceProva, Diz. Enc. It., IX, Roma, 1970, p. 874.

Nel linguaggio tecnico-giuridico, naturalmente, vale la pena di chiedersi se fra«prova» e «verita» sia configurabile il medesimo rapporto teleologico.

A prima vista, una risposta in termini positivi parrebbe del tutto scontata. E, infatti,relativamente agevole sintetizzare nel medesimo concetto di «prova» «la dimostrazio-ne dell’esistenza di un fatto giuridico»3. Ed allora «provare» significa, linearmente,«formare la convinzione del giudice della esistenza o non esistenza di fatti rilevantinel processo»4 (o, se si preferisce, «dell’esistenza o non esistenza di fatti contestati erilevanti»)5. Sicche con il termine prova si possono correttamente designare «tutti imezzi di conoscenza che vengono impiegati nel processo al fine di formulare una de-cisione intorno alla veridicita o falsita delle affermazioni relative ai fatti rilevanti dellacontroversia»6. E tale definizione denota subito come l’oggetto della prova sia non gia,direttamente, l’esistenza o l’inesistenza del fatto incerto, di cui occorre dare dimostra-zione nel processo, bensı, mediatamente, la verita o la falsita delle allegazioni con cuiuna parte ne assume l’esistenza o, per contro, ne oppone l’inesistenza7.

Ora – nella consueta giustapposizione fra i concetti di «prova» e di «mezzo diprova»8, ai quali il nostro legislatore, come normalmente avviene nei sistemi di civillaw9, non avverte alcuna esigenza di attribuire una precostituita definizione10 – il

4 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

3 Cfr., sul punto, ancora il Diz. Enc. It., IX, cit.,p. 875.

4 Cosı, ad es., CHIOVENDA, Principii di dirittoprocessuale civile3, rist., Napoli, 1965, p. 809.

5 In questi termini, ancora CHIOVENDA, Lezionidi diritto processuale civile, raccolte da A. Scotti,Parma, 1902, rist., con Prefazione di Proto Pisani,Milano, 2001, p. 417.

6 Cosı, ad es., TARUFFO, Le prove, in COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile2, Bologna,1998, p. 603. Per un profilo storico perspicuo del-l’evoluzione del concetto di «prova», cfr. L. LOM-

BARDO, La prova giudiziale, Contributo alla teoria delgiudizio di fatto nel processo, Milano, 1999, pp. 1-37. Per altri spunti di analisi terminologica, cfr.A. GRAZIOSI, L’esibizione istruttoria nel processo civileitaliano, Milano, 2003, pp. 3-5.

7 Secondo CARNELUTTI, La prova civile2, Roma,1947, p. 55, «... provare significa infatti, comune-mente, dimostrare la verita di una proposizioneaffermata ...» (o, se piu modernamente si preferi-sce, dimostrare la verita di un enunciato descritti-vo del fatto da provare).

Il che appare del tutto logico. Un fatto contro-verso (e quindi incerto), concepito nella sua dimen-sione storica e nella sua ontologica consistenza,non puo dirsi come tale vero o falso: esso, semmai,sussiste o non sussiste (o, in altre parole, meglioadatte alla ricostruzione processuale di eventipassati, e accaduto oppure non si e verificato, in re-rum natura). Vera o falsa e invece l’affermazione(o la negazione) della sua esistenza, enunciata

da una parte nel processo a fondamento di unapropria allegazione. La verificazione o la falsifica-zione di tale affermazione rappresenta il compitoistituzionale che al giudice e affidato, sulla basedelle prove comunque raccolte in giudizio.

8 Il primo (perlopiu, ma non sempre) designail risultato dimostrativo di un procedimento o di unmezzo probatorio esperito; il secondo, invece, in-dica il «procedimento» o lo «strumento» con cuisia possibile pervenire a quel risultato conoscitivonel processo. Cfr., ad es., nel c.c.: gli artt. 950, 2o

co., 2702-2704, 2712, 2715, 2716, 2719, 2787; nelc.p.c., gli art. 163, 2o co., n. 5, 167, 3o co., 178,203, 414, n. 5, 416, 3o co., 421, 447-bis, 695. Si vedameglio, infra, il par. 2.

9 Negli ordinamenti di common law, invece, eperlopiu presente, a livello tecnico, una chiaradefinizione del concetto di «prova rilevante»(cfr., ad es., nel processo civile statunitense, laRule 401 delle Federal Rules of Evidence, in K.M.CLERMONT, Federal Rules of Civil Procedure, NewYork, 2006, p. 784: «‘‘Relevant evidence’’ meansevidence having any tendency to make the exi-stence of any fact that is of consequence to thedetermination of the action more probable orless probable than it would be without the evi-dence»).

10 Una precisa esigenza di tipo definitorio einvece sentita – come si desume dalle indaginicomparatistiche – negli ordinamenti di tradizionesocialista (ad es., in quello sovietico ante-1990, edanche in quello attuale, dopo la Costituzione del

linguaggio normativo non brilla per eccessiva coerenza, o per meditata chiarezza,nemmeno quando enuncia o richiama, da solo11 od in correlazione con l’«accerta-mento» di determinati eventi o «fatti»12, il concetto, ancor piu impegnativo, di «ve-rita»13. La terminologia legislativa pero, tutto sommato, non alimenta particolari (efastidiosi) equivoci, quando, ad es., parla di «dare prova» con ogni mezzo14, di «for-nire» o di «raggiungere la prova»15, oppure pone ad oggetto di prova (direttamente)la «verita» o la «non verita» di un documento16 o di una determinata circostanza17,l’esistenza di un rapporto giuridico18, od ancora (altrettanto direttamente) la sussi-stenza di talune allegazioni negative19. Ma non mancano, talvolta, dubbi alquantosingolari, alimentati da un equivoco accostamento di nozioni, riferibili indifferente-mente, in un solo contesto, a fattispecie tra di loro diverse20.

I fatti e le prove 5

1993 e le riforme del 2003), nei quali il fine fonda-mentale della ricerca e dell’accertamento della«verita materiale» dei fatti controversi, per il con-seguimento di una decisione «giusta» della lite, sicombina con l’ineliminabile funzione «educativa»e «sociale» del processo, nonche con i compiti distimolo e di impulso, attribuiti al giudice nei con-fronti delle parti, consigliando la codificazionedefinitoria di nozioni tecniche possibilmente pre-cise. Cosı, nella prospettiva di una tendenzialetassativita dei mezzi di prova ammissibili (si ve-dano: da un lato, gli artt. 49, 2o co., e 54 delc.p.c. previgente; dall’altro, gli artt. 55, 2o co., e60 di quello attuale), il concetto di «prova» –che, nell’art. 49, 1o co., del c.p.c. dell’Unione So-vietica del 1964, gia veniva identificato in «qua-lunque dato di fatto in base al quale il giudice,nei modi prescritti dalla legge, stabilisce la sussi-stenza o meno dei fatti dedotti dalle parti a fonda-mento delle loro domande o eccezioni, noncheogni altra circostanza avente rilevanza ai fini diuna giusta decisione della causa» – oggi, nell’art.55, 1o co., del c.p.c. dell’odierna Federazione Rus-sa, viene riprodotto in termini pressoche identici,pur se la comune e ripetuta espressione «dato difatto» stia ancora a contraddistinguere (diremmonoi, nel nostro linguaggio tecnico) piuttosto il fac-tum probans, quale strumento probatorio e baseinferenziale per un’argomentazione presuntiva,che non il factum probandum, quale oggetto princi-pale di prova diretta.

11 Cfr., ad es., perlopiu in rapporto alle for-mule di giuramento: nel c.p.c., gli artt. 193, 251,2o co., 256, 281-ter; nel c.p.p., gli artt. 146, 2o co.,226, 1o co., 497, 2o co. Si vedano, pure, per raffron-ti e riferimenti, nel contesto di fonti giuridichepattizie, gli artt. 14, 17, 2o-3o co., 24, 1o co., e 58del vigente Codice deontologico forense.

12 Si vedano, ad es.: nel c.c., gli artt. 602, 3o

co., 2016, 3o co. 2407, 1o co., 2730, 1o co., 2734, 1o

co.; nel c.p.c., l’art. 395, 1o co., n. 4; nel c.p., gliartt. 479, 480, 481, 483, 596, 1o-3o co., e l’art. 177,1o co., disp. att.; nel d.lg. 24.2.1998, n. 58 (t.u. sul-l’intermediazione finanziaria), l’art. 170; nella l.30.7.1951, n. 948 (sull’ammortamento di titoli rap-presentativi di depositi bancari), l’art. 9, 1o co.; nelr.d. 21.12.1933, n. 1736 (sull’assegno bancario), gliartt. 69, 3o co., e 93, 2o co.

13 Per quanto poca fiducia possa aversi nellacoerenza definitoria e nella consapevolezza epi-stemica del legislatore del 1942, non credo sia re-vocabile in dubbio, quantomeno in linea logica, ilfatto che – in quelle norme in cui un obbligo diverita viene imposto a soggetti diversi dalle parti,in ragione del munus publicum di cui essi sono de-stinatari nel processo (si pensi ai testimoni od aiconsulenti tecnici: art. 193, art. 251, 2o co., art.281-ter c.p.c.) – la «verita», di cui ivi si parla, sia(ne possa non essere che) quella tendenzialmente«oggettiva», «ontologica» o «storica» dei fatti con-troversi, non gia una supposta «verita relativa»,lasciata al libero gioco delle iniziative di parteed alla loro supposta «disponibilita» conoscitiva(ad instar di una verita, per cosı dire, privatamen-te «negoziata» o «patteggiata»).

14 Cfr., ad es, l’art. 269, 2o co., c.c.15 Si vedano, ad es., gli artt. 2006, 2o co., e

l’art. 2007, 2o co., c.c., o l’art. 186-quater, 1o com-ma, c.p.c.

16 Cfr., ad es., sulla querela di falso, l’art. 221,1o co., c.p.c.

17 Si vedano, ad es., gli artt. 602, 3o co. (ove sifa riferimento alla «prova della non verita delladata»), 1141, 1o co., 1611, 2o co., 2206, 2o co.,2298, 2o co., c.c.; o l’art. 840, 3o co., c.p.c.

18 Si pensi, ad es., all’art. 1262 c.c., ove si parladi «documenti probatori del credito» ceduto.

19 Si possono menzionare, ad es., in tal senso,gli artt. 1335 e 1396, 2o co., c.c.

20 Si pensi all’art. 648 c.p.c. ed all’inciso «... se

In ogni caso, ad un analista del linguaggio, sufficientemente critico ed attento, nonprospettano soverchie ed insuperabili incertezze, malgrado la loro genericita ricorren-te, le espressioni utilizzate di solito dalla giurisprudenza, soprattutto quando que-st’ultima si sforza di precisare la corretta classificazione di determinate «prove» (sto-riche o critiche)21 ovvero di tracciare, ma spesso (occorre sottolinearlo) con indebiteconfusioni, l’esatta differenziazione fra contigue, e pur distinte, categorie probatorie(ad es., fra «indizi» e «presunzioni»)22. Le difficolta, poi, non aumentano di molto –

6 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

l’opposizione non e fondata su prova scritta o dipronta soluzione...».

In dottrina, si ha cura di precisare che l’e-spressione «di pronta soluzione» presupporrebbela pronta e disponibile esistenza di mezzi di pro-va lato sensu, a sostegno dell’opposizione, tali danon dare comunque spazio ad una fase istruttoriavera e propria (si pensi ai fatti notori, ai fatti pa-cifici, alle ammissioni di parte, e cosı via; sul pun-to, ad es., cfr. E. GARBAGNATI, Il procedimento d’in-giunzione, Milano, 1991, pp. 178-179), o comunquetali, da potersi assumere in una sola udienza (co-sı, ad es., G. SCARSELLI, Brevi note in tema di art. 648,1o comma, c.p.c. e di rapporti cronologici fra processo acognizione piena ed esecuzione forzata, RTDPC, 1990,pp. 1363 ss., sp.p. 1374; adde sul tema, con altri ri-lievi, A. VALITUTTI-F. DE STEFANO, Il decreto ingiun-tivo e la fase di opposizione3, Padova, 2008, pp. IX-568, sp. pp. 414-434). La giurisprudenza, invece,sovente riferisce l’espressione medesima sia alla«prova» in se [cfr., ad es., ex multis: Trib. Firenze,29.11.1995, Soc. Farmacia S. Marco c. Reg. Tosca-na, RFI, 1996, Ingiunzione (procedimento),n. 103; Trib. Como, ord., 21.2.2000, Lavagnini c.Soc, Plinio General, ivi, 2000, Procedimento civile,n. 300, e, per esteso, assieme a Trib. Venezia, ord.,4.4.2000, FI, 2000, I, 3645, 3653-3654, con nota diC.M. CEA, Spunti in tema di esecutorieta dei provve-dimenti monitori, 3645-3651; Trib. Chiavari,7.6.2003, Avanzino c. Cond. p.za Cavour, 20, Ra-pallo, NGCC, 2004, I, 135-136, con nota di G. RE-

GHITTO, Lodo arbitrale e provvedimento anticipatoriodi condanna, 136-139], sia all’«opposizione» cometale od alle «eccezioni» dell’intimato [in tal senso:Cass., 2.3.1990, n. 1645, RFI, 1990, Ingiunzione(procedimento), n. 46; Trib. Milano, 1.10.1991,Ghirardi c. Soc. Invest, RDPr, 1993, 598-611, concommento di G. GUARNIERI, Sui presupposti per laconcessione della provvisoria esecuzione del decreto in-giuntivo ex art. 648, comma 1o-2o, c.p.c.; Trib. Cata-nia, 31.8.1992, Cons. area sviluppo Catania c. Sar-do, FI, 1993, I, 584-597, con nota di M. MONNINI;Trib. Cagliari, 15.4.1993, Com. Musei c. Di Rienzo,RGSarda, 1994, 360, con nota di G. ZUDDAS, Oppo-sizione di «pronta soluzione» a decreto ingiuntivo eprovvisoria esecuzione, 361; Trib. Como, 21.2.2000,

cit. supra, FI, 2000, I, 3645, con nota di CEA; Trib.Chiavari, 13.3.2001, Costruz. nav. S. MargheritaLigure c. Arredamenti navali Rossi, ivi, 2001, I,2358-2360; Trib. Torino, 15.1.2007, Accati c. Soc.Italgas Piu, GI, 2007, 2015].

21 In argomento, ex multis, cfr., ad es.: sulconcetto di «prova critica o indiretta», nel pro-cesso civile, Cass., 19.1.1995, n. 564, RFI, 1999,Presunzione, n. 9; sui requisiti di certezza, di ge-nuinita e di concretezza, che farebbero assurgerequalsiasi tipo di prova (anche critica) al rango edalla dignita di «prova» piena nel processo pena-le, Cass., 4.2.1988, Barbella, ivi, 1989, Prova pena-le, n. 15.

22 Sull’abbinamento acritico fra «indizi» e«presunzioni», con il concreto rischio di farneun’endiadi del tutto imprecisa, cfr., ad es., nelprocesso penale, Cass., 10.3.1989, Verdiglione,ivi, 1991, voce cit., n. 28, e, per esteso, CP, 1990,I, 1972; nel processo civile, ad es., a proposito del-l’accertamento giudiziale di un’incapacita natura-le (ex artt. 428 e 1425 c.c.), Cass., 16.1.2007, n. 856,RFI, 2007, Contratto in genere, n. 527, e, per este-so, NGCC, 2007, I, 1061-1063, con nota di R. CA-

RACCIOLO, L’incapacita naturale tra questioni di so-stanza e problemi di prova, 1063-1072.

Sul diffuso impiego, quasi sempre con nota-zioni svalutative, del termine «indizio» – che, nel-la giurisprudenza delle Corti europee, assume ilsignificato piu ampio di «prova critica», di cui oc-corre stabilire, di volta in volta, la pertinenza, l’o-biettivita e la concordanza con altre risultanzeprobatorie (in tema di accordi anticoncorrenzialiilleciti, cfr., ad es., C. Giust. CE, 21.9.2006,n. 105/04 P, RFI, 2008, Unione europea e Consi-glio d’Europa, n. 106) – cfr., ad es., da ultimo,Cass., 21.5.2007, n. 11746, ivi, 2007, Prova civile,n. 32 (a proposito dell’efficacia «indiziaria» delledichiarazioni rese da terzi extra judicium); Cass.,2.10.2007, n. 20701, ivi, 2007, voce cit., n. 42 (sulvalore meramente indiziario delle ammissioni re-se dal procuratore ad litem in atti giudiziari da luisottoscritti); Cass., 18.4.2007, n. 9245, ivi, 2007, vo-ce cit., n. 48 (sulla decisivita di una sola presun-zione semplice, nella constata assenza di una ge-rarchia di prove, precostituita ex lege).

ma, certo, non agevolano comunque la corretta percezione dei fenomeni probatori –nemmeno quando il dato giurisprudenziale vada a cimentarsi con raffronti concettua-li ben piu ambiziosi (quali sono, ad es., quelli tra «verita»23 e «verosimiglianza»24) od,ancor piu, con la definizione delle nozioni equipollenti di «verita formale»25 e di «ve-rita processuale»26, che vengono circoscritte entro l’ambito del processo ordinario dicognizione e contrapposte a quelle, proprie di altri tipi di processo, di «verita materia-le»27 o di «verita sostanziale»28.

A prescindere da queste ambivalenze terminologiche, cio che conta e, moderna-mente, la necessita di constatare come appaia ormai generalmente accettata, tanto da-gli studiosi quanto dagli operatori pratici, quella funzione dimostrativa della prova29

che – lo si vedra meglio in seguito30 – nella possibile acquisizione epistemologica31

I fatti e le prove 7

23 Il concetto e, normalmente, abbinato a quel-lo di «accertamento (della)». Cfr., ad es., nel pro-cesso penale, Cass., sez. III, 28.11.2006, Spezzani,RFI, 2007, Dibattimento penale, n. 24; in quello ci-vile, Cass., 20.4.2007, n. 9523, ivi, 2007, Prova do-cumentale, n. 13.

24 L’impiego di questa nozione si appalesa as-sai vario, negli indirizzi giurisprudenziali. A cam-pione, su tale specifica nozione e sui suoi derivati(«verosimile», «inverosimile», «inverosimiglian-za», e cosı via), sporadicamente enunciati anchedalla legge processuale (con riguardo specifico al-le prove orali nel processo civile: si vedano gli artt.2723 e 2724, n. 1, c.c.; sulla rimessione in terminidel contumace, si veda l’art. 294, 2o co., c.p.c.),cfr., ad es., Cass., 7.12.2005, n. 27013, RFI, 2005,Prova testimoniale, n. 10; Cass., 26.2.2004,n. 3869, ivi, 2005, Simulazione civile, n. 16. Per al-tri utili spunti, sulla distinzione fra la mera «vero-simiglianza» e la «verita» (seppur putativa) dellanotizia pubblicata, nel quadro dei requisiti di licei-ta del c.d. diritto di cronaca ex art. 21 Cost. [qualisono, in rapporto all’art. 51 c.p.: la verita oggettivadi tale notizia, l’interesse pubblico alla conoscenzadel fatto (c.d. pertinenza) e la correttezza formaledell’esposizione (c.d. continenza)], cfr., ad es.,Cass., 4.2.2005, n. 2271, ivi, 2006, Responsabilita ci-vile, n. 259, e, per esteso, GC, 2006, I, 1590. Sull’ab-binamento fra «verosimiglianza» e «massime d’e-sperienza», nella valutazione probatoria del giudi-ce penale, cfr., ad es., Cass., sez. I, 21.10.2004, Sala,RFI, 2005, Prova penale, n. 39. Ma l’eterogeneaelencazione potrebbe continuare a lungo.

25 Cfr., ad es., nell’intento di caratterizzare «ledifferenze strutturali, funzionali e teleologichedel processo penale rispetto a quello civile», inrapporto al diverso ambito di efficacia dell’art.395, n. 2, c.p.c., rispetto all’art. 630, lett. c, c.p.p.,Cass., sez. un., 3.5.2005, n. 9098, RFI, 2005, Revo-cazione (giudizio di), n. 6.

26 Cfr., ad es., C. Cost., ord., 2.3.2004, n. 82,RFI, 2004, Testimonianza penale, n. 21, e, peresteso, GP, 2004, I, 144.

27 Con riguardo al processo penale (art. 409,2o co., c.p.p.), cfr., ad es., C. Cost., ord.,19.11.1991, n. 417, RFI, 1992, Indagini preliminari,n. 33. Con riguardo ai poteri del giudice nel pro-cesso del lavoro, ad es., Cass., sez. un., 17.6.2004,n. 11353, FI, 2005, I, 1135, con nota di FABIANI (pro-nunzia che, data la sua specifica importanza, ver-ra citata piu volte nel corso della presente tratta-zione); Cass., 25.6.2007, n. 14696, RFI, 2007, Lavo-ro e previdenza (controv.), n. 69.

