SANITÀ Telefono e telemedicina: cambia il lavoro del ... · continuerò a fare con passione il mio...

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GENTE VENETA n. 22, 19 giugno 2020 9 9 SANITÀ - Una professione cambiata in modo radicale e molto veloce a causa dell’emergenza. Non tutti apprezzano, ma il medico spiega ragioni e vantaggi della modalità odierna (e futura) di curare Telefono e telemedicina: cambia il lavoro del medico di base Cristina Zennaro, vicesegretario provinciale della categoria: «In due mesi e mezzo ho fatto almeno due giri di telefonate ai miei pazienti oltre i 70 anni, specie a quelli più fragili. Molti erano abituati a venire da noi senza appuntamento, anche solo per essere rassicurati. Con la pandemia è tutto diverso» emergenza Covid 19 ha messo le ba- si per il lavoro del medico di medicina generale del futuro, accelerando le tempistiche e le modalità di implementazione della tele- medicina». Lo afferma con sicurezza la dottoressa Cristina Zennaro, vicesegretario provinciale della Federazione Italiana Medici Medicina Generale di Venezia, lei stessa da oltre trent’anni medico di famiglia in tre studi nel comune di Chioggia. «Le modalità di la- voro che abbiamo adottato in questi ultimi tre mesi hanno segnato la strada in questa di- rezione e credo che molte del- le abitudini che abbiamo ac- quisito rimarranno anche do- po la fine dell’emergenza. Penso ad esempio ai nuovi modi di comunicare coi pa- zienti anche non in presenza, come la videochiamata, o all’utilizzo da parte dei pa- zienti cronici dello sfigmoma- nometro per la pressione ar- teriosa e del saturimetro per la misurazione dell’ossigena- zione del sangue. E non ulti- mo il concetto di non recarsi in ospedale se non quando strettamente necessario, cosa che potrà essere resa possibi- le grazie alle nuove dotazioni tecniche in fase di valutazione da parte della Regione come ecografo, elettrocardiografo, spirometro, con le quali po- tremo effettuare accertamenti di primo livello direttamente in ambulatorio». Due giri di telefonate ai pa- zienti over 70 e fragili. La sua esperienza di questi ultimi tre mesi è simile a quella di mol- ti altri colleghi che, come lei, hanno lottato in prima linea contro una malattia pratica- mente sconosciuta, con un o- biettivo: quello di non far mai mancare ai pazienti il soste- gno del medico di famiglia, anche quando la presenza fi- sica non era possibile. «Al di là della nostra professionalità e delle nostre specifiche com- petenze, abbiamo assicurato la vicinanza e la presenza ai nostri pazienti, e questo senza l’ambulatorio. In due mesi e mezzo ho fatto io personal- mente almeno due giri di te- lefonate ai miei pazienti oltre i 70 anni, specialmente a quel- li più fragili. Molti di questi e- rano abituati a venire da noi senza appuntamento, anche solo per essere rassicurati, o per fare due chiacchiere in sa- la di aspetto. Dall’inizio della pandemia, invece, ho dovuto ricevere unicamente per ap- puntamento ed ero io di per- sona a fissarli: facevo telefo- nicamente la scrematura, un triage, per capire i sintomi, se c’era presenza di febbre, se il paziente aveva avuto contatti con persone a rischio. Il no- stro impegno telefonico è sta- to ed è tuttora importante, an- che e soprattutto sotto forma di consulti al telefono – spes- so, quando possibile, anche con videochiamate – che sono aumentati in modo esponen- ziale con il proseguire dell’e- mergenza. Di contro gli ac- cessi all’ambulatorio, per for- za di cose, si sono dimezzati, essendo riservati solo ai casi urgenti». «Abbiamo lavorato dodici o- re la giorno». Nelle prime set- timane anche l’assistenza do- miciliare agli anziani era di- ventato un problema: «Sì, per- ché temevamo di essere por- tatori del virus. Non dimenti- « L chiamo infatti che, fino ai pri- mi di aprile, non disponeva- mo di dispositivi di