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PSICOLOGIA CLINICA INFORMA FAMIGLIA Orto, che passione! Vigilanza incrociata: un’interessante opportunità ASL di Vallecamonica-Sebino - Numeri Utili all'interno Sanità Camuna L’ASL INFORMA Periodico trimestrale a carattere tecnico-informativo, ANNO XII - n. 3 ASL di Vallecamonica-Sebino Iscr. Trib. di BS n. 10/2004 in data 8 marzo 2004 03/2015 Il Centro di Radioterapia di Esine: un primo bilancio

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■ PSICOLOGIA CLINICA■ INFORMA FAMIGLIA

Orto, che passione!Vigilanza incrociata: un’interessante opportunitàASL di Vallecamonica-Sebino - Numeri Utili

all'interno

Sanità CamunaL’ASLINFORMAPeriodico trimestralea carattere tecnico-informativo,ANNO XII - n. 3ASL di Vallecamonica-SebinoIscr. Trib. di BS n. 10/2004in data 8 marzo 2004

03/2015

Il Centro diRadioterapia di Esine: un primo bilancio

Sommario L’editoriale

03_ La Riforma sanitaria lombarda - Intervista al Direttore Generale

Renato Pedrini 06_ Intervista al Direttore Sanitario Dr. Fabio Besozzi Valentini su “la Scuola della Salute” 09_ Il Centro di Radioterapia di Esine: un primo bilancio 12_ Orto, che passione!

Psicologia Clinica 13_ Il Disturbo da accumulo compulsivo o Disposofobia: “No, non lo butto!”

(2ª parte) 15_ Emozioni e cibo: quando

l’alimentazione diventa un problema 18_ Come gestire lo stress senza cambiare

niente nella tua vita 20_ Lo Psicologo risponde

21_ Un intenso 2015 per ABIO Vallecamonica

22_ Indagine su bambini stranieri con possibile disturbo specifico di linguaggio o disturbo specifico dell’apprendimento

Informa Famiglia 25_ Lo Stress: Sale della vita o veleno

mortale? 27_ Il “Case Manager”: una figura di

sostegno innovativa ed efficace per le persone con gravissima disabilità e le loro famiglie

31_ Vigilanza Incrociata: un’interessante opportunità

34_ ASL di Vallecamonica-Sebino - Numeri Utili

Eugenio Fontana

L’ uomo vaLe PIù deLLa sua maLattIa

Si è tenuto nei giorni scorsi, all’Eremo dei Santi Pie-tro e Paolo in Bienno, un incontro con Marta Scor-setti, organizzato dall’Ucid di Vallecamonica. All’in-contro era presente anche il prof. Paolo Frata. Marta Scorsetti è responsabile del servizio di radioterapia e di radiochiururgia all’ospedale di Rozzano. È una giovane (e bella) scienziata. Ha portato la sua espe-rienza ospedaliera con riferimento concreto ai tanti casi che hanno intessuto la sua vita professionale. Prima ha fatto un breve cenno alla sua formazione anche umana, accennando con somma discrezione al suo incontro con don Luigi Giussani.Con quante vite, di bambini, di giovani e e di anzia-ni, di donne e di uomini, è venuta a contato nell’e-sercizio della sua missione! Ma tutto l’intervento di Marta Scorsetti ha spesso, anzi sempre, evidenziato, sottolineato gi aspetti umani emersi o fatti emerge nell’incontro con soggetti che non erano certo affet-ti da una raffreddore. Marta Scorsetti, senza vanto, senza magnificenza, senza alcuna autoreferezialità, ha descritto e presentato alcuni casi, a suo giudizio tra i più significativi, che dal dolore ed anzi dalla disperazione per la malattia sono passati ad un’ ac-cettazione serena non solo del programma di cure, anche della stessa drammatica situazione in cui si trovavano. E da qui è nato un colloquio tra medico e paziente che ha oltrepassato le stanze anonime dell’ospedale, si è anzi protratto in diverse occasio-ni extraospedaliere.Ma se ci limitassimo alla sola anedottica, non ci sarebbe forse nulla si straordinario, di eccezionale nell’esperienza medica così particolare della dot-toressa Scorsetti. Il fatto è che tutte le esperienze narrate non solo sono state vissute dalla stessa dot-toressa dentro la trama apparentemente invisibile, quasi astratta della sua formazione; esse si sono fon-date e si fondano su un filosofia vissuta e serena-mente gioiosamente testimoniata, bene riassunta nel titolo del tema della sua conferenza. «L’uomo vale più della sua malattia.» È difficile sciogliere compiu-tamente il significato del tema. Certo la via umana conosce la malattia, conosce il dolore e conosce la morte “cui nullo homo vivente può scappare”. Ma è un conto vivere la malattia, il dolore, la morte stessa dentro l’asfittico orizzonte di una stanza d’ospedale. Altro conto è viverla in una prospettiva “aperta”. Se l’uomo vale più della sua malattia e della sua morte, vuol dire che egli è un valore, un bene che trascen-de la morte e che su di lui incombe un destino, una chiamata: la chiamata misteriosa.

Direttore Responsabile: Eugenio FontanaDirettore Editoriale: Siro CasattiComitato di Redazione: Gemma Torri (Coordinatore) Daniele Venia Loredana SanzogniEditore: ASL di Vallecamonica - SebinoVia Nissolina, 2 - 25043 Breno (BS)E-mail: [email protected] grafico e stampa: la Cittadina - Gianico (BS)

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a cura di Eugenio Fontana

La riforma sanitaria lombardaIntervista al Direttore generaleRenato Pedrini

D. La Regione Lombardia ha approvato la riforma sanitaria, forte-mente voluta da Maroni, (con la legge 11 agosto 2015) il cui testo è stato pubblicato sul Bollettino Regionale del 14 agosto 2015 ed ha il seguente titolo che è anche un sommario: «Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo:modifiche al Titolo I e al Titolo II della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33» Si tratta di un testo complesso, di ben 27 pagine e di una trentina di articoli. Dalla lettura si ricava subito un’impressione: non si è dinanzi ad una legge tecnica, stru-mentale, puramente organizzativa, ma ad un legge che si propone di definire l’orizzonte entro il quale intende muoversi la Regione Lombardia, e quindi una legge con i suoi principi ispiratori, le sue idee-guida, i suoi valori da difendere e affermare. Al centro sta la persona umana, senza alcuna distinzione di censo o di ruoli. È una legge ambiziosa, punto di riferimento per tutti gli operatori sanitari e per tutti gli enti, pubblici e privati, autonomi ma separati perché non si ripetano gli scandali del passato. Ne parliamo con il Direttore generale della nostra ASL, dr. Renato Pedrini che sicuramente è il primo ad essere chiamato in causa. Leggendo il testo della legge, si è un poco disorientati dal vortice delle sigle, facendo perdere di vista il filo rosso, anzi la filosofia che dà anima a tutta la legge.

R. «Effettivamente è così. Ma le sigle, una volta presa confidenza, servono solo a semplificare il discorso. E per rimanere in tema ec-cone subito due in apertura: SSL e SSR che altro non significano che Sistema Sociosanitario Lombardo e Servizio Sanitario e Sociosa-nitario Lombardo. Apparentemente pare trattarsi della stessa realtà. In effetti, leggendo attentamente il testo, si capisce che il SSL rap-presenta, per così dire, l’ambito di ogni azione sociosanitaria. È l’af-fermazione del contesto generale, dei suoi principi, dei suoi valori, e delle sue regole, insomma una specie di carta costituzionale della sanità lombarda. Invece il SSR è lo strumento operativo che ha il compito di mettere in atto funzioni, servizi, attività e professionalità. Mi voglio soffermare un momento sui “principi” (art. 2) che elenco brevemente, almeno i principali, anche perché sono di una chiarez-za estrema: a) rispetto della dignità della persona e centralità del ruolo della famiglia [e quest’ultima è una grandissinma novi-tà; una scelta di civiltà]; b) equità di accesso ai servizi ricompresi nel SSL; c) libera scelta del cittadino nel rivolgersi ad una strut-tura sanitaria anche perché, in un’ottica di trasparenza, è garantita ed anzi richiesta la parità dei diritti e dei doveri tra soggetti pubblici e soggetti privati. Un cenno anche alle “finalità” (art. 3). La Regione nell’ambito del SSL e attraverso il SSR si propone cer-tamente e in primo luogo la tutela del diritto alla salute di ogni cittadino, attivando tre servizi fondamentali: 1) il servizio sanita-rio, con l’erogazione di prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; 2) il servizio sociale, con l’erogazione di prestazioni

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assistenziali di supporto alla persona e alla sua famiglia; 3) il servizio sociosanitario con l’erogazione di prestazioni e servizi a elevata integrazione sanitaria e locale. Den-tro questo quadro riassuntivo nelle sue li-nee generali si inseriscono due brevissimi commi, il primo dei quali richiama ancora una volta la responsabilità ed il ruolo della famiglia e il secondo afferma che nella ste-sura del Piano Sanitario Regionale (PSL) la Regione si avvarrà della collaborazione di realtà ed enti che operano sul territorio.

D. Credo che per quanto riguarda il “qua-dro generale” sia sufficiente quanto Ella ha chiaramente richiamato e indicato. Con il Piano Sociosanitario integrato (il PSL) - ar-ticolo 4 - e il Piano Generale della Preven-zione (Il PRP) - articolo 4 bis – si entra in un argomento non solo tecnico ma anche e soprattutto politico perché è attraverso questi Piani che la Regione dà corpo e anima alla sua riforma. Non a caso gli articolo 5 e 5bis - “Funzioni della Regione” - occupano mol-to spazio del dettato legislativo. Di questo complesso articolato a me preme riprendere la nettissima affermazione riguardante la separazione “adeguata” organizzativa del-le funzioni di programmazione, acquisto

e terzietà dei controlli. È un notevolissimo passo avanti verso quella trasparenza tanto invocata in questi anni di grande confusio-ne e corruzione amministrativa. E sempre con riferimento all’articolo 5 come non evi-denziare il comma k) in cui si dice che la Regione «promuove e facilita progetti relativi a programmi di corretti stili di vita, di utiliz-zo responsabile dei farmaci, di monitorag-gio e verifica dell’aderenza agli stessi pro-grammi, al fine di migliorare l’educazione individuale alla salute.» Bene, Direttore. Lasciamo come sfondo costante e mai oscu-rato o dimenticato di riferimento i principi generali che trovano poi applicazione nella seconda parte della Legge relativa all’orga-nizzazione.

R. Certamente. Direi che la novità princi-pale riguarda le ATS, le Agenzie di Tutela della Salute, deputate a sovrintendere vaste aree territoriali, uniformando procedure e omogeneizzando problemi organizzativi. Sono otto e precisamente: 1) Città Metropo-litana di Milano, 2) Insubria (zona dei sette Laghi, della Valle Olona, e della zona Laria-na), 3) Brianza, 4) Bergamo, 5) Brescia, 6) Pavia, 7) Val Padana 8) ATS della Montagna (la nostra). A queste Agenzie fanno capo

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Aquelle che fino ad oggi abbiamo chiama-to ASL,compresi anche gli Istituti di Ricer-ca e Cura a Carattere Scientifico che tali rimangono: ad esempio, l’IRCCS, l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’IRCCS, Istituto Neurologico Carlo Besta, l’IRCCS, Ospedale Policlinico di Milano. L’istituzione e le funzioni delle ATS sono regolamentate dall’articolo 6. Si tratta dell’organismo del governo della Salute nel suo concreto ope-rare. Infatti - leggiamo nel testo - «le ATS sono dotate di personalità giuridica di dirit-to pubblico e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, ge-stionale e tecnica.» Esse attuano la program-mazione definita dalla Regione. Ad esse spetta la negoziazione e l’acquisto (con la libertà di modificare la propria offerta) del-le prestazioni sanitarie e sociosanitarie dalle strutture accreditate, il governo del percorso di presa in carico della persona, il governo dell’assistenza, la promozione di program-mi di educazione alla salute e alla sicurezza alimentare, provvedono alla riscossione dei ticket e così via. Ogni ATS adotta autono-mamente la propria organizzazione interna.

