SALMONELLA SPP. E LISTERIA MONOCYTOGENES: FOCUS … CERTA/ARTICOLI, TESI DI LAUREA... · Salmonella...

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SALMONELLA SPP. E LISTERIA MONOCYTOGENES: FOCUS SULLE TOSSINFEZIONI ALIMENTARI, EPIDEMIOLOGIA E RICERCA IN CAMPIONI ALIMENTARI E TAMPONI DI SUPERFICIE Relatrice Cristina Luceri Correlatrice Tiziana Fochetti Candidata Martina Scortecci Anno Accademico 2017/2018 Scuola di Scienze della Salute Umana Corso di Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche

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SALMONELLA SPP. E LISTERIA

MONOCYTOGENES: FOCUS SULLE

TOSSINFEZIONI ALIMENTARI,

EPIDEMIOLOGIA E RICERCA IN CAMPIONI

ALIMENTARI E TAMPONI DI SUPERFICIE

Relatrice

Cristina Luceri Correlatrice

Tiziana Fochetti Candidata

Martina Scortecci

Anno Accademico 2017/2018

Scuola di

Scienze della Salute Umana

Corso di Laurea Magistrale in

Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche

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INDICE

SUMMARY .................................................................................................................................. 2

1.INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 3

1.1 Batteri patogeni e tossinfezioni alimentari .......................................................................... 3

1.2 Normativa vigente ............................................................................................................. 13

1.2.1 Accreditamento: definizione, iter di accreditamento e prove inter-laboratorio ......... 17

1.2.2 Sicurezza biologica: sistema di allerta, autocontrollo e sistema HACCP .................. 18

1.3 Salmonella e Listeria monocytogenes ............................................................................... 21

1.3.1 Listeriosi ..................................................................................................................... 21

1.3.2 Salmonellosi ............................................................................................................... 25

1.3.3 Epidemiologia internazionale ..................................................................................... 29

1.3.4 Epidemiologia europea ............................................................................................... 33

1.3.5 Epidemiologia italiana e dell’area dell’ex ASL 8 di Arezzo ...................................... 41

1.3.6 Richiami di prodotti alimentari nel periodo del tirocinio ........................................... 45

1.4 Cenni storici ...................................................................................................................... 46

2.MATERIALI E METODI ........................................................................................................ 53

2.1 Metodo Oxoid Salmonella PrecisTM

.................................................................................. 53

2.1.1 Validazione AFNOR .................................................................................................. 54

2.1.2 Principio del test ......................................................................................................... 55

2.2 Metodo Oxoid Listeria PrecisTM

....................................................................................... 59

2.2.1 Validazione AFNOR .................................................................................................. 59

2.2.2 Principio del test ......................................................................................................... 59

2.2.3 Scheda tecnica di conteggio ....................................................................................... 66

2.3 International Standard ISO 6887-1: Microbiologia di alimenti e mangimi per animali

(Seconda edizione 2017-03) .................................................................................................... 69

2.3.1 Diluenti ....................................................................................................................... 70

2.3.2 Preparazione dei campioni ......................................................................................... 70

2.4 Normative ISO 17025 e ISO 7218 .................................................................................... 72

2.5 Matrici analizzate .............................................................................................................. 75

3.RISULTATI ............................................................................................................................. 78

4.DISCUSSIONE E CONCLUSIONE ....................................................................................... 81

REFERENCES............................................................................................................................ 87

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SUMMARY

Salmonella spp. e Listeria monocytogenes sono agenti batterici in grado di determinare

lo sviluppo di due malattie a trasmissione alimentare (MTA), rispettivamente

salmonellosi e listeriosi, che originano dalla contaminazione di uova e prodotti a base di

uova, carni e prodotti a base di carni (suini, bovini e pollame principalmente), prodotti

ittici (soprattutto salmone affumicato), ortaggi crudi, latte e latticini. Sebbene entrambe

le specie batteriche portino talvolta all’insorgenza di tossinfezioni alimentari, in

particolare nelle persone immunocompromesse, hanno caratteristiche diverse. Il genere

Salmonella appartiene alla famiglia delle Enterobacteriaceae, comprende oltre 2500

sierotipi di batteri Gram-negativi tra i quali quelli più comunemente isolati in caso di

MTA sono S. enteritidis, S. typhimurium e S. typhimurium variante monofasica, è

responsabile di forme cliniche a prevalente manifestazione gastroenterica (salmonellosi)

che, nonostante il trend stabile indicato negli ultimi report di Ce.R.R.T.A., EFSA-

ECDC e WHO, determina numerosi casi, annualmente. Listeria monocytogenes è una

specie di batteri Gram-positivi che riescono a sopravvivere in condizioni ambientali con

temperature comprese tra i 2°C ed i 45°C. L. monocytogenes è in grado di causare la

listeriosi, una malattia determinata soprattutto dai lineaggi I (sierotipi 1/2b e 4b) e II

(sierotipo 1/2a), ma con una tendenza crescente, statisticamente significativa, che è

associata ad elevati tassi di mortalità e si presenta con sintomi che variano da simil-

influenzali ad infezioni più gravi quali meningite, setticemia, encefaliti, aborti spontanei

e mortalità neonatale. Il coordinamento tra le autorità competenti (WHO nel mondo,

EFSA-ECDC in Europa, Ministero della Salute in Italia, Ce.R.R.T.A. in Toscana ed il

Sistema RASFF) consentono la sorveglianza delle MTA e l’applicazione delle

normative e delle prassi igieniche opportune.

Lo scopo del presente studio è stato quello di ricercare batteri potenzialmente patogeni

quali Salmonella spp. e L. monocytogenes su campioni alimentari e tamponi di

superficie presso un laboratorio aretino di analisi microbiologiche accreditato (Cierre

s.r.l) per contribuire alla sicurezza ed alla tutela della salute pubblica nell’ambito

dell’applicazione del sistema HACCP, in riferimento alla normativa nazionale e

comunitaria vigente ed applicando protocolli d’analisi accreditati per la determinazione

rapida ed efficace dei risultati di presenza o assenza dei suddetti microrganismi.

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1.INTRODUZIONE

1.1 Batteri patogeni e tossinfezioni alimentari

Le malattie trasmesse da alimenti (MTA) prendono il nome di “tossinfezioni alimentari”

e rappresentano un problema con il quale la sanità pubblica deve confrontarsi

costantemente.[1]

Esse sono causate dall’ingestione di alimenti contaminati da diversi

patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti, che colonizzano le mucose intestinali o dalla

presenza nei cibi di tossine di origine microbica che causano malattia anche quando il

microrganismo produttore è assente. Inoltre, si manifestano con differenti sintomi che

generalmente coinvolgono il sistema gastrointestinale con manifestazione di nausea,

vomito, crampi addominali e diarrea e con insorgenza dei sintomi in un arco di tempo

relativamente breve (da ore a giorni); invece nel caso di tossinfezioni causate da

microrganismi che tendono a diffondersi anche nel sistema sanguigno, i tempi di

manifestazione possono essere più lunghi ed il sintomo più frequente è la diarrea,

accompagnata da febbre e brividi.[2]

Sebbene si tratti di patologie in genere “benigne”, riguardano numerosi soggetti ogni

anno, spesso con necessità di ricovero ospedaliero, in particolar modo nella popolazione

immunodepressa,[1]

come negli anziani, neonati, donne in gravidanza, pazienti affetti da

HIV o persone estremamente suscettibili alle complicanze legate alle malattie trasmesse

dagli alimenti.[3]

Tali patologie stanno aumentando in molti Paesi poiché lo scenario

epidemiologico è profondamente mutato per il cambiamento delle abitudini alimentari,

l’incremento di consumo dei cibi a lunga conservazione, la globalizzazione dei mercati

con arrivo di alimenti non sempre di origine e controllo certi. Inoltre, c’è da considerare

la comparsa dei cosiddetti “patogeni emergenti” la cui responsabilità nell’insorgenza di

focolai di infezione diventa sempre più considerevole come ad esempio l’encefalite

spongiforme nei Paesi Europei, le infezioni da E. coli produttore di verocitotossina, l’

emergenza di nuovi sierotipi di Salmonella e i virus enterici tipo Norovirus.[1]

I patogeni possono essere inavvertitamente introdotti in nuove aree geografiche così

come viaggiatori, rifugiati e immigrati possono essere esposti al rischio di malattie

trasmesse da alimenti per loro sconosciuti e in ambienti nuovi. Per di più i cambiamenti

dei microrganismi portano alla continua comparsa di nuovi patogeni, allo sviluppo della

resistenza agli antibiotici ed a cambiamenti nella virulenza di patogeni già conosciuti.[3]

Il nuovo sistema globale di sorveglianza antimicrobica dell'Organizzazione Mondiale di

Sanità (OMS) ha rivelato la presenza di resistenza diffusa agli antibiotici analizzando

500.000 persone con sospette infezioni batteriche in 22 Paesi diversi. I batteri resistenti

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più comunemente riportati sono stati Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae,

Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae, seguiti da Salmonella spp.[4]

Nello

specifico l’OMS ha pubblicato la sua prima lista di "agenti patogeni prioritari" resistenti

agli antibiotici, al fine di guidare e promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuovi

antibiotici, data la crescente resistenza globale ai farmaci antimicrobici; questo catalogo

comprende 12 famiglie di batteri Gram-negativi resistenti a molteplici antibiotici, che

possono trasmettere materiale genetico consentendo anche ad altri batteri di diventare

resistenti ai farmaci. L'elenco dell'OMS è diviso in tre categorie in base all'urgenza del

bisogno di nuovi antibiotici: fondamentale, alta e media priorità. Il gruppo più critico

include Acinetobacter, Pseudomonas e varie Enterobacteriaceae producenti enzimi

ESBL (compresi Klebsiella, E. coli, Serratia e Proteus), ognuno dei quali è resistente a

carbapenemi e cefalosporine di terza generazione e rappresenta una particolare minaccia

negli ospedali, nelle case di cura e tra i pazienti la cui cura richiede dispositivi come

ventilatori e cateteri, causando infezioni gravi e spesso mortali come infezioni del

sangue e polmonite. Il secondo e terzo livello della lista - le categorie di priorità alta e

media - contengono altri batteri sempre più resistenti a farmaci come vancomicina,

meticillina, claritromicina, fluorochinoloni, cefalosporine e determinanti malattie più

comuni come la gonorrea e l'intossicazione alimentare causata dal batterio Salmonella.

Tali batteri sono Shigella spp., Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae,

Staphylococcus aureus, Enterococcus faecium, Helicobacter pylori, Campylobacter

spp., Salmonellae e Neisseria gonorrhoeae.[5]

Un’ulteriore conferma di ciò è descritta

nel rapporto pubblicato dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dal

Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC); in esso è

indicato come una su quattro infezioni nell'uomo sia causata da batteri di Salmonella

caratterizzati da resistenza a tre o più antimicrobici comunemente usati in medicina

umana e animale, tra i quali ciprofloxacina che risulta inefficace nelle infezione

provocate da S. kentucky produttrice di ESBL (extended-spectrum beta-lactamase),

fenomeno segnalato per la prima volta in quattro Paesi europei.[6]

Per quanto riguarda

Salmonella, i dati italiani riportano percentuali estremamente elevate di resistenza di

Salmonella spp. all’ampicillina (54,9%), alle tetracicline (50,7%), al sulfametoxazolo

(49,3%); di Salmonella typhimurium all’ampicillina (81,8%), al cloramfenicolo (54,5%)

ed al sulfametoxazolo (27,3%); di Salmonella typhimurium all’acido nalidixico

(95,8%), alle tetracicline (100%) ed all’ampicillina (95,8%).[7]

I batteri del genere

Campylobacter, che provocano la più comune malattia veicolata da alimenti nell'UE,

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mostrano un'elevata resistenza ad antibiotici di largo utilizzo (resistenza alla

ciprofloxacina 54,6% in C. jejuni e 63,8% in C. coli; resistenza alla tetraciclina 42,8%

in C. jejuni e 64,8% in C. coli). I livelli di resistenza sono aumentati per due degli

antibiotici analizzati (ciprofloxacina e tetraciclina) ma la resistenza congiunta ad

antimicrobici di importanza critica è stabile e complessivamente bassa (0,6% in C.

jejuni e 8,0% in C. coli). In alcuni Paesi, tuttavia, almeno una su tre infezioni da C. coli

si è rivelata resistente a più antibiotici importanti, lasciando pochissime possibilità di

curare infezioni gravi.[6]

Le informazioni sull’antibiotico-resistenza dei batteri

Salmonella e Campylobacter negli esseri umani risultano dettagliate in quanto sono le

infezioni batteriche originate da consumo di cibo contaminato. Al giorno d’oggi

esistono più di 250 tossinfezioni alimentari che includono i batteri sopracitati e nuovi

patogeni emergenti, come Campilobacter jejuni, Escherichia coli 157:H7, Listeria

monocytogenes ed Yersinia enterocolitic.[8]

In definitiva, il controllo delle malattie trasmesse dagli alimenti necessita di un sistema

efficiente di controllo, funzionale ed integrato, basato sulla collaborazione di tutte le

componenti del sistema, affinché tali episodi vengano ridotti se non eliminati: leggi e

normative sugli alimenti, gestione del controllo degli alimenti, servizi di ispezione,

monitoraggio epidemiologico (laboratori), educazione del consumatore e

comunicazione con il cliente.[3]

Il work flow europeo della sorveglianza delle malattie a trasmissione alimentare segue

le linee guida per la sorveglianza ed il controllo dei focolai delle MTA pubblicate

periodicamente dall’OMS, fornendo allo stesso tempo una guida generale adattabile a

singoli Paesi e ad esigenze locali. Il primo programma europeo di sorveglianza delle

malattie veicolate da alimenti nasce nel 1980, lanciato dal distretto europeo

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e prevede la raccolta di ulteriori dati rispetto

a quanto previsto dalle notifiche di legge, mediante l’esecuzione di indagini

epidemiologiche accuratamente condotte. Con l’entrata in vigore del Regolamento (CE)

N. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 viene istituita

l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che, tra i compiti che le

competono, vede la raccolta e l’analisi dei dati relativi alle zoonosi, resistenza

antimicrobica ed ai focolai di malattie veicolate da alimenti. Nel 2006 la Direttiva

2003/99/CE sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici viene

recepita in Italia dal Decreto Legislativo 4 Aprile 2006, n. 191, il quale individua i dati

di importanza strategica rilevati dalle indagini epidemiologiche dei focolai di malattie

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trasmesse da alimenti e che devono essere raccolti ed inviati alla Commissione Europea.

Tali dati sono essenzialmente:

numero complessivo dei focolai in un anno;

numero di persone morte o colpite da infezione a causa dei focolai;

agenti responsabili dei focolai, e, ove possibile, sierotipo o altra descrizione

definitiva di tali agenti. Qualora non sia possibile individuare l'agente

responsabile dell'infezione, è necessario spiegarne le ragioni;

prodotti alimentari implicati nel focolaio d'infezione ed altri veicoli di infezione

potenziali;

identificazione della tipologia del luogo di produzione /acquisto/ acquisizione e

consumo del prodotto alimentare incriminato;

fattori collaterali, per esempio carenze igieniche nella trasformazione dei

prodotti alimentari.

Annualmente EFSA ed ECDC presentano un Rapporto Riepilogativo Comunitario

sull’andamento e le origini delle zoonosi e dei focolai di malattie veicolate da alimenti

nell’Unione Europea.

A livello nazionale i dati sono esclusivamente derivanti dalle notifiche inviate al

Ministero della Salute dalle Regioni nell’ambito del Sistema Informativo Malattie

Infettive e diffusive SIMI, segnalati in Classe IV. In molte regioni italiane sono stati

implementati sistemi di sorveglianza speciale che privilegiano la raccolta di

informazioni più dettagliate e puntuali per poter meglio focalizzare l’alimento

responsabile dell’evento e la sua storia. Pertanto la regione Toscana ha istituito nel 1999

il Centro di Riferimento Regionale sulle Tossinfezioni Alimentari (Ce.R.R.T.A.) che

crea e diffonde strumenti che siano in grado di ottenere informazioni di qualità sui

focolai e casi singoli/sporadici di malattie veicolate da alimenti, sui luoghi di acquisto,

preparazione e consumo dell’alimento, sulle modalità di conservazione e preparazione e

sui fattori ambientali e comportamentali che potevano aver favorito lo sviluppo

dell’episodio. Tali dati sono strategici per poter impostare una corretta politica di

prevenzione di questo tipo di patologie e si è reso quindi necessario creare un nuovo

flusso dati, che dal territorio, attraverso il Ce.R.R.T.A. , fornisse alle autorità sanitarie

locali e regionali, le informazioni necessarie. Nel 2010 la Regione Toscana ha emesso

le “Linee guida per la corretta gestione degli episodi di malattie veicolate da alimenti”

per migliorare ulteriormente le performance degli operatori nell’investigazione degli

episodi di malattie trasmesse. Quest’esigenza nasce dalla necessità di uniformare le

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modalità di gestione delle MTA nel territorio e della raccolta dei dati agli standard

europei sulla base della Direttiva 2003/99/CE, di integrare gli interventi delle differenti

professionalità (medici, veterinari, tecnici della prevenzione, infermieri professionali,

assistenti sanitari) per migliorare la qualità e la tracciabilità dei risultati. Al termine

della fase investigativa i dati rilevati vengono trasmessi ad un referente aziendale

Ce.R.R.T.A., solitamente un medico, assistente sanitario o infermiera professionale, il

cui compito è raccogliere, analizzare e trasmettere un rapporto standardizzato di sintesi

sull’episodio. Tale report viene inviato al Coordinamento Regionale del Ce.R.R.T.A.,

che provvede ad aggregare i dati regionali, analizzarli e redigere rapporti annuali che

vengono trasmessi alle singole Aziende Unità Sanitarie Locali, alla regione (Direzione

Generale Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale) ed al Ministero della Salute.[1]

Uno strumento chiave a livello europeo per garantire il flusso di informazioni al fine di

consentire una reazione rapida quando vengono rilevati rischi per la salute pubblica

nella catena alimentare è il RASFF - il sistema di allarme rapido per alimenti e

mangimi. Il RASFF è uno dei più alti standard di sicurezza alimentare al mondo e

garantisce che il cibo sia sicuro per i consumatori, sia europei sia extra-UE. Creato nel

1979, il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi è stato istituito per fornire alle

autorità di controllo degli alimenti e dei mangimi uno strumento efficace per lo scambio

di informazioni sulle misure adottate in risposta ai gravi rischi rilevati in relazione agli

alimenti o ai mangimi, portando eventualmente al ritiro dal commercio dei prodotti

alimentari contaminati. Questo scambio di informazioni aiuta gli Stati membri ad agire

più rapidamente e in modo coordinato in risposta a una minaccia per la salute causata da

alimenti o mangimi. I membri di RASFF sono tutti gli Stati membri dell’UE, i Paesi

SEE (Norvegia, Liechtenstein e Islanda), il Segretariato EFTA che coordina il

contributo dei paesi SEE, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e la

Commissione europea in qualità di gestore del sistema; a seguito di un accordo entrato

in vigore il 1 ° gennaio 2009, la Svizzera è membro parziale del sistema per quanto

riguarda i respingimenti di frontiera del prodotto di origine animale. La base giuridica

del RASFF è il regolamento CE /178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali

della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e

fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU N ° L 31 del 1 ° febbraio

2002). Il regolamento (UE) n. 16/2011 della Commissione stabilisce le misure di

attuazione del RASFF, stabilisce i compiti dei membri della rete RASFF, prevede una

permanenza in servizio 24 ore su 24 del sistema, incarica la Commissione di verificare

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le notifiche RASFF e di informare i Paesi terzi con i diversi tipi di notifiche sotto

elencate:

Le notifiche di “allerta” vengono inviate quando un alimento o un mangime che

presenta un grave rischio per la salute è sul mercato e quando è richiesta

un'azione rapida. Il membro RASFF che identifica il problema e prende le azioni

pertinenti (ad esempio il ritiro del prodotto) attiva l'avviso. L'obiettivo della

notifica è di fornire a tutti i membri del RASFF le informazioni per confermare

se il prodotto in questione è sul loro mercato, in modo che possano anch’essi

prendere le misure necessarie;

Le notifiche di “informazione” vengono utilizzate quando è stato identificato un

rischio per alimenti o mangimi immessi sul mercato, ma gli altri membri non

devono agire rapidamente; ciò si verifica quando il prodotto non ha raggiunto il

loro mercato oppure non è più presente sul loro mercato o perché la natura del

rischio non richiede un'azione rapida;

I “respingimenti” di frontiera riguardano gli alimenti e le partite di mangimi che

sono stati testati e respinti alle frontiere esterne dell'UE e dal SEE quando è stato

rilevato un rischio per la salute. Le notifiche sono inviate a tutti i posti di

frontiera del SEE al fine di rafforzare i controlli e garantire che il prodotto

rifiutato non rientri nell'UE attraverso un altro posto di frontiera;

“Qualsiasi informazione” relativa alla sicurezza di alimenti e mangimi che non è

stata comunicata come avviso o notifica di informazioni, ma che è giudicata

interessante per le autorità di controllo, viene trasmessa ai membri sotto la voce

Notizie.

Le notifiche RASFF vengono fatte inviandole alla Commissione Europea dopo che si è

svolto il seguente lavoro: gli ispettori alimentari o dei mangimi hanno ispezionato un

prodotto sul mercato o alla frontiera e possono aver prelevato campioni e aver ricevuto i

risultati dal laboratorio. Qualora si riscontrasse la non conformità del prodotto e la

successiva segnalazione all’interno del sistema nazionale, l’autorità decide se il

problema rientra nell'ambito del RASFF e lo segnala al punto di contatto RASFF

nazionale che verifica e completa la notifica RASFF ove necessario e la trasmette alla

Commissione europea. Un modulo di notifica RASFF viene utilizzato per fornire

dettagli sui risultati e le misure adottate e aggiunge documenti pertinenti. I modelli

vengono utilizzati per raccogliere tutte le informazioni sul modulo di notifica RASFF.

Sostanzialmente la responsabilità della Commissione europea nel RASFF è quella di

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ricevere, integrare e comunicare le notifiche dai membri della rete ed informare un non

membro del RASFF (Paesi terzi) se un prodotto oggetto di una notifica è stato esportato

in tale Paese o quando un prodotto proveniente da tale Paese è stato oggetto di una

notifica. In questo modo, il Paese può adottare misure correttive laddove necessario e

appropriato. Un'analisi più approfondita delle prestazioni di RASFF è disponibile nelle

relazioni annuali.[9]

Il report del RASFF datato 2016 presenta 50 notifiche attivate da eventi di

contaminazione alimentare; altre 4 notizie RASFF sono state collegate a eventi di

avvelenamento da cibo, per due delle quali ulteriori informazioni sono fornite qui di

seguito. In 6 casi i consumatori hanno sofferto di reazioni allergiche dovute alla

presenza di un allergene che non era stato indicato sull'etichetta. Altre 10 notifiche sono

correlate agli elevati livelli di istamina nel tonno. Oltre a questi, 29 sono state le

notifiche relative a microrganismi patogeni, 10 dei quali legati alla salmonellosi. Una

notifica è datata Gennaio 2016, quando l'Italia ha informato la Commissione di

un'epidemia di listeriosi causata da un formaggio contaminato; a Febbraio è stata

segnalata un’altra allerta legata a 25 casi di malattia associati ad un focolaio di

Escherichia coli (STEC O26) in Romania, di 19 persone che hanno sviluppato la

sindrome emolitica uremica (SEU), 3 delle quali decedute. La fonte dell’epidemia era

rappresentata da un tipico formaggio fresco rumeno che ha causato la SEU anche in un

bambino italiano che aveva consumato il suddetto alimento; tale caso è stato segnalato

dall’Italia il 21 Marzo 2016. Un ulteriore episodio si è verificato per la presenza di

Salmonella enteritidis PT8 trovata in uova provenienti dalla Polonia causando

salmonellosi in 21 scozzesi nel Gennaio 2016; a fine Agosto 2016 altri Stati europei

(Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Norvegia, Svezia e Regno Unito) hanno segnalato casi

di salmonellosi identificando lo stesso ceppo di Salmonella enteritidis in carne di pollo

fresca e nelle uova polacche precedentemente segnalate. Dato il significativo numero di

notifiche RASFF, sono state condotte analisi molecolari (WGS) di uno stipite sospetto

di Salmonella enteritidis che è risultato positivo nelle uova; l'inchiesta sulla tracciabilità

indicava un grossista comune ed un centro di imballaggio nei Paesi Bassi rifornito da tre

aziende olandesi ed un centro di imballaggio in Polonia da dove sono partiti i lotti

alimentari verso Belgio, Francia, Germania, Regno Unito e Croazia, in cui il 19 ottobre

sono stati segnalati 5 nuovi casi nella stessa famiglia che hanno portato alla morte di un

bambino di 5 anni che aveva mangiato tali uova. A parte la descrizione di queste tre

specifiche allerte, nel 2016 attraverso il RASFF sono state trasmesse un totale di 2993

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notifiche originali, di cui il 28% (n = 847) è stato classificato come “allerta”, il 13% (n

= 378) come “informazioni per il follow-up”, il 20% (n = 598) come “informazione

interessante” ed il 39% (n = 1170) come “notifica di respingimento”. Queste notifiche

originali hanno dato luogo a 7288 notifiche di follow-up, che rappresentano una media

di 2,4 follow-up per notifica originale. Per le notifiche di avviso, questa media sale a

ben 5,5 follow-up per notifica originale. Le cifre complessive presentano una

diminuzione dell'1,8% delle notifiche originali rispetto al 2015, ma un aumento del

17,5% delle notifiche di follow-up, con un aumento complessivo dell'11,1%. Per le

notifiche originali, rispetto al 2015, il numero di notifiche di allerta è aumentato del 9%,

con il 16% in più di follow-up trasmessi. L'aumento degli avvisi (follow-up e notifiche

originali) è significativo per gli ultimi tre anni, in contrasto con la diminuzione dei

numeri in altre categorie di notifiche. Ciò dimostra che i membri della rete stanno

progressivamente concentrando i loro sforzi sui casi in cui i rischi gravi con prodotti

immessi sul mercato richiedono un'azione rapida da intraprendere, aumentando così

l'efficienza della gestione ed una conseguente tutela per la salute umana. Di queste

notifiche, 352 sono state segnalazioni dovute a cibi contaminati da batteri patogeni;

quest’ultimi, in ordine decrescente per numero di casi, sono Salmonella, Listeria

monocytogenes, Escherichia coli, Norovirus e Campylobacter spp. Le principali fonti di

contaminazione comprendono in primis prodotti a base di pesce e carne di pollame e

suino, a seguire cereali, frutta, verdure, molluschi, latte e latticini.[10]

Anche l’Italia fa parte degli Stati membri del RASFF, ma ha anche adottato specifiche

procedure dettagliate con propria Circolare prot. 606/20.1/3/1110 del 15 maggio 2003,

per gestire il flusso delle comunicazioni riguardanti le allerte alimentari. Ciò si realizza

con apposite procedure operative che prevedono le schede di notifica standard

(completezza delle informazioni) ed uso della posta elettronica (tempestività della

comunicazione). Le notifiche vengono comunicate e condivise tra gli Stati membri via

rete, in tempo reale. L’attività del sistema di allerta prevede il ritiro di prodotti

pericolosi per la salute umana o animale. Nel caso di rischio grave ed immediato, oltre a

disporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l’intervento del Comando

Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedura di emergenza può

essere integrata con comunicati stampa. In questo caso vengono informati i cittadini sul

rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sulle modalità di riconsegna

dell’alimento alla ASL territorialmente competente. Dal 31 gennaio 2011 con l’entrata

in vigore del Regolamento (UE) n.16/2011 recante disposizioni di applicazione relative

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al sistema di allarme rapido per gli alimenti ed i mangimi è necessario utilizzare i

modelli di notifica predisposti dalla Commissione europea. Tali modelli riguardano la

trasmissione della notifica, delle ulteriori informazioni aggiuntive a seguito di indagini

svolte (follow-up) e delle informazioni a seguito di indagini svolte con rispedizione del

prodotto (follow-up). La Commissione europea e il Ministero della Salute italiano

hanno istituito sui propri siti web, spazi appositi per la consultazione on-line delle

notifiche settimanali divise in “nuove notifiche di allerta per i prodotti a rischio che

sono sul mercato europeo” e “nuove notifiche di informazione per i prodotti non

presenti sul mercato europeo o già sottoposti a misure di controllo dal Paese

interessato”. Le linee guida per la gestione operativa del sistema di allerta per gli

alimenti destinati al consumo umano, definiscono le specifiche procedure di attivazione

del sistema di allerta, in caso si ravvisi in un alimento un grave rischio per il

consumatore, per cui è richiesto un intervento immediato sul territorio da parte delle

strutture sanitarie e si stabiliscono le specifiche competenze delle strutture coinvolte

nello scambio rapido di informazioni. Le indicazioni contenute nelle linee guida si

applicano nei seguenti casi:

segnalazioni in partenza dalla ASL: attivazione del Sistema di Allerta per riscontri di

alimenti già presenti sul mercato, prodotti e/o distribuiti nel territorio di competenza

della ASL, che presentano un grave rischio per la salute del consumatore, per i quali è

richiesto un intervento immediato;

segnalazioni in arrivo: allerta originate al di fuori della ASL che riguardano alimenti

prodotti e/o distribuiti nel territorio di competenza della ASL.

