Giornale di Brescia Lunedì 12 Ottobre 2009 11 GdBMedicina ... · L’Irccs Centro San Giovanni di...

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Data e Ora: 11/10/09 19.10 - Pag: 11 - Pubb: 12/10/2009 - Composite Il progetto GenEtica dell’Irccs tra ricerca, consulenza e possibili terapie Chi ha la celiachia potrebbe sviluppare l’osteoporosi GRUPPO RICERCA GERIATRICA Le demenze, patologie che si manife- stano solitamente in modo sporadico nelle persone anziane, consistono nella compromissione di alcune funzioni ner- vose superiori, compresa la memoria, l’orientamento spazio-temporale, la ca- pacità di attenzione e la capacità di man- tenere un comportamento sociale ade- guato alle circostanze. Le due forme più comuni di demenza sono la demenza di Alzheimer (AD) e la demenza Fronto- temporale (FTD) che si differenziano sulla base della sintomatologia di esor- dio spiegata dalla compromissione di aree cerebrali diverse. Tali alterazioni provocano un declino progressivo delle funzioni intellettive ed un deterioramen- to della personalità e conseguentemen- te della vita di relazione. Manifestazione «sporadica» Nella maggior parte dei casi le demen- ze si manifestano nelle persone anziane in modo sporadico; quando più persone all'interno della stessa famiglia presenta- no tali disturbi, si parla di demenza su base familiare o ereditaria. Nella demen- za di Alzheimer il 5% dei casi si trasmet- te su base ereditaria, mentre nella de- menza Frontotemporale, tale evento si manifesta nel 30-40% dei casi. Queste for- me familiari, caratterizzate da più preco- ce età di insorgenza e da una più rapida evoluzione della malattia rispetto alle forme sporadiche, sono dovute ad altera- zioni nell'assetto genetico. La diagnosi di demenza familiare si basa su un accu- rata valutazione clinica e un'approfondi- ta anamnesi familiare: entrambe hanno un ruolo primario nel percorso diagnosti- co e possono essere completate con l'ese- cuzione di test genetici. Per un numero sempre più elevato di malattie sono in- fatti oggi disponibili indagini biochimi- che, citogenetiche o molecolari che con- sentono di definirne il difetto genetico e, quindi, di confermare il sospetto clinico. Il ruolo di tre geni Le ricerche condotte nell'ambito delle demenze hanno permesso il riconosci- mento di tre geni che, quando presenti in forma mutata, sono responsabili di AD familiare: il gene per la proteina pre- cursore dell'amiloide (APP) e i geni che codificano per presenilina 1 (PSEN1) e presenilina 2 (PSEN2). Mutazioni nei ge- ni che codificano per tau (MAPT) e pro- granulina (PGRN) sono invece responsa- bili per la maggior parte delle forme fami- liari di demenza frontotemporale. Le demenze familiari dovute a muta- zioni nei geni PSEN1, PSEN2, APP, PGRN e MAPT sono malattie a eredita- rietà autosomica dominante, ovvero il ri- schio di trasmissione della malattia alla prole è del 50% (1 su 2) per ciascun figlio, indipendentemente dal sesso. Nella maggior parte dei casi le mutazioni sono ad alta penetranza, il che significa che ogni individuo portatore della mutazio- ne ha un'elevata probabilità di sviluppa- re la malattia. I geni identificati non spie- gano la totalità delle forme familiari di demenza: altre cause geniche devono es- sere tuttora rivelate. Gli studi effettuati negli scorsi anni al- l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico dei Fatebenefratelli a Brescia hanno contribuito ad identificare alcune tra le cause genetiche delle demenze fa- miliari. Un'indagine sistematica sulle cause genetiche delle forme familiari di demenza frontotemporale, di recente pubblicazione, ha dimostrato che altera- zioni genetiche nel gene PGRN sono la principale causa di malattia nel territo- rio bresciano (presenti in circa un terzo dei pazienti con familiarità); proprio nel nostro territorio è stata identificata una delle mutazioni più comuni al mondo in tale gene. I casi familiari Per i casi