D. Ma allora le nostre ASL che fine fanno o faranno?

R. Continueranno, nel quadro della nuova normativa, a svolgere la loro attività, con il nuovo nome di ASST Aziende socio-sa-nitarie territoriali, articolate in due set-tori aziendali, rispettivamente definiti rete territoriale e polo ospedaliero. Gestiscono i POT - presidi ospedalieri territoriali - e i PRSST - presidi sociosanitari territoriali. I due settori sono ovviamente il campo di azione e di responsabilità del Direttore Generale, il quale, «al fine di ottimizzare il funzionamento e la gestione dei settori aziendali può attribuire esclusivamente al direttore sanitario la funzione di direzione del settore aziendale polo ospedaliero ed esclusivamente al direttore sociosanitario la funzione di direzione del settore aziendale rete territoriale» (art. 7). Assai complessa è la procedura di nomina del Direttore Ge-nerale che spetta al Presidente della Giunta Regionale. È previsto anche un Comitato di direzione. La nostra Azienda - l’ASST di Vallecamonica - con l’ASST della Valtelli-na, della Valchiavenna e Alto Lario fa riferi-mento all’ATS della Montagna.L’ allargamento dei confini di compe-

tenza consentirà di condividere con realtà montane affini obiettivi e proget-ti, senza dimenticare che la dichiarata attenzione della Regione per i territori periferici si tradurrà, mediante una di-versa “pesatura” delle risorse, in mag-giori benefici economici da destinare ai bisogni delle nostre popolazioni.

D. A parte gli ottimi principi generali, da apprezzare, a parte il grande sforzo di dare coerenza al sistema, nella parte attuativa (la legge contiene molti altri articoli che entrano nello specifico), a me pare che alla fine le cose si siano un po’ complicate. Salvo gli addetti ai lavori, c’è un poco non dirò una sbornia, ma un’inflazione di sigle.

R. Ed in parte è vero. Ma non dobbiamo mai dimenticare che, attraverso i nuovi stru-menti, la Regione Lombardia con questa legge davvero afferma la sua autonomia e si preoccupa di un sistema giusto che ga-rantisca equità di trattamento, rispetto della persona, corresponsabilità delle famiglie, l’integrazione tra il sanitario e il sociale, la promozione del dialogo tra ospedali e am-bulatori, i rapporti intensificati con le Uni-versità. Si propone anche un risparmio di circa 300 milioni. Certo, quando si entra in un terreno inesplorato o quasi, in un pri-mo momento si incontrano difficoltà. Ma sono certo che i cittadini, compresi tutti gli operatori, comunque coinvolti, sapran-no apprezzare e applicare la nuova legge cogliendone la sua profonda ispirazione di civiltà e di attenzione alle nuove necessità emergenti.

6 Direttore, ci eravamo visti a ottobre dell’anno scorso. Il progetto stava ini-ziando a fare i primi passi.... A che pun-to siamo?In sintesi, ricordo di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando del progetto “la Scuola della Salute” che ora si chiama “la Scuola della Salute per una Valle della Salu-te” e, gia’ dal nuovo nome, non mi pare poco. Il progetto mira a fare rete reclutan-do, con corsi di formazione ad hoc orga-nizzati da ASL, vari professionisti (sanitari, insegnanti, farmacisti, laureati in scienze motorie, cuochi, ingegneri, architetti, tecnici comunali, imprenditori, amministratori), ma anche associazioni dei malati, associazioni sportive, soggetti impegnati nel volontaria-to, etc... che hanno un ruolo nella preven-zione. La rete deve riuscire a mettere a fuoco dei percorsi concordati, lineari e sostenibili di prevenzione da mettere a disposizione della gente della Vallecamo-nica; la gente camuna deve essere messa nelle condizioni di capire, interiorizzando il messaggio, che la prima prevenzione da fare per non ammalarsi o per ammalarsi più’ tardi nel tempo e, comunque per vive-re meglio, è avere attenzione agli stili di vita che devono essere sani; oltre a quanto bi-sogna in un ambiente esterno, in abitazioni e in luoghi di lavoro il più salubri possibili. Tramite la presa in carico dell’individuo da parte della rete o tramite interventi di sen-sibilizzazione di massa (eventi), l’individuo, reso consapevole da una rete competente in materia, sceglierà come comportarsi e noi pensiamo che sceglierà stili di vita sani.

Ci faccia un esempio?Semplice. Lei mi vede no? Io, in soli 4 mesi facendo esercizio fisico “sano” ovvero sem-plicemente camminando tutti i giorni per una ora per 5,5 chilometri, tenendo le pul-sazioni cardiache in un range oscillante in-torno ai 100 battiti/minuto, nonché aumen-tando il consumo di frutta, verdura e legumi

Intervista al Direttore Sanitario ASLdr. Fabio Besozzi Valentini su“la scuola della salute”

e diminuendo l’introito di grassi e zuccheri, ho perso, senza nessun problema, 14 chi-logrammi; e non è tutto perché soffrendo da tre anni di ipertensione arteriosa control-lata con farmaci, ora vanto una pressione massima di 110 su una minima di 70 senza farmaco. E in più il servizio sanitario regio-nale non spende più circa 600 euro/anno per i miei farmaci. Ho solamente deciso di cambiare stile di vita per quanto riguarda sedentarieta’ e alimentazione ma, per riu-scire in ciò’, anche se sono un medico non ho fatto l’autodidatta; mi sono fatto aiutare dai miei amici della “rete”. Pensi che risul-tati se tutti i camuni facessero come me. Ri-sparmieremmo di certo un sacco di denaro e potremmo reinvestirlo in cure innovative non crede? E le dirò’ di più. Ora mi sento molto meglio di prima, sono più reattivo, più creativo, anche se la schiena continua a darmi problemi dovuti alla mia eccessiva attività fisica fatta, con scarso controllo, da giovane. (il dr. Besozzi Valentini per qual-che tempo è stato calciatore professionista - vedi foto -)

a cura della Redazione

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Bene. Torniamo alla prima domanda: a che punto siamo?Abbiamo svolto i primi 2 corsi di formazio-ne “generica” ai quali hanno partecipato un centinaio di soggetti, da noi scelti fra chi aveva fatto domanda. I corsi sono gratuiti e permettono, ad esempio, di avere un buon numero di crediti professionali per i sanita-ri! Ogni corso si è’ svolto in 6 incontri di 4 ore e il contenuto è stato molto apprezzato dai discenti.I nostri amministratori (Sindaci e Presiden-

te Comunita’ Montana) hanno capito che il progetto può’ spaziare su tanti fronti, che può’ essere un vero progetto di Comunita’ e che è’ giusto lasciare ai propri figli un mon-do migliore dove potranno vivere meglio; la Valle si orienterà’ verso la sostenibilità am-bientale, da qui il nuovo titolo del progetto ovvero “la Scuola della Salute per una Valle della Salute”, dove anche il turista potra’ ve-nire più volentieri perché troverà una Valle viva ma con offerte di salute professionali e non basate sulla moda del momento, ma

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su un progetto di riorganizzazione pensato e valutato.

Dunque anche gli Amministratori han-no un ruolo importante. E cosa stanno facendo?Dovrebbero costituire una Fondazione o qualcosa di simile per coordinare il proget-to che ASL passerà volentieri, per questa parte, a loro. La Fondazione dovrebbe ra-dunare i Comuni ma anche privati, e sono tanti, che “sposano il progetto”.

E l’ASL?Resterà ovviamente a dare tutto il contribu-to economico e scientifico possibile al pro-getto anche se, come lei ben sa, potrebbero esserci delle rivoluzioni a fine anno ( vedi nuovi direttori) e io potrei essere altrove, anche se mi dispiacerebbe.

E poi, cosa avete fatto e cosa farete en-tro fine anno?Abbiamo organizzato la “Giornata della Salute” a Pontedilegno, il 9 agosto (vedi locandina) presentando la rete. L’evento, organizzato dal Comune di Pontedilegno con l’ associazione Amici del soccorso di Pontedilegno, ha visto la presenza di stan-ds di ASL, di Associazione diabetici camu-nosebina, di AIDO, di Centro europeo del Parkinson, di Areu Lombardia, di Vigili del fuoco, di Polizia stradale, di bio-distretto, di esperti di golf, nordikwalking, camminata veloce, di mountainbike sana, di professio-nisti per l’ambiente (teleriscaldamento); la sera è stato presentato “Lo Spettacolo del cuore” al palazzetto (una vera scossa al si-stema della prevenzione) mentre al pome-riggio è stato presentato un workshop sullo stess. ASL ad esempio, oltre che a coordi-nare i sotto-eventi, ha messo a disposizione proprio personale per individuare soggetti a rischio per malattie cardiovascolari indi-rizzandoli, in giornata, dal cardiologo, dal pneumologo, dall’odontoiatra e dall’igieni-sta dentale, dal dermatologo (era una bella giornata di sole e i rischi connessi all’abi-tudine di prendere il sole senza protezio-ne sono tanti). In tale occasione hanno avuto contatto con la rete circa 1500 persone. Grande successo!!Il 16 settembre avranno inizio altri due corsi di formazione generica (per altre 120 persone); a questi corsi entro la fine dell’anno seguiranno altri 3 corsi di appro-

fondimento dopodichè, spero a Fondazio-ne costituita, potremo agire sull’individuo sano o sul malato cronico non molto im-pegnativo e convincerlo, sostenendolo, a cambiare stile di vita.Nel frattempo stiamo seguendo un evento a Darfo con Alomar (associazione che si oc-cupa di reumatologia) e Associazione dia-betici camuno sebina, stiamo organizzan-do con Andos e le due citate associazioni l’Ottobre in rosa, mese di prevenzione per la donna, che vedra’ passeggiate della salute in più’ Comuni della valle con pro-posta di spuntino sano, visite per prevenire tumore mammella, ovaio e utero, nonché’ visite per malattie reumatologiche e del connettivo, o visite per la cefalea in pre e in menopausa; saranno aperti ambulatori per i disturbi del comportamento alimentare ol-tre che organizzati workshop sullo stress e laboratori esperienziali di training autoge-no. Un sacco di lavoro, quindi. Nella rete, durante ottobre rosa, pero’ recluteremo gratuitamente solamente soggetti a rischio potenziale che vorranno essere sostenuti nel cambiamento di stile di vita. E infine due notizie che mi riempiono di orgoglio: 2 multinazionali, di cui una con sede in Italia (Technogym, azienda che fattura circa 600 milioni di euro/anno), sono venute a tro-varci a Breno con il loro massimo mana-gement, hanno voluto sapere cosa stiamo facendo e porteranno la loro conoscenza del mondo del movimento gratuitamente in Valle partecipando agli eventi, tramite la Fondazione Technogym; tratteranno di stili di vita in Valle e non solamente di movimento. A sentire loro che hanno diffu-sione e collaborazione con tutto il mondo (unico sponsor tecnico Olimpiadi di Pechi-no!!) non esiste un progetto come il nostro che abbraccia tutti gli stili di vita e non sola-mente movimento e alimentazione.Altra notizia: stiamo costruendo una pa-gina facebook e tramite quella pensiamo di diventare più attrattivi.

Molto bene. Ha da farsi un augurio?Lo faccio a me ma anche a chi come me crede nel progetto. Non perdiamo forza, stiamo uniti. Il progetto, soprattutto in futu-ro, se ben gestito, farà solamente del bene alla Valle. In fin dei conti: cosa c’è di più importante della salute?