Le indicazioni operative non si applicano agli alimenti che, pur presentando non

conformità alle norme vigenti, siano stati già segnalati dal responsabile dell'industria

alimentare nell'ambito dell'autocontrollo e che, pur costituendo un grave rischio per la

salute del consumatore, non siano stati immessi sul mercato. Ai fini del protocollo, è

possibile effettuare la classificazione in “alimenti a grave rischio per la salute del

consumatore per cui è richiesto un intervento immediato” ed “alimenti non conformi

alla normativa vigente e senza un rischio grave per il consumatore, per cui non necessita

di intervento immediato”.

Per quanto riguarda gli alimenti ed i microrganismi patogeni, i cibi non costituiscono

grave rischio per la salute pubblica e pertanto non comportano l'attivazione del Sistema

di Allerta nel caso in cui sia stata riscontrata la presenza di microrganismi

potenzialmente patogeni in prodotti intermedi, che subiranno uno o più trattamenti tali

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da garantire la distruzione dei microrganismi patogeni, prima della

commercializzazione degli alimenti. Inoltre, la Commissione europea, in collaborazione

con l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e gli Stati membri, ha

pianificato un piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli

alimenti e dei mangimi. Questo piano precisa le situazioni che comportano rischi diretti

o indiretti per la salute umana non previsti dal Regolamento (CE) n. 178/2002 del

Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, nonché le modalità pratiche

necessarie per gestire la crisi risultante, compresi i principi di trasparenza da applicare e

la strategia di comunicazione. Nel caso in cui una situazione, che comporta un rischio

grave non possa essere controllata nell'ambito delle disposizioni esistenti, la

Commissione istituisce immediatamente un'unità di crisi cui partecipa l'Autorità

fornendo un supporto scientifico e tecnico. Quest'unità di crisi raccoglie e valuta tutti i

dati pertinenti e identifica le opzioni disponibili per prevenire, eliminare o ridurre il

rischio per la salute umana.

Il meccanismo delle comunicazioni rapide, sempre più numerose negli ultimi anni, è

uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del

consumatore. Per fare una segnalazione su una non conformità di rilevanza sanitaria in

prodotti alimentari, il consumatore deve fare una comunicazione alla ASL di

appartenenza o, in alternativa, ai Carabinieri per la tutela della salute, NAS, per le

successive verifiche del caso. Sul reperto consegnato dal consumatore le Autorità

sanitarie potranno effettuare ulteriori accertamenti necessari per individuare la causa e/o

poter concludere con ragionevole certezza che la non conformità rilevata sia o meno

attribuibile al processo di produzione.

Tra le più ricorrenti segnalazioni pervenute negli anni dai consumatori è compresa la

categoria delle tossinfezioni da microrganismi patogeni. Ovviamente fare un elenco

esaustivo di non conformità rilevabili attraverso le segnalazioni dei consumatori non è

possibile, potendo verificarsi un ampio ventaglio di casistiche che possono includere:

insorgenza di allergie alimentari, caratteristiche organolettiche alterate di un alimento

(nella fase di produzione o distribuzione), insorgenza di tossinfezioni e intossicazioni

alimentari che possono condurre anche a ospedalizzazioni, frodi alimentari ed altre

motivazioni.[11]

Naturalmente, come a livello locale, nazionale ed europeo, esiste anche una rete delle

autorità internazionali per la sicurezza alimentare il cui acronimo è INFOSAN.

Quest’ultima è una rete globale di 186 autorità nazionali per la sicurezza alimentare,

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gestita congiuntamente dalla FAO e dall'OMS con il segretariato dell'OMS[12]

,

garantisce una rapida condivisione delle informazioni durante le emergenze in materia

di sicurezza alimentare per fermare la diffusione di alimenti contaminati da un Paese

all'altro e facilita anche la condivisione di esperienze e soluzioni testate in e tra Paesi al

fine di ottimizzare interventi futuri per proteggere la salute dei consumatori.[13]

1.2 Normativa vigente

Riferendosi alla sanità animale, gli enti pubblici sanitari erogano servizi di analisi

attraverso laboratori territoriali, distribuiti nelle province di competenza, che operano in

differenti settori compreso quello microbiologico. Questi laboratori svolgono attività di

prevenzione, ricerca e servizi per la salute animale, di controllo dell’igiene degli

allevamenti e di tutela della sicurezza degli alimenti di origine animale, per garantire la

salute dei consumatori e la libera circolazione dei prodotti alimentari di origine animale,

al fine di prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per la salute umana e

per gli animali (siano essi rischi diretti o veicolati dall’ambiente).

La filiera alimentare italiana è regolata da leggi italiane ed europee e le normative

vigenti in merito ai criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari sono

rappresentate dal Regolamento (CE) 1441/2007 della Commissione dell’Unione

Europea del 5 dicembre 2007 e dalla recante modifica “Linee guida per il controllo

ufficiale ai sensi dei Regolamenti (CE) 882/2004 e 854/2004” approvato il 10

Novembre 2016, rispettivamente sostituzione e seguente aggiornamento del

regolamento (CE) n. 2073/2005. Tali normative delineano i criteri microbiologici

applicabili ai prodotti alimentari, in materia di tutela e sicurezza alimentare, di criteri di

igiene del processo di alimenti pronti al consumo e di norme per il campionamento e per

la preparazione dei campioni da analizzare ed infine delle norme di attuazione che gli

operatori del settore alimentare devono rispettare nell’applicazione delle misure di

igiene generali e specifiche.

Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, i limiti di quantità dei microrganismi

Listeria monocytogenes e Salmonella, i due batteri oggetti di studio del presente

progetto di tesi, corrispondono all’assenza dei batteri in 25 grammi o 25 millilitri di

quasi tutti gli alimenti in esame (tranne nelle “carni macinate e preparazioni di carni

diverse dal pollame destinate ad essere consumate cotte”, in cui il criterio di sicurezza

alimentare si riferisce a 10 grammi di prodotto), solidi o liquidi, classificando gli

alimenti in base alla tipologia di materia prima[14,15]

in 22 categorie alimentari.

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14

Quest’ultime, elencate nell’allegato 7, si suddividono in alimenti in polvere per lattanti,

l’infanzia e a fini medici, cacao e prodotti a base di cacao, farine, prodotti di panetteria e

pasticceria, prodotti a base e contenenti uova fresche, paste alimentari all’uovo, carni

fresche e separate meccanicamente, carni macinate e preparazioni di carne, prodotti a

base di carne, prodotti della pesca trasformati e preparati, latte crudo pronto al consumo

e trattato termicamente, latte o siero di latte in polvere, prodotti a base di latte liquidi o

gelificati (latte coagulato, creme di latte coagulato, yogurt, gelati ed altri latticini), burro

e panna, frutta ortaggi e semi pronti al consumo, succhi e nettari di frutta od ortaggi non

pastorizzati, preparazioni alimentari/gastronomiche cotte e non cotte e pronte al

consumo, spezie, erbe aromatiche e conserve. In particolare, per le categorie “cacao e

prodotti a base di cacao” e “farine” si ricerca solo Salmonella; pure le categorie “latte in

polvere e siero di latte in polvere” e “prodotti della pesca trasformati e preparati”

prevedono la ricerca di Salmonella escludendo Listeria monocytogenes, la cui ricerca è

selettiva per il latte trattato termicamente. Ulteriore attenzione viene posta per le

tipologie alimentari di “preparati di pasticceria”, “paste alimentari all’uovo”, “carni

fresche da consumarsi previa cottura”, “carni macinate da consumarsi previa cottura”,

“prodotti di carne da consumarsi previa cottura”: in tali prodotti i valori guida indicano

il limite di ≤1000 ufc (unità formanti colonie) di Listeria monocytogenes per grammo di

alimento, mentre per le restanti categorie di materie prime il limite è ≤100 ufc/g e/o

assenza in 25 g. Poiché il presente lavoro di tesi è stato realizzato presso un laboratorio

privato, le analisi di ricerche batteriologiche si sono focalizzate sulla determinazione in

presenza/assenza e non in tipizzazione e conteggio delle colonie per esigenze in termini

di tempistica nei confronti dei clienti dell’azienda.[15]

Inoltre, tali documenti indicano la

fase a cui si applica il criterio, ovvero durante il periodo di conservabilità dei prodotti

alimentari immessi sul mercato, e mostra le normative di riferimento (EN/ISO 11290-1

e EN/ISO 11290-2 per Listeria monocytogenes, EN/ISO 6579 per Salmonella), che

prevedono un piano di campionamento di 5 porzioni del prodotto da testare.[14,15]

L’interpretazione dei risultati delle prove indica la qualità biologica della parte

esaminata e l’efficacia della procedura basata sui principi di analisi dei rischi e di punti

critici di controllo o di corretta igiene del processo. I limiti indicati si riferiscono a ogni

unità campionaria sottoposta a prova e l’esito delle analisi microbiologiche viene

indicato con “soddisfacente” (se tutti i valori osservati indicano l'assenza del batterio) o

“insoddisfacente” (se si rileva la presenza del batterio in una delle unità campionarie).

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15

Il secondo capitolo della normativa 1441, inerente ai criteri di igiene del processo,

illustra i limiti delle colonie batteriche nelle carni e nei prodotti a base di carne,

applicando i parametri alla fase intermedia tra macellazione e raffreddamento: allo

stesso modo del precedente capitolo, le colonie di Salmonella e Listeria monocytogenes

devono risultare assenti per avere un esito soddisfacente delle analisi microbiologiche,

altrimenti, se presenti, determinano un risultato insoddisfacente. In quest’ultimo caso è

opportuno procedere al miglioramento delle condizioni igieniche della macellazione e

revisione dei controlli del processo, dell’origine degli animali e delle misure di

biosicurezza nell’azienda di origine. L’ultima parte della normativa 1441 si focalizza

sulle regole di campionamento da parte degli organi di controllo, tra cui la campionatura

batteriologica per le carcasse di bovini e suini e pollame nei macelli e nei luoghi di

produzione di carne macinata e preparazioni a base di carne. È indicato come in ogni

sessione di campionamento sia necessario prelevare casualmente cinque carcasse; i siti

nei quali sono prelevati i campioni devono essere scelti tenendo conto della tecnica di

macellazione utilizzata in ciascun impianto. Quando si prelevano i campioni per la

ricerca di Salmonella, è utilizzato un metodo di prelievo con spugna abrasiva nelle aree

di almeno 400 cm2 selezionate, in cui la probabilità di contaminazione risulta più

elevata. Nel caso del campionamento di carne macinata, preparazioni a base di carne e

carcasse per la ricerca di Salmonella, il prelievo dei campioni avviene almeno una volta

alla settimana ed il giorno di campionamento deve variare da una settimana all'altra,

affinché sia coperto ogni giorno della settimana. La frequenza può essere ridotta a una

volta ogni due settimane qualora si ottengano risultati soddisfacenti per 30 settimane

consecutive, oppure può essere ulteriormente ridotta se vi è un programma di controllo

nazionale o regionale di Salmonella dimostrando che la prevalenza di Salmonella è

bassa negli animali acquistati dal macello.[14]

Altro aspetto importante che è sottolineato nella modifica del regolamento apportata nel

2016 riguarda la conservazione del campione durante il trasporto, ovvero dal momento

del prelievo alla consegna in laboratorio. Durante questo lasso di tempo i campioni

dovranno essere mantenuti alle seguenti temperature:

alimenti congelati: conservazione tra -15 °C e -18° C;

prodotti refrigerati: conservazione tra 1 °C e 8 °C;

prodotti stabili: conservazione a temperatura ambiente (meno di 40 °C).

Inoltre ogni aliquota, costituita da un numero di unità campionarie di peso adeguato a

seconda della tipologia di analisi, deve essere sigillata accuratamente e completamente

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in modo sterile ed accompagnata da un cartellino identificativo con le indicazioni di

legge.[15]

In riferimento alle normative vigenti, il presente progetto di tesi è stato realizzato ed è in

linea con tali regolamenti presso l’azienda Cierre s.r.l. che si occupa principalmente di

analisi chimiche e microbiologiche e di consulenza e controllo sulle qualità ambientali,

agronomiche, alimentari ed industriali nel territorio aretino. Dal 2002 il laboratorio

richiede ed ottiene l'accreditamento di ACCREDIA secondo la norma UNI EN ISO/IEC

17025:2017 ed in seguito la certificazione del proprio Sistema di Gestione in Qualità

secondo la norma UNI EN ISO 9001:2008 da parte di DASA-RAEGISTER.[16]

Accredia è l’Ente Unico nazionale di accreditamento designato dal governo italiano, in

applicazione del Regolamento europeo 765/2008, indicato a determinare la competenza,

l’indipendenza e l’imparzialità dei tre dipartimenti cui fanno riferimento i soggetti che

operano nei diversi settori della valutazione della conformità: organismi di

certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di prova e taratura. Essa è

un’associazione riconosciuta, che opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo

Economico e svolge le indagini in collaborazione con Inail e Aicq sulle imprese

certificate per garantire la salute e la sicurezza sul lavoro. Inoltre Accredia rappresenta

tutti i soggetti portatori di interesse nelle attività di accreditamento, dalle Pubbliche

Amministrazioni ai soggetti accreditati, dalle organizzazioni d'impresa ai consumatori.

Accredia è anche membro delle reti europee ed internazionali degli Enti di

accreditamento ed è firmataria dei relativi Accordi internazionali di Mutuo

Riconoscimento, il quale ha l’obiettivo di favorire la circolazione di beni e servizi sui

mercati internazionali, garantendo in tal modo la concordanza con le procedure di

riferimento agli standard internazionali ed a quelle applicate dagli altri Enti e la

modalità di confronto.

Il marchio di accreditamento di un Ente firmatario apposto sul rapporto di prova o di

ispezione, o sul certificato di conformità o di taratura, rappresenta un passaporto sui

mercati internazionali. Pertanto l’associazione del marchio con un prodotto, un servizio,

o una determinata professionalità consente la circolazione libera da ulteriori test,

ispezioni o verifiche. Tale segno distintivo è essenziale e fondamentale per valorizzare

l’attività di valutazione della conformità degli organismi e dei laboratori accreditati, e

per promuovere l’affidabilità delle certificazioni, delle ispezioni, delle verifiche, delle

prove e delle tarature.

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1.2.1 Accreditamento: definizione, iter di accreditamento e prove inter-laboratorio

L’accreditamento è l’attestazione, da parte di Accredia, della competenza, autonomia ed

obiettività degli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di

prova e taratura. Esso assicura che gli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e

i laboratori di prova e taratura, abbiano tutti i requisiti richiesti dalle norme per svolgere

attività di valutazione della conformità e per rilasciare i certificati sul mercato con un

alto grado di valore ed affidabilità in termini di qualità e sicurezza dei beni e dei servizi

sottoposti a verifica, garantendo il riconoscimento sui mercati internazionali.

L’accreditamento degli organismi e dei laboratori viene svolto in tutto il mondo in base

alla norma internazionale ISO/IEC 17011, integrata dalle prescrizioni del Regolamento

CE 765/2008 per gli Enti di accreditamento dell’Unione europea. L’obiettivo

dell’accreditamento consiste nell’assicurare e detenere qualità, fiducia, sicurezza,

sviluppo e competitività delle imprese anche sui mercati internazionali, favorendo la

libera circolazione dei beni e dei servizi sottoposti a verifica da parte degli organismi e

dei laboratori accreditati; esso è un’attività di rilevanza sociale, svolta nell’interesse

pubblico, a salvaguardia della salute dei consumatori e della tutela dell’ambiente.

Nel caso dei laboratori, l’accreditamento dimostra che il soggetto soddisfa sia i requisiti

tecnici sia quelli relativi al sistema di gestione, necessari per offrire dati e risultati

accurati e tecnicamente validi per specifiche attività di prova, di analisi e di taratura.

Il percorso di accreditamento è articolato in diverse fasi con validità quadriennale,

periodo durante il quale gli organismi e i laboratori dimostrano di soddisfare i requisiti

per valutare la conformità dei prodotti e dei servizi, mediante apposite verifiche

condotte sia prima del rilascio o dell’estensione dell’accreditamento, che,

successivamente, nelle fasi di sorveglianza e di rinnovo. La documentazione relativa al

sistema di gestione (manuale, regolamenti, procedure, istruzioni, liste di controllo,

qualifiche del personale, ecc.) formalizza la validità e la regolarità degli organismi

accreditati. Le fasi della procedura sono le seguenti: domanda di accreditamento, esame

della documentazione, verifiche ispettive in sede e delibera dell'accreditamento.

Quest’ultima viene valutata dal Comitato Settoriale di Accreditamento competente

mediante la consegna del documento riassuntivo delle valutazioni effettuate dagli

ispettori dell’Ente che ha precedentemente effettuato le visite ispettive ai sensi della

norma ISO/IEC 17020 presso le organizzazioni clienti, con esito positivo. La

concessione dell’accreditamento viene formalizzata mediante apposita convenzione

stipulata tra Accredia e il soggetto accreditato e l’emissione del certificato a marchio

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Accredia. Prima della scadenza del ciclo quadriennale di accreditamento, può essere

avviata la procedura di rinnovo, secondo le stesse modalità previste per il primo

accreditamento. L’accreditamento è volontario e richiesto spontaneamente, salvi i casi

in cui l’organismo o il laboratorio svolga attività di valutazione della conformità in

alcuni settori sensibili (come il biologico, i prodotti agroalimentari di qualità e quelli

marcati CE), regolati da direttive o regolamenti europei, o da provvedimenti nazionali, a

tutela della salute dei consumatori e della sicurezza dell’ambiente. Inoltre, esso migliora

la reputazione e la competitività degli organismi e dei laboratori, e offre benefici alla

Pubblica Amministrazione semplificando i controlli alle imprese, che acquisiscono

competitività e internazionalità, ed ai consumatori, che si affidano ai servizi accreditati

ottenendo una garanzia di qualità e fiducia.

Le prove inter-laboratorio svolte sotto accreditamento sono valutazioni sull’affidabilità

delle prestazioni di un laboratorio mediante confronti con altri laboratori ed in relazione

a criteri prestabiliti da organizzatori accreditati ai sensi della norma ISO/IEC 17043,

noti come Profiency Testing Providers (PTP). Esse consistono nell’esecuzione, da parte

di laboratori accreditati diversi, di prove riconosciute da protocolli operativi adeguati

(Proficiency Testing – PT), su materiali identici o simili alle attività ed alle operazioni

che il laboratorio stesso effettua abitualmente e nella loro valutazione secondo criteri

oggettivi prestabiliti. L’analisi dei risultati delle prove valutative inter-laboratorio,

fornisce ai laboratori informazioni riguardo la conformità delle loro procedure

indicando se queste risultano soddisfacenti o se sono emersi potenziali problemi che

richiedono le giuste attività di correzione. Nella fase di interpretazione e valutazione dei

risultati, occorre tener conto dell’incertezza associata alla misurazione.[17]

1.2.2 Sicurezza biologica: sistema di allerta, autocontrollo e sistema HACCP

L’azienda Cierre s.r.l. suddivide la procedura operativa nelle tre seguenti fasi:

campionamento, analisi e rilascio del rapporto di prova del campione. Al momento della

consegna di quest’ultimo al cliente, viene allegato un documento contenente la

valutazione sulle eventuali norme di sicurezza e procedure di pulizie da applicare in

caso di rischio microbiologico. Cierre s.r.l. effettua anche la progettazione di piani di

autocontrollo per stabilimenti alimentari e mangimifici.

Il concetto di autocontrollo consiste nella responsabilizzazione dell’Operatore del

settore alimentare (OSA, che può essere il titolare dell’azienda od un suo delegato) in

materia di igiene e sicurezza degli alimenti e corrisponde all’obbligo di controllare e

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mantenere le proprie produzioni. L’autocontrollo è obbligatorio per tutti gli operatori

che a qualunque livello siano coinvolti nella filiera di produzione primaria (raccolta,

mungitura, allevamento), preparazione, trasformazione, fabbricazione,

confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita o fornitura,

compresa la somministrazione al consumatore.[18]

Per gli operatori del settore alimentare è doveroso informare i propri clienti sulla non

conformità riscontrata negli alimenti da essi posti in commercio e ritirare il prodotto dal

mercato. Oltre al ritiro, nel caso in cui il prodotto fosse già stato venduto al

consumatore, l’OSA deve provvedere al richiamo, ovvero deve informare i consumatori

sui prodotti a rischio e pubblicare il richiamo nella specifica area del portale del

Ministero della Salute a cura della Regione Competente per territorio, che lo riceve

direttamente dall’OSA, con precedente valutazione della ASL.

In talune circostanze è possibile che si verifichi la revoca del richiamo di un

determinato prodotto, richiesta per analisi di revisione favorevole o altri motivi da

valutarsi da parte dell’ASL competente nel territorio.[19]

Per ampliare e completare in maniera opportuna ed efficace il piano di autocontrollo, è

stato introdotto il sistema HACCP (acronimo di Hazard Analysis and Critical Control

Points) che consente di applicare l’autocontrollo in maniera razionale ed organizzata. È

obbligatorio solo per gli Operatori dei settori post-primari. L’applicazione dei principi

del sistema dell’analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo alla produzione

primaria non è ancora praticabile su base generalizzata, pertanto si consiglia, in questo

settore, l’uso di prassi corrette in materia d’igiene.

La prima codifica normativa in Europa risale al 1993 con la Direttiva 43/93/CEE

(recepita in Italia con il D.lgs. 26 maggio 1997 n. 155, ora abrogato). Questa normativa

è stata sostituita dal Regolamento CE 178/2002 e dal Regolamento CE 852/2004, il

quale mira a descrivere l’obiettivo di sicurezza e igiene in industrie e attività del settore

alimentare. Quindi il sistema HACCP è un protocollo nazionale di autocontrollo in

grado di aiutare gli OSA a conseguire un livello più elevato di sicurezza alimentare ed a

promuovere il concetto di prevenzione, analizzando i possibili pericoli verificabili in

ogni fase del processo produttivo e nelle sue fasi successive. I principi su cui si basa

l’elaborazione di un piano HACCP sono sette:

1. Identificare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre;

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2. Identificare i punti critici di controllo (CCP - Critical Control Points) nelle fasi

in cui è possibile prevenire, eliminare o ridurre un rischio;

3. Stabilire i margini di accettabilità per questi CCP;

4. Definire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di

controllo;

5. Introdurre azioni correttive se un CCP oltrepassa il limite dell’accettabilità;

6. Stabilire le procedure da applicare regolarmente per verificare l’effettivo

funzionamento delle misure adottate;

7. Predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura ed alle dimensioni

dell’impresa alimentare.

