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Salvare il liceo classico si può. di Francesca Maura Laureata in Lettere nel 1993 presso “La Sapienza” di Roma, è insegnante di latino e greco nel Liceo-classico "N. Turriziani" di Frosinone. Pubblicazioni: Italo Calvino. Il tema del labirinto dalle Cosmicomiche alle Città invisibili (Firenze Atheneum 1998),volume finalista al Premio Moretti,oltre a saggi su riviste specializzate. Autrice di un blog letterario dal titolo Aga magera difura ( ,indirizzo.www.francescamaura.wordpress.com ).Collabora dal 2012 con la Pearson-Paravia nell’ambito dell’editoria scolastica e con il Centro Studi Internazionale Giuseppe Bonaviri. PREMESSA Mettere in discussione il Liceo classico come istituzione significa mettere in discussione la “licealità” in toto, che è un approccio metodologico, un modo di vedere le cose ed il mondo, un orizzonte prospettico. Ora, è vero che, ad oggi il Liceo scientifico sembra meglio rispondere alle sfide scientifico-tecnologiche poste dalla contemporaneità, ma sono due a questo punto i quesiti che si pongono: innanzitutto se è vero che la scientia sia da intendere soltanto come rivolta all’indagine verso l’esterno e se non si debba rifondare anche una “scienza dell’interiorità”, in nome di un nuovo umanesimo, che permetta all’uomo di riappropriarsi “aristotelicamente” della natura che gli è propria, in un mondo sempre più caotico ed incerto; poi, occorre chiedersi se il Liceo classico sia davvero “così poco scientifico” o se non siamo noi insegnanti, spesso miopi e pigri di fronte ad un sapere che oggi deve essere inevitabilmente inteso come unico ed integrato. Ergo sono i nostri metodi, è l’approccio con le nostre discipline che va “aggiornato”. Se è vero che un “classico” non muore mai, è ora,dunque, che “i classici” tornino a far sentire “forte” la loro voce, senza bisogno di “attualizzarli”, perché per definizione sono sempre attuali. Oggi la cosiddetta didattica per competenze impone un ripensamento su quali siano le competenze specifiche che il Liceo classico può e deve attivare e ciò diviene una sfida e un obiettivo per l’insegnante, in un contesto sempre più variegato e che si nutre soprattutto di “presente”.Chiediamoci allora, che cosa può oggi insegnare un classico e che cosa può oggi insegnare la letteratura. E’ Calvino a risponderci, quando scrive: Le cose che la letteratura può ricercare e insegnare sono poche ma insostituibili: il modo di guardare il prossimo e se stessi, di porre in relazione fatti personali e fatti generali, di attribuire valore a piccole cose o a grandi, di considerare i propri limiti e vizi e gli altrui, di trovare le proporzioni della vita, e il posto dell’amore in essa, e la sua forza e il suo ritmo, e il posto della morte, il modo di pensarci o non pensarci; la letteratura può insegnare la durezza, la pietà, la tristezza, l’ironia, l’umorismo, e tante altre di queste cose necessarie e difficili. Il resto lo si vada a imparare altrove, dalla scienza, dalla storia, dalla vita, come tutti noi dobbiamo continuamente andare ad impararlo (Italo Calvino, Il midollo del leone, in Una pietra sopra,Mondadori,Milano 2011). A noi tali cose non sembrano poche , né di poco conto: è la formazione dell’individuo nel suo complesso,in termini di responsabilità e autonomia, l’obiettivo espresso da Calvino,l’obiettivo formativo ultimo e più alto del nostro insegnamento in ogni ordine di scuola. In gioco, oggi, è il rapporto tra l’uomo e la realtà, la valorizzazione delle differenze, le manifestazioni dell’intelligenza collettiva,il ruolo dei nuovi media, le nuove frontiere della scienza.