28 In rapporto all’art. 507 c.p.p., cfr., ad es.,Cass., sez. V, 4.5.2005, B., ivi, 2006, Dibattimentopenale, n. 97, e, per esteso, DPenProc, 2006, 475,con commento di LA REGINA; in rapporto agli artt.2-3 st. cod., Cass., sez. V, 16.2.1995, Bertoldo, CP,1997, 805, con nota di LO VECCHIO; ed, in rapportoall’art. 395, n. 2, c.p.c., ancora Cass., 3.5.2005,n. 9098, cit., RFI, 2005, Revocazione (giudiziodi), n. 6.

29 Essa si coglie assai bene, ad es., dall’esplici-tazione di taluni fatti secondari (nell’art. 237, 1o co.,c.c., si parla dei «fatti costitutivi del possesso distato») «che nel loro complesso valgano a dimo-strare» la sussistenza di altri fatti principali da pro-vare (nel caso di specie, «le relazioni di filiazionee di parentela fra una persona e la famiglia a cuiessa pretende di appartenere»).

30 Cfr., infra, parr. 3-4-5.31 Sulle, ormai ineludibili, componenti «scien-

tifiche» del ragionamento del giudice, nell’acqui-sizione e nella valutazione delle prove, non puonon fondarsi una nuova, e piu moderna, defini-zione della categoria in se, la quale si identifica(secondo la chiara prospettazione di TARUFFO, Laprova scientifica nel processo civile, in Scritti per F.Stella, II, Napoli, 2007, pp. 1375-1412, sp.p. 1376)come «... lo strumento epistemico diretto a fornire

di una «conoscenza almeno relativa e ragionevole» del loro accadimento, attraverso«adeguati strumenti di accertamento», piu o meno limitato32, della loro esistenza33,appare in grado di condurre ad un controllo razionale della verita, sia pur non assoluta,delle allegazioni (o, se si preferisce, degli enunciati) di parte, aventi per oggetto l’affer-mata (o negata) esistenza di quegli stessi fatti che occorre provare nel processo34.

Tutto cio comporta il definitivo ripudio di quelle concezioni teoriche, le quali – sulpresupposto, da me recisamente contestato35, secondo cui nel processo non sarebbemai possibile pervenire ad un accertamento veritiero dei fatti controversi – tendonoa svalutare (se non, addirittura, a soppiantare) la funzione della prova in termini reto-rici o persuasivi36, secondo la quale, al di fuori di qualsiasi seria aspirazione ad un ac-

8 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

al giudice informazioni controllate ed attendibili in-torno a circostanze utili per un accertamento pos-sibilmente veritiero dei fatti» controversi (corsivoaggiunto).

32 I limiti, come si vedra meglio nel par. 3, so-no immanenti al sistema processuale e si giustifi-cano con le sue specifiche policies. Si rileggano, inproposito, le limpide considerazioni di CHIOVEN-

DA, Principii, cit., pp. 809-810: «... per se la provadella verita dei fatti non puo essere limitata: mala prova nel processo, a differenza della provapuramente logica e scientifica, subisce una primalimitazione nella necessita sociale che il processoabbia un termine: passata in giudicato la senten-za, la indagine sui fatti della causa e definitiva-mente preclusa e da quel momento il diritto nonsi cura piu della rispondenza dei fatti ritenutidal giudice alla realta delle cose, e la sentenza ri-mane come affermazione della volonta dello Statosenza che nessuna influenza conservi sul suo va-lore l’elemento logico da cui e sorta...».

33 Cosı, ad es., si esprime TARUFFO, op. loc. ult.cit.

34 In termini analoghi, ad es., va intesa lato sen-su la nozione di «prova», nella locuzione «provericonosciute o comunque dichiarate false», cheidentifica uno specifico motivo di revocazione del-la sentenza (art. 395, n. 2, c.p.c.). Secondo Cass.,19.3.1983, n. 1957, RFI, 1983, Revocazione (giudi-zio di), n. 7, il concetto de quo va inteso in sensostrettamente strumentale rispetto alle domandeed alle eccezioni proposte dalle parti, quale «mez-zo di controllo della veridicita dei fatti posti a fon-damento delle contrapposte pretese», avuto ri-guardo a qualunque falsita (materiale o ideologi-ca, in atti pubblici o privati e in attivita del proces-so: cfr. artt. 372-374, 476-478, 479-481, 482-491 c.p.)che possa invalidare le prove documentali e le pro-ve costituende (testimonianza, perizia o consulen-za tecnica, ispezione giudiziale), eccezion fatta peril falso giuramento (art. 371 c.p.), alla stregua deiprincipi sanciti dall’art. 2738 c.c. (cfr. infra, Parte

IV, Cap. IV, par. 5). Cosı, testualmente, si esprimela massima di Cass., n. 1957/83: «Il concetto di‘‘prova’’, ai fini dell’ipotesi di revocazione previ-sta dall’art. 395, n. 2, c.p.c., va inteso in senso stret-tamente strumentale rispetto alle domande ed alleeccezioni proposte dalle parti e cioe nel senso dimezzo di controllo della veridicita dei fatti postia fondamento delle contrapposte pretese; pertan-to, l’ipotesi di falsita delle prove considerata dalladisposizione citata non e configurabile in ordine afalsita concernenti attivita meramente processualeche (come, nella specie, la falsita della relata di no-tifica dell’atto introduttivo del giudizio) non inci-dono sulla veridicita delle prove sulle quali si egiudicato e vanno, percio, fatte valere, nell’ambitodello stesso processo in cui sono state poste in es-sere, mediante le eccezioni di nullita ed i normalimezzi d’impugnazione».

Inoltre, secondo Cass., 22.2.2006, n. 3947, ivi,2006, voce cit., nn. 5-7, nel contesto del cit. art.395, n. 2, il concetto di prova – la cui dichiarazio-ne, avvenuta con sentenza passata in giudicato,non e opponibile ai terzi, che non abbiano potutointerloquire o difendersi nel relativo giudizio(cfr., sul punto, con riferimento all’art. 537c.p.p., pure Cass., 22.11.1996, n. 10358, ivi, 1996,Giudizio, rapp., n. 20; Cass., sez. un., 27.10.1999,Fraccari, FI, 2000, II, 65) – va inteso in senso latocome «qualsiasi mezzo o strumento predispostodalla legge perche il giudice possa, attraversoun’attivita percettiva o induttiva, formarsi unconvincimento circa l’esistenza o inesistenza deifatti rilevanti per la causa».

35 Cfr. ancora infra, par. 3.36 Cio non toglie che, a livello definitorio,

tracce precise di siffatta funzione permangano atutt’oggi. Ad es., secondo LIEBMAN, Manuale di di-ritto processuale civile, Principi6, a cura di V. Cole-santi, E. Merlin, E.F. Ricci, Milano, 2002, p. 293,prova e «... tutto cio che puo servire a convincereil giudice dell’esistenza (o inesistenza) di un fat-to...» (corsivo aggiunto).

certamento «effettivo» della verita ontologica (o storica) dei fatti e degli accadimenticontestati, la prova servirebbe unicamente a «persuadere il giudice a decidere in uncerto modo» o a cristallizzare nel processo una mera «fissazione formale» di ciascunfatto rilevante37. Il netto rifiuto della tradizionale contrapposizione, che pur fu auto-revolmente sostenuta in passato38, fra la «verita meramente formale», propria dellaricostruzione giudiziale del fatto, e la «verita reale», accertabile (o comunque attingi-bile) soltanto al di fuori del processo e delle sue molteplici regole limitative, e ormaiuna certa e ponderata conquista della moderna epistemologia.

2. P r o v a e d a c c e r t a m e n t o d e l f a t t o . R i l i e v i i n t r o d u t t i v i • Non epossibile stabilire con formule astratte in quali forme e con quale intensita la certezzadei rapporti giuridici possa attuarsi nel processo, mediante la tutela giurisdizionaledelle situazioni subiettive sostanziali. Tutto dipende, nella variabilita dei casi concreti,da come l’accertamento, contenuto nel provvedimento decisorio del giudice39, riesca a

I fatti e le prove 9

37 Per un’approfondita disamina critica diqueste concezioni, si vedano gli scritti di TARUFFO,Considerazioni su prova e verita, Funzione della pro-va: la prova dimostrativa, nel vol. Sui confini, Scrittisulla giustizia civile, Bologna, 2002, pp. 277-328;nonche lo studio di A. CARRATTA, Funzione dimo-strativa della prova (verita del fatto nel processo e si-stema probatorio), RDPr, 2001, pp. 73-103. Peruna perspicua analisi comparativa dei rapportitra fini del processo e verita dei fatti controversi,con riferimento alle esperienze dei diversi proces-si a confronto (civile, penale e tributario), cfr., pu-re, S. MULEO, Contributo allo studio del sistema pro-batorio nel procedimento di accertamento, Torino,2000, pp. 28-94.

38 Si pensi a CARNELUTTI, La prova civile2, cit.,Roma, 1947, pp. 33-34, 55, secondo cui – in pre-senza di specifici limiti processuali, imposti dalsistema all’indagine del giudice – «provare» nonsignifica piu «... dimostrare la verita dei fatti con-testati, ma determinare o fissare formalmente i fattimedesimi mediante procedimenti dati...» non trattan-dosi «... di una ricerca della verita materiale, ma di unprocesso di fissazione formale dei fatti...» (corsivo neltesto d’origine). Per un’approfondita critica di ta-le impostazione, cfr., da ultimo, J. FERRER BELTRAN,Prova e verita nel diritto, trad. it. di V. Carnevale,con Presentazione di M. Taruffo, pp. 8-11, 42-56(sp. pp. 43-44), 63-92.

39 Riprendo qui, per comodita espositiva, l’e-spressione adottata nell’art. 2909 c.c., lasciandonepero da parte le ulteriori valenze e sfumature sulpiano strettamente tecnico (cfr., in proposito, E.F.RICCI, Accertamento giudiziale, Digesto/civ., I, Tori-no, 1987, parr. 1-13, sp. 1-29). Cio che intendo sot-

tolineare, qui, e soltanto l’esigenza primaria diuna indispensabile intermediazione tra diritto eprocesso, poiche il primo si realizza nel secondosolo se «vestito della prova» (CARNELUTTI, La provacivile2, cit., p. 3). Sul tema, cfr. P. RESCIGNO, Manua-le del diritto privato italiano4, Napoli, 1980, pp. 341-344 (op. cit.6, Napoli, 1984, pp. 370-373; op. cit.11,Napoli, 1995, pp. 370-373); con riguardo partico-lare alle teorie del giudicato, A. SEGNI, Della tutelagiurisdizionale dei diritti, in Comm. Scialoja-Branca,Libro VI, Tutela dei diritti, artt. 2900-2969, Bolo-gna-Roma, 1960, pp. 284 ss., 302 ss.

Data la vastita delle materie trattate, sarebbepressoche impossibile un’esauriente bibliografiaintroduttiva. Mi limito a richiamare i piu impor-tanti contributi scientifici degli ultimi anni, cheassumono maggiore rilevanza nel contesto dellapresente Parte, rinviando, per altri riferimenti, al-le piu specifiche indicazioni di volta in volta pre-cisate nel prosieguo.

Sui temi generali (giudizio di fatto, profili isti-tuzionali della prova, rapporti fra prove, poteridelle parti e del giudice, teorie probatorie, model-li di prova, ecc.), cfr. soprattutto, in ordine alfabe-tico: C. BESSO MARCHEIS, Probabilita e prova: conside-razioni sulla struttura del giudizio di fatto, RTDPC,1991, pp. 1119-1163; B. CAVALLONE, Oralita e disci-plina delle prove nella riforma del processo civile,RDPr, 1984, pp. 634-658, part. 639-645; ID., Rifles-sioni sulla cultura della prova, RIDPP, 2008, pp.949-983; ID., Il giudice e la prova nel processo civile(volume in cui confluiscono, oltre agli scritti chesi menzioneranno in seguito, altri importanti con-tributi sui poteri istruttori del giudice, nonche suliberta e legalita della prova), Padova, 1991,

riflettere, sia pur in termini relativi, un grado di approssimazione, quanto piu elevatopossibile, alla verita materiale (o storica) dei fatti che si allegano a suffragio delle pretese

10 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

pp. V-XIII, 3-556; S. CHIARLONI, Riflessioni sui limitidel giudizio di fatto nel processo civile, RTDPC, 1986,pp. 819 ss.; LOMBARDO, La prova giudiziale. Contri-buto alla teoria del giudizio di fatto nel processo, cit.,Milano, 1999, pp. XIV, 1-586; S. PATTI, Prova, I)Dir. proc. civ., EG, XXV, Roma, 1991, parr. 1-5;ID., Prove, Disposizioni generali, in Comm. Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Libro Sesto: Tuteladei diritti artt. 2697-2698, Bologna-Roma, 1987,pp. IX-XXVIII, 1-198; ID., Libero convincimento e va-lutazione delle prove, RDPr, 1985, pp. 481-519; ID.,Della prova documentale, in Comm. Scialoja-Branca.,ult. cit., Libro Sesto: Tutela dei diritti, artt. 2699-2720, Bologna-Roma, 1996, pp. VI-XVII, 1-166;ID., Prova testimoniale, Presunzioni, in Comm. Scialo-ja-Branca, ult. cit., Libro sesto: Tutela dei diritti, artt.2721-2729, Bologna-Roma, 2001, pp. XVIII-149;G.F. RICCI, Prove ed argomenti di prova, RTDPC,1988, pp. 1036-1104; ID., Premesse ad uno studio sul-le prove atipiche, Arezzo, 1990, pp. 9-220; ID., Leprove atipiche, Milano, 1999, pp. X, 1-651; ID., Provepenali e processo civile, RTDPC, 1990, pp. 845-909;ID., Principi di diritto processuale generale, Torino,1995, pp. 287-350; M.R. SAULLE, Prova, IV) Dir.int. priv. e proc., EG, XXV, Roma, 1991, parr. 1-6;M. TARUFFO, Giudizio (teoria generale), EG, XV, Ro-ma, 1988, parr. 1-7, part. 4 (giudizio di fatto); ID.,Libero convincimento del giudice, I) Dir. proc. civ.,EG, XVIII, Roma, 1990, parr. 1-7; ID., Prova, VI)Dir. comp. e stran., XXV, Roma, 1991, parr. 1-5;ID., Modelli di prova e di procedimento probatorio,RDPr, 1990, pp. 420-448; ID., Note per una riformadel diritto della prova, ivi, 1986, pp. 237-292, part.238-253; ID., La prova dei fatti giuridici, Nozioni ge-nerali, in Tratt. Cicu-Messineo, continuato da L.Mengoni, Milano, 1992, pp. 1-500; ID., Prova (ingenerale), Digesto/civ., XII, Torino, 1995, parr. 1-30; ID., Elementi per un’analisi del giudizio di fatto,RTDPC, 1995, pp. 785-821; ID., Verita negoziata?,RTDPC, 2008, num. spec., pp. 69-98; ID., La sempli-ce verita. Il giudice e la costruzione dei fatti, Bari,2009, pp. 3-318 [sul che, cfr. CAVALLONE, In difesadella veriphobia (considerazioni amichevolmente pole-miche su un libro recente di Michele Taruffo), RDPr,2010, pp. 1-26]; G. TARZIA, Problemi del contradditto-rio nell’istruzione probatoria civile, RDPr, 1984,pp. 634-658, part. pp. 639-645 (e poi in Problemidel processo civile di cognizione, Padova, 1989,pp. 353-376); G. VERDE, Prova – b) Teoria gen. edir. proc. civ., ED, XXXVII, Milano, 1988, pp. 579-648; ID., Prova legale e formalismo, FI, 1990, V,465-474; ID., La disciplina delle prove nei processi

del lavoro e del pubblico impiego, RDPr, 1986,pp. 70-100, part. 74-83.

Per ulteriori aggiornamenti sull’istruzioneprobatoria e sulle singole prove, cfr. altresı: COMO-

GLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bolo-gna, 1995, pp. 507-581 (donde sono tratte moltedelle citazioni successive); ID., op. cit.2, Bologna,1998, pp. 603-682; il mio vol. Riforme processuali epoteri del giudice, Torino, 1996, Parte II, Cap. I,pp. 137-207; F.P. LUISO, Diritto processuale civile3,II, Milano, 2000, pp. 69-173; C. CONSOLO, Il processodi primo grado e le impugnazioni, III, Padova, 2009,pp. 181-254; E.T. LIEBMAN, Manuale di dir. proc. civ.,Principi5, con emendamenti di E.F. Ricci e di W.Ruosi, Milano, 1992, pp. 317-420; ID., op. cit.6, acura di V. Colesanti, E. Merlin, E.F. Ricci, Milano,2002, pp. 291-385; C. MANDRIOLI, Corso di dir. proc.civ., II9, Torino, 1993, pp. 131-236; ID., op. cit., II10,Torino, 1995, pp. 139-246; ID., Diritto processualecivile, II14, Torino, 2002, pp. 59-70, 163-189, 190-277; ID., op. cit., II15, Torino, 2003, pp. 169-285; G.MONTELEONE, Diritto processuale civile, I, Padova,1994, pp. 254-276, e II, Padova, 1995, pp. 77-135;ID., Manuale di dir. proc. civ.5, I, Padova, 2009,pp. 409-467; L. MONTESANO-G. ARIETA, Diritto pro-cessuale civile, II, Torino, 1994, pp. 73-122; ID., Trat-tato di diritto processuale, I, Principi generali. Rito or-dinario di cognizione, Tomo II, Padova, 2001,pp. 1165-1372; PROTO PISANI, Lezioni sul processo ci-vile, Napoli, 1994, pp. 445-493; S. SATTA-C. PUNZI,Diritto processuale civile11, Padova, 1992, pp. 339-381; ID., op. cit.12, Padova, 1996, pp. 379-422; ID.,op. cit.13, Padova, 2000, pp. LII-1130, part.pp. 317-353; G. TARZIA, Lineamenti del nuovo proces-so di cognizione, Milano, 2009, pp. 198-224; G. VER-

DE, Profili del processo civile4, Parte generale, Napoli,1994, pp. 134-144; ID., Il nuovo processo di cognizio-ne, Lezioni su primo grado e impugnazioni in generale,Napoli, 1995, pp. 67-133. Si aggiungano altresı,con vasti riferimenti giurisprudenziali: F. DE STE-

FANO, L’istruzione della causa nel nuovo processo civi-le, Padova, 1999, pp. VIII-406; G. GRASSELLI, L’i-struzione probatoria nel processo civile, Padova,1997, pp. XVIII-602; M. CONTE, Le prove nel processocivile, Milano, 2002, pp. XVII-406; ID., Le prove civi-li, Milano, 2005, pp. XX-732; M.T. MOTTOLA, Leprove orali nel processo civile alla luce della riforma,Milano, 2006, pp. XVI-400; AA.VV., Le prove civili,agg. con le l. 14.5.2005, n. 80, e 28.12.2005,n. 263, a cura di P. Leanza, Torino, 2007,pp. XIV-702; nel processo tributario, G.M. CIPOL-

LA, La prova tra procedimento e processo tributario,

dedotte. Ma la certezza e la verita, nel loro significato non assoluto, presuppongono laconoscenza, la dimostrazione, la ricostruzione (narrativa oppure logica) di cio che al giu-dice inizialmente non e noto, poiche nel giudizio l’inventio costituisce una premessagnoseologica indispensabile delle scelte decisionali, motivate a posteriori dalla demon-stratio logico-giuridica40.

Se cio e corretto in teoria, sul piano pratico il proprium del concetto di «prova» nonpuo che scaturire da una qualificazione di tipo strumentale. In altri termini, la «prova»– al di fuori (e al di la) delle variabili definitorie o delle diverse sfumature semantiche– fornisce al giudice gli strumenti conoscitivi necessari per la corretta e razionale ricostru-zione in giudizio di accadimenti passati, consentendogli in tal modo di formare il pro-prio convincimento sulla verita (o sulla non verita) dei fatti storici, rispettivamente al-legati (od enunciati) dalle parti in lite. Essa dunque, secondo una nozione ontologica,che a parer mio va accolta come una costante di metodo, esprime l’idoneita funzionale

I fatti e le prove 11

Padova, 2005, pp. XVI-750. Vale altresı la pena disegnalare la ripubblicazione – nel vol. di Studi sul-le prove civili, Milano, 2008, pp. V-527 – di tutti gliscritti dedicati, oltre alla voce Prova del NovissDI,XIV, Torino, 1967 (ivi, pp. 1-108), da V. ANDRIOLI

al tema delle prove (ivi, pp. 1-415).Tra i piu recenti contributi, a livello manuali-

stico, si vedano: COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezionisul processo civile4, I, Bologna, 2006, pp. 413-491(le tre lezioni sulle prove sono di Taruffo); LUISO,Diritto processuale civile4, II, Milano, 2007, pp. 70-163; ID., op. cit.5, Milano, 2009, pp. 71-105; MAN-

DRIOLI, Diritto processuale civile20, II, Torino, 2009,pp. 171-297; N. PICARDI, Manuale del processo civile,Milano, 2007, pp. 265-317; PROTO PISANI, Lezioni didiritto processuale civile5, Napoli, 2006, pp. 401-448;C. PUNZI, Il processo civile, Sistema e problematiche,II, Torino, 2008, pp. 68-144; ID., op. cit.2, II, Torino,2010, pp. 74-154; B. SASSANI, Lineamenti del processocivile italiano, Milano, 2008, pp. 217-244; VERDE,Profili del processo civile, 24, Napoli, 2008, pp. 63-128; ID., Diritto processuale civile, 2. Processo di co-gnizione, Bologna, 2010, pp. 59-123.