Il piano di autocontrollo deve essere applicabile ed applicato, finalizzato a prevenire le

cause di insorgenza di non conformità prima che si verifichino e deve prevedere le

opportune azioni correttive per minimizzare i rischi quando, nonostante l’applicazione

delle misure preventive, si verifichi una non-conformità.

L’obiettivo principale è istituire un sistema documentato con cui l’impresa alimentare

sia in grado di dimostrare di aver operato in modo da minimizzare il rischio. E’

comunque necessario che la corretta predisposizione e l’applicazione di procedure, se

pure semplificate, consentano nell’ambito del processo produttivo, il controllo e la

gestione dei pericoli.

Ai sensi dell’art. 5 del Reg. CE 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, gli OSA

sono tenuti a seguire la guida fornita nel Manuale di autocontrollo (sinonimo di

Programma o Piano di autocontrollo) che comprende

i Manuali di Corretta Prassi Igienica (Good Hygiene Practice o GHP) che costituiscono

documenti orientativi voluti dalla normativa comunitaria ed utilizzabili come guida

all'applicazione dei sistemi di autocontrollo.[20,21]

Le procedure di GHP intervengono

trasversalmente al processo produttivo aziendale permettendo di controllarne le

condizioni operative per realizzare condizioni ambientali favorevoli per produzioni

sicure. Inoltre, esse consentono contemporaneamente anche il controllo di determinate

situazioni di rischio che intervengono lungo più fasi del processo produttivo e devono

essere applicate in modo sistematico e documentate con descrizione e registrazione

delle operazioni eseguite.[22]

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1.3 Salmonella e Listeria monocytogenes

Salmonella e Listeria sono due microrganismi potenzialmente patogeni che possono

provocare due malattie a trasmissione alimentare, rispettivamente salmonellosi e

listeriosi.

1.3.1 Listeriosi

La listeriosi è una patologia causata esclusivamente dal batterio Gram-positivo Listeria

monocytogenes[23]

, una delle 10 specie della famiglia di batteri del genere Listeria che è

ubiquitario; si trova nel suolo, nelle piante e nelle acque. Anche gli animali, tra cui

bovini, ovini e caprini, possono essere portatori del microrganismo attraverso le feci. Il

consumo di cibo o mangime contaminato è la principale via di trasmissione per l’uomo

e gli animali, anche se le infezioni possono verificarsi raramente attraverso il contatto

con animali o persone infetti[24]

e possono causare sintomatologie diverse che variano

da sintomi simil-influenzali lievi (come nausea, vomito e diarrea), che hanno

un’incubazione di 6-40 ore e che scompaiono nell’arco di 48 ore al massimo senza

ricorso alla terapia antibiotica, ad infezioni più gravi determinanti complicanze

potenzialmente letali quali meningite, setticemia ed encefaliti.[25]

La listeriosi contratta

durante il periodo di gravidanza può causare aborti spontanei o mortalità neonatale.[26]

La patogenesi prevede il passaggio di L. monocytogenes attraverso lo stomaco ed il

superamento della barriera intestinale; dopodiché i batteri si diffondono, attraverso la

linfa ed il sangue, ai linfonodi mesenterici, alla milza e al fegato. Questa colonizzazione

iniziale del tessuto ospite è un processo rapido. Sperimentalmente, le infezioni sui topi

mostrano che la maggior parte dei batteri è rapidamente rimossa dal flusso sanguigno

grazie all’azione dei macrofagi residenti nella milza e nel fegato. La restante

percentuale dei microrganismi resistenti sopravvivono e proliferano nel fegato,

aumentando di numero in 2-5 giorni. Dopo questo periodo, L. monocytogenes è di solito

eliminata rapidamente negli animali e nelle persone immunologicamente sane. Negli

individui immuno-compromessi, la proliferazione batterica illimitata nel parenchima

epatico può causare il rilascio dei batteri nel circolo sanguigno, determinando

l’infezione a livello uterino e del sistema nervoso.[27]

Queste manifestazioni cliniche

sono trattabili con antibiotici, ma la prognosi nei casi più gravi è spesso infausta.

L’incubazione media è di 3 settimane, ma può prolungarsi fino a 70 giorni.[28]

Inoltre Listeria monocytogenes è un batterio bacillo aerobio ed anaerobio facoltativo,

asporigeno, catalasi-positivo, ossidasi-negativo e mobile grazie alla presenza di flagelli

peritrichi.[29]

Può contaminare qualunque livello della catena di produzione e consumo

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degli alimenti perché può crescere e riprodursi a temperature variabili da 0 a 45°C,

persiste nell’ambiente e quindi può risultare presente anche in alimenti trasformati,

conservati e refrigerati.[28]

Al contrario di molti altri batteri di origine alimentare,

Listeria monocytogenes sopravvive in ambienti salini ed a basse temperature (anche 2-4

°C).[30]

Gli alimenti come prodotti a base di pesce pronti per il consumo (pesce confezionato,

affumicato a caldo o a freddo e pesce salato), prodotti a base di carne confezionati e

trattati termicamente (come prosciutto cotto affettato, petto di pollo cotto e paté) e

formaggi a pasta molle o semi-molle sono spesso all’origine delle infezioni da Listeria,

poiché la lunga durata di conservazione favorisce la proliferazione batterica; si tratta di

un fattore importante, perché questi alimenti sono di solito consumati senza ulteriore

cottura,[28]

nonostante la cottura a temperature superiori a 65 °C uccida i batteri evitando

le contaminazioni nella popolazione. Considerata la resistenza di questo batterio,

insieme agli elevati tassi di mortalità nell’uomo, la manipolazione sicura degli alimenti

riveste un’importanza capitale per tutelare la salute pubblica.[24]

La malattia viene contratta principalmente attraverso il consumo di alimenti

contaminati, pronti al consumo. L. monocytogenes rappresenta una grande

preoccupazione per l'industria alimentare data la capacità del patogeno di riprodursi in

un'ampia varietà di condizioni e di ambienti, rappresentando quindi un possibile

pericolo in una vasta gamma di alimenti. La rilevazione relativamente frequente di L.

monocytogenes nei prodotti alimentari comporta la necessità di richiamare il prodotto

con costi elevati per i produttori, poiché le perdite dovute a un singolo richiamo sono

valutabili in termini di milioni. Inoltre, può anche verificarsi che la contaminazione dei

prodotti finiti provenga dalla persistenza del microrganismo negli impianti di

produzione alimentare, eventualità che aumenta ulteriormente l'impatto economico sul

produttore. In aggiunta, altri costi possono anche essere determinati da programmi di

test ambientali L. monocytogenes, spesso effettuati per rilevare nicchie di crescita e

persistenza ambientale.[31]

Infatti la maggior parte dei batteri, tra cui L. monocytogenes,

si è evoluta sviluppando meccanismi di adattamento a determinate condizioni

ambientali. Uno di questi sistemi di adattamento è nei confronti dell’osmolarità poiché

la sopravvivenza alle condizioni saline create durante la catena alimentare è mediata da

modificazioni dell’involucro cellulare e del proteoma in risposta all’accumulo di soluti

intracellulari; ciò include trasportatori per i soluti, proteine della parete cellulare,

proteine regolatorie e quelle coinvolte in risposte allo stress.[32]

Uno studio recente che

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utilizzava la mutagenesi del trasposone ha identificato il gene lstC, la cui funzione non è

nota, come quello principalmente coinvolto nell’elevata tolleranza al sale usato per la

conservazione degli alimenti.[33]

Anche il gene lmo0501 è coinvolto nella risposta allo

stress osmotico, un mutante deleto di lmo0501 infatti, mostra una crescita ridotta in

condizioni di stress salino. Le principali proteine di risposta allo stress sono la serina

proteasica HtrA, che può avere un ruolo nel degradare le proteine misfolded, ClpC (un

ATPasi) e ClpP (una proteasi), essenziali per l'adattamento dello stress osmotico in L.

monocytogenes. Anche il gene iap svolge un ruolo importante nell’adattamento al

freddo ed al sale, come rivelato in studi su mutanti.[34,35]

Molti geni sopra menzionati

sono sotto il controllo del fattore sigma alternativo σB, che controlla una pletora di geni

coinvolti per esempio nella tolleranza allo stress, nel metabolismo, nel trasporto e nella

virulenza.[36,37]

Diversi studi hanno dimostrato che l'esposizione di L. monocytogenes a

stress può indurre lo sviluppo di ceppi sottoposti a condizioni sfavorevoli, che mostrano

una maggiore tolleranza. Una protezione incrociata allo stress osmotico e al freddo è

stato dimostrato per la presenza delle proteine CspABD che sono proteine da shock

termico[38]

, Iap[34]

, Lmo0501[39]

e Lmo1078[40]

, che sostengono la sopravvivenza degli

agenti patogeni negli alimenti e nella loro trasformazione durante i processi di

disidratazione.[32]

La filogenesi di Listeria monocytogenes ha portato alla determinazione di almeno 4

linee evolutive (I, II, III e IV) con differenti ma sovrapposte nicchie ecologiche[41]

usando una gamma di approcci genotipici e fenotipici, tra cui il ribotyping, elettroforesi

su gel a campo pulsato (PFGE) e MLST (Multilocus Sequences Typing).[42]

La

maggior parte degli isolati di L. monocytogenes sembrano appartenere ai lineaggi I e II,

che ospitano i sierotipi più comunemente associati ai casi clinici umani, compreso il

sierotipo 1/2a (lineaggio II) ed i sierotipi 1/2b e 4b (lineaggio I). I ceppi di lineaggio II

sono comuni negli alimenti, sembrano essere molto diffusi negli ambienti naturali e

agricoli e sono anche comunemente isolati dai casi di listeriosi animale e dai casi clinici

sporadici umani. La maggior parte delle epidemie di listeriosi umana sono associate agli

isolati del lineaggio I.[41]

Gli eventi di ricombinazione potrebbero essere particolarmente

importanti per i ceppi del lineaggio II per evolvere ed adattarsi ad una varietà di diverse

condizioni ambientali, in contrasto con i ceppi di lineaggio I che sono meno inclini alla

ricombinazione e sono spesso associati a casi epidemici, suggerendo un adattamento

nell’ospite. La ricombinazione seguita da una pressione selettiva può consentire ai ceppi

del lineaggio II di sopravvivere ad una vasta gamma di ambienti diversi dato che tali

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ceppi sono maggiormente presenti in condizioni ambientali particolari.[43]

È interessante

notare che gli isolati del lineaggio II sembrano possedere più plasmidi degli isolati di

lineaggio I e che questi spesso conferiscono resistenza a metalli tossici e ad altri

composti che possono essere trovati nell'ambiente. Inoltre un gran numero di isolati di

lineaggio II hanno dimostrato di essere virulenti attenuati a causa di mutazioni

premature del codone di arresto in inA (gene che codifica per una proteina di membrana

che media la sensibilità alla temperatura) e mutazioni in prfA (gene che codifica per una

proteina virulente). Un sottoinsieme di isolati di lineaggio I contiene una emolisina S di

listeriolisina che non è presente in isolati appartenenti ai lignaggi II, III o IV. Le linee

evolutive III e IV sono rare e prevalentemente isolate da fonti animali[41]

e sono

caratterizzate dalla presenza di residui aminoacidici di ActA, una proteina che ha

permesso la selezione positiva per questi due lineaggi. ActA consente a L.

monocytogenes di utilizzare un complesso di polimerizzazione dell'actina per la

diffusione nelle cellule ospiti. Questi siti si trovavano in regioni con funzioni note per la

formazione della coda di actina e l'interazione con diverse macromolecole nelle cellule

ospiti, suggerendo che il ruolo della selezione può facilitare l'adattamento a diverse

specie ospiti.[44,45]

La migliore strategia di prevenzione per la listeriosi passa attraverso l’applicazione di

generali norme di igiene ed attenzione previste per tutte le altre tossinfezioni alimentari.

Le raccomandazioni per il lavaggio e la manipolazione degli alimenti sono le seguenti:

risciacquare accuratamente gli alimenti crudi come frutta e verdura, sotto l’acqua

corrente prima di mangiarli, tagliarli o cuocerli (anche se verranno sbucciati); pulire gli

alimenti con una spazzola pulita; asciugare i prodotti con un panno pulito o un

tovagliolo di carta; separare le carni crude dalle verdure e dai cibi cotti e pronti al

consumo. Le raccomandazioni per la cucina riguardano il lavaggio delle superfici di

lavoro prima e dopo la preparazione e manipolazione dei cibi crudi, il mantenimento

della temperatura del frigorifero (tenuto pulito da avanzi di carne cruda) entro i 4°C e

del congelatore sotto i -17°C, e la pulizia delle pareti interne e dei ripiani del frigorifero

con acqua calda e sapone liquido. Inoltre è consigliato cuocere la carne accuratamente e

completamente, consumare appena possibile i prodotti precotti o pronti per il consumo

alimentare, non conservare i prodotti refrigerati oltre la data di scadenza e dividere gli

avanzi di cibo in contenitori poco profondi così da farli raffreddare più velocemente,

chiuderli e consumarli entro 3-4 giorni. È preferibile evitare di mangiare formaggi molli

(o bere latte) se non si ha la certezza che siano prodotti con latte pastorizzato. In

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particolare, i soggetti a rischio come le donne in gravidanza e le persone

immunodepresse, dovrebbero anche:

evitare di mangiare panini contenenti carni o altri prodotti elaborati da

gastronomia senza che questi vengano nuovamente scaldati ad alte temperature;

evitare di contaminare i cibi in preparazione con cibi crudi e/o provenienti dai

banconi dei supermercati;

non mangiare formaggi molli se non si ha la certezza che siano prodotti con latte

pastorizzato;

non mangiare paté di carne freschi e non inscatolati;

non mangiare pesce affumicato a meno che non sia inscatolato in forme che non

deperiscono a breve scadenza.[28]

1.3.2 Salmonellosi

Per quanto concerne Salmonella, quest’ultimo è l’agente batterico più comunemente

isolato in caso di infezioni trasmesse da alimenti,[46]

sia sporadiche che epidemiche.

Salmonella è presente in natura con più di 2500 varianti detti anche sierotipi o serovar,

ma i ceppi più frequentemente diffusi nell’uomo e nelle specie animali, in particolare in

quelle allevate per la catena alimentare, sono S. enteritidis e S.typhimurium,[47]

qualificate come “Salmonelle rilevanti”.[46]

Le infezioni provocate da Salmonella si distinguono in forme tifoidee (S. typhi e S.

paratyphi, responsabili della febbre tifoide e delle febbri paratifoidi), in cui l’uomo

rappresenta l’unico serbatoio del microrganismo, e forme non tifoidee, causate

principalmente da S. typhimurium e la S. enteritidis, responsabili di forme cliniche a

prevalente manifestazione gastroenterica e di oltre il 50% del totale delle infezioni

gastrointestinali chiamate salmonellosi che è associata alla scarsa igiene, alla mancanza

di acqua potabile pulita ed al consumo di alimenti contaminati come carne – suino,

bovino, pollame –, uova e latte consumati crudi o non pastorizzati[48]

, poiché la

Salmonella si trova comunemente nell'intestino di uccelli e mammiferi sani. Ogni anno

nell’Unione europea vengono riferiti oltre 90000 casi di salmonellosi. L’EFSA ha

stimato che l’aggravio economico complessivo causato dalla salmonellosi umana può

arrivare sino a 3 miliardi di euro l’anno.[49]

Il genere Salmonella, appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae, comprende

un gruppo di batteri Gram-negativi, asporigeni e bacilli anaerobi facoltativi. Inoltre

questi stipiti di microrganismi hanno un diametro compreso tra 0,7 e 1,5 µm, una

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lunghezza compresa tra 2 e 5 µm, con una distribuzione peritrica dei flagelli che

consentono loro la motilità, e per di più sono chemiotrofi, ovvero possiedono la capacità

di ricavare energia da reazioni di ossidazione e riduzione usando fonti organiche ed

inorganiche.[50]

La classificazione tassonomica dei molteplici sierotipi è determinata dalla presenza

dell’antigene O del lipopolisaccaride e dell’antigene flagellare H ed è stata chiamata

classificazione di Kauffman –White. Ulteriori differenziazioni delle diverse tipologie di

stipiti può essere ottenuta mediante i test di sensibilità agli antibiotici ed altre tecniche

di biologia molecolare come l’elettroforesi in gel a campo pulsato, MLST, e sempre più

frequente il sequenziamento dell’intero genoma (WGS).[51]

In un recente studio è stato

esaminato un set di 4893 genomi, il più grande studio pan-genomico delle specie S.

enterica fino ad oggi: è stato identificato un pan-genoma di 25.3 Mbp, un nucleo

costante di 1,5 Mbp presente in tutti i genomi ed un nucleo conservato di 3,2 Mbp

trovato in almeno il 96% dei genomi oggetto di studio. Inoltre sono state identificate

404 regioni specifiche per specie ed aventi funzioni relative alla propagazione ed alla

colonizzazione nell'ospite, compreso l'utilizzo dell'acido sialico nel muco dell’intestino,

sistemi di secrezione per l'attaccamento all'ospite e l’eliminazione di altri microrganismi

dell’ospite. All'interno della specie enterica, le regioni specifiche per specie sono state

trovate più frequentemente nel sierotipo enteritidis ed in altre sottospecie. Nessun

sierotipo mostrava regioni pangenomiche, presenti in tutti i genomi rappresentati ed

assenti in tutti gli altri serovar tuttavia, ciascuno sierotipo possedeva regioni genomiche

universalmente presenti in tutti i membri costituenti e quindi predittive del sierotipo.

Inoltre è stata analizzata anche S. typhi ed è stata trovata la sua filogenesi basata sugli

SNP all’interno del nucleo conservato: il genoma è risultato essere altamente

concordante con quello prodotto mediante filogenesi che usa la presenza/assenza

dell'intero pangenoma, ed entrambi concordavano con le filogenesi precedentemente

riportate per S. enterica. Insieme, il genoma di riferimento e quello analizzato hanno

offerto un quadro più completo della diversità all'interno dei genomi rispetto alla sola

analisi del genoma in esame.[52]

Sostanzialmente i progetti di sequenziamento dell'intero

genoma della famiglia Salmonella hanno mostrato che esiste una vasta sequenza di

conservazione tra i genomi. Si stima tuttavia, che sia stata acquisita una media dal 10 al

20% di DNA identico tra i diversi sierotipi in quanto le specie si sono differenziate ed

evolute, adattandosi a condizioni differenti.[53-55]

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Nonostante l’elevata omologia di sequenza tra i diversi ceppi di Salmonella, si

distinguono diverse sintomatologie correlate ad infezioni differenti provocate da

determinati stipiti. Una volta avvenuta la contaminazione per via orale, i microrganismi

sopravvivono al basso pH dello stomaco ed eludono le difese multiple della mucosa

dell’intestino tenue (quali enzimi digestivi, sali biliari, IgA secretorie, peptidi

antimicrobici ed altre difese immunitarie innate) al fine di accedere all’epitelio

sottostante. Essi vengono preferenzialmente endocitati dalle cellule M, appartenenti al

MALT, grazie all’adesione fimbriale sulla superficie apicale di tali cellule specializzate,

passando successivamente nelle cellule linfoidi (T e B) delle zone sottostanti delle

placche di Peyer. In alternativa, possono spostarsi attraverso l'epitelio intestinale dopo il

legame con CD-18 dei fagociti intestinali. Attraversato l’epitelio intestinale, i sierotipi

di Salmonella associati alla malattia sistemica (febbri enteriche) penetrano nei

macrofagi intestinali e si disseminano nel fagosoma, attivando vari meccanismi di

virulenza per sopravvivere nell'ambiente microbicida. Al contrario, i ceppi di

Salmonella non tifoidea inducono una risposta infiammatoria locale precoce, che risulta

nell'infiltrazione di leucociti polimorfonucleati (PMN) nel lume intestinale. In questa

regione i PMN producono IL-8, una delle principali citochine che media la stimolazione

della risposta immunitaria innata determinando una diarrea a carattere infiammatorio

che determina il turnover della mucosa intestinale.[56]

Nel caso della febbre tifoide l’infezione è acuta fino a due settimane, dopodiché diviene

generalizzata nel tessuto linfoide intestinale e nella cistifellea, ed è causata da

Salmonella enterica serovar typhi. Salmonella typhi può determinare anche forme

cliniche più gravi caratterizzate da febbre alta persistente, dolore addominale, malessere

e mal di testa per diverse settimane, portando a complicanze gravi o, in casi estremi, alla

morte. La febbre paratifoide è l'infezione febbrile clinicamente identica causata da

Salmonella paratyphi A o B o più raramente da paratyphi C. Le febbri tifoide e

paratifoidi vengono spesso definite collettivamente come febbri enteriche. Nella

maggior parte delle aree endemiche, il tifo comprende circa il 75% - 80% delle febbri

enteriche. Tuttavia, in alcune regioni, in particolare in Asia, paratyphi A sta iniziando a

contribuire con una percentuale maggiore su tutte le febbri enteriche ed è la causa di

gravi infezioni sempre più diffuse tra i viaggiatori dei Paesi industrializzati che visitano

i Paesi in via di sviluppo, in particolare in Asia.[57,58]

La terapia più opportuna per le febbri enteriche è la vaccinazione. Attualmente sono

raccomandati tre vaccini per la febbre tifoide: un vaccino iniettabile, costituito

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dall’antigene polisaccaridico Vi associato a proteine della tossina tetanica, indicato per

bambini dai 6 mesi di età e adulti fino a 45 anni di età; un altro vaccino iniettabile

polisaccaridico non coniugato basato sull'antigene Vi purificato (noto come vaccino Vi-

PS) per persone di età pari o superiore a due anni; un terzo vaccino attenuato che

contiene il ceppo vivo ed attenuato di Salmonella typhi Ty21a, somministrato per via

orale in formulazione in capsule per persone di età superiore ai sei anni.[58,59]

In merito alla salmonellosi, il principale agente infettivo è la Salmonella enterica non

tifoidea spp. I sintomi della salmonellosi comprendono febbre, diarrea e crampi

addominali, si manifestano dalle 12 alle 72 ore dall’ingestione di alimenti contaminati o

dalla contaminazione da parte di reservoir di persone o animali infetti, possono protrarsi

per 4-7 giorni e nella maggior parte dei casi si ha guarigione senza ospedalizzazione.[23]

Nell'industria alimentare il processo di salatura in combinazione con altre procedure

quali l’igiene, la refrigerazione e l’imballaggio, è spesso usato come conservante

generale ed agente antibatterico a causa dei suoi effetti inibitori sulla crescita batterica

in cibi pronti al consumo, carne, pesce, salumi, formaggi, frutta ed ortaggi. Il sale, allo

stesso modo della disidratazione osmotica, causa il danneggiamento delle cellule

batteriche alterando l’equilibrio osmotico tra ambiente citoplasmatico ed extracellulare.

L'essiccazione rappresenta un ulteriore accorgimento per la conservazione degli

alimenti, ad esempio per le industrie casearie, riducendo al minimo la replicazione

batterica.[60]

Infatti tale procedimento determina un restringimento degli strati capsulari

della cellula, un aumento delle concentrazioni di molecole intracellulari e disidratazione

che porta ad una riduzione del volume cellulare; altri effetti includono cambiamenti

nelle proprietà biofisiche (come la tensione superficiale), la ridotta fluidità dei lipidi di

membrana e danni a proteine e DNA. Inoltre, uno dei meccanismi molecolari di danno

che portano alla morte grazie all’essiccazione, è la formazione di radicali liberi che

hanno come bersaglio i fosfolipidi, il DNA e proteine. In generale, le specie Gram-

negative sono molto più suscettibili all'essiccazione rispetto alle specie Gram-positive in

relazione alle loro superfici più lisce, allo strato più spesso di peptidoglicano ed alla

mancanza di lipopolisaccaridi. Per far fronte a tali alterazioni, Salmonella si è evoluto

adottando una serie di complessi sistemi di interazione per tollerare la disidratazione e

lo stress osmotico, aumentando le concentrazioni di soluti compatibili e osmoprotettori

(ioni potassio, glutammato, glutammina, prolina, glicina-betaina o colina o trealosio)

determinanti una maggior virulenza e persistenza ambientale.[32]

Salmonella può

sopravvivere per lunghi periodi anche su superfici asciutte come la persistenza in

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acciaio inossidabile per 30 giorni.[62]

Anche il saccarosio permette l’elevata e prolungata

presenza di Salmonella negli alimenti secchi, facilitando la conservazione.[63]

La

matrice polisaccaridica extracellulare e dell’antigene O aumentano la sopravvivenza a

lungo termine in alimenti asciutti.[64]

Inoltre è stato osservato mediante studi di

mutagenesi sito-specifica l’importanza dell’up-regolazione dei seguenti geni per

resistere all’essiccazione: isocitrato liasi, aceA, liposintesi A, e geni che regolano la

sintesi di molti trasportatori (proP, proU, osmU).[65]

Per ottimizzare le operazioni e la sicurezza del prodotto a livello dell’industria

alimentare, è importante identificare e valutare la contaminazione degli alimenti in ogni

fase di lavorazione, dalla produzione primaria ai prodotti finali. L’attuazione di

procedure basate sull’analisi dei punti critici di controllo (HACCP) e delle buone

pratiche igieniche, relativi a prodotti non trasformati e prodotti trasformati di origine

animale, consentono di definire i criteri di accettabilità dei prodotti alimentari immessi

sul mercato.[66]

Nonostante le varie misure di controllo della sicurezza, lo scarso livello

igienico delle materie prime e dell'ambiente di elaborazione possono riflettere dei

focolai di batteri patogeni come Salmonella spp.[67]

In questi casi di salmonellosi,

l’infezione si presenta in forma lieve ed il naturale meccanismo di difesa dell’organismo

espelle i batteri. Di norma per Salmonella è sufficiente adottare una terapia di supporto:

somministrazione di soluzioni orali reidratanti (che servono per compensare l’acqua e i

sali persi con diarrea e talvolta con vomito), fermenti lattici e probiotici. Nonostante la

salmonellosi sia un’infezione batterica, il ricorso agli antibiotici viene sconsigliato,

poiché potrebbe allungare i tempi di persistenza dei microrganismi nelle feci o indurre

antibiotico-resistenza. L’ospedalizzazione e l’uso di antibiotici sono indicati solo nei

casi gravi (con sintomi extra-intestinali), nei neonati al di sotto dei 3 mesi di età e nei

soggetti con malattie cronico-degenerative.[47]

I consumatori possono ridurre il rischio di

ammalarsi tramite il consumo di cibi potenzialmente contaminati osservando una buona

igiene delle mani ed una corretta manipolazione degli alimenti, che include una pronta

refrigerazione degli alimenti; il lavaggio periodico di mani e superfici come taglieri e

stoviglie; la separazione delle carni crude da altri alimenti e la cottura dei cibi (carne e

uova in particolar modo) alla temperatura corretta.[49]

1.3.3 Epidemiologia internazionale

L’ultimo report internazionale, pubblicato nel sito dell’Organizzazione Mondiale della

Sanità (WHO) e risalente al 2015, fornisce le stime globali riguardo all’incidenza delle

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MTA, alla mortalità ed alla qualità della vita e morbilità con la tecnica del calcolo dei

DALY (Disability Adjusted Life Years).[68]

La metrica DALY quantifica la gravità di

una malattia come il numero di anni di vita senza malattia persi a causa di morbilità e

mortalità, ed è riconosciuto a livello internazionale; è una misura complessiva della

salute della popolazione e facilita il confronto tra l’impatto relativo delle malattie ed i

fattori di rischio nel tempo.[69]

Per le stime globali, tra i 31 pericoli a carattere alimentare che hanno causato 600

milioni di MTA (intervallo di confidenza del 95%: 420-960) e 420000 morti nel 2010

(intervallo di confidenza del 95%: 310000-600000), la listeriosi e la salmonellosi sono

comprese tra le malattie enteriche causate da batteri. Salmonella è stato l’agente

batterico che, attraverso la diarrea e la forma invasiva d’infezione, ha provocato più

morti tra tutti gli altri agenti patogeni legati a malattie enteriche. Ha infatti determinato

il decesso di 59153 persone per complicazioni legate a disturbi enterici, di cui 22000

solo nella regione africana: i principali ceppi patogeni appartengono a Salmonella

enterica. Il numero dei casi riconducibile a tale microrganismo è di 78707591, con un

intervallo di confidenza tra 31843647 e 211154682 casi. Il carico globale delle MTA

nel 2010 calcolato in DALY è stato di 33 milioni, di cui 4 sono attribuiti a S. enterica

non tifoidea. Invece tra i 35770163 casi di MTA sistemiche (DALY corrispondente ad 8

milioni) e 117223 decessi ad esse collegate, 1741120 e 12069 sono rispettivamente i

casi e le morti legati a S. paratyphi A (DALY = 855730); alle MTA sistemiche hanno

contribuito anche S. typhi con 7570087 casi, di cui 52472 morti (DALY pari a 3720565)

e L. monocytogenes con 14169 casi, di cui 3175 morti (DALY corrispondente a

118340).

