Salò Terremoto capitolo 5

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167 P ARTE SECONDA IL PALAZZO MUNICIPALE: STORIA E RINASCITA Capitolo05 167-178 (Ibsen) 28-04-2009 22:01 Pagina 167

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PARTE SECONDA

IL PALAZZO MUNICIPALE:

STORIA E RINASCITA

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municipale, che pure si caratterizzava per una plu-ralità di uffici (consiglio, banco notarile, cancelleria,tesoreria, e talora – come a Salò – monte di pietà,ecc.). Ad indirizzare tali interventi erano finalità tan-to funzionali quanto ideologiche, legate alla rappre-sentazione della caratteristica fondamentale del go-verno della Serenissima, che si identificava nellaGiustizia e nella sua amministrazione2. Per altro ver-so era fortemente avvertita – anche per le sollecita-zioni degli stessi provveditori – l’esigenza di offrireai rappresentanti della Serenissima dimore e ufficisontuosi, degni delle famiglie del patriziato da cui ireggitori provenivano, e sensibile a tale aspetto si di-mostra Marin Sanudo che nel suo Itinerario si soffer-ma sulle sedi destinate ai magistrati3.

Salò conobbe un primo, provvisorio trasferimen-to della sede della comunità di Riviera nel 1377, do-po che per secoli questa funzione era stata esercita-ta da Maderno: l’entità istituzionale aveva fatto la suacomparsa sullo scenario politico lombardo nel XII se-colo, ma assunse un profilo ben definito nell’artico-lazione istituzionale e nella composizione territoria-le tra Due e Trecento; la sede degli organismicomunitari e del rappresentante della Dominante (di

La piazza su cui si affaccia il palazzo comunale diSalò, oggi piazza Vittoria, presenta ora una morfolo-gia drasticamente modificata rispetto all’assetto di etàveneta. Quella situazione, che vedeva il fronte orien-tale e occidentale occupati da edifici pubblici carat-terizzati da portici, si inserisce in un contesto moltoomogeneo ed è frutto degli stessi meccanismi che siinnescarono a partire dagli inizi del Quattrocentonelle città passate via via sotto il dominio della Sere-nissima (Padova, Vicenza, Verona, Bergamo, Brescia,ecc.) e presto riprodotti nei centri minori1.

Ovunque il motore primo di questo processo fuda un lato la volontà di autorappresentazione del ce-to dirigente che si confrontava con i rettori inviati dal-la Repubblica di Venezia – il podestà, il capitano –,dall’altro la necessità di trovare una sede per i magi-strati veneziani, accompagnati da una corte più o me-no numerosa, e per i funzionari (dal cancelliere algiudice al maleficio, ecc). L’esito fu ovunque una se-rie di trasformazioni nell’articolazione urbanistica dicentri fino allora prevalentemente organizzati intor-no alle sedi del potere ecclesiastico e signorile o co-munale. Le sedi del potere veneziano trovarono po-sto solitamente accanto a quella del potere

Capitolo 5 di Monica Ibsen

IL DISEGNO DI UNA CAPITALE:LA PIAZZA DI SALÒ

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volta in volta Milano o Verona) venne attratta da Ma-derno, già sede di una corte regia e di una curia ve-scovile, nonché di una delle pievi più antiche e ve-nerabili della Riviera occidentale. Fu una ribellioneantiviscontea nel 1377 a indurre Regina della Scalaa un provvisorio trasferimento delle magistrature aSalò; il trasferimento effettivo avvenne gradualmen-te a partire dal 1426 quando l’assetto istituzionale epolitico assunse contorni pressochè definitivi4 e im-pose progressivamente la necessità di individuare lesedi per il rettore veneto, quello bresciano, le rispet-tive corti, gli uffici della comunità all’interno di unospazio urbanisticamente definito.

