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PRIMAVERA 2016 ANNO XXIII — N. 98 — Quaderno n. 8 COMUNICAZIONE, CULTURA E ATTUALITÀ NELLA CITTÀ METROPOLITANA DI VENEZIA Copia omaggio [email protected] CASE DI PREGIO LA TRADIZIONE CON INNOVAZIONE San Marco 2757 – 30124 Venezia [email protected] CASE DI PREGIO LA TRADIZIONE CON INNOVAZIONE San Marco 2757 – 30124 Venezia V V V e e e n n n e e e z z z i i i a a a : : : p p p i i i c c c c c c o o o l l l i i i p p p a a a s s s s s s i i i

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PRIMAVERA 2016ANNO XXIII — N. 98 — Quaderno n. 8

COMUNICAZIONE, CULTURA E ATTUALITÀ NELLA CITTÀ METROPOLITANA DI VENEZIA

Copia omaggio

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CASE DI PREGIOLA TRADIZIONE CON INNOVAZIONE

San Marco 2757 – 30124 Venezia

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CASE DI PREGIOLA TRADIZIONE CON INNOVAZIONE

San Marco 2757 – 30124 Venezia

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CITTÀ2 NEXUS – N. 98 — Quaderno n. 8 PRIMAVERA 2016

VENEZIA: CITTÀ METROPOLITANA O MUSEO DIFFUSO?Tiziana Agostini

Venezia è diventata CittàMetropolitana, il Sindacodi Venezia sindaco metro-

politano, ma a parte gli addetti ailavori – amministratori locali, po-litici del territorio, giornalisti e al-cuni intellettuali – pochi hannogioito e i più hanno continuatoad affannarsi nel rincorrere i loroquotidiani problemi.Nel frattempo sta arrivando labella stagione e inesorabili piùdelle rondini giungono le ordedei turisti inseguendo quel sognolungamente coltivato che si chia-ma Venezia. Una parte di loro ar-riverà ancora una volta a bordodi un grande transatlantico chenon avrà sfidato le onde tempe-stose di un oceano, ma le sabbio-se acque lagunari rese insidiosedall’eccessiva quantità di edificiche continuano a rimanere a ri-dosso dei canali e del Bacino diSan Marco, simili a quei fastidio-si scogli che già hanno intralciatol’inchino dell’ineffabile coman-dante Schettino.Gli unici a prepararsi a questa in-vasione di civiltà sono i nego-zianti che desiderano occupare lafascia commerciale alta: infattiacquistano locali dove prima sivendevano i plebei generi ali-mentari o l’elitario artigianato ditradizione, per trasformarli inimprescindibili market di souve-nir dove è possibile acquistare

una mascherina per l’esorbitantecifra di 60 centesimi (ci vuole ap-plicazione per arrivare a certipicchi!) Sull’opposto versante, per ag-giungere Venice all’elenco deipropri showroom, anche l’iper-chic gioielliere Tiffany è sbarcatonella Via Condotti veneziana del-lo shopping, Calle Vallaresso, eal Fondaco dei Tedeschi a brevenon si pagheranno più i noiosiconti correnti, ma sarà possibileveder precipitare di molto l’im-porto del proprio conto bancario,facendosi ammaliare da uno deinuovi negozi del lusso che occu-peranno il ristrutturato caravan-serraglio a Rialto.Mezzanini, scantinati, sottoscala,altane, mai censiti e mai tassati,contribuiranno ad espandere glispazi dell’ospitalità del CentroStorico. Gli occhi del mondo internazio-nale della cultura per fortuna siorienteranno ancora una voltasulla città lagunare in occasionedel cinquecentesimo anniversa-rio della costituzione del Ghetto,cui da tempo si sta adoperandola Comunità ebraica veneziana. E se delle ragioni della grandez-za della Serenissima, chiaroscuricompresi, assai pochi delle deci-ne di milioni di turisti avrannocontezza, così che brancolerannoper lo più storditi dalla bellezza

che promana ad ogni calle e adogni ponte, da troppo tempoormai l’effettiva consapevolezzadella specialità veneziana si èdissolta nel Parlamento e nei Pa-lazzi del potere.Prendiamo un esempio simboli-co: le monete dell’euro. Mentre lebanconote hanno immaginiuguali per l’intera Europa, i di-versi Paesi hanno potuto utilizza-re una delle due facce per rappre-sentarvisi, senza alcun vincolo te-matico. L’Italia ha realizzato unabuona sintesi artistico culturale,che mette insieme il leonardescouomo di Vitruvio, simbolo dellaciviltà dell’Umanesimo che i cri-minali di Daesh pensano ora didistruggere, Botticelli – due tosca-ni dunque – Castel del Monte diFederico II, simbolo del primatodel Mezzogiorno d’Italia e dellaciviltà multiculturale dell’imperosvevo, la Mole Antonelliana, ov-vero Torino, il Colosseo, cioèRoma come civiltà e come capita-le, e l’inarrivabile padre della lin-gua e maestro di coerenza Dante.Dei mille e cento anni della Sere-nissima non c’è traccia in alcunaeffigie. Farne una tragedia? Certoche no, ma evidentemente l’im-maginario collettivo nazionalecontinua a ritenere Venezia comePetrarca: un mundus alter.Ma Venezia, prima che patrimo-nio dell’umanità, è territorio ita-

liano di cui l’Italia ha responsa-bilità. Ci ha pensato? Sì, immagi-nando di risolvere tutti i proble-mi della sua sopravvivenza rea-lizzando le dighe mobili, che fi-nora hanno drenato solo un fiu-me di denaro servito ad alimen-tare tangenti, lasciando dubbiosisul loro effettivo funzionamento.E mentre a Roma si discute, madi altro, in Laguna potentati vec-chi e nuovi sono tutti presi da fu-ture possibili realizzazioni, maidiscusse con i cittadini, perché ilpunto di vista personale ha sosti-tuito l’interesse della comunità,vedi scavo di nuovi canali, rea-lizzazione di piattaforme logisti-che, nuove piste aeroportuali aTessera. Ci si aspetterebbe alme-no un rinnovato vigore dal go-verno cittadino che si è insediato,con la promessa di rilanciare lacittà ponendo fine a esodo e de-grado. I suoi primissimi atti sonostati ulteriori autorizzazioni pertrasformare edifici residenziali instrutture ricettive. L’ambientenon è più all’ordine del giorno,anzi va smantellato tutto ciò chelo protegge e consente l’equili-brio tra esigenze produttive e sal-vaguardia, a cominciare dal Par-co della Laguna.Venezia intanto continua a spo-polarsi, ma non sono nell’agendadel governo locale un controllodei flussi e una progettazione di

connessioni di rango metropoli-tano, che consentano a tutto ilterritorio che oggi è la Città Me-tropolitana di Venezia di inte-grarsi, redendo meno drammati-co l’esodo dal Centro Storico.Così dopo la faticosa realizzazio-ne della prima linea del tram, gliassessori di turno anziché impe-gnarsi per farlo funzionare almeglio, estendendo la rete diquello che rimane uno dei servizipiù accessibili, meno inquinanti epiù veloci della contemporaneità,non sanno pensar altro che per-seguire una perniciosa e persona-le volontà di smantellamento.Ecco, se c’è una opportunità chela Città Metropolitana può offri-re è proprio questa: rilanciareVenezia e il suo territorio attra-verso l’integrazione e il poten-ziamento dei servizi in un’areavasta, di cui la città storica è sim-bolo e motore. Ma se si pensa alpotere come mera affermazionedella propria esistenza, alloral’importante è mettere la propriabandierina della discontinuità enon chiedersi che cosa serve allacittà e che cosa per essa si devefare. Perché l’opportunità dellosviluppo metropolitano rimanel’ultima occasione per impedireche Venezia diventi un museodiffuso, che apre al mattino echiude la sera, come già accadeoggi in molte sue parti.

Sono trascorsi già 5 anni dal-l’emanazione della Legge dettadel “Federalismo Demaniale”

(D.Lgs. 85/2010) che consente aglienti territoriali di ottenere gratuita-mente beni immobili appartenenti alpatrimonio statale dichiarati cedibili.Tra essi, una particolare categoria èquella dei beni vincolati, appartenen-ti al demanio artistico, per i quali laprocedura (art. 5 c. 5) prevede un iterdi trasferimento basato su specifici“Programmi di Valorizzazione”, ap-provati dal Ministero dei Beni e delleAttività Culturali e del Turismo(MiBACT), con i quali viene garanti-ta sia la tutela del bene, sia la gestio-ne economicamente sostenibile delprogetto di recupero. Si tratta di im-mobili di più o meno rilevante valorestorico e monumentale; in taluni casiil loro pregio è accresciuto dall’esseresituati in pregevoli contesti ambien-tali e naturalistici. Per una trascura-tezza, da un lato criticabile dall’altrooggi divenuta provvidenziale, dovutaal fatto di essere stati considerati “pe-riferici”, dunque “poco appetibili”,attualmente risultano sì degradati,ma insieme preservati da alienazionie mire speculative, subordinate a im-propri cambi di destinazione d’uso.Infatti va sottolineato che essi sonopatrimonio collettivo, che la predettalegge ne stabilisce opportunamente lapubblica utilità, per cui qualunque“Programma di Valorizzazione”,condizione per ottenerli dallo Stato,deve (art. 2 c. 4) dimostrare di portare“un vantaggio diretto ed indirettoalla comunità locale”.A Venezia, una parte consistente diquesti beni, in conseguenza delle pe-culiarità ambientali e storiche che lacaratterizzano, è di natura militare:la fragile città insulare, nel corso dei

secoli, curava di dotarsi di un impo-nente sistema difensivo dispiegandolosia sul fronte marino che terrestre,realizzandolo e incrementandolo se-colo dopo secolo in risposta ai cre-scenti pericoli provocati da eserciti,tecniche belliche e armamenti semprepiù evoluti. Per una panoramica, rimando allalettura della ricognizione delle “For-tificazioni Veneziane” effettuata daItalia Nostra in concorso scientificocon la sezione veneta dell’Istituto Ita-liano dei Castelli, che è reperibile nelsito della benemerita associazione am-bientalista “italianostravenezia.org”:dei 26 beni censiti (tra cui il più pre-gevole, il “cuore”, è l’Arsenale) ben14 sono i forti veri e propri, mentre ilpatrimonio restante è costituito da“batterie”, polveriere e depositi dallastruttura più o meno complessa. Va-riando di scala, a questa cerchia ri-stretta di fortificazioni si devonoinoltre associare un’altra quarantinadi fortificazioni dislocate tra gli estre-mi di Chioggia e di Cavallino-Tre-porti, e allargando ulteriormente lascala naturalmente l’elenco arrive-rebbe a comprendere le fortificazionicostruite nei possedimenti della Sere-nissima Repubblica di Venezia, tantoin Alta Italia che lungo le costeadriatiche e le isole, fino a Candia,l’odierna Creta.Un contesto di così largo respiro, im-porrebbe a una classe politica e am-ministrativa, all’altezza dei doveriche questa eredità richiama, di elabo-rare una visione strategica di altret-tanto largo respiro.Naturalmente non ci si può nascon-dere che si tratta di un impegno one-roso sotto vari aspetti, e che in tempidi ristrettezze economiche il recuperodi tali beni possa venire consideratosecondario rispetto a necessità piùgravi e urgenti; tuttavia, volontà elungimiranza, unite a capacità diconsiderare ‘valore aggiunto’ il man-tenimento di una visione strategicad’assieme, incentivo di alleanze tantolocali che interregionali e sovranazio-nali, e infine concretezza, nell’indivi-duare una possibile valorizzazionespecifica per ogni singolo bene, pos-

sono far considerare l’obiettivo, sulmedio e lungo termine, non un costoa perdere ma un investimento reddi-tizio, ponendo le basi di una gestioneautosostenibile.Che non sia fantascienza, che stianelle possibilità di una classe dirigen-te accorta e davvero responsabilizzatarispetto al compito di tutelare i beni,di tramandarne la memoria identita-ria e di promuoverne usi sociali, lodimostra ad esempio il recente pro-getto finalizzato a far dichiarare pa-trimonio mondiale dell’Unesco “Leopere di difesa veneziane edificate trail XV e il XVII secolo”. Ne è arteficee capofila il Comune di Bergamo,città di frontiera dell’antica Repub-blica; vi hanno aderito i Comuni diPeschiera del Garda, di Palmanova edi Venezia, oltre agli Stati di Croaziae Montenegro e, ottenuto il benepla-cito del Mibact, la candidatura è oggial vaglio dell’Organizzazione inter-nazionale nella sua sede centrale diParigi. Si tratta di un progetto note-vole in quanto teso ad affermare unaconcezione unitaria dei beni da salva-guardare, tuttavia ancora monco, de-ficitario, in quanto non è riuscito acomprendere i siti, per certi versiancor più significativi, presenti inGrecia, Albania e Cipro. Può, pertan-to, venire considerato il primo passodi un’operazione, dichiaratamente diincentivazione del turismo culturale,che traccia un percorso ideale tra luo-ghi un tempo geograficamente lonta-ni o lontanissimi, eppure oggi rapi-damente raggiungibili con gli odiernimezzi di trasporto, dal treno, allanave, all’auto.L’esito della candidatura potrà dareun segnale importante sulla percorri-bilità di strategie vaste, davvero eu-ropee, nonostante si sia aperto datempo un “doveroso” dibattito criticosu quale debba essere per il futuro ilruolo dell’Unesco e quale sia il valorereale dei riconoscimenti da essa rila-sciati. Personalmente ritengo undannoso fraintendimento il pretende-re, come fa da tempo il nostro sinda-co, che l’Organizzazione divengafonte di finanziamenti diretti; ma lodeve certamente diventare di finan-

ziamenti indiretti, si può pretendereche essa elabori un preciso piano diappuntamenti e relazioni atto a raf-forzare nel concreto l’immagine in-ternazionale dei luoghi da essa pro-tetti (tra cui, lo ricordiamo, vi è giàVenezia e l’unicum del suo ambientelagunare) nei confronti di sponsorprivati e della Comunità Europea, ot-tenendosi che i riconoscimenti rila-sciati vengano considerati certifica-zione di qualità tale da far finanziarein via prioritaria i progetti inoltrati.Occorre in altri termini essere coe-renti, e non infastidirsi quando, fa-cendo il proprio dovere, l’Unescomette in guardia dall’insistere a tro-vare una soluzione alla portualitàcrocieristica consentendo, con scavi equant’altro, che navi ormai gigante-sche entrino a tutti i costi nel fragi-lissimo ecosistema lagunare e, perconverso, guardare e plaudire al-l’Unesco, per i vincoli posti a Firenzecontro un’indiscriminata diffusionedi esercizi commerciali che vendonocianfrusaglie (una realtà di degrado,ahinoi infinitamente minore rispettoa quanto ormai è già avvenuto nelcentro storico cittadino, di degradoindotto, in forza di una distorta con-cezione di “libertà” imprenditorialeche si è voluta ammettere e lasciataimporre).Se questa è la prospettiva, tornandoal tema dei forti si deve però ammet-tere che la città appare ancora deltutto impreparata a divenire un sog-getto propositore dalle idee e volontàchiare e, anzi, i primi passi di questaamministrazione sono andati nelladirezione opposta a quella necessaria.Nel citato progetto sovranazionale,Venezia è presente con l’Arsenale,Forte Sant’Andrea e l’Ottagono Ca-roman, il Comune di Chioggia conForte San Felice. Sull’Arsenale laconfusione regna sovrana e l’occasio-ne progettuale è ormai da tempo af-frontata facendone un contradditto-rio spezzatino di esigenze contrappo-ste. Su Forte Sant’Andrea l’Ammini-strazione, in stretta continuità conquella che l’ha preceduta, si è sottrat-ta alle proprie prerogative di farne unprogetto lungimirante, di direzione

pubblica, chiamando la propria Fon-dazione Musei Civici insieme al-l’Università, alle numerose Istituzio-ni scientifiche e alle associazioni, astendere un adeguato Programma diValorizzazione; potendosi investire(per legge, sul residuo) parte dei co-spicui introiti milionari annui di Pa-lazzo Ducale, va infatti sottolineatoche la citata Fondazione dispone giàdi tutti i mezzi e i patrimoni, siastrumentali che finanziari di sosten-tamento e allestimento di quel sitosotto il profilo museale e ambientale,turistico e ricreativo, invocato da an-ni in tutti i piani di zona. Invece,come tutti sanno, si è limitata a inol-trare un progetto, steso da un im-prenditore privato senza alcuna com-petenza ed esperienza nei settori didestinazione culturale sopra indicati,che considera impropriamente il beneuna appendice funzionale a quanto èstato, pur convenientemente, decisoanni fa per recuperare la vicina isoladella Certosa.A un’uguale sbandata si assiste, pro-prio mentre scriviamo, rispetto alcompendio di Forte Cosenz, per ilquale il Comune ha sinora rinuncia-to di richiedere il bene, con un pro-getto che, a costi modesti, potrebbefarlo rientrare a pieno titolo nelvasto insieme del Bosco e dei parchimestrini, lasciando il passo alla Re-gione che ne ha fatto da anni, in unapiccola porzione, centro ricreativo ri-servato ai propri dipendenti. Il fattoè che l’Istituzione Bosco e GrandiParchi aveva provveduto a elaborareun idoneo progetto di valorizzazione,lasciato misteriosamente morire inqualche cassetto, per inoltrare invecenel 2015 un progetto che destinavauno stabile contiguo al forte, da re-staurare, come “Porta e Centro Ser-vizi del Parco”. Un progetto talmen-te monco da essere destinato a sicurabocciatura. Perché? A favore di chi?I cittadini hanno il diritto, con ognimezzo di saperlo. Intanto il CentroStudi Storici di Mestre ha consegna-to un fior di progetto che può costi-tuire da buona base per una ripar-tenza, finalmente indirizzata al“vantaggio pubblico”.