Nel processo penale, cfr. il trattato AA.VV., Laprova penale, diretto da E. Gaito, Torino, 2008, I, Ilsistema della prova, pp. XXI-622; II, Le dinamicheprobatorie e gli strumenti per l’accertamento giudizia-le, pp. XX-1000; III, La valutazione della prova,pp. XIV-478.

Nel panorama comparatistico europeo, cfr.,poi, l’ampia trattazione di J. MONTERO AROCA, Laprueba en el proceso civil3, Madrid, 2002, part.pp. 47 ss., 77 ss., 135 ss., 377 ss. (cui si fara spessorinvio nel prosieguo della trattazione).

Nella dottrina civilistica, ex plurimis: RESCIGNO,op. cit.11, rist., Napoli, 1995, pp. 373-378; S. MAZ-

ZAMUTO, in Istituzioni di diritto privato2, a cura diM. Bessone, Torino, 1995, pp. 1100-1107. Fra i

commenti alle norme del c.c. sulla prova, cfr., al-tresı, C.c. ipertestuale, a cura di G. Bonilini, M.Confortini, C. Granelli, Tomo II, artt. 1655-2969,Torino, 2000.

Con riferimenti giurisprudenziali, sull’interaistruzione probatoria, disciplinata nel c.p.c., cfr.pure CARPI-TARUFFO, Commentario breve al c.p.c.3,Padova, 1994, pp. 251-259; ID., op. cit.4, Padova,2002, pp. 648-811; ID., op. cit.6, Padova, 2009, pp.728-885; C. CONSOLO-F.P. LUISO (a cura di), Cod.proc. civ. commentato2, I-II, Milano, 2000, sub artt.191-266, pp. 1142-1300; N. PICARDI (a cura di),Cod. proc. civ.2, Milano, 2000, pp. XXXVIII-2616,sub artt. 202-266; R. VACCARELLA-G. VERDE, C.p.c.commentato, II, Torino, 1997, pp. 144-384: ID., op. -cit., Aggiornamento, I, Torino, 2001, pp. 379-466;infine, COMOGLIO-VACCARELLA, C.p.c. ipertestuale2,Torino, 2008, sub artt. 175-266, pp. 723-941 (edivi, in particolare, i miei commenti agli artt. 115-117 c.p.c., pp. 563-591).

Nel corso della presente monografia, che haintegralmente riveduto ed ampliato le edizioniprecedenti, cerchero di conservare – fin dove siapossibile, onde non scardinare ab imis il corpusgia consolidato di indicazioni bibliografiche –l’impianto originario delle citazioni dottrinali.Di volta in volta, tuttavia, verranno specificatele citazioni tratte da edizioni successive delle me-desime opere.

40 Sul punto, CARNELUTTI, Matematica e diritto,RDPr, 1951, I, pp. 201-212, sp. 201-203. In argo-mento, cfr. ancora S. PUGLIATTI, Conoscenza, ED,IX, Milano, 1961, pp. 45-131, sp. 48 ss., 52-58, 71-72. Con ulteriore approfondimento, su verita ecertezza, G. CONSO, La certezza del diritto: ieri, oggi,domani, RDPr, 1970, pp. 547-559; G. SANTUCCI, Ac-certamento e certezza del diritto, ivi, 1975, pp. 409-415.

del «mezzo» probatorio a determinare – fondandola anche da se solo, con piena autono-mia ed autosufficienza – la formazione di quel convincimento (la quale, immediatamente,ha per oggetto la verita o la falsita delle allegazioni enunciate dalle parti e, mediata-mente, la reale sussistenza o insussistenza dei fatti da esse allegati)41. Si tratta, dun-que, di quella nozione che – riferita non tanto alle c.d. prove legali, la cui efficacia pro-batoria e gia rigidamente e inderogabilmente fissata a priori dalla legge42, quanto piut-tosto alle c.d. prove libere, soggette al prudente apprezzamento del giudice (ex art. 116,1o co., c.p.c.) – viene piu correntemente definita, in funzione di tale sua autosufficien-za decisoria, come prova piena43.

Essa, tuttavia, risente non soltanto dei limiti naturali (del tutto ovvi), che in assolutocondizionano l’umana conoscenza, ma anche dei limiti modali e tecnici, che, per volontadelle leggi processuali, sono imposti all’attivita di cognizione, con cui, su iniziativa diparte o d’ufficio, il giudice e in grado di «accertare» i fatti controversi44. Nei suoi punti

12 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

41 Nel panorama comparatistico dei Paesi dicivil law, l’art. 341 del vigente c.c. portoghese e,forse, il piu perspicuo esempio di predetermina-zione normativa della funzione tipica della prova,in rapporto alla necessita di «dimostrare» la «ve-rita» reale dei fatti controversi (Funcao da prova:«As provas tem por funcao a demonstracao darealidade dos factos»).

42 Nelle ipotesi eccezionali e residuali di «pro-va legale», infatti, la nozione di «piena prova»(cfr., ad es., l’art. 2700 o l’art. 2702 c.c.) esprimesoprattutto la piena incontrovertibilita – assoluta(come nel giuramento: art. 2738 c.c.) o relativa(come nel caso di un documento impugnabilecon la querela di falso, ovvero di una confessionesuscettibile di «revoca», ex art. 2732) – del risulta-to probatorio, consacrato dall’acquisizione o dal-l’assunzione del mezzo di prova, sia nei confrontidelle parti, sia nei confronti del giudice.

43 Cfr., sul punto, ad es., TARUFFO, Le prove,cit., in COMOGLIO, FERRI, TARUFFO, op. cit., p. 612.

44 La suaccennata nozione ontologica di prova –dotata di autonomia e di autosufficienza nel fonda-re, anche da sola, il convincimento del giudice –trova, oggi, precisi riscontri pure nel processo pe-nale «accusatorio» del 1988. Qui, la fase delle in-dagini preliminari (in cui si ricercano fonti od ele-menti di prova, ma non gia prove in senso pieno) sidistingue chiaramente dalla fase dibattimentale(sede naturale di formazione dialettica della provain senso proprio), nonche dalle fasi ad essa assi-milate (cfr., ad es., il c.d. incidente probatorio:artt. 392-404 c.p.p.). Ma, grazie a quella nozione,per nulla scalfita dalle variazioni terminologichedelle norme, la suddetta distinzione strutturalenon impedisce che gli elementi probatori, acquisitinel corso dell’indagine preliminare, pur non co-stituendo mai prove in senso pieno, siano di per

se sufficienti a fondare, da soli, importanti decisionigiurisdizionali sulla regiudicanda, pronunziatedal g.i.p. prima e al di fuori di qualsiasi dibatti-mento (si pensi alle sentenze di non luogo a pro-cedere, ai decreti di condanna ed alle sentenzeemesse nei riti alternativi: artt. 129, 424-425, 442,444-445 e 460 c.p.p.). Per un piu approfondito esa-me dei problemi, si vedano i miei studi (ora ripro-dotti, con aggiornamenti e modifiche, nel vol. Ri-forme processuali e poteri del giudice, cit., Parte II,Cap. II, par. 2, e Cap. III, parr. 1/6, pp. 216-220,251-285): Prove ed accertamento dei fatti nel nuovoc.p.p., RIDPP, 1990, pp. 113-147, 121-122; Lessicodelle prove e modello accusatorio, RDPr, 1995,pp. 1201-1230, 1227-1230. Ma – sui rapporti traprova, giudizio e verita, nonche sulla concezionedialettica della prova e sul c.d. relativismo probatorio– si veda soprattutto, nella dottrina del processopenale, G. UBERTIS, Prova (in generale), Digesto/pen., X, Torino, 1995, pp. 296-338, part. pp. 298-306.

Con ampi riferimenti ai temi fondamentalidella prova e del procedimento probatorio, infunzione dei fini processuali, cfr. soprattutto:MANDRIOLI, Corso, cit., II, pp. 131-133 (e II10, Tori-no, 1995, pp. 139-141); TARUFFO, La prova dei fattigiuridici, cit., pp. 1-66, part. pp. 58-66; ID., Giudizio(teoria gen.), cit., par. 4; VERDE, Prova legale e forma-lismo, 465-466 (ove si individua nella «prova» lacapacita di far rivivere nel presente un avveni-mento passato, ossia «un tramite o un ponte trapassato e presente»).

Sui rapporti tra fatto e diritto, tra fatti ed affer-mazioni, tra attivita probatorie e struttura logico-sillogistica delle operazioni intellettive del giudi-ce, si veda la perspicua sintesi di V. ANDRIOLI, Prova(dir. proc. civ.), NovissDI, XIV, Torino, 1967,pp. 261-265, sp. 263, 264. Nel senso che la prova

innegabili di contatto con la ricerca storiografica45, questa attivita mira a ricostruire,sulla scorta di circostanze «dimostrabili» in giudizio, accadimenti verificatisi in prece-denza, di cui non e piu possibile avere un’esperienza empiricamente diretta. Nell’u-tilizzazione di quelle circostanze (purche, a loro volta, munite di efficacia probanteo dimostrativa), essa, quindi, assume l’argomentazione dal fatto noto a quello ignora-to – cioe, lo schema caratteristico della c.d. prova per induzione46 – quale costante strut-turale del giudizio di fatto, o, piu in generale, dell’iter intellettivo di apprezzamento edi valutazione delle prove47.

Ora, il fatto ignoto, del quale si controverte, puo dirsi positivamente (o negativa-mente) «accertato» nella sola misura in cui le ipotesi e le proposizioni (o, in altri ter-mini, gli enunciati) che si formulano sulla sua esistenza (o sulla sua inesistenza) – cioele allegazioni con cui, in giudizio, lo si afferma o, viceversa, lo si nega – siano suscetti-bili di una convincente «spiegazione» o «conferma» logica48. Ne deriva che il giudiziodi fatto implica anzitutto una verificazione di proposizioni descrittive correlate, attra-verso le quali il fatto principale (o il factum probandum) viene affermato come vero o co-me non vero, ma poi impone al giudice una scelta decisoria tra piu soluzioni (o «ver-sioni») possibili della medesima fattispecie concreta, nell’intento di isolarne e adottar-ne quella (per cosı dire) piu persuasiva (e, quindi, «vera»), da porre a fondamento del-la pronunzia finale.

Tale verificazione si avvale per lo piu (ma non sempre) di una prova direttamenterappresentativa del fatto principale da provare – soluzione, di per se, ottimale e pre-feribile – ma non di rado, invece, si serve della mediazione di un fatto secondario (ofactum probans) di cui si da per dimostrata (e certa) o si intende dimostrare l’esistenzacon i mezzi probatori disponibili, onde argomentarne poi l’esistenza (o l’inesistenza)di quello principale. Il convincimento del giudice si fonda, in buona sostanza, su diuna rappresentazione ipotetica, che gli elementi probatori acquisiti lo inducono a ri-

I fatti e le prove 13

non e conoscenza in genere, ma conoscenza rivoltaalla verificazione di un giudizio, cfr. CARNELUTTI,Prova civ. e pen., Enc. It., XXVIII, Roma, 1935, rist.,1949, pp. 390-393. Sui rapporti inferenziali tra fac-tum probandum e factum probans, nel riferimentod’origine all’elaborazione di common law, si rileg-gano le classiche pagine di J. BENTHAM, Traite despreuves judiciaires, trad. E. Dumont, I, Paris,1823, pp. 16-18.

Per un’accurata sintesi di problemi, v. anco-ra, in generale, MANDRIOLI, Corso, cit., I9, Torino,1993, pp. 96-104, e II, pp. 53 ss., 131 ss., nonchela mia voce Istruzione e trattazione nel processo ci-vile, Digesto/civ., Torino, 1993, parr. 1-17 (nonche,poi, con i necessari aggiornamenti, in Riformeprocessuali e poteri del giudice, cit., Parte II, Cap. I,pp. 137-207).

45 Cfr., PUGLIATTI, op. ult. cit., pp. 96-98; non-che soprattutto TARUFFO, Il giudice e lo storico: con-siderazioni metodologiche, RDPr, 1967, pp. 438-465;

ID., La prova dei fatti giuridici, cit., pp. 301-331,part. 310-315 (ed ivi pure rilievi sul rapporto fragiudice e scienziato, pp. 303-310). In argomento,si aggiungano altresı le considerazioni di G. CAPO-

GRASSI, Giudizio processo scienza verita, RDPr, 1950,I, pp. 1-22, part. p. 10.

46 Si pensi al meccanismo logico-giuridicodell’inferenza presuntiva (artt. 2727 e 2729 c.c.).

47 Siffatta argomentazione, su cui l’art. 2727c.c. imposta la definizione normativa della pre-sunzione, si attaglia tipicamente alle prove c.d.critiche, o, fra le prove orali, a quelle moderna-mente definite per induzione. Cfr., in proposito: RE-

SCIGNO, op. ult. cit., p. 347; TARUFFO, Studi sulla rile-vanza della prova, Padova, 1970, pp. 231-247, e Cer-tezza e probabilita nelle presunzioni, FI, 1974, V, c.83-84; COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processocivile, cit., p. 551.

48 Ancora TARUFFO, Il giudice e lo storico,pp. 442 ss., 446 ss.

tenere come ricostruzione piu attendibile del fatto incerto, in conformita con la propo-sizione assertiva (in altre parole, con l’enunciato di fatto) di una delle parti in lite.

Sicche, nell’ambito di una conoscenza empirica, in cui il «certo» spesso non ha piuconsistenza del «probabile» (e, solo eccezionalmente, del mero «verosimile»), il giudi-ce «spiega» il fatto stesso, verificandone l’ipotesi descrittiva mediante schemi di ragio-namento, che nulla propriamente hanno di deduttivo, ma sviluppano inferenze di tipoinduttivo, ancorate ad una qualificazione differenziale del grado di probabilita (quantopiu elevato possibile), da cui sia lecito trarre un modulo razionale di conferma logica diquell’ipotesi, da assumersi poi come dimostrata (e quindi, in termini processuali, co-me vera)49.

Queste considerazioni trovano un riscontro adeguatamente preciso sia nel linguag-gio corrente50, sia pure in quello normativo.

Ferma restando l’impronta strumentale e modale, conservata dal legislatore agliistituti del diritto probatorio51, la «prova» identifica non tanto (o non soltanto) il pro-cedimento (od il giudizio) dimostrativo, quanto piuttosto il suo risultato finale, capacedi rappresentare al giudice l’esistenza (o l’inesistenza) di quei fatti, giuridicamente ri-levanti, che i soggetti in lite – nello schema tracciato dall’art. 2697 c.c. – asseriscono,oppure negano, a fondamento del diritto azionato o dell’eccezione opposta ex adver-so52. Il «mezzo di prova» – come si desume dalla stessa terminologia processuale

14 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

49 Con adeguata analisi, cfr. TARUFFO, Studisulla rilevanza della prova, pp. 36-39 ss., 235 ss.;ID., Certezza e probabilita, c. 83, 89 ss., 97-98; ID.,La prova dei fatti giuridici, cit., Capp. II-IV,pp. 67-299; ID., Funzione della prova: la funzione di-mostrativa, RTDPC, 1997, pp. 553-573, sp. pp. 556-558.

La tradizionale struttura sillogistica del giudi-zio di fatto, oggi dai piu contestata, presupponedi individuare nelle c.d. massime d’esperienzala premessa maggiore, da cui muovere per i sus-seguenti passaggi a quella minore ed alla conclu-sione finale. Vedansi al riguardo: gia F. STEIN, Dasprivate Wissen des Richters, Neudruck der AusgabeLeipzig 1893, Aalen, 1969, pp. 14 ss., 21 ss., 34 ss.;nella dottrina contemporanea, D. LOEBER, Die Ver-wertung von Erfahrungssatzen durch den Richter imZivilprozess, juristische Dissertation, Kiel, 1972,pp. 6-10; quindi, L. ROSENBERG-K.H. SCHWAB, Zivil-prozessrecht10, Munchen, 1969, § 116, II, 1, pp. 573-574; H. THOMAS-H. PUTZO, Zivilprozessordnung mitGerichtsverfassungsgesetz15, Munchen, 1987, Vor-bem. § 284, n. 6 b, pp. 582-583; ed ancora, BAUM-

BACH-LAUTERBACH-ALBERS-HARTMANN, Zivilprozes-sordnung mit GVG und anderen Nebengesetzen31,Munchen, 1973, p. 604. Nella nostra dottrina: E.GRASSO, La pronuncia d’ufficio, I, Milano, 1967,pp. 21-30; in termini critici, ancora TARUFFO, Studi,cit., pp. 197 ss. (e, piu in generale, Il giudice e lostorico, pp. 454-462).

Sul richiamo alle leggi della statistica, comescienza delle probabilita, nel contesto dell’attivitadi applicazione del diritto, sono ancora attuali i ri-lievi di CARNELUTTI, Matematica e diritto, pp. 207-209. Per altri accenni, V. DENTI, Scientificita dellaprova e libera valutazione del giudice, RDPr, 1972,pp. 422-423, 430-433.

50 Si consulti, ad esempio, la voce Prova nelLessico univ. it., XVIII, Roma 1977, pp. 21-22.

51 Per alcuni cenni specifici, cfr. la Relazioneministeriale al c.c. (n. 1065, 2o cpv., in Leggi e de-creti, Roma, 1942, I-bis, p. 574).

52 Vanno in tal senso interpretate le espressio-ni che si trovano presenti nel cit. art. 2697, 1o-2o

co., c.c. (DENTI, La verificazione delle prove documen-tali, Torino, 1957, pp. 1-2). Nella medesima pro-spettiva, «provare» un fatto dovrebbe dinamica-mente equivalere a «dimostrarlo» (cosı, D. BARBE-

RO, Sistema del diritto privato italiano6, I, Torino,1962, pp. 529-530; si vedano, in proposito, gli artt.219, 1o-2o co., 235, 1o co., n. 3, e 243 c.c., nonchel’art. 1224, 2o co., in relazione all’art. 1226 st.cod.). Si noti, poi, che, potendo designare di voltain volta i mezzi dimostrativi, il procedimento diacquisizione ed assunzione, od il risultato di taleprocedimento, il termine «prova» sintetizza unapluralita di significati, che nel sistema angloame-ricano viene invece opportunamente scompostanel binomio evidence-proof (DENTI, Scientificita dellaprova, p. 414; con altri riferimenti alla terminolo-

(ed in particolare dagli artt. 202-209 c.p.c.) – a sua volta individua la fonte di conoscen-za, «preesistente» al processo (e, quindi, «precostituita») ovvero «costituita» ed «as-sunta» nel processo e con atti del processo, mediante la quale si cerca di fornire al giu-dice la rappresentazione storica o la ricostruzione indiretta e critica dei fatti da prova-re. La stessa espressione, tuttavia, globalmente puo anche indicare, nell’uso conven-zionale, sia le fonti di prova, sia i diversi procedimenti necessari per la loro acquisi-zione, sia infine (in senso piu stretto) il risultato specifico dell’assunzione verbalizzatadi una prova costituenda53.

Si perviene, cosı, all’identificazione di una matrice unica e di alcuni denominatori co-muni per altre suddistinzioni, che a volte mantengono una rilevanza puramente me-todologica ed espositiva, non sempre immune da rischi di confusione e di equivoco.

In sintesi:– il «mezzo di prova» e la «prova» designano, come si e visto, un fondamentale

rapporto fra mezzo e fine, iscrivendosi a pieno titolo fra le costanti strutturali del pro-cesso (ed, in particolare, del procedimento probatorio);

– le «prove precostituite» (o, se si preferisce, le prove di tipo documentale) e le«prove costituende» (definite, talvolta, come prove di tipo orale) si riferiscono alle lorodifferenziate modalita di formazione e di introduzione nel processo, giacche, pur rien-trando entrambe nella categoria omnicomprensiva dei «mezzi di prova»54, le prime

I fatti e le prove 15

gia di common law, si veda il mio studio su Il pro-blema delle prove illecite nell’esperienza angloamerica-na e germanica, in Pubblicazioni dell’Universita diPavia, Studi nelle scienze giuridiche e sociali, XXXIX,Pavia, 1967, pp. 266-267; si aggiunga W. SCHWE-

RING, System der Beweislast im englisch-amerikani-schen Zivilprozess, Karlsruhe, 1969, pp. 60-65).Identica potenzialita di accezioni conserva, nel-l’ordinamento tedesco, il termine Beweis (nel raf-fronto con i termini derivati Beweismittel, Bewei-sfuhrung, Beweiserfolg, cfr. GOLDSCHMIDT, Der Pro-zess als Rechtslage, Berlin, 1925, pp. 432-433, 448-449; W. GRUNSKY, Grundlagen des Verfahrensrechts2,Bielefeld, 1974, p. 411; ROSENBERG-SCHWAB, Zivil-prozessrecht, § 113-I, p. 559).