Il quadro urbanistico generale che ne scaturì è an-cora ben visibile nella mappa del catasto austriacoillustrante l’area del municipio e dell’allora piazzaNapoleone (quella che in documenti settecenteschiviene chiamata significativamente platea Sancti Mar-ci, piazza San Marco5) in cui si possono ancora indi-viduare chiaramente il palazzo dei Provveditori, conle due logge, collegato al palazzo nuovo da un so-vrappasso, il palazzo comunale, la casa del Podestà,il sovrappasso – con l’orologio – che collegava que-

sta all’osteria o domus ubi fit ospitium. È, quella chesi osserva nella mappa, la plathea di Salò: lo spaziopubblico aperto lungo la via publica, la principale edunica arteria che attraversava il borgo murato e cheassunse una fisionomia ordinata e unitaria attraversoun lungo, laborioso processo tra Quattro e Cinque-cento che vide come fattore principale il ruolo isti-tuzionale assunto dalla città nei confronti di Venezia,e come forti promotori – spesso operanti in sinergia– la comunità di Riviera, i rettori veneti, il Comunedi Salò.

Salò nel XV secolo presentava un tessuto urbani-stico compatto: all’interno delle mura gli spazi aper-ti erano costituiti dalla plateola antistante la pieve,dalla piazzetta Grola, ossia l’attuale piazza San Car-lo, dove si teneva il mercato, e dalla piazza del Lino,ossia lo spiazzo in contrada Dosso destinato al mer-cato dei buoi e – evidentemente – dei refi6. La piaz-za del Comune costituiva dunque l’unica aperturaverso il lago, provvista di approdi e circondata daedifici pubblici.

Il passaggio sotto la Serenissima ebbe quale pri-ma conseguenza sul piano urbanistico il trasporto,nel 1451, del mercato cittadino verso il centro poli-tico della città, con conseguenze economiche posi-tive sul borgo e sul Comune: questa ridistribuzionedelle funzioni nel tessuto urbano assume un precisovalore simbolico e non a caso sarà seguito dal trasfe-rimento a Salò del mercato che si teneva a Maderno,punto d’arrivo dell’accentramento delle funzioni co-munitarie nel nuovo capoluogo7: si costituisce cosìnella piazza un luogo che riunisce le funzioni eco-nomiche, di rappresentanza e l’esercizio dei poteridella Dominante e, in subordine, della Comunità.Conseguenza immediata fu l’allargamento del portodella piazza, richiesto dal capitano veneziano, Leo-nardo Calbo8.

Proprio la figura del Calbo è tra le protagoniste diun rapporto tra il magistrato veneziano e il Comuneassolutamente privilegiato: il rettore convoca ripetu-tamente il Consiglio del Comune nel palazzo dellaComunità, suggerisce e impone scelte urbanistiche earchitettoniche che investono la piazza, il porto, lachiesa, contribuendo a ridefinire il tessuto cittadinoalla luce del nuovo ruolo assunto da Salò.

214. I palazzi pubblici di Salò

nella mappa catastale

austriaca (1852-1858):

sono evidenziati il palazzo

comunale (A), la casa del Comune

sul lato orientale della piazza (B),

il palazzo del Provveditore (C),

il palazzo del Provveditore

verso strada o palazzo nuovo (D),

la casa del Podestà (E).

Da TRECCANI 2005.

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zione delle insegne veneziane (il San Marco aureoricordato da Marin Sanudo) e la trasformazione delpiano inferiore in loggiato; di lì a poco verrà creatoil palazzo del podestà veneziano, in un edificio af-fittato dalla Repubblica sul lato occidentale dellapiazza. A Verona, la piazza dei Signori con la loggiadel Consiglio e i palazzi del Podestà e del Capitanoviene a configurarsi a partire dal 1476 e la loggia vie-ne costruita tra il 1476 e 1492, e negli anni Trentadel Cinquecento si procederà a nuovi interventi mo-numentali ai due palazzi, nonché a quelli del camer-lengo e dei giudici. La loggia appare in questi, comein molti altri esempi di rinnovamento urbanistico sot-to la Serenissima, l’elemento qualificante: edificiofunzionale deputato a far “comode stare domini rec-tores et cives et ab estu solis et pluviarum tempesta-tibus se tueri”, e dunque strumento del decoro deicittadini e delle istituzioni, la loggia è sede di ammi-nistrazione della giustizia e luogo di stipula di atti

Al 1464 risale il primo tentativo di assimilare Sa-lò alle altre città della Terraferma con la parte presadal Consiglio della Comunità di distruggere il palaz-zo comunale per permettere la costruzione di una“logia honorabilis et bene ornata cum columnis etpilastris pro ornamento platee”: la distanza di qual-che decennio non può attenuare la somiglianza del-la decisione con quelle assunte ad esempio a Bre-scia, dove il podestà Marco Foscari nel 1434 affermache la piazza appena progettata poco o nulla varrà“nisi habeat lozia seu porticum in forma pulchra si-cut habent relique civitates”9.