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Salvare il liceo classico si può. di Francesca Maura Laureata in Lettere nel 1993 presso “La Sapienza” di Roma, è insegnante di latino e greco nel Liceo-classico "N. Turriziani" di Frosinone. Pubblicazioni: Italo Calvino. Il tema del labirinto dalle Cosmicomiche alle Città invisibili (Firenze Atheneum 1998),volume finalista al Premio Moretti,oltre a saggi su riviste specializzate. Autrice di un blog letterario dal titolo Aga magera difura ( ,indirizzo.www.francescamaura.wordpress.com).Collabora dal 2012 con la Pearson-Paravia nell’ambito dell’editoria scolastica e con il Centro Studi Internazionale Giuseppe Bonaviri. PREMESSA Mettere in discussione il Liceo classico come istituzione significa mettere in discussione la “licealità” in toto, che è un approccio metodologico, un modo di vedere le cose ed il mondo, un orizzonte prospettico. Ora, è vero che, ad oggi il Liceo scientifico sembra meglio rispondere alle sfide scientifico-tecnologiche poste dalla contemporaneità, ma sono due a questo punto i quesiti che si pongono: innanzitutto se è vero che la scientia sia da intendere soltanto come rivolta all’indagine verso l’esterno e se non si debba rifondare anche una “scienza dell’interiorità”, in nome di un nuovo umanesimo, che permetta all’uomo di riappropriarsi “aristotelicamente” della natura che gli è propria, in un mondo sempre più caotico ed incerto; poi, occorre chiedersi se il Liceo classico sia davvero “così poco scientifico” o se non siamo noi insegnanti, spesso miopi e pigri di fronte ad un sapere che oggi deve essere inevitabilmente inteso come unico ed integrato. Ergo sono i nostri metodi, è l’approccio con le nostre discipline che va “aggiornato”. Se è vero che un “classico” non muore mai, è ora,dunque, che “i classici” tornino a far sentire “forte” la loro voce, senza bisogno di “attualizzarli”, perché per definizione sono sempre attuali. Oggi la cosiddetta didattica per competenze impone un ripensamento su quali siano le competenze specifiche che il Liceo classico può e deve attivare e ciò diviene una sfida e un obiettivo per l’insegnante, in un contesto sempre più variegato e che si nutre soprattutto di “presente”.Chiediamoci allora, che cosa può oggi insegnare un classico e che cosa può oggi insegnare la letteratura. E’ Calvino a risponderci, quando scrive: Le cose che la letteratura può ricercare e insegnare sono poche ma insostituibili: il modo di guardare il prossimo e se stessi, di porre in relazione fatti personali e fatti generali, di attribuire valore a piccole cose o a grandi, di considerare i propri limiti e vizi e gli altrui, di trovare le proporzioni della vita, e il posto dell’amore in essa, e la sua forza e il suo ritmo, e il posto della morte, il modo di pensarci o non pensarci; la letteratura può insegnare la durezza, la pietà, la tristezza, l’ironia, l’umorismo, e tante altre di queste cose necessarie e difficili. Il resto lo si vada a imparare altrove, dalla scienza, dalla storia, dalla vita, come tutti noi dobbiamo continuamente andare ad impararlo (Italo Calvino, Il midollo del leone, in Una pietra sopra,Mondadori,Milano 2011).

A noi tali cose non sembrano poche , né di poco conto: è la formazione dell’individuo nel suo complesso,in termini di responsabilità e autonomia, l’obiettivo espresso da Calvino,l’obiettivo formativo ultimo e più alto del nostro insegnamento in ogni ordine di scuola. In gioco, oggi, è il rapporto tra l’uomo e la realtà, la valorizzazione delle differenze, le manifestazioni dell’intelligenza collettiva,il ruolo dei nuovi media, le nuove frontiere della scienza.