protezio- ne individuale, perché intro- vabili. Siamo riusciti a procu- rarci qualche dispositivo au- tonomamente, spesso grazie a contatti o parenti all’estero. Poi, fortunatamente, l'Ulss 3 Serenissima ha iniziato a do- tarci di camici monouso, schermi protettivi, guanti, mascherine. La riduzione so- stanziale degli accessi in stu- dio è stata possibile anche grazie alla dematerializzazio- ne delle ricette, un processo già messo in atto da tempo dalla Regione Veneto. Insom- ma, abbiamo fatto un lavoro certosino con una disponibi- lità da parte nostra che anda- va ben al di là degli orari am- bulatoriali, posso dire di 12 o- re al giorno, compresi i sabati e le domeniche. I pazienti pre- ferivano il consulto telefoni- co, il consiglio e la rassicura- zione del proprio medico». Il futuro è nell’aggregazio- ne tra medici». L’aggregazio- ne tra medici, come le medi- cine integrate, è stata una car- ta vincente anche e special- mente in questa situazione critica: «La mia fortuna è sta- ta essere parte di uno studio di medicina di gruppo inte- grata. Non faccio fatica ad ammetterlo: la mia certezza è che il futuro, ed anche il pre- sente, non sia nel lavorare da soli, bensì nell’aggregazione. Superati i primi giorni più complicati, abbiamo sempre lavorato in completa sinergia con colleghi, territorio e ospe- dali. Ogni giorno l’unità di crisi dell’azienda sanitaria si riuniva in video conferenza: gli attori appartenevano sia al territorio sia alla parte ospe- daliera e si decideva come o- perare, in un continuo inter- facciarsi che è stato fonda- mentale per superare la pan- demia. Durante questo perio- do tra noi medici di famiglia ci siamo ritrovati molte volte in assemblee online, che ci trasmettevano molta sicurez- za. Avevamo la sensazione di non essere soli ad affrontare questa pandemia. Inoltre, ci tengo a dirlo, in questa situa- zione di emergenza non mi è mai stato negato un colloquio telefonico con un collega di un reparto ospedaliero Covid o con una infermiera specia- lizzata». Tirando le somme, «è stata una prova - conclude Cristina Zennaro - del buon funziona- mento della medicina di fa- miglia e della medicina del territorio, che ha fatto la diffe- renza sostanziale tra la ge- stione dell’emergenza in Ve- neto rispetto ad altre regioni. Il Veneto sta investendo da anni sulla medicina territoria- le, una manovra, questa, che si è rivelata vincente. Ma que- sti investimenti non si devono fermare, anzi devono essere incrementati». Valentina Pinton La pandemia ha cambiato in pochissimo tempo e radicalmente il lavoro del medico di base Dall’elettrocardiografo all’ecografo: i nuovi strumenti del medico di base Ora che l’emergenza è in parte rientrata, è possibile guardare nuovamente al futuro, pensan- do a come sarà la figura del nuovo medico di medicina ge- nerale. «Durante l’ultimo con- vegno della Fimmg - afferma Cristina Zennaro - ci hanno presentato quella che potrebbe essere la nuova dotazione del medico di famiglia, composta da elettrocardiografo, spiro- metro, dermatoscopio, eco- grafo, tutti strumenti che ci permetterebbero – come già avviene in altri paesi europei, penso alla Germania, ad esem- pio – di effettuare gli esami di primo livello evitando ai pa- zienti gli accessi in ospedale. È una evoluzione che ritengo non solo fattibile, ma anche ne- cessaria e penso che, con il ri- cambio generazionale, darà u- na spinta innovativa alla no- stra organizzazione. La tele- medicina può davvero inte- grare al meglio il lavoro del medico, tanto che io stessa mi auguro, in questi ultimi dieci anni di lavoro che mi separano dalla pensione, di poter arriva- re a offrire ai miei pazienti la possibilità di effettuare esami di primo livello direttamente nei nostri studi, dotati di eco- grafo, spirometro ed elettro- cardiografo. In alcune medici- ne integrate della regione Ve- neto avviene già