I Forti venezianiNon meriterebbero forti Programmi di Valorizzazione?di Domenico Cardone

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CITTÀPRIMAVERA 2016 NEXUS N. 98 — Quaderno n. 8 – 3

Non capita troppo spessodi trovarsi davanti adelle situazioni o que-

stioni che, per la loro facile solu-zione o per la semplicità dellerisposte che generano, sembraimpossibile che possano esistereo che possano essere state createo determinate.

Strano, ma vero! È il titolo di unarubrica di un noto settimanaledi enigmistica forse tra i piùlongevi e letti in Italia, dove bre-vemente e sinteticamente ven-gono riportati quei fatti, quellestorie che pur incredibili sonoinvece vere e realmente accadu-te. Il Lido, di tale rubrica, po-trebbe occupare oggi un’interapagina o, se si preferisce, negliultimi dieci anni avrebbe potutocertamente prendere settimanal-mente un piccolo spazio perl’incredibilità dei fatti accaduti onon accaduti, che lo hanno mor-tificato e depredato di quellafama di Isola Bellissima, inter-nazionalmente riconosciuta.Su cosa è accaduto, come è statopossibile e perché, auspichiamoche venga fatta chiarezza.Quale è stato il Passato del Li-do, dai molti raccontato e ricor-dato, non è oggetto del nostrointeresse, se non per l’utilità chene può derivare per costruire eparlare di Futuro.E il Futuro inizia dal Presente edè da questo che noi oggi voglia-mo partire, o meglio ripartire,nella convinzione che non saràcosì facile e che la “Ricostruzio-ne” non sarà così scontata.Siamo tutti convinti e d’accordosulle potenzialità del Lido, sullesue peculiarità... lo siamo un po’meno sul come procedere e conquali priorità.Si rende quindi necessario ungrande sforzo comune, unani-me, al fine di lasciare il passatodietro le spalle per trovare e svi-luppare tutte quelle idee e pro-grammi maggiormente condivi-si da portare avanti con celeritàe laboriosità. Già questo, chesulla carta può sembrare sempli-ce e di facile attuazione, è in ve-rità impresa ciclopica per chi co-

nosce le realtà non solo impren-ditoriali del Lido che, certamen-te, fra le sue grandi qualità nonannovera quella di saper faresquadra o fare rete, per adoperareun termine oggi in voga.Sono forse state tutte questeframmentazioni e/o divisioni ela poca propensione ad affron-tare e a proporre in maniera u-nitaria e organica progetti e in-tenzioni, che hanno consentitoad altri, avendone avuto il man-dato, di occuparsi più o menoallegramente di quello che pernoi è e rappresenta l’InteressePrincipale. Per tornare a quelle che sono lespecificità del Lido da valoriz-zare e da cui ripartire, dovrem-mo essere tutti d’accordo nelriconoscere che esse sono es-senzialmente quattro. Le stes-se, potrebbero costituire le co-lonne portanti o, per adopera-

re un termine molto tecnico,quei “contro-bilanciatori strut-turali di spinta” di una piat-taforma non solo programma-tica, su cui far poggiare il rilan-cio dell’Isola. Il Turismo Sanitario, la Cultura,lo Sport e il Benessere sono odovrebbero essere quei pilastriche sostengono la nostra piat-taforma, la quale nei vari perio-di dell’anno ospiterà tutti queglieventi di cui il Lido è già sedeabituale, oltre a convegni di va-rio genere, mostre, tornei, espo-sizioni e manifestazioni, facen-do di quegli spazi e/o conteni-tori oggi scarsamente promossie non sufficientemente utilizza-ti, come il Palazzo del Cinema el’ex Casinò, il primo obiettivo dirilancio. Immobili questi ultimiche, nelle attuali condizioni dinon utilizzo, concorrono pesan-temente al bilancio negativo

della Pubblica Amministrazionee delle sue società partecipate.Partendo dal Turismo Sanitario,si deve riconoscere che, negli ul-timi anni, molta ricerca e moltainnovazione è stata fatta in que-sto settore che, per altro, in unlontano passato, costituiva unadelle Eccellenze dell’Isola.Molte pubblicazioni anche re-centi, come per esempio LeTerme di Venezia, di una autore-volissima scrittrice veneziana,ci esortano e invitano a non in-dugiare oltre, al fine di un ritor-no allo “sfruttamento” di quellequalità magiche e terapeutichedella nostra acqua marina e del-le nostre spiagge che, unita-mente al piacere come stato dibenessere, rivelano il loro a-spetto rigenerante, tonificante epurificante per un corpo sem-pre più attento e aperto a prati-che naturalistiche.

La Cultura, intesa nel senso piùampio, può rappresentare un al-tro elemento magico per la for-mazione di quel treno, i cui va-goni costituiscono eventi e av-venimenti, mostre e convegni,incontri e dibattiti che contribui-rebbero a far vivere, cultural-mente ed economicamente l’Iso-la per buona parte dell’anno.Potremmo essere altresì i primiad investire sul fatto che la Cul-tura è il nutrimento indispensa-bile per lo spirito e il corpo, unpassatempo e un divertimentoper alcuni, ma anche un modoper alimentare la mente, tenerlaviva e allenata.Lo Sport e il Benessere sono in-fine gli ulteriori due elementisu cui, per vocazione, ma ancheper ciò che già offre o che po-trebbe offrire l’isola del Lido,puntare ed espandere, promuo-vere e far conoscere, nellastraordinaria simbiosi con laCittà più unica al mondo. Icampi da Tennis, il Golf, il Ma-neggio, il Pattinaggio, la Voga,il campo da Rugby sono solo unpiccolo esempio di quello che ègià disponibile e che l’Isola po-trebbe offrire a quel segmentodi Turismo Sportivo e Salutisti-co che negli ultimi tempi haraggiunto indici di grande inte-resse.Di concerto, le spiagge e i conte-nitori privati che hanno concor-so a fare la “Storia del Lido”,ma oggi sono chiusi o in pessi-me condizioni e dunque offronoun’ospitalità ben al di sotto diquegli standard a cui dovrebbe-ro puntare, si vedrebbero natu-ralmente costretti a rigenerarsi eattivarsi per soddisfare la rinatarichiesta di ospitalità fondatasulla qualità e sull’eccellenza. Questi, in sintesi, i principi basi-lari delle nostre idee e di quelloche dovremmo o potremmofare. Disponibili anche a “lotta-re” se necessario. Perché, comequalcuno ha scritto, se un uomonon è disponibile con convin-zione e coraggio a proporre edifendere i propri principi e leproprie idee, significa che lui ole sue idee non valgono nulla.

STRANO, MA VERO!Teodoro Russo

LA NUOVA ALLEANZA TRA PORTO E INDUSTRIA A MARGHERA Porto Marghera nasce nel luglio1917, pochi mesi prima chel’esercito italiano si trovi a fron-teggiare lungo il Piave, a pochichilometri da Venezia, quelloaustriaco che lo ha sopraffatto aCaporetto. Porto Marghera na-sce come ampliamento del Por-to di Venezia, impossibilitato aespandersi in Marittima o inaltre ubicazioni lagunari, ma --eterogenesi dei fini – si trasfor-ma presto nel più grande feno-meno di industrializzazione co-stiera italiana se non europea.Manodopera a basso prezzo diun Veneto allora rurale, energiaa basso costo di origine idroelet-trica e vicinanza al mare sono ifattori localizzativi che ne deter-minano il successo. La vicinan-za al mare soprattutto; che con-sente a un Paese povero di ri-sorse naturali di avvicinarsi alleminiere che non ha e di dedicar-si alla trasformazione primametallurgica e poi petrolchimica

di risorse importate. Il successoindustriale è tale da relegare lefunzioni portuali a complementiancillari. Porto Marghera diven-ta così solo la Marghera che rag-giunge il massimo della suaespansione, quasi 40.000 occu-pati, nei primi anni ‘70 delloscorso secolo. Poi Marghera co-mincia a cambiar pelle. La con-correnza dei paesi detentoridelle risorse naturali, il differen-ziale nei costi del lavoro e del-l’energia, rendono sempre menoconveniente l’industria di basein Italia. Anche a Marghera i co-sti del lavoro e dell’energia nonfanno più la differenza. Restasolo la vicinanza al mare. Mar-ghera ritorna lentamente ad es-sere Porto Marghera: sono lefunzioni portuali che ridiventa-no trainanti anche di quelle in-dustriali. Una tendenza che èarrivato il momento di assecon-dare e favorire con una nuovaalleanza tra Porto e Industria.

Oggi la vicinanza al mare non èpiù vicinanza alla “bocca di mi-niera” ma vicinanza ai mercatiglobali di importazione ed e-sportazione di beni intermedi edi beni finali; una vicinanza almare che fa di Marghera una

postazione di enorme valorelungo le catene logistiche globa-li nelle quali è oggi articolata laproduzione industriale.

È grazie alla sua vicinanza almare, infatti, se oggi Margherapuò cogliere la tendenza globale“porto centrica” che guida iprocessi di (ri)localizzazionedell’industria, o meglio, di quelcontinuum di attività manifattu-riere, quasi manifatturiere e lo-gistiche, che caratterizzano l’in-dustria avanzata di oggi. Pro-cessi di localizzazione e riloca-lizzazione da cogliere come oc-casione irripetibile di rimetterein valore i grandi spazi (oltre1500 ettari) e l’enorme patrimo-nio infrastrutturale di strade,ferrovie e sottoservizi – dal va-lore di svariati miliardi di euro– accumulatosi nei decenni aPorto Marghera.

Occorre quindi che le navi –anche le più grandi, anche lenuove portacontainer da 18/20000 Teu – possano consegnareo ricevere i loro carichi da e peri nuovi insediamenti produttividi Porto Marghera: per trasfor-mare o redistribuire i beni im-portati o per raggiungere ogni

parte del mondo con i beni daesportare.

Ecco quindi che la prima sfidada affrontare è quella di restitui-re al Porto di Venezia piena ac-cessibilità nautica, quella tempo-raneamente sacrificata sull’alta-re della salvaguardia di Veneziae della sua Laguna, affidata al si-stema delle paratoie mobili delMoSE. È questo il passaggio cru-ciale dal quale dipende un rilan-cio reale (e non quello scritto neltristemente noto copione di unametamorfosi disordinata, caoti-ca, casuale messa in scena neidecenni di declino solo subito)di un’area, Porto Marghera, chesi sta comunque trasformandoda sé, pur fra mille difficoltà.

Per questo, all’innovazione del-la Marghera di cento anni fa, oc-corre oggi dare continuità conun’altra innovazione assoluta,riconosciuta come tale dalla co-munità scientifica e professiona-le internazionale: quella dellarealizzazione di un Sistema Por-tuale Offshore-Onshore che rea-lizza il “miracolo” di risponde-re, in altura, ad ogni esigenza dipescaggio, anche delle navi piùgrandi e, a terra (a Marghera

certo, ma non solo), ad ogni esi-genza logistica, anche dei cari-chi più grandi.È solo in virtù delle economie discala – che grazie al Sistema Por-tuale Offshore-Onshore verrannoraggiunte tanto in mare quanto inporto – se la vicinanza al marepotrà di nuovo tradursi in concre-ti vantaggi localizzativi per lanuova Porto Marghera, destinataa (ri)diventare così il cuore mani-fatturiero del Nordest.

Paolo Costa

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L’idea di VENICE BEYONDTHE GHETTO inizia aprendere corpo attraverso

una serie di riflessioni fatte conalcuni amici ebrei e non ebreicome il professor Luciano Silva,lo scultore Giorgio Bortoli, lafunzionaria dei Beni CulturaliBarbara Biciocchi e altri, relati-vamente alla possibilità di farconoscere la cultura ebraica adun pubblico ampio.L’occasione dei 500 anni delGhetto di Venezia, il più anticodel mondo, dà il via all’elabora-zione concreta del progetto gra-zie soprattutto all’incontro e allacollaborazione del rabbino dellaComunità di Venezia, ScialomBahbout, e all’ingresso di unpartner economico curioso e at-tento ai fenomeni culturali comeHausbrandt Trieste 1892 con ilsuo titolare Martino Zanetti, im-prenditore illuminato con lapassione della pittura e, soprat-tutto, profondo conoscitore del-l’opera di Shakespeare.Si va a delineare, quindi, il pro-getto attuale che, traendo spun-to dal Ghetto di Venezia, propo-ne un percorso culturale, stori-co, sociale, artistico ed enoga-stronomico che ha soprattuttol’obiettivo di andare oltre ilGhetto e oltre i Ghetti – i Ghettiintesi in senso ampio, le conven-zioni che generano separazione,la non accettazione del diverso –e di valorizzare il dialogo tra lediversità come fonte di arricchi-mento sociale. Un progetto pluriennale, orien-tato al futuro, inclusivo e, comesi suol dire, in progress.Inoltre, grazie all’ingresso nellacompagine organizzativa di Cri-stina Gatti, esperta di marketinge comunicazione web, è stataavviata un’azione importantesul web, in particolare attraver-so il sito www.venicebeyondtheghetto.com che è una vera epropria piattaforma dove molterealtà che condividono i valoridi Venice beyond the Ghetto siconfrontano e stabiliscono colla-borazioni e programmi comuni. Credo che oggi si possa affer-mare che VBTG sia una propo-sta culturale di buon livello, ri-volta a un pubblico ampio e inparticolare ai giovani, e al con-tempo un “buon prodotto co-municazionale”.Vorrei poi sottolineare l’impor-tanza per il progetto di “ragio-nare” con due registri, entrambifondamentali: quello dei rap-porti internazionali spesso resipossibili dalla presenza di unapersonalità di grande spessoreumano, religioso e culturale co-me Rav Bahbout e, allo stessotempo, di essere ben radicato alterritorio di riferimento, colla-borando con Esu (Ente studen-tesco universitario), Iveser (Isti-tuto per lo studio della Resisten-za e della Storia contempora-nea), Concave (un consorzio digiovani albergatori veneziani),Anpi (Associazione nazionalepartigiani d’Italia), Wake Forre-st University e Festival cinema-tografico l’Isola del Cinema diRoma, molti artisti, fotografi,editori, chef, ecc. del territoriocittadino e nazionale.Il Progetto si avvale del Patroci-

nio del Consiglio regionale delVeneto e del Comune di Vene-zia e ha attivato iniziative in col-laborazione con Rai Veneto.Abbiamo preso spunto dalle pa-role di Scialom Bahbout: “Il ca-rattere costruttivo e creativo delpopolo ebraico nella storia hafatto sì che esso non si sia maiperso d’animo e abbia trasfor-mato il Ghetto in un’opportu-nità creativa. Gli ebrei hannocosì sviluppato la propria cultu-ra, nonostante il fatto di esserestati rinchiusi in recinti, espres-sione di una società timorosadel confronto con il diverso”.RESILIENZA dunque, l’attitudi-ne positiva e propositiva nell’af-frontare le avversità, capacitàche richiede, appunto, ancheCREATIVITÀ, altre due key-word sulle quali si fonda Veni-ce beyond the Ghetto. Eventi dispettacolo e manifestazioni arti-stiche riferiti a queste temati-che, ma non solo, nella propo-

sta culturale di base che abbia-mo pensato. Abbiamo dato spa-zio all’alimentazione KOSHERlegata a Venice beyond theGhetto come filosofia alimenta-re della tradizione ebraica. Il primo evento, che sta per par-tire, è #beyondtheghetto, unconcorso per giovani under 28finalizzato alla produzione diun cortometraggio di max 5’per una migliore diffusione suisocial network, che potrà essererealizzato con qualsiasi stru-mento di ripresa, incluso il te-lefono cellulare.Il tema da trattare sarà appunto#beyondtheghetto, ovvero la vo-lontà, il desiderio di andare oltrei ghetti, le limitazioni, la capacitàdi trasformare in opportunità ledifficoltà. Ghetto sarà da inten-dersi anche e soprattutto insenso lato e virtuale, come discri-minazioni di genere, etniche oreligiose, ma anche cerchie socia-li di difficile ingresso, o atteggia-menti limitanti etc. Qual è ilTUO ghetto? La partecipazionesarà gratuita e il target giovane,ma l’obiettivo è renderlo più vi-rale possibile e coinvolgere nelle

tematiche di base gruppi piùampi, tramite una comunicazio-ne incentrata principalmente sulweb e i social e con il lanciodell’hashtag #beyondtheghetto.L’iniziativa è in collaborazionecon Rai Veneto, Esu Venezia, chesignifica contatto diretto con piùdi 2000 studenti, durante il corsodella Mostra Internazionale diArti Cinematografiche di Vene-zia del 2016, il Video Contestavrà un rilancio anche in funzio-ne di un coinvolgimento delleScuole Superiori del Venetonell’a.s. 2016-2017.Una vitalità a parte di Venicebeyond the Ghetto riguardal’enogastronomia kasher o ko-sher, come filosofia alimentaredella tradizione ebraica, che èritenuta valida anche oltre ilGhetto per la sua valenza salu-tistica e di garanzia di controlloqualitativo, affine anche a regi-mi alimentari alternativi sem-pre più diffusi.