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INDICAZIONI METODOLOGICHE

Occorre, innanzitutto, pensare ad una sorta di restyling , adeguando e aggiornando le nostre abilità comunicative, imparando ad essere “seducenti e accattivanti”, per conquistare, come dice uno stratega orientale, Sun Zu, ”intero e intatto il nemico”, per “catturare” l’attenzione dei nostri giovani,distratti da numerose sollecitazioni e sempre pronti a “dedicarsi ad altro” rispetto ciò che proponiamo. Altrettanto importante è adottare una pratica didattica di natura pluridisciplinare e multidisciplinare e in questo senso è fondamentale il consiglio di classe, che deve necessariamente “ lavorare insieme” e progettare, senza fermarsi alla distinzione tra materie classiche e scientifiche, in quanto “ tutto è sapere”! Importante, ad oggi, è l’uso delle nuove tecnologie informatiche, padroneggiate dai ragazzi e strumenti interessanti per una didattica “competitiva” con i tempi. Tre semplici quesiti dovrebbero guidarci nell’analisi dei testi, tre i “quesiti guida” da proporre in primis ai nostri studenti. 1.Che cosa vuole dirci il testo? 2.Come lo dice? 3.Qual è l’insegnamento ancora valido oggi per noi? ESEMPI DI ALCUNE PRATICHE DIDATTICHE PRIMO ANNO DEL LICEO CLASSICO ( A.s. 2015/2016) Con una classe prima del Liceo classico abbiamo editato un blog ed una pagina facebook, che in questo momento stanno gestendo i ragazzi, a partire dalla riflessione sulla lingua, il rapporto tra l’italiano e le lingue classiche e la scomparsa del dialetto, codice quest’ultimo in cui abbiamo scritto un limelik Il sito si chiama Zillamatrouna, che nel nostro idioma locale sta ad indicare la cetonia. TERZO ANNO DEL LICEO CLASSICO (A.S. 2015/2016) Con la terza liceo abbiamo realizzato un video documentario sulla vita e la commedia di Plauto: i ragazzi si sono improvvisati nella parte di Plauto, della mamma del drammaturgo e di spettatori di una sua commedia. Il tutto è diventato un filmato completamente realizzato dagli studenti con le nuove tecnologie. A partire dalla Teogonia di Esiodo, gli studenti hanno realizzato performance in costume,presentando dei “ quadri statici” sulla nascita delle divinità e composto un brano rap, che ancora “intonano”. Credo che Esiodo rimarrà nei loro cuori! QUINTO ANNO DEL LICEO CLASSICO (Anno 1999/2000 sperimentazione “Brocca”) Con molto più entusiasmo e qualche anno in meno e con lo spazio che la sperimentazione “Brocca” offriva alla creatività del docente, i percorsi e i moduli pluridisciplinari in quegli anni erano come le ciliegie: l’uno tirava l’altro.

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Di seguito un esempio di schema-guida per la realizzazione di un percorso pluridisciplinare, di un modulo o di una esempio di terza prova . TITOLO: Alessandro Magno, da Ulisse dantesco “ante litteram” ad eroe della disillusione. Testo di partenza: Seneca il Vecchio,Suasoriae 1, 1. Prima argomentazione : ” …ogni cosa che dalla natura ha avuto un’estensione ,ha avuto anche una misura : nulla è senza confini, solo l’Oceano. Dicono che in mezzo all’Oceano ci sono terre fertili, che ci sono , al di là dell’Oceano , altre spiagge ancora , che sorge laggiù un altro mondo e che la natura non ha mai fine , ma sempre riappare con un nuovo aspetto là dove sembra venir meno . Facilmente si creano queste favole , perché non è possibile navigare l’Oceano. Ad Alessandro basti aver vinto fin dove al mondo basta aver luce.