Alla loggia di Brescia si lavorerà dal 1434 al 1551,su impulso dei rettori veneti Marco Foscari e Girola-mo Contarini, a Bergamo tra gli anni ‘50 e ‘60 delQuattrocento si crea il nuovo spazio di rappresen-tanza della Piazza Vecchia e il palazzo della Ragio-ne – già sede del Consiglio del Comune –, divienesede dei tribunali e viene riqualificato con l’apposi-

215. Brescia, la Loggia.

Foto Monica Ibsen.215

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pubblici e la sua costante introduzione nell’urbani-stica delle città di Terraferma finirà per farne un sim-bolo dell’amministrazione veneziana10.

A Salò una loggia esisteva, fin dalla fine del Tre-cento, sotto il palazzo dei Provveditori e, come si ve-drà, svolgeva appunto le funzioni di luogo di giusti-zia e sede del banco notarile: il Comune si opposedunque agli interventi proposti dalla Comunità e so-lo nel 1531-1532 il capitano Alvise Trevisan sarebberiuscito a mettere in atto un complesso di interventiche ridisegnassero il cuore politico della città. Il finedel progetto Trevisan era, ad evidenza, l’ampliamen-to e la ridefinizione della piazza e a tale intento col-laborò la Comunità che vendette al Comune la di-mora del podestà acquistando da un privato un’altracasa per insediarvi il magistrato, con la clausola cheil Comune si impegnasse a ingrandire la piazza; il

Comune, demolita la propria sede, acquisì i palazzia mane parte e alcuni edifici privati11. I lavori proce-dettero speditamente, così che nell’anno successivoil Comune e la Comunità d’intesa potevano far ap-porre l’imago sancti Marci in forma leonis scolpita inpietra sulla facciata della casa di piazza [doc. 9]; al-lo stesso rettore venne poi apposta un’epigrafe cele-brativa (ALOISIO TREVISANO SALUDIANA PREFECTURA INTE-GERRIME PERFUNCTO OPTIMEQ DE BENACENSI REPU. MERITO

CUIUS GRAVI CONSILIO VETUS HOC FORUM INTERPOSITUM

INTEGRITATIS ET BENEFICENTIAE MEMORES CIVES MONUMEN-TUM PUBLICUM EREXERUNT MDXXXIII).

La collocazione cronologica di questo interventocorrisponde a un preciso momento politico: Veneziadopo il trauma di Cambrai muta radicalmente le for-me del proprio intervento in Terraferma e, abbando-nata l’attenzione verso un inserimento sommesso neltessuto cittadino, interviene ora a marcare con deci-sione la topografia delle città. A Verona nel 1523, tragli altri interventi, si pone la colonna con il leonemarciano in piazza Erbe, a Treviso nel 1540 vieneiniziata la costruzione della Loggia sotto il palazzodei Trecento che avvia i lavori di rinnovamento degliedifici pubblici della città12.

La piazza di Salò aveva fin dalla metà del Quat-trocento il pilo con il vessillo marciano (“paleo ma-gno seu vexillo sancti Marci”) da esporre nei giornifestivi e di mercato e sotto il rettorato di Pietro Naninel 1559-1560 verrà eretta la colonna di piazza conil Leone, imponendo anche qui il modello della piaz-zetta di Venezia che si stava affermando in tutta laTerraferma: tale cronologia è puntualmente riferita

216. Bergamo, San Bartolomeo:

la piazza vecchia di Bergamo

nella tarsia di Damiano Zambelli.

Da CALABI 1997.

217. Salò, deposito comunale

di via Fantoni:

l’epigrafe celebrativa

di Alvise Trevisan (1533).

Foto S&B trade promotion.