familiari di demenza, è quin- di possibile analizzare l'eventuale presen- za di alterazioni dell'assetto genetico; l'elevata frequenza di mutazioni in PGRN nel territorio bresciano rende ta- le gene il primo gene candidato per la ri- cerca di alterazioni genetiche nell'analisi condotta all’Irccs. Tali test genetici pos- sono essere effettuati sul paziente affet- to, consentendo una migliore definizio- ne della diagnosi della malattia (test dia- gnostico) o possono essere effettuati su persone che, pur non presentando i sin- tomi della malattia, comunque sono col- legati ad essa per familiarità (test pre- sintomatico). La presenza di mutazioni in uno dei geni associati alle forme fami- liari di demenza indica che la persona po- trà sviluppare con una certa probabilità la malattia, anche se con quadri clinici variabili. I test genetici, per le loro pecu- liarità e le implicazioni che riguardano l'identità biologica della persona e della famiglia, richiedono particolari procedu- re sia nell'offerta di un test genetico che nella comunicazione del risultato. Tali procedure sono generalmente comprese nella consulenza genetica che deve esse- re parte integrante dei test genetici. Consulenza genetica all’Irccs All’Irccs è in corso da alcuni anni un'at- tività di studio e ricerca preliminare all'attivazione di un servizio di consulen- za genetica per pazienti affetti da de- menze a carattere ereditario ed i loro fa- miliari. Un primo studio, condotto gra- zie ad un finanziamento del ministero della Salute, ha rilevato che l'intenzione a sottoporsi ad un test genetico in sog- getti italiani, familiari di pazienti affetti da demenza, è molto più elevata rispet- to alla popolazione americana e olande- se: il fatto che gli intervistati italiani esprimano un'intenzione ugualmente elevata (più del 70%) in ogni scenario proposto, indipendentemente dall'accu- ratezza del test o dalla disponibilità di una cura, ha fatto presupporre che i par- tecipanti avessero una scarsa capacità critica nel giudicare le possibili implica- zioni dei diversi scenari. Inoltre i familia- ri italiani hanno dimostrato una scarsa conoscenza della malattia ed una bassa percezione del rischio di malattia. In ri- sposta a tale bisogno è stato costituito un gruppo multidisciplinare di studio e lavoro composto da genetisti medici, me- dico neurologo, biologo specializzato, psichiatra, psicologo ed è stato struttu- rato un protocollo di consulenza geneti- ca. L'équipe di consulenza genetica del- l’Irccs incontra periodicamente le fami- glie valutate come a rischio di una de- menza di tipo familiare che facciano esplicita richiesta di consulenza geneti- ca. La presa in carico delle famiglie con queste specifiche forme di demenza per- mette la promozione di efficaci pratiche di intervento clinico con una migliore qualità assistenziale. Il dibattito pubblico non ha ad oggi an- cora completamente risolto le implica- zioni etiche che sorgono dalla prospetti- va di effettuare un test genetico di tipo diagnostico e pre-sintomatico: diversi ri- schi devono essere presi in esame, ivi compresi il possibile impatto psicologi- co, le conseguenze in ambito lavorativo ed assicurativo, gli aspetti legali e la com- prensione dei risultati del test. Inoltre, preoccupazioni a carattere etico per- mangono per la partecipazione a proto- colli di ricerca di pazienti con una capaci- tà decisionale compromessa, quali i pa- zienti affetti da demenza di Alzheimer. SANITÀ Farmaci e vaccini: risparmio per la Sanità Farmaci e vaccini? Un investimento importante, uno strumento di ri- sparmio per il Servizio Sanitario Na- zionale. È il pensiero di Sergio Dom- pè, presidente di Farmindustria, che nel suo intervento al convegno «Fi- nanziarie in sanità a confronto» ha spiegato perché queste categorie so- stengono il Ssn facendolo risparmia- re: «Evitano i ricoveri, riducono il ri- schio di malattie invalidanti, allonta- nano interventi