Ci sono state differenze sostanziali delle MTA a livello di diffusione territoriale, sulla

base di mortalità di adulti e bambini difatti, la regione sud-est asiatica è stata colpita da

infezioni provocate da Salmonella typhi, provocando 7,6 milioni di casi, tra cui 52000

morti. La regione bersaglio di S. enterica non tifoidea è stata quella africana, arrivando

a 2455 casi, mentre nelle altre regioni si contano decine o centinaia di casi al massimo

per L. monocytogenes e gli altri stipiti di Salmonella.

Le tipologie di manifestazioni di disturbi enterici dovuti ai diversi ceppi di Salmonella

sono state quattro: S. enterica sierotipo typhi, S. paratyphi A e S. enterica non tifoidea

hanno provocato infezione sistemiche mentre altri stipiti di S. enterica non tifoidea

hanno comportato disturbi enterici. Per tali sintomatologie, sono stati adottati due tipi di

approcci a seconda del livello di sviluppo del Paese da cui ricavare le stime nazionali

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delle malattie. Il primo approccio, basato sull’incidenza nazionale delle MTA applicato

a 61 Paesi a bassa mortalità (area europea), è consistito nel ricavare i dati a livello

territoriale e non nazionale calcolando la mediana associata agli intervalli di confidenza.

Il secondo approccio è stato applicato ai rimanenti 133 Paesi in tutto il mondo ed ha

riguardato la stima dell’incidenza di diarrea e di mortalità per tutte le fasce d’età,

suddividendo le persone nelle fasce < 5 anni d’età e ≥ 5 anni d’età. I risultati indicano

che nonostante i bambini sotto i 5 anni rappresentano solamente il 9% della popolazione

mondiale, il 43% delle MTA appartiene a questa fascia d’età; ciò conferma il fatto che

Salmonella spp. non tifoidea è ubiquitaria, causa patologie sistemiche e non, soprattutto

nelle persone più sensibili come i bambini.

La stima eziologica è derivata dall’analisi di campioni di feci a livello ambulatoriale,

basata sugli studi di comunità di persone affette da tale disturbo. Poiché i dati sono

limitati, è stato assunto che la distribuzione dei patogeni che hanno determinato le

ospedalizzazioni per disturbi enterici rappresenti la prevalenza delle morti dovute a

diarrea.

Per quanto riguarda la listeriosi è stato osservato un tasso di mortalità del 14,9% per i

casi neonatali e del 25,9% per gli altri casi. Per approfondire meglio sia la gravità di

questa malattia che di quella dovuta a Salmonella spp., è stato calcolato il DW

(disability weight) che è un fattore riflettente la gravità della patologia in una scala tra 0

(persona sana) e 1 (persona deceduta) e che è calcolato moltiplicando i casi d’incidenza

per la durata della patologia e la qualità di vita durante la malattia. Per quanto riguarda

Salmonella enterica non tifoidea, il DW è pari a 0,101 nel caso di disturbo enterico e

corrispondente a 0,210 nelle salmonellosi sistemiche. S. paratyphi ha determinato un

DW pari a 0,210 per la febbre tifoidea e uno pari a 0,254 per ascessi epatici e cisti;

invece i valori di DW relativi a febbre tifoide ed ascessi epatici con cisti determinati da

S. typhi sono rispettivamente 0,210 e 0,254. Per Listeria monocytogenes i valori di DW

sono i seguenti: 0,210 per sepsi perinatale, 0,426 per infezione sistemica perinatale del

SNC, 0,292 per disturbi neurologici perinatali, 0,210 per sepsi acquisita (oltre l’età

perinatale), 0,426 per infezione sistemica acquisita del SNC e 0,292 per disturbi

neurologici. Sostanzialmente risulta che la listeriosi è una patologia meno frequente ma

maggiormente severa soprattutto a livello neurologico, mentre salmonellosi e febbri

enteriche sono più frequenti e lievi.

Le principali fonti di trasmissione di Salmonella enterica non tifoidea sono state le

seguenti: alimenti, suolo ed acqua contaminati, contatti con animali o persone infetti ed

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altre indeterminate; invece quelle relative a S. typhi sono legate a cibo ed acqua

contaminati, contatto umano diretto con persone infettate ed altre non determinate.

L’ottenimento dei modelli delle malattie è la sommatoria dei dati epidemiologici, della

valutazione del rischio collegata alle principali fonti patogene ed al grado di gravità

della malattia; esso è stato poi elaborato in un modello computazionale di malattia che

rappresenta l’incidenza, la mortalità e le distribuzioni legate ad età e sesso. È

interessante notare la corrispondenza delle distribuzioni d’età e sesso per le febbri

tifoide e paratifoide ed i decessi a loro correlati e gli ascessi epatici con cisti legati alla

febbre tifoide. La distribuzione per età è la seguente:

5%: < 1 anno d’età;

16%: 1-4 anni;

22%: 5-14 anni;

19%: 15-24 anni;

14%: 25-34 anni;

9%: 35-44 anni;

6%: 45-54 anni;

3%: 55-64 anni;

3%: 65-74 anni;

1,5%: 75-84 anni;

1,5%: >85 anni.

In parallelo, la distribuzione di tali manifestazioni risulta del 56% nel sesso maschile e

quella legata alla morte per febbre tifoide è del 58% maschile.

Gli esiti clinici dei disturbi enterici dovuto a Salmonella enterica non tifoidea sono stati

suddivisi in tre fasce: grave, moderato e lieve. I casi di diarrea lieve corrispondono al

73%, quelli moderati al 25% e quelli gravi al 2%. La distribuzione legata al sesso è pari

(50% maschile e 50% femminile), mentre quella per età è la seguente:

24%: < 5 anni d’età;

10%: 5-14 anni;

11%: 15-24 anni;

42%: 25-64 anni;

13%: > 65 anni.

La distribuzione legata all’età di Salmonella non tifoidea che provoca infezioni

sistemiche è stata stimata alta in Mali e bassa negli Stati Uniti d’America, senza una

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determinazione precisa affiancata da dati. Anche in questo caso la distribuzione di

questo ceppo di Salmonella nella popolazione è pari tra uomini e donne.

I risultati degli esiti clinici di listeriosi hanno mostrato che il 79,3% dei casi erano

perinatali, mentre il restante 20,7% erano casi non perinatali. Quest’ultimi sono

ulteriormente suddivisibili in categorie di segni clinici: il 13,7% ha avuto problemi

neurologici, il 30,7% ha sviluppato meningite ed il 61,6% ha mostrato setticemia.

Invece tra i casi perinatali, il 43,8% ha sviluppato problemi neurologici, il 15,2% la

meningite ed il 30,7% la setticemia. Complessivamente questi hanno causato il 100% di

mortalità, mentre i casi non perinatali hanno la seguente distribuzione d’età:

0%: < 1 anno d’età;

2%: 1-4 anni d’età;

4%: 5-14 anni d’età;

10%: 15-34 anni d’età;

6%: 35-44 anni d’età;

7%: 45-54 anni d’età;

13%: 55-64 anni d’età;

20%: 65-74 anni d’età;

20%: 75-84 anni d’età;

18%: > 85 anni d’età.

Anche per la listeriosi, la distribuzione legata al sesso è pari tra uomini e donne (50%

maschile e 50% femminile).[68]

1.3.4 Epidemiologia europea

L’ultimo report RASFF 2016 riporta 2993 notifiche, di cui 352 relative a microrganismi

patogeni presenti negli alimenti di origine animale comunicati dai Paesi membri. Le

categorie alimentari di prodotti segnalati riguardano in ordine decrescente i prodotti di

carne ed i preparati di carne (bovini, pollame e suini), il pesce ed i preparati ittici, latte e

latticini, frutta ed ortaggi, prodotti indicati per diete particolari, frutta secca e snack ed

altri prodotti non definiti. Salmonella è il microrganismo maggiormente segnalato nel

cibo proveniente dai Paesi membri del RASFF (170 notifiche) e dai Paesi non membri

(172 notifiche). La carne è l’alimento più contaminato; ad essa seguono i prodotti a base

di uova contaminati soprattutto da Salmonella enteritidis. Altri ceppi di Salmonella

tipici delle contaminazioni alimentari sono S. typhimurium e S. typhimurium variante

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monofasica. Invece Listeria monocytogenes è il principale microrganismo ritrovato

negli alimenti ittici, soprattutto nel salmone affumicato, nella trota affumicata, nelle

carni e nei formaggi che hanno determinato la segnalazione di 9 notifiche.

Le notifiche proveniente dai Paesi non membri sono state 231; tra quest’ultime, la

maggior parte ha riguardato la contaminazione da Salmonella in frutta e verdura,

prodotti a base di carne, semi e frutta secca, ed infine in erbe e spezie. Le segnalazioni

più ricorrenti sono state le seguenti:

45 notifiche di foglie di betel provenienti dall’India, per lo più notificati nel

Regno Unito (alimenti tutti respinti);

22 notifiche di pollame provenienti dalla Tailandia (15 alimenti respinti alla

frontiera);

19 notifiche di pollame proveniente dal Brasile e dalla Turchia e notificate dai

Paesi Bassi (17 alimenti respinti);

18 notifiche di semi di sesamo dall’India (tutti i prodotti sono stati respinti);

18 notifiche di erbe e verdure fresche provenienti da Laos e segnalate dal Regno

Unito (5 di 18 prodotti sono stati respinti alla frontiera).[10]

Oltre alle notifiche segnalate, l’ultimo report dell’Autorità europea per la sicurezza

alimentare (EFSA) ed il Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie

(ECDC) presenta i risultati dell’attività di monitoraggio delle zoonosi diffuse nel 2016

in 37 Paesi europei (28 Stati membri e 9 non membri).

In tale anno tutti gli Stati membri hanno segnalato 94530 casi di salmonellosi

confermati. Il tasso di notifica era lo stesso dei precedenti 5 anni; una tendenza

decrescente statisticamente significativa della salmonellosi è stata osservata tra il 2008

ed il 2016, tuttavia durante il quinquennio 2012-2016 la tendenza non ha mostrato né un

aumento né una diminuzione statisticamente significativa.

In totale i casi segnalati di salmonellosi umana dai 28 Stati membri sono stati 96039 per

il 2016, di cui 94.530 casi confermati e risultanti in un tasso di notifica UE di 20,4 casi

100000 abitanti. La situazione era perlopiù similare nel 2015 (20,9 casi su 100.000

abitanti). Come nell'anno precedente, i tassi di notifica più alti nel 2016 sono stati

segnalati dalla Repubblica Ceca (110 su 100.000 abitanti) e Slovacchia (97,7 su 100.000

abitanti), mentre quelli più bassi sono stati segnalati da Grecia, Italia, Irlanda e

Portogallo (≤ 6,8 per 100.000 abitanti). L'aumento (212,8%) del tasso di notifica in

Estonia è stato dovuto principalmente a due focolai generali, uno dei quali non era di

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origine alimentare ma derivante dalla trasmissione diretta da parte di una persona infetta

che ha determinato un gran numero di casi; mentre in Polonia l’aumento del tasso di

notifica (18,0%) è stato accompagnato da un aumento del numero di focolai dovuti a

Salmonella. La proporzione tra casi domestici e casi legati ai viaggi varia marcatamente

tra Paesi, ma la maggior parte dei casi di salmonellosi sono stati contratti nell'UE

(53,3% dei casi acquisiti in UE, 6,8% di viaggi al di fuori dell'UE) ed il 39,9% è di

origine sconosciuta. Le più alte proporzioni di casi domestici, dal 92,9% al 100% sono

stati segnalati in Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta,

Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna. Le più alte proporzioni legate al

viaggio sono stati segnalati da tre paesi nordici: Finlandia (78,7%), Norvegia (77,5%) e

Svezia (70,6%). Tra gli 8.337 casi associati ai viaggi con informazioni note sul

probabile Paese di infezione, il 79,0% dei casi rappresentati, ha viaggiato fuori dall'UE

e il 21,0% ha viaggiato all'interno dell'UE. Tailandia, Turchia e India sono state le

destinazioni di viaggio più frequentemente segnalate (15,5%, 10,3% e 6,3%,

rispettivamente), seguito da due Stati membri - Spagna (5,8%) e Grecia (4,3%).

Nel quinquennio 2012-2016 è stata osservata una tendenza stagionale per casi

confermati di salmonellosi nell'UE, con più casi segnalati durante i mesi estivi. La

tendenza decrescente per la salmonellosi nell'Unione Europea è stata statisticamente

significativa nel 2008-2016 (p <0,05); tuttavia, non ha mostrato alcun aumento o

diminuzione significativi negli ultimi 5 anni (2012-2016). Dodici Stati membri (Austria,

Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo,

Slovenia e Svezia) hanno registrato tendenze decrescenti dal 2008 al 2016, mentre

quattro Stati membri (Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia) hanno continuato a

registrare trend decrescenti anche negli ultimi anni 5 anni (2012-2016). Al contrario,

una tendenza ad un aumento statisticamente significativa è stata osservata in sette Stati

membri (Grecia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna) nel 2012-

2016 rispetto a tre Stati membri (Repubblica Ceca, Francia e Spagna) nel periodo 2008-

2016.

Quattordici Stati membri hanno fornito informazioni sul ricovero in ospedale per una

parte o talvolta per tutti i casi di salmonellosi. Dei casi con stato di ospedalizzazione

noto (33,6%; 31728 casi), i valori più alti di ospedalizzazione (77-92%) sono stati

riportati da Cipro, Grecia, Lituania, Portogallo, Romania e Regno Unito. Quattro di

questi paesi (67%) hanno anche riferito i tassi di notifica più bassi di salmonellosi,

indicando che i sistemi di sorveglianza in questi Paesi raccolgono principalmente i dati

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dei casi più gravi. Sedici Stati membri hanno fornito dati sul risultato della salmonellosi

(52.217 casi) e tra questi, 11 Stati membri hanno riportato un totale di 128 casi mortali.

La stima europea dei decessi è stata dello 0,25%. Il 40% dei casi fatali (51 casi) è stato

segnalato dal Regno Unito.

Le informazioni sui sierotipi tra i casi confermati di salmonellosi ammontano al 71,3%

(67418 casi dei 94530 casi totali confermati) elaborate da 24 Stati membri (Belgio,

Bulgaria, Croazia e Polonia non hanno riportato informazioni sui serovar) e da Islanda e

Norvegia. I dati includono tutti i casi segnalati con informazioni sui sierotipi

indipendentemente dallo stato di importazione del prodotto alimentare e dal viaggio.

Come negli anni precedenti, i tre sierotipi di Salmonella più comunemente riportati nel

2016 sono stati S. enteritidis, S. typhimurium e S. typhimurium variante monofasica che

rappresenta il 70,3% dei 67418 casi umani confermati con serovar noto nel 2016. La

proporzione di S. enteritidis ha continuato ad aumentare nel 2016 rispetto al 2014 e

2015, la proporzione di S. typhimurium è diminuita mentre la variante monobasica e S.

infantis erano allo stesso livello del 2015 e 2014. I casi di S. stanley sono diminuiti nel

2016. I serovar S. newport, S. derby e S. kentucky hanno sostituito S. stanley e sono

entrati nella lista due sierotipi evoluti (S. bareilly e S. weltevreden) sostituendo i serovar

S. oranienburg e S. thompson.

Per stimare l'impatto delle infezioni da Salmonella acquisite a livello europeo, i dati sui

sierotipi sono stati raccolti per casi domestici e legati ai viaggi quando il probabile

Paese di infezione era uno Stato Membro. Le informazioni sui sierotipi di Salmonella

con dati di importazione/viaggio sono stati resi disponibili da 22 Stati membri,

rappresentando il 65,9% dei casi con dati noti sui sierotipi nel 2016. La maggioranza

(96,8%) dei casi sono stati acquisiti nel Paese dichiarante. Tra i casi relativi ai viaggi

(3,2%), le destinazioni di viaggio più frequentemente segnalate nell'UE sono state

Spagna (24,3%), Grecia (14,7%), Italia (9,1%) e Polonia (7,1%). S. enteritidis è stato il

ceppo che ha contribuito maggiormente ai casi di salmonellosi e più della metà di

quest’ultimi (59,0%) sono stati infettati da questo sierotipo. I cinque sierotipi più

segnalati sono stati: S. enteritidis (59,0%; 26240 casi), S. typhimurium (13,6%, 6049

casi), S. typhimurium variante monofasica (4,7%, 2088 casi), S. infantis (2,3%; 1040

casi) e S. derby (0,7%; 325 casi) e altri sierotipi combinati (19,6%; 8720 casi). La

proporzione di S. enteritidis ha continuato ad aumentare nel 2016 rispetto a 2014 e

2015, la proporzione di S. typhimurium è diminuita significativamente, mentre la

variante monofasica e S. infantis sono rimasti allo stesso livello del 2015 e 2014. Anche

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il numero dei casi acquisiti nell'UE di S. derby è rimasto stabile durante il triennio 2014-

2016. I casi dei primi cinque più diffusi sono stati per lo più acquisiti nell'UE: S.

enteritidis (93,7%), S. typhimurium (92,8%), S. typhimurium variante monofasica

(91,8%), S. infantis (91,2%) e S. derby (93,9%), mentre S. Newport riporta il 36,6% di

casi associati a viaggi al di fuori dell'UE. Inoltre c'è stata una tendenza decrescente

statisticamente significativa (p <0,01) per S. enteritidis acquisita nell'UE nel periodo

2008-2016, tuttavia, la tendenza si è stabilizzata nel 2012-2016 e non ha mostrato

aumento o diminuzione statisticamente significativi. Sette Stati membri (Danimarca,

Estonia, Finlandia, Germania, Italia, Malta e Paesi Bassi) hanno registrato un

andamento decrescente dei casi di S. enteritidis acquisiti nell'UE nel 2008-2016,

considerando che solo la Repubblica Ceca ha registrato una tendenza crescente nello

stesso periodo. Al contrario, una significativa tendenza all’aumento è stata osservata in

otto Stati membri (Repubblica ceca, Grecia, Irlanda, Portogallo, Slovacchia, Spagna,

Svezia e Regno Unito) negli ultimi 5 anni (2012-2016) rispetto a due Stati membri

(Finlandia e Germania) con tendenze decrescenti significative dei casi di S. enteritidis

acquisiti all'interno dell'UE negli ultimi 5 anni.

Le analisi descrittive realizzate mediante l’elaborazione di dati alimentari e animali

hanno mostrato la segnalazione dei seguenti cinque sierotipi più comunemente diffusi di

Salmonella segnalati da casi umani domestici nell'UE (inclusi casi che hanno viaggiato

all'interno dell'UE) per l'anno 2016: S. enteritidis, S. typhimurium, S. typhimurium

variante monofasica, S. infantis e S. derby, ed altri sierotipi combinati. Per gli alimenti e

gli animali, tutti i dati relativi alla sierotipizzazione del 2016 segnalati dagli Stati

membri sono stati raccolti nelle matrici di carni di pollame, tacchini, suini e bovini e

delle loro rispettive carcasse, per un totale di 11976 isolati. Le proporzioni riportate in

ordine decrescente sono le carni di pollo (5938 isolati, 49,6%), i tacchini (1524 isolati,

12,7%), le carcasse di bovini (1482 isolati, 12,4%), il pollame (1464 isolati, 12,2%), le

carni di maiale (814 isolati, 6,8%), le carcasse di suini (528 isolati, 4,4%), le carni di

tacchino (162 isolati, 1,4%) e le carni di bovini (64 isolati, 0,5%). Il sierotipo più

comunemente riportato è stato S. infantis (4344 isolati, il 36,3% dei sierotipi isolati),

seguito da S. typhimurium (1551 isolati, 13,0%), S. enteritidis (807 isolati, 6,7%), S.

dublin (600 isolati, 5,0%) e S. typhimurium varianti monofasiche (589 isolati, 4,9%).

Tutti questi sierotipi tranne S. dublin sono stati segnalati tra i casi più frequenti da

umani. Quasi tutti (97%; 582 su 600) gli isolati di S. dublin sono stati segnalati da

carcasse di bovini provenienti da quattro Stati membri (Germania, Irlanda, Paesi Bassi e

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Regno Unito). S. derby, che è stato classificato come il quinto più comune sierotipo

isolato dall'uomo (acquisito in UE) è stato il settimo nella classifica degli isolati

veterinari (390 isolati, 3,3%), dopo S. mbandaka (416 isolati, 3,5%).

Le principali fonti di contaminazione per l’uomo sono derivanti da S. enteritidis

associata a carni di pollo e pollame (87,0%); un numero marginale di isolati di S.

enteritidis proveniva da tacchini e carni di tacchino (7,2%), carcasse e carni di suini

(4,2%) o bovini e carni di bovino (1,6%). S. typhimurium è stato il ceppo segnalato da

tutte le matrici, anche se più da bovini (40,4%), suini (26,9%) e carni di pollo (25,5%).

S. Typhimurium variante monofasica è stato segnalata, in ordine decrescente, da maiale

e preparati suini (61,9%), pollame e carni di pollo (26,9%), tacchini e carni di tacchino

(6,1%) e fonte di origine bovina (5,1%). S. derby proveniva, in ordine decrescente, dalle

fonti di maiale (64,4%), tacchino e carni di tacchino (21,0%), pollame e carni di pollo

(11,3%) e fonte di origine bovina (3,3%). S. infantis è stata per lo più segnalata dalle

carni di pollo e pollame (90,6%), a seguire da fonti di tacchino (8,1%) e meno da suini e

preparati derivati (1,2%) e fonti di bovini (0,1%).

In merito a Listeria, ventotto Stati membri hanno riportato 2536 casi di listeriosi

invasiva confermati per l'anno 2016. Il tasso di notifica dell’UE è stato di 0,47 casi su

100.000 abitanti, con un aumento del 9,3% rispetto al 2015. C'è stata una tendenza

statisticamente significativa di aumento dei casi confermati di listeriosi nell'UE durante

il periodo complessivo 2008-2016, nonché durante il periodo dal 2012 al 2016. Metà

degli Stati membri ha riportato un numero più elevato di casi di listeriosi nel 2016

rispetto al 2015. Diciannove Stati membri hanno riportato 247 decessi a causa di

listeriosi nel 2016. La mortalità europea è stata del 16,2% tra i 1524 casi confermati,

con risultati noti. Le infezioni da Listeria monocytogenes sono state segnalate più

comunemente nella popolazione anziana, nelle fasce di età “oltre 64 anni” e in

particolare nella fascia di età “oltre 84 anni”.