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L'altro elemento determinante delle piazze vene-ziane è l’orologio o razza, elemento che si diffondedai primi del Quattrocento (nel 1421 a Verona, nel1427 a Padova, destinato a diventare il modello perle altre città da Venezia a Treviso, a Brescia, ecc.) econosce un ulteriore sviluppo negli anni Ottanta delsecolo. In questo caso – forse per la minore caricasimbolica – l’adesione di Salò al modello fu imme-diata e un orologio della Comunità è documentatodal 1474: con certezza nel 1503 sappiamo dell’esi-stenza in piazza di una torre con il quadrante comenei modelli veneti, sostituita con un nuovo manufat-to a seguito delle radicali trasformazioni degli anniTrenta del Cinquecento14, quando un orologio vieneposto in opera sulla casa della Comunità acquistatadal Comune, da identificarsi con quello del lato orien-tale della piazza, significativamente collocato sullavia che conduce al polo religioso della città. Alla ri-costruzione dei palazzi alla fine del XVI secolo si ac-compagnò un nuovo rifacimento, nel 1613, forsecoincidente con quello noto dalle immagini di ini-zio Novecento e caratterizzato dal pregio della pie-tra – Botticino bianco e pietra nera di Eno – e dellasua lavorazione, nonchè dall’apparato figurativo, com-prendente un bassorilievo in rame rappresentante laVergine, fatto realizzare a Venezia15.

Giunto nel 1483 a Salò, Marin Sanudo non offri-rà della piazza una descrizione lusinghiera: “la pia-za picolla cum loza su lacco”, mentre il palazzo di

dal Grattarolo ma, in assenza di sicure fonti d’archi-vio e su fondamenti non meglio precisabili, secondoGiuseppe Solitro l’erezione della colonna dorica, col-locata su sette gradini, andrebbe in realtà ascritta alrettorato di Giovan Francesco Sagredo, nel 1530, eFrancesco e Pietro Nani avrebbero disposto l’aggiun-ta rispettivamente del leone marciano e della rappre-sentazione della Giustizia e delle armi di famiglia13.In assenza di migliori fonti, si può solo osservare co-me tale cronologia allineerebbe Salò a molti episodidi Terraferma – a Brescia l’innalzamento della colon-na è dell’anno successivo –, con una lenta elabora-zione tra l’intento di segnare lo spazio pubblico congli emblemi della Serenissima poco dopo Agnadello(e in un quadro di interventi che, si è visto, avrebbe-ro ridisegnato gli spazi pubblici) e le cautele, o diffi-coltà, imposte dal patto di dedizione e non di assog-gettamento che legava Salò a Venezia (al pari di quantoverificatosi a Bergamo dove il leone stilita non ven-ne mai innalzato). Nessuna traccia aiuta invece acomprendere cosa fosse avvenuto sotto i Francesi egli Imperiali, quando in diversi centri della Terrafer-ma (come Brescia, Vicenza, Bassano, Feltre) gli em-blemi marciani vennero distrutti.

218. Marostica, il pilo

con il leone marciano.

Foto Monica Ibsen.

219. Bassano del Grappa,

la piazza con l’emblema marciano

e la statua di San Bassiano.

Foto Monica Ibsen.

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Maderno è costruito “more veneto”; tuttavia nelloschizzo che accompagna la descrizione nell’Itinera-rio il palazzo pubblico compare al centro della ter-ra di Salò, insieme alla chiesa di San Bernardino e alDuomo come elemento distintivo della città racchiu-sa tra le mura e il lago16. Negli anni successivi la si-tuazione si modificherà ancora: l’esito sarà quelloche, scrivendo la sua Historia negli anni Ottanta delCinquecento, illustra Bongianni Grattarolo, registran-do la piazza con il palazzo comunale e con il mon-te di pietà a ovest, e a est un’osteria e il palazzo delPodestà, nonché l’orologio di piazza.

Ha nel mezzo della terra il palagio dove habita il rettore,

con una sala grande fregiata sotto il palco delle insegne et

delle arme de tutti i rettori che ci sono stati già più di cen-

t’anni, legate da cartuccie, da arpie, da fogliami, et da altri

abbigliamenti, che s’usano ne’ groteschi, e destinte a tre a

tre da termini e da mensole: e con altre stanze signorili e

commode per ogni grande e per hogni honorata famiglia; et

con una longa, larga, et aprica loggia da passeggiare dinan-

220. Salò: l’orologio della

piazza del Comune

prima della sua demolizione.