chirurgici e accorcia- no i tempi di ospedalizzazione», ha detto. «Rispetto agli altri Paesi euro- pei, in Italia la spesa procapite è infe- riore del 30% per i medicinali e del 10% per la spesa sanitaria - ha sotto- lineato Dompè - è invece superiore (+15) per le pensioni». Il presidente di Farmindustria ha dichiarato che la farmaceutica in Italia continua a creare valore («è una spina dorsale bisognosa di certezza»), «ma ci so- no pericoli di sostenibilità», ha av- vertito, «ed è necessario avviare un risparmio, i margini di razionalizza- zione sono molteplici». OSPEDALI Addio cartella clinica per medici americani Presto gli smartphone potrebbero mandare in pensione negli Usa cer- capersone e cartelle cliniche carta- cee. Almeno è quanto vorrebbero i produttori dei nuovi telefonini intel- ligenti, che negli ultimi tempi sem- brano puntare direttamente alla cin- tura dei medici statunitensi. In prima fila, pronti a varcare la so- glia degli ospedali, ci sono Apple e Rim. Il mese scorso, scrive il Wall Street Journal, nella Stanford Hospi- tal & Clinics di Palo Alto (California) è iniziata una sperimentazione di Apple ed Epic Systems, un fornitore di sistemi di informazione sanitari. Oggetto del test è un software che consente al personale medico di ac- cedere alle cartelle dei pazienti attra- verso l’iPhone. L’ospedale sta cercando il modo di sfruttare il «melafonino» per ridurre il rischio di errore, in un momento in cui la cura del paziente passa sem- pre più spesso nelle mani di diversi dottori. abc della medicina Il peso della genetica nelle demenze senili L’Irccs Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli partecipa ad un progetto coordinato dal Centro di Bioetica della Cattolica: obiettivo è valutare l’impatto dell’informazione sulla familiarità di malattie quali l’Alzheimer fornita ai parenti stretti del paziente Il progetto «GenEtica - Profili bioetici e biogiuridi- ci della genetica tra ricerca sperimentale, consulen- za e prospettive terapeutiche», coordinato dal prof. Adriano Pessina del Centro di Bioetica dell’Universi- tà Cattolica di Milano, al quale partecipa l’Irccs in qualità di unità operativa. Reposnsabile di Neuro- BioGenLab - Centro per la memoria dell’Irccs è il dott. Giuliano Binetti, mentre coordinatrice del pro- getto di consulenza genetica, sempre dell’Irccs Cen- tro San Giovanni di Dio, è la dott. Luisa Benussi. «Lo scopo della ricerca, finanziata dal Ministero dell’università e della Ricerca - spiega Binetti - è quello di rinnovare la riflessione bioetica nell’ambito della genetica, tenendo conto della nuova rilevanza sociale che essa assume nell’incontro con la dimen- sione diagnostica e terapeutica della medicina. La competenza etica e bioetica del Centro di Bioetica si coniuga con l’attività scientifica dell’Irccs e di altri prestigiosi centri Nazionali correlandola alle proble- matiche dei pazienti e delle loro famiglie, nell’ambi- to della consulenza genetica, e alla legislazione nazio- nale ed internazionale». Il punto di partenza della ricerca sarà lo studio dei problemi etici propri della ricerca genetica connes- sa con la medicina, con particolare riferimento al te- ma dell’informazione all’interno della consulenza ge- netica. Si valuterà, in primo luogo, la qualità e l’effi- cacia dell’«informazione» nella consulenza genetica, tenendo anche conto della capacità di comprensio- ne dei soggetti coinvolti; sarà quindi valutato l’impat- to psicosociale del test genetico in famiglie con de- menza ereditaria. Talvolta quando un paziente anziano va incontro ad una frattura il processo di guarigione non ottiene i risultati sperati. Per questo motivo, da molti anni, si vanno sperimentando, ed applicando, varie solu- zioni di presa in carico e di continuità assistenziali con la finalità di: dare più assistenza al paziente an- ziano ultrasettantenne frequentemente affetto da patologie internistiche, razionalizzare la durata del- le