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S ono oramai due anni e mezzo (la prima terapia è iniziata il 2 gennaio 2013) che il Centro di Radioterapia dell’Ospedale di

Esine realizza trattamenti radiotera-pici per problematiche oncologiche; in altre due occasioni questa rivista ne ha parlato: nel numero 01/2013 quando è iniziata l’attività clinica e nel numero 02/2013 in occasione dell’inaugurazione ufficiale, con la presenza di S.E. il cardi-nale Giovanbattista Re e di numerose Au-torità. Dopo un periodo di 30 mesi penso sia opportuno fare un primo bilancio del lavoro svolto, sia nell’ottica di un dovero-so riconoscimento di tutti i professionisti che contribuiscono al suo funzionamen-to, sia soprattutto per analizzare le linee di sviluppo futuro.Anche se nota a molti, penso sia utile ripercorrere sinteticamente la storia che ha portato alla nascita di questo Centro: al di fuori di qualsiasi programmazione “dall’alto”, è stato il prodotto della conver-genza di un’idea originale e della gene-rosità di privati. Da anni, nella mia attivi-tà di consulente radioterapista oncologo (iniziata nel 1988 presso gli ospedali di Darfo, Breno, Edolo e poi Esine), assieme a numerosi colleghi attivi nella realtà sa-nitaria camuna, avevo identificato la gran-de utilità e ipotizzato la fattibilità di poter realizzare localmente dei trattamenti ra-dioterapici per i numerosi pazienti camu-ni che prima dovevano recarsi in Centri lontani (come minimo a Brescia e a Ber-gamo), con grandi disagi fisici, psicologici ed economici per loro e i famigliari. Que-sto progetto, presentato alla famiglia Za-leski, ha portato alla donazione da parte della Fondazione Zygmund Zaleski di un moderno acceleratore per radioterapia, del valore di oltre un milione di euro. Il successivo cammino per la realizzazione del Progetto è stato lungo (oltre 7 anni) e complesso: voglio solo ricordare il contri-

Il centro di radioterapia di Esine:un primo bilancio

buto economico della Regione Lombardia (2,6 milioni di euro) per la costruzione dell’edificio e l’acquisto della tecnologia necessaria per rendere operativo l’acce-leratore e il grande impegno dei respon-sabili della ASL di Vallecamonica-Sebino che si sono succeduti in questi anni. Per la modalità per molti versi atipica che ha portato alla nascita del Centro, que-sto Progetto può essere considerato una “scommessa”, che dopo 30 mesi di attività possiamo considerare vinta.Il Centro di Radioterapia è ubicato dentro l’Ospedale di Esine, in un edificio costru-ito appositamente vicino all’ingresso del nosocomio, ben visibile per chi entra a piedi o con automobile. E’ dotato di un bunker che ospita l’acceleratore line-are e di vari locali “di servizio” (am-bulatori, studi medici, sale di attesa). L’acceleratore lineare Elekta è in grado di realizzare moderne modalità di irradiazio-ne: tecniche conformazionali tridimensio-nali complesse (3D-CRT) e tecniche “spe-ciali” con modulazione del fascio statiche

Prof. Paolo Frata - Professiore Associato di Radioterapia Università degli Studi di Brescia - Responsabile Unità Dipartimentale di Radioterapia di Esine

■ Lo Staff della Radioterapia di Esine

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(IMRT) e dinamiche (V-MAT). Grazie al posizionamento di reperi intraprostatici, è possibile realizzare una IGRT (radiotera-pia guidata dalle immagini) per il tratta-mento radicale del carcinoma della pro-stata. La ulteriore dotazione tecnologica di cui è provvisto il Centro è moderna e completa: consiste in un sistema compu-terizzato per calcolo della dose (Philips Pinnacle) che permette la elaborazione di tutte le tecniche di RT realizzabili all’ac-celeratore e da un sistema dosimetrico avanzato Octavius 4D per la valutazione dosimetrica delle tecniche di irradiazione “speciali”; va infine tenuto presente che tutte le attività cliniche (cartella clinica e diario medico) e amministrative sono in-teramente informatizzate. Il personale che realizza i trattamenti radioterapici è formato da tre medici ra-dioterapisti, un fisico sanitario e un tec-nico di radiologia dedicati alle attività della Fisica Sanitaria (che oltre alla Radio-terapia copre anche tutte le mansioni di competenza della Radiologia di Esine e Edolo), due tecnici di radiologia in atti-vità all’acceleratore e alla pianificazione dei piani di cura radioterapici e due in-fermiere professionali. Nell’ottica di una ottimizzazione delle risorse umane i due tecnici di radiologia presenti in Radiote-rapia derivano da un pool di 5 tecnici appositamente addestrati che lavorano in Radiologia e che sono presenti “a ro-tazione” in Radioterapia; in modo analo-

go il personale infermieristico è inserito nell’organico della Medicina, con garan-zia della presenza in Radioterapia delle due unità. Le risorse umane attualmente disponibili sono “essenziali” e rappresen-tano il minimo necessario per la attuale mole di lavoro.Nei suoi primi 30 mesi di attività il Centro ha eseguito oltre 560 tratta-menti radioterapici: 195 nel 2013, 240 nel 2014 e 131 nei primi 6 mesi del 2015, con un progressivo aumen-to delle prestazioni erogate. Questi numeri vanno confrontati con un dato storico relativo al 2012; in quell’anno agli Spedali Civili di Brescia sono stati sotto-posti a radioterapia 145 pazienti residen-ti in Vallecamonica. I numeri elevati dei pazienti curati a Esine si spiegano tenen-do conto che si sono affidati al Centro di Esine anche pazienti che si sarebbero recati presso altri Centri del bresciano e della Lombardia (va tenuto presente che il 15% dei pazienti curati a Esine proviene da fuori della Vallecamonica – soprattutto dalle limitrofe aree della provincia di Ber-gamo); inoltre l’ attività radioterapica a Esine ha permesso la realizzazione di trat-tamenti per pazienti sofferenti e in scadu-te condizioni generali, impossibilitati a re-carsi in Centri più lontani. A Esine sono stati trattati pazienti con le più varie problematiche oncologiche con indi-cazione ad un trattamento radioterapico, con la sola eccezione dei pazienti pedia-

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Atrici, curati presso Centri specializzati: le patologie più frequenti sono state il car-cinoma della mammella e della prostata, seguite dai tumori del polmone e del di-stretto testa-collo; sono inoltre numerosi i casi trattati per altri tumori: dell’apparato digerente, ginecologici, urologici, dell’en-cefalo, della cute, linfomi, sarcomi. Non vanno infine dimenticati i numerosi pa-zienti (circa il 20% del totale) trattati su sedi metastatiche, soprattutto ossa e en-cefalo. Non meno importanti sono gli aspetti qualitativi della attività radioterapica a Esine; il Centro è partito con un signifi-cativo sostegno da parte dell’Istituto del Radio degli Spedali Civili di Brescia, dove si è formato tutto il personale medico di Esine. Nei primi mesi i piani di cura radioterapici dei pazienti trattati a Esine sono stati realizzati in gran parte a Bre-scia; successivamente, grazie all’aumen-tata esperienza del personale di Esine e alla disponibilità, dal dicembre 2013, di una nuova TC con caratteristiche specifi-che per la radioterapia, collocata presso il Pronto Soccorso di Esine (ove svolge un’importante attività diagnostica per le urgenze del Pronto Soccorso), è progres-sivamente aumentato il numero dei piani di cura realizzati a Esine e oramai da ol-tre 18 mesi il trattamento radioterapi-co viene realizzato per tutti i pazienti a Esine in tutte le sue fasi. L’evoluzio-ne degli aspetti qualitativi dei trattamenti eseguiti è confermata dall’utilizzo, in tutti i casi, di tecniche di irradiazione moder-ne: tecniche “speciali” (IMRT, V-MAT) nel 35% dei casi, tecniche conformazionali-3D nei rimanenti. Dal punto di vista della qualità dei trattamenti erogati il Centro di Esine si pone nella fascia elevata dei Cen-tri italiani. Grazie a tutto questo è possibi-le realizzare a Esine la quasi totalità del-le indicazioni alla radioterapia con uno standard elevato; i pochi casi (meno del 5% del totale) che possono aver maggiore beneficio dall’utilizzo di apparecchiature “speciali” (Tomotherapy, unità per radio-terapia stereotassica) vengono indirizzati dai medici di Esine ai Centri che possie-dono tali apparecchiature.In sintesi un bilancio complessivo dei pri-mi 30 mesi di attività del Centro di Radio-terapia di Esine è sicuramente positivo, ma sarebbe sbagliato “adagiarsi sugli allo-

ri” per quello che siamo riusciti a realiz-zare: la radioterapia è infatti una branca della medicina in rapida evoluzione ed è quindi necessario un continuo migliora-mento della qualità dei trattamenti ese-guiti, che si può ottenere solo con il con-tinuo aggiornamento professionale degli operatori sanitari dedicati e con l’ammo-dernamento della tecnologia a disposi-zione: sono convinto che investire nella qualità in medicina sia una spesa che produce un significativo ritorno in termi-ni di benessere umano e sociale. L’ASL di Vallecamonica-Sebino è sempre stata sen-sibile a questa problematica e ha operato in questi anni per un progressivo adegua-mento delle risorse umane e tecnologiche disponibili per la radioterapia; non è sta-to però meno importante l’aiuto ricevu-to da vari privati e dalla Sezione camuna dell’ANDOS, che ha permesso di attivare borse di studio per aumentare l’organico in attività presso il Centro di Esine. Ci au-guriamo che questo sostegno non venga meno e ci permetta di proseguire nella strada del continuo miglioramento.Per concludere questa rapida presenta-zione dell’attività del Centro di Radiote-rapia di Esine non posso dimenticare che questo è inserito in una realtà sanitaria, quella camuna, assai variegata e ricca di professionalità, con cui il Centro interagi-sce in modo molto stretto; ed è proprio grazie a questa intensa interazione che è possibile realizzare una medicina moder-na e di qualità: un moderno approccio al paziente oncologico, tenendo con-to di tutte le problematiche cliniche, non può che essere multidisciplinare e coinvolgere numerosi specialisti in tutte le fasi del percorso clinico del paziente, dalla fase diagnostica, alla terapia (che sempre più spesso richiede l’integrazione di diversi trattamenti), alla riabilitazione e alla fase assistenziale. Questa moderna mentalità “collegiale”, tipica delle grandi strutture oncologiche, si va sempre più diffondendo all’interno dell’Ospedale di Esine e nei rapporti con la medicina del territorio e rappresenta un “valore aggiun-to” assai importante: l’approccio multidi-sciplinare al paziente oncologico, grazie ai contributi delle diverse professionalità coinvolte, offre al paziente una qualità sicuramente superiore alle prestazioni di un singolo specialista.

12 Q uest’anno da quando i Servizi per persone con problemi psi-chici si sono trasferiti da Male-gno ad Esine per la seconda

volta si è intrapresa l’attività dell’orto. Frequento da settembre 2014 il Cen-tro Diurno ( CD ) di Esine e sono stato subi-to coinvolto in questa esperienza devo dire molto impegnativa ma molto interessante.Quando sono arrivato al Centro Diurno or-mai l’attività volgeva al termine. Poi con la primavera e l’inizio dell’estate insieme agli educatori si è deciso con gli ospiti parteci-panti di realizzare con il 2015 l’orto del CD, del CRA e del CPS.Come un mosaico si è arato l’appezzamen-to concesso, si sono tagliate le piante che lo oscuravano, poi piano piano, dopo averlo concimato e vangato si è pensato a cosa seminare e piantare. Le persone coinvolte sono state molteplici, dagli utenti ai respon-sabili del settore, così giorno dopo giorno, si è visto sbocciare e premiare il lavoro e la fatica di tutti noi con i primi ortaggi. Zuc-chine, fagiolini, zucche, cipolle, melanzane, insalata, pomodori, prezzemolo, basilico, carciofi, cavoli, verza, barbabietole, sono al-cune specialità coltivate, insieme ad angurie e meloni con nostra meraviglia veramente notevoli. Abbiamo fatto persino il pesto, la giardiniera e i peperoncini con alici e ton-no, davvero speciali.A mio parere l’orto non è stato “solo” un

Orto,che passione!

impegno, ma ho scoperto intrinseco den-tro questo lavoro anche una sua filosofia. Da bambino cercavo sempre di svincolarmi da strappare nei viali dell’orto di famiglia le erbacce, lo vedevo come una costrizione.Dopo anni mi si è presentata questa “occa-sione” di conoscere Madre Terra da vicino. Mi ha colpito la sua generosità, da farmi pensare a quanto è buona la Natura, osser-vando il lavoro incessante per esempio del-le api e degli insetti che imperterriti danza-vano dai fiori degli ortaggi in un misterioso disegno, vedere giorno dopo giorno cresce-re i frutti seminati, raccoglierli e curare con passione questo pezzo di terra.Nei giorni in cui non frequetavo il Centro il pensiero era lì:” Fa che non faccia troppo caldo, ma quelli del CRA si saranno ricorda-ti di bagnare ? Forse stasera piove! Doma-ni si raccoglie”. La valutazione personale è positiva, un grazie agli educatori che sono stati l’anima e la riuscita di questa esperien-za permessa dall’ASL.Riscoprire l’amore per la Terra e per chi l’ha creata è un traguardo notevole, l’amore per l’unica “ casa “ che abbiamo.Grazie!

* * *Cosa altro possono aggiungere gli operatori a quanto sopra?!Nell’ambito di un percorso terapeutico-riabiltativo che vede come protagoniste le persone, le loro competenze, la loro quoti-dianità, grazie alla disponibilità , collabora-zione e sostegno di numerosi soggetti si è intrapreso un progetto ad ampio raggio che si è sviluppato dalla coltivazione, conser-vazione, preparazione e cottura , consumo di ortaggi e alimenti all’interno dei Servizi dell’Unità Operativa di Psichiatria.Si vanno così gradualmente sviluppando abilità pratiche e manuali, stimolando al contempo gli aspetti socializzanti nei mo-menti di lavoro comune e di convivialità.