53 Cfr., sul punto, con ampi riferimenti, MAN-

DRIOLI, Corso, cit., II9, pp. 132-135, e II10, pp. 140-143.

54 Lo si argomenta, letteralmente, in terminiinequivoci dall’art. 163, 3o co., n. 5, e dall’art.414, n. 5, c.p.c., ove, fra l’altro, si onera chi pro-muove il giudizio (attore nel giudizio ordinariodi cognizione; ricorrente, nel processo del lavoro)della «indicazione specifica dei mezzi di prova»,dei quali costui intende valersi, «e, in particolare,dei documenti che offre in comunicazione» (corsi-vo aggiunto).

La questione non e meramente nominalistica.Tanto e vero che l’interpretazione di cui sopra eal centro del recente revirement, con cui il Supre-

mo Collegio, superando un orientamento ante-riormente lassista, ha sottoposto anche la produ-zione in appello di «documenti nuovi» alla mede-sima valutazione giudiziale di «indispensabilita»,o di impossibilita «non imputabile» di una loroproduzione nel giudizio di primo grado, che l’art.345, 3o co., e l’art. 437, 2o co., testualmente riferi-scono alla deduzione di «nuovi mezzi di prova».Cfr., al riguardo, Cass., sez. un., 20.4.2005, n. 8202(per il processo del lavoro), e Cass., sez. un.,20.4.2005, n. 8203 (per il processo ordinario), ri-spettivamente RFI, 2005, Lavoro e previdenza (con-trov.), n. 102, ed ivi, 2005, Appello civile, n. 83.A commento, anche in termini talvolta ipercritici,cfr.: D. DALFINO, Limiti all’ammissibilita di documen-ti nuovi in appello: le Sezioni Unite compongono ilcontrasto di giurisprudenza (anche con riferimento alprocesso ordinario, C.M. BARONE, Nuovi documentiin appello: e tutto chiarito?, e PROTO PISANI, Nuoveprove in appello e funzione del processo, FI, 2005, I,690; RUFFINI, Preclusioni istruttorie in primo grado eammissione di nuove prove in appello, e C. CAVALLINI,Le sezioni unite restringono i limiti delle nuove produ-zioni documentali nell’appello civile, ma non le vieta-no, CorG, 2005, 934 ss.; B. CAVALLONE, Anche i docu-menti sono «mezzi di prova» agli effetti degli artt. 345-437 c.p.c., RDPr, 2005, pp. 1051-1061-1072, 1072-1076; L. LOMBARDO, La produzione di nuovi documen-ti nel giudizio civile di appello: la pronuncia delle se-zioni unite 20 aprile 2005 n. 8203 e i problemi ancora

implicano un minimo e le seconde un massimo di attivita processuali ad hoc per la loroacquisizione o per la loro assunzione, entro l’ambito dell’«istruzione probatoria» insenso tecnico;

– le «prove dirette» e le «prove indirette» si contrappongono fra loro, in funzione diun diverso rapporto tra il mezzo probatorio e l’oggetto della prova (che, nelle une, e ilfatto principale, o factum probandum, e, nelle altre, e un fatto secondario, o factum probans,dalla cui prova, positiva o negativa, si possa risalire all’esistenza od all’inesistenza diquello);

– la distinzione tradizionale fra le «prove storiche» e le «prove critiche», pur essen-do di nobili origini e facendo ormai parte di una consolidata tradizione, e foriera diambivalenti sfumature, ma sembra comunque ricalcare la stessa divaricazione tecnicache potrebbe delinearsi, con maggior successo, fra «prove rappresentative» e «provenon rappresentative», a seconda che il mezzo probatorio sia idoneo a «rappresentare»in modo diretto, oppure a permettere di «ricostruire» in modo mediato e indiretto, conl’ausilio di una argomentazione inferenziale che trae origine dall’accertata esistenza dideterminati facta probantia, il factum probandum, come tale oggetto di prova55.

16 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

aperti, DeG, 2006, 155, e GI, 2005, 2322. Per ulterio-ri approfondimenti del tema, cfr. ancora MONTE-

LEONE, Preclusioni e giusto processo: due concetti in-compatibili, GProc, 2007, pp. 31-43, sp. pp. 35 ss.;M. GRADI, Principio di preclusione, inammissibilitadi nova in appello e altri ostacoli alla ricerca della ve-rita, nota a Cass., 7.7.2006, n. 15514, RDPr, 2007,pp. 518-529, sp. pp. 527-529; A. MENGALI, La pro-duzione di nuovi documenti in appello, ivi, 2008,pp. 99-121. Si ricordi che, con l’art. 46, 18o co., l.18.6.2009, n. 69, l’art. 345, 3o co., c.p.c. e stato inte-grato, sı da includere testualmente nel divieto la«produzione» di «nuovi documenti».

55 L’indicazione letterale e chiara, soprattuttola dove si parla genericamente dei mezzi di prova(cfr. gli artt. 219, 1o co., 269, 1o cpv., 950, 2o co.,c.c.), dei mezzi idonei a dimostrare un fatto deter-minato (art. 243 st. cod.), ovvero particolarmentedella prova per iscritto e della prova per testimo-ni (cfr. gli artt. 241-242, 2721-2725 c.c., gli artt. 202-209, 244, 1o co., c.p.c.). Si rammenti, poi, che ilconcetto di «rappresentazione» dei fatti, a chiari-mento dell’attivita probatoria, e pure presuppo-sto dall’elaborazione costituzionale del c.d. dirittoalla prova (cfr., sul punto, C. Cost., 3.6.1966, n. 53,FI, 1966, I, 991-994, sp. 992; C. Cost., 12.7.1972,n. 132, ivi, 1972, I, 2721-2725, sp. 2723; Cass.,25.9.1974, n. 2520, ivi, 1975, I, 1194-1196; ancoraC. Cost., 18.11-1976, n. 225, ivi, 1976, I, 2745-2755, sp. 2751, e C. Cost. 22.4.1980, n. 56, ivi,1980, I, 2670-2673; si aggiunga, volendo, quantoho rilevato nel vol. COMOGLIO-SCAPARONE-NOBILI-BRICOLA-MAZZACUVA, Rapporti civili, Art. 24-26, inComm. Cost. Branca, 1981, pp. 13, 63 ss.).

Per opportuni ragguagli sulle piu importantidistinzioni concettuali (fra prove dirette e indiret-te, fra prove storiche e critiche, fra prove reali epersonali, fra prove precostituite e costituende),cfr., fra gli altri, G. CHIOVENDA, Principii di dirittoprocessuale civile3, cit., Napoli, 1965, pp. 778, 779,809-811; LIEBMAN, Manuale di diritto processuale ci-vile, II4, Milano, 1981, pp. 69-72, 94-95; infine, F.CORDERO, Tre studi sulle prove penali, Milano,1963, pp. 3-19, sp. 7 ss., 12 ss., e Procedura penale5,Milano, 1979, pp. 191-197, 291 ss., 683-703. Per unaggiornato quadro classificatorio dei concetti notie meno noti (prova diretta e indiretta, prova sus-sidiaria, prova diretta e contraria, prova storica eprova critica) o di quelli piu moderni (provascientifica, prova informatica, prova statistica),nonche per un approfondimento teorico delle for-mule descrittive piu abusate e frequenti (rappre-sentazione, riproduzione, narrazione, ricostruzio-ne), si veda ora TARUFFO, La prova dei fatti giuridici,Cap. VI, part. pp. 413-441.

Sulla contrapposizione fra prove «inartificiali»(testes, tabulae, confessio, ecc.) e prove «artificiali»(signa, exempla, argumenta), cfr. i cenni di B. CAVAL-

LONE, I poteri di iniziativa istruttoria del giudice civile,Premessa storico-critica, in Studi Parmensi, XXVII,Milano, 1980, pp. 30-31. Piu in generale, con ri-guardo agli apporti conoscitivi della retorica odella dialettica classica, nella logica probatoriadell’argumentum, della rilevanza, o del probabile,cfr. A. GIULIANI, Il concetto di prova: contributo allalogica giuridica, Milano, 1961, pp. 89 ss.; ID., Provain generale, a) filosofia del diritto, ED, XXXVII, Mila-no, 1988, pp. 518-579.

Esiste, inoltre, una contrapposizione – non meno basilare e ben piu incisiva ai no-stri fini, come si vedra fra poco – che colloca le «prove» in categorie diverse, a secondadella fonte normativa o del tipo di efficacia ad esse riconducibile.

In tale ottica:– sono «legali», come poc’anzi si diceva, le prove, la cui efficacia di «piena prova»

sia predeterminata dalla legge in termini assolutamente vincolanti per le parti e per ilgiudice, mentre si dicono «libere» le prove sottoposte alla libera valutazione (o, se sipreferisce, al libero apprezzamento) del giudice medesimo, nell’ottica generale deli-neata dall’art. 116, 1o co., c.p.c.;

– sono, invece, «tipiche» (o «nominate») le prove espressamente previste e regola-mentate dalla legge, mentre si suole definire «atipiche» (oppure «innominate») quelleche la legge non abbia previsto, ne tantomeno disciplinato in alcun modo56.

I «mezzi di prova», infine, si espongono ad una divergente catalogazione – sugge-rita, ad es., dagli artt. 115, 1o co., e 183, 7o-8o co., c.p.c. – se li si considera in rapportoall’iniziativa di chi, nel processo, sia legittimato a farli, di volta in volta, acquisire odassumere. E corretto, di conseguenza, distinguere i «mezzi di prova» rientranti nelladisponibilita delle parti o del p.m. da quelli che, invece, lo stesso giudice possa eccezio-nalmente anche disporre d’ufficio. Tale distinzione, peraltro, lascia trapelare una di-sponibilita esclusiva a senso unico – che, nei modelli processuali di tipo misto (o di tipodispositivo attenuato), vale bensı per le parti, ma non per il giudice – soddisfacendo,in ultima analisi, un mero interesse di ordine sistematico e classificatorio57.

3. P r o v a e v e r i t a d e l f a t t o , n e l l a v a r i a b i l i t a d e i m o d e l l i p r o -c e s s u a l i • Si e parlato poco sopra di «verita», in rapporto alla «prova», nonchedi conferme razionali di un’opzione probabilistica fra piu ipotesi (o «versioni») diun fatto allegato dalle parti, onde tentar di descrivere quali siano per il giudice:

– da un lato, gli scopi istituzionali del giudizio di fatto;– dall’altro, i modi e i metodi di controllo (o, se si vuole, gli standards di verificazione)

delle proposizioni, con cui le parti, allegando (ed enunciando) la sussistenza o l’insus-sistenza dei fatti controversi, ne affermano oppure ne negano la «verita»58.

I fatti e le prove 17

56 In sintesi, con ampi riferimenti: MANDRIOLI,Corso, ult. cit., II9, pp. 137-147. Ved. pure infra,par. 6.

57 Cfr., piu ampiamente, infra, Cap. II, par. 1.58 Il rapporto fra libero convincimento del

giudice e verifica giudiziale della verita (o dellafalsita) di un’affermazione di fatto (ossia di un’al-legazione), in vista della motivazione decisoria,appare chiarissimo nel § 286-I della ZPO tedescae nel corrispondente § 272 della ZPO austriaca.La prima delle due norme, ad es., sancisce conprecisione che il giudice, nel contesto di una valu-tazione globale delle emergenze processuali e deirisultati specifici di ciascuna prova, deve «nach

freier Uberzeugung entscheiden, ob eine tatsach-liche Behauptung fur wahr oder fur nicht wahrzu erachten sei», avendo poi cura di indicare nellasentenza i motivi, «die fur die richterliche Uber-zeugung leitend gewesen sind». La seconda nor-ma, con alcune variazioni semantiche, ribadiscel’identico dovere del giudice «nach freier Uberzeu-gung zu beurteilen, ob eine tatsachliche Angabefur wahr zu halten sei oder nicht», aggiungendopoi che «die Umstande und Erwagungen, welchefur die Uberzeugung des Gerichtes maßgebendwaren, sind in der Begrundung der Entscheidunganzugeben».

Sul punto, nell’ottica della libera valutazione

Sotto il primo profilo, parrebbe esaustivo sottolineare lo sforzo costante, che deveistituzionalmente caratterizzare l’attivita di cognizione del giudice, nella ricerca di unmassimo possibile di approssimazione alla verita «materiale» (od «oggettiva») di fattirealmente accaduti. Ma, se si rifiuta a priori che il giudice possa normalmente accon-tentarsi di una mera «verosimiglianza» dei fatti da provare59, rimane ancor da risol-vere un problema connesso, che nei suoi confronti riguarda, in generale, la misura mi-nima (il grado, l’intensita o il quantum) del convincimento da raggiungere, a seconda deltipo di fatto o del tipo di prova60. Sotto il secondo profilo, poi, parrebbe indispensabile

18 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

del giudice, cfr. H.J. MUSIELAK-M. STADLER, Grund-fragen des Beweisrechts, Munchen, 1984, pp. 1-185,part. pp. 63-101, 74-78; SCHNEIDER, Beweis und Be-weiswurdigung4, Munchen, 1987, pp. 152-181,part. pp. 167 ss.; G. WALTER, Freie Beweiswurdi-gung, Tubingen, 1979, pp. 1-370, part. pp. 88-260, 148-165, 262-284. Con alcuni cenni, anche TA-

RUFFO, La prova dei fatti giuridici, pp. 1-2, nota 1.59 Come e noto, la «verosimiglianza» e, inve-

ce, seppur in via eccezionale, lo standard mediodi valutazione del c.d. fumus boni juris, quale re-quisito di ammissibilita della misura cautelare.Cfr. infra, nota seguente.

60 Di una semplice verosimiglianza del fatto co-stitutivo di un diritto da tutelare, tradizionalmen-te si parla, ad es., quando si richiede a chi invochiun provvedimento cautelare non gia la prova pienadi quel diritto, bensı la dimostrazione di elementidi giudizio tali da farne apparire «verosimile» l’e-sistenza. Su tale principio, del tutto pacifico, cfr.:Cass., 11.3.1987, n. 2523, e Cass., 16.1.1987,n. 331, RFI, 1987, Sequestro conservativo, ecc.,nn. 52-54; Cass., 15.5.1991, n. 5444, ivi, 1991, cit.,n. 39; nella giurisprudenza di merito, Trib. Bre-scia, ord. 13.10.1993, FI, 1994, I, 604-605; ed anco-ra: Pret. Milano, 29.11.1993, Casaroli c. Soc. Ansal-do Ind., RFI, 1995, Provvedimenti di urgenza,n. 93; Trib. Mondovı, 25.10.1995, Scotch WhiskyAssoc. c. Soc. B. & A., ivi, 1996, voce cit., n. 42;Trib. Milano, 24.4.2002, Fantini c. Soc. Jolly, ivi,2002, voce cit., n. 33 (e, per esteso, GI, 2002,2101); Trib. Parma, 22.6.2004, Soc. fin. Parmalatc. Tanzi, ivi, 2005, 336, con nota di GIANCOTTI, non-che RFI, 2005, Sequestro conservativo, n. 25.

La problematica in esame e ben caratterizzata,nella dottrina di lingua tedesca, dalla distinzionetra la «valutazione della prova» (o Beweiswurdi-gung), che riguarda il se la prova del fatto incertosia in concreto raggiunta, e la «misura della prova(Beweismaß, Beweiskriterium, Beweisquantum, Be-weisstarke), che invece determina il quando la pro-va sia raggiunta, nonche il quantum minimo diprova, necessario e sufficiente alla formazionedel convincimento del giudice. Sui concetti, H.

PRUTTING, in Munchener Kommentar zur ZPO mitGVG und Nebengesetzen, Band 1, Munchen, 1992,pp. 1699-1733, part. pp. 1708-1711. Per uno speci-fico approfondimento del tema: M. HUBER, Das Be-weismaß im Zivilprozeß, Koln, Berlin, Bonn, Mun-chen, 1983, pp. 1-153, part. pp. 56-66, 67-88, 89-101; M. NIERHAUS, Beweismaß und Beweislast, Unter-suchungsgrundsatz und Beteiligtenmitwirkung imVerwaltungsprozeß, Munchen, 1989, pp. 1-485,part. 46-48, 48-116; O. ROMME, Der Anscheinsbeweisim Gefuge von Beweiswurdigung, Beweismaß und Be-weislast, Koln, Berlin, Bonn, Munchen, 1989,pp. 1-181, part. pp. 49-91, 53-58, 64-69.

In generale, sul problema della verita nel pro-cesso: N. EBERLE, Zur Rhetorik des zivilprozessualenBeweises, Frankfurt am Main, Bern, New York, Pa-ris, 1989, pp. 29-181, part. pp. 61-66, 67-82 (jurist.dissert.); HUBER, op. cit., pp. 91-95; MUSIELAK-STA-

DLER, Grundfragen, cit., pp. 69-73; WALTER, Freie Be-weiswurdigung, pp. 149 ss.; ed ancora D. LEIPOLD,Wahrheit und Beweis im Zivilprozeß, in Festschriftfur H. Nakamura zum 70. Geburtstag, Tokyo, 1996,pp. 301-320. Nel quadro dei fini fondamentalidel processo (fra cui si annoverano: l’ottimizza-zione delle risorse, l’obiettivita, la prevedibilitadegli esiti, la ragionevolezza temporale), cfr. E. KI-

NINGER, Theorie und Soziologie des ZivilgerichtlichenVerfahrens, Berlin, 1980, pp. 11-150, part. pp. 64-127.

Sui principi-guida del diritto probatorio, conparticolare riguardo ai §§ 284-286 ZPO, cfr. anco-ra: P. ARENS, Zivilprozeßrecht3, Munchen, 1984,pp. 177-215; P. ARENS-W. LUKE, Zivilprozessrecht5,Munchen, 1992, pp. 190-231; F. BAUR-W. GRUNSKY,Zivilprozeßrecht7, Neuwied-Kriftel-Berlin, 1991,pp. 139-161; O. JAUERNIG, Zivilprozeßrecht22, Mun-chen, 1988, pp. 174-202; P. HARTMANN, Zivilprozes-sordnung51, in BAUMBACH, LAUTERBACH, ALBERS,HARTMANN, Munchen, 1993, pp. 888-902; PRUTTING,in Munchener Kommentar, cit., pp. 1679-1697, 1699-1732; H. RUßMANN, in E. ANKERMANN et al., Kom-mentar zur Zivilprozeßordnung, Luchterhand, Neu-wied-Darmstadt, 1987, pp. 790-804, 805 ss.; ROSEN-

BERG-SCHWAB-GOTTWALD, Zivilprozeßrecht15, Mun-

affinare e perfezionare la messa a punto di quei criteri di verificazione logica e probabili-stica, che – senza indebite confusioni (ad es., fra probabilita, verita e verosimiglianza)61 –offrono al giudice un grado, quanto piu elevato possibile, di conferma razionale dell’i-potesi probatoria da assumere, in definitiva, come «vera»62.

Con cio, non si e ancora risposto in termini chiari ad un tradizionale interrogativo,che tormenta da tempo giuristi e filosofi.

Ci si continua a domandare, infatti, se la ricerca ed il raggiungimento della «verita»costituiscano il fine ultimo delle attivita di accertamento e di prova, collocandosi tra lefunzioni primarie (della giustizia, in generale, ed, in particolare) di qualsiasi processoche comunque possa aspirare ad essere, in quanto tale, «equo» o «giusto». Tutto cio,alla luce delle fondamentali garanzie di legalita e di equita processuale, enunciate sianell’art. 6 della Convenzione europea del 1950 (nonche in altre importanti fonti di di-ritto internazionale), sia, dopo la riforma del 1999, nel nuovo art. 111 Cost. (1o-2o co.,per tutti i processi, in generale; 3o-5o co., per il processo penale, in particolare). Ma, instretta connessione, sembra pure opportuno chiedersi se – nel contesto di un processo«giusto» od «equo», fondato sul contraddittorio e sulla parita delle parti, avanti ad ungiudice indipendente ed imparziale – sia lecito identificare nella prova, proprio infunzione della ricerca di quella «verita», una sua intrinseca «eticita»63.

I fatti e le prove 19

chen, 1993, §§ 112-124, pp. 638-734; P. SCHLOSSER,Zivilprozeßrecht2, I, Erkenntnisverfahren, Mun-chen, 1991, par. 12, pp. 288-320; THOMAS-PUTZO,Zivilprozeßordnung mit GVG und Nebengesetzen17,Munchen, 1991, pp. 621-641 ss.; R. ZOLLER, Zivil-prozeßordnung mit GVG und den Einfuhrungsgeset-zen, Koln, 1987, pp. 766-778 ss. (D. Stephan).