Fra le iniziative dedicate al foodci sarà il 1° Festival Kosher &Klezmer, manifestazione cheavrà l’obiettivo di valorizzare letradizioni culinarie delle varieComunità ebraiche italiane con lediverse influenze, levantina,ashkenazita, sefardita, con l’ade-guato spazio alla cucina ebraicatradizionale veneziana, tutte na-turalmente rispondenti ai detta-mi della regola comune ovvero lakasherut. Un incontro, reso con-viviale anche grazie alla buonamusica, prevalentemente kletz-mer, con stand enogastronomiciper assaggi e consumazione e ilcoinvolgimento di aziende eno-gastronomiche kasherizzate. In collaborazione con il Consi-glio regionale del Veneto sonoprevisti degli incontri con le As-sociazioni regionali del settoreagricolo sul tema della kasheriz-zazione, evidenziando in parti-colar modo le opportunità a li-vello di marketing che derivanodalla certificazione e le poten-zialità in ambito export per l’a-pertura o il consolidamentodelle aziende italiane nei merca-ti Usa e Cina.

VBTG favorisce il crowdsour-cing con utenti interessati all’ar-gomento per una co-creazionedi contenuti, una generazione diidee in continuo confronto escambio di competenze, come ilProgetto di Rugby pour tout leMonde, che attraverso la praticadel rugby nel carcere di Trevisocoinvolge i detenuti, attraversouno sport carico di valori positi-vi, ad assumersi funzioni e re-sponsabilità che vengono man-tenute anche a pena conclusa;oppure come “A mayse mit…”che in yiddish significa “si narrauna storia…” E proprio di rac-conti è composto il progetto fo-tografico crossmediale a cura diPaolo della Corte e Serena Gui-dobaldi: una galleria di ritrattiparlanti nei quali i protagonistidelle diverse Comunità Ebrai-che Italiane di oggi narrano sto-rie personali che convergonovia via in una unica grande sto-ria corale, significativa delle in-

terazioni e del contributo che lacultura ebraica ha fornito nei se-coli alla vita intellettuale e al-l’arte del nostro Paese.Immortalati mentre sono im-mersi nella vita di tutti i giorni,in ambienti a loro familiari, isoggetti sono circondati da og-getti quotidiani che, come in unritratto rinascimentale, diventa-no simboli dai quali scaturisco-no le testimonianze, prima mol-to intime e private e poi semprepiù ampie e collettive. I ritrattisono stati definiti parlanti per-ché, tramite l'utilizzo di unosmartphone o di un tablet, sipotrà accedere a ulteriori infor-mazioni audiovisive, testuali efotografiche, in un coinvolgentegioco di rimandi fra passato epresente, fra narratore e ascolta-tore. Il progetto è pensato a mo-duli. Il primo modulo è dedica-to a Venezia, il primo Ghettodel mondo che nel 2016 celebra i500 anni dalla sua istituzione. A seguire, con le stesse caratte-ristiche narrative, si voglionoraccontare i protagonisti e lestorie delle altre città italiane(Torino e Ferrara ad esempio,

dove vi è stato e vi è ancora unimportante apporto della comu-nità ebraica, per poi concludersia Roma, l’ultima città a rimuo-vere i cancelli del suo Ghetto nel1848). Le opere verranno espo-ste in location prestigiose a Ve-nezia alla fine del 2016. Per saperne di più: amaysemit. wordpress.com

In esclusiva per Nexus anticipia-mo due importanti eventi, nonancora presentati ufficialmente.

Shylock e il Talmud, evento di nar-razione e musica, 29 Marzo 1516,data importante non solo per lastoria ebraica, ma anche perl’umanità: è il giorno in cui laSerenissima decreta che sia isti-tuito il “serraglio dei giudei”.Non tutti sanno però che inquell’epoca Venezia diventa ilcentro dell’editoria ebraica, quiviene stampato il primo Talmud(1524 c.a.) e non solo, anche lepubblicazioni multilingue per iriti ebraici che venivano poiesportate in tutta Europa. È uncaso che Shakespeare abbia am-bientato proprio a Venezia le vi-cende di Shylock e Bassanio? ecome si possono interpretare inuna prospettiva talmudica? Neparlerà Rav Scialom Bahbout inun evento di narrazione accom-pagnato da letture attoriali, trat-te dal Mercante di Venezia.L’evento è realizzato con il coin-volgimento fattivo di MartinoZanetti: anche in questa opera-zione in cui uno sponsor “entrain scena” nel vero senso dellaparola riteniamo ci siano inte-ressanti elementi di novità.

Venezia-New York Archisculturadi Giorgio Bortoli. Il manufatto,dell’artista veneziano, alto 12metri, è simbolico del Ghetto perl’uso della fusione del metallo eper l’altezza che ricorda la verti-calità degli edifici, i primi “grat-tacieli” della Storia, nati proprioin Ghetto. L’opera già esposta inBiennale Arte e installata poipresso l’Aeroporto Marco Polodi Venezia, rappresenta l’edificiopiù alto della Città Storica, con-tenuto all’interno del Metropoli-tan Life Tower del 1909, costrui-to all’epoca su modello del Cam-panile di San Marco. Il prossimoanno, l’opera sarà trasportata eposizionata a New York, a scoponon solo espositivo ma con l’in-tenzione di stimolare emozioni,riflessioni e confronti diversi at-traverso un’operazione d’impat-to mediatico. Un ulteriore impul-so all’iniziativa andare oltre ilghetto tutta concentrata alla con-clusione delle celebrazioni, im-prontata alla diffusione della cul-tura ebraica nel mondo e al su-peramento di ogni barriera ideo-logica e religiosa tra i popoli. Andare al di là dei ghetti – diceRav Scialom Bahbout – è la paro-la d’ordine che oggi l’uomo devedarsi per superare le divisioni, purmantenendo ognuno la propriaidentità, che si esprime attraversoculture diverse, ma in continuodialogo tra loro.

Davide Federiciresponsabile del progetto

Venice Beyond the Ghetto

CITTÀ 4 NEXUS – N. 98 — Quaderno n. 8 PRIMAVERA 2016

Venice Beyond the Ghetto

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CITTÀ PRIMAVERA 2016 NEXUS N. 98 — Quaderno n. 8 – 5

Mario Piananuovo “proto” di San Marco

Alla metà del mese di marzo dell’anno in corso il Ministro degliInterni, con il gradimento del patriarca di Venezia, ha nominatol’architetto Mario Piana nuovo “proto” di San Marco, compiendouna scelta felicissima, scientificamente irreprensibile, la migliore.Per adempiere al prestigioso e oneroso incarico che un tempo fudi Jacopo Sansovino l’eletto è sicuramente dotato d’ottima scien-za, di consolidata esperienza, di gran coraggio e, quel che più col-pisce, d’instancabile passione, unita a naturale gentilezzad’animo e a invidiabile pazienza. Mario Piana è nato a Verona nel 1952, si è laureato nel 1974 all’al-lora Istituto Universitario di Architettura di Venezia con una tesiin Restauro urbano, relatore il professor Giancarlo De Carlo: unatesi che, spalancando il campo delle antiche tecniche del costrui-re, confermava l’ambito dei suoi interessi e segnava il suo desti-no. Cinque anni dopo, egli era già architetto-funzionario presso laSoprintendenza ai beni architettonici e ambientali di Venezia e intale ambito svolgeva l’incarico di soprintendente-reggente neglianni 1981-1982. Pochi, pochissimi come Mario conoscono i materiali e le tecnichedel costruire: grazie a uno studio personale attento e continuo,appassionato e paziente, egli conosce a fondo gli uni e le altre, leproprietà e le procedure, dalle strutture più complesse al minimodettaglio, conoscenze che gli garantiscono d’affrontare e compie-re al meglio il proprio delicatissimo e difficilissimo mestiere. Gli interventi di Mario Piana in tale campo, nel contesto urbano elagunare, ma talora anche in terraferma e all’estero, sono nume-rosissimi e tutti impegnativi, ma, poiché in queste righe l'interoelenco risulta impossibile, di essi citiamo solo i più importanti ecomplessi, presentati nella 13a Mostra di Architettura alla Bienna-le del 2013: le opere di restauro e di conservazione delle cosiddet-te Gaggiandre all’Arsenale, della Chiesa di Santa Maria dei Mira-coli, di Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, della scala ester-na del Palazzo Contarini cosiddetto del Bovolo, della scala delConvento della Carità, della Basilica e del Campanile di SantaMaria dei Frari, della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Torcel-lo, di Santa Maria della Salute (come libero architetto professioni-sta), sino alla ricomposizione dell’organo seicentesco rimontato inopera e ritornato in attività nella Chiesa di San Rocco. Ma insieme all’architetto-conservatore-restauratore sta, conseguen-temente altrettanto importante, lo studioso: tra volumi e saggi re-datti da solo o in collaborazione, ben 97 sono le sue pubblicazioni emolte le sue partecipazioni a convegni in Italia e all’estero poi ri-portate in scrittura. Mario Piana è membro del Consiglio scientificodel Centro Internazionale di Studi di architettura Andrea Palladiodi Vicenza. Gli argomenti spaziano dallo studio dei complessi edi-lizi all’esame dei dettagli, dalle tecniche (varie) del costruire e quel-le (conseguenti) anche del più delicato restauro, alla conoscenzapressoché esaustiva dei materiali edilizi storici. Mario, infine (ma certo non ultima dote) è stato ed è un ottimo do-cente, instancabile, appassionato e paziente: nel 1998 egli è giàprofessore associato di Restauro per divenire poi nel 2014 profes-sore ordinario della stessa materia allo Iuav di Venezia, svolgendogli insegnamenti di Restauro architettonico per il Corso di Laureain Architettura, di Caratteri costruttivi dell’edilizia storica per ilCorso di Laurea in Storia e Conservazione dell’Architettura e perla Laurea magistrale in Architettura. Ha fatto parte del collegiodocenti del dottorato di ricerca in Conservazione dei Beni Archi-tettonici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (1999-2001), del dottorato di ricerca in Storia dell’Architettura e dellacittà, Scienze delle arti e Restauro dell’Istituto di Studi Avanzati inVenezia, costituito dallo Iuav, da Ca’ Foscari e dalla Venice Inter-national University (2001-2007). Dal 2010 fa parte del collegio do-centi del dottorato di Storia dell’Architettura dello Iuav di Vene-zia. Le sue lezioni hanno spaziato e spaziano ancora dal più com-plesso progetto, alle vicende delle realizzazioni, alle qualità e com-posizione dei singoli manufatti e materiali: sintetico e chiaro nelpresentare l’unitarietà di un complesso quanto efficace nell’evi-denziare la preziosità di un dettaglio; ogni studente e ogni collegache abbia richiesto aiuto (tra i quali soprattutto chi scrive) è sem-pre rimasto, delle sue considerazioni, pienamente appagato.Ora che hai raggiunto l’apice d’una carriera e ricevuto uno deimassimi riconoscimenti, ora che la Basilica con i suoi tesori lapi-dei s’affida a te, degno coronamento di un’instancabile attività, tiauguriamo buon lavoro, carissimo Mario.

Paolo Morachiello

Nota di redazione: la carica di proto, l’architetto addetto ai lavoridi manutenzione della Basilica, risale all’anno 812, data compati-bile con la traslazione dell’Evangelista. Scrive infatti Marco Bar-baro nella sua Cronaca: «Dicono le historie nostre che nel 810 ilCorpo di S. Marco Evangelista fu condotto a Venetia, ma AndreaDandolo Dose ha scritto che fu nel 829.» La notizia di Barbaro èsuffragata da alcuni codici serbati negli archivi veneziani (vediVenezia secondo il codice dei Frari, a proposito dei Procuratori di SanMarco di Giovanni Distefano con un controcanto di Giovanni Sca-rabello, Supernova 2009).

L’Archivio Carlo Montanaro nasce dalla curiosità e dalla quasi conseguente necessità di possedere daun lato materiali legati alla visione e dall’altro elementi che ne sanciscano l’evoluzione tecnologica elinguistica. La Fabbrica del Vedere dell’Archivio Carlo Montanaro (collezione Trevisan, Montanaro, D’Este), stabi-lizza la ricerca su una biblioteca specializzata di più di 6000 volumi e collezioni di riviste, e custodiscemateriali di documentazione sulla riproducibilità delle immagini replicate, all’inizio tramite l’incisione(legno, rame), sul precinema (vue d’optique, lanterna magica, zootropio, phenachistoscopio, etc) sullastoria della fotografia, del cinematografo, fino alla televisione e al digitale, con particolare attenzioneallo sviluppo tecnico-linguistico, alle opere dell'avanguardia e al cinema d'animazione. Contiene copiedi "pubblico dominio" di film a passo ridotto, riproduzioni di analoghe opere in videocassetta o disco.La sezione fotografica è composta di materiali eterogenei e conserva anche apparecchiature come il Me-galetoscopio Privilegiato di Carlo Ponti (1860 ca.), stereoscopi e alcune macchine fotografiche. In parti-colare si individua un importante fondo di foto di scena di film dal muto ai nostri giorni; il Fondo Fran-cesco Pasinetti. Ci sono poi testimonianze importanti sui principali studi fotografici veneziani: Naya,Cohen, Salviati, Brusa, Ponti, Perini, Alinari, Ongania; campionatura di carte de visite degli studi foto-grafici veneziani; stereoscopie su carta anche colorate a mano per trasparenza: onnipresente Venezia.La collezione di macchine offre una campionatura delle attrezzature per il cinema professionale e ama-toriale arrivando all’evoluzione dei materiali che utilizzano i codici delle registrazioni video. Al pianoterra è stato attrezzato uno spazio espositivo nel quale, oltre a mostre basate sulla fotografia (Etta LisaBasaldella e le Isole Aran, Briciole di Cameraphoto, Ricordando di Gianni Da Campo, Francesco Bara-sciutti, le lanterne magiche e gli stereoscopi) e sui reperti (Eppur si vede, l’ottica e il settecento) si sontenuti incontri e workshop. Una Fabbrica, appunto, dove si lavora, si studia, si esplora nella dimensio-ne così ben descritta da Gian Piero Brunetta anni or sono nel libro Il viaggio dell’icononauta.

La Fabbrica del Vedere, Cannaregio 3857, Venezia, VE, Italia 30121 – 39 041 5231556 + 347 4923009www.archiviocarlomontanaro.itwww.fabbricadelvedere.itacmve@inwind.itfacebook archiviocarlomontanaro

LA FABBRICA DEL VEDERE

Difendo il Blue MoonPovero Blue Moon! Tutti contro di lui con critiche (e va bene) ma anche con bugie (e va male). E sempre confurore o con qualcosa che gli somiglia. Una delle bugie più infondate, ma tra le più diffuse e tenaci, riguarda laleggenda metropolitana secondo cui il nuovo edificio avrebbe precluso la veduta del mare a chi, procedendoverso di esso dal Piazzale di Santa Maria Elisabetta, gli si stava via via avvicinando. In realtà il mare non si èmai visto se non quando si era arrivati in cima alla vecchia terrazza. Questo perché anche il Gran Viale, nelsuo tratto finale, è in leggera salita come tutte le strade del Lido che giungono in prossimità dei due Lungoma-re costruiti sulla cima delle alte dune che orlavano il Lido in tempi lontani. Dunque il mare è ed era nascostoda quella salitella anche all'epoca della vecchia terrazza ora evocata con tanta retorica nostalgia. In realtà quel-la terrazza giaceva da tempo in stato preagonico, con la ringhiera scrostata e arrugginita, con molte piastrelledel pavimento tristemente sconnesse e con la scala a chiocciola, che dal suo centro portava al livello sottostante,ormai da tempo inagibile e chiusa. Insomma era urgente provvedere a un drastico rimedio della situazione inquella posizione urbanisticamente e turisticamente così strategica.Per molto tempo non si seppe decidere cosa fare, per cui da quella terrazza abbiamo osservato per anni una ve-duta da incubo: una distesa di sabbia sporca dove giacevano tracce di picnic e sopra cui svolazzavano sacchettidi plastica. L'incredibile degrado di quello spazio finì per interessare anche un grande quotidiano straniero,non ricordo quale, allibito di fronte a quella sconcezza in una spiaggia che fino a poco tempo prima era conside-rata tra le più eleganti d'Europa. Era successo che, ai tempi non lontani da quelli del dopoguerra (se non ricor-do male), insieme, e al di sotto della terrazza, era stato realizzato un ampio piazzale molto semplice con aiuolequadrate e verdeggianti e una bella illuminazione a raso, il tutto molto piacevole a vedersi. Ma poco dopo tuttociò sparì: infatti ci si era dimenticati di realizzare un qualsivoglia sbarramento al mare che, alla prima burra-sca, secondo le sue abitudini tanto conosciute quanto brutali, si mangiò tutto e lo sostituì con quella desolatadistesa di niente che abbiamo potuto vedere sconsolati fino, appunto, alla costruzione dell’attuale Blue Moon.Questa iniziò nel 1998, ma già nel 2001 vide la prima rescissione (?) del contratto in una vicenda tormentatada ritardi, indecisioni, correzioni (alla fne sono mancati anche i soldi per completare la grande cupola metallicae il molo che sarebbe dovuto arrivare al mare scavalcando la spiaggia). Tutto ciò ha dato al Blue Moon quellacattiva fama presso l'opinione pubblica che conosciamo e che recentemente è giunta a chiederne l'abbattimento.La vicenda tormentata della sua costruzione si incrocia, inoltre, con la cattiva disponibilità che i venezianihanno nei confronti dell'architettura contemporanea e, in genere, con tutto ciò che sa di modernità. In realtàl'architettura del Blue Moon è molto interessante. Come molte delle architetture ambiziose di architetti ambi-ziosi, anche quelle del Blue Moon contengono degli elementi metaforici. Per esempio il colore predominantedell'edificio richiama quello della sabbia; l'andamento ondulato del suo muro perimetrale richiama le onde delmare e le dune della spiaggia; inoltre le cupole sulla terrazza richiamano quelle del vicino Excelsior e della piùlontana San Marco e di tutte le altre della Città Storica.Ma certamente il Blue Moon non è esente da errori che anche nel caso del suo progettista, il pur bravo ed esper-to De Carlo, sembrano tradire un certo affanno (una specie di ansia di prestazione) che colpisce tanti architettichiamati a confrontarsi con le celebrate forme architettoniche delle città storiche dove sono chiamati a operare:figurarsi a Venezia!Comunque il Blue Moon, a mio parere, è una interessante architettura complessa che necessita, da parte di chila osserva, di un'attenzione critica aperta alle forme del contemporaneo e certamente non merita di essere de-molita ma, piuttosto, di ricevere una accurata manutenzione quale si deve a una delle poche testimonianze alLido di architettura del nostro tempo.