così. Questi strumenti trasmetteranno poi i dati rilevati a uno specialista, il quale a sua volta ci invierà una risposta quasi immediata. Una forma di telemedicina funzio- na già, ad esempio, per i repar- ti di cardiologia, che effettua- no i controlli dei pacemaker in remoto. Con questo non voglio dire che le visite in remoto pos- sano sostituire totalmente quelle in presenza. Il paziente ci tiene a vederci di persona». Conclude la dr.ssa Zennaro: «Per quanto mi riguarda, io continuerò a fare con passione il mio lavoro, che non si limita, come qualcuno pensa, alle ore di ambulatorio. Quelle sono solo la punta dell’iceberg, una volta terminate inizia il vero la- voro: le visite a domicilio, le riunioni, il coordinamento, le telefonate coi colleghi. Perso- nalmente continuerò a farmi guidare dalla passione e dall’e- tica per fare il ‘medico di fami- glia’ nel vero senso del termi- ne. Basti pensare che durante la pandemia ricevevo molte te- lefonate di pazienti che vole- vano sapere come stavo ed e- rano sinceramente preoccupa- ti per me». (V.P.) L’EVOLUZIONE - Il primario di Malattie Infettive e Tropicali dell’Azienda Ospedaliera di Padova L’infettivologa Cattelan: «Il Covid è oggi meno cattivo In autunno piccoli focolai con cui dovremo convivere» Da più di un mese chi è infetto e viene ricoverato in ospedale ha solo sintomi influenzali uesto virus ades- so ci mostra esse- re meno cattivo. Si è trasformato? La sua carica infettante si è ridotta? È una possibilità, non ne abbiamo certezza. Alcuni ricercatori hanno visto che il Covid-19 non è più molto attivo nel mo- dificare le cellule che infetta. Si- curamente qualcosa è cambia- to: nei nostri reparti non abbia- mo più casi importanti e impe- gnativi che vanno in rianima- zione. Al momento vediamo solo forme influenzali o ga- stroenteriche». A dare questa informazione piuttosto rassicurante è Anna Maria Cattelan, direttore dell’Unità operativa complessa Malattie Infettive e Tropicali dell’Azienda Ospedaliera di Padova. Intervenuta oggi al quotidia- no briefing sull'emergenza Co- ronavirus nella sede della Pro- tezione civile regionale, la dot- toressa Cattelan esplicita le no- vità positive che osserva scien- tificamente: «Da quasi un me- se non vediamo più Covid “veri”, ci sono “solo” positi- vità. E i virus, se messi in col- « Q tura, non crescono». Tutto ri- solto? No. Ma rispetto a feb- braio, quando tutti gli speciali- sti erano impreparati e sorpre- si dall'arrivo di questo virus, la situazione è cambiata: non so- lo nel virus stesso, ma soprat- tutto nella capacità ed efficacia delle misure che si prendono. E per il futuro? La temibile recrudescenza dell'epidemia ci sarà davvero, nel prossimo au- tunno? «Un'epidemia dram- matica come quella che abbia- mo visto penso e auspico che non l'avremo, ma piccoli foco- lai dobbiamo abituarci ad a- verli e a conviverci». Soprattutto si assisterà a una cosa, sottolinea il primario: «In autunno ci saranno tanti altri virus respiratori che inizieran- no a circolare, per cui avremo un impatto forte sul sistema sa- nitario, con pazienti che, al mi- nimo segno di tosse e febbre, si rivolgeranno al medico o al pronto soccorso temendo di es- sere Covid positivi. Bisognerà organizzarsi per non intasare le strutture. Ma adesso il virus lo conosciamo meglio e sap- piamo difenderci: se usiamo mascherine e distanziamento, senza che questo diventi un'os- sessione, avremo fatto ciò che ci aiuta di più. Ognuno di noi sa già quello che deve fare: questa è la chiave di volta per contenere l'infezione anche in autunno». (G.M.) Anna Maria Cattelan «Qualcosa è cambiato: nei nostri reparti non abbiamo più casi importanti e impegnativi che vanno in rianimazione» «La mia fortuna è stata essere parte di uno studio di medicina di gruppo integrata. Il futuro è nell’aggregazione» Emergenza Coronavirus. Emergenza Coronavirus.

