SALA I Il luogo santo può presentarsi sotto forme distinte...

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1 SALA I LA PEREGRINAZIONE. UN CAMMINO RITUALE DI PURIFICAZIONE E CONOSCENZA A PEREGRINACIÓN. UN CAMIÑO RITUAL DE PURIFICACIÓN E COÑECEMENTO Attualmente, il termine "peregrinare" si è convertito nell'evocazione sentimentale di luoghi che hanno segnato la nostra vita e la nostra memoria. Innegabilmente, però, la peregrinazione concerne soprattutto un fenomeno di carattere religioso. Ogni tipo di culto genera la medesima forma di mediazione con il sacro. Indizi archeologici confermano come la pratica della peregrinazione risalga già all’epoca preistorica: risulta documenta durante la civiltà Mesopotamica, in quella egiziana e in quella greca. Con il Medioevo Cristiano e Musulmano, il fenomeno della peregrinazione raggiunge il proprio apogeo, riuscendo a sopravvivere fino ai nostri giorni, così come accade per i viaggi mistici in luoghi sacri dell’India e della Cina. La peregrinazione è un percorso rituale, intrapreso individualmente o collettivamente, con l'intento di raggiungere la purificazione, la perfezione e la salvezza. Durante questa esperienza religiosa si stabiliscono una serie di relazioni: un luogo profano si lega al mondo spirituale, un viandante solitario ad una comunità, il pellegrino di carne e ossa all’individuo che rinasce purificato grazie al compimento del proprio impegno. Queste relazioni segnano la differenza tra la peregrinazione e un qualsiasi altro semplice viaggio. Il fenomeno della peregrinazione, infatti, richiede in maniera imprescindibile un luogo, un percorso che implichi sacrificio e sforzo fisico, e una meta sacra. Il luogo santo può presentarsi sotto forme distinte: può essere albero, fonte, montagna, una qualsiasi città o tempio dove si venerino delle reliquie; ad ogni modo, qualcosa che possa rappresentare un segnale visibile di contatto tra l'umano e il divino. Se già durante il cammino, che è metafora delle vita terrena, inizia un’intima trasformazione, visibile attraverso una serie di riti, è solo una volta raggiunta la meta, che il pellegrino rinasce, convertendosi in un uomo nuovo. Questa mappa è il frutto di un lavoro di ricerca continuo, iniziato nel 2003 nel Museo de las Peregrinaciones. Come si può notare, si è tentato di localizzare tutte le distinte peregrinazioni esistenti al mondo, dedicando una particolare attenzione a mete, oggetti di culto, feste, rituali, storia, e tutto ciò che possa contribuire alla conoscenza di ciascuna peregrinazione, così come della cultura che la generò. In questa maniera, s'intende includere progressivamente nella mappa i nomi e i luoghi delle peregrinazione, oggetto d’indagine. Vi invitiamo a partecipare a questo progetto, fornendoci informazioni in merito a peregrinazioni che ancora non figurino nella mappa. A questo scopo, troverete un apposito formulario all'uscita del museo. Vi ringraziamo per la collaborazione.

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SALA I

LA PEREGRINAZIONE. UN CAMMINO RITUALE DI PURIFICAZIONE E

CONOSCENZA A PEREGRINACIÓN. UN CAMIÑO RITUAL DE PURIFICACIÓN E

COÑECEMENTO

Attualmente, il termine "peregrinare" si è convertito nell'evocazione sentimentale di luoghi che hanno segnato la nostra vita e la nostra memoria. Innegabilmente, però, la peregrinazione concerne soprattutto un fenomeno di carattere religioso.

Ogni tipo di culto genera la medesima forma di mediazione con il sacro. Indizi archeologici confermano come la pratica della peregrinazione risalga già all’epoca preistorica: risulta documenta durante la civiltà Mesopotamica, in quella egiziana e in quella greca. Con il Medioevo Cristiano e Musulmano, il fenomeno della peregrinazione raggiunge il proprio apogeo, riuscendo a sopravvivere fino ai nostri giorni, così come accade per i viaggi mistici in luoghi sacri dell’India e della Cina.

La peregrinazione è un percorso rituale, intrapreso individualmente o collettivamente, con l'intento di raggiungere la purificazione, la perfezione e la salvezza.

Durante questa esperienza religiosa si stabiliscono una serie di relazioni: un luogo profano si lega al mondo spirituale, un viandante solitario ad una comunità, il pellegrino di carne e ossa all’individuo che rinasce purificato grazie al compimento del proprio impegno. Queste relazioni segnano la differenza tra la peregrinazione e un qualsiasi altro semplice viaggio. Il fenomeno della peregrinazione, infatti, richiede in maniera imprescindibile un luogo, un percorso che implichi sacrificio e sforzo fisico, e una meta sacra.

Il luogo santo può presentarsi sotto forme distinte: può essere albero, fonte, montagna, una qualsiasi città o tempio dove si venerino delle reliquie; ad ogni modo, qualcosa che possa rappresentare un segnale visibile di contatto tra l'umano e il divino. Se già durante il cammino, che è metafora delle vita terrena, inizia un’intima trasformazione, visibile attraverso una serie di riti, è solo una volta raggiunta la meta, che il pellegrino rinasce, convertendosi in un uomo nuovo.

Questa mappa è il frutto di un lavoro di ricerca continuo, iniziato nel

2003 nel Museo de las Peregrinaciones.

Come si può notare, si è tentato di localizzare tutte le distinte peregrinazioni esistenti al mondo, dedicando una particolare

attenzione a mete, oggetti di culto, feste, rituali, storia, e tutto ciò che possa contribuire alla conoscenza di ciascuna peregrinazione,

così come della cultura che la generò.

In questa maniera, s'intende includere progressivamente nella mappa i nomi e i luoghi delle peregrinazione, oggetto d’indagine.

Vi invitiamo a partecipare a questo progetto, fornendoci informazioni in merito a peregrinazioni che ancora non figurino nella mappa. A

questo scopo, troverete un apposito formulario all'uscita del museo.

Vi ringraziamo per la collaborazione.

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“Non sono capace di camminare: 500 paia di scarpe di vetro in direzione Nidaros” (selezione) Borgny Svalastog Norvegia, 2006 Vetro soffiato a stampo. Dono dell’autrice

Le scarpe di vetro rappresentano la meta del Cammino e l’adozione di sette colori diversi si riferisce simbolicamente all’Universalità della Pellegrinazione. Questa selezione costituì parte dell’installazione intitolata: Non sono capace di camminare: 500 paia di scarpe di vetro in direzione Nidaros, inclusa nell’esposizione 14+1 Stazioni. Esperienze di contatto.

Pellegrinaggio a Grabarka. "Il Monte

delle 6000 croci" Cristina García

Rodero 1997-1998

Positivo in bianco e nero su carta

Dono dell'autrice

Grabarka, " il monte delle 6000 croci" è nell'attualità il centro di peregrinazione più importante per la Chiesa Ortodossa polacca, sebbene da alcuni anni accolga anche fedeli di culto cattolico.

All'origine della sacralizzazione di questo monte e della fondazione del proprio santuario convergono due tradizioni. La più antica risale

al XIII secolo, quando la gente del posto, terrorizzata dalle invasioni tartare, nascose proprio qui, con l'intento di metterla in salvo, un'icona della Trasfigurazione di Cristo che effettivamente non venne mai scoperta.

L'altra tradizione, originatasi nel 1710, durante l'epidemia di colera che colpì la zona, racconta che un contadino ricevette in sogno una vera e propria rivelazione divina: per aver salva la vita, si doveva innalzare una croce sulla cima del monte.

Da allora, ortodossi e cattolici giungono a Grabarka per piantare la propria croce nel bosco e bere l'acqua della fonte miracolosa. Le dimensioni di ciascuna croce dipendono dall'intensità del proprio voto e dalla penitenza.

Come molti altri luoghi di culto e peregrinazione, Grabarka è un colle –il luogo della rivelazione- strettamente connesso all'elemento naturale dell'acqua -simbolo di purificazione dai peccati- e a quello della croce -simbolo cristiano della Passione di Gesù-.

Pellegrini a Ajmer (India)

Nacho Castellanos 1995-1997

Positivo in bianco e nero

Dono dell'autore

Ajmer, città nel Nord dell'India, nella regione del Rajastán, fu fondata nel secolo XII e costituisce un luogo sacro per 90 milioni di musulmani sufisti del continente asiatico.

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Più di 150.000 fedeli provenienti da India, Bangladesh, Pakistan, e Afganistan, s'incamminano annualmente verso Ajmer, andando a costituire la maggior peregrinazione musulmana di questa zona.

Celebrano l'Urs, anniversario della morte di Khawaja Mo'inudin Chisti (1139-1236) sufi santo, profeta dell'Islam in India. All'arrivo, i peregrini poggiano mani, fronte e labbra sulla superficie di uno degli archi d'entrata al tumulo. Durante il giorno ascoltano la musica mistica dei Qawwali, mentre distribuiscono razioni di riso e tè fra tutti gli astanti, indipendentemente dalla religione a cui appartengano.

Il sufismo è la corrente più aperta e tollerante dell'Islamismo.

Peregrinazione a Lalibela. Etiopia. Fernando Moleres 2001 Positivo in bianco e nero Dono dell'autore

Lalibela, piccola località sperduta nel cuore dell'Etiopia, fu costruita a immagine di Gerusalemme, con un ruscello chiamato Giordano e una collina denominata Monte Tabor. Accoglie anche un meraviglioso complesso di undici chiese e un monastero scavato nella roccia durante il secolo XII.

L'origine di questo complesso è connessa con la morte per avvelenamento del monarca Lalibela. La tradizione racconta che un angelo condusse la sua anima in cielo, dove egli potette osservare una grandiosa costruzione, che Dio gli ordinò di emulare in terra. Così, ritornata la sua anima al mondo terreno, uomini e angeli costruirono insieme Lalibela.

Quasi 50.000 cristiani -di culto monofisita e copto- accorrono a Lalibela per celebrare il Natale, l'Epifania, e la Pasqua. Come accade da ben otto secoli, ogni anno le celebrazioni iniziano con diverse processioni di fedeli che, procedendo ognuna da una chiesa, si

riuniscono nel piazzale centrale dove, successivamente, rinnovano il proprio battesimo, nelle vasche piene dell'acqua del Giordano.

La tradizione racconta anche che l'Arca della Alleanza sia conservata in Lalibela.

Davanti all'ermita di Qoyllur Rit'i. Perú

Christoph Lingg Maggio del 2002

Fotografía in bianco e nero

Il pellegrinaggio al Santuario del Signore di Qoyllur Rit'i in Perù è la festa indigena d'America a cui accorrono più fedeli e una delle manifestazioni più profonde della religiosità Andina. Il rituale consiste in una lunga peregrinazione, alla fine della quale i peregrini arrivano fino alle altezze dei ghiacciai perenni dove è situato il santuario.

Una grande moltitudine di fedeli giunge nella valle del Sinkara tre giorni prima delle celebrazioni del Corpus Domini. La liturgia procede accompagnata dal rintocco delle campane, fuochi d'artificio, bombas, danze e canti popolari; durante la notte si recita il rosario e di giorno si celebrano messe. Nel giorno chiamato "el Dia Principal" possono giungere fino a 70.000 peregrini per assistere alle cerimonie religiose e alla festa: è prevista una processione, la sfilata folkloristica e infine la Benedizione e il Commiato.

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El Camino de Kumano. Japón 1999

Positivo a colori su carta Dono del governo della Prefettura

di Wakayama. Japón

Originariamente, Kumano era la terra sacra dove dimoravano gli Dei scintoisti dell'originaria religione "Shinto". Successivamente, con il diffondersi del Buddismo, questi Dei divennero anche incarnazione di Budda. Il cammino di Kumano rappresenta in questa maniera un esempio interessante di sincretismo religioso e di convivenza di due religioni.

L'itinerario del camino Kumano parte dalla città di Kyoto e si sviluppa lungo un percorso di 370 km, costellato di piccoli santuari e grandi templi. Raggiunse il suo apogeo tra X e XII secolo, quando gente di tutte le classi sociali, inclusa la famiglia reale, iniziò a partecipare a questa peregrinazione. Dal secolo XVII si avvertì un lieve declino, che in questo periodo va sanandosi, con una nuova rivitalizzazione del culto.

A questo cammino sono associate quattro feste in diverse stagioni dell'anno; due di queste sono relazionate al fuoco, intenso come elemento purificatore.

Sotto il profilo storico, la somiglianza e il parallelismo tra il Cammino di Santiago e quello di Kumano, contribuirono a che, nell'anno 1998, si firmasse la Dichiarazione Ufficiale d'Amicizia fra la Comunità Autonoma di Galizia e la Prefettura di Wakayama.

Pellegrini ad un ghat in Benarés.

(India) Luís Baylón

2001 Positivo bianco e

nero su carta Dono

dell'autore

Benarés o Vanarasi è una delle città meta di peregrinazione più emblematiche del mondo. Essendo l'Hinduismo la religione maggioritaria in India, la forza della sua vitalità si manifesta a pieno in questa città bagnata dal sacro fiume Ganges. La sacralità di questo fiume interessa finanche le proprie sorgenti sull'Himalaya, ma è presso Benarés che la sua venerazione raggiunge il più alto misticismo. Sebbene in India tutti i fiumi siano sacri, perchè s'identificano con la divinità che concede la fertilità fisica e spirituale, irrigando i campi e purificando l'anima, il Gange si distingue per esserne considerato loro origine. È Ganga, la Dea dell'acqua, colei che concede la vita e riceve le ceneri dei morti, e che, portando l'anima del defunto al cospetto di Shiva (Dio della morte) rende possibile, allo stesso tempo, la sua rinascita. Le notizie in merito alla peregrinazione a Benarés sembrano risalire al VII secolo. Fin da allora, migliaia di Hindù giungono a questa città per purificarsi nelle acque del fiume: vi si accostano scendendo per una zona terrazzata, chiamata ghats, compiono le proprie offerte, ascoltano le guide spirituali, sadhus e guru e qui scelgono anche di morire.

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Le lucerne I sec. d.C.

Argilla modellata Probabile provenienza:

Catacombe di San Sebastiano a Roma

Tra gli altri usi, le lucerne ebbero anche quello di illuminare i recinti funerari. Nelle catacombe, accanto ai loculi, si era soliti collocarle su mensole e spazi appositi. Le lucerne erano fornite di un dispositivo di accensione –bicostrum- della miccia –ellychnium- che solitamente era di stoffa, canapa, fibre di ricino, papiro o altri materiali, e di un deposito per il combustibile, generalmente olio.

Croci- reliquiario. Encolpio secc. XII-XIII

Bronzo e argento

Il nome greco di encolpion ("sul petto") suggerisce il modo di impiego di queste croci. Durante il Medioevo, erano destinate a contenere reliquie, ma frequentemente si distinguono come veri e propri souvenir, provenienti dai più importanti centri di peregrinazione cristiana del Mediterraneo Orientale (Siria, Palestina, Egitto) Se ne riscontra un uso frequente dal IV secolo fino al XIII secolo. Sono costituite da due pezzi articolati tramite una sorta di cerniera: nella parte inferiore si conservava la reliquia e pendevano

sul petto, agganciate ad un anello e ad una catena. Decorazioni ricorrenti potevano essere il Cristo Crocefisso, la Vergine, e gli Evangelisti. L'encolpion rappresentava sia un attributo tipico del fedele cristiano che un oggetto commemorativo. Attualmente la croce dei vescovi della chiesa Cattolica è designata con il medesimo nome.

Arganello da preghiera. Khorten Tibet, sec. XIX Legno, avorio, turchese e corallo.

Il khorten, o arganello di orazione, è uno degli oggetti più diffusi fra i Buddisti. Esistono esemplari di grandi dimensioni, posti all'entrata dei templi, ma i più diffusi sono quelli con cui i peregrini affrontano i loro viaggi.

Il corpo cilindrico è inciso con simboli mistici o orazioni in sanscrito, e all'interno conserva, riportati su carta, testi o preghiere sacre (mantra). Il cilindro ruota intorno all'impugnatura e ruotando, sempre nella direzione del sole, ogni giro equivale alla recitazione di una delle preghiere che custodisce. Questo movimento continuo produce un suono delicato e leggero, che accompagna il viandante durante il suo procedere e meditare.

Nel Buddismo sono principalmente quattro i luoghi meta di peregrinazione, associati tutti alla vita di Budda, e localizzati in Nepal e in India: Lumbibi, il luogo di nascita di Budda; Sarnatah, dove recitò il primo sermone; Bodh Gaya, dove cominciò l'Illuminazione e Kushinagara, il luogo nel quale morì.

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Il Libro del pellegrino della Meca 1830 (ca.) Manoscritto su carta di lino cerata Copertina in pelle con cesellature in oro

Il pellegrinaggio alla Mecca, havy, costituisce per tutti i credenti musulmani adulti e sani uno dei "I cinque pilastri dell'Islam" (Sura 3.39). Condizioni economiche e fisiche permettendo, infatti, è obbligatorio compiere la peregrinazione per lo meno una volta nella vita. L'esito è ottenere il perdono di tutti i peccati commessi fino ad allora. Una persona che abbia già compiuto la peregrinazione può rifarla, a nome di chi è gravemente malato o diversamente impossibilitato.

La Mecca (Arabia Saudita) è la prima delle città sacre della peregrinazione islamiche. Le altre sono Gerusalemme (Israele-Palestina), Medina (Arabia Saudita), dove si trova la tomba del profeta Maometto e Kairouan (Tunisia).

Sandali. Warayi Giappone, 1999 Fibra vegetale Dono di José Isorna, OFM

Sandali utilizzati comunemente dai monaci e dai peregrini buddisti. Qui esposti, quelli che calzavano i monaci Zen Kakuju Matsubara, di Tokyo, e Hanuko Hanahoka, del Monastero di Saitama –Ken, durante il cammino di Santiago, compiuto nell'Anno Santo del 1999.

Il cammino di peregrinazione fu realizzato insieme a due giapponesi cristiani, con i quali congiuntamente si ideò l'impresa, ispirati dalla

volontà di potenziare la dimensione ecumenica delle differenti religioni e sostenere la pace fra tutti gli esseri umani, come cita il documento consegnato al Vescovo di Santiago e al priore del Convento di San Francisco.

In Giappone si contano molti luoghi di peregrinazione, tanto per la religione buddista, che per quella scintoista, distinguendosi, però, come i più importanti Ise, Nara e Kumano.

Attraverso le terre di Portomarí

n. Cammino

di Santiago

Luisa Rubines

2002-2004 Carta

satinata a colori Dono

dell'autore

LE ALLEGORIE DEL PELLEGRINAGGIO AS ALEGORÍAS DA PEREGRINACIÓN

Il concetto di peregrinazione viene utilizzato in tutte le culture in forma allegorica, per esprimere la similitudine fra il viaggio fisico, affrontato dall'individuo per raggiungere un luogo sacro, e il viaggio spirituale che questi deve sostenere in vita. L'allegoria è una maniera di comunicazione simbolica, per la quale un fatto reale, un'immagine rappresentativa o scritta è solo apparente, contenendo in se stessa altri significati, di carattere differente e occulto, a volte comprensibili solo da parte di un ristretto gruppo di persone.