Gli educatori del Centro Diurno

a cura di un ospite del Centro Diurno

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SCRIVETECI A: SERVIzIO DI PSICOLOgIA CLINICAC/O Ospedale di Vallecamonica, Via Manzoni 142, 25040 Esine (BS)o, via mail, all’indirizzo [email protected] [email protected]

Visita il nostro nuovo sito: www.menopesoalpeso.it

PSICOLOGIACLINICADipartimento di Salute Mentale

DIFFUSIONE DEL DISTURBO DA AC-CUMULO

Si stima che tra il 2 e il 5% della popolazione presenti un proble-ma di accumulo causa disagio e/o problemi che interferiscono con il

normale svolgimento della vita. In realtà è probabile che si tratti di un fenomeno sottostimato, visto che raramente chi ac-cumula chiede aiuto e riconosce il distur-bo. In generale, il disturbo viene vissuto in una dimensione di segretezza: chi ne soffre si vergogna, evita di parlarne, spes-so si isola socialmente e evita di far entra-re in casa persone estranee alla famiglia; a volte anche i familiari più stretti sono tenuti fuori.

LE MOTIVAzIONI DELL’ACCUMULOAd un osservatore esterno, il comporta-mento degli accumulatori compulsivi ap-pare incomprensibile dal momento che queste persone arrivano a rovinare la propria vita familiare e relazionale, oltre a compromettere spesso la propria situa-zione economica, per raccogliere e con-servare oggetti del tutto inutili e privi di un valore reale o affettivo.Il rapporto che gli accumulatori sviluppa-no con gli oggetti conservati non è molto diverso dal rapporto che ciascuno di noi ha con le proprie cose: capita a tutti di conservare oggetti di valore scarso o nul-lo che però ci ricordano alcuni momenti particolari della vita nostra o delle perso-ne che amiamo.In effetti, in senso evolutivo, l’accu-mulo è anche un comportamento fun-zionale alla sopravvivenza: si mette da parte per tempi di magra, si è previdenti. Il problema è che gli accumulatori pa-tologici sviluppano un legame troppo intenso con gli oggetti, a discapito delle conseguenze e “perdono completamente di vista il rapporto costi – benefici: per esempio rendono inutilizzabile parte del-la casa, per conservare una grande quan-

Il disturbo da accumulo compulsivoo disposofobia: “No, non lo butto!” (2ª parte)

Dr.ssa Chiara Moreschi - Psicologo/Psicoterapeuta del Servizio di Psicologia clinica

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tità di oggetti tra i quali c’è, forse qualcosa che potrebbe essere utile o di valore. Gli accumulatori confondono comportamenti funzionali o comportamenti eticamente connotati in positivo, come “non spreca-re”, “riutilizzare”, “riciclare”, con un com-portamento che è fortemente autolesivo e che ha poco di etico nelle sue conse-guenze (per esempio far vivere in figli in condizioni di grande disagio).”1

Il problema quindi sta nell’intensità del legame instaurato con gli oggetti, a disca-pito delle conseguenze. Ma se tutto que-sto è causato semplicemente dalla diffi-coltà di liberarsi delle cose accumulate cos’è che mantiene il disturbo?Sembra che il problema nasca da alcune difficoltà nel processo di elaborazione del-le informazioni: sostanzialmente si tratta di aspetti disfunzionali in una o più di queste tre aree:1. Difficoltà in alcune funzioni base (categorizzazione, pianificazione, de-cisione, memoria)Chi ha un disturbo da accumulo ha:•difficoltà a categorizzare i propri beni

(ad esempio, decidere ciò che ha va-lore e ciò che non ne ha);

•difficoltà a prendere decisioni su cosa fare con tali beni.

2. Idee particolari sui propri beniChi ha un disturbo da accumulo:•sente un forte senso di attaccamento

emotivo nei confronti dei propri beni (ad esempio, un oggetto potrebbe es-sere avvertito come unico, una parte della persona o della sua storia);

•si sente responsabile per gli oggetti e a volte pensa che le cose inanimate abbiano dei sentimenti;

•sente il bisogno di mantenere il con-trollo sui propri beni (e quindi non vuole che nessuno tocchi o sposti tali oggetti);

•è preoccupato di dimenticare le cose (e usa gli oggetti come promemoria visuale).

3. Stress emotivo connesso all’elimi-nazioneChi ha un disturbo da accumulo:•si sente molto ansioso o turbato quan-

do si tratta di prendere una decisione su cosa eliminare;

•ha un tratto perfezionistico che deter-mina la paura di prendere la decisione sbagliata su cosa tenere e cosa buttare via;

•controlla le proprie sensazioni di disa-gio evitando di iniziare il compito di eliminazione e rimandando il compi-to.

In effetti gli accumulatori non è che non provino a buttare o organizzare gli ogget-ti. Spesso spendono gran parte della gior-nata in questo. Il problema è che “non sono capaci”, nel senso che l’opera di se-

1 http://www.apc.it/disturbi-psicologici/disturbo-da-accumulo

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lezione spesso si risolve in un semplice spostamento di oggetti, in nuovi mucchi. Una cosa interessante è che in realtà le stesse capacità sono integre nelle persone con disturbo da accumulo quando devo-no organizzare oggetti non propri.

1. Quali sono le cause del disturbo?Non c’è ancora una teoria sufficientemen-te chiara e condivisa sulle cause, anche per la scarsità degli studi su questo distur-bo. Esistono tuttavia diverse ipotesi:•Eventi traumatici: alcuni autori eviden-

ziano come gli accumulatori compul-sivi abbiano alle spalle eventi trauma-tici anche molto gravi (spesso più di uno), senza che vi sia lo sviluppo di un Disturbo post traumatico da stress. In tal senso il Disturbo da accumulo potrebbe avere una qualche funzione nella gestione delle emozioni connes-se al trauma.

•Abusi psicologici e/o trascuratezza in età infantile.

•Un’alternanza di fasi di ristretteza eco-nomica alternate a fasi di benessere economico.

•Ipotesi genetiche e/o organicistiche (lesioni cerebrali ed alterazioni fun-zionali nella porzione mediale dei lobi frontali).

2. TrattamentoL’intervento psicoterapico che ad oggi si è dimostrato più efficace è una forma di Te-rapia cognitivo-comportamentale (CBT) adattata allo specifico problema dell’ho-arding (Steketee & Frost 2013).Gli obiettivi dell’intervento psicoterapeu-tico in questo caso possono essere rias-sunti nel modo seguente:•comprensione delle credenze e con-

vinzioni di fondo che portano al com-portamento di accumulo;

•sviluppo di abilità decisionali ed orga-nizzative (cosa tenere, cosa eliminare, come organizzare ciò che si decide di non buttare);

•apprendimento di tecniche di rilassa-mento;

•apprendimento di tecniche per il con-trollo degli impulsi;

•stimolare le attività sociali;•prevenzione delle ricadute.

Bibliografia •www.apc.it/disturbi-psicologici/disturbo-da-accumulo•www.disposofobia.org•Frost Randy O. , Steketee G. “Tengo tutto” 2013 -

Ed. Erikson•Perdighe C., Mancini F. “Il disturbo da accumulo”

2015 - Raffaello Cortina Editore

Emozioni e cibo

Negli ultimi anni la preoccupazio-ne per il corpo è diventata una mania della nostra società. Siamo spinti a pensare, parlare, preoc-

cuparci del nostro corpo.Ho un bell’aspetto? Sono abbastanza in forma? Sono abbastanza magro/a? Mi vedo grassa/o. Non mi piaccio. Sono pensieri e domande che appartengono a tutti noi.Dal momento che ci sentiamo imperfet-ti passiamo una più o meno significativa quantità del nostro tempo ogni giorno a preoccuparci del nostro aspetto.Questo preoccuparci è legato al profondo

Emozioni e cibo: quando l’alimentazione diventa un problemaDr.ssa Paola Bettoni - Servizio di Psicologia Clinica

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significato che il corpo ha per ciascuno di noi. Il corpo è il centro della nostra identità psicologica: rappresenta ciò con cui siamo venuti al mondo e ciò che ci lasciamo in-dietro.

Attraverso il corpo noi viviamo le no-stre emozioni. Di solito usiamo espres-sioni come :” il dolore ci spezza il cuore, non digerisco un’offesa, la rabbia mi rode il fegato”...Vivendo le nostre emozioni attraverso il corpo però, talvolta, ci risulta difficoltoso distinguere tra quello che siamo e ciò che è il risultato transitorio delle nostre emozioni.Spesso anche l’alimentazione è legata a de-terminate situazioni emotive e poche perso-ne considerano il mangiare solo un mezzo di nutrimento. Mangiare è un’attività che di norma assorbe una notevole quantità di tempo, i pasti sono punti di riferimento importanti della nostra giornata. Socializziamo e festeggiamo at-traverso il cibo.Il cibo è parte integrante dei rituali religiosi. Tutti noi abbiamo forti passioni nei confronti degli alimenti che ci piacciono o non ci piacciono.Tutto questo fa sì che nessuno riesca ad es-sere del tutto distaccato od emotivamente indifferente al cibo. Le emozioni finiscono quindi per costituire una parte essenziale di ogni normale espe-rienza umana e giocano un ruolo importan-te nella maggior parte dei casi di obesità e dei disturbi alimentari.

E’ possibile infatti che la fame si confonda con le emozioni ed il cibo venga utilizzato per far fronte alle difficoltà della vita ed allo stress quotidiano: mangiamo per dar sfogo alla rabbia, al dolore, alla gioia... Questo comportamento però, a lungo an-dare, può determinare la difficoltà a distin-guere le sensazioni corporee dalle reazioni emotive.

La fame emotivaMa cosa succede esattamente quando il rapporto tra cibo ed emozioni diventa un problema?•L’unica o la prevalente strategia utilizza-

ta per gestire le emozioni (soprattutto quelle negative) è il cibo.

•Le emozioni non vengono più ricono-sciute in quanto tali ma diventano solo un intollerabile fame. Non si dà più ri-conoscimento alle emozioni, ma diven-tano qualcosa da sopprimere e facendo così diventano sempre più intense e in-tollerabili.

•Le sensazioni somatiche indotte dalle emozioni diventano segnali di fame.

•Il cibo si trasforma nell’unica fonte di piacere.

•Si incrementano i problemi di sovrappe-so e di obesità.

Quando l’alimentazione emotiva diventa problematica si crea un circolo vizioso. Indipendentemente da quali siano le cau-se specifiche della fame emotiva (chiamata

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anche fame nervosa), il rischio è di cadere in un circolo che si auto-rinforza.Il cibo in-fatti ci fa sentire bene nel preciso istante in cui è a contatto con i recettori della bocca e ha un forte potere nel risollevarci quan-do siamo “giù di corda”. Dal momento che il cibo è facilmente disponibile, cadere nella trappola è facile. I peccati di gola ge-nerano sensi di colpa in coloro che stanno cercando di controllare l’alimentazione per perdere un po’ di peso, insieme a senti-menti di autosvalutazione che, a loro volta, possono portare a mangiare in eccesso e a perpetuare il circolo vizioso dell’alimen-tazione emotivaPer imparare a distinguere fame fisica ed emotiva è importante fare attenzione ad alcuni meccanismi legati ai due fenomeni. In primo luogo la fame emotiva è improvvisa. Un attimo prima non stiamo pensando al cibo e l’attimo dopo ci sentiamo affamati. A differenza della fame emotiva, quella fisiologica non sale all’improvviso, ma è graduale.Sentia-mo ad esempio che lo stomaco brontola e dopo un po’ la sensazione di fame si fa piano piano più forte dando progressivi segnali che abbiamo bisogno di mangiare. Spesso la fame emotiva è il desiderio di un determinato alimento di cui sentia-mo l’assoluto bisogno e nessun sosti-tuto ci soddisferà allo stesso modo. La fame fisica invece è aperta a cibi diversi, si possono avere preferenze ma molto più flessibili. Quando si avverte la fame emo-tiva il pensiero del cibo frulla nella testa vorticosamente con la sensazione di non lasciare spazi liberi per altro. Al contrario la fame fisica inizia nello stomaco e non assorbe con così forza la nostra mente, è paziente e sa aspettare. Il senso di urgenza della fame emotiva nasce infatti dal deside-rio di ridurre immediatamente l’angoscia e soddisfare immediatamente un bisogno: la fame emotiva è accompagnata da un emo-zione negativa e si verifica in concomitan-za con situazioni di disagio, mentre quella fisica è conseguente a una necessità fisio-logica (sono passate 4 o 5 ore dall’ultimo pasto). Quando vi è un iperalimentazione emotiva infine non si smette di mangia-re in relazione al senso di pienezza come avviene nella fame fisica. Dopo aver man-giato “emotivamente” quindi, in genere, dopo un momentaneo quanto breve sol-lievo, subentra un forte senso di colpa. Questo, in quanto emozione negativa ed

intollerabile, da nuovamente il via al circo-lo vizioso appena concluso.