61 Ad accentuare le possibili incertezze, va ri-cordato che, nella lingua tedesca, l’espressioneWahrscheinlichkeit – cui si correla il concetto diGlaubhaftmachung, inteso quale sua «misura mini-ma» (cfr., ad es., il § 294 ZPO) – indica quel che,nella nostra lingua, corrisponde sia alla «verosi-miglianza» (riferita al fatto o, piu esattamente, allaproposizione probatoria che lo afferma), sia alla«probabilita» (che, invece, riguarda la prova diquel fatto, e quindi il controllo razionale dellascelta fra piu versioni possibili del medesimo).Sul punto, con rilievi critici nei confronti di talunenon chiare posizioni (G. SCARSELLI, La condanna conriserva, Milano, 1989, part. pp. 502-510 ss.), cfr. TA-

RUFFO, La prova dei fatti giuridici, pp. 158-166, 475-487; per altri rilievi, PATTI, Prove, Disposizioni gene-rali, pp. 158-173.

62 Per una raffinata revisione dei metodi diprobabilita-conferma dell’ipotesi probatoria, odelle possibilita di verifica del «grado di solidita»delle inferenze del giudice, alla luce delle piu im-portanti teorie probabilistiche, cfr. BESSO MAR-

CHEIS, Probabilita e prova, cit., pp. 1119-1163, part.pp. 1128-1131 ss., 1149 ss.

63 Sul punto, con rilievi del tutto condivisibili,cfr. S.C. SAGNOTTI, Prova, diritto, verita, in La provapenale, cit., I, Torino, 2008, pp. 1-17, sp. p. 17 (ove,a proposito dei concetti di «probita» e di «proba-bilita» della prova, cosı si afferma: «Disonesta-mente nulla si prova. E, infatti, insita all’idea diprova la sua stessa onesta. L’eticita della prova ri-siede proprio in questo. Puo considerarsi prova atutti gli effetti solo quella che si sia formata e siaentrata nel giudizio nel rispetto delle regole o deiprincipi etici. In tal senso, le confessioni o le testi-monianze estorte sotto tortura sono solo fictionesdi prove. La riprovazione morale nei confrontidei mezzi di prova e delle prove cosı ottenute eall’origine del recupero dell’autenticita del sensodi ‘‘prova’’...»). Giustamente, l’A. sottolinea l’im-portanza del dato semantico e della radice etimo-logica del termine «prova», cui inerisce naturaliteruna essenziale componente valorativa ed assiolo-gica, di contenuto positivo (cfr., nella lingua lati-na, il concetto di probatio, correlato al verbo proba-re ed all’aggettivo probus, in cui dominano l’ideadel «riconoscere qualcosa come buono o cattivo»e quindi, ove cio avvenga per mezzo di esperi-mento e di ricerca, la correlata idea del «provare,saggiare, esaminare, sperimentare, dimostrare»come buono, ben fatto, utile ed apprezzabile: cosı,ad es., F. CALONGHI, Dizionario della lingua latina3,riedizione del dizionario GEORGES-CALONGHI, I, To-rino, 1954, pp. 2178-2179). Paradossalmente – mail rilievo e puramente scolastico – quella compo-

Ma, se pur si voglia prescindere, per ora, dal tipo di risposta da offrire ad entrambii quesiti64, ci si domanda, poi, di quale «verita» si tratti, dal momento che ad una ve-rita «formale» (o «processuale» che dir si voglia), accertata nel giudizio per mezzo del-le prove e dei loro procedimenti di acquisizione, si suole contrapporre, come se si trat-tasse ontologicamente di un quid aliud, una verita «materiale»65 (o, se si preferisce, unaverita «storica» ed «empirica»), la quale attiene alla realta fenomenica, riscontrabile inrerum natura con procedimenti euristici e con strumenti gnoseologici del tutto diffe-renti (propri, ad es., dello storico o dello scienziato, ma non certo del giudice). Su que-st’ultima, in sostanza, si dovrebbe modellare l’esigenza, gia descritta, di assicurare alprocesso la maggiore approssimazione possibile a quella che abitualmente si designa co-me «verita» tout court.

Vi sono, almeno, alcuni luoghi comuni da eliminare.Anzitutto – nell’evoluzione moderna, che ai sistemi di prova legale, basati su rego-

le probatorie precostituite e rigide66, dimostra ormai di preferire la liberta di apprez-zamento e la liberta di formazione del convincimento del giudice – non ha piu sensoassumere che la «verita» del processo, in quanto accertata con prove giudiziali e pereffetto di regole giuridiche del diritto probatorio, sia qualcosa di ontologicamente di-verso dalla verita del mondo reale. Se, per tale via, si vuole semplicemente rimarcare –in armonia con i limiti immanenti delle tecniche di umana conoscenza – l’impossibi-

20 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

nente valorativa di segno positivo, insita nella ra-dice del termine, rischia di tradursi in una sottilecontradictio, laddove – per esprimere il principiofondamentale della «presunzione di innocenza»(art. 27, 2o co., Cost.: «l’imputato non e considera-to colpevole sino alla condanna definitiva») – so-vente si utilizza il tralatizio brocardo bonus qui-sque praesumatur donec probetur malus.

64 Per il primo, cfr. infra, par. 5; per il secondo,infra, par. 7-10.

65 In proposito, con riferimento al concetto-base delle dottrine epistemologiche di ispirazionesocialista, si veda TARUFFO, op. ult. cit., pp. 37 ss.

In termini critici, sull’equivocita e sull’inconsi-stenza del concetto di «verita materiale», che, nelnostro sistema e nella nostra dottrina, altro nonsarebbe, se non lo strumento attraverso il qualecostruire artificiosamente un processo caratteriz-zato da un giudice fortemente «attivo», in contra-sto con le garanzie costituzionali ed in funzionedi un fine «da ritenersi estraneo alla giurisdizionecivile, che serve, invece, ad accertare e tutelare di-ritti e non verita, piu o meno materiali (v. art. 2907c.c.)...», cfr. G. MONTELEONE, Intorno al concetto diverita «materiale» o «oggettiva» nel processo civile,RDPr, 2009, fasc. 1, §§ 1-9, sp. § 8, pp. 1-13. Purcon il rispetto che nutro per l’A. – le cui conside-razioni critiche, in ordine al concetto di «veritamateriale» accolto nell’ordinamento processualedella ex-DDR ed ancora modernamente teorizza-

to da H. KELLNER, Introduzione, nel vol. Ordinanzadella procedura civile della Repubblica democratica te-desca 1975, Milano, 2004, pp. XXVI-XXXVIII, sonoin gran parte condivisibili – continuo a ritenereche il ruolo attivo del giudice, in funzione dell’ac-certamento imparziale dell’unica «verita» episte-mologicamente concepibile (vale a dire: di quellastorica, ontologica e reale dei fatti controversi), siarmonizzi pienamente con i principi costituziona-li e, soprattutto, con le nuove istanze di legalita edi equita processuale, sottese al processo «giusto»(cfr., infra, par. 5, e Cap. II, par. 1-2).

66 Si tratta, come e noto, del sistema che ca-ratterizzo il processo comune italiano, sotto l’in-flusso della «prova formale» tipica del processogermanico. Al riguardo, si rivedano le limpidee sintetiche considerazioni di CHIOVENDA, Princi-pii, cit., pp. 4 e 810: «... si formo un complessodi regole che determinavano in quali casi il giu-dice dovesse ritenere provato o no un fatto, do-vesse attribuire o no fede a un testimone...»; sic-che «ad es., quanto ai testimoni, fu stabilito cheogni fatto dovesse esser provato almeno dadue testi...» (da qui il brocardo testis unus testisnullus); «... le prove che non raggiungevano lecondizioni volute dalla legge si divisero in fra-zioni (ad es. la prova con un teste, che era unasemiplena probatio); le varie frazioni potevanounirsi pero per formare una prova completa...»(ivi, p. 810).

lita di attingere verita «assolute», di per se inconfutabili, l’assunto e addirittura ovvioe banale. Di certo, occorrera intendersi, sui modi in cui la «verita giudiziale», accertatanel processo con i mezzi di prova disponibili (ed entro i limiti ad essi connaturati),debba essere concepita come relativa (e giammai come assoluta). Ma, con altrettantaconsapevolezza, non potra mai neppure dirsi che la verita «materiale» del mondoesterno sia, per definizione, esclusa dall’ambito della fenomenologia processuale.

Non e, dunque, corretto (anzi, e profondamente erroneo) configurare due verita di-verse, sol perche siano diverse le forme o le tecniche della loro ricerca (e, quindi, lemodalita specifiche di acquisizione della loro conoscenza). La «verita», nel processoo al di fuori, e sempre una e, come tale, resta pur sempre conoscibile, entro i limitipropri del contesto in cui la si invoca, non potendo invece mai essere, nemmenonel processo, negata a priori, o comunque ritenuta a priori irrilevante67.

Tale «verita» e o non e, allora, un’aspirazione finalistica fondamentale del proces-so?

La risposta, alla luce dei principi costituzionali su cui si basa il proces equitable od il«giusto processo»68, non puo non essere, in termini generali, risolutamente affermati-va – si badi, per ogni tipo di processo (civile, amministrativo, tributario o penale chesia) – se si crede ad un fondamentale rapporto di corrispondenza fra «verita» e «giu-stizia»: giacche non vi puo mai essere «giustizia», se non «fondata sulla verita dei fattiai quali si riferisce»69, ne potrebbero mai dirsi compatibili con le garanzie costituzio-nali di eguaglianza e con le esigenze di tutela dei diritti inviolabili dell’uomo forme omodalita strumentali di cognizione, pur suggerite o comunque condizionate dal pro-gresso scientifico, «che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamentodel fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione»70.

Il quesito si fa piu arduo ed assume confini piu estesi, quando l’«accertamento del-la verita» dei fatti controversi venga, coerentemente, posto quale condicio sine qua nondi una «decisione giusta»71. Ed allora vale la pena di chiedersi ulteriormente se un

I fatti e le prove 21

67 Per un quadro affascinante delle diverseteorie: TARUFFO, op. ult. cit., Cap. I, pp. 1-66, part.pp. 7-35; ID., Legal Cultures and Models of Civil Ju-stice, in Festschrift fur H. Nakamura, cit., pp. 621-637, part. pp. 629-635. Sui rapporti fra «verita as-soluta», «verita relativa», principio inquisitorio eneutralita del giudice, cfr. altresı J. NORMAND, Lejuge et le litige, Paris, 1965, pp. 223 ss., 327 ss.,339 ss.

68 Cfr. infra, par. 5.69 Cosı, testualmente, LIEBMAN, Manuale, cit.,

p. 232.70 Traggo queste parole – a conferma dell’in-

dissolubile connessione fra accertamento della«verita» dei fatti e «giustizia» della decisione giu-risdizionale, connessione che va generalizzata adogni processo (oltreche a quello penale accusato-rio, cui propriamente si riferiscono i principienunciati dall’organo di giustizia costituzionale

nelle fattispecie in esame) – da C. Cost.,16.6.1994, n. 241 (FI, 1995, I, 3046-3049, part.3047), la quale, nel dichiarare infondata la que-stione di costituzionalita dell’art. 500, 4o co.,c.p.p., riprende da C. Cost., 26.3.1993, n. 111 (ivi,1993, I, 1356-1362, part. 1359), e da C. Cost.,3.6.1992, n. 241 (ivi, 1992, I, 2014, 2031-2032), l’e-nunciazione del c.d. «principio di non dispersio-ne dei mezzi di prova» e la conferma della fonda-mentale esigenza di «assicurare la piena cono-scenza da parte del giudice dei fatti oggetto delprocesso, onde consentirgli di pervenire ad unagiusta decisione» (le questioni riguardavano, spe-cificamente, gli artt. 507 e 519 c.p.p.).

71 In tal senso, un insegnamento rigoroso cigiunge – contrariamente a quanto sarebbe datosupporre, viste le difformi origini ideologiche –proprio da quella «mistica equazione» fra «dirit-to» e «verita» che, nella comunanza delle stesse

processo «equo» o «giusto» sia, in quanto tale, condizione necessaria e sufficiente per ilconseguimento di un siffatto obiettivo. Occorre, pero, considerare (lo si vedra fra po-co) che il parametro di valutazione, alla cui stregua e possibile qualificare qualsiasitipo di processo come «giusto» o come «ingiusto», non e, esattamente, quello (riferi-bile ad una «giustizia», ad un’«equita» o ad un’«etica» di tipo sostanziale e, quindi,extraprocessuale) con cui invece si apprezza la «giustizia» o l’«equita» di una decisio-ne giudiziaria, ma si identifica nella stessa «etica» che anima e supporta dall’interno lalegalita del procedimento giurisdizionale72. Cio significa che, con il variare dei para-metri di valutazione, quel determinato tipo di processo, seppur sia effettivamentequalificabile nel caso concreto (in virtu della sua «etica» interna) come «equo» o «giu-sto», non si sottragga mai alla possibilita di sfociare, patologicamente, nella pronunziadi una decisione «ingiusta», ponendosi dunque, nei confronti di quest’ultima, qualecondizione bensı necessaria, ma giammai di per se sola sufficiente73.

La risposta a quel medesimo quesito, nelle sue concrete espressioni, in gran partedipende, pero, dalla variabile pluralita dei modelli e delle concezioni processuali, non-che dalla relativita storica delle differenti scelte tecniche, operate dai diversi ordina-menti nella selezione degli strumenti di ricerca e di accertamento (nel processo) dellaverita dei fatti controversi.

Tale risposta, dunque, e tendenzialmente negativa, laddove il processo sia intesoquale mero metodo di risoluzione dei conflitti individuali. Se il fine ultimo della giu-stizia e la pacificazione sociale, poco importano i mezzi utilizzati per conseguirla, emeno ancora si avverte l’esigenza di una ricostruzione obiettiva dei fatti controversi,nella ricerca di una verita che non sia puramente «processuale» (o «formale»). Essa e,invece, fermamente positiva – perlomeno, nei modelli di civil law (ma non soltanto in

22 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

radici etimologiche (rispettivamente: pravo e prav-da), la tradizione sovietica pone a fondamento delrapporto fra verita e giustizia. Sul tema, cfr., conacute prospettazioni, P. VINCENTI, Il codice di rito ci-vile della Federazione russa tra aperture dispositive eresidui di inquisitorieta, RDPr, 2009, §§ 1-2, pp.737-753, sp. 737-742.

72 Per un maggiore approfondimento del te-ma, mi permetto di rinviare alla mia opera Eticae tecnica del ‘‘giusto processo’’, cit., Torino, 2004,sp. pp. 1-8 (e passim), nonche, poi, all’approfondi-ta indagine storico-comparatistica di A.J.D. PEREZ

RAGONE, Profili della giustizia processuale (procedu-ral fairness): la giustificazione etica del processo civi-le, RDPr, 2008, pp. 1033-1051 (ove si cerca di iden-tificare la «giustizia processuale» non come unqualcosa di distinto dalla «giustizia sostanziale»,ma come il riflesso della «giustizia nella normaprocessuale», facendone il «filtro etico» della nor-ma formale-strumentale, e si identifica il fine fon-damentale del processo come «l’ottenimento diuna sentenza giusta in base ad un’attivita episte-

mica obbligatoria che il giudice deve realizzaresui fatti, orientata alla costruzione ... di una real-ta»: ivi, sp. p. 1050).

73 Nel pensiero di TARUFFO (La prova dei fattigiuridici, cit., pp. 7 ss., 35 ss.; Elementi per una teoriadella decisione giusta, ora nel vol. Sui confini. Scrittisulla giustizia civile, cit., Bologna, 2002, pp. 219 ss.;La prova scientifica, cit., pp. 1375-1376), i possibili«criteri» per valutare una decisione come «giusta»,oppure no, sarebbero i seguenti: 1) la corretta iden-tificazione ed interpretazione della regula juris ap-plicabile alla singola lite; 2) l’accertamento «veri-tiero» dei fatti rilevanti per la decisione; 3) un pro-cedimento giurisdizionale che sia effettivamente«giusto» od «equo», nel suo intero svolgimento,sı da assicurare la piena e costante attuazione dellegaranzie di difesa e del contraddittorio. Logica-mente, i «criteri» sub 2) e 3) sono, fra di loro, rigo-rosamente interdipendenti.

Per ulteriori rilievi, parzialmente anche critici,cfr. O. BOSIO, Il problema della sentenza giusta,NGCC, 2006, II, pp. 333-353.

questi) – ogni qual volta quel fine ultimo si possa identificare nella giustizia (o nell’e-quita) sostanziale delle decisioni giudiziarie, imponendo la ricerca e l’accertamento del-la verita «materiale» di quei fatti, in funzione di una giusta applicazione delle normegiuridiche alle fattispecie controverse.

Cio che (come si usa dire) «fa la differenza» – da sistema a sistema od, ancor piu, damodello a modello (civile, amministrativo, tributario o penale) – non e, quindi, la di-mensione ontologica del concetto di «verita», ma e, perlopiu sulla base di precise (sep-pur contingenti e mutevoli) condizioni ideologico-politiche74, l’opzione tecnica deimodi in cui il suo accertamento sia reso possibile, in armonia con i principi strutturalie, soprattutto, con il rispetto delle garanzie inviolabili di difesa delle parti, che carat-terizzano l’intima natura di ogni processo costituzionalmente «equo» e «giusto»75. Diconseguenza – se puo dirsi costante, in quei modelli, la ricerca di un massimo possibile diapprossimazione alla «verita materiale» (da intendersi come storica, ontologica ed em-pirica)76 – sono nettamente variabili (e, percio, relative) quelle scelte modali, che fannodella c.d. «verita giudiziale» la risultante del gioco di piu fattori e limiti tecnici, espostiad una vasta gamma di combinazioni fra di loro intercambiabili.

Tali fattori o limiti tecnici, in termini esemplificativi, sono:1) nei modelli di tipo fondamentalmente dispositivo, il prevalente dominio dei po-

teri, degli oneri e delle iniziative di parte, sia nell’allegazione dei fatti, sia nella dispo-nibilita dei mezzi di prova;

2) nei modelli di tipo inquisitorio, il capovolto rapporto di forza tra il giudice chedomina, attivandosi od investigando anche d’ufficio la verita dei fatti controversi, e leparti che, con le proprie iniziative, collaborano alla cognizione della res judicanda inposizione subordinata;

3) nei modelli di tipo misto, ove si fondono in misura «attenuata» taluni principi

I fatti e le prove 23

74 Per una stimolante «rivisitazione» di siffat-te variabili condizioni, che, nel presupporre op-zioni politiche di tipo «liberale» ovvero di tipo«autoritario», a seconda delle finalita e delle fun-zioni (ad es., di quella «sociale») da attribuirsi alprocesso ed alla giustizia civile, incidono sullac.d. «moralizzazione» del processo e sull’eventua-le «dovere di verita», da imporre alle parti ed alloro difensori, si vedano (nell’acceso dibattitosul volume di J. MONTERO AROCA, I principi politicidel nuovo processo civile spagnolo, con Prefazione diF. Cipriani, Napoli, 2002): CIPRIANI, Il processo civiletra vecchie ideologie e nuovi slogan, RDPr, 2003,pp. 455-466; ID., Ideologie e modelli del processo civi-le, Napoli, 1997, pp. 27 ss.; G. MONTELEONE, Princi-pi e ideologie del processo civile: impressioni di un «re-visionista», RTDPC, 2003, pp. 575-582; G. VERDE,Le ideologie del processo in un recente saggio, RDPr,2002, pp. 676-687; e MONTERO AROCA, Il processo ci-vile «sociale» come strumento di giustizia autoritaria,

ivi, 2004, pp. 553-579, con postilla di VERDE, ivi,pp. 580-582.

Sull’evoluzione storica delle Prozessmaximen edel c.d. «diritto giudiziario suppletivo», nel giocovariabile dei menzionati fattori ideologico-politi-ci, cfr. pure K.W. NORR, Alcuni momenti della storio-grafia del diritto processuale, ivi, 2004, pp. 1-10.

75 Cfr., ancora, retro (testo e note), nonche in-fra (par. 5).

76 Metodologicamente, le tecniche di investi-gazione e di ricerca processuale di quella veritanon sono dissimili dal «provare e riprovare» dan-tesco – nell’aspirazione alla «scoperta» del «dolceaspetto» di una «bella verita» (Commedia, Paradiso,III, 1-3) – di cui si e da tempo impadronita lascienza moderna. Per questi precisi rilievi, sullaprova come buona approssimazione alla verita e sul-la prova «processuale» come sottocategoria della«verosimiglianza», cfr. ancora SAGNOTTI, Prova, di-ritto, verita, cit., pp. 2-4, 17.

caratteristici dei primi due, le formule variabili con cui si armonizzano i poteri primaridelle parti e le iniziative, piu o meno ampie, di impulso suppletorio del giudice;

4) in quegli stessi modelli, la previsione eventuale, a carico delle parti e dei loro di-fensori, di uno specifico obbligo o dovere di verita77 – mai espressamente codificato sinoad ora78 da alcuna norma processuale nel nostro sistema di diritto positivo79, ma oggi

24 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

77 Come ho avuto occasione di affermare al-trove (Regole deontologiche e doveri di verita nel pro-cesso, NGCC, 1998, II, pp. 128-136, part. p. 132),«... tale obbligo si pone quale espressione partico-lare dei generali principi di lealta, di probita, disincerita e di buona fede processuale, condividen-done il medesimo fondamento deontologico (odetico lato sensu)...» ed e «... pienamente compatibi-le con la natura ‘‘dispositiva’’ del processo, inquanto non implica mai a carico delle parti (e, so-prattutto, nei confronti della parte non onerata onon interessata) l’obbligo di allegare in giudiziotutti i fatti, favorevoli o sfavorevoli, che, in positi-vo o in negativo, possano incidere sull’integrazio-ne della fattispecie giuridica controversa (comeaccade, invece, nei modelli ‘‘inquisitori’’ di ispira-zione socialista, ove sugli oneri di parte prevalel’imperativo della c.d. verita materiale, da accertar-si ad ogni costo, ed anche d’ufficio dal giudi-ce)...», giacche esso «... impone a ciascuna parte,nell’adempimento spontaneo e nei limiti oggettividel proprio onere, un obbligo di ‘‘veridicita sog-gettiva’’, cioe il divieto di allegare fatti che essa ri-tenga, supponga o addirittura gia conosca, non es-sere veri e, per converso, il dovere di non contesta-re i fatti, allegati dalla controparte, che essa mede-sima ritenga, presuma o addirittura gia conosca,essere veri (CAPPELLETTI, Processo e ideologie,pp. 54-56, 216-217)...».