degenze ospedaliere e ridurre la degenza in repar- ti per acuti, favorire la ripresa precoce dell'autono- mia e delle attività quotidiane, ridurre le complican- ze locali e generali, identificare soluzioni assistenzia- li appropriate post-dimissione, migliorare la qualità complessiva della cura. A tal fine è stato ideato il modello dell'"ortogeria- tria" che si fonda sull'integrazione tra ortopedia e ge- riatria. Tale modello si applica ai pazienti anziani con frattura di femore o con altre fratture (bacino, vertebre, piede, arti superiori). Il processo di cura ini- zia al momento dell'ammissione in ospedale. Infatti il paziente deve sostare il minor tempo possibile sia in pronto soccorso sia in radiologia. Il paziente e co- loro che si occupano di cui devono essere consultati al fine di raccogliere informazioni cliniche utili e fare in modo che il piano terapeutico venga condiviso e accettato. Lo stato funzionale, lo stato cognitivo e la disponibilità di una rete sociale devono essere defini- ti e documentati con accuratezza all'ingresso in ospe- dale poiché condizionano il processo di cura (dimis- sione programmata inclusa) e sono predittori di suc- cesso clinico a lungo termine. Il geriatra ha un ruolo chiave nella valutazione e nella gestione delle comor- bilità mediche. L'intervento chirurgico, se indicato, viene effettua- to entro 24 ore (pochi pazienti hanno una controindi- cazione) con la procedura ritenuta più idonea a ri- portarlo all'indipendenza funzionale. L'immobilità e l'allettamento devono essere limitati. I processi di nursing, come pure il piano terapeutico complessi- vo, devono essere orientati all'autosufficienza ed es- sere parte strutturale della cura ortogeriatrica. I pa- zienti con frattura di femore iniziano la mobilizzazio- ne entro 48 ore dall'intervento chirurgico (un'eccezio- ne riguarda i pazienti con frattura trocanterica insta- bile che richiedono un periodo di limitazione al cari- co). Per alcuni pazienti il traumatismo è la conse- guenza di condizioni di salute gravemente disabili- tanti; le cure quindi devono dare priorità agli aspetti palliativi e di confort. In questo gruppo sono esclusi quasi tutti i pazienti che provengono da una RSA. Renzo Rozzini Le persone affette da celiachia potrebbe- ro essere più esposte a sviluppare l’osteopo- rosi perché il loro sistema immunitario attac- ca il tessuto osseo. Era già noto agli scienziati che la celiachia comportasse un aumentato rischio di osteo- porosi, ma finora si pensava che la causa fos- se un’incapacità di assorbire il calcio o la vita- mina D. Il nuovo studio, pubblicato dal New England Journal of Medicine, suggerisce in- vece che i pazienti affetti da celiachia produ- cono degli anticorpi che attaccano una prote- ina fondamentale per mantenere intatta la salute delle ossa. Una situazione a cui si può ovviare con i farmaci che prevengono la per- dita di tessuto osseo, aggiungono i ricercato- ri. Secondo l’équipe, della University of Edin- burgh, è questa proteina, chiamata osteopro- tegerina, la spiegazione del collegamento tra celiachia e osteoporosi. Nel 20% dei pazienti celiaci esaminati, venivano prodotti anticor- pi che bloccavano il corretto funzionamento dell’osteoprotegerina, fondamentale per mantenere le ossa forti. Il prof. Stuart Ralston dell’Institute of Genetics and Mole- cular Medicine: «È un avanzamento molto importante: non solo abbiamo scoperto un nuovo motivo che spiega perché chi è affetto da celiachia si ammala più facilmente di osteoporosi, ma anche che si può ottenere un’ottima risposta ai farmaci che prevengo- no la perdita di tessuto osseo». Pagina a cura di Anna Della Moretta La sede dell’Istituto di ricovero e cura acaratterescientifico«CentroSanGiovannidiDio» Nuovo modello di cura per gli anziani con il femore rotto Riabilitazione rapida in chi viene operato per frattura di femore GdB Medicina & Salute Giornale di Brescia Lunedì 12 Ottobre 2009 11