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Allegoricamente, quindi, il viaggio fisico di un peregrino prevede anche un viaggio interiore di carattere spirituale. La difficile condizione fisica, la fatica e il travaglio che si devono sopportare per avvicinarsi alla meta destinazione ultima della peregrinazione, rappresenta la metafora o l'esempio di quello che è il percorso spirituale di un uomo sulla terra. Il fine di questo viaggio è raggiungere il più alto grado di Conoscenza, Saggezza, Rinascita Spirituale, Gloria, in altre parole, la massima approssimazione al Paradiso e a Dio.

Così, per mezzo di opere artistiche, letterarie e ludiche, si riconoscono numerosi esempi dell'idea allegorica di peregrinazione. Nella Tradizione Cristiana, già il viaggio degli Apostoli, condotto con il fine di diffondere la dottrina di Gesù Cristo, si presta ad essere comparato con il viaggio compiuto da peregrini e viaggiatori in terre sconosciute: il nome di Geova significa "Dio in Cammino".

Il filosofo cinese Lao Tzé (570-490 a.C.) dette origine al pensiero e alla religione Taoista con il suo Libro Tao Tê-King, proponendo il Tao come Cammino verso la Perfezione.

Bhudda (563-486 a.C.) non camminò solo lungo tutta la Valle del Gange per predicare, ma allo stesso tempo compì un viaggio interiore, per raggiungere il Nirvana o altrimenti Illuminazione. Nella sua dottrina, la via per ottenere la liberazione spirituale dell'individuo dal mondo materiale si chiamò la Òctuple Senda o "Cammino delle otto tappe".

Anche l'esperienza mistica fu descritta metaforicamente come un viaggio verso Dio. In questa maniera lo descrivono i musulmani della corrente mistica Sufi o i pensatori arabi del XII secolo come Avenpace (Il regime del solitario) o Ibn Tofail (Hay ben Yaqdan). Ugualmente, nel XIII secolo, lo definì il mistico tedesco di fede cristiana, Maestro Johannes Eckarht,

scrivendo: "Il cammino senza cammino, dove i figli di Dio si perdono e al medesimo tempo, si rincontrano".

Paraphrasis in Novum Testamentum. Peregrinatio...Petri et Pauli Erasmo de Rótterdam Lugduni [Lyon], Sébastien Gryphius, stampa (1542-1544) Carta stampata, lettera italica, xilografia

A partire dal 1522, Erasmo da Rotterdam si imbarcò nella difficile impresa di commentare i testi evangelici, e nello specifico, gli Atti degli Apostoli accompagnati da note critiche che intendevano dimostrar la poca attinenza della versione latina della Bibbia Vulgata. L'autore dedicò tale pubblicazione a diversi statisti e monarca dell'epoca, fra cui, Carlo V, Enrico VIII e Francesco I, con il proposito di raccomandare loro il buon governo del mondo e la fine della guerra alla quale sottoponevano i loro popoli.

Nel 1542 ampliò l'opera con la Peregrinatio...Petri e Pauli, intesa similmente alle Sacre Scritture, come un'allegoria del trascorrere dell'essere umano durante la propria vita, stabilendo un parallelismo con l'impresa degli Apostoli, incaricati di diffondere la dottrina di Gesù Cristo, percorrendo tutte le terre allora conosciute.

Dall'altra parte, se Erasmo sosteneva questo antico paragone evangelico, non condivideva come tanti altri umanisti dell'epoca, la pratica del culto delle reliquie e la peregrinazione, considerandoli rituali a rischio di superstitio.

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Mandala Nepal, finales s. XX Pintura sobre lienzo de tela

Nel Buddismo tantrico, corrente praticata principalmente in Tibet, uno degli elementi votivi più utilizzati sono i Mandala, rappresentazioni delle diverse forme che può assumere Bhudda e della sua dottrina. Un Mandala è uno schema o un diagramma strutturale che permette di meditare, "viaggiando" con la mente e con lo spirito, fino a raggiungere l'acme, fino a Bhudda e alla rappresentazione dell'Illuminazione.

Attraverso le tecniche di meditazione, attraverso la gestualità della preghiera (mûndras) e attraverso i Mandala, l'iniziato medita sulle diverse nature di Bhudda, fino a conseguire un giorno di poter unirsi a Lui, vale a dire, raggiungere il Nirvana, la massima Saggezza, l'Illuminazione, liberandosi da tutti i suoi desideri terreni e, in conseguenza, di tutti i patimenti.

Gioco dell'oca Interpretazione basata su originali del XVII secolo Disegno di Heliodoro Fernández Vitoria, Pos. Heraclio Fournier, stampa 1960-70

Come tanti altri giochi d'intrattenimento, il tradizionale Gioco dell'Oca ha un'origine antica e un forte carattere simbolico. Consiste nel percorrere un itinerario a spirale, dall'esterno verso il centro, attraverso un percorso distinto generalmente in tre fasi, tramite ostacoli e barriere. Lungo il cammino, si può cadere in condizioni d'avversità (pozzi, labirinti, carcere e morte) ma anche godere di

benefici, rappresentati dai ponti, dai dadi e dall'oca. C'è un inizio e una conclusione, che non è la morte: nell'ultima casella appaiono solitamente una donzella e un cigno.

L'origine del gioco si attribuisce generalmente alla Grecità antica, perdendosi nella leggenda della guerra di Troia e viene messa in relazione con il nome del Re Palamedes. Per la cultura classica, tanto l'oca, come il cigno, erano simbolicamente relazionati alla Saggezza, all'iniziazione dei giovani ad una qualsivoglia disciplina, e anche con l'attitudine alla veglia che caratterizza questi animali, i quali solitamente avvisano della presenza di estranei, emettendo rumorosi schiamazzi.

Altri indizi pongono il Gioco dell'Oca in relazione con l'Ordine dei Templari, nonché alla loro funzione di custodia e salvaguardia dei camminamenti dedicati alla peregrinazione cristiana, così come altri fini di carattere religioso e militare.

In questo senso, il gioco dell'Oca costituirebbe versione allegorica e ridotta del cammino di Santiago di Compostela e dell'uomo viaggiatore. Le tre Oche sarebbero le Case del Tempio, luoghi sicuri, ("di oca in oca.."), che corrisponderebbero, inoltre, con le tre tappe che fissava il Codex Calixtinus. La Morte sarebbe il sepolcro dell'Apostolo Santiago, alla casella numero 58, la città una delle tre Oche (casella numero 59); e la conclusione del tragitto, la casella del Cigno, in realtà rappresenterebbe il Finisterre (Finis terrae dell'Antichità), simbolicamente, il rinnovamento spirituale, la Gloria, la Conoscenza Suprema, la Resurrezione.

L'identificazione fisica delle altre caselle, basandosi -fra le altre interpretazioni- su calcoli delle simbologia numerica, riconoscerebbe ad esempio, nel Primo Ponte, Puente la Reina; nel pozzo, Castrojeriz o Carrión de los Condes; nel labirinto, la zona di León; così come le oche sarebbero Jaca, Pamplona, Estela, Rabanal del Camino o , differentemente, Triacastela e Santiago.

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Teatro Morale della vita umana in cento emblemi; con il Enchiridion di Epicteto. Cebes, Epicteto Gentil, Enchiridion Otto Van Veen (Vaenius), Paulus Pontius, incisore Antwerp (Amberes), vedova di Henrico Verdussen 1733 Stampa su carta, rilegatura in pelle del XIX secolo

Il testo filosofico-morale, conosciuto come la Tabula Cebetis, si deve al filosofo Cebes che lo redasse nel I secolo d.C., e deriva dalla corrente dello Stoicismo greco-latino, inglobato successivamente dal Cristianesimo.

Il dialogo presenta la vita dell'essere umano in forma allegorica, come una peregrinazione in terra.

Nel periodo dell'Umanesimo Rinascimentale, al testo del dialogo venne aggiunta la rappresentazione grafica di un percorso ascendente, diviso in tre parti tramite mura. Il concetto che il disegno si propone di illustrare allegoricamente è quello dell'essere umano, che fin già dall'infanzia, si ritrova davanti ad una constante scelta e, a seconda della decisione presa, a godere o soffrire. Quelli capaci di percorrere tutto il cammino (rappresentati di fatto in cammino, con il vestito da peregrini dell'epoca) giungono ad una costruzione in forma di tempio, che rappresenta la Gloria, la Saggezza e il Sapere.

Un'altra peculiarità della rappresentazione grafica della Tavola di Cibele è la sua possibile relazione con il Gioco dell'Oca, di origine antica o medievale, e il suo carattere simbolico, che potrebbe alludere all'allegoria della vita umana, intesa come una peregrinazione, contemplando un inizio, un percorso suddiviso in tre fasi, situazioni favorevoli ed episodi tragici, la morte e infine l'arrivo in Paradiso e il raggiungimento della Conoscenza.

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SALA II

ORIGINI DEL CULTO GIACOBEO. LA TRASLAZIONE DEL CORPO DI

SANTIAGO ORIXES DO CULTO XACOBEO. A TRASLACIÓN DO CORPO DE SANTIAGO

LA LEGGENDA GIACOBEA A LENDA XACOBEA

Le scarse informazioni fornite dai tasti canonici in merito a San Giacomo resero possibile, per contro, il proliferare di numerose tradizioni, che svilupparono racconti aneddotici della vita del Santo, fino ad allora sconosciuti. Fra questi, distinguiamo soprattutto la predicazione di San Giacomo in Occidente e le circostanze del martirio. Condannato da Erode a morire per decapitazione nell’anno 44 d.C. e privato di sepoltura, il corpo di San Giacomo fu raccolto dai discepoli, imbarcato nel porto di Jaffa, e destinato ad una miracolosa navigazione che, in sette giorni, lo condusse a Iria Flavia.

Dopo essere sbarcati nelle terre che all’epoca erano pertinenti alla regina Lupa, i discepoli furono alla volta del suo palazzo, in Castro Lupario, per ottenere da lei il permesso di seppellire qui San Giacomo. La regina, però, celando intenti malevoli, li indirizzò al console romano, il quale ordinò di imprigionarli. Liberati grazie all’intervento divino di un angelo, i discepoli furono nuovamente al cospetto della regina, la quale tentò di ingannarli una seconda volta, inviandoli presso il Monte Ilicino alla ricerca di buoi, adducendo che potessero essere loro d’aiuto per trasportare il corpo dell’Apostolo. In realtà i buoi erano tori selvaggi, ma miracolosamente, si ammansirono, lasciandosi addomesticare. Per questo, i discepoli consacrarono il monte, chiamato da allora, Pico Sacro. La regina Lupa si

convertì al Cristianesimo e concesse loro, come luogo di sepoltura, il terreno di Libredón, alle pendici di un piccolo castro.

Esiste una cospicua serie di fattori che mette in relazione la comparsa del corpo di Santiago con questo luogo. Da una parte, la credenza che gli apostoli venissero seppelliti lì dove avessero predicato; credenza, questa che, originatasi alla fine del VI secolo, si diffuse solo a partire dal VIII secolo, in un momento nel quale all’emergente regno d’Asturia risultava particolarmente conveniente ergersi a garante privilegiato della figura apostolica; credenza, del resto, avvalorata anche dai testi di Beato di Liébana.

Non meno influente, in questo fenomeno di patrocinato, dovette essere il ruolo privilegiato che Iria Flavia deteneva nella centuria, poiché, oltre ad essere stato un fiorente enclave commerciale in epoca imperiale, rappresentava ora una delle sedi episcopali più influenti della monarchia asturiana.

Sarà, per tanto, durante la prima metà del IX secolo, e in tale contesto politico-religioso, che avrà luogo la scoperta del sepolcro apostolico da parte dell’eremita Pelayo, il quale, messo in allarme dal manifestarsi di una luce miracolosa in prossimità del bosco, corse a riferire al vescovo di Iria Flavia. Questi, avendo immediatamente riconosciuto il luogo come la tomba di San Giacomo, comunicò la notizia al Re Alfonso II.

L’APOSTOLO SAN GIACOMO O APÓSTOLO SANTIAGO

Santiago il Maggiore, figlio di Zabedeo e di Salomè e fratello di San Giovanni Evangelista è uno degli apostoli che accompagna Cristo nei momenti più importanti della sua Missione, come la resurrezione della figlia di Jairo, la cura del sangue di Simon Pietro, la trasfigurazione sul Monte Tabor, l’orazione nel Campo

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degli Ulivi in Getsemani. Ciò nonostante, quello che conosciamo in merito alla vita e predicazione di San Giacomo attraverso i testi sacri è poca cosa.

Secondo un’antica tradizione, anni dopo la Resurrezione di Cristo, agli apostoli venne affidato il compito di diffondere il messaggio evangelico, distribuendosi per il mondo. La destinazione di San Giacomo fu la Spagna, dove predicando organizzò un gruppo di discepoli, allestì comunità per i credenti, e in alcune occasioni ricevette l’apparizione della Vergine, giunta per infondergli coraggio.

Una delle prime rappresentazioni plastiche di San Giacomo come apostolo è quella del Beato di Girona: in questa, il Santo indossa una tunica, un manto e tiene nelle mani il Libro degli Evangelisti, e non si distinguono altri elementi connotanti di una propria iconografia.

Dal principio del XIV secolo, San Giacomo Apostolo fu anche rappresentato in Maestà, seduto in Cattedra, vestito con tunica e manto, scalzo, con il Baculo (bastone) in una mano e un rotolo di pergamena nell’altra, attributi che rendono la sua missione evangelizzatrice: Hic est corpus divi Jacobi apostoli et hispanorum patroni.

Santiago apostolo (in Beato di Liébana) “Iacobus. Spania” Facsimile dell’originale dell’archivio della Cattedrale di Girona Explanatio in Apocalypsin Attribuito a Beato di Liébana Emeterio (esch.); Eude (ilum.) 970. Manoscritto su pergamena

Santiago apostolo sedente Basato sui disegni di Melchor di Prado nella scultura dell’Altare Maggiore della Cattedrale di Santiago di Compostela Anonimo

Fine del XVIII secolo

Acquerelli su pergamena Dono della famiglia Blanco-Cicerón

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LA PARENTELA SANTA A SANTA PARENTELA. A DESCENDENCIA APOSTÓLICA DE SANTA ANA

Stando ad una certa tradizione e a quanto raccontano i vangeli apocrifi, l’apostolo Giacomo –Giacomo il Maggiore- sarebbe figlio di Santa Anna. Queste fonti riportano, inoltre, la leggenda dei tre matrimoni di Santa Anna, dai quali sarebbero nate le tre Marie: la Vergine Maria, Maria Cleofe e Maria Salomè. Maria Salomè, a sua volta, sposa di Zebedeo, avrà due figli: San Giacomo il Maggiore e San Giovanni Evangelista.

Questo tema genealogico della Santa Parentela di Anna ha prodotto un filone iconografico che contempla Santa Anna, i suoi tre mariti e tutti i discendenti. Diffusa soprattutto a partire dal XV secolo grazie alla propagazione del culto di Santa Anna nei Paesi Bassi e in Germania, la tradizione del triplo matrimonio di Santa Anna fu oscurata dall’autorità ecclesiastica a seguito del Concilio di Trento,

Secondo un modello strettamente connesso con l’iconografia della Parentela Santa e che s’allarga alle tre generazioni -Santa Anna, la Vergine Maria, e il Bambino Gesú- in questo gruppo scultoreo distinguiamo Santa Anna rappresentata come la madre della Vergine.

Nell’alto rilievo rappresentante la Visitazione, la Vergine Maria abbraccia sua cugina Santa Isabella – incinta di San Giovanni Battista- per annunciarle la Novella della futura nascita di Cristo. Nella terza figura femminile rappresentata si deve riconoscere una delle sorelle della Vergine: Maria Cleofe o Maria Salomè, questa ultima, a sua volta, madre di San Giacomo Maggiore.

SANTA ANNA E I SUOI TRE MATRIMONI Secondo la tradizione e le leggende apocrife SANTA ANA E OS SEUS TRES MATRIMONIOS. Segundo a tradición e lendas apócrifas

SANTA ANNA - CLEOFE

MARIA CLEOFE - ALFEO

SANTIAGO IL MINORE / GIUSEPPE IL GIUSTO /SIMONA / GIUDA

SANTA ANNA - GIOACCHINO

LA VERGINE MARIA - GIUSEPPE

GESÙ

SANTA ANNA-SALOMONE

MARIA SALOMÈ-ZEBEDEO

SANTIAGO IL MAGGIORE / GIOVANNI EVANGELISTA

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Santa Anna con la Vergine Maria e il Bambino Gesù Scuola Fiamminga Seconda metà del XV – 1ª metà XVI Legno policromo e dorato

Facciata d’altare con la Santa Parentela 1500 (circa) Nationalmuseum de Copenhague

Rilievo con iconografia della Visita della Vergine Maria a sua cugina Santa Isabella Anonimo 1ª metà del XVII secolo Legno policromo, dorato e imbiancato Deposito della Cattedrale di Santiago di Compostela

L’APOSTOLO GIACOMO E LA SUA PREDICAZIONE IN GALLAECIA O APÓSTOLO SANTIAGO E A SUA PREDICACIÓN EN GALLAECIA

Il Breviario degli Apostoli (fine VI secolo) definisce il territorio di predicazione di ognuno degli apostoli e il luogo della loro sepoltura. È in questo testo che, per la prima volta, si attribuisce a San Giacomo la predicazione nelle regioni occidentali della Spagna (“Hispaniae occidentalia loca”) e la sua sepoltura in un luogo detto Arca Marmarica.

Questa credenza, basata fino ad allora su una lunga tradizione orale, comincia così a diffondersi e a guadagnar spessore. Verrà rafforzata, in primo luogo, dalla monarchia d’Asturia, che per motivi politici e religiosi, stabilisce una relazione di patrocinato e voto tra l’apostolo e i regni cristiani della Penisola Iberica settentrionale. In secondo luogo, guadagnerà forza anche dalla tradizione illustrata dei Commentari all’Apocalisse attribuiti a Beato di Liebana redatti integralmente già nell’anno 786, in territorio d’Asturia.

I manoscritti conservati dei Commentari di Beato di Leibana hanno o ebbero come riferimento un’unica mappa del mondo, che forniva indicazioni in merito alle destinazioni della missione evangelizzatrice di ciascun apostolo, con varianti nella esecuzione, ma con un coincidenza ricorrente: la presenza del nome Gallaecia associato sempre a quello dell’Apostolo.

Mappa del mondo con tracciato missione apostolica Facsimile dell’originale dell’archivio della Cattedrale di Girona Explanatio in Apocalypsin Attribuito a Beato di Liébana Emeterio (esch.); Eude (ilum.) 970 Manoscritto su pergamena

Mappa del mondo con tracciato della missione apostolica

Facsimile dell’originale dell’archivio della Cattedrale del Burgo di Osma

Explanatio in Apocalypsin Attribuito a Beato di Liébana Emeterio (esch.); Eude (ilum.) 1086 Manoscritto su pergamena

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LA TRADIZIONE DELLA TRASLATIO DELL’APOSTOLO SAN GIACOMO A TRASLACIÓN DO CORPO DO APÓSTOLO SANTIAGO NA TRADICIÓN

L’identificazione della Galizia come il luogo di seppellimento di San Giacomo sviluppò numerose tradizioni letterarie che, trattando delle circostanze della traslazione del corpo dell’apostolo San Giacomo il Maggiore da Gerusalemme in Gallaecia, andarono a soddisfare la grande devozione popolare locale.