(…)C’è il mare laggiù ,immobile ,e l’inerte massa della natura che sembra venir meno al suo estremo confine; e nuove e terribili forme esseri che sono grandi anche per l’Oceano , che questa profonda immensità alimenta la luce annebbiata da una fitta oscurità e il giorno nascosto dalle tenebre,e il mare stesso cupo e immobile e la costellazioni invisibili o sconosciute. Questa è, Alessandro, la natura : oltre ogni cosa l’Oceano, oltre l’Oceano il nulla”. Seneca il Vecchio :Suasoriae 1, 2. Argomentazione del declamatore Mosco . ”E’ tempo che Alessandro si arresti dove si arrestano anche il mondo e il sole”.”Ho conquistato tutto ciò che conoscevo; ora desidero ciò che non conosco”. “Quali popolazioni furono tanto selvagge che non si siano prostrate per adorare Alessandro? Quali monti furono tanto inaccessibili che il soldato vincitore non ne abbia calcato le vette?Ci siamo fermati al di là dei trofei del padre Libero. Noi non cerchiamo un mondo, ma lo perdiamo (…)”. Seneca il Vecchio, Suasoriae 1, 3 . Argomentazione di Albucio Silo “Anche le terre hanno un loro limite e il mondo stesso è destinato a tramontare ; niente è infinito ,devi porre tu un limite alla tua grandezza ,poiché non lo pone la Fortuna . E’ di un animo nobile aver moderazione nella buona sorte .La Fortuna impone lo stesso limite alla tua vittoria e alla natura :è l’Oceano che chiude il tuo dominio .la tua grandezza ,oh quanto ha superato la natura stessa ! Alessandro č grande per il mondo; il mondo è piccolo per Alessandro”. (Traduzione da : Pianezzola, Dieci secoli di letteratura latina, Le Monnier ,Firenze 1988).

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Comprensione complessiva, analisi ed approfondimenti. Nelle parole dei vari declamatori “Alessandro diventa simbolo della hybris , della dismisura umana, ma insieme simbolo della volontà di conoscenza e di avventura ,una specie di Ulisse dantesco ante litteram “(Pianezzola,Dieci secoli di letteratura latina ,Le Monnier ,Firenze 1988 ). 1.Dopo aver letto ed analizzato i passi, il candidato discuta ed argomentati tale affermazione. Giovanni Pascoli “riscrive “ il mito di Alessandro Magno nel poemetto “Alexandros”,uno dei Poemi conviviali ,così intitolati perché usciti inizialmente sul Convito , rivista diretta da Adolfo De Bosis ed espressione della contemporanea temperie dell’estetismo. La rappresentazione del mondo antico si carica,in Pascoli , delle inquietudini e delle angosce della sensibilità moderna ed Alessandro appare ora come “eroe dell’antichità” ,ora come “eroe moderno”. 2.Il candidato analizzi il componimento di Pascoli ,rintracciando i due diversi aspetti del personaggio e delineandone per iscritto le caratteristiche. Alessandro, in Pascoli ,simile ad Ulisse desidera spingersi oltre il mondo conosciuto ed esplorare l’Oceano avvolto dall’eterna notte. E’ l’ Ulisse di Dante a partire e a sopravvivere al naufragio ,costituendo “quello che alcuni critici contemporanei definirebbero un discorso della civiltà occidentale ; per gli storici ,un immaginario di lunga durata, in altri termini, un archetipo mitico che si sviluppa nella storia e nella letteratura come un costante logos culturale. Per parafrasare Bernard Andreae, Ulisse rappresenta l’archeologia dell’immagine europea dell’uomo “ . Questo è quanto scrive Piero Boitani in un saggio dal titolo L’ombra di Ulisse (Il mulino,Bologna 1992), in cui la figura dell’eroe è analizzata e “rintracciata” in tutte le sue manifestazioni e travestimenti letterari. In Primo Levi ,Il canto di Ulisse, l’episodio dell’Ulisse dantesco viene ricordato dal protagonista che si trova a vivere la disumana e brutale realtà del lager. Il ricordo letterario salva l’umano , il voler ricomporre ostinatamente nella memoria i versi danteschi si trasforma in una forma di resistenza di ciò che ancora vuole essere chiamato uomo. Ricostruisci storicamente le drammatiche vicende del popolo ebraico nel periodo della dittatura di Hitler. 3. Dopo aver letto il brano Il canto di Ulisse di Primo Levi,il candidato ne riassuma il contenuto in non più di 15 righe. Ancora Piero Boitani ci offre la possibilità di un’ulteriore connessione : egli scrive che “le tante versioni della fine di Odisseo che l’antichità ci ha lasciato apparirebbero (…) ai nostri occhi ,oggi, come i resti, i fossili degli innumerevoli dinosauri che hanno popolato il mondo a quell’epoca” , risultati di un processo di selezione naturale , in una prospettiva che potremmo chiamare con Hans Blumenberg darwinismo delle parole.