L'elaborazione dei dati riguardanti la conformità dei prodotti alimentari pronti al

consumo ha mostrato la variazione di informazione tra i diversi Stati membri. Tuttavia,

le stime di non conformità sono risultate costantemente più elevate nella fase di

lavorazione (compresa tra lo 0% e il 6,3%) rispetto a quelle della vendita al dettaglio

(che vanno dallo 0% all'1,7%). Il più alto livello complessivo (lotto e unità singola) di

inadempienza è stata osservata nella categoria alimentare "pesce e prodotti della pesca"

(6,2%), seguita da "carne" prodotti diversi dalle salsicce fermentate (2,5%), "altri

alimenti pronti al consumo" (1,0%), "formaggi non specificati" (1,0%), "salsicce

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fermentate" (0,8%), "latte" (0,8%), "formaggi molli e semidolci" (0,7%), "formaggi

stagionati" (0,5%) e "altri prodotti lattiero-caseari" (0,1%). In particolare, la massima

non conformità è stata osservata in prodotti di "pesce e pesca"(0,7%) e "salsicce

fermentate" (0,2%), mentre le stime complessive di non conformità nelle rimanenti

categorie di prodotti alimentari sono risultate inferiori dello 0,1%. Nel 2016, tra le

diverse categorie di alimenti pronti da consumare ed in tutte le fasi di campionamento,

L. monocytogenes è stata rilevata più frequentemente in "prodotti della pesca" (5,6%),

"pesce" (4,7%), "prodotti a base di carne suina diversi da salsicce fermentate” (3,1%) e

"formaggi molli e semidolci a base di latte crudo" (2,5%). Rispetto al 2015, il 2016 è

stato un anno in cui si è registrato un calo notevole (circa il 15%) delle dimensioni dei

campioni testati per le principali categorie di prodotti pronti da consumare. Quattordici

Stati membri hanno riferito risultati di Listeria spp. (principalmente L. monocytogenes)

in varie specie animali e principalmente nei ruminanti domestici (bovini, ovini e

caprini). Poiché i dati riportati sugli animali sono derivati principalmente da indagini

cliniche, non sono adatti per ottenere stime accurate delle tendenze nel tempo, nelle

diverse specie animali o allevamenti di animali a livello dell'UE.

Riguardo ai casi di listeriosi umani, i tassi di notifica più elevati sono stati osservati per

Finlandia, Belgio, Germania, Slovenia e Danimarca con 1,22, 0,92, 0,85, 0,73 e 0,70

casi per 100.000 abitanti, rispettivamente. La Spagna ha ulteriormente migliorato il

proprio sistema di sorveglianza per la listeriosi nel 2016 con un aumento di casi

segnalati e confermati del 75,7%. I tassi di notifica più bassi sono stati segnalati da

Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania (≤ 0,1 per 100.000 abitanti). La stragrande

maggioranza (> 99%) dei casi di listeriosi con origine nota di infezione è stata segnalata

come acquisita nell'UE. Nel 2016, otto Stati membri hanno segnalato 15 casi di listeriosi

associata a viaggi di cui sei casi fuori dall'UE e nove casi all'interno dell'UE. La

percentuale di casi di listeriosi segnalati senza ulteriori approfondimenti sullo stato del

viaggio o Paese di infezione è aumentata dal 25,0% al 43,1% di tutti i casi confermati

dal 2012 al 2016.

Nel periodo 2008-2016, è stato osservato un andamento stagionale nei casi di listeriosi

riportati nell’Unione Europea, con picchi estivi elevati seguiti da picchi invernali più

moderati. Nello stesso periodo, è stata osservata una tendenza crescente, statisticamente

significativa, di casi confermati di listeriosi nell’UE (p <0,01) nel quinquennio 2012-

2016. Dodici Stati membri (Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia,

Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia) hanno avuto un trend

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crescente significativo di casi confermati di listeriosi (p <0,01) dal 2008. Nessuno degli

Stati membri ha osservato tendenze decrescenti tra il 2008-2016 o il 2012-2016. Nel

2012-2016, sette Stati membri hanno segnalato tendenze ad un aumento significativo

(Croazia, Estonia, Germania, Grecia, Italia, Polonia e Spagna). In sette Stati membri

(Finlandia, Francia, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovenia e Svezia) è stata

osservata una tendenza generale crescente nel periodo 2008-2016 senza cambiamenti

significativi negli anni 2012-2016 e nessuno degli Stati membri ha avuto tendenze

decrescenti.

Le informazioni sull'ospedalizzazione sono state fornite da 17 Stati membri per il 38,8%

di tutti i casi confermati nel 2016. Tra i casi con informazioni sullo stato di

ospedalizzazione, il 97,7% è stato ricoverato in ospedale. La listeriosi ha avuto la

percentuale più elevata di casi ospedalizzati di tutte le zoonosi sotto sorveglianza

dall'UE. Il risultato è stato segnalato per 1524 casi confermati (60,1%). Diciannove Stati

membri hanno riportato 247 morti a causa di listeriosi nel 2016. C'è stato un costante

aumento del numero annuo di morti registrate dal 2008 (media annuale: 187). La

mortalità complessiva in UE tra i casi con esito noto è stata del 16,2%. La Francia ha

registrato il maggior numero di casi fatali (53), seguita dalla Germania (48). Le

infezioni dovute a L. monocytogenes sono state segnalate più comunemente nella fascia

di età superiore a 64 anni. A livello europeo, la proporzione di casi di listeriosi in questa

fascia di età è aumentata costantemente dal 52,9% nel 2008 al 61,9% nel 2016, e

soprattutto nella fascia di età superiore agli 84 anni, con un aumento dal 7,6% a 10,4%.

Il decesso è stato del 18,9% e del 26,1% nella fascia di età superiore a 64 anni e oltre 84

anni, rispettivamente, nel 2016. La percentuale di casi fatali nella fascia di età superiore

a 84 anni è aumentata dal 7,5% nel 2008 al 22,0% nel 2016.

Tra i paesi segnalanti, l'Italia ha riportato informazioni sulla più alta varietà di categorie

e specie animali. La dimensione del campione delle indagini, la strategia di

campionamento e la proporzione di campioni positivi variavano considerevolmente tra i

report dei differenti Paesi. La stragrande maggioranza dei dati dell'UE sugli animali

(90,9% delle unità testate totali) sono state segnalate da due Stati membri (Irlanda e

Paesi Bassi); più della metà (61,7%) del numero totale di unità testate è stato

campionato nell'ambito di un contesto di indagine clinica e nella stragrande

maggioranza dei dati (95,4% delle unità totali testate) ha avuto origine da una strategia

di campionamento sospetta. Complessivamente, considerando tutti i diversi livelli di

unità di campionamento ("animale", "allevamento/branco" o "detenzione"), sono state

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testate 31849 unità per Listeria spp. e 293 (0,9%) sono risultate positive, valore molto

più basso rispetto al 2015 (3,0% di 31.490 unità). I risultati più positivi sono stati

riportati nei ruminanti domestici (bovini, ovini e capre) seguite da maiali, solipedi,

animali da zoo e roditori selvatici. Tra le unità positive, 209 (71,3%) sono risultate

positive per L. monocytogenes, mentre solo un numero limitato è risultato positivo per

Listeria ivanovii (7 unità, 2,4%) e Listeria innocua (34 unità, 11,6%). È interessante

notare che 47 unità (16%) sono state riportate positive con la dicitura "non specificata

Listeria spp." o "Listeria spp. diversa dallo stipite di L. ivanovii” e “Listeria spp. diversa

dal ceppo di L. innocua”. Presumibilmente, nella maggior parte di queste unità risultate

positive, gli isolati di Listeria spp. non sono stati identificati a livello di specie, dato che

la listeriosi è causata esclusivamente da L. monocytogenes e, in casi eccezionali, da L.

ivanovii.[70]

1.3.5 Epidemiologia italiana e dell’area dell’ex ASL 8 di Arezzo

Per quanto riguarda i focolai epidemici di MTA, nel 2016 l’Italia ha segnalato il più

elevato numero di focolai degli ultimi 5 anni (91), con un incremento del 146% rispetto

al 2015. Ciò è attribuibile principalmente al miglioramento nella capacità di raccolta e

trasmissione delle informazioni dal livello regionale a quello centrale ed infine

all’EFSA. Per tutti i focolai, i veicoli alimentari più frequentemente implicati

comprendevano prodotti della pesca, preparazioni alimentari combinate, uova e derivati,

carne suina e derivati. Un terzo dei focolai è riconducibile a Salmonella.

In Italia il numero di casi di salmonellosi è rimasto sostanzialmente stabile negli anni

2012-2016, contando 4138 casi nel 2016, con un tasso di notifica intorno a

7x100.000/casi per anno. Le informazioni relative ai sierotipi derivanti dalla

sorveglianza Enter-Net mostrano come nel nostro Paese, a differenza della media

europea, il sierotipo prevalentemente isolato dalle infezioni umane sia S. typhimurium

variante monofasica (36,4% di tutti i sierotipi), seguito da S. enteritidis (18,6%), che nel

2016 è aumentata rispetto al 2015, e da S. typhimurium (10,7%). S. infantis rappresenta,

come nel resto d’Europa, il 2,8% di tutti sierotipi mentre S. napoli e S. derby vengono

isolati con una frequenza maggiore nel nostro Paese (rispettivamente 4 e 3,3%).

Secondo i dati pubblicati da Enter-Vet (Centro di Referenza Nazionale per le

Salmonellosi), la variante monofasica di S. typhimurium è il primo sierotipo (18%), sia

per quanto riguarda i campioni isolati da animali, sia quelli isolati da alimenti. Nel suino

rappresenta il 36% dei sierotipi isolati, con un leggero aumento rispetto agli anni

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precedenti. Il secondo sierotipo nelle matrici animali è S. infantis (14%), seguito da S.

typhimurium (10%), mentre S. enteritidis rappresenta solamente il 3% degli isolamenti,

ed appare in diminuzione negli isolamenti di origine avicola rispetto al biennio

precedente. Negli avicoli il sierotipo assolutamente predominante è S. infantis, che nel

2016 rappresenta il 37% degli isolati, ed è in costante aumento (27% nel 2014 e 35%

nel 2015).

Invece a proposito di Listeria, nel 2016 in Italia sono stati notificati 179 casi di

listeriosi, confermando un trend in aumento dal 2012 (112 casi), che colloca il nostro

Paese al quarto posto per numero di casi in Europa, dopo Germania, Francia e Spagna.

Anche la sorveglianza di laboratorio ha evidenziato un andamento in crescita nel

numero di isolati raccolti dall’ISS e sottoposti a tipizzazione molecolare. Nel 2016,

come negli altri Paesi europei, il 75,9% dei casi ha interessato individui di età superiore

ai 64 anni, con un picco in soggetti di età compresa tra i 76 e gli 80 anni, mentre i casi

correlati alla gravidanza, rappresentavano solo il 3%, un valore molto inferiore ai dati

europei e internazionali (16,7%). Ciò è probabilmente dovuto all’applicazione non

sistematica dell’indagine diagnostica sugli eventi associati alla gravidanza (aborto, parto

prematuro e forme simil-influenzali della madre). La manifestazione clinica più comune

è stata la setticemia (71,7%) ed il sierotipo 1/2a continua ad essere quello più

frequentemente isolato, seguito dal sierotipo 4b. La percentuale di ospedalizzazione è

stata del 100% e nei 34 casi per i quali l’esito della malattia è stato riportato, si è avuta

una letalità del 29,4%.[71]

Quattordici casi di listeriosi del 2016 appartenevano ad un

vasto focolaio epidemico che ha avuto inizio nel 2015 e che ha coinvolto 24 soggetti,

quattro dei quali deceduti. Le indagini epidemiologiche e microbiologiche hanno

individuato la sorgente dell’infezione in un prodotto a base di carne denominato “coppa

di testa” proveniente da uno stabilimento di piccole dimensioni operante nella provincia

di Ancona e contaminato da Listeria monocytogenes sierotipo 1/2a.[72]

Relativamente

agli alimenti ed ai campioni ambientali negli ambienti di produzione, l’Italia ha inviato

informazioni su oltre 60000 campioni in cui è stata effettuata ricerca e quantificazione

di L. monocytogenes nel 2016. Nel nostro Paese le positività riscontrate in alcune

categorie di alimenti sono al di sotto della media registrata nell’intero territorio dell’UE.

Gli alimenti a base di latte (formaggi e altri latticini), i prodotti a base di carne ed i

prodotti della pesca rappresentano gli alimenti nei quali si rileva la maggior frequenza

di campioni positivi. Da segnalare la presenza di L. monocytogenes anche in alimenti

considerati non a rischio fino a pochi anni fa, quali la frutta, i vegetali e i prodotti da

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forno. L. monocytogenes è stata rilevata anche in alimenti “speciali”, cioè quelli

destinati ai bambini al di sotto di 6 mesi di età o per fini medici specifici. Per l’anno

2016 l’Italia ha inviato dati su oltre 500 accertamenti diagnostici effettuati su animali, di

cui l’80% prelevato in ruminanti domestici (bovini, pecore e capre). Nella maggior

parte dei casi gli accertamenti sono stati effettuati per conferma di sospetto clinico e 57

animali sono risultati positivi. Sono stati inoltre testati campioni di ruminanti selvatici e

la positività riscontrata in daini, caprioli e camosci cantabrici è stata elevata.[71]

Poiché il presente progetto di tesi è stato realizzato presso un’azienda aretina, è

interessante focalizzare l’attenzione sulla casistica di salmonellosi e listeriosi nella

suddetta provincia che si riferiva all’ex ASL 8 e che è stata successivamente incorporata

nell’Azienda Usl Toscana Sud-Est (province di Arezzo, Siena e Grosseto).

Il report del 2017 pubblicato dal Centro di Riferimento Regionale delle Tossinfezioni

Alimentari (Ce.R.R.T.A.) illustra la maggiore incidenza di casi e di focolai legati a

Salmonella piuttosto che a Listeria monocytogenes. Quest’ultima, nel triennio 2015-

2017, in Toscana, ha determinato un singolo focolaio, annoverando 5 casi dovuti alla

contaminazione batterica in carne bovina e nei prodotti derivati da tale carne. Invece i

focolai ed i relativi casi riguardo a Salmonella risultano molto più ampi, contando 20

focolai e 73 casi d’infezione dal 2015 al 2017, in Toscana. Quattro focolai e nove casi

relativi sono collegati all’ingestione di carne di suino e prodotti derivati contaminati, 3

focolai e 7 casi sono correlati alla contaminazione da piatti misti ed a buffet, un focolaio

e 13 casi sono dovuti alla contaminazione di più alimenti assunti contemporaneamente,

6 focolai e 28 casi sono relativi al consumo di uova e prodotti a base di uova

contaminati, un singolo focolaio che si riferisce a verdure e cereali contaminati ha

determinato due casi d’infezione ed infine 14 casi dovuti a 5 focolai sono legati a

prodotti non determinati. Sostanzialmente la principale fonte di contaminazione è legata

all’assunzione di prodotti a base di uova e delle uova stesse.

Il seguente istogramma (Figura 1) mostra il numero dei casi correlati a Listeria

monocytogenes e Salmonella non tifoidea nelle zone provinciali (Casentino, Val di

Chiana e Valdarno aretino) e nella città di Arezzo. Complessivamente i dati riflettono la

situazione toscana, ovvero che la maggioranza di casi è correlata a Salmonella non

tifoidea (20 casi dal 2015 al 2017) che ha avuto il picco massimo nel 2016 contando 11

casi, di cui 5 registrati in Valdichiana, 4 nel Valdarno aretino e 2 in Casentino; in ordine

decrescente di numero d’infezioni, nel 2017 si sono verificate due casi di salmonellosi

ad Arezzo ed altri tre nel Valdarno aretino, mentre nel 2015 si sono registrati quattro

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casi, di cui due ad Arezzo e due nel Valdarno. Invece per quanto riguarda L.

monocytogenes è stato registrato solo un caso nel 2017 nella città di Arezzo. Nel

complesso la zona del Valdarno aretino è stata quella più soggetta a registrare

contaminazioni da alimenti e generalmente il trend è stato altalenante nel triennio 2015-

2017.

Figura 1: Casi singoli dell’area dell’ex ASL 8 Arezzo nel triennio 2015-2017

In merito ai sierotipi e sierogruppi, Salmonella non tifoidee responsabile di casi

singoli/sporadici di tossinfezioni alimentari è stata suddivisa in diverse categorie in base

ai dati per “assenza di tipizzazione molecolare (Salmonella spp.)”, o per presenza di

tipizzazione quindi in “sierogruppo (antigeni somatici)” e in “sierotipi (antigeni

ciliari)”. Tra quest’ultimi, quello maggiormente diffuso è stato S. enteritidis che ha

determinato due casi d’infezione nel 2016; a seguire S. typhimurium è stato riscontrato

una sola volta nel 2015 come S. thompson nel 2017. Per quanto riguarda la suddivisione

in sierogruppi, quelli maggiormente diffusi sono stati il “gruppo B” ed il “gruppo D”, di

cui si sono registrati 4 casi (3 nel 2016 ed 1 nel 2017) e 7 casi (1 nel 2015, 4 nel 2016 e

2 nel 2017) rispettivamente. Costantemente, nel triennio 2015-2017, ogni anno si sono

verificati 2 casi con assenza di tipizzazione molecolare nella provincia aretina. Il

seguente istogramma (Figura 2) illustra graficamente i dati della tipizzazione e non, dei

singoli eventi infettivi nel triennio 2015-2017.[73]

0

5

10

15

20

25

Num

ero

cam

pio

ni

conta

min

ati

Anno e zona di segnalazione

Listeria monocytogenes

Salmonella non tifoidea

Totale complessivo

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Figura 2: Sierogruppi e sierotipi di Salmonella nell’area dell’ex ASL 8 Arezzo nel triennio 2015-2017

1.3.6 Richiami di prodotti alimentari nel periodo del tirocinio

Durante il periodo di tirocinio che si è svolto dal primo Marzo al 15 Giugno 2018, ci

sono stati diversi casi di richiami di prodotti alimentari da parte degli operatori sanitari

italiani, europei ed internazionali.

La maggior parte delle notifiche è stata segnalata nel territorio italiano, contando

complessivamente 8 richiami che comprendono 4 contaminazioni da Salmonella spp. ed

altri 4 da L. monocytogenes. Quest’ultimo microrganismo è stato ritrovato nei seguenti

alimenti: baccalà[74]

, spianata romana[75]

, tartare di bovino[76]

e salame[77]

; invece l’altro

batterio ha contaminato anche altri tipi di matrici alimentari come la caciotta[78]

e semi

di cumino biologici[79]

, oltre ai lotti di salame romagnolo senza lardello[80]

e di

salamino[81]

. Come dimostrato da questi richiami, tendenzialmente le contaminazioni

batteriche avvengono in alimenti e derivati di carne suina e bovina.

A livello europeo c’è stato un singolo richiamo collegato al commercio ed al consumo

di mais congelato come probabile fonte di un focolaio infettivo di L. monocytogenes

(tipizzazione molecolare sierogruppo IVb, sequenza multi-locus di tipo 6) che ha

colpito cinque Stati membri dell’UE (Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia e Regno

Unito) dal 2015 in poi e che a partire dall’8 Marzo 2018 sono stati segnalati 32 casi, 6

dei quali fatali. Le indagini si sono indirizzate verso una partita di mais congelato

confezionato in Polonia e lavorato e prodotto in Ungheria. Gli operatori del settore

alimentare di Polonia, Finlandia, Svezia ed Estonia hanno ritirato e richiamato i prodotti

implicati.[82]

0 0,5

1 1,5

2 2,5

3 3,5

4 4,5

Num

ero

cam

pio

ni

Gruppi e sierotipi di Salmonella

2015

2016

2017

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Con una pubblicazione risalente al 9 Aprile 2018 è stato reso noto che il 2 Marzo 2018,

il Punto di contatto nazionale (NFP) australiano ha notificato all’OMS un’epidemia di

listeriosi associata al consumo di meloni (meloni di Cantalupo) provenienti da un unico

produttore. Infatti dal 17 Gennaio 2018 al 6 Aprile 2018, sono stati segnalati 20 casi (19

confermati e 1 probabile) correlati all’epidemia di listeriosi. Tutti i casi sono stati

ospedalizzati e si sono verificati sette decessi e un aborto associati all’epidemia. In tutti

i casi correlati all’epidemia la sintomatologia è iniziata a partire dal 17 Gennaio

2018.[83]

Un’ulteriore segnalazione del 2 Maggio ha notificato un’epidemia di listeriosi in Sud

Africa dovuta all’ingestione di un prodotto a base di carne pronto per il consumo

ampiamente consumato chiamato “Polony” che ha determinato 1024 casi segnalati solo

nel periodo tra il primo Gennaio 2018 ed il 24 Aprile 2018, e tanti altri verificatesi

durante il 2017.[84]

Ulteriori indagini sono in corso per determinare i punti di

contaminazione nelle filiere alimentari di tutte le notifiche riportate e segnalate in

questo periodo.

1.4 Cenni storici

L’interesse per Listeria è sorto nel 1926, anno in cui alcuni ricercatori trovarono conigli

decimati da questo microrganismo nel loro laboratorio all’Università di Cambridge.

Tale batterio zoonotico era stato precedentemente osservato in diversi roditori con la

comparsa di febbre e monocitosi e, talvolta, casi letali come quelli trovati a Cambridge;

ciononostante, i batteriologici continuarono a considerare Listeria come un

microrganismo minore, poco curioso e raro. L’anno successivo a quest’episodio, nel

1927, il ricercatore scozzese Pirrie scoprì anche il suo bacillo che fu chiamato Listerella

hepatolytica, isolando e studiando il fegato danneggiato da questi batteri in roditori

autoctoni. Allo stesso modo altri ricercatori di Cambridge incentrarono l’attenzione su

questi fenomeni; studi e cambiamenti successivi di nome portarono a definire

un’identità unica per i diversi bacilli osservati, passando da Bacterium monocytogenes

hominis di Nyfeldt (1932), Corynebacterium parvulum di Schultz (1934), Erysipelothrix

monocytogenes di Miles and Wilson (1946), Corynebacterium infantisepticum di Potel

(1950), per finire con Listeria monocytogenes nel 1957 grazie al ricercatore Seeliger che

omaggia il medico inglese Joseph Lister per la sua dedizione agli studi riguardanti la

chirurgia, la batteriologia e la microscopia ottica: Lister è stato infatti il padre

acromatiche per il microscopio ottico.[85]

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Anche la Salmonella ha preso il nome da un ricercatore, Daniel Elmer Salmon[86,87]

:

patologo veterinario americano ed amministratore del programma di ricerca

dell'USDA[87]

. Tale denominazione è stata conferita dallo scienziato francese Joseph

Léon Ligniéres nel 1900, definendo così tutti i ceppi di Salmonella che avevano

contaminato alcuni maiali nel 1885. Infatti in tale anno due ricercatori, Salmon e

Theobald Smith, trovarono suini colpiti da colera suino che fu definito Hog-

cholerabacillus; ad oggi viene usata la denominazione Salmonella Cholerasuis anche

detta Salmonella enterica. Prima di arrivare a questa nomenclatura, Salmonella era stata

anche definita “TPE” ovvero enterite tifoide-paratifoide e successivamente Erbethella

typhi dal batteriologo tedesco Karl Joseph Eberth.[86]

Quest’ultimo era un medico che

nel 1879 scoprì il bacillo che provocava la febbre tifoide isolando tale entità dai

linfonodi addominali e dalla milza. Un gran numero di dottori e scienziati aveva cercato

di scoprire la natura del microrganismo responsabile della malattia e aveva incontrato

grandi difficoltà nell'isolare il bacillo di Eberth, sinonimo di Salmonella enterica. Karl

Liebermeister aveva già ipotizzato che la condizione fosse dovuta ad un microrganismo

provando a dimostrare che la diffusione dell'epidemia di tifo era correlata all'acqua

potabile contaminata dagli escrementi di pazienti con febbre tifoide. William Budd, un

medico di Bristol interessato al colera ed alle febbri intestinali, dimostrò nel 1873, che

la febbre tifoide poteva essere trasmessa da una tossina specifica presente negli

escrementi e che la contaminazione dell'acqua da parte delle feci dei pazienti era

responsabile di quella propagazione. Furono infine la pubblicazione di Eberth[87]

e la

conferma da parte di Salmon e Smith,[86]

a definire ed isolare il batterio che determinava

l’insorgenza della febbre tifoide.[86,87]

L’excursus dell’etimologia di Salmonella è accompagnato da un’ulteriore serie di eventi

storici che hanno determinato o tentato di provocare, situazioni letali in diversi contesti

geografici e temporali. Di recente è stato studiato il caso della maggior pestilenza del

sedicesimo secolo in Messico, e dopo anni di ricerche è stato proposto il ceppo

Salmonella Paratyphi C come forte candidato per la decimazione della popolazione

locale durante l'epidemia chiamata “cocoliztli” del 1545 a Teposcolula-Yucundaa

(Messico). Tale epidemia è descritta come uno dei principali eventi epidemiologi

responsabili della drastica riduzione della popolazione del XVI secolo nell’America

centrale. Questo focolaio ha colpito aree dalle grandi dimensioni nel Messico centrale e

nel Guatemala, che si espandono fino al Sud, includendo il Perù.[88]

Le interpretazioni

passate di documenti storici hanno suggerito forme di tifo o febbre enterica tifoide

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(dallo Spagnolo "tabardillo", "tabardete" e "tifus mortal"), febbre emorragica virale,

morbillo o peste polmonare come potenziali cause di cocoliztli. Queste malattie

presentano sintomi simili a quelli che furono registrati nel corso dell'epidemia di

cocoliztli, come macchie rosse sulla pelle, sanguinamento da vari orifizi del corpo e

vomito. La diagnosi differenziale basata sui soli sintomi può essere inaffidabile anche in

contesti moderni, poiché molte malattie infettive hanno simili presentazioni cliniche.