Decapitato per volere di Erode intorno all’anno 44 d.C. e privato di sepoltura, l’apostolo San Giacomo fu trasportato in Galizia dai suoi discepoli. Partendo dal porto di Jaffa, dopo sette giorni di navigazione miracolosa, arrivarono alla foce dei fiumi Ulla e Sar.

Rinveniamo la rappresentazione del trasporto per mare del corpo dell’apostolo sulla moneta di mezzo reale di vellón e nell’illustrazioni dell’opera di Castellá Ferrer (XVII secolo), riportando entrambe alcune di queste tradizioni cariche di componenti magiche.

Dopo essere sbarcati, i discepoli si diressero al Palazzo della regina Lupa in Castro Lupario chiedendole un posto dove seppellire San Giacomo. Lupa li inviò con l’inganno presso il legato romano nella località di Duio, il quale ordinò di imprigionarli; successivamente furono liberati grazie all’intervento di un Angelo. Le regina tentò nuovamente di ingannarli, inviandoli al Monte Ilicino in cerca di buoi per il trasporto del corpo: buoi che realmente erano tori selvaggi ma che miracolosamente si ammansirono.

In questo stesso luogo, uccisero un drago e consacrarono il monte che da allora si chiama Pico Sacro. La regina assistendo

a tutti questi prodigi, si convertì e permise loro di seppellire San Giacomo presso un piccolo castro denominato Libradón.

Moneta di Fernando II con la traslazione del corpo dell’apostolo San Giacomo Mezzo denaro di vellón Zecca compostelana 1157-1188 Scavi di Adro Vello (San Vicente do Grove)

Mappa con i luoghi citati dalla tradizione della traslazione del corpo di Santiago Historia del Apóstol de Iesu Christo Santiago Zebedeo, Patrón y Capitán General de las Españas Mauro Castellá Ferrer Diego de Astor, disegnatore Madrid, Alonso Martín de Balboa, stampatore 1610 Stampa a matrice su carta

Apparizione della Vergine del Pilar all’Apostolo Fvndación milagrosa de la Capilla Angélica y Apostólica de la madre de Dios del Pilar, y excellencias de la imperial civdad de Çaragoza Fr. Diego Murillo Barcelona, Sebastián Matevad, stampatore 1616 Stampa su carta, calcografia Rilegatura in pelle (XIX sec.) con fili dorati

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Dedica di Nostra Signora della Barca RELAZIONE VERIDICA E AUTENTICA FORNITA DALL’AUTORITÀ dell’Ordine della Città e dall’Arcivescovo di San Giacomo, unico Patrono di Spagna. Delle meraviglie, prodigi e Miracoli che il Nostro Signore opera, già realizzo per mezzo della Devotissima Immagine di Nostra Signora Della Barca, collocata nella sua Cappella, che sta sulla costa marittima, distante quanto due tiri di schioppo dalla Chiesa Parrocchiale della Villa di Mugía, nel regno di Galizia, Arcivescovado di Santiago. La quale illumina il devoto della stessa regina degli Angeli, Madre di Dio e degli Uomini, Maria Santissima, a consolazione dei suoi devoti e maggior venerazione di questa Nobile Signora. Anonimo José dos Santos Maragato, disegnatore Madrid, Diego Martínez Abad, stampatore 1719 Stampa tipografica su carta, xilografía

Difesa dell’arrivo e della predicazione di San Giacomo

Defensa de la venida, y predicación evangélica, de Santiago en España Diego del Castillo Zaragoza, Lorenzo de Robles, stampatore 1608 Stampa su carta, impressione a bulino, xilografia

Difesa dell’arrivo e della predicazione di San Giacomo Historia del glorioso apostol Santiago, Patron de España: de su venida a ella, y de las grandezas de su Iglesia, y Orden militar Hernando Oxea Madrid, Luis Sánchez, stampatore 1615 Pergamena, stampa su carta, xilografía

Maria Salomé chiede al Signore un posto privilegiato nel Paradiso per i suoi figli San Giacomo e Giovanni Evangelista. Leopoldo di ser Giovanni 1367-1371 Pistoia. Cattedrale, Altare di San Giacomo

Decapitazione di Santiago e del suo discepolo Josia Leopoldo di ser Giovanni 1367-1371 Pistoia. Cattedrale, Altare di San Giacomo

Traslazione del corpo di San Giacomo da Gerusalemme in Galizia Leopoldo di ser Giovanni 1367-1371 Pistoia. Cattedrale, Altare di San Giacomo

OREFICERIA CASTREÑA OURIVERÍA CASTREXA

Fin già dalla Preistoria, l’oro fu un metallo molto apprezzato nel Nord-est peninsulare per la produzione di gioielli. L’oreficeria di questa area sperimenta un florido e singolare sviluppo in epoca pre-romana (cultura castreña), periodo al quale appartengono questi reperti in materiale prezioso, relativi ad un unico deposito.

Del cosiddetto Tesoro di Castro di Recouso, vennero recuperati 16 orecchini e quattro lingotti piano-convessi in lega d’oro e d’argento, ma si pensa che il deposito doveva contare altre gioie che, sfortunatamente, andarono perse o in buona parte fuse. Questo deposito sarebbe stato appositamente messo in salvo e nascosto dallo stesso orafo. In merito al Castro di Bardaos, esiste memoria del rinvenimento di tre torques di oro

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dei quali, nella attualità, se ne conservano solo due, uno dei quali depositato in questo museo.

La ricchezza aurea del nord-est costituisce uno dei motivi per i quali Augusto decise la conquista e l’annessione di queste terre all’Impero Romano.

Una delle conseguenze della romanizzazione di questi territori, fu il formarsi in Gallaecia delle prime comunità cristiane. La tradizione attribuisce all’apostolo San Giacomo Maggiore l’opera di predicazione nella Penisola Iberica. In qualche modo, questo costituisce l’inizio di una lenta cristianizzazione che muove dal sincretismo dei culti indigeni e dei diversi culti apportati dai Romani.

Tesoro del castro di Recouso IV- I sec. a.C.

Oro e lega di oro e argento Castro di Recouso (san Martiño de Marzoa, Oroso, A Coruña)

Rinvenimento casuale nell’anno 1921 in seguito a lavori agricoli Deposito di Felipe R. Cordero Carrete

Torques del castro di Bardaos IV- I sec. a.C. Oro fuso, con saldatura e incisione Castro di Bardaos (Tordoia, A Coruña) Rivenimento casuale nell’anno 2004

CASTRO LUPARIO CASTRO LUPARIO

Alcuni dei luoghi citati dalla tradizione giacobea si identificano con località geografiche concrete, mentre altri presentano una localizzazione più incerta. Questo è il caso di Castro Lupario, in merito al quale le fonti tradizionali – quelle datate al XVI secolo, quando appaiono i primi riferimenti al tema- sostengono corrisponda a Castro do Francos (Rois e Brión, A Coruña). In questa località, furono rinvenuti i resti di un circuito di mura e numerosi reperti archeologici che vanno dalla Età del Ferro all’epoca Medievale.

Tuttavia, teorie più recenti segnalano la possibilità che Castro Lupario possa corrispondere, per assimilazione topnomica, con la fortezza di Castro de Lobeira, sul fiume de Arousa, documentata al meno dal X secolo.

Testa maschile della cultura castreña Epoca galaico-romana I- II sec. d.C. Granito Scavi nel Castro Lupario/di Francos/del Faramello (Rois e Brión, A Coruña)

IRIA FLAVIA IRIA FLAVIA

Iria Flavia, importante centro di commercio marittimo e snodo viario terrestre, raggiunse in epoca romana una singolare importanza. Testimoni di tale peculiarità sono il nome della città –che ci riporta alla fondazione ad opera di un Imperatore Flavio, probabilmente, Vespasiano- e gli abbondanti resti archeologici rinvenuti: monete che coprono un arco cronologico

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dall’Epoca Repubblica fino al Basso Impero, terra sigillata, sarcofagi paleocristiani e resti pavimentali a mosaico.

Questa importanza si riaffermò con la cristianizzazione e l’imporsi della città come sede vescovile (dal VI secolo si conoscono i nomi dei vescovi che qui vanno susseguendosi); posteriormente all‘invasione musulmana, la città diventò una delle più importanti del regno di Asturia. A partire dal IX secolo, dopo il ritrovamento del sepolcro di San Giacomo in Compostela, avvenuta sotto il vescovado di Teodomiro, i vescovi di Iria Flavia aggiunsero al proprio titolo, quello di reggenti e guardiani della Sede Apostolica, ma si avviò allo stesso tempo una progressiva perdita di importanza della sede iriense, che culminerà alla fine del XI secolo, quando il vescovo Dalmacio firmerà già in qualità di vescovo di Santiago.

REPERTI PROVENIENTI DAGLI SCAVI CONDOTTI NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DI IRIA FLAVIA E NELLE IMMEDIATE VICINANZE (LOCALITÀ PADRON, A CORUÑA)

Fusaiola con decorazione incisa Época romana Bronzo

Fusaiola Época romana Vetro

Frammento Terra sigillata Época romana

Fragmento con decorazione figurata Terra sigillata Época romana

Peso da telaio Época romana Granito

Perline di collana Época romana Vetro

Bue de Iria Flavia Epoca Tardo Antica IV-V sec. D. C. Bronzo

Monetta III-IV sec. Bronzo

Monetta dell’epoca di Marco Aurelio Sesterzio Roma, 177-178 d.C. Bronzo

Lucerna a forma di uccello Época romana Terra cotta

PEDRÓN PEDRÓN

Sotto l’altare della Chiesa di Santiago, in Pedrón, si conserva una pietra con iscrizione: l’impiego trascendente che si faceva di questa pietra diede il nome alla città. L’inscrizione

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incompleta è stata interpretata come originariamente pertinente ad un’ara dedicata a Nettuno. Successivamente, all’iscrizione romana fu aggiunto l’anagramma di Cristo –HIS-.

Due tradizioni che riferiscono in merito a momenti distinti della permanenza di San Giacomo in Spagna, ci propongono versioni differenti dell’origine del toponimo “Pedron”. Nella prima, l’origine risulta connessa con l’identificazione della pietra che San Giacomo impiegò durante la sua missione evangelizzatrice per spostarsi, sedendovi sopra, dalla Palestina alla Spagna. Secondo l’altra tradizione, si tratterebbe del peso che venne utilizzato per ormeggiare la barca, con la quale furono traslati i resti dell’Apostolo verso la Galizia.

PICO SACRO PICO SACRO

La suggestione mistica che il profilo dei monti suscitava nella popolazione della antica Galizia e della quale tuttavia s’avverte l’eco in numerose leggende popolari, riesce a spiegare perchè Pico Sacro sia stato riconosciuto dalla tradizione giacobea come il Monte Ilicino (monte delle querce), al quale, a fini ingannevoli, la regina Lupa inviò i discepoli dell’Apostolo in cerca dei buoi.

L’assimilazione di queste tradizioni da parte della Chiesa Compostelana fece si ché, all’inizio del IX secolo, il vescovo Sisnando I edificasse alle pendici del monte un monastero intitolato a San Sebastiano, del quale si conserva solamente un eremo, riedificato nei secoli XI-XII. Dell’altro eremo dedicato a San Giacomo, eretto sulla sommità del monte, nel secolo XI, non rimane nulla, essendo stato demolito insieme alla torre che venne innalzata durante il XV sec. – di questa si conservano ancora le fondamenta e il pozzo.

Ugualmente non mancano indizi circa l’occupazione anteriore del monte, confermata dalla esistenza di frammenti di laterizi e

ceramica di produzione romana, così come dell’attività di estrazione di metalli che da qui, attraverso il fiume Ulla venivano trasportati fino al porto esterno di Iria. Inoltre, in prossimità di questa località, così come di Castro Lupario, doveva correre una via romana, accreditata dal ritrovamento presso Aixón –Sergude (attuale Boqueixón, A Coruña) di un cippo di confine datato all’anno 40 d.C.

FOCE DEL FIUME ULLA. Porto Fluviale Romano DESEMBOCADURA DO ULLA. Porto Fluvial Romano

In epoca romana, l’intensificarsi del traffico marittimo determinò lo sviluppo delle vie di comunicazione naturali. Sulla foce del fiume Ulla, uno dei principali accessi alla Galizia interiore, sorsero strutture per assolvere alle funzioni portuali e commerciali, delle quali tuttora rimangono vestigia archeologiche.

Direttamente relazionati con queste attività portuali sono due siti archeologici: il primo è la cosiddetta Torre di Oeste (Catoira, Pontevedra), dove sono stati rinvenuti mura di modeste dimensioni e frammenti di anfore romane, mentre l’altro è situato nelle vicinanze di Porto-Pontecesures, alla confluenza del fiume Sar e dell’Ulla. Uno di questi potrebbe essere riconosciuto come l’enclave della Turris Augusti, citata dagli antichi.

L’afflusso demografico generato da questi stabilimenti, favorito anche dal passaggio nelle immediate vicinanze delle strade che univano Bracara, Brigantium e Lucus, avviò lo sviluppo di altri stanziamenti nella zona.

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SALA III

SANTIAGO: CATTEDRALE E CITTÀ. IL SEPOLCRO DELL’APOSTOLO COME GENERATORE DELL’URBANISTICA

COMPOSTELANA SANTIAGO: CATEDRAL E CIDADE. O SEPULCRO DO APÓSTOLO COMO

XERADOR DA URBE COMPOSTELÁ

LOCUS SANTI IACOBI (830-880 CIRCA) LOCUS SANCTI IACOBI (ENTORNO ÓS ANOS 830– 880)

Diversi resti archeologici confermano l’esistenza di un castro nella medesima zona nella quale venne scoperto il sepolcro di San Giacomo. Punto di snodo di una importante rete viaria, a questo castro era pertinente la necropoli presso la quale venne scoperto il sepolcro apostolico. Sebbene, l’occupazione del sito sia documentata dall’epoca pre-romana fino all’Alto Medio Evo, nel secolo IX, quando venne rinvenuto il corpo dell’Apostolo, l’abitato risultava essere abbandonato.

Il vescovo di Iria Flavia, Teodomiro e il Re asturiano Alfonso II dotarono il luogo di titolo giuridico e inaugurarono l’attività costruttiva che costituirà il locus Sancti Iacobi. Inizialmente l’insediamento si doveva presentare come un recinto, di all’incirca tre ettari di superficie, isolato fisicamente e spiritualmente dal mondo esterno tramite una cerchia difensiva. Al suo interno si distinguevano due edifici congiunti: il complesso episcopale e quello monacale.

Il primo edificio doveva comprendere la chiesa di San Giacomo, probabilmente, a una sola navata, addossata all’edicola sepolcrale, contemplando come unico abside e altare quello di San Giacomo. Intorno stava un cimitero, in uso fino all’XI

secolo. Dobbiamo immaginare questa chiesa come un fabbrica in muratura rudimentale, dato quello che se ne dice in merito negli atti di consacrazione della successiva Basilica di Alfonso III, dove viene descritta come ex petra et luto opere parvo. Al nord di questa edificazione e vicino ad essa si ergeva un battistero dedicato a San Giovanni Battista.

Nella zona sud-orientale del locus si edificò una struttura destinata ad essere la residenza dei vescovi della sede di Iriense, che dal momento del rinvenimento del mausoleo, fu traslata a Compostela.

I responsabili del culto apostolico erano i monaci di Antealtares. Il complesso monacale si ergeva mirando ad est, praticamente confinando con la chiesa di San Giacomo e separata forse da un muro. Per la sua posizione rispetto alle chiese di San Giacomo e San Giovanni, il monastero fu chiamato de Antealtares. Questo complesso constava di una chiesa dedicata al Salvatore –probabilmente, con tre altari consacrati uno al Salvatore, l’altro al San Pietro e l’ultimo a San Giovanni Evangelista- e di un officina monastica.

IL SEPOLCRO APOSTOLICO O SEPULCRO APOSTÓLICO

Quando nel 1879 vennero scoperti i resti di un’edicola sepolcrale, qui interrata dal XVI secolo, ciò che apparve fu un recinto composto di due compartimenti tra loro comunicanti.

Le poche informazioni che si possono desumere da tale struttura –ovvero le fondamenta di un mausoleo con muratura romana o di tradizione romana- diedero luogo a differenti ipotesi circa il suo aspetto originale. Gli studi più recenti considerano che l’edicola primitiva fosse un’architettura modesta, costituita da una sola camera, con l’altare collocato sopra la tomba dell’apostolo e accesso orientato ovest-est. È possibile che l’interno avesse copertura a volta e fosse

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decorato con intarsi di marmo, il ché giustificherebbe l’assimilazione della struttura funeraria ai toponimi di arce Marmarica o arca marmarica, toponimi con i quali, nei testi più antichi, viene menzionato il luogo dove giaceva il corpo di San Giacomo.

Lode funeraria dell’episcopo Teodomiro di Iria (+847) Santiago di Compostela, Cattedrale

Alfonso II il Casto Tomba A de la Cattedrale di Santiago 1129 á 1255 Santiago di Compostela, Archivio della Cattedrale

Mausoleo dell’Apostolo. Ricostruzione Juan M. Muñoz Gambero 1976 Legno e gesso

VILLA SANCTI IACOBI (900-1040 CIRCA) VILLA SANCTI IACOBI (ENTORNO ÓS ANOS 900-1040)

Il principale fattore che spiega l’evoluzione urbana dallo stato di piccolo locus a quello di villa burgensis è l’attribuzione della funzione di centro ecclesiastico.

Così, nell’epoca del Re Alfonso III e del vescovo Sisnando, si realizzò una rimodellazione degli edifici del Locus, con l’intento di potenziare la sua sacralità e la sua accezione apostolica. Per questo si costruì una nuova chiesa dedicata a San Giacomo, consacrata nell’anno 899, per la quale s’impiegarono marmi fatti arrivare dall’Andalusia, e

contemporaneamente si rinnovarono le chiese di Antealtares e San Giovanni. Inoltre, si creò una nuova comunità di monaci per la quale si costruì, in uno spazio ridotto, la chiesa di Santa Maria de la Corticela e diversi ambienti dipendenti.

La costruzione della Villa fu la necessaria conseguenza dell’espansione avvenuta fuori dalla cerchia del primitivo nucleo. Alla saturazione dello spazio interiore si risponde, già prima dell’anno 915, cominciando a costruire abitazioni private extra-murarie. Seguendo l’impianto dell’antico castro e le porte d’accesso, sorsero vari suburbi, che condizionarono la crescita della Villa Medievale: Pinario, un ampliamento necessario al piccolo spazio intra-murario de la Corticela, Lovio, dove si installò il primo ostello per peregrini, Vilar, Preconitorium, Forum e forse Vicus Francorum; toponimi che sopravvivono fino ai nostri giorni.