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4. Dal darwinismo delle parole alla teoria evoluzionistica di Charles Darwin : il candidato esponga i principi e le regole di tale teoria. Proponiamo, ora, di seguito un possibile percorso letterario all’inseguimento di Ulisse. Il candidato scelga di analizzare uno o più componimenti tra quelli proposti ,disegnando una propria storia di Odisseo. Odissea XI e XXIII;Platone , Repubblica, libro X;Dante,Inferno XXVI;Foscolo, A Zacinto; Pascoli, L’ultimo viaggio di Odisseo, Poemi conviviali; D’Annunzio, L’incontro di Ulisse ,Maia; Gozzano, L’ipotesi, preludio a La signorina Felicita; Primo Levi, Il canto di Ulisse ,in Se questo è un uomo; Joyce, L’Ulisse. Baudelaire , Le Voyage, Fleurs du Mal. IL CONCETTO DI INTERTESTUALITA’ SPIEGATO AI RAGAZZI Ad inizio dell’ultimo anno, in modo giocoso, racconto ai ragazzi più o meno la storia che segue,dal titolo: Omero, Borges e il Grande Padre dei racconti,in viaggio un po’ per gioco nel rizoma-radice-labirinto della letteratura. Chi non si è accorto di una curiosa similarità tra Omero e Borges? Tra il mitico cantore delle gesta di un popolo, alle sue origini e una delle più grandi voci del Novecento, quasi a consuntivo delle inquietudini di un secolo o forse di un’intera civiltà? Chi era Omero? C’è un’intera questione omerica che si trascina da secoli tra eminenti studiosi,che verosimilmente disegna i contorni di un mistero quanto mai affascinante. Domanda delle domande: è veramente esistito un poeta di nome Omero? Tra le interpretazioni tradizionali del nome, una in particolare si presta come “veicolo” dei nostri contenuti: “colui che non vede”. Omero sarebbe stato un poeta cieco che andava cantando i suoi versi di città in città, finché non lo colse la morte. Un po’ come per Elvis Presley ci piace pensare che se ne sia nascosto da qualche parte, immortale spirito della poesia, in grado di trascendere il già detto o di “ricrearlo” con parole nuove per ricominciare ogni volta a “ridire” il mondo. E allora Borges potrebbe essere l’ultima incarnazione di Omero, anche egli cieco, di una cecità preveggente, in grado di configurare possibili scenari fittizi di un possibile futuro. L’uomo della Biblioteca di Babele, metafora dell’universo, inizia i suoi scritti prendendo spunto da riferimenti culturali ed eruditi, muovendosi in una biblioteca immaginaria o reale, potenzialmente infinita. Metafora dell’Universo, tale biblioteca è altresì suprema metafora di ciò che noi chiamiamo “intertestualità”, è ciò che, sempre con Borges, nel Fiore di Coleridge, premette di parlare di una storia dello spirito come produttore o consumatore di letteratura. Inevitabile, a questo punto, il richiamo al vecchio indio, “Padre dei Racconti”, cieco e analfabeta, di Se una notte… di I.Calvino: una leggenda racconta, appunto, di questo narratore instancabile, secondo alcuni fonte universale della materia narrativa, secondo altri la reincarnazione di Omero, “mentre c’è chi obietta che Omero non ha affatto bisogno della metempsicosi, non essendo mai morto e avendo continuato attraverso i millenni a vivere e a comporre: autore, oltre che dal paio di poemi che gli si attribuiscono di solito, di gran parte delle più note narrazioni scritte che si conoscono”( I. Calvino,Se una notte…)