Data la natura aspecifica di questi sintomi, sono necessarie ulteriori fonti di dati per

chiarire quale malattia (o malattie) stava circolando.[89]

Secondo un recente studio

pubblicato su Nature, è altamente probabile che le malattie infettive introdotte nel

Nuovo Mondo abbiano facilitato la conquista europea per mezzo della rapida diffusione

delle patologie nelle popolazioni indigene gravemente indebolite e maggiormente

suscettibili,[90]

con una stima di un calo della popolazione del 60-90% nella Nuova

Spagna durante quel periodo.[91]

Seguendo l'ipotesi che questa malattia sia stata

introdotta attraverso i contatti europei, è concepibile che i vettori europei asintomatici

che hanno resistito al viaggio transatlantico avrebbero potuto introdurre S. Paratyphi C

tra le popolazioni mesoamericane nel sedicesimo secolo. Studi sul genoma di patogeni

antichi si sono dimostrati estremamente utili per identificare e caratterizzare il passato

delle malattie infettive umane. Infatti, sono state recentemente condotte analisi genome-

wide su resti scheletrici di indigeni sepolti nel cimitero di Teposcolula-Yucunda, situata

nella regione dell'altopiano Mixteca Alta di Oaxaca, Messico. Il sito contiene sia le

sepolture dell’epoca pre-contatto che post-contatto con europei. La maggior parte delle

malattie infettive non lascia marcatori caratteristici nello scheletro a causa dei loro brevi

periodi di infettività, la morte in fase acuta della vittima avviene infatti prima di

cambiamenti scheletrici o in mancanza di in coinvolgimento osteologico. Le analisi di

sequenziamento NGS sono state eseguite su campioni prelevati dalla dentatura di

individui identificati come abitanti locali attraverso l’analisi degli isotopi dell’ossigeno

e la conservazione del DNA mitocondriale. La polpa dei denti di ogni singolo individuo

è stata raccolta in situ, aumentando la probabilità di identificato il batterio che era

presente nel sangue dell’individuo al momento della morte. In parallelo, sono stati

analizzati campioni di terra prelevati dalle sepolture per ottenere una panoramica dei

batteri ambientali confrontandoli con i dati di sequenziamento ottenuti attraverso

l'introduzione di un nuovo strumento di analisi metagenomica chiamato MALT che

consiste in un programma bioinformatico di allineamento dei dati di sequenziamento

che consente di definire le tracce dell'antico DNA patogeno, dopodiché i dati sono stati

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confrontati con un database di riferimento che annovera 6247 genomi batterici completi,

comprendendo tutti quelli disponibili in NCBI RefSeq. In tal modo è stato possibile

identificare il genoma di Salmonella enterica, sottospecie enterica serovar Paratyphi C,

limitato all’ospite umano e non è diffuso nel suolo (i campioni sequenziati di suolo

erano negativi per tale batterio). L’introduzione di S. enterica dopo la sepoltura è

improbabile perché le tombe erano scavate direttamente nel pavimento lastricato del sito

ed i registri storici indicano che Teposcolula-Yucundaa fu abbandonata dopo la fine

dell'epidemia, nel 1552. Inoltre un’analisi sulle tracce di DNA virale eseguita con

MALT ha rivelato anche la presenza del fago Vi II-E1 associato a sierotipi di

Salmonella, incluso S. Paratyphi C che produce il polisaccaride Vi33[90]

impendendo

l’opsonizzazione con il legame alla componente C3 del complemento e che rappresenta

un fattore di virulenza;[92]

sono anche stati identificati SNP nella regione del gene ydiD,

che è coinvolto nella scomposizione degli acidi grassi, e del gene tsr, collegato al

sistema di risposta chemiotattica.[93]

I meccanismi generali attraverso cui S. Paratyphi

provoca febbre enterica rimane poco chiara. Gli SNP in yDiD e nei geni tsr possono

rappresentare processi adattivi e solo un confronto con un maggior numero di genomi di

S. Paratyphi C potrà chiarirlo. Tuttavia, la presenza di un genoma di S. Paratyphi C nel

1200 rinvenuto in Norvegia indica la sua presenza in Europa nell'era pre-cocoliztli,

condizione necessaria per essere considerata una malattia del Vecchio Mondo,

verosimilmente, il patogeno fu quindi importato dall'Europa. Uno studio dell'università

di Warwick ha dimostrato l'esistenza di S. Paratyphi C in uno scheletro di donna

norvegese di 19-24 anni, di 154 ± 3 cm di altezza, vissuta intorno al 1200, cioè circa

300 anni prima del periodo di cocoliztli, quindi antecedente alla diffusione nel Nuovo

Mondo. Una parte del genoma di S. Paratyphi C è stata recuperata dallo scheletro di

una giovane donna a Trondheim, in Norvegia, che probabilmente morì di febbre

enterica. L’analisi metagenomica su un nuovo database significativamente ampliato di

genomi moderni, ha dimostrato che S. Paratyphi C discende dagli antenati degli agenti

patogeni suini, i sierotipi Choleraesuis e Typhisuis, formando insieme il lineaggio Para

C.[92]

In aggiunta, una regione dell'operone pil composta da cinque geni, pilS, pilU, pilT,

pilv e rci, è stato trovato esclusivamente nel genoma antico, essendo assente nel genoma

di riferimento moderno di S. Paratyphi. Questa regione si trova nell'isola di patogenicità

7 in Salmonella (SPI-7) e codifica un gene per il pilo di tipo IVB. La versione di pilV

nei genomi antichi facilita l’auto-aggregazione batterica, un fenomeno che

potenzialmente aiuta l'invasione dei tessuti dell'ospite. Questo può supportare l’ipotesi

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che i nostri ceppi antichi avessero una maggiore capacità di causare un'epidemia.[90]

L'adattamento dell'ospite microbico è accompagnato dall'accumulo di pseudogeni che

determinano un miglioramento della regolazione trascrizionale piuttosto che un

vantaggio nell’infezione.[94,95]

Tuttavia, le divisioni nei singoli sierotipi potrebbero

segnare l'inizio dell'adattamento nell’ospite perché più alto è il numero di pseudogeni

(Choleraesuis: 95; Paratyphi C: 116; Typhisuis: 181), più il genoma è recente,

continuando ad aumentare nel tempo. È possibile che alcuni di questi pseudogeni

contribuiscano alla specificità dell’ospite piuttosto che rappresentare semplicemente

funzioni che non sono richieste per determinare l'infezione.[92]

S. Paratyphi C è uno dei

sierotipi di S. enterica identificati distinto dalla loro formula antigenica;[96]

la stima di

età di S. enterica sottospecie enterica è di 70000 anni sulla base di tutti gli SNP.[92]

Solo

quattro sierotipi (S. Typhi e S. Paratyphi A, B, C) sono la causa della febbre enterica, ma

S. Paratyphi A è il maggior protagonista dei casi segnalati.[97]

Attualmente S. Paratyphi

C è raro in Europa e nelle Americhe, è più frequente nei Paesi in via di sviluppo

dell’Africa e dell’Asia[98,99]

e viene trasmessa per via oro-fecale mediante l’ingestione di

cibo o acqua contaminati.[100]

A causa della rarità della diagnosi di S. Paratyphi C, i

tassi di mortalità non sono stabiliti per questo particolare sierotipo. I cambiamenti

imposti sotto il dominio spagnolo, come le delocalizzazioni forzate, lo stile di vita

modificato e le nuove pratiche agricole di sussistenza, aggravate dalle condizioni di

siccità, potrebbero aver interrotto le misure igieniche esistenti, facilitando la

trasmissione di S. Paratyphi C.[88]

Quest’ultimo infetta solo gli umani, ma altri sierotipi

del lineaggio Para C mostrano diverse specificità nell'ospite. Serovar Choleraesuis è

associato a setticemia nei suini (e occasionalmente negli umani) e serovar Typhisuis con

paratifo epidemico nei suini.[98]

Sebbene entrambi i sierotipi continuino a causare

malattie in Asia meridionale e orientale, al momento S. Choleraesuis è raro in Europa,

tranne che nei cinghiali selvatici, e S. Typhisuis è stato eradicato dai maiali europei

attraverso l'abbattimento di mandrie infette. Per quanto riguarda la datazione e l’origine,

l'ascendenza europea è coerente con l'esistenza di S. Paratyphi nella Norvegia

settentrionale di 800 anni fa e di altri genomi in Messico nel 1545 che potrebbero essere

stati importati nel Nuovo Mondo dagli europei. Si è notato anche che i genomi dei

sierotipi Choleraesuis e Typhisuis si sovrappongono con la domesticazione neolitica dei

maiali e dei cinghiali in Europa. È quindi possibile che queste sottospecie invasive si

siano evolute nei suini e nei cinghiali e che Paratyphi C rappresenti un successivo

adattamento nell’ospite umano da parte di una zoonosi di animali domestici. Questa

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ipotesi è verificabile attraverso l'esame del DNA di cinghiale e di suini in Europa

relativo al lineaggio di serovar Para C. Si pensa che le dinamiche evolutive e le

pressioni selettive associate alle interazioni ecologiche locali determino una variazione

del contenuto genico dei batteri e che gran parte della variazione esistente dei genomi

batterici rappresenti fluttuazioni genetiche transitorie la cui rilevanza evolutiva per la

fitness ambientale è incerta.[92]

Altro evento curioso verificatosi nel ventesimo secolo è uno dei più gravi eventi

batteriologici statunitensi è quello datato 1985 ed avvenuto nella comunità guidata dal

predicatore indiano Osho. Quest’ultimo nacque con il nome di Chandra Mohan Jain

l'11 dicembre 1931 nel villaggio di Kuchwada nel Madhya Pradesh. Dopo la laurea in

Filosofia nel 1958 ed all’incarico di Professore all’Università di Jabalpur dal 1960 al

1966, si dedicò alla predicazione pubblica nella comunità in cui nacque. Dal 1960 in

poi, iniziò anche a viaggiare in tutto il Paese sotto il nome di Acharya Rajneesh,

tenendo conferenze sul socialismo e le religioni indiane ortodosse ottenendo vasto

seguito anche presso visitatori occidentali incuriositi dalle sue particolari idee di

meditazione. Per motivi di salute nel 1974 si trasferì a Pune in una proprietà a Koregaon

Park, in tale periodo Osho era solito dare conferenze ogni 90 minuti alternando lingua

hindi e inglese, i suoi discepoli gli ponevano domande ed aumentarono talmente tanto di

numero che furono costretti a trasferirsi negli Stati Uniti, in un enorme ranch situato tra

due contee dell'Oregon (Wasco e Jefferson). Tuttavia i problemi tra i nativi e l'ashram si

verificarono anche in America e anche al suo interno a causa del tentativo fallito di

influenzare l’esito delle elezioni.[101]

In un laboratorio nascosto in una cabina su un

canyon nel ranch era stato installato un piccolo laboratorio chimico, al suo interno un’ex

infermiera era riuscita ad isolare il batterio Salmonella che veniva coltivato.[102]

Nel

corso dei mesi, furono inviati a diffondere il liquido infetto nella città, inizialmente per

“colpire” i funzionari pubblici, poi perseguirono un piano più ampio per attaccare

cittadini innocenti. Fu spalmato liquido contaminato sugli infissi nel bagno degli uomini

presso il tribunale della contea, un altro membro andò ad una manifestazione politica in

città con fiale nella borsa, si tentò di contaminare il cibo di una casa di riposo[103]

e vari

ristoranti versando il liquido con Salmonella nei buffet delle insalate.[101]

751 persone

furono contaminate, di cui 45 finirono al pronto soccorso con sintomi di nausea, diarrea

e affaticamento; fortunatamente non si verificarono decessi.[104]

Ancora oggi questo

evento viene considerato come l’attacco batteriologico più esteso mai avvenuto negli

Stati Uniti. Ai tempi però non c’erano prove per accusare i sannyasin e un funzionario

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statale decise che la colpa era stata della scarsa igiene nelle cucine dei ristoranti. Fu

messo in atto un secondo tentativo che falli e nel 1985 Osho fu deportato dagli Stati

Uniti con negazione del visto turistico e tornò a Puna dove morì nel 1990. Il piano

fortunatamente fallito di spargimento di un liquido contenente Salmonella rimane un

interessante caso di tentativo di contaminazione batterica e conferma come questo

microrganismo possa essere un moderato potenziale patogeno in determinate

condizioni.[101]

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2.MATERIALI E METODI

I protocolli utilizzati per la ricerca e l’isolamento dei microrganismi Salmonella e

Listeria monocytogenes seguono i metodi e le normative europee elencati di seguito:

METODO OXOID SALMONELLA PRECISTM

[105]

: mostra la rapidità e la

semplicità di un metodo finalizzato a ricerca, arricchimento, detenzione e

conferma di Salmonella e validato da AFNOR Certification;

METODO OXOID LISTERIA PRECISTM [106,107]

: presenta un protocollo

semplice e rapido per la ricerca, l’arricchimento, la detenzione e la conferma di

Listeria monocytogenes, per di più validato da AFNOR Certification;

INTERNATIONAL STANDARD ISO 6887-1[108]

: consiste in una normativa

europea che illustra le modalità di preparazione dei campioni di prova e di

esecuzione delle analisi microbiologiche su alimenti destinati al consumo

umano.

2.1 Metodo Oxoid Salmonella PrecisTM

Oxoid Salmonella PrecisTM

è un metodo veloce, rapido e semplice per determinare

l’arricchimento, la detenzione e la conferma delle colonie di Salmonella eventualmente

presenti su alimenti per consumo umano.

Validato da AFNOR rispetto alla normativa standard di riferimento ISO 16140;

Procedura semplice e facile, senza la richiesta di attrezzatura specializzata;

Arricchimento di 18 ore;

Trasferimento del singolo campione sulla piastra;

Incubazione di 24 ore;

Conferma veloce: Oxoid Salmonella Latex Test o metodi standard ISO

6579:2002;

Risultati in tempi brevi: 2 giorni comparati ai 5 giorni dei metodi di coltura

standard.

Il metodo Oxoid Salmonella PrecisTM

combina i benefici di ONE Broth Salmonella,

BrillanceTM

Salmonella Agar e la metodica Oxoid Salmonella Latex per ridurre i tempi

di attesa dei risultati dei metodi convenzionali di coltura.

ONE Broth Salmonella è un terreno altamente nutritivo per la crescita ed il

riconoscimento di Salmonella mentre inibisce gli organismi competitivi. Esso,

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promuovendo la crescita, permette la discriminazione di microrganismi alterati di

Salmonella, anche se presenti in numero ridotto.

Brillance Salmonella è il primo di una nuova classe di terreni cromogeni che incorpora

un’innovativa tecnologia InhibigenTM

. Quest’ultima migliora il riconoscimento di

Salmonella riducendo il background della flora. I cromogeni facilitano l’identificazione

e la differenziazione producendo delle colonie colorate. La tabella 1 illustra le differenti

tipologie di colore delle colonie in base alle reazioni dell’enzima target del cromogeno.

Il metodo Oxoid Salmonella Latex consente la conferma semplice e rapida delle specie

di Salmonella nei medium di coltura.

2.1.1 Validazione AFNOR

Il metodo Salmonella Precis è stato validato e approvato da AFNOR Certification in

confronto agli standard di riferimento ISO 6579: 2002 per il rilevamento di Salmonella

negli alimenti destinati al consumo umano.

Per motivi di adattabilità riguardanti i tempi di analisi, la conferma dei risultati è stata

validata usando le metodiche standard ISO 6579: 2002 e Oxoid Salmonella Latex. In

alternativa possono essere usati dei pannelli di analisi biochimiche come Microbact

GNB 24E o RapID ONE Panel.

Tabella 1: Reazioni in Brillance Salmonella Agar

Colore della colonia

Viola Blu Incolore

Enzima target del

cromogeno

Salmonella (inclusa

Salmonella lattosio

positiva)

Klebsiella,

Enterobacter,

Serratia

Citrobacter, altri

batteri e lieviti

Esterasi + -/+ -

β-glucosidasi - + -

E. coli ed altri batteri e lieviti sono inibiti dalla combinazione di Inhibigen ed altri

agenti selettivi nel medium.

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2.1.2 Principio del test

Nei metodi tradizionali la ricerca di Salmonella nei campioni alimentari consiste in un

pre-arricchimento non selettivo (acqua peptonata tamponata) seguito da un

arricchimento selettivo (RVS). Il pre-arricchimento favorisce la crescita di Salmonella

durante le 16-20 ore. Il brodo selettivo permette per lo più di inibire la flora

contaminante pur preservando la crescita dei batteri. Il brodo di nuova generazione

ONE Broth Salmonella è stato creato soprattutto per il recupero e la crescita di

Salmonella in condizioni di stress. Esso permette, grazie alla presenza di fattori

specifici, la crescita di Salmonella mentre inibisce la flora contaminante e questo in 16-

20 ore permettendo la riduzione dei tempi di arricchimento dei campioni dalle 48 alle

24 ore, quindi accoppiando i brodi di pre-arricchimento e d’arricchimento selettivi.

L’agar cromogeno impiegato per l’isolamento, denominato BrillanceTM

Salmonella, è di

nuova generazione ed utilizza il substrato cromogeno Magenta-caprilato invece dell’X-

glucosidasi. La maggior parte delle specie di Salmonella utilizzano il cromogeno

Magenta-caprilato producendo delle colonie di colore porpora-viola.

La glucosidasi permette la differenziazione dei ceppi di Salmonella lattosio positive

(ovvero stipiti che fermentano il lattosio). La miscela selettiva appositamente progettata

consente di inibire la flora contaminante o il suo aspetto sotto forma di colonie incolori

o blu. La tecnologia INHIBIGEN, introdotta con questo metodo, permette un’inibizione

altamente selettiva della flora. Un composto tossico accoppiato ad una parte non

glicidica entra nella cellula bersaglio da distruggere (flora contaminante) grazie

all’azione di permeasi specifiche. La regione glicidica viene metabolizzata dalla cellula,

mentre quella tossica si lega e si accumula a livello della parete che si frammenta.

Per l’esecuzione del test si segue il seguente protocollo:

1. Si effettua il pre-arricchimento selettivo nel brodo ONE Broth Salmonella

(Oxoid Novel Enrichment Broth Salmonella) rispettando il rapporto pesata del

campione da testare/mezzo di coltura 1/10. Incubare 25 g di campione in 225 ml

di brodo per 18 ore ± 2 ore a 42 °C ± 1 °C.

2. Si preleva in modo sterile 10 μl di brodo incubato con un’ansa calibrata e si

pone su una piastra Brillance che viene incubata per 24 ore ± 2 ore a 37 °C.

Come parte del marchio NF VALIDATION, i campioni da testare superiori a 25 g non

possono essere testati. Il brodo ONE Broth Salmonella può essere conservato fino a 72

ore a 2-8 °C prima del trasferimento sulla piastra Brillance Salmonella.

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Alla fine del periodo di incubazione sulla piastra è possibile osservare la presenza di

colonie tipiche con un colore caratteristico come indicato nella seguente tabella 2:

Tabella 2: distinzione delle colonie tipiche in base alla colorazione

Microrganismi Colonie tipiche

Salmonella spp* Violetto, porpora

Salmonella Lattosio positive Violetto, porpora

Flora contaminante (Klebsiella,

Citrobacter, Enterobacter, Proteus,

Pseudomonas)

Incolori, blu chiaro o inibizione

*Alcuni ceppi di Salmonella Dublin crescono su agar Brillance Salmonella e mostrano

colonie debolmente caratteristiche di colore violaceo.

Si prelevano le colonie d’interesse, cioè quelle di color porpora-violetto per la

conferma. Come parte del marchio NF VALIDATION, i risultati positivi devono essere

confermati con il seguente metodo:

1. Metodiche classiche descritte dalle normative di riferimento CEN o ISO

compreso il passaggio di purificazione dopo l'isolamento sul brodo (ex Rapid

ONE).

2. Identificazione diretta con il test Salmonella latex a partire dalle colonie

perfettamente isolate e di grandezza sufficiente su Brillance Salmonella Agar. Si

procede prelevando una colonia con un’ansa avente un volume massimo di 1 μl

e omogeneizzandola con due soluzioni nell’apposita superficie cartacea del kit

Oxoid; è opportuno verificare la formazione del precipitato o meno, indicativo

di presenza e assenza di Salmonella, rispettivamente.

In parallelo, si effettua un secondo isolamento per verificare la purezza dei

microrganismi. In caso di risultati discordanti (positivi per il metodo alternativo, non

confermati con una delle opzioni sopra descritte, ed in particolare con il test latex), il

laboratorio dovrà garantire la validità del risultato osservato attraverso l’impiego di un

subappalto cioè affidando ad un laboratorio esterno la tipizzazione dei batteri

identificati nel campione in analisi.

I limiti e le precauzioni da adottare quando si effettuano questo tipo di analisi sono le

seguenti:

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Uso in vitro;

Come parte della validazione, ONE Broth Salmonella deve essere usato

esclusivamente con l’agar Brillance Salmonella;

Non è possibile utilizzare l’agar cromogeno Brillance Salmonella ed il brodo di

pre-arricchimento selettivo ONE Broth Salmonella oltre la data di scadenza o se

il prodotto presenta alcuni segni di deterioramento;

Vanno rispettate le buone pratiche di laboratorio (in riferimento alla normativa

EN ISO 7218);

La ricerca di Salmonella dovrà essere effettuata dal personale istruito e

informato riguardo alle tecniche microbiologiche e sui rischi legati alla

manipolazione dei campioni contaminati;

L’anomala conservazione o preparazione dei campioni da esaminare può

determinare un’alterazione dei risultati. L’uso di colture conservate a lungo può

portare a falsi negativi.

Protocollo del metodo alternativo Salmonella PrecisTM

25 g + 225 ml brodo ONE Broth Salmonella

16 – 20 ore a 42 °C ± 1 ° °C

Isolamento di 10 μl di campione dal brodo all’agar BrillanceTM

Salmonella

24 ore ± 2 ore a 37 °C ± 1 °C

Presenza di colonie caratteristiche (porpora-viola) Negativo: assenza Salmonella

Conferma:

Test Latex Salmonella

oppure

Metodi classici di conferma biochimici e sierologici

(Come parte della convalida, i due test sono stati effettuati)

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Metodo di riferimento NF EN ISO 6579 : 2002 : Microbiologia degli alimenti

Metodo orizzontale per la ricerca di Salmonella

x g o ml di prodotto

Diluizione 1:10 in EPT a temperatura ambiente

Incubazione 18 ore ± 2 ore a 37 °C ± 1 °C

0,1 ml di coltura 1 ml di coltura

10 ml di brodo RVS 10 ml brodo MKTTn

Incubazione 24 ore ± 3 ore a 41,5 °C ± 1 °C Incubazione 24 ore ± 3 ore a 37 °C ±1°C

Terreni XLD e Hektoen

Incubazione per 24 ore ± 3 ore a 37 °C ± 1 °C

Almeno una colonia caratteristica (per ogni terreno)

e 4 colonie se la prima è negativa

Agar nutriente

Incubazione 24 ore ± 3 ore a 37 °C ± 1 °C

Conferma biochimica Conferma sierologica

Interpretazione dei risultati[105]

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2.2 Metodo Oxoid Listeria PrecisTM

Il metodo Oxoid Listeria PrecisTM

è un metodo facile di ricerca rapida, arricchimento,

detenzione, conteggio e conferma di Listeria monocytogenes negli alimenti a consumo

umano. Esso combina i benefici di ONE Broth Listeria, BrillanceTM

Listeria Agar e

O.B.I.S. Mono Test riducendo i tempi di analisi a 2 giorni rispetto ai 7 dei metodi di

coltura convenzionali. Inoltre tale metodica comprende una procedura veloce e

semplificata senza la necessità di strumentazione particolare.

2.2.1 Validazione AFNOR

Il metodo Listeria Precis è stato validato e approvato da AFNOR Certification in

accordo con la normativa standard ISO 16140 in riferimento ai metodi ISO 11290 Parte

1:1997 e Parte 2:1997 incorporando la correzione 1:2004 per il rilevamento ed il

conteggio di L. monocytogenes in campioni alimentari.

2.2.2 Principio del test

Il metodo Listeria PrecisTM

consiste nell’incubazione di

un brodo selettivo di pre-arricchimento appositamente sviluppato a questo scopo,

seguito dall'isolamento su un terreno cromogenico denominato BrillanceTM

Listeria

Agar. Il brodo di pre-arricchimento selettivo ONETM

Broth Listeria è stato ottimizzato

soprattutto per recuperare L. monocytogenes in modo selettivo nei campioni da testare.

L’ONE Broth-Listeria è infatti un terreno di coltura realizzato per la selezione e la

crescita di L. monocytogenes, il quale possiede sia proprietà selettive sia nutritive che

consentono di discriminare colonie valide e alterate, inibendo la crescita di organismi

competitivi.

Il terreno cromogeno Brillance Listeria Agar è una modifica della formulazione

descritta precedentemente da Ottaviani e Agosti, viene aggiunto al mezzo selettivo

utilizzato per la differenziazione e l’isolamento di Listeria monocytogenes.

Il carattere patogeno di Listeria è riconoscibile dalla rivelazione dell’attività lecitinasica

(fosfatidilcolina fosfolipasi C ─ PLPLC) rispetto a quella della PIPLC

(fosfatidilinositolo fosfolipasi C), enzimi marcatori di contaminazione batterica. I ceppi

di Listeria monocytogenes patogeni sono lecitinasi (+) (qualche stipite di Listeria

ivanovii possiede l’attività lecitinasica (+)).

L’agar cromogeno Brillance Listeria Agar utilizza il cromogeno X-glucoside per

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l’identificazione presumibilmente di specie di Listeria che produce colonie blu-verdi.

Gli altri microrganismi che possiedono quest’enzima sono inibiti per gli agenti selettivi

presenti nell’agar (cloruro di litio, polimixina B, acido nalidixico e ceftazimide).

L’amfotericina B inibisce la crescita di eventuali vermi e muffe presente nel campione.

Il substrato fosfatidilcolina permette la detenzione dell’attività lecitinasica del batterio.

Le colonie (+) appaiono con un alone circostante alla colonia per la presenza

dell’enzima che idrolizza la lecitina nel medium di coltura. La tabella 3 riporta la

colorazione tipica della colonie basata sulle reazioni enzimatiche compiute da β-

glucosidasi e lecitinasi.