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GENTE VENETA n. 22, 19 giugno 2020 99SANITÀ - Una professione cambiata in modo radicale e molto veloce a causa dell’emergenza. Non tutti apprezzano, ma il medico spiega ragioni e vantaggi della modalità odierna (e futura) di curare

Telefono e telemedicina: cambia il lavoro del medico di baseCristina Zennaro, vicesegretario provinciale della categoria: «In due mesi e mezzo ho fatto almeno due giri di telefonate ai miei pazienti oltre i 70 anni, specie a quelli più fragili. Molti erano abituati a venire da noi senza appuntamento, anche solo per essere rassicurati. Con la pandemia è tutto diverso»

emergenza Covid19 ha messo le ba-si per il lavoro del

medico di medicina generaledel futuro, accelerando letempistiche e le modalità diimplementazione della tele-medicina».

Lo afferma con sicurezza ladottoressa Cristina Zennaro,vicesegretario provincialedella Federazione ItalianaMedici Medicina Generale diVenezia, lei stessa da oltretrent’anni medico di famigliain tre studi nel comune diChioggia. «Le modalità di la-voro che abbiamo adottato inquesti ultimi tre mesi hannosegnato la strada in questa di-rezione e credo che molte del-le abitudini che abbiamo ac-quisito rimarranno anche do-po la fine dell’emergenza.Penso ad esempio ai nuovimodi di comunicare coi pa-zienti anche non in presenza,come la videochiamata, oall’utilizzo da parte dei pa-zienti cronici dello sfigmoma-nometro per la pressione ar-teriosa e del saturimetro perla misurazione dell’ossigena-zione del sangue. E non ulti-mo il concetto di non recarsiin ospedale se non quandostrettamente necessario, cosache potrà essere resa possibi-le grazie alle nuove dotazionitecniche in fase di valutazioneda parte della Regione comeecografo, elettrocardiografo,spirometro, con le quali po-tremo effettuare accertamentidi primo livello direttamentein ambulatorio».

Due giri di telefonate ai pa-zienti over 70 e fragili. La suaesperienza di questi ultimi tremesi è simile a quella di mol-ti altri colleghi che, come lei,hanno lottato in prima lineacontro una malattia pratica-mente sconosciuta, con un o-biettivo: quello di non far maimancare ai pazienti il soste-gno del medico di famiglia,anche quando la presenza fi-sica non era possibile. «Al dilà della nostra professionalitàe delle nostre specifiche com-petenze, abbiamo assicuratola vicinanza e la presenza ainostri pazienti, e questo senzal’ambulatorio. In due mesi emezzo ho fatto io personal-mente almeno due giri di te-lefonate ai miei pazienti oltrei 70 anni, specialmente a quel-li più fragili. Molti di questi e-rano abituati a venire da noisenza appuntamento, anchesolo per essere rassicurati, oper fare due chiacchiere in sa-la di aspetto. Dall’inizio dellapandemia, invece, ho dovutoricevere unicamente per ap-puntamento ed ero io di per-sona a fissarli: facevo telefo-nicamente la scrematura, untriage, per capire i sintomi, sec’era presenza di febbre, se ilpaziente aveva avuto contatticon persone a rischio. Il no-stro impegno telefonico è sta-to ed è tuttora importante, an-che e soprattutto sotto formadi consulti al telefono – spes-so, quando possibile, anchecon videochiamate – che sonoaumentati in modo esponen-ziale con il proseguire dell’e-mergenza. Di contro gli ac-cessi all’ambulatorio, per for-za di cose, si sono dimezzati,essendo riservati solo ai casiurgenti».