Il passo seguente nella evoluzione della cornice urbana ci porta al 960. In seguito alla minaccia di un attacco da parte normanna, Sisnando II si dedica a ricostruire in maniera più imponente e solida l’antico tratto della primitiva cerchia muraria, erige un secondo anello di protezione, per tutta la popolazione suburbicaria, costituito da una cinta e da un fossato esterno. Più tardi, e dovuta alle disastrose conseguenze della spedizione militare di Almanzor nell’anno 997 –che dovette frenare momentaneamente lo sviluppo della città- il Vescovo Cresconio ricostruì le mura di Sisnado II, ne eresse di nuove, e rinforzò il fossato esterno.

Alfonso III il Magno Tomba A della Cattedrale di Santiago 1129 á 1255 Santiago di Compostela, Archivio della Cattedrale

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Rivestimento murale del complesso architettonico del Mausoleo Apostolico Frammenti 2ª metà del IV sec. (?) Porfido verde Interventi al Sud del Mausoleo dell’apostolo Santiago di Compostela, Cattedrale

Materiale proveniente da costruzioni romane, importate probabilmente da Alessandria, che formerebbero parte dell’insieme di strutture romane fatte giungere per essere reimpiegate nella Basilica Compostelana, costruita per volere del monarca Alfonso III.

Basilica pre-romanica di Alfonso III. Ricostruzione Scala 1:50 A Coruña, 27-xuño-1997 Alabastro

CIVITAS SANCTI IACOBI (1150 CIRCA) CIVITAS SANCTI IACOBI (ca. 1150)

A partire dall’anno 1000, gli effetti dell’affluenza massiccia dei peregrini in questa località si riflettono in due ambiti. Uno di questi sarà la costruzione della grande Basilica Romanica; l’altro, estremamente connesso al primo, sarà lo sviluppo di una organizzazione urbana della città.

La forma e le dimensioni della nuova chiesa, iniziata a costruire nell’anno 1075, furono progettate dal vescovo Diego Pelaéz, che qui dovette installare una Basilica, inglobando i terreni pertinenti ad altri edifici: Corticela, Antealtares- dove, nelle immediate vicinanze, si provvedette ad impiantare la Via Sacra- il palazzo episcopale, il cimitero e le mura del Locus. Il progetto della nuova cattedrale comprendeva quattro blocchi relativamente indipendenti: il presbiterio, il transetto, la navata e il portico occidentale.

Quando il vescovo Diego Gelmírez si fece carico delle opere, demolì la Basilica pre-romanica, con l’intento di ingrandire il presbiterio e la navata, e progettò inoltre la costruzione di una canonica e di un chiostro.

Le distruzioni avvenute a seguito delle rivolte popolari del 1117, obbligarono Gelmírez alla costruzione di un nuovo palazzo episcopale, lì dove terminava il Cammino Francese, e contemporaneamente, si dotò la zona adiacente di un nuovo elemento urbano, la piazza del Paraíso, attualmente Acibechería: vi si installarono prontamente commercianti e operatori di cambio, e nel centro della piazza faceva già bella mostra di sé una fontana, simbolo della canalizzazione delle acque in città. Da qui si poteva accedere anche all’ Hospital e alla Casa de la Moneda.

Dal secolo IX fino agli inizi del XIII secolo, la città moltiplicò la sua superficie quasi sei volte, e soprattutto nella prima metà del XII secolo, una serie di privilegi e di esenzioni economiche, sociali e giuridiche accelerarono questo processo, facendo confluire la popolazione delle periferie rurali in città.

La rete stradale della città si articola su due strade principali: la rúa Francígena, a Nord-Est e la rúa del Vilar, nella zona Sud, entrambe zone dove si collocarono maggiormente le attività commerciali e artigianali.

Il profilo pienamente urbano di 30 ettari, dotati di mura difensive, andò allargandosi a partire dal XI secolo ad una serie di nuclei sub-urbani, come San Pedro de Fóra, Santa Susana e Sar.

Moneta di Fernando II Denaro di vellón Zecca di Santiago di Compostela 1157-1188 RECTO: busto dell’Apostolo Santiago con leggenda “IACOBI” / VERSO: “REX”

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Nella vasta produzione da attribuire alla zecca compostelana, mancano in questo caso segni distintivi, come la vieira. Ciò nonostante, dall’epoca di Alfonso VI, a Compostela si coniava moneta reale, per la quale venivano impiegati gli stessi stampi che nel resto del territorio di Leon. Si riscontra ugualmente la presenza di motivi decorativi puramente giacobei per la produzione riservata alla Cattedrale. Coniar moneta “a tema” costituiva un elemento propagandistico fondamentale per diffondere l’importanza del culto dell’apostolo e della città come meta di peregrinazione.

Moneda de Fernando II Denaro di vellón Zecca di Santiago di Compostela 1157-1188 RECTO: “REX LEO” VERSO: “FERNANDUS”

Si tratta di un’esemplare di moneta rarissimo, che presenta in una delle due facce il busto del monarca Fernando II assiso su una strana struttura longitudinale, che alcuni studiosi vogliono interpretare come la rappresentazione schematica del Cammino di Santiago. In questa maniera, la resa simbolica della “Civitas Sancti Iacobi” come meta del cammino e posta sotto la mole reale, vorrebbe ostentare Re Fernando II come “Il Signore del Cammino Giacobeo”, e costituire ugualmente un’interessante ipotesi di lavoro.

I rapporti che unirono Fernando II sia al Cammino che alla città compostelana, furono particolarmente intensi e ugualmente degno d’attenzione risulta essere, sotto il suo mandato, il fenomeno della produzione numismatica della Zecca di Santiago, che intorno al 1100 coniava tanto moneta reale che ecclesiastica.

Moneta. Denaro di vellón tornés Zecca dell’Abbazia di San Marino di Tours XII sec. Scavi archeologici nella rúa do Vilar (Santiago di Compostela)

La moneta coniata a Tours appare citata frequentemente nella documentazione medievale di Santiago di Compostela, città alla quale perviene attraverso il Cammino di Santiago come diretta conseguenza della peregrinazione ed essendo utilizzata largamente come valuta nella transazioni commerciali realizzate soprattutto fra il XII e XIII sec. L’abbondanza di moneta straniera registrata in Compostela durante i secoli del Medioevo descrive chiaramente l’incidenza che le relazioni internazionali detenevano in questa città, alla quale affluiva gente da ogni parte del mondo, mossa tanto da motivi di natura puramente religiosa, quanto da questioni squisitamente commerciali.

Recipiente da farmacia Probabilmente realizzata in Talavera de la Reina (Toledo) Fine del XVIII – inizio del XIX sec. Ceramica policroma e smaltata, modellata al tornio

Lo scudo arcivescovile del monastero di San Martin Pinario presenta al centro un pino, affiancato da due conci di vieria e coronato, a sua volta, da un cappello cardinalizio simbolo di dignità vescovile o abbaziale.

L’origine del monastero data al X secolo, allorquando il vescovo Sisnando costruì la cappella di San Martino, vicino al luogo chiamato Pignario. Nel secolo successivo si edificò una nuova chiesa, per innalzare, solo durante il XVI secolo, l’attuale costruzione. Tradizioni diverse attestano l’antica presenza in loco di un gran pino, con il quale il nome del monastero sarebbe relazionato. Alcuni sostengono che presso questo pino abbia avuto anche luogo un miracolo: in nome della Fede di Dio, San Martino avrebbe qui sostenuto una lotta contro il Diavolo, cui originariamente era dedicato l’albero.

Il toponimo viene anche relazionato con la presenza in zona di un presunto dirupo, dal quale deriverebbe la denominazione di Pignario.

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Albarello da farmacia Fine del XVII sec. Ceramica policroma e smaltata, modellata al tornio Talavera de la Reina

Lo scudo in azzurro cobalto composto da due cerchi concentrici, dalla croce potenziata nel mezzo, e coronata all’esterno dal cappello indicante il grado arcivescovile, determina l’appartenenza di questo pezzo al servizio da farmacia dell’ Hospital Real di Santiago. Questa nuova istituzione ospedaliera fu fondata in Santiago nel 1492 dai Reali Cattolici, come ringraziamento dell’aiuto ricevuto da San Giacomo, Santo Patrono della Spagna, durante la conquista di Granada. L’obbiettivo principale dell’iniziativa fu migliorare le condizioni di accoglienza e sostegno offerto fino ad allora a peregrini, malati, poveri e mendicanti che si affollavano in città.

Sepolcro con lo scudo del Moscoso. Frammenti Metà del XV sec. Granito policromo Santiago di Compostela, Chiesa di Santa Maria del Camino (?)

LA CATTEDRALE E LA CITTÀ A PARTIRE DALL’ETÀ BASSO - MEDIEVALE CATEDRAL E CIDADE DENDE A BAIXA IDADE MEDIA

La cattedrale e la città ebbero crescita parallela fra i secoli XIII e XIV. L’edificazione di cappelle lungo la navata principale e

intorno al presbiterio, così come l’annessione di diversi elementi di carattere difensivo, modificarono sostanzialmente l’aspetto della Basilica Romana. Nel secolo XVI si edificò un nuovo chiostro su quello anteriore.

Per ciò che riguarda la città, fuori dal circuito murario, al quale si accedeva attraverso sette porte, andavano sorgendo distinte costruzioni: i conventi dei mendicanti di San Domenico di Bonaval e San Francesco e i nuclei abitativi delle strade di San Pedro e Huertas .

In merito all’aspetto che la Cattedrale presentava prima dell’anno 1658, ci informano i disegni di Vega e di Verdugo. In uno di questi appare la piazza dell’Obradoiro, con la primitiva facciata –contemporanea del Portico della Gloria- una serie di nuove scalinate, la facciata classica del chiostro e la facciata del Palazzo di Gelmírez. La vista dalla piazza della Quintana, invece, mostrava l’aspetto irregolare che l’aggiunta delle cappelle radiali aveva conferito al presbiterio.

Nonostante tutto, è a cavallo dei secolo XVII e XVIII, che la cattedrale e la città acquisiscono il proprio aspetto definitivo. I fattori determinanti di questa radicale trasformazione furono l’incremento delle rendite della chiesa compostelana e di quelle delle grandi istituzioni monastiche, le continue offerte e l’imporsi nuovamente di una forte devozione popolare all’Apostolo Giacomo. Le grandi riforme cominciate dalla metà del secolo XVII –la Torre dell’Orologio, il baldacchino dell’altare maggiore, la facciata dell’Obradorio- conferirono alla Cattedrale uno stile barocco, che maschererà, quasi completamente, la struttura romanica.

La città nel suo tracciato tipicamente medievale, risulta organizzata su due grandi assi. Da un lato, la strada che da Porta do Camiño, attraversa la Praza do Campo –oggi Piazza Cervantes- e seguendo

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parallela alla Cattedrale, arriva alla piazza dell’Obradorio. Dall’altro lato, la strada che partendo dalla Porta da Mámoa, sale verso il Preguntoiro, attraversa Praza do Campo e termina in San Rocco. Questo schema fu ripreso dagli architetti di epoca barocca, che giocando con le dimensioni ridotte delle strade, crearono spazi più o meno ampi davanti ai principali edifici, producendo così spettacolari effetti teatrali tipici dell’urbanesimo barocco.

Nei secoli XVIII e XIX si intervenne distruggendo una quantità di elementi medievali, come i portici, e allo stesso tempo si innalzarono una serie di edifici –Ayuntamiento, Universidad, Mercato- che conformarono l’attuale aspetto della città.

Mappa di Santiago 1595 Archivio Generale di Simancas (Valladolid)

Disegno della facciata Ovest della Cattedrale José Vega y Verdugo 1658 circa Santiago di Compostela, Archivio della Cattedrale

Disegno della facciata Est della Cattedrale José Vega y Verdugo 1658 circa Santiago di Compostela, Archivio della Cattedrale

Veduta di Santiago Relazione ufficiale Lorenzo Megalotti Pier Maria Balde 1669 Firenze, Biblioteca Laurenziana

Vista di Santiago Ramón Gil Rey 1832 Santiago de Compostela, Museo Municipale

Piano di Santiago Enrique Mayer 1886 Santiago di Compostela, Instituto de Estudios Galegos Padre Sarmiento

PANNELLO: COSÌ SI COSTRUÌ LA CATTEDRALE Panel: así se construiu a catedral

- Vista generale del territorio di Compostela. - Rinvenimento del Mausoleo romano da parte di Teodemiro. - Basilica di Alfonso II. - Consacrazione della Basilica di Alfonso III. - Distruzione della Basilica di Alfonso III ad opera di Almanzor

nell’anno 997. - Sezione dell’interno della Basilica di Alfonso III. - Ricostruzione della Basilica di Alfonso III e prima fase della

Cattedrale Romanica. - Seconda fase costruttiva della Cattedrale Romanica. - Visita del vescovo Diego Gelmirez che valuta il procedere dei

lavori. - Terza fase costruttiva della Cattedrale Romanica. - Proporzione esistente tra la sezione delle navate, il portico e

il rosone. - Architettura definitiva della Cattedrale Romanica.

CORO LAPIDEO CORO PÉTREO

Questo coro, datato intorno al 1200,è una delle opere più significative proveniente dalla bottega di Maestro Mateo. Fu smontato nel 1604, per far posto ad un altro in legno, più

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conforme al gusto del tempo. Alcuni dei pezzi di questo coro originale furono reimpiegati nella Cattedrale; tra le altre destinazioni d’uso, possiamo riconoscere quella come elementi decorativi –le figure degli apostoli, gli evangelisti, i profeti della Porta Santa- o ugualmente come elementi architettonici. I tentativi di ricostruzione del coro furono diversi: fino ad oggi, sussistono i quattro seguenti interventi:

1 - 1953- José Manuel Pita Andrade. 2 - 1961 - Manuel Chamoso Lamas. 3 - 1970 - Manuel Chamoso Lamas e José Manuel Pita Andrade. 4 - 1985 - Ramón Otero Túñez e Ramón Yzquierdo Perrín.

Frammento del coro lapideo del Maestro Mateo XII sec. Granito Cattedrale di Santiago di Compostela

Frammento del coro lapideo del Maestro Mateo XII sec. Granito Cattedrale di Santiago di Compostela

Modello della zona presbiteriale della Cattedrale nella prima fase di costruzione Juan Manuel Muñoz Gambero, Alfonso Moreno Mora 1976-1981 Gesso e legno

Modello con sezione della navata centrale della Cattedrale Juan Manuel Muñoz Gambero, Alfonso Moreno Mora. 1976-1981 Gesso e legno

Modello della zona presbiteriale e del transetto della Cattedrale Juan Manuel Muñoz Gambero, Alfonso Moreno Mora 1976-1981 Gesso e legno

IL PRESBITERIO GOTICO CABECEIRA GÓTICA

Alla metà del secolo XIII, sotto il vescovado di Juan Arias si progettò un ampliamento del presbiterio della Cattedrale, che s’inserisse armonicamente nella preesistente struttura romanica. Questo ambizioso intervento architettonico fu inaugurato nel 1258, attenendosi alle tendenze architettoniche che si andavano diffondendo in Europa grazie all’esperienza della Francia Settentrionale, sebbene il riferimento più diretto sembra essere stata la Cattedrale di León. Tuttavia questo progetto venne abbandonato in seguito alla morte del suo promotore, avvenuta nel 1266, coincidendo inoltre con il deteriorarsi delle relazioni tra il Re Alfonso X il Saggio e il Vescovo Compostelano.

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Modiglione con decorazione vegetale 1200 Circa Granito Santiago di Compostela, Cattedrale (?)

Modiglione inzi XII sec. Granito Santiago di Compostela, Cattedrale (?)

Capitelo ad angolo Bottega del Maestro Mateo Prima metà del XIII séc Granito Santiago di Compostela, Originaniro chiostro della Catedrale

Capitelli con decorazione vegetale Terzo cuarto del XIII sec. Granito Santiago di Compostela,zona presbiteriale di epoca gotica, mai portata a termine

Frammento di cimasa Bottega del Maestro Mateo 1º cuarto del XIII séc. Granito Santiago di Compostela, Originaniro chiostro della Catedrale

Capitello figurato 1º cuarto del XIII.sec Granito Santiago de Compostela, cappella (?) dell’originario chiostro della Catedrale

Capitello con decorazione Vegetale ed ad intrecci Primo terzo XII sec. Granito Santiago di Compostela, Cattedrale

Cobertura di sepolcro. Frammento Inizio del XII sec. Granito Scavi nella piazza de Platerias e della Quintana (Santiago di Compostela)

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“Ruota della fortuna”. Frammento XIII sec. Granito Scavi nella strada della Acibechería Santiago di Compostela, Cattedrale (?)

Arco. Ricostruzione 1ª metà del XIII sec. Granito con resti di policromia Santiago di Compostela, chiosco originario della Cattedrale

Capitello geminato XIV sec. (?) Granito Proveniente da una casa-torre o casa grande della zona dell’Algalia (Santiago di Compostela)

Funzione della chiave di volta Función dunha pedra clave de bóveda

La chiave di volta è l’elemento centrale e più alto, nel quale convergono le spinte laterali dell’arco. L’architettura medievale gli conferisce anche valore di elemento decorativo.

Chiave di volta 1ª metà del XIII sec. Granito Santiago di Compostela, chiosco originario della Cattedrale

Chiave di volta 1ª metà del XIII sec. Granito Santiago de Compostela, chiosco originario della Cattedrale

Chiave di volta 1ª metà del XIII sec. Granito Santiago de Compostela, chiosco originario della Cattedrale

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SALA IV

PEREGRINI A SANTIAGO. CAMMINI E RITI PEREGRINOS A SANTIAGO. CAMIÑOS E RITOS

I Cammini di Santiago in Europa Basata sulla mappa del Consiglio d’Europa

La freccia gialla José Antonio Robés 2001 B/N e colore. Leica M6 Pellicola Ilford 100 e 400 Dono dell’autore

Peregrini in arrivo alla piazza dell’Obradoiro

Jacobo Remuñán 2003

Colore. Nikon S90X. 35-70 mm. F2’8

Pellicola: Fuji Superia 100

Dono dell’autore

LA VIEIRA. UN’INSEGNA GIACOBEA A VIEIRA. INSIGNIA XACOBEA

Vieira di peregrino (Pectem maximus) Datata a prima del 1120 Santiago di Compostela

Questa conchiglia (vieira) proviene dall’interro appositamente realizzato all’epoca, per livellare il suolo che avrebbe occupato poi la navata laterale Nord della Cattedrale romanica di Santiago. Per questo possiamo assumere come suo termine ante quem l’anno 1120. La vieira costituisce il simbolo della peregrinazione giacobea, dai pellegrini condotta successivamente, attraverso il loro viaggio di ritorno, ai luoghi più lontani d’Europa.