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Data e Ora: 11/10/09 19.10 - Pag: 11 - Pubb: 12/10/2009 - Composite

Il progetto GenEtica dell’Irccs tra ricerca, consulenza e possibili terapie

Chi ha la celiachia potrebbe sviluppare l’osteoporosi

GRUPPORICERCAGERIATRICA

■ Le demenze, patologie che si manife-stano solitamente in modo sporadiconelle persone anziane, consistono nellacompromissione di alcune funzioni ner-vose superiori, compresa la memoria,l’orientamento spazio-temporale, la ca-pacità di attenzionee la capacità di man-tenere un comportamento sociale ade-guato alle circostanze. Le due forme piùcomuni di demenza sono la demenza diAlzheimer (AD) e la demenza Fronto-temporale (FTD) che si differenzianosulla base della sintomatologia di esor-dio spiegata dalla compromissione diaree cerebrali diverse. Tali alterazioniprovocano un declino progressivo dellefunzioni intellettive ed un deterioramen-to della personalità e conseguentemen-te della vita di relazione.

Manifestazione «sporadica»Nella maggior parte dei casi le demen-

ze si manifestano nelle persone anzianein modo sporadico; quando più personeall'interno della stessa famiglia presenta-no tali disturbi, si parla di demenza subase familiare o ereditaria. Nella demen-za di Alzheimer il 5% dei casi si trasmet-te su base ereditaria, mentre nella de-menza Frontotemporale, tale evento simanifesta nel 30-40% dei casi. Queste for-me familiari, caratterizzate da più preco-ce età di insorgenza e da una più rapidaevoluzione della malattia rispetto alleforme sporadiche, sono dovute ad altera-zioni nell'assetto genetico. La diagnosidi demenza familiare si basa su un accu-rata valutazione clinica e un'approfondi-ta anamnesi familiare: entrambe hannoun ruolo primario nel percorso diagnosti-co e possono essere completate con l'ese-cuzione di test genetici. Per un numerosempre più elevato di malattie sono in-fatti oggi disponibili indagini biochimi-che, citogenetiche o molecolari che con-sentono di definirne il difetto genetico e,quindi, di confermare il sospetto clinico.

Il ruolo di tre geniLe ricerche condotte nell'ambito delle

demenze hanno permesso il riconosci-mento di tre geni che, quando presentiin forma mutata, sono responsabili diAD familiare: il gene per la proteina pre-cursore dell'amiloide (APP) e i geni checodificano per presenilina 1 (PSEN1) epresenilina 2 (PSEN2). Mutazioni nei ge-ni che codificano per tau (MAPT) e pro-granulina (PGRN) sono invece responsa-bili per la maggior parte delle forme fami-liari di demenza frontotemporale.

Le demenze familiari dovute a muta-zioni nei geni PSEN1, PSEN2, APP,PGRN e MAPT sono malattie a eredita-rietà autosomica dominante, ovvero il ri-schio di trasmissione della malattia allaprole è del 50% (1 su 2) per ciascun figlio,indipendentemente dal sesso. Nellamaggior parte dei casi le mutazioni sonoad alta penetranza, il che significa cheogni individuo portatore della mutazio-ne ha un'elevata probabilità di sviluppa-re la malattia. I geni identificati non spie-gano la totalità delle forme familiari didemenza: altre cause geniche devono es-sere tuttora rivelate.

Gli studi effettuati negli scorsi anni al-l’Istituto di ricovero e cura a caratterescientifico dei Fatebenefratelli a Bresciahanno contribuito ad identificare alcunetra le cause genetiche delle demenze fa-miliari. Un'indagine sistematica sullecause genetiche delle forme familiari didemenza frontotemporale, di recentepubblicazione,ha dimostrato che altera-zioni genetiche nel gene PGRN sono laprincipale causa di malattia nel territo-rio bresciano (presenti in circa un terzodei pazienti con familiarità); proprio nelnostro territorio è stata identificata unadelle mutazioni più comuni al mondo intale gene.