«Abbiamo lavorato dodici o-re la giorno». Nelle prime set-timane anche l’assistenza do-miciliare agli anziani era di-ventato un problema: «Sì, per-ché temevamo di essere por-tatori del virus. Non dimenti-

«L’

chiamo infatti che, fino ai pri-mi di aprile, non disponeva-mo di dispositivi di protezio-ne individuale, perché intro-

vabili. Siamo riusciti a procu-rarci qualche dispositivo au-tonomamente, spesso graziea contatti o parenti all’estero.Poi, fortunatamente, l'Ulss 3Serenissima ha iniziato a do-tarci di camici monouso,schermi protettivi, guanti,mascherine. La riduzione so-stanziale degli accessi in stu-dio è stata possibile anchegrazie alla dematerializzazio-ne delle ricette, un processogià messo in atto da tempodalla Regione Veneto. Insom-ma, abbiamo fatto un lavorocertosino con una disponibi-lità da parte nostra che anda-va ben al di là degli orari am-bulatoriali, posso dire di 12 o-re al giorno, compresi i sabati

e le domeniche. I pazienti pre-ferivano il consulto telefoni-co, il consiglio e la rassicura-zione del proprio medico».

Il futuro è nell’aggregazio-ne tra medici». L’aggregazio-ne tra medici, come le medi-cine integrate, è stata una car-ta vincente anche e special-mente in questa situazionecritica: «La mia fortuna è sta-ta essere parte di uno studiodi medicina di gruppo inte-grata. Non faccio fatica adammetterlo: la mia certezza èche il futuro, ed anche il pre-sente, non sia nel lavorare dasoli, bensì nell’aggregazione.Superati i primi giorni piùcomplicati, abbiamo semprelavorato in completa sinergia

con colleghi, territorio e ospe-dali. Ogni giorno l’unità dicrisi dell’azienda sanitaria siriuniva in video conferenza:gli attori appartenevano sia alterritorio sia alla parte ospe-daliera e si decideva come o-perare, in un continuo inter-facciarsi che è stato fonda-mentale per superare la pan-demia. Durante questo perio-do tra noi medici di famigliaci siamo ritrovati molte voltein assemblee online, che citrasmettevano molta sicurez-za. Avevamo la sensazione dinon essere soli ad affrontarequesta pandemia. Inoltre, citengo a dirlo, in questa situa-zione di emergenza non mi èmai stato negato un colloquio

telefonico con un collega diun reparto ospedaliero Covido con una infermiera specia-lizzata».

Tirando le somme, «è statauna prova - conclude CristinaZennaro - del buon funziona-mento della medicina di fa-miglia e della medicina delterritorio, che ha fatto la diffe-renza sostanziale tra la ge-stione dell’emergenza in Ve-neto rispetto ad altre regioni.Il Veneto sta investendo daanni sulla medicina territoria-le, una manovra, questa, chesi è rivelata vincente. Ma que-sti investimenti non si devonofermare, anzi devono essereincrementati».

Valentina Pinton

La pandemia ha cambiato in pochissimo tempoe radicalmente il lavoro del medico di base

Dall’elettrocardiografo all’ecografo:i nuovi strumenti del medico di base

Ora che l’emergenza è in parterientrata, è possibile guardarenuovamente al futuro, pensan-do a come sarà la figura delnuovo medico di medicina ge-nerale. «Durante l’ultimo con-vegno della Fimmg - affermaCristina Zennaro - ci hannopresentato quella che potrebbeessere la nuova dotazione delmedico di famiglia, compostada elettrocardiografo, spiro-metro, dermatoscopio, eco-grafo, tutti strumenti che cipermetterebbero – come giàavviene in altri paesi europei,penso alla Germania, ad esem-pio – di effettuare gli esami diprimo livello evitando ai pa-zienti gli accessi in ospedale. Èuna evoluzione che ritengonon solo fattibile, ma anche ne-cessaria e penso che, con il ri-cambio generazionale, darà u-na spinta innovativa alla no-stra organizzazione. La tele-medicina può davvero inte-grare al meglio il lavoro delmedico, tanto che io stessa miauguro, in questi ultimi diecianni di lavoro che mi separanodalla pensione, di poter arriva-re a offrire ai miei pazienti lapossibilità di effettuare esamidi primo livello direttamentenei nostri studi, dotati di eco-grafo, spirometro ed elettro-

cardiografo. In alcune medici-ne integrate della regione Ve-neto avviene già così. Questistrumenti trasmetteranno poi idati rilevati a uno specialista, ilquale a sua volta ci invierà unarisposta quasi immediata. Unaforma di telemedicina funzio-na già, ad esempio, per i repar-ti di cardiologia, che effettua-no i controlli dei pacemaker inremoto. Con questo non vogliodire che le visite in remoto pos-sano sostituire totalmentequelle in presenza. Il pazienteci tiene a vederci di persona».