Guido Sartorelli

CONTROTENDENZA

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RECENSIONI 6 NEXUS – N. 98 — Quaderno n. 8 PRIMAVERA 2016

Il mare d’inverno esiste davvero è il nuovo libro di Riccardo RoiterRigoni e Annalisa Barizza. Un’opera, originale e innovativa(Duck Edizioni € 27,00) che per la sua realizzazione ha richiestotempo, pazienza e molta dedizione. Un percorso mai scontato,attraverso le situazioni climatiche più disparate. Un viaggiodall’inizio dell’autunno alla primavera inoltrata lungo il litoraleveneziano (da Cortellazzo a Sottomarina, passando per Jesolo,Cavallino, Punta Sabbioni, il Lido di Venezia e Pellestrina), peraffermare che senza dubbio “Il mare d’inverno esiste davvero”.È questo il titolo del libro fotografico-letterario di Riccardo Roi-ter Rigoni e Annalisa Barizza dedicato al fascino e alla bellezzadel fronte adriatico, corrispondente alla Laguna di Venezia, neilunghi mesi privi di attività balneari. Un libro nato da un’ideadell’artista lidense che, nel corso di alcuni anni, ha raccolto ilmateriale fotografico necessario a raccontare un luogo poetico,suggestivo e affascinante, ma spesso ancora sconosciuto. Foto-grafie in bianco e nero, introdotte da un testo e accompagnate daaforismi scritti da Annalisa Barizza. Spunti poetici, ispirati dasensazioni ed emozioni scaturite dal cuore e “dalla pancia”. Frasibrevi che accompagnano il lettore con discrezione, dando la sen-sazione che nel mare d’inverno non si è mai soli, nemmenoquando la spiaggia appare deserta. Il lavoro di impaginazionedel materiale fotografico-letterario è stato curato con attentaopera di regia dal fotografo e grafico Gian Mauro Lapenna, ilquale ha creato un layout dinamico che rende il libro accattivan-te ed elegante. Ogni coppia di pagine si presenta in modo diver-so e in esse si può ritrovare una storia o un messaggio ben preci-so. Le fotografie e gli aforismi sembrano essere uniti da un invi-sibile fil rouge che conferisce all’opera un aspetto unitario. Se sitiene conto che le immagini presenti nel libro sono ben 162 e gliaforismi 46, si può capire la complessità di questo lavoro.Il volume, dall’importante valore artistico, rappresenta anche unmezzo per valorizzare il territorio e per proporre iniziative attead aumentare l’attrattiva del litorale nei periodi considerati dibassa stagione. Alessandro Scarpa “Marta”, consigliere comunaledelegato alle isole, è subito diventato promotore dell’iniziativa, el’ha sottoposta con convinzione all’Assessore al Turismo PaolaMar e al sindaco Luigi Brugnaro i quali, a loro volta entusiasti,hanno concesso al libro il patrocinio del Comune di Venezia.Fin dall’inizio, l’opera ha suscitato l’entusiasmo e il sostegnodell’imprenditore lidense Teodoro Russo, il quale l’ha finanziatarealizzandone una tiratura personalizzata. Un gesto importantesia dal punto di vista artistico-culturale che commerciale e terri-toriale. Infatti, con questa sua iniziativa, Teodoro Russo ha volu-to essere di sprone per tutte le realtà imprenditoriali che operanoal Lido e sul litorale veneziano nel valorizzare e nell’investiresulla destagionalizzazione. Il libro è stato presentato in conferen-za stampa lo scorso 12 febbraio a Ca’ Farsetti e, al pubblico, nellaserata dello stesso giorno presso il Grande Albergo Ausonia &Hungaria.Davvero numerosa la partecipazione del pubblico ad entrambigli eventi. Da segnalare l’interesse manifestato dall’ente Turismoe Marketing di Innsbruck, il cui direttore Guido Vianello (inter-venuto in videoconferenza nel corso della presentazione al Co-mune di Venezia) ha invitato gli autori a presentare il libro pres-so l’università della città tirolese e ha messo a disposizione tresale del Palazzo Imperiale Asburgico per ospitare una mostra fo-tografica delle sue coinvolgenti immagini. Vianello ha espressola sua soddisfazione nel vedere come il litorale veneziano – con-siderato dagli austriaci come la loro spiaggia – stia per primogettando le basi di una nuova forma di turismo, emozionale eculturale. A tale riguardo, il consigliere Alessandro Scarpa haauspicato un incremento del turismo, ma anche un maggior uti-lizzo del litorale da parte della popolazione locale; ha quindi in-vitato la cittadinanza a proporre iniziative sportive, ludico-ri-creative, ambientali e culturali al fine di riscoprire e di viverel’arenile tutto l’anno. Il mare d’inverno esiste davvero rappresentainfatti un autentico punto di frattura con il passato, e vuole se-gnare invece il punto di partenza per un futuro in cui la bellezzae il potenziale benefico del mare d’inverno siano sempre più co-nosciuti e ricercati.

Betti Bertoncello

LINDA MAVIAN Veneziana, storica dell’arte,collaboratrice di Nexus e dialtre riviste culturali, respon-sabile del Pen Club Italia peril Veneto, è presente comepoetessa in raccolte antologi-che italiane e straniere ed èanche autrice di numerosesillogi: Dattiloscritto d’acqua(Edizioni del Leone 1994);Città leggera (Marsilio 1999);Aliante del mattino (LietoCol-le2008) con immagini del-l’artista visivo Guido Sarto-relli, artista veneziano del-l’area concettuale, tratti dallaserie “Cattedrali europee”;Dove la città diviene cielo (Su-pernova 2011) sempre conimmagini di Guido Sartorel-li; I rimanenti mari (Campa-notto Editore 2014). Quest’ultima raccolta è in-trodotta – come la preceden-te, Dove la città diviene cielo –da una prefazione dell’arti-sta, poeta, storico e criticodell’arte Toni Toniato che il 6aprile, in una gremita SalaTommaseo dell’Ateneo Ve-neto ha presentato il libro as-sieme a Giuseppe Goisis ePaola Mildonian. I rimanenti mari, scrive Tonia-to, è il “quinto e sicuramentepiù innovativo se non anchepiù importante libro di liri-che” di Linda Mavian. Questinuovi “bellissimi versi” sipresentano in tre distinte se-zioni, rispttivamente intitola-te “Limite di sorveglianza”,“Limite inesperti”, “Una ve-ste più ampia”, ognuna dellequali comunica sensazioni edemozioni diverse – scaturitedalla ricca osservazione dellanatura, dai pensieri dell’autri-ce, dai suoi sentimenti, dallesue memorie – che si fannopoesie dal respiro breve eprofondo, dove ogni verso èquasi un sospiro, si libera diogni struttura per proporre laparola che attende e trova.(gidi)

In Memoriam

Luciano Dall'Acqua

Te ne sei andato domenica 3 aprile

lasciando l’arte orbadelle tue grandi

creazioni e gli amiciti hanno potuto

onorare partecipando

numerosi ai funeralia San Geremia per

darti l’ultimo addio.Ti sia lieve la terra

MATERNE CONGIUNZIONIL’eredità materna è l’eredità della memoria della vita. È l’eredità del sentimento della vita.*

Queste parole definiscono bene il legame indistruttibile che tieneunite nel tempo le figlie e le madri. Eppure, a volte anche la madre,modello femminile vagheggiato e detestato, da imitare o da cui fug-gire, non ha idea di che cosa sia l’essere donna. La madre rimanesempre un enigma, una sciarada irrisolvibile, che la figlia porta consé per tutta l’esistenza. Il rapporto tra madre e figlia ci conduce in unterritorio insidioso e franoso, in un andare e venire tra luce ed om-bra, che rivela tutta l’ambiguità implicita in questa relazione. Spessosi tratta di un dialogo inconcluso, spezzato, differito che si fa sentirenella perdita, nel silenzio, nella distanza, nella disfatta.Se l’amore, come dice Lacan, è dare qualcosa che non si ha a qual-cuno che non la vuole, allora nessun rapporto è più intenso di quel-lo tra madre e figlia, in cui la madre cerca di donare alla figlia unamore carente e imperfetto che forse non ha mai sperimentato nellasua pienezza e che la figlia riceve sotto forma della vita stessa, sen-za aver chiesto di nascere.Questo elegante, nitido e bellissimo libro Su mia madre a cura di Cri-stiana Moldi-Ravenna, tocca le corde del rapporto complesso e sem-pre ambivalente tra le figlie e le madri. Le 23 autrici presentinell’opera ne investigano le mille sfumature e problematiche, coi lo-ro versatili apporti in prosa, poesia e perfino sotto forma di spartitomusicale. Raccontano, partendo da un vissuto individuale, che cosaha significato per loro la madre, attraverso una gamma di tonalità edi accenti a tratti accorati, a tratti lucidi, a tratti disincantati, senzaperò mai scadere nel patetismo o nel sentimentalismo.Il libro lancia una sfida non da poco: investigare nei recessi del ma-terno, in quel territorio che appartiene al tremendum, da cui ci mette-va in guardia Goethe nel Faust facendo esclamare a Mefistofele: “LeMadri! il loro regno non ha luogo né tempo, è quello delle forme possibili.”Nei testi presenti in questa antologia tematica si configura, in formadi mosaico, un’immagine della madre complessa e molteplice in cuile sue mani operose divengono protagoniste della cura e della tra-smissione dell’esperienza più profonda del vivere. Nella poesia“Nel salottino” di Fabia Ghenzovich la madre compare intenta “arammendare gli orli/a ricamare un bavaglino/a sferruzzare con mani abi-li/appena un po’ contratte”. Questa immagine ci riconduce all’archeti-po arcaico del ricamo, della tessitura, metafora della scrittura fem-minile nel mondo antico. L’enigma dei segni si disvela anche nel te-sto di Cristiana Moldi-Ravenna “Di mia madre” in cui la madre, at-traverso la parola, decifra con chiarezza l’arte informale di Burri da-vanti a un quadro dell’artista che la bambina non riusciva a com-prendere. Mani materne instancabili compaiono in “Un’immagine, per co-minciare” di Gemma Moldi che scrive “allora io vedo l’immagine del-le mani di mia mamma, anzi del dorso delle sue mani dove restano alcunetracce d’acqua, delle piccole gocce in ordine sparso [...] Il fatto è che non sele asciugava mai completamente, perché aveva sempre qualcos’altro da fa-re, questo l’ho capito molto tempo dopo”. La figlia osserva queste stessemani con occhi curiosi e stupiti, intente nell’attività domestica di dis-sezionare un pollo. La madre, come una novella Ecate, è impegnatain un’operazione necromantica che disvela, davanti agli occhi affa-scinati della bambina, il segreto della vita e della morte. Oppure in “Una poltroncina di velluto color zucca” Daniela Zam-burlin vede la madre assorta in chissà quali remote elucubrazioni,mentre tiene in mano l’unica sigaretta che si concede ogni giorno.”Seduta su una poltroncina di velluto color zucca, la schiena dritta, le gam-be accavallate, guardava lontano e fumava. Quell’unica sigaretta della gior-nata era per lei quasi un rito [...] Era lontana, e i suoi occhi grandi e severinon facevano trapelare alcuna emozione.”Alessandra Prato invece in “Velluto nero” ci racconta la morbidezzadel velluto dell’abito materno, che con la sua eleganza liscia e tene-brosa la trascina in una sorta di rêverie mnemotecnica. Scrive: “Sta-notte voglio rimanere con gli occhi aperti nel buio della mia cameretta.Ascolterò i rumori della casa e quelli che salgono dal canale. Non devo ad-dormentarmi. Reciterò a memoria le filastrocche di scuola, sottovoce. Ricor-derò tutti i vialetti dei giardini Papadopoli, le callette intorno a Campo SanPolo, le statue della Chiesa dei Frari e la mappa dei banchi della mia classe.”La bambina è in attesa che la madre ritorni dal concerto alla Fenicee la immagina sontuosamente fasciata nel suo abito di velluto nero.Il suo fantasticare ricorda quello di Baudelaire quando “Nel miocuore messo a nudo” dice “amavo mia madre per la sua eleganza.”L’amore per la madre, in ognuno dei testi di questa antologia si con-centra su dettagli: le mani, il capezzolo, il ventre, gli abiti, che spri-gionano il profumo di una memoria parcellizzata, quasi che la ma-dre si potesse solo amare in parte. Questa memoria per il particola-re, per gli odori, per i sapori, assume i tratti della proustiana me-moria involontaria. Riaffiorano mondi, percezioni. Eppure, non sitratta mai di una memoria nostalgica in quanto la madre, pur rap-presentando in assoluto il primo oggetto d’amore perduto nel di-stacco irredimibile al momento della nascita, continua sempre ad es-sere presente nel divenire esistenziale delle figlie. Anche se il cor-done ombelicale viene troncato al momento del parto, esso perdurainvisibile, diventando cappio, catena o filo d’oro, a seconda dei ca-si, e perdura indistruttibile, oltre il tempo e lo spazio.Nei testi di questa raccolta la madre diviene una lanterna magica at-traverso la quale ogni figlia proietta le luci e le ombre di un amore dif-ficile. Madre da imitare, madre da rifiutare, madre da fantasticare, masempre specchio della vita. Madre che attraverso il tempo si trasfor-ma: mentre la figlia diviene madre, scoprendo un nuovo punto di vi-sta sulla maternità, la madre diviene figlia, creatura fragile e vulnera-bile da accudire. Si tratta di un rapporto in perenne divenire, in cui lefiglie, dopo aver tanto ricevuto, nel bene e nel male, imparano a darealle proprie madri, al di là di ogni conflitto e ambivalenza.Questo libro dunque è un viaggio appassionante nei territori ma-terni e insegna molte cose che non sempre è dato di sapere, è un tri-buto appassionato e autentico nei confronti di colei che più di tuttici è stata prossima, nel cui ventre abbiamo abitato.

Lucia Guidorizzi* Massimo Recalcati, Le mani della madre, Feltrinelli 2015

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NERO LAVAGNAPRIMAVERA 2016 NEXUS N. 98 — Quaderno n. 8 – 7

V iviamo in un’epoca incui ignorare è diventatoun obbligo, per non de-

stare sospetti, per non indurrechi valuta le altrui mosse, a cre-dere di essere in presenza di unpersonaggio colto, di talento,uno di cui aver paura perché“sa di più”.

Pericolosamente potrebbe te-nere lontana la massa che, “an-che se non capisce, deve essereconvinta” e chi ha bisogno delconsenso basa il proprio succes-so sulle quantità.

Ignorare incontri culturali,inaugurazioni di mostre foto-grafiche di grandi maestri, di-battiti di grande rilevanza cul-turale. Meglio ignorare!

Se proprio è obbligatoria lapresenza istituzionale, megliodelegare a ragazze, fingendo dinon essere maschilista, a dotto-resse, a professoresse sullo stiledella trasmissione televisiva delquiz a premi L’Eredità.

Fino a qualche tempo fa, chiignorava aveva pudore e se nestava in disparte; oggi ne fasfoggio.

La nostra è un’epoca in cuiignorare è diventato un must pernon spaventare coloro che nonvogliono gente colta al governo,che temono di essere scopertinudi di saperi e doveri; è un’e-poca in cui il bluff è la regola ditutti i giochi e di tutti i commer-ci. Si permette alle Borse di tuttoil mondo di governare i destinidell’umanità, mentre il mecca-

nismo del rialzo e ribasso è cri-minoso e dovrebbe essere ban-dito e perseguito.

Dove, se non a Venezia, patriadei giochi d’azzardo, si può per-petrare spudoratamente il giocodell’inganno?

Il più terribile crimine è sem-pre stato legato, fin dall’anti-chità, alla possibilità di esserefraintesi e quindi ingannati, nonscelus sed error fuit... come sap-piamo, diceva l’antico amico,ma era già tardi per lui.