Tabella 3: colorazione delle colonie su Brillance Listeria Agar

Colore colonie

Blu Blu + alone Incolore o inibita

Enzima target Listeria spp. L. monocytogenes e

L. ivanovii

patogena

Non-Listeria

β-glucosidasi + + -

Lecitinasi - + -

Il protocollo per tutte le matrici alimentari escluse le carni è il seguente:

1. Pre-arricchimento selettivo nel brodo ONE Broth Listeria rispettando il rapporto

pesata del campione/mezzo di coltura 1/10. Incubare per 24 ore ± 2 ore a 30 °C

± 1 °C.

2. Si prelevano 10 μl di brodo di coltura utilizzando un’ansa da 10 µl e si piastra su

Brillance Listeria Agar secondo i metodi d’isolamento classici praticati in

laboratorio. Dopodiché si lascia incubare la piastra Brillance Listeria Agar a 37

°C ± 1 °C per 24 ore ± 2 ore.

Per le carni invece il test viene eseguito secondo questo protocollo:

1. Pre-arricchimento selettivo nel brodo ONE Broth Listeria rispettando il

rapporto pesata del campione/mezzo di coltura 1/10. Incubazione per 24 ore

± 2 ore a 30 °C ± 1°C.

2. Si prelevano 10 μl di campione miscelato utilizzando un’ansa da 10 µl e si

piastra sulla piastra Brillance Listeria Agar secondo i metodi d’isolamento

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classici praticati in laboratorio. Si lascia incubare la piastra Brillance Listeria

Agar a 37 °C ± 1 °C per 24 ore ± 2 ore e se necessario prolungare a 48 ore ±

2 ore.

Come parte del marchio NF VALIDATION, i campioni con massa superiore a 25 g non

possono essere testati.

Se sulla piastra sono presenti colonie di colore blu-verde con alone, si prelevano tali

colonie per poi procedere alla fase di conferma. Prendere almeno una colonia

caratteristica ed identificare le colonie. La discriminazione delle colonie è illustrata

nella seguente tabella 4:

Tabella 4: Colonie tipiche dei diversi ceppi di Listeria

Microrganismo Colonia tipica

L. monocytogenes Blu/verde, alone opaco

L. ivanovii Blu/verde, alone opaco

L. ivanovii Blu/verde, senza alone

Altre specie di Listeria Blu/verde, senza alone

Come parte del marchio NF VALIDATION (metodo Listeria Precis), i risultati positivi

devono essere confermati secondo il seguente metodo:

Caso 1: test classici descritti dalle metodologie normalizzate da CEN o ISO

includendo la fase di purificazione (esempio: pannello biochimico Listeria

Microbact 12 L).

Caso 2: a partire dalla piastra Brillance Listeria Agar, prelevare una colonia

isolata di dimensione sufficiente per l’esecuzione del O.B.I.STM

Mono Test che

permette il rapido riconoscimento di L. monocytogenes dalle altre specie di

Listeria attraverso un saggio colorimetrico. Tutte le specie di Listeria, eccetto L.

monocytogenes, possiedono l’enzima D-alanil aminopeptidasi (DALAase) che

può essere rivelato usando il substrato D-alanil-7-amido-4-metilcumarina

(DALA). Un cambiamento di colore (viola) indica la presenza di dimetilamino-

cinnamaldeide che è il prodotto derivante da DALA per azione dell’enzima D-

alanil aminopeptidasi e che consente l’identificazione della Listeria spp.

L’assenza di viraggio conferma la presenza di Listeria monocytogenes. Si

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procede prelevando una colonia con un’ansa di 1µl, si omogeneizza con due

soluzioni (di cui una è il colorante contenente il substrato DALA) nell’apposita

superficie cartacea del kit Oxoid e si mette ad incubare il cartoncino per dieci

minuti a 37°; successivamente si rimuove dall’incubatore e si deposita la

soluzione contenente il cromogeno. Il viraggio presente o assente indica assenza

o presenza di L. monocytogenes, rispettivamente. In parallelo si effettua la

purificazione delle colonie caratteristiche su Brillance Listeria Agar al fine di

assicurare la purezza dei ceppi da testare.

In caso di risultati discordanti (positivi per il metodo alternativo, non confermati per i

metodi normalizzati CEN o ISO), il laboratorio dovrà garantire la validità dei risultati

osservati mediante l’invio dei campioni in subappalto, affidando cioè a terzi

l’esecuzione di analisi microbiologiche e la tipizzazione dei batteri.

I limiti e le precauzioni da adottare quando si effettuano questo tipo di analisi sono i

seguenti:

Utilizzo in vitro;

Come parte del marchio NF VALIDATION, il terreno Brilliance Listeria Agar

dovrà essere utilizzato esclusivamente in abbinamento al brodo di pre-

arricchimento selettivo fornito per questo scopo (brodo ONE Broth Listeria);

Non è possibile usare Brilliance Listeria Agar ed il brodo di pre-arricchimento

ONE Broth Listeria oltre la data di scadenza o se i terreni presentano alcuni

segni di deterioramento. L’errata modalità di conservazione o preparazione del

campione può portare a risultati errati;

Vanno rispettate le buone pratiche di laboratorio (se riferite alla normativa EN

ISO 7218);

La ricerca deve essere effettuata da personale tecnico formato riguardo alle

tecniche microbiologiche ed ai rischi legati alla manipolazione di campioni

contaminati.

Il metodo alternativo per la ricerca di Listeria è illustrato negli schemi seguenti,

suddividendo le matrici in prodotti a base di carne dagli altri alimenti.

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Tutte le matrici eccetto i prodotti di carne

Arricchimento primario in ONE Broth Listeria (diluizione 9x)

+

xg o xml campione

Incubazione per 24 ore ± 2 ore a 30 °C ± 1 °C

Isolamento di 10 μl strisciando nella piastra contenente BrillanceTM

Listeria Agar

Incubazione per 24 ore ± 2 ore a 37 °C ± 1 °C

Colonie tipiche (blu-verdi con alone)

NO SI

Assenza di Listeria monocytogenes Test di conferma: test di riferimento o

test O.B.I.S.

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Prodotti di carne

Arricchimento primario in ONE Broth Listeria (diluizione 9x)

+

xg o xml campione

Incubazione per 24 ore ± 2 ore a 30 °C ± 1 °C

Isolamento di 10 μl strisciando nella piastra contenente BrillanceTM

Listeria Agar

Incubazione per 24 ore ± 2 ore a 37 °C ± 1 °C

Colonie tipiche (blu-verdi con alone)

NO SI

Seconda incubazione per 24 ore ± 2 ore Test di conferma: test di riferimento

a 37 °C ± 1 °C

Colonie tipiche

NO SI

Assenza di Listeria monocytogenes Conferma con i test di riferimento

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o con O.B.I.S. mono test

Per confrontare il metodo alternativo Oxoid Listeria PrecisTM

con quello di riferimento

(EN ISO 11290-1/A1: Microbiologia di alimenti e mangimi ─ Metodo orizzontale per la

detenzione e conteggio di Listeria monocytogenes ─ Parte 1: metodo detenzione), lo

schema seguente riporta la procedura classica.

x g o ml campione

Pre-arricchimento in half Fraser (diluizione 1:10)

Incubazione per 24 ore ± 2 ore a 30 °C ± 1 °C

Subcoltura di 0,1 ml di campione

in fase di pre-arricchimento

in 10 ml di brodo Fraser Striscio su piastre con terreni

Palcam e O&A

Incubazione per 48 ore ± 2 ore

a 37 °C ± 1 °C

Striscio su piastre con terreni Incubazione per 24 ore ± 2 ore

Palcam e O&A a 37 °C ± 1 °C

Presenza di colonie sospette

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SI NO

Test di conferma:

L. monocytogenes

(presenza del batterio in x g o ml) Incubazione addizionale 18 -14 ore a 37°C

OPPURE

Altre specie di Listeria

(assenza di L. monocytogenes Presenza di colonie sospette

in x g o ml)

NO (Assenza di L. monocytogenes

x g o ml)

SI Test di conferma

- L. monocytogenes

(Presenza di

L. monocytogenes

in x g o ml)

- Altre specie di

Listeria (Assenza di

L. monocytogenes in

x g o ml)

Metodi di conferma: Gram, Catalasi,

Emolisi, Test Camp, API Listeria Gallery

2.2.3 Scheda tecnica di conteggio

Il metodo Listeria PrecisTM

consiste nell’incubazione del brodo BPW a 20 °C per 1 ora

(fase di latenza), seguita da una fase di crescita su un terreno cromogeno chiamato

BrillanceTM

Listeria. Il carattere patogeno di Listeria è riconoscibile dalla rivelazione

dell’attività lecitinasica (fosfatidilcolina fosfolipasi C ─ PLPLC) invece dell’attività

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PIPLC (fosfatidilinositolo fosfolipasi C), enzimi marcatori di contaminazione batterica.

I ceppi di Listeria monocytogenes patogeni sono lecitinasi (+) (qualche stipite di

Listeria ivanovii possiede l’attività lecitinasica (+)). Il terreno cromogeno Brillance

Listeria Agar utilizza il cromogeno X-glucoside per l’identificazione di Listeria i cui

stipiti producono delle colonie dal colore blu-verde. Gli altri microrganismi che

possiedono quest’enzima sono inibiti per gli agenti selettivi presenti nell’agar (cloruro

di litio, polimixina B, acido nalidixico e ceftazimide). L’amfotericina B inibisce la

crescita di muffe e di lieviti presenti nel campione. Il substrato fosfatidilcolina permette

la detenzione dell’attività lecitinasica batterica. Le colonie (+) appaiono con un alone

intorno alla colonia per la presenza dell’enzima che idrolizza la lecitina nel mezzo di

coltura.

Per tutte le matrici si utilizza il seguente protocollo:

1. Sospensione in Acqua Peptonata Tamponata rispettando il rapporto

campione/diluente 1 a 10. Incubazione di 1 ora ± 5 minuti a 20 °C ± 1 °C.

2. Inoculare distribuendo 0,1 ml di soluzione pre-arricchita su 1 piastra di agar

BrillanceTM

Listeria. Ripetere l’operazione con le diluizioni necessarie seguenti

se necessario.

Nel caso di una stima di un numero ridotto di L. monocytogenes, distribuire 1 ml

dell'inoculo sulla superficie di una piastra Petri (140 mm) o sulla superficie di tre

piccole piastre di Petri (90 mm).

3. Incubare il brodo BrillanceTM

Listeria a 37 °C ± 1 °C per 48 ore ± 3 ore.

Effettuare una prima lettura una volta trascorse le prime 24 ore per verificare

l’eventuale contaminazione dei campioni.

4. Prelevare le colonie caratteristiche (colonie blu-verdi con l’alone)

per la conferma. L’identificazione dei diversi ceppi di Listeria è mostrata nella

tabella 5.

Tabella 5: colonie tipiche dei diversi ceppi di Listeria

Microrganismo Colonia tipica

L. monocytogenes Blu/verde, alone opaco

L. ivanovii Blu/verde, alone opaco

L. ivanovii Blu/verde, senza alone

Altre specie di Listeria Blu/verde, senza alone

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Come previsto per il marchio NF VALIDATION, i risultati positivi devono essere

confermati secondo il seguente metodo:

Caso 1: test classici descritti dalle metodologie normalizzate da CEN o ISO

includendo la fase di isolamento (esempio: pannello biochimico Listeria

Microbact 12 L).

Caso 2: a partire da Brillance Listeria Agar, prelevare una colonia isolata di

grandezza sufficiente per applicarla su O.B.I.STM

Mono Test. Quest’ultimo

permette il rapido riconoscimento di L. monocytogenes dalle altre specie di

Listeria. Tutte le specie di Listeria, eccetto L. monocytogenes, possiedono

l’enzima D-alanil aminopeptidasi che può essere rivelato usando il substrato D-

alanil-7-amido-4-metilcumarina (DALA), producendo dimetilamino-

cinnamaldeide di color viola. L’assenza di viraggio conferma la presenza di

Listeria monocytogenes. In parallelo si effettua la purificazione delle colonie

caratteristiche su Brillance Listeria Agar al fine di assicurare la purezza dei

ceppi da testare.

In caso di risultati discordanti (positivi per il metodo alternativo, non confermati per i

metodi normalizzati CEN o ISO), il laboratorio dovrà destinare i campioni in subappalto

per l’identificazione e la tipizzazione dei microrganismi da parte di terzi.

Per i calcoli e l’espressione dei risultati è consigliato l’approfondimento nella normativa

NF EN ISO 7218.

I limiti e le precauzioni del test sono le seguenti:

Utilizzo in vitro;

Il Brilliance Listeria Agar non va utilizzato dopo la data di scadenza o se il

prodotto mostra segni di deterioramento. L’errata modalità di conservazione o

preparazione del campione da esaminare può causare risultati errati;

Vanno rispettate le buone pratiche di laboratorio (se riferite alla normativa EN

ISO 7218);

La ricerca deve essere effettuata da personale tecnico formato riguardo alle

tecniche microbiologiche ed ai rischi legati alla manipolazione dei campioni

contaminati.

Di seguito è illustrata la procedura di laboratorio in modo schematico.

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Sospensione madre nel brodo BPW

+

x g o ml di campione

Fase di latenza a 20 °C per 1 ora

Distribuzione di

0,1 ml di diffusione con una pipetta su BrillanceTM

Listeria agar

Incubazione a 37 °C ± 1 °C per 48 ore ± 3 ore

Colonie tipiche

(Colonie blu-verdi con alone):

SI: Conferma con le metodiche classiche oppure con O.B.I.S. Mono Test

x L. monocytogenes / g del prodotto

NO: meno di x L. monocytogenes / g del prodotto[106,107]

2.3 International Standard ISO 6887-1: Microbiologia di alimenti e mangimi

per animali (Seconda edizione 2017-03)

Questo documento definisce le regole generali per la preparazione aerobia dei campioni,

delle sospensioni iniziali e delle successive diluizioni per l’analisi microbiologica. Le

seguenti regole generali hanno la priorità sui seguenti metodi di standard:

Procedure specifiche di reidratazione per alimenti per minimizzare lo shock

osmotico;

Uso di adeguate temperature per migliorare la sospensione di cacao, gelatina e

latte in polvere, etc.;

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Procedure per implementare il recupero di microorganismi danneggiati dalla

procedura e dalla conservazione degli alimenti;

Procedure di omogeneizzazione e la durata specifica di determinati prodotti (ad

esempio cereali) e/o di certi rilevamenti (ad esempio di lieviti e muffe).

La preparazione della sospensione iniziale consiste nell’ottenimento di una

distribuzione omogenea derivante da una porzione del campione e prevede la

sospensione e successiva solubilizzazione o emulsione ottenuta dopo aver pesato o

misurato la quantità richiesta, proveniente da un campione, miscelato con un diluente in

modo tale da ottenere una diluizione decimale (1 parte di campione e 9 parti di

diluente). Se necessario, è possibile preparare ulteriori diluizioni seriali per ridurre il

numero di microrganismi per unità di volume.

2.3.1 Diluenti

Per aumentare la riproducibilità dei test, è consigliabile utilizzare diluenti già pronti,

componenti di base disidratati o una preparazione completamente disidratata. I prodotti

chimici devono essere di riconosciuta qualità analitica e adatti all’analisi

microbiologica. L’acqua richiesta deve essere distillata o di qualità equivalente.

2.3.2 Preparazione dei campioni

In questo paragrafo sono elencati i requisiti per l’analisi microbiologica di differenti

categorie di prodotti alimentari da esaminare.

Campioni scongelati prima dell’esecuzione del test

Questi campioni includono prodotti confezionati di ogni tipo (generalmente sotto i 2

kg), inclusi le porzioni di carne, pesce, verdure, dolci e preparati.

Tutti questi prodotti conservati e inviati congelati al laboratorio devono essere portati ad

una consistenza che consenta il campionamento nell’imballaggio originale; tale

condizione può essere raggiunta mantenendo il campione in una temperatura di

laboratorio compresa tra i 18 °C ed i 27 °C per un massimo di 3 ore, in alternativa a 5°C

± 3°C per 24 ore massimo. È opportuno conservare i campioni di scongelamento su

ripiani separati al fine di evitare la contaminazione incrociata dal gocciolamento del

prodotto scongelato attraverso l’imballaggio.

Dopodiché i campioni vengono analizzati il più rapidamente possibile, anche se il

prodotto è ancora parzialmente congelato durante il prelievo della porzione, poiché

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l’aggiunta del diluente a temperatura ambiente di laboratorio faciliterà lo sbrinamento

completo.

Si procede scongelando in un bagno d'acqua a temperatura controllata o sotto un bagno

di acqua fredda corrente; lo scongelamento sotto l'acqua fredda corrente non è

raccomandato in quanto potrebbe causare la contaminazione del campione se la

confezione non è a tenuta stagna.

Prodotti rigidi e secchi

Non omogeneizzare i prodotti rigidi e secchi in un omogeneizzatore rotante per più di

2,5 minuti alla volta per evitare un aumento eccessivo della temperatura. Per alcuni

prodotti rigidi e secchi, potrebbe essere necessario tritare o macinare il campione di

laboratorio. In questo caso, al fine di evitare un eccessivo incremento della temperatura,

non macinare oppure macinare per più di un minuto.

Prodotti multicomponente

Per i prodotti multi - composti, cioè che contengono pezzi di alimenti diversi, il

campionamento dovrebbe essere effettuato prendendo delle quantità di ciascun

componente rappresentativo delle loro proporzioni nel prodotto iniziale. È anche

possibile omogeneizzare l’intero campione di laboratorio, poiché ciò fornirà un

campione di prova più omogeneo per il successivo esame di una porzione del prodotto

da analizzare.

Prodotti confezionati

I prodotti confezionati presentati al laboratorio sono di vario tipo ma sono considerati

nei due modi seguenti:

Imballaggio morbido: da rimuovere o aprire in modo asettico con bisturi;

Imballaggi rigidi (lattine, contenitori in vetro, ecc.): da aprire utilizzando attrezzi

adeguati in condizioni asettiche.

Tutte le operazioni, prima e dopo l'apertura di alimenti confezionati, devono essere

eseguite in modo sterile per evitare la contaminazione esterna.

Se è possibile rimuovere il contenuto in modo asettico dopo l'apertura senza rischio di

contaminazione esterna, non è necessario pulire e disinfettare la confezione.

Pulire la superficie della confezione rigida o semirigida utilizzando alcol etilico

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denaturato (90%), quindi asciugare con un panno pulito o con carta assorbente fresca

per evitare la contaminazione durante l’apertura. Quando la confezione è molto sottile e

potrebbe essere danneggiata dalla bagnatura con l’etanolo (ad esempio pezzi di cibo

confezionati in film o contenitori flessibili), omettere questo passaggio ed è sufficiente

la sola disinfezione. Aprire porzioni di cibo avvolte in pellicola sui vassoi

accuratamente staccando il film di imballaggio in modo che il cibo possa essere esposto

per il campionamento. Per alimenti confezionati in atmosfera controllata e cibi

confezionati sottovuoto, aprire l'imballaggio sigillato usando un bisturi.

Tamponi di superficie (tamponi e altri dispositivi)

Mescolare i tamponi o altri dispositivi, come panni o salviettine, nello stesso diluente

usato per saturarli per il campionamento e/o per trasportarli, per disperdere i

microrganismi che aderiscono. Aprire i tappi dei tamponi in modo che questi possano

essere scossi nella quantità specificata di diluente per la sospensione iniziale. Utilizzare

la sospensione iniziale risultante come sospensione iniziale. I campioni di superficie

servono per testare la contaminazione batterica sugli strumenti di lavoro per la

realizzazione degli alimenti.[108]

2.4 Normative ISO 17025 e ISO 7218

La norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 "Requisiti generali per la competenza dei

Laboratori di prova e taratura" consiste nella descrizione dei requisiti gestionali e

tecnici che devono essere mantenuti e migliorati da parte del personale di laboratorio.

Essa illustra le procedure fondamentali e le caratteristiche necessarie per le analisi dei

campioni da analizzare e si focalizza sulle seguenti tematiche: apparecchiature,

materiale di consumo e reagenti, campionamento, metodi adottati per le analisi, risultato

delle analisi, software e personale di laboratorio.

Tale normativa è stata revisionata dall’ente Accredia ed è entrata in vigore il 30 Maggio

2018 con la quarta revisione del regolamento tecnico numero 8 (sigla “RT-08, revisione

04: Prescrizione per l’accreditamento dei Laboratori di Prova”): anch’essa riporta la

stessa numerazione della normativa di riferimento ed è per questo che si tratta di una

revisione generale senza la puntualizzazione delle modifiche di specifiche parti. Il

presente documento definisce i criteri generali per l'accreditamento dei Laboratori di

prova favorendo la creazione ed il mantenimento della fiducia dei clienti; inoltre esso

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presenta i requisiti strutturali (precisazione sulle attività accreditate), di processo, del

sistema di gestione (riguardante la documentazione e la rintracciabilità) e relativi alle

risorse. I requisiti strutturali si riferiscono alle caratteristiche dei contratti, dei metodi

selezionati e validati, del campionamento, delle tarature, delle registrazioni tecniche, dei

risultati con incertezza di misura allegata e della presentazione dei risultati. Invece la

parte inerente ai requisiti relativi alle risorse definisce le caratteristiche delle dotazioni e

delle tarature del laboratorio, della riferibilità metrologica, del personale addetto alle

analisi, dei prodotti e servizi forniti all’esterno e delle condizioni e strutture ambientali;

tranne quest’ultime, il resto è applicato secondo il requisito di riferimento.

Invece, per le strutture e condizioni ambientali, si applicano guide di supporto che fanno

riferimento alla normativa UNI EN ISO 7218 specifica per le analisi microbiologiche.

Quest’ultima norma europea descrive i requisiti generali e le linee guida per l’attuazione

delle norme per la ricerca o la conta dei microrganismi e per la buona pratica di

laboratorio per i laboratori accreditati di microbiologia alimentare. Essa è entrata in

vigore nel 2007 ed è stata revisionata ed aggiornata nel 2013 con una pubblicazione in

cui sono descritte solamente le modifiche, riferendosi al testo di riferimento per i

paragrafi inalterati. I requisiti generali per un laboratorio dipendono dal tipo di rischio

dei microrganismi che sono classificati in quattro categorie di rischio a partire da rischio

innocuo a quello grave, in modo tale da adottare le giuste precauzioni. Tutti i laboratori

comprendono aree associate alle analisi ed altre generali (uffici, laboratori, bagni, stanze

d’archivio) che devono essere separate dalle prime; sostanzialmente le aree di lavoro si

suddividono in zone di ricezione e conservazione del campione, di preparazione del

campione e degli strumenti che devono essere sterili, di analisi e di stoccaggio dei

terreni e dei reagenti.

Una caratteristica importante da rispettare in laboratorio è mantenere il più possibile

l’ambiente sterile, tenendo le finestre chiuse, la temperatura tra i 18°C ed i 27°C ed

utilizzando la cappa a flusso laminare durante le operazioni di lavoro. Chiaramente per

evitare eventuali contaminazioni esterne è necessario pulire e disinfettare

periodicamente le superfici di lavoro e le strumentazioni; inoltre è opportuno utilizzare

materiale monouso e adottare una corretta igiene da parte del personale usando guanti e

camice di protezione. Una delle modifiche della normativa aggiornata e pubblicata nel

2013 descrive la strumentazione che deve essere costantemente pulita e funzionante,

monitorando la calibrazione sia durante che in momenti diversi dello svolgimento delle

analisi microbiologiche, poiché risulta accreditata e quindi deve garantire qualità e

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sicurezza delle prove. La cappa a flusso laminare HEPA permette la rimozione di

particelle estranee che contaminerebbero il campione da analizzare e, nel caso del

laboratorio microbiologico, non dovrebbe superare il numero di 4000 per metro cubo;

può essere di 4 tipi, in base alla protezione del campione, dell’ambiente e dell’operatore

e quella presente nell’azienda Cierre s.r.l. appartiene alla categoria 2 in quanto consente

un buon grado di protezione per le tre categorie, vista la manipolazione di campioni con

rischio biologico di tipo 2 e 3. Oltre a pulire e disinfettare la cappa al termine di ogni

analisi, è opportuno accendere anche la lampada UV che ha un effetto battericida, fatta

revisionare da personale tecnico addetto, annualmente. Le bilance sono altri strumenti

utili per misurare la massa dei campioni e dei reagenti, pertanto necessitano di essere

calibrate con una tolleranza dell’1% della massa. Gli omogeneizzatori (The

Stomacher® è quello posseduto nell’azienda ospitante il presente progetto) sono

utilizzati per la miscelazione e l’omogeneizzazione di un’ampia gamma di campioni con

un volume compreso tra 80 e 400 ml; funzionano grazie all'azione esercitata da due

palette con moto alternato su un campione racchiuso in un sacchetto di plastica sterile e

sono stati utilizzati per tutte le matrici analizzate durante il periodo del tirocinio.

Ulteriore macchinario importante è l’autoclave che consente la sterilizzazione dei

medium di coltura ad alte temperature (121°C ± 3°C) per 15 minuti. Gli incubatori sono

camere chiuse che permettono la conservazione del campione e la crescita dei

microrganismi alla temperatura impostata dall’operatore; sono controllati mediante un

termometro direttamente collegato. Gli incubatori adibiti alla crescita iniziale di

Salmonella sono impostati a 42°C, mentre quelli dedicati a Listeria sono impostati a

30°C, dopodiché nelle fasi successive vengono utilizzati quelli a 37°C; tutti quanti

hanno un range di tolleranza di ± 1°C. I refrigeratori sono camere adibite alla

conservazione dei campioni alimentari ed impostate alla temperatura di 3 ± 2°C; essi

sono utilizzati per mantenere i campioni nelle fasi pre- e post-analitica; anche i terreni

di coltura ed i reagenti dei kit Oxoid vengono mantenuti in queste camere prima e dopo

il loro utilizzo. Il congelatore è un’altra camera adibita alla conservazione di cibi alla

temperatura di –19°C. Il bagnetto termostatico contiene acqua ed etilenglicole e

consente la conservazione dei terreni di coltura a 47°C ± 0,5°C durante la fase di analisi

dei campioni. Il materiale monouso come i puntali per le pipette e le anse in propilene

contenente volumi da 1 µl o 10 µl, è necessario per realizzare la corretta procedura di

analisi microbiologica. Insieme ad esso, anche i terreni di coltura sono acquistati

direttamente dalle ditte produttrici di materiale da laboratorio. Fondamentale è la

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presenza di controlli positivi e negativi di reagenti e campioni per tutto lo svolgimento

delle analisi.[109-111]

2.5 Matrici analizzate

La casistica analizzata nel corso del mio progetto di tirocinio che si è svolto presso

l’azienda Cierre s.r.l., comprende un’ampia gamma di matrici provenienti da clienti

privati che hanno richiesto le analisi microbiologiche su prodotti finiti e pronti al

consumo umano. Le tipologie di alimenti comprendono carni (bovini e suini) e prodotti

a base di carne da consumare crudi o cotti, latte e prodotti a base di latte pastorizzato,

gelati, cibi a base di uova, frutta ed ortaggi e tamponi di superficie di lavoro quali

affettatrici, coltelli, taglieri.