Vale la pena di ricordare, ancora, che la dottri-na germanica parla di un obbligo di «verita» o di«veridicita soggettiva» (cfr., ad es., ARENS, Zivil-prozeßrecht3, Munchen, 1984, pp. 14-16; GRUNSKY,Grundlagen des Verfahrensrechts2, cit., pp. 180-184,182-183; D. LEIPOLD, in STEIN-JONAS, Kommentarzur ZPO21, Bd. 2, §§ 91-252, Tubingen, 1994,pp. 705-723, sp. 708-711; H.J. MUSIELAK, GrundkursZPO3, Munchen, 1995, pp. 59-60, 227-228; L. RO-

SENBERG-K.H. SCHWAB-P. GOTTWALD, Zivilpro-zeßrecht15, Munchen, 1993, § 65, VIII, pp. 363-367; in giurisprudenza, ad es., si veda la motiva-zione di BGH, Urt. 19.9.1985 – IX ZR 138/84,Frankfurt, in NJW, 1986, pp. 246-248, sp. 247).

78 Si tenga presente che nel d.d.l. (di «raziona-lizzazione» e di «accelerazione» del processo civi-le), presentato e sponsorizzato nel marzo 2007dall’allora Ministro Guardasigilli on. Mastella, siera proposto, fra l’altro, di inserire nell’art. 88

c.p.c. un 3o co. cosı formulato: «le parti costituitedebbono chiarire le circostanze di fatto in modoleale e veritiero». Sui profili di novita di queld.d.l., cfr., ad es., M.F. GHIRGA, La riforma della giu-stizia civile nei disegni di legge Mastella, RDPr, 2008,pp. 441-463.

Il d.d.l. di analogo contenuto, poi presentato efatto proprio nel giugno 2008 dal successoreon. Alfano, riprendeva negli esatti termini di cuisopra la proposta precedente, con l’inserimentodi un nuovo 3o co. nel cit. art. 88. Sul punto, anchecon riguardo alla monografia di F. MACIOCE, Lalealta. Una filosofia del comportamento processuale,Torino, 2005, cfr. F. CORDOPATRI, Note a margine diun libro recente e di un recente disegno di legge,RDPr, 2008, pp. 1335-1346, sp. pp. 1338 ss. Laproposta integrazione dell’art. 88 non e, poi, statarecepita dalla l. 18.6.2009, n. 69.

79 Come e noto, nell’alveo delle tradizioni incui si colloca anche il nostro ordinamento proces-suale, accanto ai consueti doveri di lealta e di probita(cfr. l’art. 88 c.p.c.) non esiste, ne e mai esistito, unanalogo «obbligo» o «dovere di verita» a caricodelle parti; ne si e mai configurato – almeno, sinoall’adozione del vigente Codice deontologico fo-rense nel 1997 (cfr. infra, nota seguente) un simile«obbligo» o «dovere» a carico del difensore: tan-tomeno nel processo penale, ove al difensore l’art.99 c.p.p. estende, in linea di massima, «le facolta ei diritti che la legge riconosce all’imputato, ivicompresa la garanzia nemo se detegere tenetur»(sul punto, R. DANOVI, Il dovere di verita, RI, 1991,pp. 477-488, part. pp. 479-480). Ma si ricordi che– gia nel Progetto di riforma del 1920, propugnatoda Chiovenda ed ispirato, fra l’altro, ad un’ampiaapplicazione del principio di oralita nel processo– l’art. 21, accanto al riconoscimento della fictaconfessio (cfr., oggi, l’art. 232 c.p.c.), cosı sanciva:«nella esposizione dei fatti le parti e i loro avvoca-ti hanno il dovere di non dire consapevolmentecosa contraria al vero» (sul punto, CHIOVENDA, Re-lazione al progetto di riforma del procedimento elabo-rata dalla Commissione per il dopo-guerra, in Saggidir. proc. civ., II, rist. anast. ed. 1931, Milano,1993, pp. 121 ss.).

Non e cosı, nel panorama comparatistico.Si considerino, significativamente, le ultime

evoluzioni del diritto francese, ove l’art. 10 del

comunque presente (sia pure «in negativo», quale divieto di enunciare in atti del pro-cesso allegazioni e deduzioni, o di rendere in giudizio dichiarazioni, con la piena con-

I fatti e le prove 25

c.c., novellato dalla l. 72-626 del 5 luglio 1972, hasancito, a pena di astreinte, che «chacun est tenud’apporter son concours a la justice en vue de lamanifestation de la verite». Su tale innovazione,oltreche sui principi del nuovo c.p.c. (artt. 6-11,143-150), si basa l’elaborazione del droit a l’obten-tion des preuves (cfr. G. GOUBEAUX, Le droit a la preu-ve, in La preuve en droit, Bruxelles, 1981, pp. 277-301, part. pp. 281-283). Si vedano pure, nella pro-spettiva ispano-latino-americana, che tende pre-valentemente a conciliare il principio dispositivocon il potere-dovere del giudice di ricercare la ve-rita: l’art. 12 del c.p.c. venezuelano (principio di-spositivo y de verdad procesal); gli artt. 2-5 dell’Ante-proyecto di codice-tipo per i sistemi latino-ameri-cani (nel vol. Un «codice Tipo di procedura civileper l’America Latina, a cura di S. Schipani e R. Vac-carella, Padova, 1990, p. 517); e l’art. 14, I-IV, delc.p.c. brasiliano (sul che, cfr., con ampia indagine,ARRUDA ALVIM, Tratado de direito processual civil.2,2, Sao Paulo, 1996, pp. 360-414). In argomento,cfr. altresı il mio Istruzione e trattazione nel processocivile, cit., par. 10, nonche il mio vol. Riforme pro-cessuali e poteri del giudice, cit., pp. 184-186.

Nella medesima prospettiva, si colloca l’art. 14delle Basi costituzionali minime per un giusto proces-so in America Latina, elaborato da Augusto MarioMorello e da me nel 2003, su incarico dell’Institu-to Iberoamericano de Derecho Procesal, e da que-st’ultimo approvato in Caracas nell’ottobre 2004(se ne vedano i testi italiano e spagnolo nel miovol. Etica e tecnica del «giusto processo», cit., Torino,2004, pp. 409-421; nonche la versione spagnola inEl Derecho, Diario de doctrina y jurisprudencia, 6 ot-tobre 2003, pp. 4-5; per altre notizie, cfr. il mioL’informazione difensiva nella cooperazione giudizia-ria europea, nel vol. El Papel de los Tribunales Supe-riores, Estudios en honor del Dr. Augusto Mario Mo-rello, II, Buenos Aires, 2008, pp. 516-517; noncheM. MASCIOTRA, Bases constitucionales mınimas delproceso civil justo, in Abogados, n. 86, settembre-ot-tobre 2005, Buenos Aires, pp. 40-41). In tale nor-ma, accanto ai consueti doveri di lealta e di buonafede, si configura, a carico delle parti e dei loro di-fensori, il divieto di «allegare fatti, rendere dichia-razioni, produrre o dedurre prove, di cui previa-mente si conosca la non rispondenza al vero, lafalsita o la non genuinita».

Si rammenti, poi, che, nel quadro dei lavoripreparatori per il c.p.c del 1942, l’introduzionedi un vero e proprio dovere od obbligo di verita, acarico delle parti e dei rispettivi difensori, era sta-

ta accolta da taluni Progetti (ad es., dall’art. 20, 1o

co., del Progetto Chiovenda, in rapporto al «dove-re di non dire consapevolmente cosa contraria alvero»; dall’art. 28 del Progetto Carnelutti, con ri-guardo al «dovere di affermare al giudice i fattisecondo la verita»; dall’art. 26 del Progetto preli-minare Solmi, con riguardo all’«obbligo di espor-re al giudice i fatti secondo verita»). Si preferı,poi, optare per «il dovere di comportarsi in giudi-zio con lealta e probita» (e il testo del vigente art.88, 1o co.), non soltanto in funzione del credito di«correttezza» tradizionalmente attribuito al cetoforense italiano, ma soprattutto in considerazionedel fatto che – in un sistema ancora fondato sul-l’efficacia di prova legale della confessione e delgiuramento – un obbligo generalizzato di verita si sa-rebbe potuto risolvere in uno strumento inquisi-torio (per cosı dire, di pressione o di tortura mo-rale), del tutto incompatibile con la dominantepresenza del principio dispositivo. Si vedano, inproposito, ad es.: CALAMANDREI, Sul progetto preli-minare Solmi, in Studi sul processo civile, IV, Pado-va, 1939, pp. 148 ss.; CALOGERO, Probita, lealta, veri-dicita nel processo civile, RDPr, 1939, I, pp. 128 ss.;REDENTI, L’umanita nel nuovo processo civile, ivi,1941, I, pp. 30 ss.; in sintesi, ANDRIOLI, Commentoal c.p.c., cit., I, Napoli, 1961, pp. 243-245; e MAN-

DRIOLI, Dei doveri delle parti e dei difensori, cit., inComm. Allorio, I, 2, Torino, 1973, pp. 959-961.

Ci si deve, comunque, ben guardare dall’equi-voco di reputare estraneo ai modelli «dispositivi»degli ordinamenti di common law il concetto di ve-rita storica dei fatti rilevanti per la controversia.Ad es., nell’ordinamento nordamericano, le Fede-ral rules of Evidence del 1975 stabiliscono: a) chel’intero corpus delle norme sulla prova deve esse-re interpretato ed applicato «to the end that thetruth may be ascertained and proceedings justly de-termined» (Rule 102; corsivo aggiunto; sul tema,C.A. WRIGHT-K.W. GRAHAM, Jr., Federal Practiceand Procedure, Federal Rules of Evidence, Rules 101to 400, Sect. 5001 to 5160, 21, St. Paul, Minn.,1977, §§ 5021-5026, pp. 125-154); b) che il controllodel giudice, nella conduzione della cross-examina-tion, si spinga a rendere la presentazione e l’esa-me del teste «effective for the ascertainment ofthe truth» (Rule 611, a, 1). Inoltre, non si deve tra-scurare l’insieme degli obblighi di lealta, di buonafede e di correttezza, adeguatamente sanzionatiin funzione anti-abuso, che le parti ed i loro difen-sori si assumono, con la sottoscrizione dei plea-dings e di ogni altra memoria od istanza defensio-

sapevolezza della loro oggettiva falsita)80 nel codice deontologico degli avvocati italia-ni81, nonche in quello degli avvocati comunitari europei82 – il quale, in un processoche aspiri ad essere effettivamente «giusto» (od «equo»)83, sia idoneo a rafforzare i lo-

26 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

nale, per quanto riguarda l’attuale esistenza (o laprobabile esistenza, a seguito di ulteriore «inve-stigation or discovery») di un adeguato «eviden-tiary support» per qualsiasi «allegation» o «otherfactual contention» (cfr. la Rule 11 delle FederalRules of Civil Procedure ed, in argomento, il miostudio Abuso del processo e garanzie costituzionali,RDPr, 2008, pp. 319-354, sp. pp. 331-337).

80 Integra, naturalmente, una chiara violazio-ne di tale divieto (cfr. infra) anche l’uso consape-vole ed intenzionale di prove false (ad es., la pre-meditata o comunque consapevole produzionedi prove documentali non genuine od alterate)nel corso del giudizio.

81 Si legga, infatti, l’art. 14 (Dovere di verita)del Codice deontologico forense [approvato dalConsiglio Nazionale Forense nella seduta del17.4.1997, e poi, reiteratamente modificato il16.10.1999 (cfr. FI, 1999, V, 311), il 26.10.2002, il27.1.2006 e il 14.12.2006]: «Le dichiarazioni in giudi-zio relative all’esistenza o inesistenza di fatti obiettivi,che siano presupposto specifico per un provvedimentodel magistrato, e di cui l’avvocato abbia diretta cono-scenza, devono essere vere e comunque tali da non in-durre il giudice in errore. I. L’avvocato non puo intro-durre intenzionalmente nel processo prove false. Inparticolare, il difensore non puo assumere a verbalene introdurre dichiarazioni di persone informate suifatti che sappia essere false. II. L’avvocato e tenutoa menzionare i provvedimenti gia ottenuti o il ri-getto dei provvedimenti richiesti, nella presenta-zione di istanze o richieste sul presupposto dellamedesima situazione di fatto» (corsivo aggiunto).

Nell’art. 17, 2o-3o co., del Codice medesimo,inoltre, si impone all’avvocato di dare informa-zioni sulla propria attivita professionale, confor-memente a criteri di «trasparenza e veridicita»,o comunque in conformita a «verita e correttez-za»; nell’art. 24, 1o co., gli si impone il «doveredi verita» anche nei rapporti con il proprio Consi-glio dell’Ordine; infine, nell’art. 58, sub I, gli si fadivieto assoluto di «impegnare di fronte al giudi-ce la propria parola sulla verita dei fatti esposti ingiudizio».

Si ritiene, inoltre, che tali norme costituiscano«fonti normative integrative» del precetto legisla-tivo (art. 38, r.d.l. 27.11.1933, n. 1578), da cui e at-tribuito al Consiglio nazionale forense il poteredisciplinare con funzione di giurisdizione specia-le (sul punto, ad. es., Cass., sez. un., 20.12.2007,n. 26810, FI, 2009, I, 3167-3176, con nota di G.

SCARSELLI, La responsabilita civile del difensore perl’infrazione della norma deontologica, pp. 3168-3172.

E agevole, comunque, constatare che questodovere deontologico di verita «... contenutisticamen-te, non diverge dai doveri di verita o di veridicita‘‘soggettiva’’, gia noti nell’esperienza di altri ordi-namenti (cfr. supra), poiche non prescrive certo (nemai potrebbe sancire) ‘‘in positivo’’ a carico del di-fensore un dovere generalizzato di collaborazionealla ricerca della verita ‘‘oggettiva’’ di qualsiasifatto rilevante, favorevole o sfavorevole alla parteassistita, ma si preoccupa soprattutto di consacra-re ‘‘in negativo’’ il divieto di allegazioni consape-volmente ‘‘false’’ e il divieto di utilizzazione con-sapevole di ‘‘prove’’ o di ‘‘dichiarazioni false’’...»(riprendo, qui, quanto ebbi ad osservare nello stu-dio Regole deontologiche e doveri di verita nel processo,NGCC, 1998, II, pp. 128-136, sp. p. 135).

Sul delicato argomento, si vedano, altresı, leconsiderazioni di F. CIPRIANI, L’avvocato e la verita,PF, 2003, 222.

82 Si veda l’art. 4.4 del Codice deontologicodegli avvocati comunitari, approvato a Strasbur-go nell’ottobre del 1988 dal Conseil des Barreauxde la Communaute europeenne: «a aucun momentl’avocat ne doit sciemment donner au juge une in-formation fausse ou de nature a l’induire en er-reur».

83 E proprio la prospettiva costituzionale, co-me sopra delineata, ad indurmi a non condivide-re i tentativi tradizionali di svalutare e di ridurrea casi-limite (in cui il provvedimento del giudicedipenda esclusivamente dalle dichiarazioni diparte o il provvedimento sia richiesto inaudita al-tera parte) la portata dell’art. 14 del Codice deon-tologico forense. Se l’enunciazione di quel doveredi verita va intesa e letta «in negativo», in confor-mita con le indicazioni comparatistiche, e fuori diluogo ipotizzare che un correlato dovere di «com-pletezza» (sussistente nel § 138 della ZPO, ma nelnostro sistema non configurabile) imporrebbe «difatto» alla parte di «confessare» anche i fatti favo-revoli all’avversario, con cio sovvertendo le rego-le generali sul riparto degli oneri probatori e deiconnessi rischi della mancata prova (che, si badi,pur esistono, senza alcun contraccolpo sistemati-co, nello stesso sistema processuale tedesco!).Per una chiara prospettazione della tesi, qui criti-cata, cfr., ad es., da ultimo, G. SCARSELLI, Ordina-mento giudiziario e forense, Milano, 2004, pp. X-299, sp. pp. 287-295, 291-295.

ro doveri generali di reciproca cooperazione, sottolineandone adeguatamente, nell’ambitodi quel medesimo processo, le rispettive responsabilita, con le correlative sanzioni84;

5) l’intensita variabile degli eventuali poteri-doveri di stimolo, di chiarificazione e disanzione, che, a tutela di quel dovere di verita, vengano attribuiti al giudice ex officio,nei confronti delle parti in quanto tali (siano esse gravate, oppure no, da specifici oneridi allegazione, di contestazione e di prova), nonche dei loro difensori85;

I fatti e le prove 27

84 Ci si riferisce qui, nel contesto di piu doveridi chiarificazione, ai precetti contenuti nel § 138-Idella ZPO tedesca («Die Parteien haben ihre Erk-larungen uber tatsachliche Umstande vollstandigund der Wahrheit gemaß abzugeben»), risalentealla Novella del 1933, o nel § 178-I di quella au-striaca, secondo la codificazione kleiniana del1898 («Jede Partei hat in ihren Vortragen alle imeinzelnen Falle zur Begrundung ihrer Antrage er-forderlichen tatsachlichen Umstande der Wahr-heit gemaß vollstandig und bestimmt anzuge-ben...»). Dopo le riforme del 2001-2002, il § 138-Idella ZPO tedesca e rimasto inalterato nei conte-nuti, ma ha assunto una nuova rubrica (Erkla-rungspflicht uber Tatsachen; Wahrheitspflicht; la ru-brica precedente mancava del riferimento esplici-to al «dovere di verita»).

Si ricordi che nella ex-DDR, prima del crollodel regime comunista, il § 3, 1o co., ult. parte, del-la l. processuale 19.6.1975 riprendeva dalla ZPOdella Germania occidentale un identico doveredi veridicita e di completezza a carico delle parti(«sie sind verpflichtet, in ihren Erklarungen undAussagen den Sachverhalt vollstandig und wahr-heitsgemaß darzulegen»).

85 Gli esempi piu significativi, ancora una vol-ta, sono offerti dalle legislazioni di tradizione ger-manica, con le norme sulla c.d. Aufklarungspflicht(o Hinweispflicht) del giudice, quale contraltaredegli analoghi doveri delle parti (§ 139 dellaZPO tedesca, § 182 di quella austriaca). Sul tema,per tutti: R. STURNER, Die Aufklarungspflicht der Par-teien des Zivilprozesses, Tubingen, 1979, pp. 1-384,part. pp. 134-152. Con le riforme del 2001-2002,il § 139 della ZPO tedesca (gia contrassegnato dal-la rubrica Richterliche Aufklarungspflicht) ha assun-to, a seguito di una profonda risistemazione disvariati precetti normativi sul ruolo attivo delgiudice, una nuova rubrica (Materielle Pro-zeßleitung), articolandosi in 5 ampi commi (in luo-go dei 3 precedenti). Sui limitati profili di novitadel nuovo riassetto della disciplina dei poteri di-rettivi del giudice, cfr., ad es., fra i primi commen-ti, T. SCHAEFER, Was ist denn neu an der neuen Hin-weispflicht?, NJW, 2002, pp. 849-852.

Sui piu qualificati poteri di intervento istrutto-rio (§§ 141-144 ZPO) e su tale «dovere» di chiari-ficazione ufficiosa del giudice, nei confronti diqualsiasi parte (gravata, oppure no, da oneri di-retti di prova), fanno leva gli attuali tentativi diconfigurare – partendo da una efficace «coopera-zione» fra i soggetti del processo – un modello al-ternativo, nell’accertamento istruttorio dei fatti.Si parla cosı – nel contrasto con il tradizionalemodello (articolato in quattro fasi: allegazionedel fatto e deduzione del mezzo di prova, ammis-sione di quest’ultimo, assunzione della prova, va-lutazione dei suoi risultati) – di un’aspirazioneverso la «moglichst wirklichkeitsgerechte Sach-verhaltsrekonstruktion». Si tratta, cioe, di rivalu-tare l’effettivita della ricerca della verita nel pro-cesso, non soltanto con il rafforzamento dei doveridi verita e di completezza, gravanti sulle parti, masoprattutto con uno sviluppo coerente di quei po-teri-doveri di stimolo e di chiarificazione, spettan-ti al giudice nella direzione del processo (Prozes-sforderungspflicht). In tal senso si veda: RUßMANN,in Kommentar zur Zivilprozeßordnung, pp. 792 ss.,part. 795-797. Con cenni critici, invece: PRUTTING,in Munchener Kommentar, cit., Band 1, pp. 1682-1683.