Siamo nell’era dell’ignorareazioni e reazioni, palesando deicomportamenti falsamente e-spliciti e sicuri, ridondanti solodi “no” (la parte del discorsopiù facile da capire ed essere ca-pita, legata alla prima infanzia,alla prima ricerca, prontamentesoddisfatta, dell’alimento basedel neonato, il latte, come dimo-strato circa 150 anni fa).

Ignorare e non far sapere. Si sfoggiano comportamenti

rassicuranti da tenere in pubbli-co, facendo l’occhiolino allemasse, assetate di frasi vernaco-lari e spicce, oltre che di bevandeche ottenebrano la mente e quin-di il comune senso di discerni-mento tra il lecito e il non lecito.

Eppure vediamo che, Volk-swagen docet, gli sbagli ci sono,chi sbaglia c’è.

Che cosa c’è alla base, all’ini-zio di uno sbaglio?

C’è l’ignorare il non sapere, ad-dirittura il non prevedere di poter

essere scoperti, con vergogna eludibrio.

Ignorare è, inoltre, aver consi-derato le conseguenze per lacollettività un non problema,badando esclusivamente al pro-fitto di alcuni, magari anchenon di pochi, ma certamentenon di tutti.

Il profitto, si sa, la fa da pa-drone: meglio ignorare, far sape-re di ignorare, tanto o del tutto,che la collettività esiste, che laStoria esiste.

La rovina di una città e deisuoi abitanti dipende anche dachi ignora la sua storia, la suanascita, il fiorire nel passato dicommerci anche azzardati.

Dipende da chi ignora chemantenerla, conservarla, farlaprosperare, curarla, rivalutarla,difenderla è un dovere, un ob-bligo morale imprescindibiledel primo cittadino, una respon-sabilità nei confronti di chispera, in modo particolare lavo-ratori e intellettuali, che ci siaancora un futuro per Venezia.

Cristiana Moldi-Ravenna

riceviamo e pubblichiamo riceviamo e pubblichiamo riceviamo

Il poetico dono di MARCELLO BRUSEGAN

“Lieve brezza fra barbagli di luce solleva nuvoli di sabbia e di spume...”E tu sei qui, immagine in lettura con sguardo rivolto al mare. Unsorriso, un gesto di saluto. La tua amicizia… un lungo filo a volterobusto come gomena di nave, a volte sottile come tela di ragno masempre un filo forte e possente, quello inossidabile dell’amiciziasincera. Un filo sottile, etereo, impalpabile ma solido e coinvol-gente. Ogni incontro una gioia d’ascolto. I giorni di sole sulla spiag-gia dentro un mosaico di figure, le voci farsi parole nell’azzurrobrillare dell’aria, le serate nel giardinetto veneziano, la casa tantodesiderata nel verde del Lido, le solitudini confidate… Marcello e Linda… storia e poesia. La loro presenza, parteci-pazione esultante a colmarmi. Affacciata sul tempo che scorre ritro-vo momenti di ardente vicinanza in quegli eventi letterari dedicatia mia madre. Nella mia casa di Verona, Marcello dormì nel letto dove una nottedell’aprile 1999 trovò il sonno Alda Merini. Letto di poesia, veglia-to in quieta luce da un corteo in parete di antiche acquasantieredove le voci dei silenzi sono sussurri sillabati. Conservo due letteredi Marcello dalla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia per lapubblicazione di due miei libri con date 1° settembre 2009 e luglio2010. Marcello aveva letto alcuni acronimi che dedicai all’amica deiNavigli destrutturando il nome ALDA rinato a nuovo significato. “Una danza leggera di versi”, li definì lo storico che diede luce al suopensiero nel corso della sua intensa attività letteraria. Marcello caro, ti avevo incontrato prima dell’estate. Era maggio.Già conoscevo “quel tumulto di energie dolenti in irrequieto vagare”,ma c’era promessa di nuova linfa.“Ho dentro un dolore in piena di parole...”Ti sei “imbarcato sopra la zattera ancorata da qualche parte dello spazio

per un rapido viaggio capolinea sconosciuto.”“La casa non geme più sotto lo scricchiolio dei tuoi passi.”Soffia il tuo spirito. Da quell’ombra fragile che ondeggia mi ritor-na il tuo poetico dono… gli ACRONIMI a me dedicati in un tuoscritto. Una recita breve, sussurrata nel teatro dell’aria.

Molti MaAnni AlleRidenti RoseIn InsinuiSolida SottileAmicizia Armonia

Stupore, incanto, lacrime…Marisa Tumicelli

(citazioni poetiche di E. Montale, C.L. Candiani, E. Dzieduszycka, A. Merini)

Ignorare Venezia

Legendary TiffanyTiffany &Co. since 1837di Cristiana Moldi-Ravenna

Finalmente è arrivato, nella piùprestigiosa città del mondo, la no-stra Venezia, il mitico marchio Tif-fany! Si presenta in elegante gla-mour per testimoniare, con la pro-pria presenza, che Venezia è la cittàpiù importante del mondo per con-tatti internazionali, con un pubbli-co di altissimo livello, sia per censoche per cultura. In assoluto è la piùstraordinaria città al mondo, amatada tutti coloro che hanno la sensibi-lità, la cultura, l’intelligenza, lacuriosità di ammirare la forza e lavitalità che si sprigiona dalle sueoriginalissime architetture, miraco-losamente emerse dalle acque: Ve-nezia eterna Venere. Calle Valla-resso si è arricchita, è il caso didirlo, delle vetrine della gioielleriaTiffany, all’anagrafico 1336, quasidi fronte a Harry’s Bar. Il negozioha vetrine sobrie con al centro unoo al massimo tre piccoli preziosi indiamanti, veri protagonisti, da cuisi sviluppa una serie di raggi lumi-nosi a sottolineare la quasi ‘sacra-lità’ del luogo. All’interno la strut-tura del negozio, confortevole esemplice, si snoda in varie vetrineper ammirare i gioielli di tutte le

misure e... i prezzi. Il personale,gentile e intelligente, sa cogliereimmediatamente quali possano es-sere le curiosità del visitatore e lesoddisfa prontamente. Il Gran Tea-tro La Fenice ha ospitato, dal 18 al26 marzo, la mostra di manufattistorici: farfalle e libellule. La Natu-ra come fonte di ispirazione si leggesull’invito. Infatti Charles Tiffanye in seguito il figlio disegnarono,con divertimento e arguzia, i gio-ielli più straordinari ispirandosiagli insetti. C’è una grande affinitàelettiva tra Venezia e Tiffany: dueeccellenze che sorgono per celebrarela natura, esaltarla, imitarla, ren-derla vivibile, visibile e palpabile davicino. Forse è questo il grandesuccesso di Tiffany, come lo è perVenezia. Che si tratti di mosaicid’oro per ricordare il sole che tra-monta sulla Laguna, oppure dipuri colori di pietre preziose per ri-dare vita a una farfalla che audace-mente si era posata su di noi, l’in-tenzione è la stessa: interpretare lanatura e imitarla – da sempre unadelle massime ambizioni e desideridei grandi artisti. Infine la lussuo-sa pubblicazione-catalogo con co-pertina color acquamarina, il coloredelle scatolette dei gioielli Tiffany,completa la presentazione della leg-gendaria gioielleria. Nella città chesa far sognare con la propria fiabe-sca storia, mancava quel marchioche ha come slogan ‘Tiffany tra-sforma i sogni in realtà’.

È POSSIBILE UNACINECITTÀ VENEZIANA?È ipotizzabile una Cinecittà vene-ziana che sfruttando la notorietàdella Mostra del Cinema utilizzigli spazi esistenti al Lido e nella vi-cina Marghera per attività di pro-duzione cinematografica? Sullo sfondo della Biennale, famosain tutto il mondo, tale progetto po-trebbe realizzare degli stabilimentiattivi in tutto l’arco dell’anno perla produzione cinematografica: daun lato il prestigioso palcoscenicovivente, dall’altro gli spazi esisten-ti a Marghera in attesa di inter-venti nel terziario.Come non pensare alla Scalera, lasocietà di produzione e distribuzio-ne che dall'autunno del 1943 rap-presentò la massima casa cinema-tografica italiana alla Giudecca, vi-cino al Mulino Stucky.Un’esperienza importante per il ci-nema italiano, indipendentementedalle cause che portarono il centrodella cinematografia a Venezia daRoma, dove Cinecittà era stata oc-cupata dai nazisti. E indipendente-mente dall’esito dell’avventura deifratelli Scalera, che con la cadutadel fascismo finirono la loro espe-rienza cinematografica veneziana.Come luogo di produzione, la Sca-lera fu un’importante esperienzacinematografica con attori qualiGino Cervi, Fosco Giacchetti, Ros-sano Brazzi, Emma Gramatica.Quindi un ritorno a una cinemato-grafia negli spazi esistenti al Lido ea Marghera, con la creazione diteatri di posa, cantieri per la lavo-razione degli scenari, dei costumi edegli effetti speciali. Lido e Mar-ghera per una nuova cittadella ci-nematografica sono strategici e pos-sono contare su porto e aeroporto esu nodi autostradali che permetto-no collegamenti con tutta Europa.

Elena Paola Fontana Perulli

CASA, RIFUGIO UMANO O FINANZIARIO? E... CAMBI D'USO

Mentre in Comune si parla di introdurre, solo per la Città Storica, normerestrittive per i cambi d'uso, ipotizzando che ciò sia la causa dell'inarre-stabile emorragia di residenti (la Nuova Venezia, 19 marzo 2016), all'este-ro osservano, studiano e, dati alla mano, verificano che, PIU' CHE RIFU-GIO UMANO, LA CASA è diventata RIFUGIO FINANZIARIO in par-ticolar modo dai paesi emergenti.Per effetto della globalizzazione molti investitori, d'oltremare ed europei,traggono attraverso l'acquisto di immobili in varie città del mondo, consi-derevoli benefici: eludono controlli fiscali; non rischiano che il bene vengaconfiscato con il cambio di regime; fanno lievitare i prezzi come fosseroazioni che vanno a ruba, aumentando così il loro capitale, ecc. A Venezia-Venezia c'è un quarto beneficio: affittano a turisti facendosi pagare conbonifico all'estero. Appurato questo, Canada, Cina, Australia, Svizzeraecc. corrono ai ripari, ponendo dei limiti ad acquirenti non residenti che,sfrattando gli autoctoni, penalizzano anche il commercio locale. Vediamo come. Qui di seguito la sintesi dello studio di Kerry Sun sulle re-strizioni agli acquisti immobiliari a non residenti stranieri (OccasionalPaper Series Vol. 2, Issue No. 3, August 2015):"Vancouver, tassa sulle speculazioni per chi non risiede per lunghi perio-di; Australia, con autorizzazione del Foreign Board che vende in aree dipoco interesse: chi risiede in modo transitorio può acquistare solo per usopersonale, il trasgressore va in prigione per due anni; Nuova Zelanda, haun registro acquirenti e i non residenti dovranno avere un c/c con numerodi identificazione per ragioni fiscali e produrre gli estremi di pagamento ditasse al paese di origine, qualora l'immobile venga venduto entro i dueanni si applicherà una tassa ulteriore sugli utili; Singapore, i non residen-ti comprano solo in aree determinate, terre e case abbandonate, e se sivende prima dei 4 anni scatta una tassa ulteriore, per il trasgressore laprigione è di 3 anni; Cina, solo per uso personale se si è residenti da alme-no un anno, anche qui trasgressioni punite con la prigione. Regno Unito,tassa del 28% sull'aumento di vendita, Cameron ha annunciato l'istitu-zione di un Ufficio del Territorio delle compagnie straniere che possiedonoproprietà in Inghiterra e in Galles; a Singapore le restrizioni esistono dal1973 e dal 2004 la proprietà viene limitata a 99 anni."Così si difende l'estero, mentre da noi pare si sia ciechi alla speculazionestraniera.

Gina Di Cataldo

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APPUNTAMENTI ALGRANDE ALBERGO AUSONIA&HUNGARIA

APRILE Venerdì 28 ore 18:00La peste a Venezia di Virgilio Boccardi

presenta Letizia Lanzaal termine della presentazione aperitivo e autografi

MAGGIO Sabato 7 maggio ore 18:00Elogio del contante di Leonardo Facco

presenta Teodoro Russoal termine della presentazione

gran cena-buffet in terrazza a 25 euro

CLUB UNESCO DI VENEZIAwww.clubunescovenezia.it

APRILE

Giovedì 14 – h 17,30Teatro dei Frari

Daniele Spero presenta

Il pensiero giapponese classicodi Massimo Raveri

Giovedi 21 – h 17,30Capitaneria di Porto

Giornata Mondiale UNESCOdel libro e del diritto d’autore

Relatore: Giovanni PelizzatoPresenta: Daniele Spero

MAGGIO

Giovedi 12 – h 17,00Presidio Militare “Cornoldi”

Venezia: immagini di città

Le rappresentazioni di Venezia daparte di turisti e residenti

Relatrice: Francesca Pazzaglia

Crescere in una città senza traffico Autonomia e conoscenze

ambientali dei bambini veneziani

Relatrice: Anne Maass Presenta: Laura Facchinelli

APPUNTAMENTI CULTURALI8 NEXUS – N. 98 — Quaderno n. 8 PRIMAVERA 2016

Nascosta, minuscola, ma tutti laconoscono, la libreria LIDOLI-

BRI, sperduta in un ammasso scon-clusionato di case, casupole, alber-ghi, pizzerie sotto l’ombra del belcampanile della Chiesa di S.M. Eli-sabetta: un’accozzaglia che disegnal’incipit urbano non proprio di qua-lità dell’isola del Lido di Venezia. Ilfamosissimo Lido, microclima mera-viglioso e da troppi anni stuprato,che pure dispone, a dieci minuti dinavigazione, di uno spazio urbanoincantato ben diverso, denso di mu-sei, gallerie, biblioteche, campi, cam-pielli, callette, palazzoni e palazzetti.Una città tutta FIRMATA, e scri-

viamo “firmata” per farci capire dachi è nato nell’era della globalizza-zione e crede che solo FIRMATO siasinonimo di BELLO e SUBLIME.Ricordiamo che a Venezia se ne fre-gavano dei divi foresti. Sia Palladioche Michelangelo sono stati clamoro-samente bocciati dagli abitanti e il lo-ro progetto per il Ponte di Rialto èstato buttato nel cestino della cartastraccia. Altri tempi. Il nome era im-portante ma non determinante. Il DaPonte è rimasto alla storia solo peraver progettato il Ponte di Rivo Alto.Lidolibri è nata 22anni fa in sostitu-zione della succursale estiva dellanota Libreria Goldoni; lo spazio è

stato ceduto dall’emerito signorDonà, come lo definisce l’attualeproprietario. Questi era un grandeamatore di libri e una “persona pu-ra”, dice Dario: “ha preferito darlo ame, innamorato della carta stampa-ta, piuttosto che a un pizzaiolo a me-tro esperto in ibridazioni di pomma-rola e salsicce viennesi.”

Come le è venuta l’idea di apri-re una libreria in questo angolosommesso dell’isola?Io ho vissuto sempre e solo al Li-do e in mezzo alla carta stampa-ta! Mio padre Vladimiro Missa-glia creava fumetti; mio zio En-nio Missaglia era sceneggiatoredi fumetti, era lui che scriveva itesti per i fumetti più celebri e fa-mosi, Topolino ad esempio. Perl’esattezza non sono nato al Lido.Mi ci hanno portato a tre giorni,qui in zona, a Città Giardino, vi-cino al galoppatoio e sono sem-pre vissuto nello stesso posto.Ho frequentato il liceo scientificoqui, si chiamava “Il Severi” edera famoso per la qualità dei suoiinsegnanti; esisteva anche un ot-timo liceo classico, poi hannopensato di dislocare entrambi ilicei svuotando il Lido delle suefonti di cultura e apprendimentoe di riportare tutto al di làdell’acqua... in Centro Storico.

Al Marco Polo e al Benedetti? Ilprincipio della fine quindi…Il Lido è diventata un’isola di pen-sionati e la mia clientela è formatain prevalenza da ex professori chehanno orientamenti culturali mol-to chiari. Vengono a chiedermi unlibro che non trovano e io glieloprocuro in quattro e quattr’otto,ho una grande velocità per reperi-re i libri, più che internet.

E i turisti stranieri non sonobuoni clienti?Nella bella stagione ho moltissi-mo afflusso di stranieri che mi

chiedono guide e libri sulla storiadi Venezia, vede, sono messi quiin primo piano! Per i clienti resi-denti al Lido ho disponibili mol-tissimi lavori monografici. I mieiclienti sono persone colte, magariun po’ tradizionali, leggono vo-lentieri i classici con turbinii diavventure, come García Már-quez, amano anche Salgari…Amano molto Isabel Allende. C’èanche quella clientela che acqui-sta solo i libri molto pubblicizzatidalla televisione o dai giornali…se io vendessi solo i libri che piac-ciono a me… chiuderei bottega!Sotto Natale mi vedo costretto aordinare 15 esemplari di BrunoVespa! E li vendo tutti! Non hanessuna importanza il contenuto.Comprano Bruno Vespa ad occhichiusi, per metterlo sotto l’albero.

Se ti vedono alla televisione, al-lora ti comprano?Se ti vedono alla televisione seibravo! Prova lampante: tutti i li-bri di cucina di Benedetta Paro-di e di Antonella Clerici sono unsuccessone. Basterebbe osserva-re come in trasmissione questegrandi cuoche versano una salsao rompono le uova.