In riferimento alla normativa UNI EN ISO 17604 che specifica i metodi di

campionamento per la ricerca dei microrganismi sulla superficie delle carcasse o parti di

carcasse di animali da carne macellati di fresco, è necessario tener conto delle procedure

riguardanti il piano di campionamento, i siti di campionamento sulle carcasse e le

tecniche di campionamento. Per quanto riguarda il monitoraggio e la sorveglianza degli

agenti patogeni, fasi appartenenti al piano di campionamento, la frequenza settimanale

alternata di campionamento (una settimana avviene il campionamento delle carcasse di

bovini, la settimana successiva si procede con quello delle carcasse dei suini; così nelle

settimane seguenti) massimizza le probabilità di ricerca dei patogeni ricercati. I siti di

campionamento sulle carcasse di bovini e suini sono selezionati a turno di

campionamento in base alla maggior probabilità di contaminazione e per entrambe le

tipologie di animali riguardano l’interno e l’esterno del canale pelvico, l’interno e

l’esterno dell’osso xifoide e l’aspetto interno dell’avampiede. I siti più spesso

identificati come più altamente contaminati ed esclusivi per i suini sono il pilastro del

diaframma, l’addominale, l’esterno e l’interno sottomandibolare; invece quelli

riguardanti i bovini sono l’interno coscia, l’esterno e l’interno dello sterno, gli aspetti

interno ed esterno del garretto e delle regioni atlanto-occipitale della colonna vertebrale.

A rotazione vengono selezionati i diversi siti che sono campionati selezionando 4 aree

di 100 cm2 per sito selezionato e 5 carcasse a campione. La tecnica di campionamento

adottata è la stessa ogni qualvolta si proceda al campionamento e quella scelta da Cierre

s.r.l. è il metodo non distruttivo con spugne sterili. Quest’ultime sono prive di sostanze

inibitorie, hanno una dimensione compresa tra i 25 ed i 50 cm3 e sono adatte per il

campionamento di superfici grandi. Sono contenute in un sacchetto di plastica che viene

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aperto nel momento in cui è raccolto il campione; dopodiché si aggiunge un diluente

sterile (come indicato nella normativa ISO 6887-1) ad un volume definito, compreso tra

25 e 100 ml per bagnare completamente la spugna, massaggiandola dall’esterno del

sacchetto, si posiziona il delimitatore sulla superficie di prova e si utilizza il sacchetto

come un guanto rovesciandolo, afferrando la spugna che viene strofinata in almeno due

direzioni (ad esempio in orizzontale e poi in verticale), per almeno 10 volte in ogni

direzione. Dopo il prelievo, si ripone la spugna nel sacchetto di plastica e si trasporta in

un contenitore isotermico con blocchi refrigeranti mantenendo la temperatura tra 1°C e

8°C. Per garantire un maggiore grado di sterilità, l’intera procedura di campionamento

viene eseguita mediante l’utilizzo di guanti sterili. Successivamente le spugne vengono

trasportate in laboratorio dove vengono sottoposte alle analisi seguendo i protocolli

precedentemente descritti.[112]

Per i restanti alimenti si procede direttamente al trasporto

in laboratorio come prodotti finiti ed alle analisi microbiologiche; la frequenza di

quest’ultime può variare in base al tipo di contratto concordato con i clienti. La

conservazione dei campioni avviene alla temperatura di frigorifero impostato a 4°C.

I prodotti alimentari comprendono cibi di tipo solido, rigido e secco, liquido,

multicomponente e confezionato, e vanno sottoposti all’analisi microbiologica

inizialmente seguendo le procedure descritte nella normativa ISO 6887-1, per poi

continuare con i metodi validati da AFNOR che consentono la ricerca e

l’identificazione rapide di Salmonella e Listeria. Nei protocolli di analisi

microbiologiche vengono seguite la normativa ISO 6887-1 nella prima parte della

procedura (ricezione e conservazione dei campioni) e la normativa AFNOR nella

seconda parte (ricerca, isolamento e determinazione dei microrganismi in esame). I

metodi Oxoid Listeria PrecisTM

ed Oxoid Salmonella PrecisTM

permettono la riduzione

dei tempi di analisi rispetto ai protocolli della normativa standard, andando incontro alle

esigenze dei clienti e fornendo allo stesso modo affidabilità, ripetibilità e validità dei

risultati: le analisi si svolgono infatti nel rispetto di una tempistica concordata con i

clienti e solitamente collocata in un intervallo di 7-10 giorni, periodo necessario per la

crescita di determinati microrganismi e per definire la tipizzazione e la conta batterica.

È inoltre importante che dal momento del trasporto in laboratorio all’inizio dell’analisi

non si superino le 24 ore e che il tempo delle procedure di laboratorio non superino i 45

minuti, oltre i quali le analisi risultano insoddisfacenti.

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Nel caso dei tamponi di superficie, il protocollo della prima fase di analisi varia

leggermente, poiché prevede il prelevamento di 1 ml di soluzione che mantiene idratato

il tampone dopo il campionamento, ed il successivo trasferimento nella provetta

contenente 9 ml di brodo (ONE Broth Listeria o ONE Broth Salmonella rispettivamente

per la ricerca di Listeria monocytogenes e Salmonella spp.) che va incubato a 37°C per

24 ore. Seguono i passaggi classici di riferimento del protocollo validato da AFNOR.

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3.RISULTATI

Il presente progetto di tesi si basa sui risultati dei seguenti campioni, esaminati durante

il periodo del tirocinio:

460 alimenti analizzati, di cui 210 per la ricerca di L. monocytogenes, 190 per la

ricerca di Salmonella spp. e 60 spugne di carcasse di suini e bovini analizzate

per la ricerca di Salmonella spp.;

210 tamponi di superficie analizzati, di cui 180 per la ricerca di Listeria

monocytogenes e 30 tamponi di superficie analizzati per la ricerca di

Salmonella.

Il numero dei campioni analizzati rappresenta le differenti scelte dipendenti dalla

tipologia di matrice (riferita anche alla normativa) e da quanto riportato nei piani di

autocontrollo dei singoli clienti che richiedono determinate analisi microbiologiche;

pertanto i parametri da ricercare, in questo caso Salmonella e Listeria monocytogenes,

non hanno le stesse corrispondenze numeriche negli stessi alimenti e tamponi di

superficie.

L’espressione dei risultati, ottenuti attraverso l’utilizzo dei metodi Oxoid Salmonella

PrecisTM

ed Oxoid Listeria PrecisTM

per la ricerca di Salmonella spp. e Listeria

monocytogenes rispettivamente, è stata determinata con i criteri “presenza” e “assenza”

in un campione di 25 g di quasi tutti gli alimenti (ad eccezione della carni macinate e

preparazioni di carne diversi dal pollame destinate ad essere consumate cotte e delle

salsicce di suino per i quali sono richiesti 10 g di campione), come indicato dalla

normativa vigente 1441:2007. I dati mostrano l’assenza di L. monocytogenes nei

prodotti alimentari, mentre indicano la presenza di Salmonella spp. in alcuni campioni,

come illustrato nell’istogramma sottostante (Figura 3). In particolare Salmonella è stata

trovata in 4 alimenti a base di carne di suino provenienti da stabilimenti di

trasformazione di carne; tali prodotti alimentari sono tutti a base di carne suina (1 fegato

di suino, 1 lardo di suino, 2 salsicce di suino). Inoltre in 2 spugne prelevate in due

campionamenti differenti di carcasse di suini è stata trovata la presenza di Salmonella,

la quale è stata successivamente isolata ed inviata all’Istituto Zooprofilattico

Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana (sede di Arezzo) ed è risultata appartenente

al sierotipo S. derby 4.12:f.g:-O:4 (B).

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Figura 3: Presenza e assenza di L. monocytogenes e Salmonella spp. nelle diverse tipologie di campioni

analizzati

A parte gli alimenti pronti per il consumo umano e le spugne, i tamponi di superficie

sono risultati del tutto privi di contaminazioni dei microrganismi in esame.

Le tipologie principali di aziende che hanno inviato i campioni da far analizzare in

laboratorio sono state mense per ristorazione scolastica e residenziale a gestione

privata o pubblica (45%), aziende di trasformazione di carni (15%), ristoranti (20%),

gelaterie e pasticcerie (15%) e panifici (5%) (Figura 4). La contaminazione batterica si è

verificata in matrici differenti derivanti da due aziende diverse ma entrambe

appartenenti al settore dell’industria di trasformazione di carni.

Figura 4: Percentuale di campioni analizzati per la ricerca dei microrganismi patogeni e derivanti da

diverse tipologie aziendali

0

50

100

150

200

250

presenza assenza presenza assenza

Listeria monocytogenes Salmonella spp.

Num

ero

cam

pio

ni

Microrganismo

Tamponi di superficie

Alimenti

Spugne su carcasse

45%

15%

20%

15%

5% Mense

Aziende di trasformazione di

carni

Ristoranti

Gelaterie e Pasticcerie

Panifici

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Come precedentemente accennato, la contaminazione negli alimenti e nelle spugne da

parte di Salmonella si è riscontrata in 2 spugne di carcasse di suino prelevate in due

campionamenti differenti, 1 fegato, 1 lardo e 2 salsicce di suino (Figura 5).

Figura 5: Presenza dei microrganismi in esame negli alimenti derivanti da diverse tipologie aziendali.

Inoltre le zone da cui sono stati inviati i campioni riguardano le Regioni Toscana ed

Umbria, dato che l’azienda Cierre s.r.l. risiede nel territorio aretino, è uno dei principali

laboratori operanti nella Regione Toscana ed è iscritto con il numero 23 nell'Elenco

regionale dei laboratori che effettuano analisi nell'ambito delle procedure di

autocontrollo delle industrie alimentari.

0

1

2

3

4

5

Mense Aziende di

preparati

di carni

Mattatoi Ristoranti Gelaterie e

Pasticcerie

Panifici

Num

ero

ali

men

ti

Tipologia di azienda

Listeria monocytogenes

Salmonella spp.

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4.DISCUSSIONE E CONCLUSIONE

Salmonella spp. e Listeria monocytogenes sono due microrganismi potenzialmente

patogeni che possono provocare due malattie a trasmissione alimentare (MTA),

rispettivamente salmonellosi e listeriosi. Sebbene entrambi abbiano la caratteristica

comune di provocare patologie attraverso il consumo di alimenti contaminati nei

soggetti più deboli come i neonati, le donne in gravidanza, gli anziani e pazienti

immunocompromessi come le persone affette da AIDS, possiedono differenti

morfologie che a loro volta danno origine a problematiche diverse in termini di

sintomatologia, patogenesi, epidemiologia, contaminazione nella filiera alimentare,

terapia e prassi igienica con le opportune raccomandazioni.

Salmonella è l’agente batterico Gram-negativo per eccellenza che con la sua vasta

varietà di sottospecie che ammontano ad oltre 2500 solo per la specie S. enterica, causa

la malattia a trasmissione alimentare più comune. I sierotipi più diffusi della specie

enterica a livello alimentare e tra i casi clinici sono S. typhimurium, S. enteritidis, S.

typhimurium variante monofasica, S. infantis, anche se nuovi serovar emergenti sono da

tenere sotto controllo, come S. newport, S. derby e S. kentucky, S. bareilly e S.

weltevreden. Le evoluzioni delle diverse sottospecie consistono nell’acquisizione di

meccanismi di adattamento come l’aumento di concentrazioni di soluti intracellulari

compatibili, trasportatori ed osmoprotettori determinanti una maggior virulenza e

persistenza ambientale. Quest’ultima è per esempio facilitata dall’utilizzo del saccarosio

negli alimenti secchi per facilitarne la conservazione, oppure dalla scarsa igiene delle

superfici in acciaio inossidabile delle aziende alimentari, consentendo la persistenza di

Salmonella anche per un mese. In questi casi la matrice polisaccaridica extracellulare e

l’antigene O aumentano la sopravvivenza a lungo termine in alimenti asciutti.

Nell'industria alimentare il processo di salatura in combinazione con altre procedure

quali l’igiene, la refrigerazione, l’imballaggio, la disidratazione e l’essicazione, è spesso

usato come conservante generale ed agente antibatterico a causa dei suoi effetti inibitori

sulla crescita batterica in cibi pronti al consumo, carne, pesce, salumi, formaggi, frutta

ed ortaggi. Tali processi causano il danneggiamento delle cellule batteriche alterando

l’equilibrio osmotico tra ambiente citoplasmatico ed extracellulare. La questione

dell'essiccazione rappresenta un ulteriore accorgimento per la conservazione degli

alimenti, disinfezione superficiale, trasmissione di agenti patogeni e, allo stesso tempo,

un'opportunità per la produzione di probiotici e colture essiccate, ad esempio per le

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industrie casearie che tendono a ridurre al minimo la replicazione batterica,

determinando un restringimento degli strati capsulari della cellula, un aumento delle

concentrazioni di molecole intracellulari ed una riduzione del volume cellulare; altri

effetti includono cambiamenti nelle proprietà biofisiche (come la tensione superficiale),

la ridotta fluidità dei lipidi di membrana e di danni a proteine e DNA. Inoltre, uno dei

meccanismi molecolari di danno che portano alla morte per via dell’essiccante è la

formazione di radicali liberi che hanno come bersaglio i fosfolipidi, il DNA e le

proteine. In generale, le specie Gram-negative sono molto più suscettibili

all'essiccazione rispetto alle specie Gram-positive in relazione alle loro superfici più

lisce, allo strato più spesso di peptidoglicano ed alla mancanza di lipopolisaccaridi.

Pertanto è opportuno porre un’ulteriore attenzione nei batteri Gram-positivi, tipo

Listeria monocytogenes che nel suo genere è l’unica specie dotata di alta patogenicità e

virulenza. La filogenesi di L. monocytogenes ha portato alla determinazione di almeno 4

linee evolutive (I, II, III, IV), di cui la maggior parte degli isolati sembrano appartenere

ai lineaggi I e II, che ospitano i sierotipi più comunemente associati ai casi clinici

umani, compreso il sierotipo 1 / 2a (lineaggio II) ed i sierotipi 1 / 2b e 4b (lineaggio I). I

ceppi di lineaggio II si trovano generalmente negli alimenti, sembrano essere molto

diffusi negli ambienti naturali e agricoli, e sono anche comunemente isolati dai casi di

listeriosi animale e casi clinici sporadici umani, mentre quelli del lineaggio I sono

associati agli isolati della maggior parte delle epidemie di listeriosi umana. Gli eventi di

ricombinazione, seguiti da una pressione selettiva, potrebbero essere particolarmente

importanti per i ceppi del lineaggio II per adattarsi ad una varietà di diverse condizioni

ambientali, a differenza dei ceppi del lineaggio I che sono meno inclini alla

ricombinazione e sono spesso associati a casi epidemici, suggerendo un adattamento

nell’ospite. È interessante notare che sembra che gli isolati del lineaggio II possiedano

più plasmidi degli isolati di lineaggio I, cosa che conferisce loro elevati livelli di

resistenza e virulenza, determinando quindi la maggior persistenza ambientale. Infatti la

contaminazione degli alimenti da parte di L. monocytogenes avviene durante i processi

di lavorazione alimentare e le catene di produzione con scarse norme igieniche, poiché

si creano le condizioni tali per cui i microrganismi di questa specie riescano a

sopravvivere e moltiplicarsi in nicchie ambientali favorevoli, anche a temperature di

refrigerazione. In tali nicchie ambientali L. monocytogenes tende a proliferare formando

un biofilm, ovvero un aggregato di cellule batteriche incluse in una matrice

prevalentemente polisaccaridica. I biofilm sono attualmente considerati un serio

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problema per l’industria alimentare perché favoriscono l’adesione di L. monocytogenes

alle superfici di lavoro e ne aumentano la resistenza ai disinfettanti, rendendo

estremamente complicato la sua eliminazione dall’ambiente di lavorazione.

Analogamente a Salmonella, L. monocytogenes, si è evoluta sviluppando dei

meccanismi di adattamento a determinate condizioni ambientali quali processi di

disseccamento, essiccazione e salatura, riuscendo così a proliferare anche negli alimenti

a lunga conservazione senza ulteriore cottura. A tal proposito gli alimenti pronti al

consumo come pesce affumicato, affettati, formaggi molli prodotti a base di carne

confezionati e trattati termicamente (come prosciutto cotto affettato, petto di pollo cotto

e paté) sono spesso all’origine delle infezioni causate da questo patogeno, anche se si

tratta di un batterio ubiquitario nell’ambiente, isolabile da suolo, foraggi, insilati, acque

e presente in numerose specie animali, sia mammiferi che pesci e uccelli. Nonostante

l’ampia gamma di alimenti in cui L. monocytogenes può sopravvivere, tale specie

batterica non è stata ritrovata né negli alimenti né nei tamponi analizzati nel presente

studio, dimostrando che le industrie alimentari attuano le opportune prassi produttive ed

igieniche per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari indicati per il

consumo umano.

In merito a Salmonella enterica, le principali fonti di trasmissione sono gli alimenti, il

suolo e l’acqua contaminati, contatti diretti con animali o persone infette e altre fonti

indeterminate. Il rischio d'infezione nell'uomo è associato al consumo di alimenti

contaminati, per lo più uova e prodotti a base di uova, carne e preparati a base di suino,

carne e preparati a base di bovino, latte (specialmente in polvere, indicato al consumo

neonatale) e latticini, frutta ed ortaggi. I campioni dove è stata ricercata Salmonella

presso Cierre s.r.l. riguardavano carne suina e i campione trovati contaminati sono stati

lardo di suino, fegato di suino e due salsicce di suino derivanti da aziende di

trasformazione della carne; anche due spugne derivanti dallo stesso mattatoio e

prelevate in due campionamenti differenti di carcasse di suino sono state trovate

contaminate da Salmonella. Ciò è in linea con le contaminazioni che avvengono

generalmente anche a livello nazionale, europeo ed internazionale. Per di più il fatto che

nessun tampone di superficie analizzato sia risultato positivo alla Salmonella riflette la

corretta procedura di igiene adoperata presso le aziende alimentari per tutelare la salute

pubblica.

Qualora i protocolli di igiene e di lavorazione nelle industrie alimentari non venissero

seguiti, si potrebbero originare contaminazioni sul cibo e di conseguenza, il possibile

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sviluppo di malattie a trasmissione alimentare quali salmonellosi e listeriosi. La prima è

la più comune delle MTA, sia sporadiche che epidemiche, e provoca diversa

sintomatologia e patogenesi a seconda se il soggetto infettato possieda un sistema

immunitario debole o sano e se è colpito da uno stipite più o meno virulento. Una volta

avvenuta la contaminazione per via orale, i microrganismi sopravvivono al basso pH

dello stomaco ed eludono le difese multiple della mucosa dell’intestino tenue arrivando

a colonizzare l’epitelio sottostante e passando successivamente nelle cellule linfoidi (T e

B) delle zone sottostanti delle placche di Peyer. Attraversato l’epitelio intestinale, i

sierotipi di Salmonella associati alla malattia sistemica (febbri enteriche) penetrano nei

macrofagi intestinali sopravvivendo nell'ambiente microbicida del fagolisosoma. Al

contrario, i ceppi di Salmonella meno virulenti inducono una risposta infiammatoria

locale precoce, che risulta nell'infiltrazione nel lume intestinale di leucociti

polimorfonucleati (PMN) che producono IL-8, una delle principali citochine che media

la stimolazione della risposta immunitaria innata; la successiva diarrea a carattere

infiammatorio determina il turnover della mucosa intestinale. I segni della salmonellosi

comprendono febbre, diarrea e crampi addominali, si manifestano dalle 12 alle 72 ore

dall’ingestione di alimenti contaminati o dalla contaminazione da parte di reservoir di

persone o animali infetti, possono protrarsi per 4-7 giorni e nella maggior parte dei casi

si ha guarigione senza ospedalizzazione, poiché il naturale meccanismo di difesa

dell’organismo espelle i batteri che hanno determinato un’infezione lieve. Talvolta, nei

casi di infezione moderata o addirittura grave (raramente) è sufficiente adottare una

terapia di supporto: somministrazione di soluzioni orali reidratanti (che servono per

compensare l’acqua e i sali persi con diarrea e talvolta vomito), fermenti lattici e

probiotici. Nonostante la salmonellosi sia un’infezione batterica, il ricorso agli

antibiotici viene sconsigliato, poiché potrebbe allungare i tempi di persistenza dei

microrganismi nelle feci o indurre antibiotico-resistenza. Difatti negli ultimi anni

Salmonella è diventata resistente in primis all’ampicillina, ed a seguire anche a

cloramfenicolo, sulfametoxazolo, tetracicline e acido nalidixico. L’ospedalizzazione e

l’uso di antibiotici sono indicati solo nei casi gravi (con sintomi extra-intestinali), nei

neonati al di sotto dei 3 mesi di età e nei soggetti con malattie cronico-degenerative.

Invece la listeriosi è una patologia a trasmissione alimentare rara ma che, se si verifica,

comporta una situazione clinica più grave della salmonellosi ed a volte mortale

considerando gli elevati tassi di mortalità nell’uomo. Negli ultimi anni è stata segnalata

in modo crescente, soprattutto a livello internazionale. Una volta avvenuta la

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contaminazione per via orale, Listeria monocytogenes raggiunge il tratto intestinale,

l’attraversa e raggiunge il fegato e la milza attraverso i sistemi linfatico e sanguigno. In

questi organi, soprattutto all’interno degli epatociti, trovano l’ambiente ideale per

replicare. L’ulteriore disseminazione linfatica accompagnata da quella sanguigna

permette a L. monocytogenes di raggiungere il cervello e la placenta per poi infettare il

feto attraverso la barriera placentare e il neonato alla nascita mediante la mucosa

vaginale. L’alta patogenicità di L. monocytogenes è legata alla sua capacità di superare

le barriere intestinale, ematoencefalica e placentare ed alla possibilità di sopravvivere

alla fagocitosi dei macrofagi. Le infezioni determinate da tale batterio possono causare

sintomatologie diverse che variano da sintomi simil-influenzali lievi (come nausea,

vomito e diarrea), che hanno un’incubazione di 6-40 ore e che scompaiono nell’arco di

48 ore massimo senza ricorso alla terapia antibiotica nelle persone immunologicamente

sane, ad infezioni più gravi determinanti complicanze potenzialmente letali, quali

meningite, setticemia ed encefaliti negli individui immunocompromessi, aborti

spontanei o mortalità neonatale se l’infezione è stata contratta durante il periodo di

gravidanza. Queste manifestazioni cliniche sono trattabili con antibiotici, ma la

prognosi nei casi più gravi è spesso infausta. L’incubazione media è di 3 settimane, ma

può prolungarsi fino a 70 giorni.

Per ovviare a tali complicazioni, in entrambi i casi è opportuna una manipolazione

sicura degli alimenti poiché riveste un’importanza capitale per tutelare la salute

pubblica. I consumatori possono ridurre il rischio di ammalarsi tramite il consumo di

cibi potenzialmente contaminati osservando una buona igiene delle mani ed una corretta

manipolazione degli alimenti, che include una pronta refrigerazione degli alimenti; la

separazione delle carni crude da altri alimenti pronti al consumo, dalle verdure e dai cibi

cotti; la cottura dei cibi (carne e uova in particolar modo) alla temperatura corretta; il

lavaggio accurato degli alimenti crudi prima del consumo. Le raccomandazioni per la

cucina riguardano il lavaggio delle superfici di lavoro prima e dopo la preparazione e

manipolazione dei cibi crudi, il mantenimento della temperatura di refrigerazione

(tenuto pulito da avanzi di carne cruda) entro i 4°C e del congelatore sotto i -17°C, e la

pulizia delle pareti interne e dei ripiani del frigorifero con acqua calda e sapone liquido.

Inoltre è consigliato consumare appena possibile i prodotti precotti o pronti per il

consumo alimentare, non conservare i prodotti refrigerati oltre la data di scadenza e

dividere gli avanzi di cibo in contenitori poco profondi così da farli raffreddare più

velocemente, chiuderli e consumarli entro 3-4 giorni. È preferibile evitare di mangiare

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formaggi molli (o bere latte) se non si ha la certezza che siano prodotti con latte

pastorizzato. In particolare, i soggetti a rischio, come le donne in gravidanza e le

persone immunocompromesse, dovrebbero evitare di mangiare qualsiasi alimento fresco

che non sia completamente cotto, che non abbia la certezza della giusta data di scadenza

e della produzione con latte pastorizzato.

In conclusione, il controllo delle malattie trasmesse dagli alimenti è assicurato da un

sistema efficiente di controllo, funzionale ed integrato, affinché gli episodi di listeriosi e

salmonellosi vengano ridotti se non eliminati. Le componenti di tale sistema vigilante

sono le leggi e normative sugli alimenti, la gestione del controllo degli alimenti, i

servizi di ispezione, il monitoraggio epidemiologico (laboratori), l’educazione del

consumatore e la comunicazione con il cliente. Questa rete, basata sulla collaborazione

di tutte le componenti del sistema, garantisce il coordinamento della sorveglianza a

tutela della salute umana.

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