Essere maggiormente consapevoli dei mec-canismi che innescano questo circolo vizio-so è un primo importante passo per rico-noscerlo in noi e per attivarci alla ricerca di strategie alternative e maggiormente fun-zionali al nostro benessere (attività sportiva, vita sociale, dedicarsi ad un hobby o ad una passione...) Infatti la capacità di riconoscere le no-stre sensazioni corporee, quali la fame, che corrisponde ad un bisogno fon-damentale dell’organismo, è propria dell’essere umano, ma per distinguere queste sensazioni in modo adeguato è in primo luogo necessario imparare ad ascoltarsi e a rispettare i propri deside-ri e bisogni.In questo modo eviteremo che il cibo ven-ga utilizzato in modo inappropriato per far fronte alle difficoltà della vita ed allo stress quotidiano.

Riferimenti bibliograficiE.Abramson “Emozioni e cibo” Positive Press, 1996www.eufic.org/article/it/artid/cibo-emozioni/www.emozioniecibo.it

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A lcune ricerche hanno detto che ciò che vi può stressare non sono gli avvenimenti, ma come voi li vivete.

Uno stesso stimolo è in grado di produrre sia uno stress più o meno positivo che uno stress più o meno negativo, in base alla vo-stra interpretazione, consapevole e incon-sapevole, di esso; e ciò dipende dalle vo-stre esperienze, pregiudizi e convinzioni .Anche avvenimenti apparentemente buoni come le vacanze, il natale, il ferragosto, i viaggi di svago vi possono stressare.Se gli eventi stressanti che vi possono capi-tare sono tanti e vari, possiamo allora dire che è impossibile vivere senza stress.E in fondo è meglio così.Provate a immaginare la vostra vita sem-pre uguale, senza cambiamenti, stimoli, difficoltà, se andasse tutto liscio, se tutto dovesse svolgersi nel solito modo, senza nessun impegno o preoccupazione, dopo un po’ di tempo probabilmente iniziereste a sentirvi annoiati, stanchi e senza nessun stimolo, avreste una vita troppo piatta e vorreste qualcosa di più stimolante.Un livello adeguato di stress vi aiuta af-frontare le sfide e a sentirvi più energici, vi dà autostima perchè siete soddisfatti per i risultati raggiunti e vi fa stare bene.Allora qual’è il segreto?

Come gestire lo stresssenza cambiare niente nella tua vita

Il segreto non è cercare di eliminare lo stress, cosa impossibile e dannosa, ma renderlo vostro amico senza cambiare la vostra vita.Mentre non potete modificare l’ambiente intorno a voi, potete però diminuirne la capacità di farvi del male, migliorando la vostra capacità di adattamento alle situa-zioni che vi stressano.Lo stress non è solo o sempre dannoso, ma può motivarvi a realizzare i vostri sco-pi e i vostri obiettivi preparando il vostro corpo ad affrontare le situazioni nuove o difficili.

Allora cambiare il modo di vedere lo stress, può farvi stare meglio?Le ricerche scientifiche dicono di sì.1

Quando cambiate idea sullo stress, potete cambiare la reazione del vostro corpo allo stress.

In che modo ?Pensiamo alla gestione del lavoro, della casa e dei figli. Tutto da fare insieme e contemporaneamente.Fare questo probabilmente vi stressa, il cuore potrebbe battervi forte, potreste re-spirare più velocemente , magari comin-cereste a sudare. Normalmente interpretia-mo questi cambiamenti fisici come ansia o

Dott. Giacinta Pini -Servizio di Psicologia clinica

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segni che non stiamo reagendo bene alla pressione.

E se li vedessimo invece come segni che il nostro corpo si prepara al meglio ad affrontare questa sfida?E’ quello che è stato detto ai partecipanti in una ricerca della Università di Harvard.2

Prima di affrontare i test di stress socia-le, è stato loro insegnato a riconsiderare come utile la loro reazione allo stress. Il cuore che batte forte si prepara per l’azio-ne. Il respiro veloce o affannoso porta più ossigeno al cervello e non è un problema.I partecipanti che hanno imparato a ve-dere la reazione allo stress come utile per la loro prestazione, erano meno stressati , meno ansiosi, più sicuri.Ma la scoperta più incredibile è come sia cambiata la loro reazione fisica allo stress.In una normale reazione allo stress,il bat-tito cardiaco aumenta e i vasi sanguigni si restringono. Questo è uno dei motivi per cui lo stress cronico viene talvolta asso-ciato a malattie cardiovascolari.Ma nella ricerca,quando i partecipanti hanno visto come utile la loro reazione allo stress, i loro vasi sanguigni sono ri-masti rilassati.Il cuore batteva forte lo stesso, ma i vasi non si restringevano. Questo è anche

quello che accade in momenti di gioia, di coraggio, anche quando vi innamorate.In seguito a questi studi si può dire che: non dobbiamo più liberarci dallo stress, ma dobbiamo rivalutarlo, renderlo amico per affrontarlo me-glio, senza cambiare la nostra vita.

1 K.McGonigal-TED glogal 2013-Edinburgh2 Jamiesan,Nock e mendes,2012 Harvard University, Departement of Psycology

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C ara Francesca,“La paura è la cosa di cui ho più paura” (Michel De Montaigne)”.

Questo aforisma a mio parere descrive bene lo stato d’animo e il vissuto di chi soffre di un disturbo d’ansia generaliz-zato.Questo disturbo è caratterizzato da un’an-sia e una preoccupazione eccessive che si manifestano per la maggior parte dei giorni, in relazione ad una varietà ampia di situazioni. La maggior parte delle pre-occupazioni sono relative solitamente a circostanze quotidiane, come responsabi-lità lavorative, problemi economici, salu-te propria e dei familiari, svolgimento di piccole attività (ad esempio faccende do-mestiche, fare tardi agli appuntamenti...)A volte si associano a queste paure sin-tomi psicosomatici come tensione mu-scolare, disturbi del sonno, facile affati-cabilità... Le persone colpite da ansia generalizza-ta pertanto convivono quotidianamente con l’ansia che le accompagna in ogni loro esperienza e che finisce a volte col limitare fortemente la loro vita e di rifles-so, frequentemente, anche quella dei loro familiari.Sono d’accordo con lei: é importante distinguere le normali ansie e preoccu-pazioni da quelle che caratterizzano il disturbo d’ansia generalizzato. L’ansia é un’emozione normale, che prova ogni in-dividuo sano. Ha la funzione di segnalare situazioni di pericolo o spiacevoli, per-mettendoci così di affrontarle ricorrendo alle risorse mentali e fisiche più adegua-te. Entro un certo livello l’ansia è dunque necessaria a ciascuno di noi. Ma quando si è troppo ansiosi diminuisce la capacità di pensare lucidamente e in parallelo la nostra abilità a risolvere i problemi che si

presentano nella vita di tutti giorni.Rispetto alle preoccupazioni normali in-fatti, quelle che caratterizzano il disturbo d’ansia generalizzato risultano più nu-merose, frequenti, in rapida successione (una segue subito l’altra), accompagnate da ansia intensa, relative ad eventi futuri improbabili e difficili da controllare.Un pensiero finale: una strategia utile in molte situazioni nelle quali si sperimenta ansia é quella di mettere “nero su bianco” i propri vissuti, pensieri, preoccupazioni. La scrittura rappresenta una buona valvo-la di sfogo e permette di esternalizzare ansie, paure, sentimenti di rabbia, col ri-sultato a volte di ridimensionarli e attribu-ire ad essi un significato più funzionale al nostro benessere.

Un caro saluto,Dr.ssa Paola Bettoni

Lo psicologo risponderisponde la Dr.ssa Paola Bettoni - Servizio di Psicologia Clinica

“Buongiorno, sono Francesca, una ragazza di 26 anni e se dovessi dire la cosa che più mi preoccupa di me è che sono piena di ansie e di paure. Passo ore e ore a ipotizzare scenari possibili di eventi che poi non accadono, mi preoccupo di cose a cui altri non pensano e intanto mi perdo la possibilità di fare delle cose che mi piacerebbero...e mi chiedo: sono normale?…”

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L ’Associazione ABIO, (Associazio-ne per il bambino in ospedale) che presso il Reparto di Pediatria dell’Ospedale di Esine ha la propria

sede locale operativa, quest’anno ha messo in atto un’iniziativa che ha come obiettivo quello di regalare un po’ di svago ai bambi-ni ospedalizzati.Con la collaborazione dell’Atelier Arti e Mestieri di Breno nella persona di Patrizia Tigossi, sono stati organizzati in reparto di-versi incontri di racconti e animazione delle più famose favole per bambini da Peter Pan ad Aladino.Nell’incontro di Aprile sono stati presenti anche i bambini della corale La Pieve di Cividate Camuno, che con i loro canti han-no allietato i bambini; le volontarie Abio si sono poi attivate per preparare una piccola merenda per tutti.Questa è solo una delle tante iniziative che l’associazione, presente in ospeda-le tutti i giorni, propone. Sono circa 850 ogni anno i bambini che passano da questo reparto, poi ci sono le circa mille nascite e i bimbi che ogni giorno transitano in ospe-dale per visite o al pronto soccorso. Per tutti qualora ci fosse bisogno c’è un volontario Abio a disposizione.Come tante Associazioni di Volontariato esistenti sul territorio, Abio Esine è sempre

Un intenso 2015 perABIO Vallecamonica

attiva e partecipe a manifestazioni locali che permettano di dare maggiore visibilità; questo anche per raccogliere fondi, unico sostentamento dell’Associazione.Quest’estate la manifestazione “Girotondo Musicale” ci ha reso partecipi su 2 piazze camune, il 19 Aprile e il 6 Giugno a Male-gno, il 27 Giugno e il 12 Agosto a Borno.All’interno di queste serate, il presidente Dr. Stefano Poli ha presentato l’Associa-zione al pubblico, il suo operato, l’utilità e soprattutto la riconoscenza quotidiana da parte dei genitori.La raccolta fondi ottenuta permetterà di investire in migliorie nel reparto a favore dei bambini malati e dei loro fa-migliari.L’appuntamento più importante atteso ogni anno per quanto riguarda la raccolta fondi è la giornata Nazionale ABIO che viene organizzata sempre l’ultimo sabato di Settembre e che quest’anno si tiene per l’Undicesima Edizione Sabato 26 Settembre 2015. Le volontarie sono impegnate in po-stazioni fuori dall’Ospedale di Esine nella vendita di sacchetti di pere: un modo spe-ciale per sostenere Abio, chiedere informa-zioni su corsi di formazione, essere infor-mati su eventi e operato dell’associazione.Un riconoscimento dell’impegno quoti-diano dei volontari che cresce di anno in anno e che rende la Giornata sempre più una festa della solidarietà, del volontariato, dei bambini.

Alba Burlotti - Responsabile Comunicazione ABIO Esine

■ Alcune immagini della “Giornata Nazionale ABIO” del 2014.