Ho visto che schizzano dapper-tutto, sui grembiuli, sul tavolo,sulle pareti. Fanno più macchiedi Jackson Pollock. Esperte dicucina che non hanno mai fattoin vita loro un uovo al tegami-no? È una malformazione dellanostra epoca che condiziona ilmercato e che fa vendere solo ilibri pratici reclamizzati comelo Spic e Span. Che mi dice in-vece riguardo la narrativa?Escono troppi libri.

E i libri per i bambini? Sono molto migliorati, c’è più as-sortimento e scelta per tutte leetà dall’infanzia all’adolescenza.Sono pubblicazioni fatte con cu-

ra e attenzione, piene di idee cheinvogliano i giovani all’acquisto.

Durante l’intervista il cielo al Lido èdiventato scuro. È calata la notte amezzogiorno. Una folata di ventodell’est e di pioggia scompagina lepagine dei libri sistemati con ordinevicino alla cassa della porta di entra-ta. Una bufera violenta e prepotenteriempie del suo odore salato lo spazioche trema sotto le folate, come un va-scello pieno di libri nella tempesta.Pochi secondi, la tormenta si placa inVia Isola di Cerigo. Fuori, nel cielo efin sotto gli alberi, appare quella lu-ce soprannaturale che segue sempreogni pioggia. Caduta l’ultima goc-cia, ecco subito un cliente, di mezzaetà, altri sono in agguato fuori dellaporta. Il primo è velocissimo, nonscivola sui quadrotti bianco grigiodel pavimento inumidito.

Ma non c’è un’ altra libreria alLido? È appena cessato l’uraga-no e c’è già la fila!Esiste un’ottima cartolibreria inVia Bragadin, ma vende soprat-tutto libri scolastici e quaderni.La Lidolibri invece è un punto diaggregazione.

I clienti non si addentrano nel nego-zio profondo come un corridoio, loconoscono a memoria, sono di casa.Si fermano al tavolo di Dario e ordi-nano libri speciali che non si trova-no in giro, ma di cui hanno sentitoparlare da amici lontani. Dario Mis-saglia prende nota con calma serenae meticolosità. Una gestualità chetradisce la sua cultura. A vederlo diprimo acchito potrebbe sembrare unvenditore di patate o di pomodori colcamioncino ambulante. Ha i jeansstrappati, il maglione slabbrato e in-dossato in fretta, la coda di finissimicapelli biondo-grigio che penzolalungo la schiena. È la sua grazia nel-lo scrivere e lo sguardo azzurro stel-lato che rivela la qualità del libraiopiù amato del Lido.

Intervista a DARIO MISSAGLIALIDOLIBRI – Lido di Venezia

Fiora Gandolfi

La peste a Venezia (Supernova2016) è un libro di Virgilio Boccar-di il quale, con il consueto stilesemplice e al tempo stesso raffinato,ci racconta in estrema sintesi le trepestilenze che ha sofferto Veneziadurante il governo della Serenissi-ma Repubblica. Dopo l’efficace de-scrizione di come appariva la cittàin quei terribili frangenti, con “lasolitudine delle calli, dei campi, diPiazza San Marco”, Boccardi sisofferma sulle due grandi chiese vo-tive, il Redentore e la Chiesa dellaSalute, con cui i veneziani hannochiesto il soccorso divino per farcessare l’epidemia. In conclusione,l’autore ci ricorda, con alcuniesempi, che “anche sull’arte lapeste ebbe notevole incidenza”.

Elogio del contante di LeonardoFacco, giornalista, editore, musici-sta, autore teatrale e fondatore delMovimento Libertario, è un libroin cui egli difende l’ultimo centi-metro rimasto di libertà monetariasmontando tutte le “giustificazio-ni” insensate e spiegando perchél’eliminazione del contante, oltre aviolare ulteriormente la libertà,avrebbe effetti economici di lungoperiodo distruttivi. Facco mette inevidenza il fatto che la lotta al con-tante, fatta per combattere l’evasio-ne, non l’ha affatto minimamenterallentata e addirittura ha portatoil paese alla deflazione: la gentespende meno e usa altre monete. Illibro si può ordinare a [email protected].

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VENEZIA E L’ARTEPRIMAVERA 2016 NEXUS N. 98 — Quaderno n. 8 – 9

Piergiorgio Brusegan, dettoBruse, nato nel 1941 a Ve-nezia è molto conosciuto e

apprezzato da chi beve del buonvino. Artista sorprendente, a tut-to tondo, non c’è oggetto che toc-chi che non trasudi arte, il mondoche lo circonda è meraviglia esorpresa. Un artista inconsueto,in questa nostra Venezia asfittica,dove i pochi autoctoni rimasti sicelano dietro il perbenismo delcashemere (comprato alle svendi-te). Gran signori che dietro la fac-ciata celano un animo avido espaurito. Esseri svuotati o peggioprostituiti nei commerci più bie-chi e ipocriti, perché vivono di ra-pine succhiando il poco sanguerimasto nelle vene della Serenis-sima. Vampiri della loro città, an-zi peggio parassiti di Venezia,perché il principe Drakula sug-gendo dal collo il liquido caldo erosso dava in cambio l’immorta-lità, loro invece succhiano l’ulti-ma linfa vitale della loro vittima.Ladri che svuotano una civiltànon dando niente in cambio.A Piergiorgio Brusegan e a suamoglie Giovanna Gregori, que-sta Venezia cambiata non va agenio così come l’insularità trop-po spinta degli abitanti. Per capi-re il senso della vita bisogna eva-dere da velme e barene, come fa-cevano gli antichi veneziani.Marco Polo, tanto per citare ilpiù celebre dei commercianti-viaggiatori di Venezia, non ave-va paura di buttarsi in avventureperigliose. Rischiava. Mejo moririn mar grando che crepare arraf-fando in una pozzanghera mel-mosa.Tutti dovrebbero fare un viaggionegli spazi incantati di questospeciale artista che vive, quandoè in laguna, vicino a Sant’Apo-nal. Una sorpresa dopo l’altra.Nell’entrata si calpesta lo zerbi-no fatto di pezzi di stoffa e pla-stiche da imballo, simile a unquadro di Antoni Tàpies deglianni Settanta fatto per eviden-ziare la scritta “togliersi le scar-pe”. A destra si scorge subito ungrande pollaio dove razzolavanopollastri a grandezza naturale.Una variopinta aia di gesso e ce-ramica fa le veci del rituale mo-retto col turbante che accoglie ivisitatori. Pollastre, galletti, fa-raone, gallinelle pepole, colombi,pernici, conigli e lepri, aspettanoaccanto a divani e poltroncine diseta. Attorno, sulle pareti e sullemensole, mille quadri, libri, dise-gni, chine, tempere, pastelli, ma-tite, acrilici, quadri a olio di tuttele misure, che si contendono lospazio coi cuscini ricamati e ipannelli tessuti a mano. Un in-sieme eterogeneo che si aggiun-ge ai mille amuleti, statuine egioielli con poteri magici. Osservo la miriade di misteriosioggetti, sconosciuti. Apro e chiu-do il libro a fisarmonica con ve-dute veneziane tratteggiate conprecisione. Brusegan, che ne èl’autore, sa disegnare e ha fattoun piccolo capolavoro. Sono at-tratta dalla collezione inusualedi semi color castagna, enormicome un cocomero e luccicanti.Sembrano le parti di un corpoumano africano smembrato. Inquesto appartamento spiazzantevien fatto di pensare che tutte lestranezze raccontate nel Milionnon sono poi balle, frutto dellafantasia di Rustichello e MarcoPolo. La descrizione degli uomi-ni con le orecchie lunghe comescialli, atte a coprire il corpo, for-

se rappresentano una verità in-travista da lontano. Le orecchieerano forse gigantesche radicirosa? L’Oriente e l’Occidentenon sono solo un nome geografi-co, rappresentano una dualitàmetafisico-spirituale ben defini-ta. L’Oriente è il mondo mistico,dell’apparizione, della quiete,dell’estasi, del colore. L’Occi-dente è il luogo dell’agitazione,del materialismo e delle tenebre.Difficile non rimanere sedotti einquieti, travolti da questi duepoli così lontani.Ci prepariamo per l’intervista.Giovanna porta una tazzina diporcellana rosa corallo con ilcaffè che si mescola con un cuc-chiaino a forma di cobra! “Portafortuna! Lo prenda se le piace, cifa piacere!” Sorprendente trova-re a Venezia delle persone cheabbiano conservato la dote dellagenerosità.

Com’è nata la sua passione peril viaggio che la spinge a rima-nere per mesi e mesi lontanissi-mo da Venezia, nel Sud dell’In-dia?Un fatto casuale. Ho frequentatoil Liceo classico Marco Polo, eccoperché nei miei quadri ci sonospesso riferimenti alla mitologiagreco-latina. La fantasia simboli-ca del Mediterraneo mi è entratanel profondo, sebbene a scuolaandassi male, anzi malissimo.Sempre bocciato! Una volta, due

volte, tre volte… i miei genitorinon sopportavano quest’idea, mihanno perfino mandato in terro-nia, l’ultima spiaggia. Speravanoche lì riuscissero con un calciomagico a buttarmi fuori, a farmiavere la maturità. Non ce l’hofatta. Niente: no go finìo el liceoclassico. A venti anni mi sono tro-vato azzerato: senza morosa,senza casa, senza maturità. Perfortuna ho incontrato la Giovan-na, eccola qua la mia Giovanna,che studiava a Ca’ Foscari.

Bruse, sincero e diretto, non am-mette con la parola che quest’a-more gli abbia cambiato la vita.Rivela tutta la sua stima per Gio-vanna seduta nella poltroncinaaccanto a lui, ovviamente a piedinudi poggiati comodi su un tap-peto afgano. Ha i capelli rossiche vibrano di energia con chio-me di Medusa e riflettono la loroombra sul quadro enorme delfondo. Un dipinto che raffiguraun complicato fondale marinocolor turchese dove nuotanogrossi pesci e alghe. Con un ge-sto inconsueto che sembrerebbemaschilista, Bruse solleva la gon-na nera perché io ammiri la suabellezza: varda che gambe, vardache gambe. In effetti Donna Gio-vanna ha gambe agili, vitali,guizzanti da ragazza (come tuttoil resto). Scoprirò dopo poco ilsegreto di quelle caviglie da gaz-zella.I Brusegan per anni hanno

attraversato i deserti salati, i de-serti di sabbia, i deserti di sassidel Medio Oriente, a piedi!Quando tornano a Venezia con-tinuano a vivere alla manieraorientale, niente scarpe, tantitappeti uno sull’altro, e se pro-prio devono mettere mocassini ostivaletti per uscire non stannotroppo a riflettere se l’estremitàdella calzatura costringe l’allucee le dita. Prendono un taglierinoda carta e zac! Eliminano con uncolpo di trincetto la punta delpolacco o dello scarponcino dipelle, così le dita possono muo-versi, aprirsi a ventaglio, respi-rare. Un passo veloce e felice èun dono di Dio. Ed è per questoche i piedi sono assimilati inmolte culture ad esseri angelici.Non aveva forse Mercurio le aliai piedi?

Il meraviglioso vagabondaggioverso l’Oriente come è nato?A 21 anni sono andato in Olanda.Qui ho fatto amicizia con la di-rettrice degli Alberghi della Gio-ventù che permettevano ai gio-vani di viaggiare usufruendodegli ostelli (allora viaggiavanosolo i ricchi). La direttrice anda-va sempre nello Sri Lanka. Mi èvenuta voglia di Oriente percambiare vita. Le ho chiesto con-siglio su quali fossero i voli piùeconomici, e lei sorpresa: “Mache dici! Se vuoi capire qualcosadell’Oriente ci devi andare a pie-

di!” E, da quei lontani anni Ses-santa, per dieci anni, questoviaggio l’abbiamo sempre fatto apiedi e con le carovane, comeMarco Polo e come tutti i mer-canti veneziani. Un mese e mez-zo per andare, tre mesi di sosta inIndia a lavorare, a dipingere, ascolpire, a trovare pezzi percommerciare al mercatino di SanMaurizio, a Venezia, un mese emezzo per tornare: un’immer-sione totale nelle albe e nei tra-monti, nei mercati, nei deserti disassi o di sabbia in paesaggi pie-ni di spazio e vento. Quando èandato su Khomeini è finito tut-to. Chiuso: nessuno poteva piùattraversare l’Iran. Ci siamo do-vuti arrendere all’aereo.

Nella foto ufficiale Brusegan hail vezzo di farsi raffigurareall’antica, come un ritratto di ar-tista del Quattrocento: grandebasco di velluto alla Dürer o for-se un berretto di velluto comequelli che si faceva fare Wagnero che amava Raffaello. Insomma,il copricapo degli artisti. Capellilunghi, bella barba bianca e losguardo che punta dritto chi loguarda, penetrandolo.

Perché quest’immagine?La scelta di questa icona pensosignifichi che io mi sento un arti-sta tradizionale. Non sono unoscarabocion: so dipingere, lavora-re a tempera, a olio, all’acquerel-lo, con gli acrilici, so incidere, hoimparato a fare di tutto. So per-sino rendere con verismo iper-realista le gocce di sudore rap-preso sulla schiena delle vacchesacre in India. So creare un in-terno soffuso come Bonnard, sodisegnare tutte le chiese e i pon-ti di Venezia.

La ‘didascalia’ sotto il bigliettoda visita di Brusegan è tutto unprogramma e lo colloca ancorpiù fuori dal sistema arti visivedi oggi: Piergiorgio Brusegan(seconda metà del XX secolo) inmostra permanente. Studio Ar-te Illusione. San Polo 1215, Ve-nezia.

Finis

Pittori Veneziani.1Piergiorgio Brusegan

Fiora Gandolfi

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Renato Pestriniero

23.12.2015 = Ancora fermo. Il gua-sto si è verificato all'altezza dellarampa cavalcavia sulla linea Me-stre-Marghera nella centralina.“Voglio capire cosa sta succedendo– ha detto Renato Boraso – non èpossibile andare avanti così conquesti stop legati a una progetta-zione elettronica che evidentementeha delle falle.”

30.12.2015 = “I soldi spesi neltram si risparmieranno un domaniin medicine perchè il tram costa dipiù ma non inquina.” Ne è convin-to Luca Scalabrin che non ci staalle parole di Boraso: “Non si puòfare sempre la scelta più risparmio-sa o conveniente in termini di spic-cioli, il tram è un mezzo per miglio-rare il mondo in cui viviamo.” Siparla di migliaia di euro al giornodi energia elettrica per muovere iconvogli e squadre di pronto inter-vento in caso di guasti.

2.1.2016 = Il nuovo anno si è apertocon l'ennesimo stop del Siluro Rossoper un'auto rimasta in panne sulPonte della Libertà che dopo le 8:30ha fatto scattare lo stop.

4.1.2016 = Un'autocisterna inpanne a San Giuliano verso ilPonte della Libertà. Le corse deltram sono state garantite solo traFavaro, Mestre e Marghera. Alle14:40 due auto si sono scontrate in-tralciando nuovamente il binario, ela linea T1 si è così fermata un'al-tra volta. Infine in serata un auto-bus in avaria da Piazzale Roma hadi nuovo fermato il Siluro Rosso.

7.1.2016 = Ieri sera alle 18:30 è ba-stato un banale tamponamento percostringere il tram ad arrestare lasua corsa. E, nonostante la buonavolontà, c'è voluta mezz'ora, hadetto Renato Boraso.

8.1.2016 = Quasi tre ore di stopforzato. Uno strato di durissimabrina ha costretto i pendolari a sali-re sui bus sostitutivi. Alla ripresadel servizio, i tram non sono riusci-ti a muoversi fino alle 8. Nella mat-tinata di ieri, per un incidente tradue auto, è stato bloccato il binariosul Ponte della Libertà.

15.1.2016 = Ci sono due tram in de-posito “cannibalizzati” per sostitui-re i pezzi che si rompono negli altri18. In realtà sono 17 perché uno èfermo in seguito a un incidente, edue milioni di euro l'uno come ri-serva di pezzi di ricambio non sonoil massimo. La Lohr, l'azienda fran-cese che l'ha costruito, è fallita.

16.1.2016 = Il tram è deragliato al-l'altezza dell'ultima curva primadel capolinea di Marghera davantial Panorama. Blocco di una mez-z'ora e passeggeri costretti a pren-dere i bus sostitutivi.

21.1.2016 = Più o meno alle 6:30 iltram si è fermato all’altezza di ViaMonte Nevoso, dopo uno schiantocon un'utilitaria.

25.1.2016 = Nuovo blocco. Ierisera, all'ora di pranzo, è stato co-stretto a fermarsi per un'ora in ViaSan Donà. Ad arrestarne la corsauna Toyota che è andata a sbatterecon la fiancata contro il palo dellafermata sopra la piattaforma.

27.1.2016 = Una “maledizione” chesembra non finire mai. Anche ieriuno stop ha rallentato il viaggiodella linea T2. Alle 12:45 un busdell'Actv è rimasto bloccato perun'avaria del motore in Via Lavelliintralciando le rotaie del tram. Unaltro stop forzato si è verificato versosera, un'auto non ha rispettato laprecedenza finendo contro il tram.