Collezione

Pierangelo Del Mancino.

221. Brescia, piazza Loggia:

l’orologio sul lato

orientale dell’invaso.

Foto Monica Ibsen.

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Ha sotto un portico grande, aperto, o, come direbbero a Na-

poli, un seggio soffolto da molte colonne, e così seggi ap-

ponto dove seggono il Capitano e’l suo giudice, e’l podestà

et suo vicario, a rendere ragione a’ popoli, quei nelle cau-

se criminali e miste, e questi nelle civili. Et è luogo dove ra-

gionando passeggiano i nobili. Ha appresso una sala dove

zi, coperta d’un soffitato colorito e tempestato d’oro, et ar-

mata con un parapetto di bastoni forniti di poma d’orical-

co, la quale dà e toglie la prospettiva del lago e della colli-

na opposta, fornita di depenture significanti con motti

brevissimi come si legge in un dialogo detto tra l’eccellen-

te medico messer Vincenzo Nerito e il diligente astrologo

messer Giovanni Paolo Galucci; ha da una parte verso sera

un giardinetto con alcune belle piante di aranzi, che el fan-

no da ogni stagione ogetto verde, et odorato: dall’altra ver-

so mattina, una scala comoda da scendere al lago, chiusa

da alcune gelosie di asserelle, vestite di viti che vietano che

le donne e gli altri non possano essere vedute da fuori via.

Da tergo nella facciata erano murate alcune di quelle teste

di pietra alle quali Enrico Imperatore fece tagliare il naso per

osservanza di un giuramento contra bresciani, come testifi-

ca il Capriolo loro cronechista, nel settimo delle sue Histo-

rie, le quali furono poi portate a Salò e quindi poste nelle

controversie di Ghibellini e di Gelfi.

222. Bergamo, San Bartolomeo:

la piazza grande di Brescia

nella tarsia di Damiano Zambelli.

Da ALCE 1995.

223. Salò,

particolare dell’orologio

della piazza del Comune.

Collezione

Pierangelo Del Mancino.

224. Padova, piazza dei Signori:

il leone marciano, il pennone

per lo stendardo e l’orologio.

Foto Monica Ibsen.

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si raduna il Consiglio generale di tutta la riviera, e dove seg-

gono i deputati e’l sindico a far di quello di che s’è ragiona-

to altrove.

Nella piazza poi che non è molto lontana verso levante, so-

no sopra alcuni altri portici soffolti da sette pilastri con set-

te colonne ioniche quadre, alcune sale dove si rauna un al-

tro consiglio particolare delli huomini di Salò e dove si fa

un monte di pietà, che presta denari a’ poveri, et altri appar-

tamenti, e fondachi verso sera, i quali pilastri, che prima era-

no di quadrelli di terra cotta, perché non potevano sosten-

tare il peso novamente ci sono stati rimessi di quadroni di

pietra con arte quasi maravigliosa, senza che la fabrica se

ne sia risentita pur d’un pelo. A mattina è un’ostaria non an-

cora fornita di fabricare, doppo la quale è la stanza del po-

destà, con una fondamenta da passeggiare inanzi tra sé, e il

225. Vittorio Veneto,

la piazza di Serravalle

con la Loggia della Comunità.

Foto Monica Ibsen.

lago. Nel mezzo della piazza è una collonna dorica grande

con un San Marco sopra in forma di leone assai ben fatto,

questa è alzata da sette gradi, e da un piedestallo nel quale

è scolpita la giustizia Arma et insegna così della Riviera co-

me della Vinitiana repubblica. Et un’arma Nana, perché il

signor Pietro Nani, del quale s’è ragionato, fu quello che ce

la fece drizzare17.

Nonostante la riedificazione di pressochè tutti gliedifici nei decenni successivi, tale articolazione simanterrà immutata fino alla caduta di Venezia, quan-do la colonna con il leone lascerà il posto all’alberodella Libertà, e al terremoto del 1901, che porterà aduna trasformazione radicale, pur ammantata di con-tinuità, negli spazi cittadini.

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226. Rappresentazione di Salò

nell’Itinerario per la Terraferma

veneta di Marin Sanudo, 1483.

Padova, biblioteca universitaria.

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227. Salò, palazzo Morgante.

Foto Marino Colato.

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