22 Premessa

G li accessi della popolazione mi-grante ai Servizi di Neuropsi-chiatria dell’Infanzia e dell’Ado-lescenza (NPIA) sono cresciuti,

negli ultimi anni, in modo esponenziale.Con migrante si intende ogni individuo che ha una storia di migrazione diretta o indiretta e che si trova sul territorio ita-liano in forma stanziale o temporanea, avendo origini da un Paese altro. I motivi di accesso a tali Servizi attual-mente sono per circa un terzo relativi a difficoltà di apprendimento o di compor-tamento, spesso rilevate dalla scuola. Die-tro tali sintomi possono celarsi difficoltà di adattamento pregresse, profonde dif-ferenze etnico-culturali, disturbi neurop-sicologici o del comportamento veri e propri, che trovano un canale privilegiato di espressione in ambito scolastico. Le competenze sociali della comunica-

Indagine su bambini stranieri con possibile disturbo specifico di linguaggio o disturbo specifico dell’apprendimento

zione (competenza BICS, Basic Interper-sonal Communication Skills, del qui ed ora) si sviluppano presto ed il bambino/ragazzo le impara entro i due anni dall’e-sposizione.La competenza accademica (CALP, Co-gnitive Academic Language Profiency, lin-gua di scolarità e per lo studio) è quella utilizzata per la trasmissione dei saperi in tutti i modi, compresa la forma scritta e per impararla sono necessari circa 4-6 anni di scolarità.Maggiori sono le competenze nella lin-gua L1 (Lingua del Paese di provenien-za), maggiori sono le opportunità di pas-sare competenze all’apprendimento delle L2 (Lingua acquisita).L’apprendimento dell’italiano come se-conda lingua e l’inserimento del bambi-no all’interno del sistema scolastico, met-tono in gioco diversi fattori, sia di tipo individuale che ambientale che possono influenzare in modo importante l’adatta-mento e l’apprendimento.Esistono, infatti, momenti critici nello svi-luppo in cui difficoltà neuropsicologiche di base e/o inadeguatezza dell’esposizio-ne all’ambiente ed alla seconda lingua, possono determinare in un bambino stra-niero il fallimento del processo di appren-dimento. Questi momenti possono essere identificati con l’inserimento alla Scuola dell’Infanzia ed alla Scuola Primaria ed espongono a maggior rischio il bambi-no migrante, mettendo alla prova tutte le sue potenzialità nel difficile e comples-so compito neuropsicologico di trasferire significati da un sistema di codici ad un altro. L’adattamento al nuovo contesto di vita passa anche attraverso l’acqui-sizione della lingua italiana (seconda lingua-L2) che non solo avviene attraver-so alcune fasi (interlingua), ma diventa un ponte di contatto tra i diversi mondi in-terni ed esterni al bambino. Può pertanto accadere che in tale processo di integra-

Maura Salvini - Assistente sociale; Mariangela Comensoli - Paola Pedrazzi - Giuditta Bruno - Logopediste

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Azione ed evoluzione si presentino delle difficoltà, degli arresti o dei veri e propri blocchi sintomatici che aggravano even-tuali disturbi neuropsicologici sottesi.Le richieste e gli obiettivi della scuola possono non coincidere con i tempi ne-cessari all’acquisizione delle competenze linguistiche e scolastiche. Diventa essen-ziale il riconoscimento precoce di difficol-tà nello sviluppo linguistico ed una dia-gnosi che tenga conto della distinzione tra ciò che appartiene alla terra di mezzo dell’interlingua e ciò che invece appartie-ne alla fisiopatologia di un disturbo del linguaggio, per poter rispondere in modo efficace al bisogni dell’utenza migrante.

Il Servizio di NPIA dell’Ospedale di Esine ha strutturato un percorso valutativo spe-cifico in tal senso.Fondamentale tenere in considerazione la rappresentazione che la famiglia ha della problematica presentata ed i fattori di protezione e stress ambientale che possono favorire o amplificare il disagio. La valutazione si divide in quattro aree, possibilmente in presenza del Mediatore Linguistico Culturale, in modo da per-mettere l’espressione attraverso la libera scelta dell’utilizzo della L1 o L2:•Inquadramentoneuropsichiatrico;•Valutazionedellinguaggioinpresenza

del mediatore linguistico e culturale;•Valutazione delle risorse cognitive e

delle caratteristiche psicologiche, emo-tive e relazionali del bambino;

•Valutazionedegliapprendimenti.

Alla fine del percorso diagnostico è ne-cessaria una restituzione multiprofessio-nale alla presenza del Mediatore Lingui-stico Culturale sugli aspetti emersi e sulla progettualità.

IndagineE’ stata effettuata una raccolta dati sulla casistica dei bambini giunti in prima visita neuropsichiatrica infantile negli anni 2012 e 2013. Il campione doveva presentare le seguenti caratteristiche iniziali: avere del-le difficoltà legate al linguaggio/appren-dimento e avere entrambi i genitori di nazionalità straniera.Sono stati individuati 63 bambini rispon-denti ai criteri. Sono state analizzate del-le variabili rispetto a ciascuna situazione

come l’inviante al Servizio, il motivo di ac-cesso alla prima visita, la scuola frequenta-ta al momento dell’accesso, le ipotesi dia-gnostiche effettuate, le valutazioni cliniche proposte e la diagnosi conclusiva.

Invio casiProblemi linguaggio 21Difficoltà apprendimento 37Problematiche comportamentali 4Segnalazione scolastica 1

Scolarizzazione casiNon scolarizzati 2Nido 1Scuola materna 18Scuola primaria 32Scuola secondaria 1° grado 9Scuola secondaria 2° grado 1

Tra questi, 24 soggetti sono stati inviati dal medico di base o dal pediatra, 11 sog-getti dai genitori, 25 soggetti dalla scuola, 1 dal Servizio sociale e 2 e da altri servizi (come il Tribunale per i Minorenni).I motivi dell’accesso sono stati i se-guenti:

Al momento della prima visita NPI viene rilevato:

Le ipotesi diagnostiche effettuate sono in-dividuabili nelle seguenti categorie: DSA (Disturbo specifico dell’apprendimento), ADHD (Disturbo da deficit di attenzione con iperattività), DSL (Disturbo specifico di linguaggio), DFM (Disturbo della fun-zione motoria), FIL (Funzionamento In-tellettivo Limite) e RM (Ritardo Mentale).Gli approfondimenti a conferma del-le diagnosi cliniche proposte sono stati i seguenti: valutazione cognitiva, degli

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apprendimenti, logopedica, psicomoto-ria, emotiva e procedure valutative per ADHD.Sono stati valutati 40 utenti di cui 32 diagnosticati (tabella sottostante) e 8 falsi positivi (non emerso un disturbo). Nei rimanenti 23 l’iter valutativo non si è concluso per l’interruzione dello stesso da parte dei genitori.

Diagnosi definitiva CasiDSA 10DSL 10DFM 1ADHD 2RM 1FIL 4DSL + DSA 1DSL + DFM 1DSL + DFM + DSA 1DSL + DFM + ADHD 1

ConclusioniDall’analisi dei dati emerge rilevante il notevole abbandono dell’iter valutati-vo: 23 casi equivalenti al 36,5%.Evidenti le interpretazioni socio-culturali che si esaltano nella popolazione migran-te: il rendimento scolastico dei figli non rappresenta spesso e purtroppo una pri-orità familiare.Risulta allora fondamentale, il supporto della figura del Mediatore Linguisti-co Culturale, che consenta di trasmette-re tutte le informazioni necessarie sia nel contesto scolastico che sanitario.

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Se c’e’ soluzione perché ti preoccupi? Se non c’é soluzione perché ti preoccupi?

(Aristotele)

N el corso del tempo si è cerca-to di definire quello che oggi conosciamo come stress (Hans Selye, 1936) per poterlo gestire

e contenere prima ancora di doverlo curare. La prevenzione, che passa dall’informazio-ne alla formazione, è stata il tema attorno al quale sono state organizzate dal Servizio di Psicologia Clinica e dai Consultori Familiari dell’ASL di Vallecamonica Sebino, in col-laborazione con l’Associazione Andos, un ciclo di serate di sensibilizzazione aperte alla popolazione, come iniziative legate alla Scuola della Salute, per accompagnare le persone a trasformare questo veleno mor-tale quotidiano in sale della vita. Il sapere comune porta a vedere lo stress solo come una componente negativa della nostra quotidianità quando, in realtà, esso rappresenta una delle possibili reazioni attuate dal nostro organismo di fronte ad eventi esterni.

Lo stress può assumere due forme: l’eu-stress è la risposta cognitiva positiva che provoca una sensazione di appagamento e vitalità e il distress che, al contrario, ha una connotazione nociva che genera un abbassamento delle difese immunitarie. La differenza sta nella percezione della perso-na e può dipendere dai propri sentimenti attuali, dalla desiderabilità, dal luogo in cui ci si trova, ecc.Ogni processo stressogeno si compone di tre fasi distinte:- fase di allarme: la persona segnala l’esu-

bero di doveri e mette in moto le risorse per adempierli;

- fase di resistenza: adattamento al nuovo tenore di richieste;

- fase di esaurimento: caduta delle difese e successiva comparsa di sintomi fisici, fisiologici ed emotivi.

La durata dell’evento stressante porta a di-stinguere lo stress acuto, che si verifica una sola volta ed in un lasso di tempo limi-tato, dallo stress cronico quando lo stimo-lo è protratto nel tempo. Oltre alla durata, è importante anche la natura dello stressor cioè da cosa è stato provocato:- eventi della vita: matrimonio, nascita di

un figlio, lutto, divorzio, pensionamento, ecc;

- cause fisiche: il freddo o il caldo intenso, abuso di fumo e di alcol, gravi limitazioni e handicap, ecc;

- fattori ambientali: rumore, inquinamento, cataclismi, ecc.

Le cause dello stress sono molteplici ma esso può derivare semplicemente dall’accu-mularsi di tensioni di vario genere nell’am-biente familiare o lavorativo che necessita-no di essere districate per evitare un logorio lento ed inesorabile.I sintomi più comuni attraverso i quali si manifesta lo stress sono:- fisici: mal di testa, dolore di schiena e/o

allo stomaco, tachicardia, sudorazione delle mani, agitazione e irrequietezza, disturbi del sonno (es. insonnia o iper-sonnia), stanchezza, capogiri, perdita di appetito, problemi sessuali, acufene, ecc

- comportamentali: digrignare i denti, ali-mentazione compulsiva, aumento dell’u-so di alcolici o sigarette, ecc

- emozionali: pianto, senso di pressione,

Lo STRESS:sale della vita o veleno mortale?Dott.ssa Laura Piccinelli - psicologa psicoterapeuta - Dipartimento ASSI - Settore Famiglia, Infanzia, Età evolutiva

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aansia, rabbia, solitudine, tensione, infeli-cità, impotenza, ecc

- cognitivi: problemi a pensare in ma-niera chiara, incapacità nel prendere decisioni, perdita di memoria, facile di-straibilità, pensieri di fuga e/o evasione, mancanza di creatività, eccessiva preoc-cupazione, ecc.

Di seguito si riporta una lista di quesiti che possono aiutare a cogliere i campanelli d’al-larme:1) Sei spesso teso ed incapace di rilas-

sarti?2) I contrattempi ti disturbano in ma-

niera eccessiva?3) Hai perso di vista i piccoli piaceri

della vita?4) Vai spesso di corsa e fai le cose di

fretta?5) Ti capita di avere spesso dubbi ed

atteggiamenti di auto-critica?6) Ti arrabbi più facilmente di prima?7) Hai problemi di sonno?8) Ti senti stanco e dolorante?9) Ti senti sotto pressione?10) Senti di agire senza riposo?

Una miglior qualità di vita passa attraverso la capacità di sapersi ritagliare degli spazi per sé all’interno dei quali decomprimere (es. ascoltare musica, praticare uno sport o del movimento quotidiano, lettura, coltivare le proprie passioni, ecc) dedicandosi gior-nalmente un tempo adeguato a garantirsi un’oasi di benessere. Riuscire a stabilire le priorità e rileggere come stimolanti gli acca-dimenti è preventivo dell’acuirsi di situazio-ni stressanti che, col tempo, rischiano di cro-nicizzarsi. Qualora si fatichi ad individuare l’origine dello/degli stressor ed a modificare i propri comportamenti sarebbe opportuno rivolgersi al Consultorio Familiare dove, in-sieme agli operatori presenti, progettare un percorso che aiuti ognuno ad individuare le proprie risorse e ad accrescerle.

Lo stress deve essere

una forza motrice potente, non un ostacolo.

(Bill Phillips)

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uasi tutti da bambini e non solo, abbiamo sentito parlare dell’angelo custode, ossia un Angelo che, secondo latradi-zione cristiana, accompagna

ogni persona nella vita, aiutandolo nel-le difficoltà e guidandolo verso Dio; fra i compiti degli angeli ben documentati nell’Antico Testamento vi era quello di guidare e proteggere l’uomo. Il bisogno di protezione è particolarmente sentito e necessario nei bambini, nelle perso-ne anziane e in genere in tutte quelle situazioni dove è presente una marcata disabilità e non autosufficienza, dove è totalmente assente o molto limitata la capacità di compiere in modo auto-nomo le attività della vita quotidiana. Questo riferimento può aiutare a com-prendere il ruolo del “Case manager”, letteralmente “coordinatore del caso”, il o la Case Manager è chi si fa cari-co del percorso individuale di cura della persona malata, divenendo re-sponsabile dell’effettiva continuità del percorso stesso.Sovente i familiari di persone con una grave disabilità e/o non autosufficien-za faticano a districarsi nell’affrontare le varie procedure finalizzate ad ottene-re gli interventi e servizi necessari per una buona qualità della vita, o sempli-cemente, nel passaggio dall’ospedale al proprio domicilio o ad accedere a con-trolli ed esami strumentali.

E’ molto presente il bisogno di garantire la continuità del percorso di cura e quindi di avere una persona di riferi-mento che sia responsabile della buona gestione di tutti i processi in corso e della loro messa in rete.I singoli processi di cura, atti a soddi-sfare i diversi bisogni del paziente e che tutti insieme compongono la terapia, vengono messi in rete perché si imple-mentino a vicenda.