30.1.2016 = Stava affrontando ilCavalcavia di San Giuliano con lasua moto. All'improvviso la ruotasi è incastrata nella rotaia del trame l'uomo è volato violentementesull'asfalto. Di certo gli opuscoli asuo tempo distribuiti da Pmv perspiegare come convivere con il Silu-ro Rosso non sono bastati a evitaresimili incidenti.

9.2.2016 = Colpa di un incidentetra due auto. Una volta rimosse, ilmezzo sarebbe potuto partire maper cause ignote non l'ha fatto.Verso le 23:15 è successo un altroincidente tra due veicoli così la frit-tata è stata completa. Ieri mattinainfine un altro tram si è fermato sulPonte della Libertà.

18.2.2016 = Martedì sera il tram siè dovuto bloccare perché un'auto

che non si è fermata al segnale diarresto è andata a schiantarsi sullafiancata del convoglio.

25.2.2016 = Sosta per cause elettri-che. A lasciare a piedi i pendolarida San Giuliano a Piazzale Roma èstato il salto dei tappi delle sotto-stazioni 4 e 5. Per il perdurare delproblema, Actv e Avm hanno deci-so di interrompere il servizio dellaT1 da Favaro a Venezia e sostituir-lo con i bus.

26.2.2016 = Un cavo scoperto, ro-betta da Scuola Radio Elettra, hamandato in tilt il tram mercoledì.Una banale dispersione di correnteda un cavo scoperto.

1.3.2016 = Ieri è saltato uno degliapparati di sicurezza della Lac (ti-rante dei cavi elettrici). Interruzio-ne di una mezz'ora.

3.3.2016 = Verso le 15 c'è stato unproblema meccanico. Il tram si èbloccato paralizzando la circolazio-ne per un'ora e un quarto. Con il97% del percorso in sede promiscuace n’è sempre una.

4.3.2016 = La gente che chiede unreferendum per rottamare il tramgrida “Vergognatevi!”

8.3.2016 = Un incidente l'ha bloc-cato a causa di strade troppo strettee per il fatto che non esistono corsieriservate.

10.3.2016 = Tre stop ieri uno die-tro l'altro. Un blocco provocato daun tirante dei cavi elettrici ha cedu-to sotto la pressione del vento. Unabreve interruzione di corrente persistemare un tirante della lineaaerea a Forte Marghera. Infineun'avaria ha causato a un convo-glio un'interruzione di una ventinadi minuti.

20.3.2016 = Per un guasto al moto-re altra sosta sul Ponte della Li-bertà.

26.3.2016 = Oggi sul giornale èscritto che il tram è un mezzo fragi-le e che le commissioni di collaudostanno ventilando pesanti riservesulla certificazione.

E con questo finisce la cronaca in-vernale del tram veneziamo.

10 NEXUS – N. 98 — Quaderno n. 8 PRIMAVERA 2016

PONTE DEI SOSPIRI

Una poesia dedicata a Luciano dell’Acqua mancato ai vivi il 4 aprile 2016

Il dolore ha riposto i perchéin una trama di volo.

Nodi sciolti su velaconducono la febbreoltre le visioni orizzontali.

Più non vedrò l’amicoatteso da un volto di luceche giganteggiasul nome Luciano.

da: Il fallimento della vita (Supernova 2016)

PAROLA MIAAldo Vianello

[Venezia Multimediale]

Pitza e datteriuna commedia sul tema dell’integrazione

Danilo Reato

RITRATTI VENEZIANIgidi

Il 18 febbraio 2016 è mortaNicoletta Spada e noi voglianoricordare commossi la sua pre-senza gioiosa al taglio dellatorta il 20 luglio 2008, per ilcentenario dell’Hotel Excelsior,l’albergo costruito dal padreNiccolò Spada, grande impren-ditore, creatore di città: a lui sideve la nascita del Lido e a luiquella di Fiuggi.

Là è celebrato dall’intitolazio-ne della piazza principale, Piaz-za Spada, qui, al Lido, dal mo-numento funebre posto all’in-gresso del Cimitero cattolico.

In Comune non capiscono onon vogliono capire che intito-lare una strada a un personag-gio storico, che nel passato hacreato qualcosa che parla alpresente e al futuro, è preferibi-le all’intitolazione a un perso-naggio politico.

Niccolò Spada, nonno delloscrittore Andrea Molesini, vin-citore del Premio Campiello2011, era un imprenditore crea-tivo e infatti ha creato l’albergo-città Excelsior facendolo diven-tare un centro internazionale,un luogo simbolo del jet-set.

Di lui si parla nel libro Il Lidodi Venezia. Storia dalle sue originiad oggi. Come si crea una cittàdell’ing. Achille Talenti, libroche ha avuto due edizioni e di-verse ristampe, tra cui un facsi-mile pubblicato nel 2015 da Su-pernova.

Ecco una recensione apparsanel giornale Epoca di Roma, n.282, 2 dicembe 1921: «… l’ing.Achille Talenti di Roma ha pub-blicato un libro in cui si dimo-stra un vero miracolo italiano divolontà salda e geniale. Vi sidocumenta […] la storia dellacreazione del Lido di Venezia,che ebbe vita da Niccolò Spada,uomo rapido nell’azione, in-stancabile, audacissimo in tuttele sue iniziative intese a miglio-rare sempre più la vita e il futu-ro di Venezia […] Il nome dello

Spada va indissolubilmenteunito in Italia e fuori dall’Italiaalla rinascita del Lido, che fuveramente la grande opera sua,come è dimostrato nel volumedel Talenti…»

E, in verità, Niccolò Spada re-se famoso il nome del Lido intutto il mondo, lo fece diventareil centro esclusivo di ritrovo perre, principi e magnati, al puntoche nel mondo si parlava più delLido che di Venezia.

Niccolò Spada

PERLE VENEZIANE 6Una curiosa concomitanza di fatti ha visto nascere insieme un’instal-

lazione artistica della Biennale e un film che sembrava nato appostaper immortalare eventi analoghi. Una moschea a Venezia che rimane invita per dieci giorni nel maggio del 2015, ricavata nel padiglione islan-dese della Biennale, opera dell’artista Christoph Büchel, ha dovuto pre-sto chiudere i battenti fra mille polemiche, seguite da un provvedimen-to emesso dal prefetto per violazione di utilizzo durante l’orario di aper-tura al pubblico di uno spazio dell’ex chiesa, data in concessione allaBiennale per finalità di mostra espositiva, e conseguente divieto di tra-sformare il padiglione in un luogo di culto. Dalla provocazione artisticail cinema passa alla riflessione di sapida intelligenza del regista curdo,autore dell’acclamato e premiato I fiori di Kirkuk, Fariborz Kamkari. Na-sce così Pitza e datteri, prodotto da Far Out Films in associazione conAdriana Chiesa Enterprises e Acek, una divertente storia di integrazionemulticulturale che sceglie proprio come suo scenario ideale Venezia e,poiché le programmazioni cinematografiche, spengono troppo prestoluci e riflettori per far cadere i film per sempre nell’oblio, cogliamo oggil’occasione per parlarne all’uscita del DVD nel mercato dell’home video.Una pacifica, eterogenea comunità musulmana, molto scombinata, a Ve-nezia viene sfrattata dalla propria moschea da una sensuale e avvenen-te parrucchiera, una donna bella ed emancipata che, stanca di sopporta-re il marito musulmano e soprattutto i debiti accumulati, trasforma il lo-cale in un frequentatissimo salone di bellezza unisex, ribaltando così lesorti del dissestato patrimonio familiare. La comunità grida allo scanda-lo e allora viene chiamato in soccorso un giovane e inesperto imam af-ghano per riappropriarsi del legittimo luogo di culto, di cui si sentonoingiustamente defraudati. Tutti i loro tentativi risultano però goffi e de-stinati a fallire, anche per la tenace resistenza delle stesse donne musul-mane, creando situazioni comiche ed esilaranti, ma alla fine si troveràuna soluzione ai loro problemi, naturalmente altrettanto paradossale,ma ci guardiamo bene dal rivelarla. Una storia di tal genere non potevatrovare scenario migliore della città lagunare, storico crocevia tra Orien-te e Occidente, luogo ideale per questa bella favola dei nostri giorni.Fra gli interpreti spicca la figura di Bepi, un aristocratico veneziano, or-mai in stato di indigenza, che respinto dalla propria città cerca una nuo-va appartenenza convertendosi all’Islam, interpretato magistralmentedal friulano Giuseppe Battiston, da tempo immemore abituato a metterda parte le proprie origini per indossare quelle della nuova patria d’ado-zione; ricordiamo inoltre il giovanissimo imam Saladino (Mehdi Meskar,calabrese-magrebino-parigino cresciuto a Treviso), la splendida parruc-chiera Zara (la franco-africana Maud Buquet), il “presidente” della co-munità Karim (il pakistano più noto d’Italia Hassani Shapi), la musul-mana progressista Fatima (l’italo-africana Esther Elisha) e il curdo Ala (ilsiciliano Giovanni Martorana). Il tutto condito dalle musiche avvolgen-ti dell’Orchestra di Piazza Vittorio che danno il giusto colore multietni-co alla effervescente rappresentazione.Un film questo che andrebbe rivisto proprio per l’intelligente propostadi una tematica di scottante attualità, alla luce anche delle recenti boc-ciature da parte della Corte Costituzionale della legge regionale della re-gione Lombardia sulla regolamentazione delle costruzioni di nuove mo-schee. A questo si aggiunge il modo raffinato e stravagante di affronta-re la problematica da parte di un regista curdo, Fariborz Kamkari, natoin Iran dove si è formato a Teheran, ma che vive tra Italia e Kurdistan,non celando però la sua insolita condizione di sradicato, come rivelaapertamente una battuta del film messa in bocca all’immigrato curdoAla che non ha casa e quindi dorme nella moschea: “un curdo non ha pae-se, non può tornare, solo sempre andare”.Pitza e datteri (2014) – regia di Fariborz Kamkari; Interpreti principali: Giu-seppe Battiston, Maud Buquet, Mehdi Meskar, Hassani Shapi, GiovanniMartorana; Produzione: Far Out Films, Adriana Chiesa Enterprises e Acek; Di-stribuzione: CG Entertainment; DVD dur, 92’, Prezzo: 12,99 euro.

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CRONACA E CURIOSITÀPRIMAVERA 2016 NEXUS N. 98 — Quaderno n. 8 – 11

Direzione e RedazioneG. DISTEFANO (dr. ed.), N. FALCONI (dir. resp.), D. ZAMBURLIN (cond.)

L. LANZA (red.), M. REGINA (red.)

Hanno collaborato a questo numeroTIZIANA AGOSTINI, BETTI BERTONCELLO, PIERGIORGIO BRUSEGAN,

DOMENICO CARDONE, PAOLO COSTA, GINA DI CATALDO, GIOVANNI DISTEFANO, FRANCO FABRIS, DAVIDE FEDERICI, FIORA GANDOLFI HERRERA, GIOVANNA GREGORI,LUCIA GUIDORIZZI, LETIZIA LANZA, DARIO MISSAGLIA, CRISTIANA MOLDI RAVENNA,

PAOLO MORACHIELLO, TAZIA NUVOLARI, ELENA PAOLA FONTANA PERULLI, RENATO PESTRINIERO, DANILO REATO, TEODORO RUSSO, GUIDO SARTORELLI,

MARISA TUMICELLI, ALDO VIANELLO,

REDAZIONE, AMMINISTRAZIONESUPERNOVA EDIZIONI srl,

via Orso Partecipazio, 24 – 30126 Venezia-LidoTel/fax 041.5265027 – cell. 3491481059

email: [email protected] website: www.supernovaedizioni.it

STAMPA: Grafiche Biesse s.a.s. – Scorzè (Venezia)

I Quaderni di Nexus continuano a tenere in vita le idee di quello che è stato ininter-rottamente per oltre 20 anni il periodico culturale veneziano sorto con autorizza-zione del Tribunale di Venezia n. 1114 il 23.3.93

Le opinioni espresse nei testi firmatiimpegnano esclusivamente i rispettivi autori

COMUNICAZIONE, CULTURA E ATTUALITÀ NELLA CITTÀ METROPOLITANA DI VENEZIA

Anno XXIII n. 98 – Quaderno n. 8

PRIMAVERA 2016

Ariete.Come ogni anno, la primavera, con il suoequinozio nel vostro segno, ha per voi un oc-chio di riguardo. Sappiate far buon uso delfavore delle stelle, perché in autunno racco-glierete solo se avrete seminato bene.

Toro.Davvero tante le stelle che collaborano colvostro Sole. Approfittatene e vivete con sere-nità questo momento, mettendo in cantierenuovi progetti, senza paura di sbagliare.

Gemelli. Cari amici dei Gemelli, i favori dei pia-neti veloci contrastano con la dovuta pru-denza richiesta da quelli lenti. Succede in-fatti che l’opposizione di Saturno e Martedal Sagittario e la doppia quadratura diGiove, in Vergine, e di Nettuno, in Pesci,potrebbero bloccare i vostri slanci primave-rili, in particolare per i nativi della secon-da decade. Che fare? Godere delle piccole

cose e tenersi pronti per l’autunno, quandonuovi orizzonti rischiareranno il vostrocielo. Allora sarà il momento di giocare levostre carte, sempre che nel frattempo ci ab-biate lavorato sopra.

Cancro.Mese di aprile a parte, in cui non manche-ranno piccole tensioni e qualche contrat-tempo, la primavera filerà liscia comel’olio regalandovi momenti lievi, nuove op-portunità e, se ci saprete fare, qualche sol-dino.

Leone.Tutto OK, cari Leone, siete tra i segni fa-voriti della stagione e non sarà Mercurioretrogrado nel segno del Toro ad offuscareil vostro cielo. L’importante è non reagirecon un ruggito polemico a qualche piccolacontrarietà.

Vergine.Superati indenni i transiti pescini, le cosesi sarebbero dovute appianare. In realtà,

nel cielo di aprile e maggio di quest’anno,si assiste ad una strana prova di forza,praticamente un braccio di ferro, fra Sa-turno e Marte retrogradi in Sagittario eGiove, in perfetta quadratura nel vostrosegno. Tutto ciò mentre Nettuno dai Pesciintorbida le acque. Questo transito, attivocon i segni mobili (Gemelli, Vergine, Sa-gittario e Pesci), si farà sentire in partico-lare con i nati a metà della seconda deca-de. Cosa fare? Calma e gesso. Abituatevia cambiare i vostri programmi in corsod’opera, e aspettate che passi la burianaprima di rimettervi in gioco.

Bilancia. Nel complesso non avrete da lamentarvi,cari bilancini, anche se la tipica variabi-lità primaverile vi rende un po‘ vulnera-bili e normalmente vi muovete più a vostroagio sotto le romantiche stelle autunnali.Preparatevi dunque, perché quest’annol’autunno vi sarà ancora più prodigo, da-to che la luce fulgida e fortunata di Gioveriscalderà il vostro segno. Sappiate che è un

treno che passa ogni 12 anni per cui, seavete un sogno nel cassetto, non lasciateloalle tarme.

Scorpione.Niente male, scorpioncini belli. Sia i tran-siti veloci che quelli lenti hanno un occhiodi riguardo per voi. Solo Mercurio, in op-posizione dal segno del Toro, potrebbe crea-re qualche intralcio e rendervi un po’ in-sofferenti e polemici. In realtà la retrogra-dazione di un pianeta non è altro che unutile invito alla riflessione e alla cura deidettagli. Abbiate fiducia.

Sagittario.Anche per voi valgono le valutazioniespresse per Gemelli e Vergine: transiti sta-gionali discreti, transiti lenti più impe-gnativi. Marte battagliero e Saturno nelsegno, che vi rende rigorosi e selettivi, do-vranno vedersela con la duplice quadratu-ra di Giove dalla Vergine e di Nettuno daiPesci. Non dovete pertanto allentare le re-dini, se volete che questo passaggio plane-tario passi indenne.

Capricorno.A parte qualche folata di venticello pri-maverile in aprile, direi che il vostro cieloè protetto dalle intemperie stagionali. Net-tuno vi ispira dai Pesci, mentre Giove vi

sostiene dalla Vergine: così tutto girerà peril giusto verso.

Acquario.Nel complesso bene, cari acquariani, per-ché, se è vero che i veloci passaggi stagiona-li di Mercurio e Venere in Toro possonocreare qualche contrarietà sul piano profes-sionale e interpersonale, è anche vero che ipianeti più lenti vi favoriscono e vi proteg-gono. State sereni.

Pesci.Cari Pesci, sarà una primavera bollente!E non per via dei transiti stagionali, chenel complesso sono benevoli, ma in seguito aquella particolare configurazione astraleche coinvolge i 4 segni mobili, ovvero Ge-melli, Vergine e Sagittario, oltre al vostro.Si tratta della doppia quadratura di Sa-turno e Marte dal Sagittario e dell’opposi-zione di Giove dalla Vergine. Garantiscoche sopravvivrete tutti, compreso chi vi staaccanto, anche se sarà un po’ provato dalvostro vittimismo. Il mio consiglio per voi èquesto: coltivate le buone amicizie e le bel-le arti: non c’è modo migliore di cavalcareil transito.

Avviso ai gentili lettori: le previsioni con-siderano i transiti unicamente rispetto alSole di nascita.