Nel nostro ordinamento, mentre i generici do-veri di lealta e di probita a carico delle parti (art. 88c.p.c.) non incidono, se non in modo indiretto,sulla disciplina dell’onere della prova o sullacorrelata regola di giudizio (art. 2697 c.c.), po-nendosi semmai quali fonti sussidiarie di argo-menti di prova a carico delle parti che vi trasgre-discano (art. 116, 2o co., c.p.c.), ci si chiede inve-ce quale sarebbe, in teoria, l’incidenza di un ipo-tetico dovere processuale di verita e di un corri-spondente obbligo di chiarificazione a carico delgiudice. Sul tema, in termini prevalentementenegativi: PATTI, Prove, cit., pp. 19-24; con altricenni, MANDRIOLI, Corso, cit., II9, pp. 155-156, eII10, pp. 163-164. Ma il quesito rischia di ripro-porsi in termini ben diversi, esigendo rispostenon cosı nettamente negative, se lo si riesaminanella nuova prospettiva del «giusto processo»(cfr. infra, par. 5).

6) la necessita «sociale» e «politica» che il processo abbia, in ogni caso, un «termi-ne» temporale ben definito86.

Che tutto cio corrisponda ad una corretta impostazione dei problemi generali, econfermato altresı dalle recenti vicende del processo penale, culminate nel ripudiodel modello di giustizia inquisitoria (a carattere «misto»), che e proprio delle tradizio-ni europee.

Gli entusiasmi suscitati, inizialmente, dal nuovo c.p.p. del 1988 – contraddistinto,come ben si sa, da un ambizioso sforzo di «rifondazione» del diritto probatorio87 –avevano accreditato l’opinione secondo la quale, in un modello di tipo accusatorio,il principio di disponibilita delle prove farebbe prevalere una mera tecnica di risolu-zione «formale» dei conflitti, finalizzando il giudizio non gia all’accertamento dei fattireali, bensı al conseguimento della sola «verita processuale», resa possibile dalle rego-le probatorie del modello e dal metodo «dialogico» di formazione della prova, nelcontraddittorio del dibattimento orale88.

28 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

86 Sul punto, ancora CHIOVENDA, Principii, cit.,pp. 809-810. In forza del principio-cardine su cuisi fonda la razionalita della cosa giudicata (interestreipublicae ut sit finis litium; cfr. il mio volume Ilprincipio di economia processuale, II, Padova, 1982,pp. 107-115), e corretto instaurare un discriminetra la «prova nel processo» e la «prova puramentelogica e scientifica»: solo in considerazione dellaseconda, e non gia della prima, e esatto riconosce-re che di per se «la prova della verita dei fatti nonpuo essere limitata». Al contrario, per quanto ri-guarda la prima, «... passata in giudicato la sen-tenza, la indagine sui fatti della causa e definitiva-mente preclusa e da quel momento il diritto nonsi cura piu della rispondenza dei fatti ritenutidal giudice alla realta delle cose, e la sentenza ri-mane come affermazione della volonta dello Statosenza che nessuna influenza conservi sul suo va-lore l’elemento logico da cui e sorta...» (CHIOVEN-

DA, op. ult. cit., pp. 809-810).87 Si vedano: l’art. 2, nn. 1-3, 31, 37, 69 e 73,

l.d. 16.2.1987, n. 81; il Libro III del c.p.p., approva-to con d.p.r. 22.9.1988, n. 447 (disposizioni gene-rali: artt. 187-193; artt. 194-243: mezzi di prova;artt. 244-271: mezzi di ricerca della prova); il Li-bro V (incidente probatorio e udienza prelimina-re: artt. 392-422); il Libro VII (istruzione dibatti-mentale: artt. 496-515). Sui principi, cfr. per tutti:P. FERRUA, Studi sul processo penale, Torino, 1990,pp. 79-110; V. GREVI, Libro III, Prove, in CONSO,GREVI, Prolegomeni ad un commentario breve al nuovoc.p.p., Padova, 1990, pp. 155-216; M. NOBILI, Con-cetto di prova e regime di utilizzazione degli atti nelnuovo c.p.p., FI, 1989, V, 274-284. Da ultimo, si ve-dano – nel trattato La prova penale, diretto da Gai-to, cit., I, Il sistema della prova, Torino, 2008 – i co-

spicui contributi di A. BARGI (Cap. II, Sez. I-III) edi A. GAITO (Cap. III), ivi, pp. 19-94, e pp. 95-138.

Per altri approfondimenti, mi permetto ancoradi rinviare ai miei non piu recenti scritti: Prove edaccertamento dei fatti nel nuovo c.p.p., cit., pp. 113-147 (nonche, sotto il nuovo titolo Prove ed accerta-mento dei fatti nel processo penale accusatorio, nelvol. Riforme processuali e poteri del giudice, cit., Par-te II, Cap. II, pp. 209-250); (con V. Zagrebelsky)Modello accusatorio e deontologia dei comportamentiprocessuali nella prospettiva comparatistica, ivi,1993, pp. 435-492, part. pp. 435-441; Lessico delleprove e modello accusatorio, cit., pp. 1201-1230 (non-che, con il titolo Lessico delle prove, ricerca della ve-rita e poteri del giudice penale, nel mio vol. Riformeprocessuali e poteri del giudice, cit., Parte II, Cap. III,pp. 251-285).

Si vedano altresı: D. SIRACUSANO, Prova, III) nelnuovo c.p.p., EG, XXV, Roma, 1991, parr. 1-7; G.UBERTIS, Prova, II), Teoria generale del processo pena-le, ivi, XXV, parr. 1-5. Sul regime probatorio delc.p.p. anteriore, cfr., ancora, MELCHIONDA, Provain generale, b) Dir. proc. pen., ED, XXXVII, Milano,1988, pp. 649-679, part. pp. 653-655.

88 Per una ricostruzione precisa di questo in-dirizzo: Cass., sez. un., 6.11.1992, n. 11227, Mar-tin, FI, 1993, II, 65-70 (a proposito dell’art. 507c.p.p.), RIDPP, 1993, pp. 829-849, con nota di L.MARAFIOTI, L’art. 507 c.p.p. al vaglio delle Sezioniunite: un addio al processo accusatorio e all’imparzia-lita del giudice dibattimentale, nonche RDPr, 1993,pp. 1268-1290, con nota di L.G. LOMBARDO, Princi-pio dispositivo e poteri officiosi del giudice penale: os-servazioni sull’art. 507 c.p.p. A commento dell’indi-rizzo in esame, cfr. ancora P. FERRUA, I poteri pro-batori del giudice dibattimentale: ragionevolezza delle

Dal 1992 in poi, gli orientamenti giurisprudenziali e talune modifiche legislativehanno assestato colpi notevoli alle iniziali illusioni, ridimensionando l’assolutezzadi certi valori accusatori. Sicche oggi – con la possibilita di «non disperdere» comun-que le prove, pur acquisite al di fuori del contraddittorio dibattimentale, e con il pienorecupero dei poteri di integrazione probatoria ex officio, riconosciuti al giudice ancheal di la delle decadenze di parte – il «fine primario ed ineludibile» del processo tornaad essere quello della «ricerca della verita» oggettiva, mentre il metodo orale e dialet-tico della raccolta delle prove in giudizio, su iniziativa delle parti, si risolve in una me-ra scelta tecnica contingente degli strumenti reputati piu idonei per il conseguimento diquel medesimo fine. Dovrebbero, dunque, considerarsi del tutto inconciliabili conl’ordinamento costituzionale, in cui (accanto all’affermata obbligatorieta dell’eserciziodell’azione penale)89 esistono forti garanzie a tutela dei diritti fondamentali dell’uo-mo, eventuali «norme di metodologia processuale» che ostacolino in modo irragione-vole «il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giu-sta decisione»90.

4. N a t u r a e c o l l o c a z i o n e d e l l e n o r m e s u l l e p r o v e • Nel quadro diun formalismo che e dettato da esigenze di certezza e di legalita garantistica91, il legi-

I fatti e le prove 29

Sezioni unite e dogmatismo della Corte costituzionale,RIDPP, 1994, pp. 1065-1084. Con altri rilievi criticisul tema, nonche con una riaffermazione del fineprimario della ricerca della verita anche nel mo-dello accusatorio, originariamente concepito nel1988, cfr. gia il mio studio Prove ed accertamentodei fatti, cit., pp. 128-133, e poi l’altro mio scrittoLessico delle prove e modello accusatorio, cit.,pp. 1218-1230; indi, lo scritto di L. CARLI, Fatto everita nell’ideologia della riforma e della controriformadel c.p.p. (le ragioni dei pratici), RIDPP, 1995,pp. 230-255; ed ancora G.F. RICCI, Principi di dirittoprocessuale generale, cit., pp. 18-21, 295-303.

89 Cfr. l’art. 112 Cost.90 Su questi temi, con chiarezza, sempre a

proposito dell’art. 507 c.p.p., cfr. C. Cost.,26.3.1993, n. 111, FI, 1993, I, 1356-1362. Sul princi-pio di «non dispersione» e sui poteri ex officio delgiudice, esperibili anche in presenza di decaden-ze maturate a carico delle parti, cfr. pure C. Cost.,3 giugno 1992, nn. 241, 254 e 255, ivi, 1992, I, 2012-2032, con note di G. DI CHIARA, L’inquisizione come«eterno ritorno»: tecnica delle contestazioni ed usi di-battimentali delle indagini a seguito della sentenza255/92 della Corte costituzionale, ivi, 2013-2023, diG. FIANDACA, Modelli di processo e scopi della giusti-zia penale, ivi, 2023-2026, nonche di T. RAFARACI,Nuove contestazioni e diritto alla prova dinanzi allaCorte costituzionale, ivi, 1993, I, 1777-1784. Per altririlievi, anche sulle ulteriori innovazioni normati-

ve (d.l. 8.6.1992, n. 306, conv. in l. 7.8.1992,n. 356), cfr. il mio studio (con Zagrebelsky) Model-lo accusatorio, ult. cit., pp. 435-436.

91 Tale e il significato attribuibile alla previ-sione di procedimenti «canalizzati» e «formaliz-zati» dalla legge, con limiti rigorosi per la ricercainquisitoria della verita (sul punto, F. BAUR, Rich-termacht und Formalismus im Verfahrensrecht, nelvol. Summum ius summa iniuria, Tubingen, 1963,pp. 97-116, sp. 103 ss., 107-108, 110-112; adde P.MES, Der Rechtsschutzanspruch, Koln-Berlin-Bonn-Munchen, 1970, pp. 66-68; da noi, LIEBMAN, Ma-nuale, II, pp. 72-73). Ma non va sottovalutata latendenza moderna a rafforzare il ruolo attivodel giudice, nell’acquisizione probatoria (in sinte-si, F. AMATO, Auf den Wege zur Starkung der Richter-macht im Beweisverfahren: Neue Entwicklungen imitalienischen Zivilverfahren im Vergleich zur oZPO,ZfRV, 1979, pp. 83-103, sp. 100 ss.), ogni qual vol-ta emerga l’esigenza di semplificare le forme edattuare l’equita nel processo (DENTI, Processo civilee giustizia sociale, Milano, 1971, pp. 56 ss., 62 ss.;nella scienza germanica, M. VOLLKOMMER, Formen-strenge und prozessuale Billigkeit, Munchen, 1973,pp. 10-12, 24-25, 37-39, 63-64). Tendenza che,per quanto avallata da aperture storico-evolutiveindiscutibili (per una accurata analisi, cfr. W.BREHM, Die Bindung des Richters an den Parteivor-trag und Grenzen freier Verhandlungswurdigung,Tubingen, 1982, pp. 10 ss., 13-15, 21 ss. 36-39,

slatore italiano si e mantenuto sinora fedele ad una collocazione tradizionale, che, ri-servando al c.p.c. la disciplina formale dell’assunzione dei mezzi di prova nel proces-so, vede nel c.c. la presenza di «norme apparentemente processuali»92, regolanti i pre-supposti e l’efficacia sostanziale delle prove precostituite o costituende93. Egli ha cre-duto, in tal modo, di salvaguardare l’unita fondamentale dell’ordinamento, pur senzaricorrere ad una normazione organica, accogliendo invece una concezione sostanzia-listica, che qualifica le prove come condizioni di preventiva difesa della «sicurezza»nelle negoziazioni private, o come strumenti di tutela dei diritti «anche fuori e prima»del giudizio94.

Gli artt. 2643-2969 disciplinano in una parte unitaria ed organica del c.c. (Libro VI)molteplici istituti – dalla trascrizione alle cause di prelazione, dalle prove al giudicato– il cui fine istituzionale e quello di garantire o, comunque, di assicurare e di attuare,sia in termini giuridici, sia sul piano della protezione giurisdizionale, la tutela dei di-ritti. L’impostazione sistematica della materia – che va trattata, a seconda delle pro-spettive, primariamente nell’ambito delle norme di diritto sostanziale e secondariamen-te in quello delle norme di diritto processuale – e del tutto conforme ai principi tradi-zionali delle codificazioni europee, gia accolti dalle legislazioni napoleoniche del se-colo XIX e poi ribaditi nelle legislazioni italiane post-unitarie del 1865.

Con riguardo specifico alle prove (artt. 2697-2739), l’opinione espressa dal legislato-re del 1942 e, quindi, conseguenziale e coerente, sviluppandosi sotto diversi (ma com-plementari) profili. Anzitutto, nel contesto del c.c., le prove assumono rilevanza, in ge-nerale, quale «mezzo» o «strumento» accordato a chiunque per far valere o, a secondadei casi, per difendere i propri diritti «non solo in giudizio, ma fuori e prima di que-sto». Infatti, l’«evidenza» e la «virtuale sicurezza» di ottenere il loro riconoscimento, inforza delle prove eventualmente disponibili, costituiscono una «condizione gia di perse normalmente sufficiente» per imporre il rispetto di quei diritti, anche a prescinderedall’eventuale tutela giudiziaria, assicurandone il «tranquillo godimento», nonche lapiena «sicurezza» delle contrattazioni che li riguardino.

Per queste considerazioni, le norme sulle prove – tendenzialmente dirette a discipli-nare, sin dove possibile, la loro «precostituzione» ante judicium, nonche le condizionidella loro ammissibilita ed efficacia «legale» – trovano una loro logica collocazione nel

30 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

219-220), trova convinti oppositori in chi, scorgen-dovi la postulazione aprioristica di un teoremaastratto, non meno equivoco della vetusta Maxi-menmethode, manifesta seri dubbi sull’imparzialitadi un giudice piu «attivo» (cosı CAVALLONE, op. cit.,in Studi Parmensi, pp. 25-110, sp. 62-69, 97-102,103-106, 107-110).

92 Cosı, la Relazione ministeriale al c.p.c.(n. 6, 5o cpv.).

93 In questi termini, RESCIGNO, Manuale, p. 346.Si vedano pure gli artt. 1312-1377 e 206-318, ri-spettivamente del c.c. e del c.p.c. abrogati.

94 Cfr. ancora la Relazione ministeriale al c.c.

(n. 1065, 7o cpv.). Vi aderisce E. REDENTI, Dirittoprocessuale civile2, II, Milano, 1957, pp. 45, 60-61.Esula naturalmente da questo disegno, in osse-quio alla tradizione storica, l’esigenza di codifi-care nell’ambito del processo un esplicito dirittoindividuale delle parti all’effettiva utilizzazionedei mezzi di prova riconosciuti dal sistema (esi-genza manifestatasi poi, come si sa, con la nor-mazione costituzionale: sul punto, TARUFFO, Il di-ritto alla prova nel processo civile, RDPr, 1984,pp. 74-120, part. 74-75; e gia, per alcune notazio-ni dogmatiche, CARNELUTTI, La prova civile, cit.,pp. 54-56 ss.).

sistema del c.c., precedendo addirittura quelle sulla tutela giurisdizionale vera e pro-pria. Al c.p.c. ed alle norme processuali rimane, invece, riservata la disciplina tecnicadelle modalita e delle forme con cui le prove possano essere acquisite od assunte nel cor-so di un giudizio che debba essere promosso, quando occorra, per ottenere il ricono-scimento e la tutela dei diritti lesi o posti in pericolo, contra jus, dalla condotta altrui95.

Alla distinzione rigorosa, in termini sistematici, fra norme sostanziali e norme pro-cessuali – tipica delle codificazioni di civil law, ma estranea ai sistemi giuridici di com-mon law, incentrati su di una concezione unitaria di tutela (la quale e, ad un tempo,sostanziale e processuale: ubi remedium ibi jus)96 – si uniforma, dunque, la predetta ten-denza a disciplinare in parte nel c.c. ed in altra parte nel c.p.c. determinati «istituti bi-fronti» (quali sono, appunto, le prove e il giudicato), che rappresentano in un certosenso il «ponte di passaggio tra il processo e il diritto soggettivo»97. Peraltro, la mede-sima tendenza – gia contrastata in Italia98 – sembra oggi progressivamente superatadalle legislazioni piu avanzate degli ordinamenti di civil law, che preferiscono inserirenei codici processuali le norme sulle prove ed, in particolare, le disposizioni sull’oneredella prova99.

I riflessi pratici piu evidenti della menzionata impostazione si colgono nel princi-pio giurisprudenziale consolidato, secondo cui le norme enunciate dal legislatore conriguardo all’onere della prova od all’ammissibilita ed alla rilevanza dei mezzi proba-tori appartengono al diritto sostanziale. La loro violazione, quindi, e denunziabile incassazione quale error in judicando (ex art. 360, n. 3, c.p.c.) e non gia quale error in pro-cedendo (ex art. 360, n. 4)100.

I fatti e le prove 31

95 Cfr. la Relazione del Guardasigilli al Re sulc.c. del 1942, n. 1065, 8o-9o cpv.

96 Per gli ordinamenti di civil law, invece, co-me tutti sanno, il principio codificato e tenden-zialmente l’opposto (ubi jus ibi remedium).

97 Cosı, pure, si esprimeva la Relazione delMinistro Guardasigilli al Re sul c.p.c., n. 6, 5o cpv.

98 Si ricordino gli artt. 177-224, e soprattuttol’art. 177 sulla ripartizione dell’onere della prova,nel testo di riforma del Libro II del c.p.c., propo-sto nel 1977 da una Commissione ministerialepresieduta da Liebman (cfr. RDPr, pp. 466-477).

99 Si vedano, ad es., l’art. 9 del c.p.c. francesedel 1975 e l’art. 217 della nuova LEC spagnola del2000; al di fuori dell’Europa, ad es., gli artt. 333-335 del c.p.c. brasiliano del 1973 e l’art. 217 del vi-gente c.p.c. colombiano.

100 Sul punto, ad es., cfr. Cass., 4.2.2000,n. 1247, RFI, 2000, Cassazione civ., n. 216 («Poi-che le norme poste dal codice civile in materiad’onere della prova e di ammissibilita ed efficaciadei vari mezzi probatori attengono al diritto so-stanziale, e quindi la loro violazione da luogoad errores in iudicando, e non in procedendo, nel giu-dizio di cassazione, in cui l’esame diretto degli at-ti da parte del giudice e ammesso solo per la ve-

rifica dello svolgimento del giudizio in conformi-ta al rito, il ricorrente interessato a far valere laviolazione di dette norme ha l’onere di indicaredettagliatamente gli elementi necessari per la va-lutazione delle censure mosse al riguardo, specifi-cando il contenuto delle prove poste dal giudice aquo alla base della sentenza impugnata e i motividella loro inidoneita legale a fornire il supportoprobatorio alla decisione adottata»).

Nella medesima prospettiva si collocano, so-prattutto, le regole sul riparto degli oneri di pro-va, ex art. 2697 c.c., quali «regole di diritto sostan-ziale» la cui violazione integra un error in judican-do. Cfr., ad es., sul punto, Cass., 18.3.2004, n. 5484,ivi, 2005, Cassazione civile, n. 62.

Le stesse considerazioni, del resto, avevanoindotto anni addietro la giurisprudenza a reputa-re sindacabile in cassazione – ai sensi dell’art. 360,n. 3, c.p.c. – le sentenze pronunziate dal concilia-tore secondo equita, in forza dell’art. 113 cpv. (neltesto antecedente alla riforma del 1991), laddoveavessero violato le regole sulla ripartizione dell’o-nere della prova, da inquadrarsi fra i «principi re-golatori della materia» [cosı, ad es., Cass., sez.un., 30.12.1991, n. 14016, ivi, 1992, voce cit.,n. 21, e per esteso FI, 1992, I, 2442 («e ammissibile

L’impostazione codicistica, dunque, non ha resistito alla suggestione di quegli«istituti bifronti», che si porrebbero in zone di confine tra diritto e processo, tentandodi giustificare in tal modo l’adozione di norme-ponte, assimilate alla disciplina deirapporti sostanziali da tutelare101. Ma, in realta, essa finisce con il sopravvalutaregli effetti preventivi che indubbiamente le regole probatorie esercitano sulla sorte diquei rapporti ante od extra judicium, assumendo quale ragione determinante il mero«riflesso psicologico» anticipato di una funzione tipicamente giudiziaria102.