I casi familiariPer i casi familiari di demenza, è quin-

di possibile analizzare l'eventuale presen-za di alterazioni dell'assetto genetico;l'elevata frequenza di mutazioni inPGRN nel territorio bresciano rende ta-le gene il primo gene candidato per la ri-cerca di alterazioni genetiche nell'analisicondotta all’Irccs. Tali test genetici pos-sono essere effettuati sul paziente affet-to, consentendo una migliore definizio-

ne della diagnosi della malattia (test dia-gnostico) o possono essere effettuati supersone che, pur non presentando i sin-tomi della malattia, comunque sono col-legati ad essa per familiarità (test pre-sintomatico). La presenza di mutazioniin uno dei geni associati alle forme fami-liari di demenza indica che la persona po-trà sviluppare con una certa probabilitàla malattia, anche se con quadri clinicivariabili. I test genetici, per le loro pecu-liarità e le implicazioni che riguardanol'identità biologica della persona e dellafamiglia, richiedono particolari procedu-re sia nell'offerta di un test genetico chenella comunicazione del risultato. Taliprocedure sono generalmente compresenella consulenza genetica che deve esse-re parte integrante dei test genetici.

Consulenza genetica all’IrccsAll’Irccs è in corso da alcuni anni un'at-

tività di studio e ricerca preliminareall'attivazione di un servizio di consulen-za genetica per pazienti affetti da de-menze a carattere ereditario ed i loro fa-miliari. Un primo studio, condotto gra-zie ad un finanziamento del ministerodella Salute, ha rilevato che l'intenzionea sottoporsi ad un test genetico in sog-getti italiani, familiari di pazienti affettida demenza, è molto più elevata rispet-to alla popolazione americana e olande-se: il fatto che gli intervistati italianiesprimano un'intenzione ugualmenteelevata (più del 70%) in ogni scenarioproposto, indipendentemente dall'accu-ratezza del test o dalla disponibilità di

una cura, ha fatto presupporre che i par-tecipanti avessero una scarsa capacitàcritica nel giudicare le possibili implica-zioni dei diversi scenari. Inoltre i familia-ri italiani hanno dimostrato una scarsaconoscenza della malattia ed una bassapercezione del rischio di malattia. In ri-sposta a tale bisogno è stato costituitoun gruppo multidisciplinare di studio elavoro composto da genetisti medici, me-dico neurologo, biologo specializzato,psichiatra, psicologo ed è stato struttu-rato un protocollo di consulenza geneti-ca. L'équipe di consulenza genetica del-l’Irccs incontra periodicamente le fami-glie valutate come a rischio di una de-menza di tipo familiare che faccianoesplicita richiesta di consulenza geneti-ca. La presa in carico delle famiglie conqueste specifiche forme di demenza per-mette la promozione di efficaci pratichedi intervento clinico con una migliorequalità assistenziale.

Il dibattito pubblico non ha ad oggi an-cora completamente risolto le implica-zioni etiche che sorgono dalla prospetti-va di effettuare un test genetico di tipodiagnostico e pre-sintomatico: diversi ri-schi devono essere presi in esame, ivicompresi il possibile impatto psicologi-co, le conseguenze in ambito lavorativoed assicurativo, gli aspetti legali e la com-prensione dei risultati del test. Inoltre,preoccupazioni a carattere etico per-mangono per la partecipazione a proto-colli di ricerca di pazienti con una capaci-tà decisionale compromessa, quali i pa-zienti affetti da demenza di Alzheimer.

SANITÀ Farmaci e vaccini:risparmio per la SanitàFarmaci e vaccini? Un investimentoimportante, uno strumento di ri-sparmio per il Servizio Sanitario Na-zionale. È il pensiero di Sergio Dom-pè, presidente di Farmindustria, chenel suo intervento al convegno «Fi-nanziarie in sanità a confronto» haspiegato perché queste categorie so-stengono il Ssn facendolo risparmia-re: «Evitano i ricoveri, riducono il ri-schio di malattie invalidanti, allonta-nano interventi chirurgici e accorcia-no i tempi di ospedalizzazione», hadetto. «Rispetto agli altri Paesi euro-pei, in Italia la spesa procapite è infe-riore del 30% per i medicinali e del10% per la spesa sanitaria - ha sotto-lineato Dompè - è invece superiore(+15) per le pensioni». Il presidentedi Farmindustria ha dichiarato chela farmaceutica in Italia continua acreare valore («è una spina dorsalebisognosa di certezza»), «ma ci so-no pericoli di sostenibilità», ha av-vertito, «ed è necessario avviare unrisparmio, i margini di razionalizza-zione sono molteplici».