Conclude la dr.ssa Zennaro:«Per quanto mi riguarda, iocontinuerò a fare con passioneil mio lavoro, che non si limita,come qualcuno pensa, alle oredi ambulatorio. Quelle sonosolo la punta dell’iceberg, unavolta terminate inizia il vero la-voro: le visite a domicilio, leriunioni, il coordinamento, letelefonate coi colleghi. Perso-nalmente continuerò a farmiguidare dalla passione e dall’e-tica per fare il ‘medico di fami-glia’ nel vero senso del termi-ne. Basti pensare che durantela pandemia ricevevo molte te-lefonate di pazienti che vole-vano sapere come stavo ed e-rano sinceramente preoccupa-ti per me». (V.P.)

L’EVOLUZIONE - Il primario di Malattie Infettive e Tropicali dell’Azienda Ospedaliera di Padova

L’infettivologa Cattelan: «Il Covid è oggi meno cattivoIn autunno piccoli focolai con cui dovremo convivere»

Da più di un mese chi è infetto e viene ricoverato in ospedale ha solo sintomi influenzali

uesto virus ades-so ci mostra esse-re meno cattivo.

Si è trasformato? La sua caricainfettante si è ridotta? È unapossibilità, non ne abbiamocertezza. Alcuni ricercatorihanno visto che il Covid-19non è più molto attivo nel mo-dificare le cellule che infetta. Si-curamente qualcosa è cambia-to: nei nostri reparti non abbia-mo più casi importanti e impe-gnativi che vanno in rianima-zione. Al momento vediamosolo forme influenzali o ga-stroenteriche».

A dare questa informazionepiuttosto rassicurante è AnnaMaria Cattelan, direttoredell’Unità operativa complessaMalattie Infettive e Tropicalidell’Azienda Ospedaliera diPadova.

Intervenuta oggi al quotidia-no briefing sull'emergenza Co-ronavirus nella sede della Pro-tezione civile regionale, la dot-toressa Cattelan esplicita le no-vità positive che osserva scien-tificamente: «Da quasi un me-se non vediamo più Covid“veri”, ci sono “solo” positi-vità. E i virus, se messi in col-

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tura, non crescono». Tutto ri-solto? No. Ma rispetto a feb-braio, quando tutti gli speciali-sti erano impreparati e sorpre-si dall'arrivo di questo virus, lasituazione è cambiata: non so-lo nel virus stesso, ma soprat-

tutto nella capacità ed efficaciadelle misure che si prendono.

E per il futuro? La temibilerecrudescenza dell'epidemia cisarà davvero, nel prossimo au-tunno? «Un'epidemia dram-matica come quella che abbia-mo visto penso e auspico chenon l'avremo, ma piccoli foco-lai dobbiamo abituarci ad a-verli e a conviverci».

Soprattutto si assisterà a unacosa, sottolinea il primario: «Inautunno ci saranno tanti altrivirus respiratori che inizieran-no a circolare, per cui avremoun impatto forte sul sistema sa-nitario, con pazienti che, al mi-nimo segno di tosse e febbre, sirivolgeranno al medico o alpronto soccorso temendo di es-sere Covid positivi. Bisogneràorganizzarsi per non intasarele strutture. Ma adesso il viruslo conosciamo meglio e sap-piamo difenderci: se usiamomascherine e distanziamento,senza che questo diventi un'os-sessione, avremo fatto ciò checi aiuta di più. Ognuno di noisa già quello che deve fare:questa è la chiave di volta percontenere l'infezione anche inautunno». (G.M.)

AnnaMariaCattelan

«Qualcosa è cambiato:nei nostri reparti

non abbiamo più casiimportanti e

impegnativi che vannoin rianimazione»

«La mia fortuna è stataessere parte di unostudio di medicina

di gruppo integrata. Il futuro è

nell’aggregazione»

Emergenza Coronavirus.Emergenza Coronavirus.