Tabernacolo 2º terzo del XVI sec. Legno intagliato e policromo Triacastela (Lugo)

Mattonelle XVI sec. (?) Ceramica invetriata Alfares de Triana (Sevilla)

IL CAMMINO E LE INFRASTRUTTURE O CAMIÑO E AS INFRAESTRUCTURAS

Con il prender piede del fenomeno della peregrinazione a Compostela, inizia a stabilizzarsi un percorso di viaggio. Nel corso del tempo, tale percorso subirà delle variazioni a causa di motivi diversi: le circostanze politiche, il crearsi di nuovi nuclei

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di popolazione, la costruzione di ponti e strade maestre, l’installarsi di ostelli e rifugi, in modo tale che si giungesse presto al fissarsi di un tracciato standard, che si manterrà nel corso dei secoli. Questo è il percorso di cui, nel XII secolo, riporta il Liber Sancti Iacobi nel suo V libro, meglio conosciuto come “La guida del pellegrino”, documento di inestimabile valore in merito al viaggio compiuto dai peregrini. Mentre una parte, venendo da Tours, Vezelay e Le Puy, entrava nella penisola iberica passando per Roncisvalle, altri partivano da Saint Gilles, giungevano nel Porto di Somport, riunendosi tutti a Puente la Reina per continuare il Cammino, lungo un’unica strada, fino Compostela.

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Il Liber divide il viaggio in tredici giornate, non omogenee, dedicandone alcune a tragitti che sarebbero risultati smisuratamente lunghi anche se percorsi a cavallo. Il Liber riporta anche i nomi delle città, dei grandi ostelli, dei rifugi, delle terre che si attraversano, della gente che le abitano e delle loro abitudini. È un riassunto, una guida descrittiva e pratica, piena di consigli utili per aiutare il peregrino e rendere più facile il suo viaggio.

I due cammini pirenaici proseguono separatamente fino ad arrivare alla zona di Obanos-Puente la Reina, dove confluiscono, e se ne allontanano prendendo la strada che attraversa il ponte romanico sul fiume Arga.

Puente La Reina (Ponte La Regina nella documentazione medievale) è una delle città create appositamente per volere reale e per appoggiare la peregrinazione giacobea, con impianto urbanistico tipicamente lineare, sviluppatosi intorno ad una strada centrale, la Calle Mayor o de los Romeros.

Ponte di Puente la Reina (Navarra)

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Uno dei capitoli di questo Libro V tratta dei nomi delle località e delle qualità delle genti che si incontrano percorrendo il Cammino di Santiago. Dopo aver parlato duramente dei Peasi Baschi e della Navarra, passa a descrivere la terra di Castiglia e Galizia:

“…una volta attraversati i Monti de Oca, verso Burgos, segue la terra degli spagnoli, Castiglia e Campos. Questa terra è piena di tesori, abbonda d’oro e argento, stoffe e fortissimi cavalli, e produce pane, vino, carne, pesce, latte e miele. Tuttavia, è carente di alberi… Dopo, passata la terra di León e il porto del monte Irago e il monte Cebreiro, si trova la terra dei galeghi. Abbonda in boschi, ed è piacevole per i suoi fiumi, i suoi prati e i suoi ricchissimi campi di mele, la sua frutta buona e le sue fonti chiarissime, con poche città, paesi e campi seminati. Scarsa in vino e frumento, abbonda in segale e sidro, in bestiame e animali da sella, e in latte e miele, e per pesci di mare, grandi e piccoli; è ricca d’oro e d’argento, di tessuti e di pellame e di altre ricchezze, soprattutto di tesori saraceni”.

Entrata del Cammino in Galizia attraverso Cebreiro

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ll Codex Calixtinus parla dei due possibili accessi alla penisola iberica attraverso i Pirenei: Portus Cisere o Porto di Cize che comunica con Roncisvalle nella Navarra, e il Summo Portu, o Somport aragonese. In ciascuna di queste località, due importanti ostelli, quello di Santa Maria e di Santa Cristina, accoglievano i pellegrini, offrendo loro il riposo e la attenzione che meritavano dopo aver affrontato la dura tappa che consisteva nell’attraversare i Pirenei. Attualmente, l’ostello di Santa Cristina è interamente scomparso, ma quello di Roncisvalle segue nella sua attività, prestando soccorso ai viaggiatori con la stessa dedizione dei tempi passati.

Porto di Somport nel Pirineo (Huesca)

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La possibilità di potersi abbeverare era una delle necessità primarie per i pellegrini: fondamentale perchè le condizioni d’igiene rendevano molto pericoloso il consumo indiscriminato di una qualsiasi acqua. Questo logica preoccupazione si vede confermata nel Codex Calixtinus, che vi dedica un intero capitolo, enumerando i fiumi che si incontrano lungo il Cammino di Santiago e distinguendo quelli ai quali si può attingere acqua da bere e quelli che, al contrario, non sono potabili. Fra le fonti malsane, cita il Rio Salado, in Navarra, del quale dice: “ Lì guardati bene dal bere, né tu, né il tuo cavallo, poiché il fiume è avvelenato”. Fra le fonti di acqua potabile, cita i fiumi Pisuerga, Carrión, Esla, Valcarce, Sil, Miño e Sar.

Ponte sul Río Salado presso Lorca (Navarra)

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Questa Guida del Pellegrino termina con una dettagliata descrizione delle qualità della città e delle basiliche di Santiago, intitolate all’Apostolo di Galizia; in questa descrizione si citano le porte della città, le chiese, e si descrive con minuzia di particolari la cattedrale, fornendone misure, il numero delle finestre, i portici, la torre, l’altare, le lampade; si forniscono dati in merito ai vari cantieri d’intervento allestiti sulla fabbrica della Cattedrale durante la storia, così come date ed epoca alla quale risalgono le opere. Questo testo detiene una importanza straordinaria al fine di conoscere profondamente la Cattedrale, i suoi spazi attinenti, e gli aspetti che con il tempo variarono o scomparsero.

Porta di Mazarelos (Santiago di Compostela)

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Bolla del Papa Gregorio XIII con la quale si concede l’indulgenza plenaria in articulo mortis ai malati, ai pellegrini e agli altri membri dell’ Hospital del Rey de Burgos fondato da Alfonso VIII Roma, 13 febbraio 1574 Originale con timbro in piombo Pergamena, manoscritto

Il Cammino favorì prontamente il sorgere lungo il proprio percorso di nuclei abitativi caratterizzati da impianto lineare. Infatti, la Calle Real o Calle Mayor che ricorre in molti paesi e villaggi non è altro che il vecchio Cammino, intorno al quale andò crescendo l’abitato. Di fronte a questi stanziamenti di nascita e sviluppo più o meno spontaneo, si devono contare insediamenti, anche questi di nuova creazione, la cui nascita fu fortemente favorita da decisioni reali, e dovuta alla loro diretta connessione con il Cammino Giacobeo.

Come si può osservare nella mappa, la strada delle peregrinazione ha avuto una forte risonanza nella toponomastica.

I ponti acquisiscono un’importanza straordinaria a partire dal secolo XI, poiché ne viene riconosciuto il ruolo indispensabile nella strutturazione del Cammino. I peregrini erano esentati dal pagarne il pedaggio, sebbene molte volte, l’avarizia e l’astuzia convertissero in speculazione questo privilegio. Nella storia delle peregrinazione figurano con il nome proprio di “puenteadores” personaggi come Petrus Peregrini, Santo domingo de la Calzada, San Juan de Ortega e anche il Maestro Mateo.

Castrillo de los Polvazares (León) Ponte Romano di Leboreiro (A Coruña)

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Le croci e i crocifissi sono elementi integranti del Cammino, che in legno o in pietra, sorgono a scopo commemorativo, per il compimento di un voto o la richiesta di grazia. Con il procedere del fenomeno della peregrinazione si convertono in pietre che segnando il procedere del Cammino, indicano la strada, e a volte, fungono da punti di sosta e riposo.

I Milladoiros sono cumuli di pietre di piccole dimensioni formatisi a partire dall’antico rito, successivamente cristianizzato, di invocare le divinità che proteggevano i viandanti, lanciando delle pietra in determinati punti del terreno. Nell’attualità, sono pochi quelli che resistono relazionati al Cammino: citiamo qui quello di Foncebadón, i resti nascosti dalla vegetazione sul Monte do Gozo, nonchè la palese impronta toponomastica che rimane nel nome Milladoiro, una località nelle immediate vicinanze di Santiago.

Crocifisso di Lameiros (Lugo)

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Costituendo parte del Cammino, come servizi di supporto al pellegrino, l’architettura religiosa ricevette molti benefici e privilegi. Alla fine della giornata, il viandante necessitava di un luogo dove riposare e che al medesimo tempo fomentasse la motivazione spirituale alla base dell’iniziativa intrapresa. Questo spiega bene perchè con frequenza i peregrini deviassero dalla strada principale al fine di visitare i luoghi sacri dove venivano conservate reliquie, o dove si celebravano particolari riti religiosi

Legato a questo, riconosciamo il successo di alcuni centri sorti appoggiandosi al fenomeno della peregrinazione e non sempre direttamente dedicati al culto di San Giacomo: per esempio, quello dedicato alla Vergine del Cammino e della Strada, quello della Vergine Peregrina, quello di San Rocco, San Michele e

della Vergine de Rocamador, culto di molto successo grazie ai pellegrini francesi.

Chiesa di San Miguel. Corullón (León)

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Le origini del culto di San Giacomo in Portogallo risalgono ad un’epoca anteriore alla stessa nascita dello Stato portoghese nel 1143. Già in epoca remota, si generò un flusso di peregrini verso Compostela. La rete viaria impiegata constava di almeno sette rotte maggiori e di una densa trama di percorsi minori che, con orientamento sud-nord, conducevano fino alla frontiera con la Galizia. I peregrini si concentravano soprattutto nella regione di Entre-Douro e Minho, con Ponte da Lima come principale snodo di comunicazione e, data l’importanza che deteneva la rotte marittima che iniziava in Lisbona, si concentravano anche nelle città portuali di Viana e Porto.

L’importanza che deteneva questa via marittima è testimoniata dalla tradizione di un miracolo, nella quale si raccontava che, mentre si festeggiava in Bouças il matrimonio di un giovane signore della zona, passò presso la costa del Portucale, la barca che conduceva in Galizia il corpo dell’Apostolo. All’improvviso, un cavallo irrequieto entrò in acqua al galoppo, trascinando il suo cavaliere; quando tutti ormai disperavano che potesse tornare a riva, cavaliere e finimenti emersero dall’acqua, interamente ricoperti dai tipici gusci di conchiglia (vieira), che da allora, divennero il simbolo di San Giacomo.

Disegno di P.M. Baldi, dal viaggio di Cosimo De’ Medici, Coimbra

Disegno di P.M. Baldi, dal viaggio di Cosimo De’ Medici, Lisbona e Oporto

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Diversi fattori condizionano l’elezione di un Cammino, piuttosto che un altro: geografici, quando, per evitare una

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montagna o il corso di un fiume, si sceglie una strada più facile, sebbene questo comporti allungare inevitabilmente il percorso; politici, come problemi interni e di opposizione tra due paesi, che possono bloccare l’afflusso di peregrini provenienti da certe zone; religiosi, come la visita di passaggio a una chiesa. Anche la densità dei centri d’accoglienza e la protezione giuridica e fisica offerta ai viandanti poteva incrementare l’importanza di alcune strade sulle altre. E ancora oggi, il Cammino per eccellenza è chiamato “Cammino Francese”. La sua tradizione non si è mai persa, come dimostrano i viaggi più recenti, nei quali si mantengono le stesse tappe stabilite per la prima volta nel Liber Sancti Iacobi

Alberghi e punti d’accoglienza per il pellegrino costituiscono le infrastrutture fondamentali del Cammino. Al principio, l’esercizio dell’ospitalità fu assunto dai monasteri, ma presto si crearono ostelli gestiti da altre istituzioni ecclesiastiche, laiche e private.

I primi ospedali vennero fondati in zone molto difficili, come i passi di montagna: Somport, Roncesvalles e O Cebreiro. Successivamente, la strada giacobea, andò ampliando e migliorando le sue strutture ricettive, in maniera tale che una fornita rete di ostelli, locande e osterie accoglievano i pellegrini.

Un altro aspetto importante divenne la difesa e la protezione dei peregrini. Oltre all’ingente quantità di misure giuridiche promulgate a questo fine, ebbe un grande valore la difesa fisica che castelli, torri e fortezze potevano offrire lungo il Cammino. Questa fu anche la finalità principale che ebbero gli ordini militari.

Ospedale di La Reina, Villafranca de Montes de Oca (Burgos)

Porta del Patio de los Romeros. Hospital del Rey (Burgos)

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LE ROTTE MARITTIME RUTAS MARÍTIMAS

Le rotte marittime per i pellegrini che provenivano dall’Europa del Nord, i Paesi Bassi e le Isole Britanniche, furono praticate tanto quanto quelle terrestri. Le pellegrinazioni inglesi via mare sono quelle meglio documentate e grazie a queste conosciamo dettagli e circostanze del viaggio. Si conosce l’organizzazione, i permessi di porto, le navi e il salvacondotto collettivo che si scriveva a nome dell’armatore del battello, i nomi e le condizioni sociali dei peregrini che si imbarcavano e anche i nomi di alcune delle navi che realizzarono il viaggio nei secoli XIV e XV: Gracedieu di Bristol, Trinitate di Falmouth, conosciamo anche i principali porti d’imbarco e sbarco.

I peregrini inglesi potevano fare il viaggio in una unica traversata, approfittando della vicinanza del porto de La Coruña e delle altre città marinare della Galizia e del Cantabrico, o attraversando il Canale della Manica fino a Burdeos. Questa ultima dovette essere la strada più praticata fino alla fine del XIV secolo, quando le vicende politiche impedirono il passaggio per il territorio francese.

Carraca portando peregrini del Nord di Europa. (Hans Burkmair. 1511)

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I VIAGGIATORI E LE LORO CRONACHE VIAXEIROS E AS SUAS CRÓNICAS

NOPAR, SIGNORE DI CAUMONT Nopar, signore di Caumont, realizza il suo viaggio a Campostela nel 1471. Il suo resoconto di viaggio non è che un preciso itinerario di marcia, nel quale solo riporta la narrazione del Miracolo di Ahorcado, localizzandolo in Santo Domingo de la Calzada.

Risalendo le terre di sua pertinenza, si attiene dettagliatamente alla guida del Liber Sancti Iacobi, citando numerose località e la distanza che le separa, in leghe. Intende raccontarci il suo viaggio a Fisterra, enumerando alcuni dei luoghi nei quali lo ha portato il suo viaggio. Ci conferma, in questo modo, l’importanza che questa visita deteneva per i peregrini, che continuavano il loro viaggio per conoscere anche quei paesaggi che le leggende avevano reso famosi grazie alla relazione con l’Apostolo Giacomo.

Veduta del capo di Fisterra (A Coruña) Lauda gremial con vieira e tijera

Cimitero di Santa María de Noya (A Coruña) Cammino e chiesa di Santa María (León) Muraglia di Mansilla de las Mulas (León)

HERMAN KÜNIG VON VACH Herman Künig von Vach, monaco proveniente da Strasburgo, redattò alla fine del XV secolo, una guida in versi per i peregrini tedeschi, che a giudicare dalla molte edizioni che se ne fecero, dovette ottenere molto successo.

Durante il suo viaggio, segue cammini differenti per l’andana e il ritorno. Quello dell’andata, la cosiddetta Obere Strasse,

comincia dal santuario svizzero di Einseideln, taglia le Alpi, e attraverso la “via tolosana”, entra nella Penisola per Roncisvalle. Da questo punto in poi, segue le tappe fissate dal Liber Sancti Iacobi, citando alcuni luoghi e optando, lungo il Cammino, per alcune varianti, per esempio girare intorno a Lugo, con l’intento di evitare la ripida salita la Cebreiro, o arrivare a Ponferrada per il Passo di Manzanal, evitando il difficile Passo di Foncebadón. Guinto a León, riporta anche il Cammino che conduce a San Salvador de Oviedo.

Il viaggio di ritorno, la cosiddetta Nieder Strasse, è uguale a quello dell’andata fino a Burgos, ma da questa località cambia strada, e devia per Irún, percorre l’Ovest della Francia e dei Paesi Bassi, fino ad arrivare ad Acquisgrana, dove conclude il suo racconto, sebbene segnali qui diverse possibilità di deviazione.

Il significato pratico di questa guida emerge per l’estrema cura che l’autore pone nel citare correttamente le distanze, le differenti monetazioni in uso, gli ostelli, gli alberghi, e tutto ciò che può tornare utile al viaggiatore, senza dilungarsi in descrizioni e dilettarsi in narrazioni superflue.

Cappella di Santiago, Roncisvalle (Navarra) Vista generale della Laguna de Castilla, La Faba (León)

COSIMO DI MEDICI

Con la fine dell’epoca medievale, le trasformazioni del modo di vivere e di pensare si riflettono anche in un cambiamento del significato della peregrinazione. La maggior sete di conoscenza produce la cosiddetta “peregrinazione cavalleresca”, nella quale la meta finale non costituisce l’obbiettivo principale, bensì solo una tappa del più ampio viaggio, che ora inizia ad essere

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definito “itinerario turistico-religioso”. In queste circostanze, il percorso non è il tradizionale.

Cosimo III De’ Medici, motivato da questioni personali e da forte religiosità, intraprende un lungo viaggio nell’anno 1668, viaggio che, partendo da Firenze, e percorrendo gran parte della Penisola Iberica, lo condurrà a Santiago di compostela e successivamente a La Coruña, dove s’imbarcherà verso le Isole Britanniche. Lo accompagna un ristretta corte composta da 40 persone, tra i quali si trova Lorenzo Magalotti. Che verrà incaricato di stendere il resoconto ufficiale del viaggio, e Pier Maria Baldi, che lo illustrerà ad acquerelli.

Con questo viaggio siamo in grado di ricostruire le abitudini, la cultura e l’arte della Spagna del XVII secolo, caratterizzata da un forte atteggiamento polemico del cronista ufficiale, grazie al quale possediamo anche una dettagliata descrizione della città di Santiago, e una testimonia scritta dell’intesa pioggia compostelana.

Disegno di P.M. Baldi, dal viaggio di Cosimo De Medici. Pontevedra. Padrón

Disegno di P.M. Baldi, dal viaggio di Cosimo De Medici. Porto della Coruña

DOMENICO LAFFI Sebbene contemporaneo di Cosimo III De’ Medici, Domenico Laffi, sacerdote in Bologna, realizzò il viaggio a Compostela con fini e mezzi molto differenti. A piedi, vestito da peregrino, e con il devoto fine di visitare la tomba dell’Apostolo, parte nel 1670 dalla sua città natale, attenendosi prima alla strada solcata dai peregrini italiani e percorrendo poi il Cammino Francese tradizionale. Continuò il suo viaggio fino a Fisterra, citando alcuni toponimi di difficile identificazione.

Dalla sua trattazione, si deduce che in questo periodo, le difficoltà e i pericoli che minacciavano i peregrini erano i medesimi che quelli dell’Età Medievale: l’alloggio, i pasti, i banditi, le malattie, il passaggio dei fiumi. Ma ugualmente rende con evidenza la crisi nella quale verte la pratica della peregrinazione, come ben si deduce quando racconta quanto fossero rari ormai i peregrini e guardati con ammirazione.