OSPEDALI Addio cartellaclinica per medici americaniPresto gli smartphone potrebberomandare in pensione negli Usa cer-capersone e cartelle cliniche carta-cee. Almeno è quanto vorrebbero iproduttori dei nuovi telefonini intel-ligenti, che negli ultimi tempi sem-brano puntare direttamente alla cin-tura dei medici statunitensi.In prima fila, pronti a varcare la so-glia degli ospedali, ci sono Apple eRim. Il mese scorso, scrive il WallStreet Journal, nella Stanford Hospi-tal & Clinics di Palo Alto (California)è iniziata una sperimentazione diApple ed Epic Systems, un fornitoredi sistemi di informazione sanitari.Oggetto del test è un software checonsente al personale medico di ac-cedere alle cartelle dei pazienti attra-verso l’iPhone.L’ospedale sta cercando il modo disfruttare il «melafonino» per ridurreil rischio di errore, in un momentoin cui la cura del paziente passa sem-pre più spesso nelle mani di diversidottori.

abc dellamedicina

Il peso della genetica nelle demenze seniliL’Irccs Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli partecipa ad un progetto coordinato dal Centro di Bioetica della Cattolica:obiettivo è valutare l’impatto dell’informazione sulla familiarità di malattie quali l’Alzheimer fornita ai parenti stretti del paziente

Il progetto «GenEtica - Profili bioetici e biogiuridi-ci della genetica tra ricerca sperimentale, consulen-za e prospettive terapeutiche», coordinato dal prof.Adriano Pessina del Centro di Bioetica dell’Universi-tà Cattolica di Milano, al quale partecipa l’Irccs inqualità di unità operativa. Reposnsabile di Neuro-BioGenLab - Centro per la memoria dell’Irccs è ildott. Giuliano Binetti, mentre coordinatrice del pro-getto di consulenza genetica, sempre dell’Irccs Cen-tro San Giovanni di Dio, è la dott. Luisa Benussi.

«Lo scopo della ricerca, finanziata dal Ministerodell’università e della Ricerca - spiega Binetti - èquello di rinnovare la riflessione bioetica nell’ambitodella genetica, tenendo conto della nuova rilevanzasociale che essa assume nell’incontro con la dimen-sione diagnostica e terapeutica della medicina. La

competenza etica e bioetica del Centro di Bioetica siconiuga con l’attività scientifica dell’Irccs e di altriprestigiosi centri Nazionali correlandola alle proble-matiche dei pazienti e delle loro famiglie, nell’ambi-to della consulenza genetica, e alla legislazione nazio-nale ed internazionale».

Il punto di partenza della ricerca sarà lo studio deiproblemi etici propri della ricerca genetica connes-sa con la medicina, con particolare riferimento al te-ma dell’informazione all’interno della consulenza ge-netica. Si valuterà, in primo luogo, la qualità e l’effi-cacia dell’«informazione» nella consulenza genetica,tenendo anche conto della capacità di comprensio-ne dei soggetti coinvolti; sarà quindi valutato l’impat-to psicosociale del test genetico in famiglie con de-menza ereditaria.

Talvolta quando un paziente anziano va incontroad una frattura il processo di guarigione non ottienei risultati sperati. Per questo motivo, da molti anni,si vanno sperimentando, ed applicando, varie solu-zioni di presa in carico e di continuità assistenzialicon la finalità di: dare più assistenza al paziente an-ziano ultrasettantenne frequentemente affetto dapatologie internistiche, razionalizzare la durata del-le degenze ospedaliere e ridurre la degenza in repar-ti per acuti, favorire la ripresa precoce dell'autono-mia e delle attività quotidiane, ridurre le complican-ze locali e generali, identificare soluzioni assistenzia-li appropriate post-dimissione, migliorare la qualitàcomplessiva della cura.