L’informazione: il coordinamento consi-ste in primo luogo nella gestione ocula-ta delle informazioni e dei tempi delle cure ed in secondo luogo nella organizza-zione delle risorse necessarie al percorso.È importante che la condivisione delle in-formazioni avvenga senza l’eccessivo ap-pesantimento o rallentamento dei proces-si (ripetizioni, eccessiva burocratizzazio-ne delle comunicazioni, etc..) ed evitando la dispersione delle stesse; d’altro canto, la gestione dei tempi consente la razio-nalizzazione delle risorse, parallelamente alla buona riuscita del percorso.Il Case Manager prende in carico il caso, cioè si occupa di coordinare i processi, garantendo la continuità della cura e fa-vorendo l’adesione del paziente e del suo nucleo di appartenenza alle terapie.

Il “case manager”: una figura di sostegno innovativa ed efficace per le persone con gravissima disabilità e le loro famiglieDr. Ermanno Scotti - Responsabile Servizio FragilitàAmneris Tobia e Germana Bertoletti - Operatori Servizio Fragilità

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aIn altri termini, il difficile compito del Case Manager è quello di conciliare le ri-sposte necessarie al soddisfacimento dei bisogni del paziente e dei familiari alle risorse disponibili, facendo tra l’altro da tramite tra i diversi Servizi di cura presenti sul territorio.Il Case Manager è quindi molto importan-te in diversi contesti; dal 2014 è espressa-mente previsto dal “Programma operativo regionale in materia di gravissime disabi-lità in condizione di dipendenza vitale”, inoltre sottoscrive il Progetto Individuale di Assistenza (PAI) assieme ad un rappre-sentante dell’ASL, un rappresentante del Comune e la persona/famiglia.

A chi è rivoltoNella fase di prima attuazione di questa funzione, i destinatari sono persone al domicilio residenti in Regione Lombardia, in condizione di dipendenza vitale in base ai seguenti criteri:•di qualsiasi età, se affette da malattie

del motoneurone o in Stato Vegetativo;•conetàinferioreai65anni,seaffetteda

altre patologie;che hanno compiuto i 65 anni, affette da altre patologie, già beneficiarie del buono mensile di € 1.000.Questa prima applicazione riguarda n. 34 persone nell’ASL di Vallecamonica-Sebi-

no, già beneficiarie di un buono mensile come sostegno alle famiglie che accudi-scono 24 ore su 24 il proprio congiunto affetto da gravissima disabilità.

gli Obiettivi generali mirano a:•ridurre il disagiodei cittadini nel rap-

porto con i servizi sanitari, sociali ed educativi in quanto possono trovare una risposta unitaria ai loro bisogni di cura, di assistenza e di vita;

•generare maggiore efficacia di cura edi sostegno e favorire maggiore appro-priatezza d’uso delle risorse;

•migliorarelaqualitàdellavitadellaper-sona ammalata e della sua famiglia.

Questo operatore è infatti in possesso di competenze sanitarie e socio-sanitarie che lo rendono in grado di:•Presentarsi con o al posto del pa-

ziente/famiglia nelle situazioni che richiedono contatti, ad es. con il medi-co di famiglia, con i servizi ospedalieri, con i servizi sociali dei comuni;

•Essere protagonisti di ogni attività in suo favore, ad es. Informare la fa-miglia delle nuove e varie opportunità di sostegno al lavoro di cura, con aiuto concreto nella presentazione delle ri-chieste, nel prenotare eventuali visite, esami strumentali ecc.;

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Competenze/strumenti- Competenze nell’uso della relazione te-

rapeutica- Capacità di pensiero critico- Lavoro in équipe con gli operatori dell’U-

nità di Valutazione Multidimensionale (UVM) per l’analisi della situazione e l’aggiornamento in tempo reale della si-tuazione socio-sanitaria (ricovero in strut-tura, ricovero in regime di sollievo ect.)

- Utilizzo degli strumenti di accertamento mirato in dotazione all’Unità Operativa Fragilità

- Uso corretto della documentazione al domicilio: in particolare questionario ri-levazione bisogni assistenziali e scala di Stress (R.S.S.)

Procedura

Prima Fase - Presentazione della figura del Case Manager alla famiglia

Si procede alla presentazione da parte del personale che ha effettuato la valutazione (UVM) alla famiglia dell’utente della figura del “case manager” durante il colloquio per la presentazione, condivisione e sotto-scrizione del PAI. Si concorda una visita domiciliare (V.D.) di conoscenza dell’utente e della famiglia con l’obiettivo di rilevare i bisogni assisten-ziali nel contesto domestico, da effettuarsi anche periodicamente per monitorare e/o coordinare gli interventi atti alla gestione dell’utente in relazione alle condizioni cli-niche.

Seconda Fase - Conoscenza della situa-zione al domicilioNel contesto della visita domiciliare si pro-cede alla valutazione della situazione so-cio ambientale. Attraverso un colloquio si esplicitano al caregiver ruolo e funzioni del “case manager”.Si procede all’ascolto delle problematiche quotidiane che emergono durante l’assi-stenza con evidenza dei punti di forza e delle eventuali criticità. Si procede infine a una raccolta dati con l’utilizzo di un que-stionario predisposto appositamente; som-ministrazione della Relatives Stress Scale (RSS), oltre che alla compilazione della Scheda Infermieristica.Importante è la consegna alla famiglia di

una comunicazione in merito alla disponi-bilità telefonica da parte del “case mana-ger” o di una persona sostituta in caso di assenza, di consulenze telefoniche qualora emergessero problematiche diverse rispet-to alla quotidianità, esempio ricoveri ospe-dalieri visite mediche ecc.Terza Fase: - Inizio relazione assisten-ziale con l’utente e la famiglia. Prose-cuzione attività di sostegno.Tale fase consiste nell’esplicazione dell’at-tività di sostegno, guida, riferimento per le problematiche socio-sanitarie dell’assistito. Attraverso frequenti consulenze telefoniche o domiciliari a seconda delle esigenze che sono personalizzate e quindi difficilmente contestualizzabili, il Case Manager si ado-pera per raggiungere i seguenti obiettivi specifici:•Mantenimentodelpazientealdomicilio•Riduzionedellostressdelcaregiver•Riduzionestressdell’assistito•Monitoraggiodeiprogettiinessere•Guidaaiservizisociosanitari•OrientamentoaiservizisanitariGli interventi si pongono anche l’obiettivo di migliorare (dove è possibile) la vita dei caregiver; infatti l’insorgenza e l’evoluzione delle malattie croniche nelle fasi avanzate è marcata da un continuum ingravescente e quotidiano di numerose e complesse pro-blematiche assistenziali che minano pro-

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agressivamente la qualità di vita dell’assistito e della famiglia. Nelle situazioni più com-plesse i caregiver possono trovarsi a gestire pazienti ad elevata intensità assistenziale con il rischio di sviluppare una sindrome di Burnout.

Cosa accade in concreto: i primi riscon-tri delle famiglie Attualmente sono state contattate 24 fa-miglie sul numero totale di 34, la presa in carico di tutte è prevista entro la fine del mese di settembre 2015.L’infermiera con la funzione di “Case Mana-ger”, previo contatto telefonico si presenta alla famiglia spiegando la funzione di que-sta figura di riferimento, tramite una Visita Domiciliare.In occasione di questa visita si valuta-no l’assistenza che viene garantita alla persona fragile da parte della famiglia e l’ambiente domestico dove vive la perso-na in condizione di grave disabilità, sot-toponendo il famigliare caregiver ad un questionario predisposto e ad una scala di stress, al fine di monitorare strettamen-te l’evolversi delle risorse e dei bisogni familiari.Dalle prime visite organizzate, si sono evidenziati tanti punti di forza di que-ste famiglie; la persona in condizione di grave disabilità è posta al centro dell’attenzione di tutta la famiglia che ruota intorno a lui/lei. Le famiglie si mo-strano molto organizzate ed unite fra i vari componenti e si aiutano nell’assistenza, a parte qualche raro caso nel quale una sola persona si occupa completamente 24h su 24 del proprio congiunto, senza nessun tipo di aiuto esterno; in queste persone si è rilevato un alto rischio di Burnout.Tutte le famiglie si sono dimostrate mol-to soddisfatte del Buono mensile fornito dalla Regione Lombardia ed anche della figura del “Case Manager” che credono sia una figura molto utile come punto di riferimento in ASL.La visita si svolge anche con un colloquio spesso molto lungo, in questo contesto si percepisce la voglia di parlare, di sfogarsi, di raccontare tutto il loro vissuto. Sovente la storia inizia dalla nascita del loro con-giunto e si estende per più di quarant’anni; sono riferite tante difficoltà da affrontare nella vita quotidiana, compresa la riluttanza o l’imbarazzo, da parte di alcuni, alla vista

CONSULENzA SOCIOSANITARIA E SOCIALE DEL SERVIzIO FRAgILITà PRESSO gLI

OSPEDALI DI ESINE E DI EDOLO

Per favorire la continuità di cura fra ospedale e territorio e la tempestività della presa a carico

Gli operatori del Servizio Fragilità - Di-partimento ASSI- sono presenti:

- Esine il martedì ed il giovedì dalle ore 9.00 alle 13.00 c/o (Piano primo - c/o corridoio day hospital - Medici-na) - Tel. 0364 369.884

- Edolo il lunedì dalle ore 8.30 alle ore 12.00 c/o (Piano terra c/o Consulto-rio Familiare) - Tel. 0364 772.505

di persone gravemente disabili in luoghi pubblici.La soddisfazione delle famiglie in relazione ai contatti con i servizi ospedalieri e ter-ritoriali è descritta positivamente; è stato possibile evitare tempi lunghi di attesa e gli operatori si sono dimostrati molto disponi-bili e gentili. Durante il colloquio emergo-no alcune criticità: la maggior parte degli intervistati segnala problemi riguardanti i presidi di assorbenza (i tempi di consegna, il tipo, la quantità e la qualità dei prodotti).Un’altra osservazione emersa da un nume-ro limitato di utenti è sulla protesica mag-giore: letti, carrozzine, sollevatori, percepiti dai famigliari a volte come non idonei alle vere esigenze degli utenti, in alcuni casi le famiglie dichiarano di aver dovuto acqui-stare personalmente questi presidi.A fine colloquio si concordano i prossimi interventi in relazione ai bisogni rilevati; per il disbrigo di qualsiasi pratica o criti-cità viene consegnato il numero telefonico dell’operatore “ Case Manager” di riferimen-to e il nominativo di un sostituto in caso di assenza, inoltre si definiscono altre visite domiciliari periodiche, anche quest’ultima opzione è molto apprezzata dalle famiglie, in quanto viene meno il senso di abbando-no da parte delle istituzioni.Periodicamente è prevista la rilevazione del grado di soddisfazione da parte dei fami-liari in merito agli interventi del Case ma-nager, al fine di apportare eventuali azioni correttive.

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T ra le competenze assegnate dalla Regione Lombardia al Servizio Vi-gilanza e Accreditamento dell’ASL di Vallecamoinca-Sebino rientra il

Piano annuale di Vigilanza Incrociata.Il termine “Vigilanza Incrociata” ricom-prende tutte le attività di Vigilanza e Controllo che un’ASL è tenuta a effet-tuare nei confronti delle Unità d’offerta socio-sanitarie direttamente gestite da un’ASL limitrofa; nel nostro caso gli Uf-fici competenti dell’ASL di Vallecamonica-S ebino sono incaricati a svolgere i controlli di legge sui Servizi dell’ASL di Brescia.Lo svolgimento di tali competenze è stato introdotto dal Legislatore Regionale al fine di evitare che un Ente sia nel contempo controllore e controllato, e che si ripropon-ga pertanto un potenziale conflitto di inte-ressi. In altri termini è necessario che l’Ente controllore sia diverso dall’Ente controllato.Ciò ha comportato, e comporta tutt’ora, un aggravio non indifferente per il Servizio Vi-gilanza e Accreditamento della Direzione

Vigilanza incrociata:un’interessante opportunità

Sociale dell’ASL, tenuto a mettere a dispo-sizione risorse organizzative e di personale nei confronti di un’ASL limitrofa, quella di Brescia, notevolmente più popolosa, com-plessa e articolata.Lo svolgimento di tali competenze, che la programmazione regionale sta continuan-do a mantenere tra gli obiettivi del Diret-tore Generale dell’ASL, è tutt’ora in atto. Sta comunque rivelando alcuni motivi di inte-resse, che complessivamente potrebbero essere riassunti nell’utilità del confronto tra diversi colleghi e attori dello sviluppo del Sistema Regionale dei Servizi socio-sanitari.Di analoga utilità può essere considerato il gruppo permanente di lavoro e con-fronto istituito a livello centrale tra i vari referenti dei Servizi di Vigilanza operanti nelle varie ASL lombarde, in un settore così complesso e cruciale.