Ponte sul Tambre (A Coruña)

GUILLERMO MANIER Nel secolo XVII compaiono misure che favoriscono l’autentico peregrino, ma che contemporaneamente rendono più complicato il viaggio e provocano la decadenza del fenomeno della peregrinazione di massa. In questa epoca, i peregrini erano fondamentalmente artigiani e lavoratori e occasionalmente la devozione poteva confondersi con ansia di avventura, come succede con il sastre francese Guillermo Manier, che viaggia verso Compostela durante l’anno 1726. Di indole curiosa, redatta tutto ciò che considera interessante, descrivendo le terre che attraversa, il cibo, la bellezza delle donne e il loro modo di vestire.

Accompagnato da tre amici, da Irún continua lungo il Cammino Francese da Santo Domingo de la Calzada. È il primo che riesce a vedere la Cattedrale da San Marco e per questo che i suoi compagni lo nominano “Re”. Descrive con dettaglio la città di Santiago e soprattutto i menù con i quali ogni convento accoglieva i peregrini. Compra ricordi in abbondanza e frequenta osterie. Durante il suo viaggio di ritorno percorre un’altra strada che consente loro di visitare San Salvadore di Oviedo.

Ponte su Hormazuela (Hornillos del Camino, Burgos)

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Croce di legno di Foncebadón (León)

NICOLA ALBANI

Il racconto lasciatoci da Nicola Albani del viaggio compiuto da Napoli fino a Santiago di Compostela, nella metà del 1743, della sua permanenza in Lisbona fino al 1745 è una prova della trasformazione che la peregrinazione subì nel corso degli anni, in palese decadenza durante il secolo XVIII. Spesso, nel mezzo del Cammino, l’avventuriero e il briccone si confondono con l’autentico peregrino.

Nicola Albani, dopo la sua permanenza nella città apostolica, si trasferisce a Lisbona, dove lavora come commerciante di vino, tornando nuovamente a Santiago per l’anno Santo del 1745 e concludendo definitivamente il suo viaggio, tornando nella città natale di Melfi.

Ai due tomi che costituiscono la sua curiosa narrazione, (Veridica Historia o sia Viaggio da Napoli a San Giacomo…) affida una visione molto vivace dei suoi profondi convincimenti personali e delle sue avventure, tra le quali emerge quella della lotta sostenuta con un bandito presso il Ponte de Lima. Il manoscritto conservato illustra con un’importante documentazione grafica i luoghi da dove si poteva godere dei panorami delle grandi città, dei santuari mariani, nonché acquerelli relativi alle più disparate avventure.

Nicola Albani in Napoli Avventura di Nicola Albani presso Ponte de Limia

RITUALI DELLA PEREGRINAZIONE RITUAIS DE PEREGRINACIÓN

Dal XV secolo, i peregrini che arrivavano a Santiago ricevevano come certificato dell’avvenuta peregrinazione la “Compostela”. Questo documento confermava la peregrinazione al sepolcro dell’Apostolo, e al medesimo tempo, valeva come garanzia per ricevere gli aiuti dei quali si necessitava durante il viaggio e, in

questo modo, evitare che potessero ingiustamente goderne anche falsi peregrini.

I peregrini che arrivavano a Santiago durante l’anno nel quale la festa dell’Apostolo coincideva con la domenica, ottenevano il “Giubileo”, vale a dire, una indulgenza plenaria per tutti i peccati commessi.

I peregrini, oltre a rendere omaggio al corpo dell’Apostolo, potevano venerare le reliquie di altri santi. Con l’idea di riunire queste reliquie e rendere più facile l’esposizione, fu commissionata la costruzione di un fronte di altare con un gran numero di nicchie. Furono incaricati della realizzazione Bernardo Cabrera, assemblatore, e Gregorio Español, scultore, tra gli anni 1625 e 1630, i quali convertirono il Panteón Real nella Cappella delle Reliquie. Sfortunatamente, questo fronte d’altare andò perduto durante un incendio, agli inizi del XX secolo.

L’incisione con la processione dei peregrini a Compostela è una delle illustrazioni più eccezionali in merito ai rituali di peregrinazione nella città di Santiago. Sebbene le si riconosca il titolo di “Processione di Peregrini” si tratta, più correttamente, di una delle celebrazioni liturgiche più importanti dell’anno, probabilmente la festa di San Giacomo.

“Compostela” Santiago de Compostela, Melchor de Prado 1820 Impressione a bulino su carta Tratta dal documento originale

Iubileo Plenísimo en la Santa y Apostólica iglesia de Santiago de Galicia 1666 Tratta dal documento originale

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Relazione delle Sacre reliquie che si venerano nella Cappella della Santa Metropolitana Basilica Maggiore di Santiago di Compostela. Santiago, J. Soto 1898 Litografia

Processione di peregrini in Compostela Le delizie di Spagna e Portogallo,I Juan Álvarez de Colmenar Leiden, Pierre Boudewyn van der Aa, illustratore ed editore 1707 Stampa

RICORDI DELLA PEREGRINAZIONE RECORDOS DA PEREGRINACIÓN

Oltre ai benefici spirituali che il compiere la peregrinazione comportava, i pellegrini potevano riportare a casa una serie di souvenir, che ricordavano loro la permanenza in Compostela.

Tra questi oggetti, i più diffusi e caratteristici furono le produzioni in ambra nera, sebbene potessero essere realizzate in altro materiale, meno pregiato e più economico. Non era nemmeno garantito che fossero prodotti in Santiago, dato che molte di queste manifatture con iconografie giacobee si realizzavano in altri luoghi.

I motivi più frequenti erano le diverse iconografie di San Giacomo, la vieira, e la rappresentazione di peregrini. Gli oggetti risultavano ugualmente vari: medaglie, insegne, fiaschetti da peregrino, campanelle etc.

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LIBRI DI VIAGGIO LIBROS DE VIAXE

Il Codice Calixtino conservato nell’archivio della Cattedrale di Santiago costituisce il primo esemplare del Liber Sancti Iacobi, grande compilazione anonima che raccoglie, in cinque libri, diversi testi inerenti l’Apostolo: testi liturgici, miracoli, le gesta di Carlo Magno in Spagna, composizioni musicali e, nel Libro V, la Guida del Pellegrino. La compilazione, attribuita al Papa Callisto II, è dedicata al Vescovo Gelmirez e al Patriarca di Gerusalemme, unendo in maniera simbolica, i tre grandi centri della peregrinazione. Come notizia curiosa, annoveriamo qui che in un testo intercalato nel Codice durante il XV sec. si fa la prima menzione del botafumeiro.

La copia del Codice conservata nell’Università di Salamanca deriva probabilmente da una copia gemella dell’esemplare compostelano: costa ugualmente di cinque libri, sebbene manchi rispetto l’originale la parte musicale e l’appendice, oltre ad altre piccole differenze.

Il Libro Die Walfart und Strass zu Sant Jacob di Hermann Kunig von Vach è l’unica guida delle pellegrinazione in senso stretto, giacché tutte le oltre opere inerenti, scritte in tedesco, più o meno contemporanee, sono racconti di viaggio. Le successive redazioni dell’opera presentano tutte piccole varianti, a seconda del luogo di edizione, poiché, tenendo un impiego eminentemente pratico, dovevano soddisfare le esigenze di ogni tipo di pellegrino. D’altra parte, il carattere popolare dal quale trasse ispirazione viene confermato dal fatto che alcuni passaggi si ritrovano nel canto di pellegrinazione Wer das elend bauwen Hill, così come dallo stile dei suoi disegni.

Codex Calixtinus Facsimile dell’originale dell’archivio della Cattedrale di Santiago Scriptorium compostelano 1150-1160 circa Manoscritto miniato, pergamenaceo

Il Codex Calixtinus riunisce cinque libri, in un singolare insieme di testi in merito all’Apostolo (testi liturgici, miracoli, l’episodio della translatio, gesta di Carlo Magno, musica…) Il libro V, conosciuto come la “Guida del Pellegrino” viene attribuito a Aymerico Picaud de Parthenay e raccoglie la prima descrizione del Cammino di Santiago. Di particolare interesse risultano le informazioni in merito ai luoghi, la gente, i costumi, e le tradizioni dei posti che si incontrano per coloro che giungono dalla Francia.

“Il Cammino di Santiago in Spagna realizzato negli anni 1983-1984. 1986” Ikeda Munehiro Carta giapponese, pittura, acquerelli 1983-1986

L’artista giapponese Munehiro Ikeda plasma, attenendosi alla sua concezione orientale, una curiosa visione del percorso del Cammino di Santiago nel suo tragitto spagnolo, elaborando una sorprendente ed esaustiva “Guida del Pellegrino”. Rappresenta uno degli ultimi testimoni del genere iniziato nel XII sec. con il Liber Sancti Iacobi (Codex Calixtinus).

IL CAMMINO DI SANTIAGO IN SPAGNA. 1983-1986 IKEDA MUNEHIRO Istruzioni d’uso del dispositivo interattivo Il dispositivo elettronico permette di cercare località, riferimenti, chiese, monasteri, conventi, sculture, crocifissi, fonti relazionati con il Cammino di Santiago.

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1. Dal pannello di ricerca scelga la lettera iniziale della località o il riferimento desiderato; 2. Selezioni un termine, apparirà la pagina del libro che lo contiene; 3. Pigiando i testi in giapponese, potrà leggerne le relative traduzioni; 4. Per ritornare alla schermata iniziale, prema “VOLVER”;

Se non si tocca il monitor durante un minuto, le pagine ricominceranno a scorrere. Per tornare alla ricerca, prema “VOLVER”

INDUMENTI DEL PELLEGRINO INDUMENTARIA DO PEREGRINO

La “divisa” del pellegrino prevede un cappello a falda larga, una cappa, bastone e zuccotto per conservare l’acqua. Questi indumenti, una volta terminato il cammino, erano indossati dai pellegrini in occasione di processioni o venivano donati ai monasteri. Alcuni peregrini chiedevano di essere seppelliti con questi indumenti a simbolizzare l’arrivo all’altra vita.

Quando i pellegrini arrivavano a Santiago, ricevevano una vieira, ovvero una conchiglia che riportavano a casa: una sorta di attestazione dell’avvenuta peregrinazione e come garanzia per successivi aiuti e privilegi. Fino al XIV sec. si era soliti fissarla al bastone, successivamente anche al cappello o alla giubba. Durante il tardo Medioevo, la vieria si convertì nell’attributo generico di un qualsiasi pellegrino, mantenendosi però come distintivo per quello di Santiago.

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LE INDULGENZE DESTINATE ALLA CONFRATERNITA DELL’HOSPITAL REAL DI SANTIAGO INDULXENCIAS Á CONFRARÍA DO HOSPITAL REAL DE SANTIAGO

Con le Bolle Papali, il Sommo Pontefice concedeva la grazia spirituale alle istituzioni che realizzavano opere assistenziali.

Nell’anno 1499, il Papa Alessandro VI promulgò una Bolla con la quale concesse licenza ai Re Cattolici per costruire un Ospedale dove potessero albergare i pellegrini e dove ugualmente avesse sede la Confraternita dell’Apostolo San Giacomo.

Indulgenza e grazia spirituale accordate all’Hospital Real di Santiago, erano gestite dalla Confraternita. Questi benefici venivano resi pubblici ai fedeli attraverso la predicazione e venivano pubblicati in un sommario.

Indulgenza e confraternita dell’Hospital di Señor Santiago

Valladolid, 1504 Xilografia Tratto dal documento originale

Sommario e Compilazione delle Grazie e Indulgenze concesse da distinti Sommi Pontefici alla Casa e al Real Hospital di Santiago di Galizia e ai membri della Confraternita, secondo la Bolla della Santa Crociata e la Pubblicazione e Predicazione di ogni anni Scuola compostelana 1 settembre del 1755 Tratto dal documento originale

DOCUMENTI E LIBRI RELATIVI ALL’ORDINE DI SANTIAGO DOCUMENTOS E LIBROS RELATIVOS Á ORDE DE SANTIAGO

Regola e Norme dell’Ordine della Cavalleria del Señor Santiago di Espada Attribuito ad Andrés Ruñiz de la Vega stampa di Pedro de Celada, León 1555 Stampa tipografica, xilografía

Si tratta di una delle opere compilative più importanti in merito all’Ordine di Santiago, destinata a raccoglierne la storia, la regola e i principi. Venne redatta per ordine di Felipe II con l’intento di raccogliere tutti i principi spirituali non ancora contemplati nei libri precedenti, ovvero tutte le norme religiose nuove e antiche che i religiosi e i cavalieri dell’Ordine erano tenuti a rispettare.

Altro dato interessante dell’opera è che, come molte altre della stessa epoca e di medesimo argomento, è già scritta in spagnolo e non in latino, mirando così ad essere ampliamente compresa da tutti i “santiaghisti” e in generale da tutta la società acculturata.

Testimonianza di come si nominò Cavaliere dell’Ordine di Santiago Don Luis Montilla y Mendoza e di come gli si consegnarono le insegne del medesimo Madrid 1675 Carta, manoscritto, timbro di un quarto di 10 maravedíes

Documento manoscritto nel quale si descrive il rituale impiegato per nominare ufficialmente un cavaliere dell’Ordine di Santiago, e la consegna delle insegne corrispondenti. Si enumerano ugualmente tutte le persone presenti alla cerimonia.

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Apología del Voto di San Domenico all’Ordine di San Giacomo e congregazione a favore dell’Ordine di San Giacomo da parte di San Domenico di Guzman, patriarca e fondatore dell’Ordine della Predicazione.

José López Arguleta Stampa di Manuel de Moya, Alcalá de Henares 1725 Stampa tipografica su carta, pergamenaceo

Sulla relazione tra l’Ordine di Santiago e l’Ordine religioso della Predicazione fondato da San Domenico di Guzman. Stando alla storia, si racconta che questo Santo si entrato a far parte dell’Ordine religioso di Santiago già a quattordici o quindici anni, poiché era imparentato in qualche modo con il Primo Maestro di questa.

Laurea legalis decana salmantina de jure quatuor ordinum militarum Divi Jacobi, Calatravae, Alcantarae et Montesae Bernardino Antonio Franco Valdés Stampa di Antonio Villarroel e Torres, Salamanca 1740-1744 Stampa, impressione a bulino

Opera magna in materia di diritto, privilegi, esenzioni, giurisdizione spirituale e governo temporale degli ordini militari di Santiago, Alcátrava e Montesa.

Eccezionalmente utile per conoscere i privilegi a questi concessi e dirimerne le cause giudiziali, affronta la fondazione e l’organizzazione interna degli ordini religiosi a carattere militare, i poteri dei suoi Maestri, doveri e diritti dei differenti membri; giurisdizione ecclesiastica degli ordini nei villaggi e nelle chiese che gli erano pertinenti, le mansioni affidate ai religiosi, ai sacerdoti e alla monache di Santiago e Calatrava.

I SANTI PELLEGRINI SANTOS PEREGRINOS

Tra quelli di tutti i santi pellegrini, gli insegnamenti di San Rocco, invocato sopratutto contro la peste, godettero di una larghissima predicazione, in Galizia e in modo particolare in Santiago. Così che, in Compostela a causa della terribile peste del 1517 e per volere dell’Ayuntamiento e del Cabildo, venne istituita la confraternita di San Rocco, con l’impegno, da ora in avanti, a mantenerne la festività.

Il culto della Vergine Peregrina sorge originariamente come richiamo della Vergine del Cammino. Appaiono esempi diversi in Germania e Francia. In Galizia, si venera sopratutto presso Pontevedra dove è Patrona della Città.

La doppia accezione che la parola pellegrino ebbe anticamente –ovvero quella di straniero e viandante- fece si ché durante il Medioevo si iniziasse a rappresentare Cristo e la Vergine Maria nelle vesti di pellegrini. Una delle immagini più remote di questa interpretazione è custodita nel chiostro di Santo Domingo de Silos, dove è rappresentato l’episodio di Emaù, con Cristo e i suoi discepoli che indossano gli indumenti del pellegrino.

San Rocco Seconda metà del XVI sec. Legno con resti di policromia originale e Deposito della Famiglia Varela-Villamor

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San Rocco

Primo terzo del XVIII sec. Legno intagliato Deposito della Famiglia J. Varela Villamor

“Ritratto Della Miracolosa Immagine di San Rocco, venerata nella Sua Antica Capella Della Città di Santiago dalla sua Illustre Congragazione, la quale la dedica agli Eccellentissimi Signori Condes de Rivadavia, particolari benefattori di quella. L’illustrissimo Sr. D. Fr. Sebastián Malbar y Pinto, Arcivescovo e Signore di detta città concede 80 giorni di indulgenza a tutti i fedeli che devotamente recitino un Padre Nostro davanti a questa Santa Immagine. Egli pregando Dio attraverso la potenza della Nostra Santa Chiesa, per la Salute del Nostro Cattolico Monarca, quella Della Sua Reale Famiglia, e la Prosperità dello Stato; l’Illustrissimo Signor Vescovo di Tanes aggiungendo 40 giorni” Anjel Antonio Piedra, incisore Julio Bernardo del rio, disegnatore 1789 Dono della famiglia Blanco- Cicerón

San Giuliano Soccorritore

Prima metà del XVIII sec. Pittura ad acqua su cristallo

“Ritratto veritiero di San Vincenzo Ferrer che si conserva

nel Convento di Santo Domingo di questa città di Santiago”

Santiago di Compostela, attribuito a Angel Piedra, incisore (1735-1800)

Fronte di altare con scene della vita di San

Martino

Scuola leridana Ultimo quarto del XIII sec. Pittura originale su tavola Lèrida, santa Maria di Palau de Rialb

Santa Isabella di Portogallo

Primo terzo del XVIII sec. (..) Legno policromo e dorato Inscrizione: “ S ISABEL R.a DE PORTUGAL ARAGONESA”

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La Divina pellegrina Nostra Signora del Rifugio che si venera nella cappella extramuraria della villa di Pontevedra, la cui congregazione dedica con umile sentimento al suo amabilissimo prelato, l’Eccellentissimo Signor D. Fr. Sebastian Malvar e Pinto, Cavaliere prelato, Gran Croce della R. Distinto Ordine di Carlo III. L’Arcivescovo e Signore di Santiago & alii. Santiago di Compostela Luis Fernandez Piedra Antonio Rodriguez, disegnatore 1778 Tratto dalla lastra originale

Gesù pellegrino

XVIII sec. Tela policroma e bordata con oro, argento e ambra nera; legno policromo

Ritratto di Cosimo III De Medici (1642-1723) Scuola fiorentina. Anonimo 1º decennio del XVIII sec. Olio su tela Dono di Alberto Bruschi (Antiquario di Firenze)

Nei giorni immediatamente successivi alla nascita in Firenze del gran Duca di Toscana, Cosimo III De’ Medici, si rappresentò nelle abitazioni di sua madre Vittoria Della Rovere una opera teatral-musicale che si ripeterà in ogni anniversario della felice data e che si intitolerebbe Il Pellegrino. Questa curiosa coincidenza spingerà Cosimo III ad essere non solo il De’ medici che viaggiò di più, ma anche a comportarsi come un vero e proprio pellegrino, visitando dozzine di mete di peregrinazione, e fra queste, naturalmente, Compostela. Sotto il suo governo, riconosciamo una continua tensione riformatrice, mirata a migliorare la Chiesa locale e il sistema giudiziario e finanziario, rimanendo tuttavia fedele alla tradizione famigliare di sostegno alla creatività, al collezionismo e al mecenatismo delle arti dello stato fiorentino. Questo ritratto probabilmente destinato ad una delle molte sedi ducali disperse per la Toscana è una copia del dipinto attribuito all’affermato pittore Giuseppe Maria Crespi: qui Cosimo III De’ Medici, uomo notoriamente non bello, però di grande dignità e considerazione sociale, appare ritratto in un ambiente oscuro, in abiti neri difficilmente riconoscibili, sui quali risalta la croce rossa dell’Ordine dei Cavallieri di Santo Stefano.