Le stelle di Taziaö ööööö

LA CITTÀ RACCONTAgidi

GENNAIO20 Il Porto di Venezia si riprende daTrieste il primato del container ed èil primo porto dell’Adriatico.22 Robert Craft, celebre direttore d’or-chestra, morto in Florida a 92 anni,sarà sepolto a Venezia vicino a Stravin-skij come dalle sue ultime volontà. 28 spagnolo 52enne senza fissa dimo-ra trovato morto ai Giardini di Ca-stello, stroncato dal freddo. 28 Apre ai visitatori la Scala del Bo-volo.29 Giudecca: anziani pedinati, aggre-diti e derubati da 2 banditi.31 Mestre: adesso gli accattoni ele-mosinano anche a bordo del bus.

FEBBRAIO1° Il Gazzettino ricorda la scomparsadello storico costruttore lidense Giu-liano Regazzo (1931-2016).4 Febbraio: in Centro Storico il Co-mune autorizza la chiusura di unacalle con cancello e serratura a favoredei residenti. La Municipalità colle-gialmente aveva dato parere contra-rio, ma il singolo assessore Boraso loconcede, mah!? Sono un furto alla

città tutti i cancelli che chiudonocalli e corti, caro Boraso.9 Muore Nicoletta Spada, figlia del

creatore dell’Hotel Excelsior.10 Il Gazzettino titola: a Mestre areeverdi della città occupate “militar-mente” dagli spacciatori.12 I soliti imbecilli trogloditi im-brattano di scritte la zona di S. Stin.14 A Burano la merlettaia Emma Vi-dal festeggia 100 anni.15 Marcon: i ladri sventrano un ban-comat con l’esplosivo, come diresiamo in piena guerra e non c’è versodi rinchiuderli...17 Mestre: banditi in agguato sottocasa: aggredita mentre apre il cancello. 18 Il sindaco Luigi Brugnaro ha la de-lega allo sport (e viene contestato per-ché sempre indisponibile, troppo im-pegnato scrive Il Gazzettino), e haanche la delega alla cultura (si sussurrache anche qui si sia incartato): il sug-gerimento di Nexus è che il sindacodebba delegare al più presto, altrimen-ti finirà davvero per scontentare anchetutti quelli che gli hanno dato fiducia.23 Ladro rumeno collezionista difurti: 15. Processato e condannato,condannato a che cosa se di fatto ètornato libero? 25 Mestre: commessa picchiata e mi-nacciata col coltello. Il rapinatore ha

incassato e si è eclissato: Far West.27 Il sindaco Brugnaro attacca i cen-tri sociali che organizzano manifesta-zioni senza chiedere permessi.29 Baby vandali crescono, ladri im-perterriti vanno a rubare come andas-sero a fare la spesa, ma non spendono,non rischiano, incassano soltanto, chepacchia! E ci sono anche i ladri di ra-me che smantellano tutto. Morale: idelinquenti, piccoli e grandi, devonoessere puniti!MARZO1° L’annunciata acqua alta di 140 cm èstata di 104, polemiche: una dislessiagrafica. Muore Wally Loriani a 91anni, storica farmacista del Gran Viale.2 Il prefetto comanda l’accoglienza aimigranti e i sindaci devono ubbidire,anche se non sono democraticamented’accordo. 5 Migrante o profugo, di certo delin-quente: spaccia ai ragazzi del patrona-to, viene condannato a 4 mesi e poi al-l’espulsione (si farà? non farà ricorso?)6 Abituati a non pagare i mezzi ditrasporto, i nordafricani pensano difare lo stesso in una pizzeria a SantaMargherita: alla richiesta di paga-mento pestaggi e violenze, viva ilbuonismo!8 Vertice italo-francese a Palazzo Du-cale per ricordare Valeria Solesin. Il

sindaco Brugnaro ha ricevuto i geni-tori di Valeria, il ministro Padoan,Matteo Renzi e Françoise Holland. InBacino San Marco 90 minuti di “bat-taglia navale” fra le barche dei NoGrandi Navi e le barche della polizia.Sul palcoscenico della città si snoda,sotto una pioggia fredda e battente, ilcorteo dei No (No Tav, No Mose, Notrivellazioni, etc.) che da PiazzaleRoma arriva fino alla Punta della Do-gana. 10 A Roma si firma l’accordo perportare la ferrovia fino all’AeroportoMarco Polo. Turista tedesco 46enne si suicida get-tandosi dal tetto del garage comunaledi Piazzale Roma.11 Una banda di romeni sfregia l’im-magine della città: ruba i codici dellecarte di credito di facoltosi clienti esvuota i loro conti correnti, mentre ivigili fanno una retata contro i vendi-tori abusivi e li sanzionano (a checosa? tanto non pagano) e a SantaMargherita vincono i soliti violenti,per non parlare dei ladri che svuotanoi punti vendita dell’Actv. Una bravamadre denuncia i furti del figlio vit-tima della droga.14 Rissa a Santa Margherita e tre col-tellate a tre veneziani da parte di ungruppo di immigrati africani e balca-

nici. Il campo è ormai diventato uncentro di violenza, altro che movida,ovvero animazione, divertimento evita notturna giovanile. 17 Torna l’emergenza pantegane: inetturbini costretti a scuotere i casso-netti per farle scappare. A Murano,vicino al faro, trovato un cadavere inacqua.19 I ladri imperversano: svaligiati al-tri tre approdi Actv.24 Apre il San Clemente PalaceKempinski, il rinnovato albergo a 5stelle dell’isola di San Clemente.26 Affonda una gondola e i turisti abordo finiscono in acqua. 27 Lido: i ladri rubano i motori dellepiccole imbarcazioni ormeggiate neicanali.APRILE2 Lido: ladri in appartamento mentrei proprietari dormono. Sicurezza zero.4 Muore Luciano Dall’Acqua, grandeartista veneziano. 10 38. edizione di Su e zo per i ponti. Venezia: riapre il megastore Benetton.12 Lido: il cadavere di un anziano af-fiora dalla Laguna.13 Turisti prede degli abusivi.14 Ferroviere colpito da una testatada un portabagagli abusivo romeno.È l’ottava aggressione patita dai fer-rovieri nel 2016.

Di pregio e mole la produzioneletteraria di Lucrezia Marinellio Marinella (1571-1653), più omeno coeva di Moderata Fonte edel pari sensibile alle istanzeprotofemministe. Figlia di Gio-vanni, medico e filosofo, sorelladi Curzio, medico e umanista,poeta e filosofa essa stessa – oltreche versata nella musica e nelcanto – sposa un certo GirolamoVacca con il quale genera due fi-gli. Per la letteratura si cimentain numerose scritture a caratterereligioso e spirituale, cui affian-ca opere laiche come, in diecicanti, Amore innamorato ed impaz-zato. Poema di Lucrezia Marinella(Venezia 1598); il romanzo pa-storale l’Arcadia felice (1605);L’Enrico overo Bizanzio conquista-to. Poema heroico di Lucrezia Mari-nella (1635), che s’incentra suldoge Enrico Dandolo alla quartacrociata, indetta da Innocenzo IIInel 1198 ma destinata a non maipervenire in Terrasanta. Giustala miglior tradizione epico-ca-valleresca, pure L’Enrico presen-ta il più valente eroe mentre ap-proda all’isola di una maga, Eri-

na, la cui bensì topica descrizio-ne (5. 62) veicola l’immagine diuna casta, innocente vergine cac-ciatrice piuttosto che di una ma-liarda bieca e tentatora:Vede venir di venerando aspetto /donna d’età perfetta inculta e bella,/ ma di grave beltà, candido e schiet-to / ha ’l suo vestir, nuda la piantasnella, / fiammeggia il biondo crin,com’oro eletto, / qual sol lucente hal’una e l’altra stella, / li dardi ha inman, son sue bellezze altere / de’ bo-schi onor, terror dell’empie fere.Se non trascurabili sono le provein versi di Lucrezia, fondamen-tale è la testimonianza di proto-femminismo rampante che offreun suo provocatorio trattato,uscito per la prima volta nel 1600presso Giambattista Ciotti con iltitolo Le nobiltà, et eccellenze delledonne: et i diffetti, e mancamenti degli huomini. Un trattato radicale,dove Marinella orchestra unastrenua difesa del gentil sesso,superiore per doti fisiche (la bel-lezza) e intellettuali, nullifican-do il discredito di cui troppe vol-te è bersagliato da autori qualiGiuseppe Passi con l’offensivo

Donneschi diffetti. E tuttavia, perLucrezia il peggior avversarioresta quel buon compagno d’Ari-stotile, perché va contro ogni ra-gione, e etiandio contro la propriaopinione la qual è che la natura ope-ri ò sempre, ò per il più cose più per-fette, voglia che le donne sieno im-perfette in comparatione de’ maschi.Al contrario, la natura conoscendola perfezione del sesso femminileproduce più copia di donne, che diuomini, come quella che sempre òper il più genera in tutte le cose,quello che è migliore, e più perfetto[…] anzi direi che producendo la na-tura minor numero di maschi, che didonne, che gli uomini sieno menonobili delle donne.Per trionfare quindi sullo Stagi-rita, l’autrice stringe una stru-mentale alleanza con Platone –in parecchi passaggi sostenitoredell’uguaglianza tra i generi e inparte favorevole a un’educazio-ne paritaria, benché in Leggi pre-ferisca optare per una progressi-va differenziazione, di fatto im-ponendo alla mulier di riconfi-narsi nell’angustia dell’oikos.

Letizia Lanza

VOCI DI DONNE VENEZIANE

Page 12: San Marco 2757 – 30124 Venezia VVeenneezziiaa ... · dante Schettino. Gli unici a prepararsi a questa in-vasione di civiltà sono i nego-zianti che desiderano occupare la fascia

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CENTRO DI RINGIOVANIMENTO LANNA GAIAIl Centro di Ringiovanimento LANNA GAIA è il primo e unico tempio del benessere a Venezia ispirato all’antica tra-dizione olistica Tailandese originaria della regione Lanna. L’esclusività dei trattamenti è garantita dalla professiona-lità delle terapiste, tutte provenienti dalla Thailandia e diplomate presso la prestigiosa Lanna Thai Academy.All’interno dei 1000 mq del Centro LANNA GAIA, interamente dedicati al benessere del corpo della mente e dellospirito, potrete fuggire dai frenetici ritmi quotidiani e scegliere tra un’ampia gamma di trattamenti per godere ditutti i benefici dell’autentico massaggio Thai. Le cure delle mani esperte delle terapiste sbloccheranno le tensioni ri-pristinando la circolazione dell’energia e aiuteranno il rilassamento e il ringiovanimento del corpo donando unasensazione di rinascita.Inoltre potrete usufruire della SPA attrezzata con bagno d’aroma cromoterapico, sauna finlandese, solarium, bagnoturco, percorso Kneipp, grotta Jacuzzi, docce emozionali e area relax.Regalatevi momenti di completo relax, lasciatevi affascinare da un ambiente esclusivo, rilassatevi e lasciatevi cocco-lare, il vero benessere è al Centro di Ringiovanimento LANNA GAIA… non resta che provare.

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DOVE TROVO NEXUS

Albergo Ausonia&HungariaArchivio di StatoBiblioteca CalegheriBiblioteca Civica MestreBiblioteca CorrerBiblioteca H. Pratt Lido Biblioteca MarcianaBiblioteca QueriniBistrot de Venise Centro Candiani MestreCinema Astra LidoLibreria Acqua AltaLibreria BertoniLibreria Del CampoLibreria Don ChisciotteLibreria EmilianaLibreria Feltrinelli Libreria GoldoniLibreria StudiumLibreria Toletta LT2Libreria Ubik MestreLidolibriSan Servolo – VIUVega

* fino ad esaurimento delle copie

Era il 1629 (Supernova 2016) diMirta Contessi.Una mappa seicentesca segnala ilpercorso del corriere lungo le valli delRavennate e il luogo dell’ultimo as-salto da parte di un malandrino e deisuoi compari. Il bottino: un mano-scritto destinato alle stamperie di Ve-nezia e una lettera, che darà inizio al-la ricerca di una presunta strega. Suquesti documenti di storia vera l’au-trice intesse un romanzo d’amore e dimorte. Mirta Contessi vive a Raven-na. Ha diretto per più di venti annil’Associazione Culturale Europea“Verde Salute” con lo scopo di valo-rizzare la cultura, l’arte e l’ambiente,ed è stata presidentessa dell’Asso-ciazione “Consulta per i Parchi”. Hapubblicato diversi racconti brevi econ Supernova il romanzo “DanteAlighieri il viaggio estremo”.

Dal Vecchio Mulino a GroundZero (Supernova 2016) di Ro-berto De Rosa, triestino conlauree in Scienze politiche e inMedicina, oggi ortopedico o-spedaliero. Ha in famiglia sto-rie di emigrazione negli StatiUniti, dove ha lavorato e vissu-to per lunghi periodi, e questolibro racconta il tempo passatosopra generazioni intere, le cuimemorie rimangono vive nelsuo animo di scrittore: egli im-magina di percorrere stradelontane dal Cellina e dai carridel fieno così piene di quei co-lori, di quegli odori e di queisuoni che, come un’eco profon-da, continuano a vibrare, dan-dogli la certezza di un debitoche ancora non sa come potràmai saldare.

Donne di cose di Gabriella Monta-nari – scrive Carla Menaldo inquarta di copertina – è il viaggiodestrutturato dell’autrice (laurea-ta in lettere, diplomata in pittura,poetessa, scrittrice, traduttrice efotografa, cofondatrice e direttri-ce editoriale della casa editriceWhiteFly Press) che attraversa isessi, i sensi, il quotidiano origi-nale e stravolto che in fondoognuno di noi vive o vorrebbe vi-vere nell’inconfessabile giocodelle possibilità. Un libro che lan-cia uno sguardo lucido, disincan-tato e ironico sulle relazioni dicoppia, di famiglia, di amiciziadove maschile e femminile hannoruoli così profondamente instabi-li che paradossalmente la loroconnotazione è assoluta e imme-diatamente decifrabile.

Una fatica titanica e dirompente.Così mi sento di definire il nuo-vo prodotto storico-letterario diGiovanni Distefano – dedicatoalla vita del Ghetto (non solo ve-neziano) dai tempi della Serenis-sima Repubblica a oggi – che perparecchi mesi e non poche ore algiorno lo ha tenuto inchiodato altavolo di lavoro per consultarepile di libri, o impegnato davan-ti al computer per stendere, piùvolte rielaborare e abilmente im-paginare il corposo testo con ap-prezzabile dovizie di immagini:non potevano non tornare allamente il “volli, volli, fortissima-mente volli” di Vittorio Alfieri olo “studio matto e disperatissi-mo” di Giacomo Leopardi. Un lavoro documentato e strut-turato in maniera originalequanto accattivante, al quale hoin parte collaborato sotto l’aspet-

to editoriale, pur non po-tendo leggere la stesuradefinitiva prima dellastampa. Ciò non di meno,grazie alla passione e allatenacia dell’autore hoavuto modo di ampliare eapprofondire le mie cono-scenze sull’ebraismo – inrealtà piuttosto scarse, le-gate essenzialmente alvissuto novecentesco cheè retaggio comune di tuttie tutte noi, ai miei studi distoria antica e, nell’ambitodei Gender Studies, allescritture che ho dedicatovuoi alla femminilità bi-blica (Vangeli esclusi) vuoia due protagoniste dellacultura veneziana (e nonsolo) – entrambe debita-mente celebrate da Diste-fano, assieme a Margheri-

ta Grassini in Sarfatti (1880-1961) – quali Sara Copio oCopia in Sullam (1592-1641), salottiera illustre,abile rimatrice edotta nellamusica e nel canto, portatri-ce di un ideale di culturaaperto a scambi e intrecci, eAmalia (poi Amelia) Pin-cherle-Moravia in Rosselli(1870-1954), straordinariainterprete della Resistenza,madre eroica di tre figlimorti tutti per la Patria (idue minori trucidati dai fa-scisti) ma anche autrice tea-trale di successo, pensatriceautorevole, consapevole edenergica espressione dellavita civile e letteraria italia-na del Novecento. Un mon-do da scoprire o in ogni ca-so ritrovare, quello che Gio-vanni Distefano indaga e ri-

propone nel suo impegnativovolume, ripercorrendo in ordinecronologico, anno per anno, me-se per mese, i fatti e i personaggisalienti di ogni secolo. Un librodal taglio scientifico – corredatosia di un glossario minimo sia diuna bibliografia scelta – ma al-tresì “alleggerito” da una piace-volissima visita fotografica alGhetto veneziano: vale la penadi leggerlo e accuratamente con-servarlo. (LL)

A pagina 6 recensioni di:I rimanenti mari di LindaMavianIl mare d’inverno esistedavvero di Riccardo RoiterRigoni e Annalisa BarizzaSu mia madre a cura di Cri-stiana Moldi-Ravenna

Questo ennesimo libro di poe-sie di Aldo Vianello – che hagoduto di un po’ di agognatasalute in una corsia di manico-mio, come esplicitato nella suaprecedente raccolta intitolataEffetti Basagliani (2015) – con-densa la sua indignazione di ar-rabbiato cittadino che si auto-definisce “mai stanco di esserenell’ampia cerchia dei poveridiavoli”. L’Autore ha superatoil mezzo secolo di dedizionecompleta e assoluta alla scrittu-ra – è del 1964 la raccolta Timidepassioni. Nel mezzo decine di ti-toli che lo hanno imposto all’at-tenzione anche internazionale.Con Sequenze da vita illustrata(2013) ci offre uno straordinarioe commovente libro in prosapoetica sulla sua vita.