Va ribadito, piuttosto, che la stessa distinzione fra diritto materiale e diritto proces-suale si regge su evidenti premesse di relativita storico-politica103. La qualificazione dialcuni gruppi di norme, reputate talora come sostanziali, o alternativamente comeprocessuali, e destinata a variare nel tempo, per influsso di fattori che non attengonoalla loro specifica natura, ma prendono in considerazione le conseguenze pratiche del-la loro applicazione in determinati settori d’esperienza, oppure i fini di politica giudi-

32 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

il ricorso per cassazione ex art. 339, 3o co., c.p.c.(cosı come novellato dall’art. 5 della l. 399/1984)avverso la sentenza del conciliatore allorche si de-duca una violazione del principio dell’onere dellaprova in capo all’attore, rientrando quest’ultimotra i ‘‘principi regolatori della materia’’ della pro-va (nella specie, e stata confermata la sentenza delconciliatore che aveva ritenuto non violato l’art.2697 c.c. in materia di responsabilita da fatto ille-cito allorquando l’attore abbia rispettato l’esigen-za dell’accertamento dell’elemento colposo inconcreto, attraverso la mancata risposta del con-venuto all’interrogatorio formale suffragata da al-tri elementi di prova, pure sul nesso causale,aliunde desunti»; «Con riguardo a sentenza resadal conciliatore su domanda risarcitoria per fattoillecito, il principio, in base al quale l’attore e te-nuto a fornire la prova degli elementi costitutividella propria pretesa, rientra fra i ‘‘principi rego-latori della materia’’, di modo che la sua osser-vanza e sindacabile in sede di legittimita, a normadegli artt. 113, 2o co., e 339 3o co. c.p.c. (come mo-dificati dalla l. 30 luglio 1984 n. 399)»].

Oggi pero, come e noto, dopo tale riforma,nonche dopo le modificazioni introdotte nell’art.113, 2o co., dall’art. 1, d.l. 8.2.2003, n. 18, conv.in l. 7.4.2003, n. 63, la categoria dei «principi rego-latori della materia» – gia ritenuta non piu riferi-bile alle pronunzie d’equita del giudice di pace(cfr., ad es., Cass., 26.7.2000, n. 9799, RFI, 2000,Procedimento civ. davanti al giudice di pace,n. 51) – e tornata ad essere applicabile a siffattepronunzie, sub specie di «principi informatori del-la materia», grazie a C. Cost., 6.7.2004, n. 206, ivi,2004, voce cit., n. 29, ed ivi, 2007, voce cit., nn. 12-14, nonche, per esteso, FI, 2007, I, 1365 (unitamen-te a Cass., sez. un., 16.6.2006, n. 13917, e a Cass.,

23.5.2006, n. 12147), con nota di P.C. RUGGIERI, Ilgiudizio di equita necessario, i principi informatoridella materia e l’appello avverso le sentenze pronuncia-te dal giudice di pace a norma dell’art. 113, 2o comma,c.p.c.; GI, 2005, 540, con nota di G. FINOCCHIARO,L’improbabile «quadratura» costituzionale dell’equitanecessaria; RDPr, 2005, pp. 1353-1373 (unitamentea Cass., 11.1.2005, n. 382), con commenti di R.MARTINO, Decisione equitativa e ‘‘principi informatoridella materia’’, 1353-1369, e di C. ASPRELLA, Rifles-sioni in margine al significato semantico ed all’inter-pretazione giuridica dei ‘‘principi informatori dellamateria’’, pp. 1369-1373. Sulla modificata versionedel cit. art. 113, 2o co., cfr. ancora FINOCCHIARO, Ilnuovo 2o comma dell’art. 113 c.p.c., RDPr, 2004,pp. 807-830.

Rimane fermo, pero, il convincimento, secon-do il quale – a differenza delle regole sancite nel-l’art. 2697 c.c. – le regole sull’ammissibilita deisingoli mezzi di prova, pur essendo parimentidi natura sostanziale, non rientrerebbero affattonella suindicata categoria dei «principi informa-tori della materia», sottraendosi quindi ad unanalogo controllo di legittimita (cosı, ad es.,con riferimento agli artt. 1417, 2722 e 2726 c.c.,Cass., 23.2.2007, n. 4225, RFI, 2007, voce ult.cit., n. 25).

101 Si riveda la Relazione ministeriale al c.p.c.(n. 6, cit.).

102 In questa direzione: LIEBMAN, Norme proces-suali nel codice civile, RDPr, 1948, I, pp. 154 ss.; eManuale, II, p. 76; G.A. MICHELI, Corso di dirittoprocessuale civile, II, Milano, 1960, pp. 71-72; infi-ne, ANDRIOLI, Prova, pp. 265-266.

103 Premesse che neppure la Relazione mini-steriale al c.p.c. (loc. cit.) mostra di disconoscere,quando fa cenno ad «istituti bifronti».

ziaria di volta in volta perseguiti dal legislatore104. In tale prospettiva, se si prescindeda quelle regole che, incidendo sulla struttura e sugli elementi costitutivi delle fatti-specie negoziali, non esulano sicuramente dal diritto materiale105, appare ancor piuchiaro l’elemento teleologico fondamentale, che accomuna le norme probatorie inuna sola qualificazione di indole strumentale, ricollegando sia la ripartizione dell’onusprobandi, sia la configurazione e la disciplina delle diverse prove (costituende o preco-stituite) alla previsione primaria della loro efficacia naturale nel processo e per il pro-cesso106.

La rilevanza di un elemento analogo si manifesta, d’altronde, anche nel diritto in-ternazionale privato, nonche (in particolare) nel diritto comunitario dell’Unione euro-pea107, ove si tende prevalentemente a riportare sotto il dominio della lex fori, tra l’al-

I fatti e le prove 33

104 Per un adeguato sviluppo dell’analisi te-leologica suggerita da CHIOVENDA (La natura pro-cessuale delle norme sulla prova e l’efficacia della leggeprocessuale nel tempo, in Saggi dir. proc. civ., I, Ro-ma, 1930, pp. 241-243), cfr. DENTI, Intorno alla rela-tivita della distinzione tra norme sostanziali e normeprocessuali, RDPr, 1964, pp. 64-77. Il dibattito si epoi arricchito dell’apporto comparativo di espe-rienze nordamericane (la c.d. Erie Doctrine): anco-ra DENTI, La natura giuridica delle norme sulle provecivili, ivi, 1969, pp. 8-35, sp. 27 ss., 30 ss.; indi,CONSO, Natura giuridica delle norme sulla prova nelprocesso penale, ivi, 1970, pp. 7-21; M. CAPPELLETTI,La «natura» delle norme sulle prove», ivi, 1969,pp. 92-99; LIEBMAN, Questioni vecchie e nuove in te-ma di qualificazione delle norme sulle prove, ivi,1969, pp. 353-359; in genere, gli Atti dell’VIII Con-vegno Nazionale, in Quaderni dell’Associazione fra gliStudiosi del processo civile, XXIX, Milano, 1971,pp. 141-231.

105 Si pensi alle norme sulla forma scritta adsubstantiam per gli atti giuridici e per i contratti(artt. 601-606, 1324, 1325, n. 4, 1350-1352 c.c.) odalle presunzioni legali (art. 2728 c.c.; infra, ParteIV, Cap. II, par. 2). Sul punto, CHIOVENDA, Princi-pii, pp. 125-127; TARUFFO, Il diritto alla prova, cit.,pp. 83-85.

106 ANDRIOLI, Prova, pp. 265-266; LIEBMAN, Ma-nuale, II, pp. 74-75; MICHELI, Corso, II, pp. 71-72.Per S. SATTA (Diritto processuale civile8, Padova,1973, p. 163), la prova assumerebbe invece un du-plice distinto profilo, appartenendo staticamenteal diritto sostanziale e dinamicamente a quelloprocessuale. Si vedano, poi, le limpide pagine diCARNELUTTI, Diritto e processo, Napoli, 1958, 125-129, 131 ss., 134-135.

107 Alla luce dei principi gia codificati nellaConvenzione di Bruxelles del 27.9.1968 (ratificatain Italia con l. 21.6.1971, n. 804) e poi trasfusi sianelle nuove norme di diritto internazionale italia-

no (artt. 3-12, 13-63, 64-71, l. 31.5.1995, n. 218), sianei regolamenti comunitari piu recenti (artt. 1-31,33-34, 35-52 del reg. CE 44/2001 del Consiglio indata 22.12.2000), le direttive europee circa l’armo-nizzazione delle procedure e la cooperazione giu-diziaria fra gli Stati membri dell’Unione – nelquadro dei criteri delineati negli artt. 61, 65 e 67del Trattato istitutivo – hanno cura di ancorare,il piu possibile, alla lex fori la disciplina specificadell’assunzione o dell’acquisizione dei mezzi diprova, riservando al c.d. «ordine pubblico proces-suale» la garanzia dei principi fondamentali atti-nenti al diritto di difesa, al contraddittorio ed allaprevenzione di giudicati contraddittori (si raf-frontino fra di loro: l’art. 64, lett. a-f, l. 218/1995,nonche gli artt. 34, nn. 1-4, e 35 del reg. CE 44/2001). Cio, in particolare, comporta che – nelleipotesi di rogatoria internazionale, in cui si attuala predetta cooperazione giudiziaria degli Statimembri dell’Unione nell’assunzione delle prove– quest’ultima debba, di regola, essere eseguitadall’autorita giudiziaria richiesta «conformemen-te alla legge del proprio Stato membro», fermi re-stando l’inderogabile rispetto del contraddittorio(per quanto riguarda l’assistenza delle parti e dieventuali delegati dell’autorita rogante) e l’ecce-zionale possibilita di applicare, su istanza dell’au-torita giudiziaria richiedente, «procedure partico-lari» che non siano incompatibili con tale legge onon presentino comunque «notevoli difficoltad’ordine pratico» (cfr., sul punto, il reg. CE1206/2001 del Consiglio in data 28.5.2001, nel«considerando» sub nn. 5-11 e 12, nonche negliartt. 10-12). Gli stessi limiti di compatibilita condi-zionano, anche, l’eventuale assunzione direttadelle prove da parte dell’autorita giudiziaria ri-chiedente, nel territorio di un diverso Stato mem-bro (cfr. l’art. 17 del reg. cit.). Rimane ferma, inogni caso, per l’assunzione delle prove delegatel’adozione degli strumenti tecnologici di «audi-

tro, la fissazione delle condizioni di ammissibilita dei mezzi di prova, al pari delle for-me con cui essi vengono assunti od acquisiti in giudizio108.

A questa stregua, non stupisce che il consolidato orientamento di riforma, netta-mente contrario al mantenimento della tradizionale frammentazione, abbia da tempoproposto di inglobare in un futuro c.p.c. – per il momento, ancora lontano – l’interadisciplina delle prove, conferendole una qualificazione uniformemente processua-le109. Il proposto inquadramento non risponde, infatti, a semplici necessita classifica-

34 Parte Prima – Lineamenti del sistema probatorio

zione» anche a distanza dei soggetti da interroga-re (ad es., mediante teleconferenza o videoconfe-renza: cfr., sul punto, gli artt. 10, 4o co., e 17 delreg. ult. cit.; ma si veda pure, nella medesima di-rezione, quanto dispone l’art. 9, 1o-3o co., del reg.CE 861/2007 del Consiglio in data 11.7.2007, sulprocedimento europeo per le controversie di mo-desta entita).

In dottrina, sul tema generale, cfr. pure A. RO-

MANO, L’assunzione di prove civili disposte da giudicistranieri, RDPr, 2005, pp. 221-244 (con riferimentoagli artt. 69-70, l. 218/1995 ed ai previg. artt. 802-803 c.p.c.).

108 Vedansi in proposito, sul tema generale,G. BALLADORE PALLIERI, L’ammissibilita dei mezzi diprova nel diritto internazionale privato, RDPr, 1963,pp. 5-19, sp. 8 ss., 10-12, 13 ss.; G. MORELLI, Ele-menti di diritto internazionale privato italiano6, Na-poli, 1959, pp. 175-176. La relativita della qualifi-cazione non manca, pero, di affiorare anche qui,specialmente quando, nella verifica dei requisitidi delibazione di una sentenza straniera, al finedi imporre al giudice a quo il rispetto di certi limitiprobatori, connessi con l’indisponibilita del dirit-to controverso, sia necessario assimilarli al regimesostanziale di quest’ultimo, nell’ambito della lexpatriae o della lex causae (con riferimento all’art.31 disp. prelim. c.c. ed al previgente art. 797,n. 7 c.p.c., ved., Cass., 9.8.1962, n. 2506, FI, 1962,I, 2014-2015; per altri cenni, Cass., 28.4.1964,n. 1026, ivi, 1964, I, 1144-1146; Cass., 23.6.1964,n. 1653, ivi, 1964, I, 2157-2160; Cass., 23.2.1977,n. 798, ivi, 1977, I, 603, 605-608, con nota di A. LE-

NER; Cass., 13.12.1978, n. 5919, ivi, 1979, I, 323-328). In generale, sul rapporto forma-sostanza esul problema della prova, nel quadro degli artt.26-27 disp. prelim. (oggi abrogati dall’art. 73, l.31.5.1995, n. 218), cfr. T. BALLARINO, Forma degli attie diritto internazionale privato, Padova, 1970,pp. 427-438. Sui profili di «estraneita della provae sui limiti di invocabilita della lex fori, nel conte-sto dei meccanismi transnazionali previsti dalleprincipali Convenzioni (di Bruxelles, in data27.9.1968, o dell’Aja, in data 18.3.1970), cfr. anco-ra: G. CAMPEIS-A. DE PAULI, La procedura civile inter-nazionale, Padova, 1991, pp. VII-XV, 1-778, part.

pp. 61 ss., 222 ss.; TROCKER, Il contenzioso transna-zionale e il diritto delle prove, RTDPC, 1992,pp. 475-507.

Per altri riferimenti, si veda l’art. 14 della Con-venzione sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, adottata a Roma il 19 giugno 1980 (eratificata in Italia con l. 19.12.1984, n. 975). La nor-ma, con la rubrica Prova, cosı dispone: «1. La leg-ge regolatrice del contratto in forza della presenteconvenzione e applicabile in quanto, in materia diobbligazioni contrattuali, essa stabilisca presun-zioni legali o ripartisca l’onere della prova. 2.Gli atti giuridici possono essere provati con ognimezzo di prova ammesso tanto dalla legge del fo-ro quanto da quella tra le leggi contemplate dal-l’art. 9 secondo la quale l’atto e valido quanto allaforma, sempreche il mezzo di prova di cui si trat-ta possa essere impiegato davanti al giudice adi-to». In proposito, rinvio al mio studio Liberta diforma e liberta di prova nella compravendita interna-zionale di merci, RTDPC, 1990, pp. 785-810, part.pp. 795-796 ss.; nonche, per un ulteriore commen-to, a R. PLENDER, The European Contracts Conven-tion, The Rome Convention on the Choice of Law forContracts2, London, 2001, pp. 1-407, part. pp. 80-81. Norme pressoche identiche si trovano, ora,nell’art. 18, 1o-2o co., del Reg. CE n. 593/2008 indata 17.6.2008, sostitutivo della Convenzione diRoma del 1980, sulla legge applicabile alle obbli-gazioni contrattuali, nonche nell’art. 22, 1o-2o

co., del Reg. CE n. 864/2007 in data 11.7.2007, sul-la legge applicabile alle obbligazioni extracontrat-tuali.

109 Si muovevano nell’identica direzione: ilprogetto di riforma del Libro II del c.p.c., appron-tato nel 1976-1977 da una commissione di studio-si presieduta da E.T. LIEBMAN (se ne vedano Rela-zione ed artt. 177-179, 198-224, RDPr, 1977,pp. 457, 466-467, 471-477; a commento, L. MONTE-

SANO, Le prove, ivi, 1978, pp. 475-477, e nel vol. In-contro sulla riforma del processo civile, Quaderni del-l’associazione fra gli studiosi del processo civile,XXXV, Milano, 1979, pp. 33 ss., sp. 35-36); indi,il risalente disegno di legge-delega per la riformaorganica del c.p.c., approvato dal Governol’8.5.1981, su schemi gia elaborati da altra Com-

torie o sistematiche, ma si armonizza con il tendenziale prevalere del pubblico sul pri-vato, nella regolamentazione delle attivita processuali, agevolando la realizzazione diun rinnovato rapporto di forze – anch’esso assai problematico e lontano – tra l’inizia-tiva delle parti ed i poteri ex officio del giudice110.

5. I l d i r i t t o a l l a p r o v a e l e g a r a n z i e c o s t i t u z i o n a l i d e l ‘ ‘ g i u s t op r o c e s s o ’ ’ • Come e noto, nella Costituzione italiana del 1948 – al pari di quantosi constata in altre Costituzioni europee ed extraeuropee – e possibile identificare legaranzie minime111 o, si preferisce, i requisiti minimi e necessari112 di un processo«equo» e «giusto», quali emergono dalla tradizione giusnaturalistica e da un’evoluzio-ne storica ormai consolidata113.

Essa ha proclamato ab origine – nel piu ampio quadro dei «diritti inviolabili dell’uo-mo», «riconosciuti» e «garantiti» come tali dalla Repubblica (art. 2) – alcuni principigenerali e determinate garanzie processuali che, fra l’altro, includono:

– l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, e quindi davanti al giudice(art. 3);

– il principio di legalita, inteso quale soggezione del giudice «soltanto alla legge»(art. 101, 2o co.);

I fatti e le prove 35

missione, pure presieduta da Liebman (cfr. la Re-lazione accompagnatoria e l’art. 2, punto 13, lett.g, GC, 1981, II, pp. 315 ss., sp. 320, 327-328, 344,347; sul che, R. FOGLIA, Verso il nuovo processo civi-le, in Quaderni della giustizia, n. 3, Roma, 1981,pp. 16-18).

110 Vedasi, ancora, la Relazione al disegno go-vernativo di legge-delega del 1981 (GC, 1981, II,pp. 327-328). Nell’opinione di G. TARZIA (Princıpigenerali e processo di cognizione nel disegno di leg-ge-delega per il nuovo codice di procedura civile,RDPr, 1982, pp. 30-70, sp. 59-60), la disciplinaunificata delle prove ne faciliterebbe l’assunzionee la valutazione unitaria, in linea con il potenzia-mento del libero convincimento del giudice, oltre-che con la limitazione del regime di prova legale.Per analoghe riflessioni sul progetto Liebman del1977, cfr. MONTESANO, Le prove, p. 477. In ogni ca-so, non si deve dimenticare che le possibili solu-zioni del cennato problema vengono, oggi, ad as-sumere profili di maggiore relativita, nel momen-to in cui la rimeditazione critica dei rapporti fraleggi generali e leggi speciali pone addirittura inforse i metodi tradizionali di legiferazione codici-stica. Sul tema: N. IRTI, L’eta della decodificazione,DS, 1978, 613 ss. (nonche nel volume di pari tito-lo, Milano, 1979, passim); P. SCHLESINGER, Il tramon-to del codice civile, RDC, 1980, I, 80-84; R. SACCO,Codificare: modo superato di legiferare?, ivi, 1983, I,117-135. Nella letteratura processuale: V. DENTI,

L’idea di codice e la riforma del processo civile, RDPr,1982, pp. 100-116; G. TARZIA, Il libro della tutela deidiritti quarant’anni dopo, ivi, 1983, pp. 57-77,sp. 58-63. Per altri spunti: A. FALZEA, A chiusuradelle celebrazioni cinquantenarie del codice civile,RDC, 1993, I, pp. 213-220.

111 Nella medesima prospettiva, implicantel’inderogabile rispetto dei diritti di difesa e delcontraddittorio, consacrati dalle garanzie dell’«e-quo processo» (art. 6 della Convenzione europeadel 1950, art. 47 della Carta dei diritti fondamen-tali dell’Unione), si collocano anche le norme mini-me di procedura, che vengono consacrate nei recen-ti modelli armonizzati di tutela giudiziaria euro-pea (cfr., ad es., sul titolo esecutivo europeo peri crediti non contestati, il «considerando» subnn. 5-11, e gli artt. 1-10, 12-19, del reg. CE 805/2004 del Consiglio in data 21.4.2004; sul procedi-mento europeo d’ingiunzione di pagamento, il«considerando» sub nn. 6-27 e gli artt. 7-26 delreg. CE 1896/2006 del Consiglio in data30.12.2006; sul procedimento europeo per le con-troversie di modesta entita, il «considerando» subnn. 7-9, 10-14, e gli artt. 4-8, 9-19 del reg. CE 861/2007 del Consiglio in data 11.7.2007).

112 La contestuale presenza di tutti, ovviamente,e la condicio sine qua non perche qualsiasi tipo diprocesso possa, legittimamente, definirsi comegiusto (od equo).

113 Si vedano gli artt. 134-139.