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SALA VI

MAESTRANZE E TRADIZIONI ARTIGIANALI IN COMPOSTELA GREMIOS E TRADICIÓNS ARTESÁNS EN COMPOSTELA

LE MAESTRANZE COMPOSTELANE OS GREMIOS COMPOSTELÁNS

Il successo che la pellegrinazione a Compostela riscosse durante i secoli provocò lo sviluppo progressivo di numerosi e differenti esercizi dedicati a rispondere tanto al fabbisogno dei pellegrini, quanto a quello delle istituzioni connesse con il culto e con l’attenzione che a quelli bisognava prestare.

Così, a partire dal XII sec., in molti trovarono lavoro come alberghieri o locandieri e “agenti di cambio”, essendo necessario convertire la valuta di tutti coloro che arrivavano da paesi diversi d’Europa. Altri si dedicarono ad attività di carattere più artigianale, come i calzolai e i conciatori di cuoio, le cui competenze di realizzazione e riparazione di calzature e pelletteria risultarono imprescindibili.

I concheros nacquero per assolvere alla crescente richiesta dell’insegna o “reallia” che, con il motivo della conchiglia, divenne il simbolo per antonomasia della visita al santuario compostelano. Allo stesso modo erano richiesti ricordi della peregrinazione come le figure dell’Apostolo, dei Santi, Rosari e altra oggettistica di natura commemorativa, che i pellegrini di alta estrazione sociale offrivano alla Basilica. Inoltre, s’impose una vasta produzione di suppellettile di uso liturgico per la celebrazione del culto nelle numerose Chiese compostelane: calici, croci, custodie ecc. Una parte ingente di tali manifatture venne creata in ambra nera e argento e i rispettivi artigiani si

raggrupparono nelle maestranze di azabacheros (lavoratoti di azabache) e plateros (lavoratori d’argento, gioiellieri).

Contemporaneamente, la diffusione e la promozione della pellegrinazione da parte del cabildo compostelano fece in modo che aumentasse vertiginosamente la realizzazione di documenti relativi alla medesima, come le indulgenze, le “compostelane”, le immagini votive ecc. Questo determinò la fortuna degli illustratori in città.

Già nel XIII sec, gli artigiani si divisero in Santiago all’interno di maestranze e associazioni di mestiere. Durante gli anni, l’allargarsi delle loro attività sviluppò una fitta rete di botteghe all’interno della città, la cui traccia tuttora permane, a testimoniarne la fortuna, inglobata nella trama cittadina, specialmente intorno alla Cattedrale, nella Piazza della Praterías e in quella della Acibechería, così come nei nomi delle strade, come quella dei Concheiros, ubicata all’entrata del Cammino Francese.

Sebbene, durante il passare del tempo, alcune di queste manifatture siano scomparse o abbiano diminuito profitti, altre sopravvivono oggigiorno, attendendo alle medesime richieste e alle proprie origini.

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Martirio di San Sebastiano Bottega del Sud delle Germania (?) Primo quarto del XVIII sec. Scolpito in avorio e pietra, probabilmente, iaspis

San Sebastiano fu nominato patrono dei lavoratori dell’ambra nera nel 1410, data della creazione della loro confraternita in Compostela. A partire dall’epoca medievale, venne riconosciuto come il Santo che intercedeva presso Dio a protezione dalla peste: questo perchè, nonostante le numerose ferite provocategli dalle frecce durante il martirio e i dolori patiti inviategli da Dio, non morì. Tuttavia, in qualità di protettore della Peste, fu sostituito in epoche successive da altri Santi come Santo Adriano, Sant’Antonio e San Rocco. La confraternita dei lavoratori dell’ambra nera fu istituita a causa del propagarsi di una delle numerose epidemie di peste, che in quella epoca flagellavano abitualmente l’Europa e che in Galizia causò un alto tasso di malattia e mortalità. Le celebrazioni in onore del Santo tenute dalla Confraternita avevano luogo nella Cappella dello Spirito Santo della Cattedrale di Santiago.

LE PRODUZIONI IN AMBRA NERA A ACIBECHERÍA

L’ambra nera è una sostanza fossile, carbone purificato, che per costituzione e composizione rientra tra le varietà della lignite, ed è caratterizzata da condizioni di estrema durezza e fragilità. Il termine con il quale è conosciuta attualmente deriva dall’impiego che ne facevano gli arabes az-zabach. La credenza

popolare in merito alle proprietà magiche e curative dell’ambra nera risale a tempi preistorici e continua attraverso diverse culture (in Egitto, India, Asia Minore, Roma e Grecia) come dimostrano, tra gli altri, i testi di Aristotele, Plinio e Isidoro. In epoca medievale, la produzione di oggetti in questo materiale esplose, in concomitanza alla moda imposta dai pellegrini di Santiago di Compostela. La richiesta delle creazioni in ambra nera crebbe nella misura in cui, al suo tradizionale uso legato alla superstizione, che lo voleva un’efficace curativo del malocchio, se ne aggiunse uno nuovo, quello a carattere devozionale.

I primi esemplari di oggettistica in ambra nera realizzati in Santiago risalgono al XIII sec. e il materiale impiegato, data la carenza di depositi in Galizia, proveniva dalle Asturie. Le botteghe compostelane di ambra nera si andarono sviluppando autonomamente a partire dalle maestranze dei Concheiros, i quali detenevano l’esclusiva della vendita delle conchiglie naturali, la cosiddetta “vieira”, attributo simbolo della peregrinazione, successivamente realizzata in ambra nera e in piombo. Nel XIV sec. i lavoratori di ambra nera, sotto la protezione di San Sebastiano, si costituirono in una delle confraternite più importanti e influenti della città. Fino al XVII sec., l’attività degli azabacheros rimase una delle maggiori in città, lasciando anche nella toponomastica di Santiago evidenti testimonianze. Durante il XVIII sec., si registrò un periodo di decadenza, senza che si arrivasse, comunque, alla completa scomparsa dell’attività artigianale, che, al contrario, gode oggi di un nuovo prestigio e notevole domanda.

Nella produzione di oggettistica in ambra nera possiamo distinguere, generalmente, tre tipi di realizzazioni:

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Oggetti che erano destinati ad essere ricordo della pellegrinazione, di piccole dimensioni, fondamentalmente di carattere religioso, e di fattura a volte poco curata: conchiglie, immagini di Santiago, della Vergine, di Santi, di rosari…

Oggetti di carattere liturgico e devozionale appositamente realizzati per uso ecclesiastico, esito di un lavoro più di dettaglio: patene, croci e colane da Badessa.

Utensili profani e personali: spille, collane, medaglie, perline e complementi femminili etc.

RICORDI DELLA PELLEGRINAZIONE (Pannelli 1 e 2, pezzi 15 e 16) RECORDOS DA PEREGRINACIÓN. Paneis 1 e 2, pezas 15 e 16.

Dal XIV secolo fu abbondante la produzione di piccole sculture votive che i pellegrini portavano con sé al ritorno a casa. La più richiesta, durante tutte le epoche, risulta essere stata, naturalmente, l’immagine di San Giacomo, nelle sue varianti iconografiche di apostolo, pellegrino e “Matamoro” [pannello 1]. Inoltre si realizzava tutta una classe di immagini sacre e di oggetti religiosi per coprire la domanda di quelli che visitavano la città.

Frequenti erano le croci [9], le immagini dell’Immacolata [10] e altri Santi, risultando uno dei più richiesti Sant’Antonio [8]

Anche i Rosari riscuotevano molto successo, specialmente quelli “da borsetta” [1], più corti, con perle di semplice lavorazione. In quanto a tematiche, la produzione continua ad essere la medesima.

SUPPELLETTILE ECCLESIASTICA E LITURGICA. Pannello 4, pezzi 17 e 18. obxectos de uso eclesiástico e litúrxico. Panel 4, pezas 17 e 18.

Si creò suppellettile destinata ad ambito ecclesiastico, di carattere rituale, liturgico o commemorativo. Presentiamo, ad esempio, la fonte di acqua benedetta [17] adorna di vieiras che costituisce uno dei pochi esemplari di questo tipo conservatisi, e la patena [18] che si porgeva ai fedeli durante la celebrazione della Messa perché la baciassero, e che in questo caso riporta la Vergine del Pilar tra gli

angeli, una tema peculiarmente giacobeo. Annoveriamo, inoltre, la realizzazione di collane che tra i secoli XVII e XVIII risulta abbondante. Le collane dette “da Badessa” [19 e 20] erano riservate esclusivamente all’ambito conventuale femminile, e venivano utilizzate come simbolo di distinzione di rango. Senza dimenticare che, nel Nord-Est della Spagna, le cittadine borghesi e le paesane erano solite indossare simili collane [20?]. Durante il XVI sec., con lo stabilizzarsi delle credenze in merito ai suoi poteri curativi, l’uso dell’ambra nera per oggetti destinati all’ornamento aumentò considerevolmente.

“LA MANO DI AMBRA NERA” O FIGAS. Panello 3 “mans de acibeche” ou figas. Panel 3.

In Spagna, a partire dal XVI sec. vengono definiti “figas” una serie di monili che ritraggono una mano serrata con il pollice posto tra l’indice e il medio. Abitualmente considerato gesto volgare, questo amuleto detiene da allora, in nome delle credenze popolari, poteri curativi e apotropaici contro le maledizioni e i malefici. Talismani simili appaiono già nell’antico Egitto, nella Fenicia, e furono molto utilizzati anche nel mondo romano. Successivamente, gli arabi che risedettero nella penisola iberica dal XI sec., recuperarono l’uso degli amuleti in ambra nera, plasmandoli in fogge diverse, che includevano anche quella della mano, connessa nello specifico, con superstiziose tradizioni arabe. Durante il Medioevo, il costume di portare con sé amuleti in ambra nera si estese presto anche nei territori cristiani, ma è nel XVI secolo che la forma della mano o “figa” [21] appare frequentemente. Nel XVII sec. si inizia a decorare le figas con elementi simbolici come cuori e lune e si arriva a rappresentarle in forma talmente schematica da risultare, a volte, irriconoscibili; fenomeno che, più che ad una particolare attitudine artistica, si deve ricondurre al divieto dell’uso di tali monili imposto dall’ Inquisizione nell’anno 1526 [23 e 24]. Fino al XIX sec. non si ritornò a rappresentarle in modo naturalistico [25] sebbene siano già allora escluse dall’uso comune.

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Nelle tradizioni popolari, le figas e gli altri talismani proteggevano gli infanti, considerati gli esseri più deboli, esposti al rischio di maledizioni e malocchio: i bambini infatti solevano portarle legate a cinturoni e collane.

Questo costume era diffuso anche presso le Corti di XVI e XVII sec., come possiamo riconoscere in molti ritratti di questa epoca, per esempio quello di Ana infante, ad opera di Pantoja de la Cruz, o quello di Felipe Prospero, di Velazquez.

1.- Rosario Manifattura compostelana Fine del XIX – inizio XX sec. Ambra nera e decorazioni in filigrana e argento

2. Probabilmente perle di rosario di pellegrino o collana di Badessa con San Giacomo pellegrino Manifattura compostelana (?) XVII-XVIII sec.

3. Medaglione con la rappresentazione di San Giacomo nella battaglia di Clavijo Manifattura compostelana (?) Fine del XVII-inizi del XVIII sec. Guarnizione di argento con anagramma della Vergine Maria sul verso;

4. San Giacomo pellegrino Ramón Requeixo Rebón Decennio del 1960 Santiago di Compostela

5. San Giacomo assiso Manuel Moratalia 1960-1970 Santiago di Compostela

6. San Giacomo assiso nel Portico della Gloria XX sec.

7. Busto di San Giacomo pellegrino Ramón Requeixo Rebón 1960-1968 Santiago di Compostela

8. Sommità di figa con rappresentazione di Sant’Antonio da Padova XVI-XVII sec.

9. Doppia croce XVIII sec. Dagli scavi condotti nella zona della strade della azabachería

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10. Possibile “Avemaria” di Rosario XVII-XVIII sec.

11. Cristo crocifisso Manuel Moratalia 1968 circa

12. Santa Faz José Ricart XX sec. Salamanca

13. Cristo Crocifisso Arturo Brea Pasín XX sec.

14. Santa Faz Isidoro Nieto XX sec. Salamanca

15. Pietà Manuel Mortalia 1960-1970 Santiago di Compostela

16. Resurrezione Ramón Requeixo Rebón 1970 circa Santiago di Compostela

17.- Fonte di acqua benedetta XVII sec. Santiago di Compostela

18.- Portapace con l’Aparizione della Vergeine Do Pilar Produzione Compostelana Principio del XVI sec. Argento dorato e ambra nera

19.- Collana pertinente al rango di Badessa XVII-XVIII sec Perle, fibule e “librici”

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20.- Collana. Probabilmente di Badessa Maestranza compostelana XVII – XVIII sec.

21. Figa (mano sinistra) Produzione compostelana Fine del XVI sec.- inizi del XVII sec.

22. Figa (mano sinistra) con cuore scolpito Ultimo terzo del XVIII sec. Santiago di compostela

23. Figa (mano sinistra) con decorazione geometrico-simbolica e cuore scolpito Ultimo terzo del XVII sec. Santiago di Compostela

24. Figa (mano sinistra) con decorazione simbolica costituita da un cuore e dalla luna nel “punto di manga” Ultimo terzo XVII sec. Santiago di Compostela

25. Figa (mano sinistra) Produzione compostelana Probabilmente XIX sec. Ambra nera e argento

San Giacomo Peregrino Castor Lata Montoiro 1960 circa Ambra nera Iscrizione: “CASTOR LATA” Santiago di Compostela

San Giacomo Peregrino Castor Lata Montorio 1960 circa Ambra nera Iscrizione: “C. LATA” Santiago di Compostela

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San Eligio Deposito dalla “Asociacíon del Gremio de Joyería, Orfebrería y Azabachería de Santiago” R. Rivas Mejuto, S. Mayer Garea, Julio Lado Martínez, J. Eloy Gesto Ferreiro, R. Rivas Casal, E. Fink Fernández, Artesanía Pampín, L. Gesto Beiroa y M. Vilas Novas. 2000 Argento, avorio, legno di castagno, oro, ametista, zircone Inscrizione: “QUESTO SAN ELIGIO FU REALIZZATO/ GRAZIE ALLA ASSOCIAZIONE DEGLI ORAFI DI SANTIAGO/ NELL’ANNO 2000/ MENTRE NE ERA PRESIDENTE ELOY GESTO FERREIRO/ SANTIAGO DI COMPOSTELA 1 DICEMBRE DEL 2000”

Questa immagine di San Eligio è il simbolo della fiorente continuità delle capacità artigianali di lavorazione dell’argento, dell’oro e dell’avorio in Santiago, fin già dal XI sec.

San Eligio è rappresentato con gli attribuiti che lo caratterizzano in quanto protettore delle maestranze degli orafi, dei gioiellieri e dei maestri ferrai, ovvero martello e lingotto.

Nato in Francia, nella zone del Limousin, intorno al 558 d.C., San Eligio da giovane fu apprendista di orafo presso Limoge, per arrivare più tardi a Parigi, dove occupò la carica di Tesoriere, sotto il Re Clotario II. Alcuni anni più tardi, prese i voti, e negli ultimi anni della sua vita fu nominato Vescovo. In questa veste, destinò tutti i suoi averi nell’assistenza ai poveri e al riscatto dei prigionieri; fu un instancabile predicatore, insistendo soprattutto nella zona di Flandes. Morì il 1 dicembre dell’anno 660, data che da allora si assunse per celebrarlo.

LA CORPORAZIONE DEI GIOIELLIERI, O PLATEROS O GREMIO DOS PRATEIROS

La grande importanza che la pellegrinazione giacobea andò assumendo durante il Medioevo convertì Santiago di Compostela in dei centri religiosi più importanti dell’orbita Cristiana. In conseguenza, la costruzione e il rinnovamento di monasteri, chiese e cappelle si incrementò non solo nell’area compostelana, bensì in tutta la Galizia, così come, parallelamente, divenne sempre maggiore la domanda di suppellettile d’argento da parte di privati, pellegrini, confraternite e altre istituzioni, tanto quella destinata alle celebrazioni liturgiche, quanto quella per offerte e donazioni.

Così, con il passare degli anni, il numero delle oreficerie e delle botteghe per la lavorazione dell’argento andarono aumentando considerevolmente, e ne troviamo documentata fin già dal XI sec. l’attività presso la Cattedrale. I plateros, insieme alla potente corporazione degli agenti di cambio, si incaricò di fissare il valore della moneta e degli oggetti in metallo prezioso, il cui commercio in Compostela procedeva a ritmo serrato. Grazie all’influenza guadagnata, poterono godere di numerosi privilegi, fra i quali citiamo l’esenzione dal servizio militare, e addirittura, in tempi di guerra il divieto per il Re, l’Arcivescovo egli altri funzionari, ad entrare nelle loro case.

I negozi dei gioiellieri si collocarono sempre molto vicino alla Cattedrale, dal muro di Piazza della Quintana, fino alla Porta Sud, tratto che tutt’oggi conserva il nome di Platerias.

Durante il Medioevo, la notorietà delle botteghe compostelane dedite alla lavorazione dell’argento era tale che spesso

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ricevevano commissioni anche dall’estero. Santiago iniziò ad accogliere mastri argentieri provenienti da tutta la penisola, e anche da altri paesi. Tuttavia, molte delle offerte donate da pellegrini e istituzioni provenivano da atelier lontani, stranieri, e portavano con sé sia innovazioni tecniche sia nuovi gusti artistici.

Nel XVII sec. cominciò un nuovo periodo di splendore per la produzione compostelana di suppellettile d’argento, che continuò sviluppandosi durante tutto il XVIII secolo, epoca nella quale fiorisce ugualmente la tecnica dell’incisione, così ché alcune delle famiglie più importanti di incisori –i Piedra, i Romay o i Melchor de Prado – esercitarono congiuntamente le due professioni. S’incrementò anche la produzioni di esemplari di carattere civile, sebbene continui a detenere il primato la domanda a carattere religioso.

Nel XIX secolo, con la Guerra d’Indipendenza, iniziò la spogliazione di buona parte del patrimonio artistico e la perdita di molte opere di oreficeria, fuse per coniar moneta. Tuttavia, l’attività dei gioiellieri continuò ad essere una delle produzioni artigiane più rilevanti della città, sopravvivendo saldamente ancor oggi e unendo alla produzione di forme tradizionali nuove sperimentazioni artistiche.