Il quadro delle Unità d’offerta che compon-gono la rete dei Servizi socio-sanitari diret-tamente gestiti dall’ASL di Brescia è analiti-

Dr. Pierangelo Troletti - Responsabile del Servizio Vigilanza e Accreditamento; Sig. Fiorenzo Formentelli - Coadiutore amministrativo esperto; Sig.ra Orietta Barcellini - Assistente amministrativo; Sig.ra Alessandra Scattolini - Assistente amministrativo; Arch. Paolo Bussi - Consulente per gli aspetti tecnico-strutturali

■ La sede dell’ASL di Brescia

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camente riportato nell’apposito allegato del Documento Programmatico. In questo con-testo ci si limita pertanto a fornire un sinte-tico quadro d’insieme, suddiviso per Aree:

Area Anzianin.1 Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), con una sede centrale a Brescia e n.5 sedi periferiche dislocate nei vari Distretti socio-sanitari dell’ambito pro-vinciale.

Il territorio dell’ASL di Brescia è interes-sato, come avviene del resto a livello na-zionale e regionale, da due fenomeni im-portanti:- il progressivo invecchiamento della po-

polazione, con tutti i conseguenti risvol-ti sul piano sociale, sanitario e assisten-ziale;

- il perdurare della crisi economica, che investe sempre più tutti gli ambiti del tessuto sociale.

In questo contesto il dibattito attuale sulla programmazione e l’erogazione dei Servizi alla popolazione appare per-tanto costantemente centrato sulla ne-cessità di potenziare la rete dei Servizi alla persona in tutte le sue fasi di vita e aspetti di fragilità e contemporanea-mente garantire la sostenibilità econo-mica del Sistema socio-sanitario in vi-gore.Una strategia al riguardo è quella di af-fiancare alle Unità d’offerta residenzia-li una rete di servizi domiciliari sem-pre più capillare, adeguata e integrata con tutte le prestazioni necessarie a ga-rantire la qualità dell’assistenza erogata, e in grado di ridurre il ricorso a ricoveri inappropriati, nonché economicamente onerosi. Un ruolo particolarmente signi-ficativo è svolto dai Servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), che perse-guono l’obiettivo di favorire:- la permanenza dell’anziano presso la

propria residenza;- una presa in carico complessiva del nu-

cleo familiare;- un miglioramento delle condizioni di

salute e di vita del paziente.

Area Disabilin. 1 Residenza Sanitaria per persone con Disabilità (RSD), con capacità ricet-tiva di n.40 posti letto.

La problematica della gestione della cro-nicità investe ormai tutto il territorio re-gionale:- l’invecchiamento della popolazione, se

da un lato è espressione di un migliora-mento delle condizioni di vita e salute, determina inevitabilmente un progressi-vo e costante aumento delle situazioni di fragilità individuali e socio-sanitarie;

- ciò comporta inoltre la necessità di ade-guare gli interventi e l’organizzazione della presa in carico sanitaria e assisten-ziale.

La RSD, così com’è configurata, rappre-senta prioritariamente una risposta al problema della cronicità e in prospettiva un’opportunità riabilitativa residenziale per un’utenza adulta multi-problematica.

Area Famiglia/Minorin.20 Consultori Familiari, di cui 3 in città e 17 in ambito provinciale (con n.12 sedi centrali e n.5 sedi distaccate).

I contatti del Servizio con la rete dei Con-sultori Familiari ripropongono la tematica dei cambiamenti in atto in ambito fami-liare:- la modifica del modello tradizionale di

famiglia;- la rilevante presenza di famiglie extraco-

munitarie;- l’emergenza di nuovi bisogni e nuove

richieste accanto alle tradizionali neces-sità: sanitari, assistenziali, relazionali ed educativi.

I Consultori Familiari dell’ASL di Brescia si caratterizzano come una rete di servizi importanti: - presentano un significativo e costante

afflusso di utenti in carico;- sono dislocati in modo tale da coprire

tutto l’ambito territoriale;- sono composti da équipes multi-profes-

sionali, anche se permangono spazi di miglioramento nell’ambito della colla-borazione con le risorse ospedaliere;

- hanno elaborato strumenti comunicati-vi e alcune progettazioni di significativo interesse.

Area Dipendenzen.10 Unità d’offerta Ambulatoriali Multidisciplinari, di cui n.6 afferenti alla Struttura Complessa “Servizio Tossico-

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Adipendenze” e n.4 afferenti alla Struttura Complessa “Servizio Alcoldipendenze”. N.4 sono collocate in città e n.6 in ambito provinciale.

L’area Dipendenze è caratterizzata da un’evoluzione complessa della diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti, dell’al-colismo, del disadattamento giovanile. I Servizi stanno riorganizzando i loro inter-venti per poter affrontare adeguatamente i cambiamenti in atto da parte dell’utenza e della popolazione interessata.Le novità strutturali più significative che hanno caratterizzato il triennio precedente sono state: - riorganizzazione complessiva con po-

tenziamento del Servizi di Alcoldipen-denze;

- parziale esternalizzazione dei Servizi per le Tossicodipendenze;

- specializzazione delle prestazioni (ad esempio l’attivazione del “Centro per i Cocainomani” e dell’ “équipe Carcere”).

Sono dislocati in modo tale da coprire tut-to l’ambito territoriale, espressione di una programmazione complessiva del settore.

CONSIDERAzIONI COMPLESSIVE

AnalogieLe tendenze evidenziate dalla rete delle UDO dell’ASL di Brescia appaiono so-stanzialmente in linea con quelle rilevate anche nel territorio dell’ASL di Vallecamo-nica-Sebino.In questo arco di tempo si è infatti com-plessivamente stabilizzato il quadro delle strutture socio-sanitarie, che si occupano di una tipologia di utenza caratterizzata da condizioni di fragilità complesse, de-terminate dall’età avanzata, da situazioni di disabilità personale e fragilità, da una fase evolutiva di non autosufficienza o di-sadattamento.

DiversitàIl fenomeno dell’immigrazione appare più accentuato nel territorio dell’ASL di Bre-scia, con le prevedibili ricadute sull’acces-so ai Servizi socio-sanitari.

Previsioni1. Le previsioni per il prossimo biennio,

basate su dati e informazioni attual-mente in possesso da parte del Servi-

zio Vigilanza e Accreditamento, con-sentono di confermare un sostanziale assestamento quantitativo della rete delle Unità d’offerta socio-sanitarie.

2. Le eccezioni sono costituite da alcune progettazioni mirate a una raziona-lizzazione del sistema dei Servizi e a nuove forme di presa in carico (gruppi di auto aiuto e iniziative di informazio-ne/sensibilizzazione).

Alcune variabili che potrebbero incidere sullo sviluppo della rete dei Servizi sono rappresentate:- dall’evoluzione delle sperimentazioni

previste dalla programmazione regio-nale nel settore Socio-sanitario e Socio-Assistenziale;

- dalla sostenibilità finanziaria dell’at-tuale rete dei Servizi di fronte alle sfi-de rappresentate dalla perdurante crisi economica in atto e dall’evoluzione dei bisogni di una popolazione sempre più anziana e diversificata nella sua compo-sizione sociale;

- dai nuovi assetti organizzativi e istituzio-nali conseguenti alla Riforma Sanitaria in fase di realizzazione e sviluppo.

CONSIDERAzIONI CONCLUSIVEL’assestamento della rete delle Unità d’of-ferta sopra citato non appare comunque caratterizzato da staticità progettuale da parte dell’Ente gestore, che si mostra im-pegnato sui seguenti fronti:- integrazione e razionalizzazione com-

plessiva della rete dei Servizi presenti in ambito territoriale, anche per fron-teggiare la situazione di crisi economica congiunturale in corso;

- implementazione di un sistema organiz-zativo, che garantisca livelli adeguati di appropriatezza e qualità delle prestazio-ni erogate;

- avvio di nuove tipologie di Servizi, ca-ratterizzati da forme di sviluppo della domiciliarità, e da sperimentazioni fina-lizzate alla gestione di nuovi bisogni del singolo e della collettività;

- disponibilità e attenzione sia allo svilup-po delle indicazioni regionali che alla presa in carico dei nuovi bisogni territo-riali.

Tutto ciò si desume in particolare dalla presa d’atto dello sforzo programmatorio locale per lo sviluppo di una rete di Servi-zi razionale e articolata.

34 Pubblichiamo di seguito una lista dei principali numeri utili della nostra Azienda. Essi sono consultabili anche sulla Home Page del sito aziendale www.aslvallecamonicasebino.it, nella sezione in alto a sinistra Contatti/Numeri Utili. Per informazioni più dettagliate circa i singoli servizi invitiamo a consultare la Carta dei Servizi Aziendale e le guide ai Servizi, pubblicate anch’esse sulla Home Page del sito web aziendale.

ASL DI VALLECAMONICA-SEBINONUMERI UTILIa cura della Redazione

SEDE: ASL di Vallecamonica-SebinoVia Nissolina, 2 - BrenoCentralino 0364-329.1 - fax 0364-329310

Ufficio Relazioni col Pubblico (URP) 0364-329338Distretto Socio Sanitario 0364-329391Dipartimenti Prevenzione Medico 0364-329366Dipartimenti Prevenzione Veterinario 0364-329415Dipartimento ASSI 0364-329.389 oppure 0364-329418Ufficio invalidi e assistenza protesica 0364-329361 oppure 0364-329401

Ospedale di EsineVia Manzoni, 142 - EsineCentralino 0364-369.1

URP 0364-329338Direzione amministrativa 0364-369266Direzione sanitaria 0364-369276Informazioni 0364-369345

Ospedale di EdoloPiazza Donatori di Sangue - EdoloCentralino 0364-772.1

URP 0364-329338Direzione sanitaria 0364-772541Distretto socio-sanitario 0364-772.1Guardia medica 0364-772.1Guardia medica di Ponte di Legno – Piazzale Europa 0364-772.1

Sede di DarfoVia Cercovi/Via BarboliniCentralino 0364-540.111

Igiene Pubblica 0364-540252Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro 0364-540261Dialisi (CAL) 0364-540272Servizio Dipendenze 0364-540236Sportello Scelta/Revoca: 0364-540275

Sede di DarfoVia Quarteroni 10/ACentralino 0364-540.111

Diploma Universitario per Infermieri 0364-540340Impiantistica 0364-540331

Centri PsichiatriciEsine Via Manzoni, 142

Dipartimento di Salute Mentale: 0364-369670Centro Psico Sociale (CPS) 0364-369670Comunità Riabilitativa ad Alta Assistenza (CRA) 0364-369673Centro Diurno 0364-369685

Sede di PisogneVia Antica Valeriana, 1

Distretto socio-sanitario 0364-540119Guardia medica 0364-540100

Sede di CedegoloVia Nazionale, 44

Ambulatori 0364-772703Guardia medica 0364-772710

CENTRO UNICO DI PRENOTAzIONE AzIENDALE NUMERO VERDE 800.270662OPPURE DA CELLULARE O DALL’ESTERO 0364 439501

CENTRO UNICO DI PRENOTAzIONE REgIONALE NUMERO VERDE 800.638638 per chiamate da telefono fisso02.99.95.99 per chiamate da cellulareIn questo caso la telefonata ha il costo previsto dal piano tariffario di ciascun utente.

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a: Boehringer Ingelheim SpA di Milano per la donazione di € 10.000,00

destinata a sostenere l’attività dell’Unità di Diabetologia dell’Ospedale di Esine.

ANDOS - Comitato di Vallecamonica-Sebino per la donazione di € 3.000,00 volta a finanziare la prosecuzione della borsa di studio finalizzata alla continuità del supporto amministrativo per reparti dell’area chirurgica dell’Ospedale di Esine.

Sig. C. P. di Berzo Inferiore per la donazione di materiale vario a favore dell’UO di Medicina dell’Ospedale di Esine, del valore com-plessivo di € 1.224,00.

Banca di Valle Camonica SpA di Breno per la donazione di € 25.000,00 volta ad allestire una nuova ambulanza per l’Ospedale di Esine.

Chiesi Farmaceutici SpA di Parma per la donazione di € 3.000,00 a favore dell’UO di Pneumologia dell’Ospedale di Esine, per il poten-ziamento della strumentazione del reparto medesimo.

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