A tal fine è stato ideato il modello dell'"ortogeria-tria" che si fonda sull'integrazione tra ortopedia e ge-riatria. Tale modello si applica ai pazienti anzianicon frattura di femore o con altre fratture (bacino,vertebre, piede, arti superiori). Il processo di cura ini-zia al momento dell'ammissione in ospedale. Infattiil paziente deve sostare il minor tempo possibile siain pronto soccorso sia in radiologia. Il paziente e co-loro che si occupano di cui devono essere consultatial fine di raccogliere informazioni cliniche utili e farein modo che il piano terapeutico venga condiviso eaccettato. Lo stato funzionale, lo stato cognitivo e ladisponibilità di una rete sociale devono essere defini-ti e documentati con accuratezza all'ingresso in ospe-

dale poiché condizionano il processo di cura (dimis-sione programmata inclusa) e sono predittori di suc-cesso clinico a lungo termine. Il geriatra ha un ruolochiave nella valutazione e nella gestione delle comor-bilità mediche.

L'intervento chirurgico, se indicato, viene effettua-to entro 24 ore (pochi pazienti hanno una controindi-cazione) con la procedura ritenuta più idonea a ri-portarlo all'indipendenza funzionale. L'immobilità el'allettamento devono essere limitati. I processi dinursing, come pure il piano terapeutico complessi-vo, devono essere orientati all'autosufficienza ed es-sere parte strutturale della cura ortogeriatrica. I pa-zienti con frattura di femore iniziano la mobilizzazio-ne entro 48 ore dall'intervento chirurgico (un'eccezio-ne riguarda i pazienti con frattura trocanterica insta-bile che richiedono un periodo di limitazione al cari-co). Per alcuni pazienti il traumatismo è la conse-guenza di condizioni di salute gravemente disabili-tanti; le cure quindi devono dare priorità agli aspettipalliativi e di confort. In questo gruppo sono esclusiquasi tutti i pazienti che provengono da una RSA.

Renzo Rozzini

■ Le persone affette da celiachia potrebbe-ro essere più esposte a sviluppare l’osteopo-rosi perché il loro sistema immunitario attac-ca il tessuto osseo.

Era già noto agli scienziati che la celiachiacomportasse un aumentato rischio di osteo-porosi, ma finora si pensava che la causa fos-se un’incapacità di assorbire il calcio o la vita-

mina D. Il nuovo studio, pubblicato dal NewEngland Journal of Medicine, suggerisce in-vece che i pazienti affetti da celiachia produ-cono degli anticorpi che attaccano una prote-ina fondamentale per mantenere intatta lasalute delle ossa. Una situazione a cui si puòovviare con i farmaci che prevengono la per-dita di tessuto osseo, aggiungono i ricercato-

ri. Secondo l’équipe, della University of Edin-burgh, è questa proteina, chiamata osteopro-tegerina, la spiegazione del collegamento traceliachia e osteoporosi. Nel 20% dei pazienticeliaci esaminati, venivano prodotti anticor-pi che bloccavano il corretto funzionamentodell’osteoprotegerina, fondamentale permantenere le ossa forti. Il prof. Stuart

Ralston dell’Institute of Genetics and Mole-cular Medicine: «È un avanzamento moltoimportante: non solo abbiamo scoperto unnuovo motivo che spiega perché chi è affettoda celiachia si ammala più facilmente diosteoporosi, ma anche che si può ottenereun’ottima risposta ai farmaci che prevengo-no la perdita di tessuto osseo».

Pagina a cura diAnna Della Moretta

La sede dell’Istituto di ricovero e curaa carattere scientifico «Centro San Giovanni di Dio»

Nuovo modello di cura per gli anziani con il femore rotto

Riabilitazione rapida in chi viene operato per frattura di femore

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Giornale di Brescia Lunedì 12 Ottobre 2009 11

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