LA SUPPELLETTILE SITURGICA NELL´ARGENTERIA COMPOSTELANA Os Obxectos Litúrxicos na Pratería Compostelá

Parallelamente all’impulso della peregrinazione, le botteghe artigianali per la lavorazione dell’argento sorgono in tutta la Galizia per coprire l’incessante domanda da parte di chiese e monasteri, soprattutto di quelli strettamente relazionati con il cammino giacobeo. Le tipologie degli oggetti erano distinte: nella vetrine possiamo distinguere calici, tra i quali segnaliamo il calice per l’elemosina [4], commissionato da un arcivescovo per regalarlo ad una piccola parrocchia, con l’intento di incrementarne la ricchezza.

La croce processionale [6] e le patene [5] furono commissionate da parte dell’importante monastero di Santo Domingo di Bonaval della stessa città di Santiago. Le croci erano particolarmente importanti non solo in ambito liturgico e devozionale, ma anche sociale, perché rappresentavano la parrocchia in quanto entità autonoma costituitasi all’interno della comunità. La croce guida [7] proviene da una parrocchia vicina a Santiago, sotto la stessa titolazione dell’Apostolo, forse situata lungo il Cammino. Dal XVI sec., il proliferare della produzione di reliquari [8], in una grande varietà di forme, costituisce la conseguenza diretta del rafforzarsi del potere attribuito ai Santi dalla chiesa Cattolica, contro il rifiuto che invece ne professava la Chiesa protestante. Il possesso di reliquie costituiva, infatti, un obbligo per chiese e monasteri. Questa medesima causa determinò l’aumento della domanda di sculture [10] rappresentanti la personificazione di santi.

LA CONFRATERNITA DEI GIOIELLIERI E IL SIGILLO DELL´ARGENTO IN SANTIAGO DI COMPOSTELA A Confraría dos Prateiros e a Marcaxe da Prata en Santiago de Compostela

Sembra che durante l’XI sec., gli orafi già figurassero nel Collegio delle corporazioni che lavoravano al cantiere della cattedrale. I primi statuti che regolano le attività dei gioiellieri in Santiago vennero approvati nel 1431 e non vengono riformati fino al tardo 1786. La nascita della confraternita nella quale si riunirono è datata alla metà del XVI secolo. Le celebrazioni religiose della corporazione avvenivano nella cappella della Blanca nella Cattedrale e detenevano inoltre il diritto ad essere seppelliti nella Quintana dei Morti.

I primi sigilli di garanzia dell’argento apparvero in Santiago nel XIV secolo. Durante il XVI sec., il sigillo della località di produzione rappresentava san Giacomo Pellegrino; nel XVIII sec., il simbolo adottato divenne l’Arca Apostolica, ma verso la fine dello stesso secolo, e in relazione al cambiamento dello scudo cittadino, verrà nuovamente cambiato in un Calice con la Sacra Forma e la Croce inscritta [1]. Attualmente, sulle opere d’argento figurano ben tre

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timbri (quello dell’artefice ovvero il maestro argentiere, quello del cesellatore e quello della località di produzione).

L´INGENTE PRESENZA DI OGGETTISTICA NON COMPOSTELANA A numerosa Presencia de Obxectos non Composteláns

I secoli XVII e XVIII sono quelli di maggior successo per la produzione compostelana di oggettistica in argento, come ben dimostra l’aumento di artigiani locali con propria bottega, che da un secolo all’altro, si convertono da 57 a ben 137. A questi si devono sommare quelli provenienti da altre regioni della Spagna e dall’estero (Italia, Francia, Portogallo…) i quali, attratti dalla nuova euforia artistica che si sviluppava nella città e presso il cantiere della Cattedrale, giungevano a Compostela per lavorarvi temporaneamente alla creazione di commissioni private. Alcuni si installarono definitivamente a Santiago, come accadde nel caso del francese Claudio Pecul. Le creazioni di suo figlio Jacobo Pecu furono fra le più richieste e rinomate del XVIII sec. Esempio eloquente delle sue capacità tecniche ed artistiche è la croce professionale esposta nella vetrina [6]. D'altronde, i pezzi offerti dall’alto clero e dalla nobiltà a chiese e monasteri erano spesso commissionati a maestranze straniere o di altre città [2-3-4-9-] come dimostrano i calice prodotti dal maestro madrileno Luca de Toro nella prima metà del XIX sec. [4]

Scultura. Rappresentazione di un Santo XVIII-XIX sec. Argento e argento dorato in superficie Madrid

Coppa per ostie consacrate Prima metà del XIX sec. Argento con superficie dorata Barcelona

Croce processionale con la rappesentazione di Cristo e Della consigna del santo Rosario a San Nomenico Jacobo Pecul Montenegro Crespo, gioielliere Sánchez, autore Santiago di Compostela, 1794. Argento dorato in superficie Provenienza: Convento di Santo Domingo de Bonaval (Santiago de Compostela)

Calice per l’elemosina Lucas de Toro, gioielliere 1820 Argento e argento dorato in superficie Madrid

Reliquario Fine del XVIII sec. Argento fuso e sbalzato Madrid

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Calice con scene Della vita di Gesù José Casas, gioielliere Prima meta del XIX séc. Argento e argento dorato in superficie Barcelona

Calice Ricardo Martínez Costoya, gioielliere M. Aller, cesellatore fine XIX sec. – innizi XX sec. Argento dorato, sbalzato e inciso Santiago di Compostela

Calice con simboli della Pasione di Gesù Narcís Rosell (?),gioielliere Prima metà XIX sec. Argento dorato Barcelona

Calice Bermúdez (gioielliere?) M. Aller (cesellatore) Fine del XVIII – inizi del XIX sec. Argento e argento dorato in superficie Santiago de Compostela

Croce con la rappresentazione de la Inmaculada Concezione e di San Giacomo pellegrino Juan Montes, gioielliere Santiago de Compostela (?), 1671 Arento fuso e sbalzato Marca: MON/TES

Croce d’altare Bottega gallega Último terzo del XVI sec. (cruz); 1738 (piede) Argento fuso, cesselato inciso e bombato

Portapace con la rappresentazione di San Domenico che ricevere il Santo Rosario dalla Vergine J. Seijo, gioielliere Ultimo terzo del XVIII sec. Argento e argento fuso, cesellato, inciso, sbalzato Marque : “J/SEIJO” Provenienza: Convento di Santo Domingo de Bonaval (Santiago de Compostela)

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L’INCISIONE O GRAVADO

Il periodo più florido per la tecnica dell’incisione, praticata sia a rilievo (xilografia e linoleografia), che ad incavo (direttamente ed indirettamente) si registra in Santiago di Compostela nel XVIII sec. e sviluppatosi, anche questo, grazie all’istanza della diffusione del culto dell’Apostolo, tramite l’impiego di temi di impronta giacobea, da apporre sul gran numero di documenti che venivano redatti: le Compostelana, ovvero le certificazioni che accreditavano il compimento della pellegrinazione, i Sommari delle Indulgenze, attraverso i quali i Santi Pontefici concedevano determinati privilegi a coloro i quali si facevano onore di contribuiti di carattere benefico-religioso; la compilazione dell’elenco delle reliquie, gli itinerari del cammino e le stampe commemorative.

La stampe commemorative, dotate di un forte valore propagandistico, rappresentavano una delle tipologie più abbondanti. Attraverso queste si concorreva alla diffusione del culto nei ceti più popolari. Risultando tra i souvenir più economici, venivano comprate frequentemente dai pellegrini che le riportavano presso i propri paesi di origine. Oltre alle diverse iconografie del Santo (San Giacomo apostolo, pellegrino e cavaliere…) venivano realizzate anche immagini semplicemente connesse con la tematica giacobea, come San Rocco, la Vergine pellegrina, la Vergine del Pilar e un ampio campionario tratto dal Pastorale.

La tecnica dell’incisione sembra relazionata agli stessi rappresentanti della corporazione dei gioiellieri, come nel caso della famiglia Pietra, ma praticata ugualmente da architetti e scultori come Melchor de Prado e Miguel de Romay, il ché spiega la diversità e la perfezione del disegno nei motivi

ornamentali (cornici, iniziali, vignette) che decorano molte stampe.

Nello specifico, intorno al 1730 compare, attribuita a Jacobo della Piedra, una importante innovazione della tecnica xilografica: il “Boj de pie” che impiegava la “matrice di testa”. (In xilografia, la matrice è una tavola in legno: il legno è detto di "filo" se la tavola è tagliata longitudinalmente rispetto al tronco, oppure di "testa" se la tavola viene tagliata trasversalmente). Grazie a questa innovazione è possibile ottenere segni nitidi e dettagliati, impiegati soprattutto nela resa di elementi decorativi.

Lo sviluppo dell’attività degli incisori in Compostela procede unitamente alla produzione libraria, allargandosi anche a documenti non religiosi. L’Università, il Santo Tribunale dell’Inquisizione e altre Istituzioni sollecitano fogli stampati appositamente con temi araldici, ritratti di personaggi illustri, ecc. Si realizzano anche stampe a tematica tenico-scientifica e ludica, come le carte da gioco, di gran uso nella vita quotidiana, nonchè stampe con vedute della città e dei suoi monumenti. Quest’ultimo aspetto attrasse molti artisti forestieri.

“SAN GIACOMO APOSTOLO, PATRONO DI SPAGNA. Il quadro originale/ è conservato nel Palazzo Reale di Madrid” Juan Antonio Salvador Carnosa, illustratore Intorno al 1770 Impressione a bulino

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“Giubileo Pienissimo della Santa Apostolica Metropolitana Chiesa del Signor San Giacomo di Galizia, Unico e Singolo Patrono, Tutela e Protettore di Spagna, durante tutto il presente Anno 1717” Santiago di Compostela, Stampa di Antonio de Aldemunde, 1717 Illustrazione, calcografia

Nostra Signora della Pellegrina Enrique Mayer, incisore Santiago di Compostela, fine del XIX sec. Xilografia

San Rocco Secondo terzo del XIX sec. Santiago di Compostela Illustrazione

Chiesa di Pontedeume Santiago di Compostela, Angel Piedra, incisore Seconda metà del XVIII sec. INSCRIZIONE: “ Al grande Santiago, che come Tutelare della Illustre città di Pontedeume si venera nella sua Chiesa principale, che a suo maggior culto e gloria fu riedificata, dotata e consacrata dall’Illustrissimo Prelato il Signor Don Bartholomé de Rajoy y Lossada, Arcivescovo e Signor de Santiago, a memoria di esser stata battezzato qui. Nell’anno 1768”.

Scudo del Visconte di Pegullal Diego de Romay Junqueras, illustratore (+ 1694) Impressione con lastra di rame

Cornice ornamentale Attribuito a Jacobo de la Piedra, incisore Tra il 1750 e il 1788

Scudo di D. Jorge Cisneros o della famiglia dei Condes de Ximonde Attribuito a Malchor de Prado y Mariño Intorno al 1799

Pianta della città di Santiago, prima delle sette che compongono il regno di Galizia Manuel Salvador Carmona, illustratore Piano dell’architetto Juan López Freire il Minore 1796 Impressione a bulino

Selezione da un mazzo di carta da gioco 1818 Xilografia Inscrizione sulle carte in oro: “Fabbrica di Santiago”

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SALA VII

ICONOGRAFIA DI SAN GIACOMO: L’IMMAGINE DI SAN GIACOMO NELLA

STORIA ICONOGRAFÍA DE SANTIAGO: A IMAXE DE SANTIAGO NA HISTORIA

La rappresentazione dell’Apostolo San Giacomo Maggiore è stata fin dal Medioevo una delle iconografie cristiane più variate. L’ampia diffusione del culto in Europa, e dal XVI sec. anche in America, determinò che la sua immagine, nel tempo, non solo adottasse diverse attitudini a seconda delle istanze religiose e politiche che la dettavano (combinando opportunamente la figura d’apostolo, quella del cavaliere e quella del pellegrino), ma che ugualmente riflettesse mode e costumi delle epoche storiche e delle zone geografiche presso le quali tale immagine veniva elaborata.

San Giacomo è l’unico tra gli apostoli che mostra una tale varietà iconografica. Nelle rappresentazioni più antiche, gli erano conferiti gli attributi comuni a tutti gli altri apostoli: la tunica, il manto, la Sacra Bibbia, i piedi scalzi e il rotulo nel quale si citavano i nomi di ciascuno degli Apostoli e frasi tratte dai testi sacri. In questa veste, ci appare nelle prime notabili sculture conservate nella stessa Cattedrale di Santiago, ovvero quella conosciuta come “il Santiago fra i cipressi” nella Porta della Platerías (datata intorno al 1111-1116) e in quella del Portico della Gloria, opera del Maestro Mateo, realizzata intorno al 1188. L’atteggiamento d’Apostolo benedicente risale agli anni fra il 1135 e il 1140, nel Capitolo I del Liber Sancti Iacobi del Codice.

San Giacomo rappresenta, ugualmente, il pellegrino, che inviato da Gesù, intraprende il lungo viaggio per evangelizzare le remota penisola spagnola: non a caso, quindi, in alcune di queste antesignane rappresentazioni è dotato anche del cosiddetto Baculo, o bastone. La diffusione del culto e, di conseguenza, l’influenza del fenomeno della peregrinazione presso il suo sepolcro fece prontamente identificare la figura del Santo con quella dei ferventi devoti che intraprendevano il viaggio. La rappresentazione di San Giacomo seduto, o in Maestà potenziò ulteriormente la missione evangelizzatrice, così come il San Giacomo ritratto nelle vesti di Soldato di Cristo o di cavaliere sarà adottato spesso come simbolo della difesa della Fede Cristiana. La varietà delle iconografie giacobee si andrà arricchendo ancora con la figura del San Giacomo intercessore presso Dio e accompagnato dalla Vergine Maria, sua principale mediatrice.

SAN GIACOMO IN MAESTÀ SANTIAGO EN MAXESTADE

L’immagine di San Giacomo assiso, altrimenti detto in Maestà o in Cattedra, appare per la prima volta nella scultura della Cattedrale compostelana, ad opera del Maestro Mateo (1188, all’incirca). Tuttavia questo tipo iconografico non sarà molto frequente. Santiago si presenta come apostolo (con la tunica, il manto, scalzo e con il Libro Sacro) seduto, però, su trono lussuoso. Il Libro presenta, generalmente, un passo riguardante la missione evangelizzatrice: nella rappresentazione del Portico della Gloria, possiamo leggere la frase: Misit me Dominus (“Il Signore mi inviò”). Il bastone con l’impugnatura a forma di “Tau” che San Giacomo regge nella mano sinistra, presenta la forma tradizionale dei bastoni cerimoniali degli arcivescovi, che ricorda quello a cui si appoggiavano gli apostoli, durante il loro lungo e faticoso procedere alla diffusione dell’insegnamento di Cristo. In questa maniera, il Baculo potenziava l’idea della missione apostolica

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affidata direttamente da Cristo a San Giacomo e alludeva all’importanza di Santiago come sede episcopale.

Anni più tardi, nel 1211, si realizzò, per l’Altare Maggiore della Cattedrale, l’immagine plastica del San Giacomo assiso, della quale, sebbene altamente modificata durante il XVII sec. si può tuttora godere. Il Testo Sacro riporta questa volta Hic est Corpus Divi Iacobi Apostoli et Hispaniorum Patroni (“Qui si trova il corpo del Divino Apostolo San Giacomo, Patronio del Regno Ispanico”). Nel 1250, destinato ad una Cappella della medesima Cattedrale, si realizza un’altra scultura in pietra: l’immagine è la stessa, ma le viene apposta questa volta una corona, a celebrare San Giacomo regnante. In questo modello iconografico si riconoscono alcuni degli elementi distintivi dei pellegrini: la saccoccia in cuoio, la piccola borraccia, la cappa e il cappello a falde larghe.

Cronologicamente, le rappresentazioni di San Giacomo assiso non procedono oltre il XV sec. Al di fuori dell’orbita d’influenze gallega, se ne rinvengono poche attestazioni, collocate soprattutto in Francia, nella zona della Bretagna dove, probabilmente, le rotte marittime della pellegrinazione erano più battute. Nel XVIII sec. si tornerà a rappresentare con frequenza il San Giacomo in Cattedra, impiegando l’immagine dell’Altare Maggiore della Cattedrale come modello decorativo per documenti relativi alla pellegrinazione e brani di Orazioni che celebrassero, soprattutto, il San Giacomo in qualità di Patrono della Spagna.

Croce processionale Aplique posta all’incrocio dei bracci della croce che ritrae San Giacomo in Maestà

Manifattura ispanica Secondo terzo del XVI sec.

Stile gioielleristico Argento, dorato in superficie, cesellato,

incastonato di brillanti e lavorato a sbalzo

SAN GIACOMO PELLEGRINO SANTIAGO PEREGRINO

Nel XII sec. la pellegrinazione al santuario compostelano è un rituale largamente praticato in tutto l’Occidente europeo. La chiesa compostelana godette dell’appoggio del Papato, figurando come uno dei centri più importanti per la Cristianità. Il culto dell’Apostolo cresce potenzialmente: in tutti i territori cristiani si moltiplicano le chiese intitolate a San Giacomo. È in questo momento che comincia a svilupparsi un’ampia gamma di rappresentazioni artistiche dell’Apostolo.

In un primo momento, l’immagine del pellegrino prevale nella stessa Cattedrale compostelana, quando all’immagine propria dell’Apostolo, si conferiscono gli attribuiti tipici del viandante, il Baculo e la bisaccia. Il bastone o Baculo, serve per difendersi dai possibili attacchi d’animali selvaggi e dagli altri pericoli nei quali si può incorrere lungo il cammino. La bisaccia in cuoio è l’accessorio utile per conservare gli alimenti. Oltre alla scontata funzionalità, l’interpretazione strettamente ecclesiastica e religiosa voleva che questi oggetti detenessero soprattutto un profondo significato simbolico, ovvero quello del lungo percorso sulla strada della penitenza: il bastone rappresenta la difesa della Fede dalle tentazioni; la bisaccia, la mortificazione del corpo e la generosità dell’elemosina. Da allora, per lo meno dall’IX sec., la chiesa benedicendo durante una cerimonia tutti coloro che intraprendevano il cammino, consegnava a ciascuno questi due accessori simbolo.

Altri oggetti che tornavano utili al viandante erano la piccola borraccia per l’acqua e il cappello che, a secondo del luogo di provenienza del pellegrino e delle stagioni, poteva essere di materiali diversi e attenersi ai gusti di ciascun’epoca. La esclavina o cappa copriva il petto, proteggendo il torace dalla

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pioggia e dal freddo. Generalmente erano decorati con piccole conchiglie e bordi di materiale distinto.

A partire dall’XI sec., la vieira è universalmente adottata come simbolo della pellegrinazione giacobea. Nel sermone Veneranda Dies del Liber Sancti Iacobi (1135-1140) si tenta di giustificarne l’adozione proponendolo come emblema della carità, e comparando le sue venature con le dita di una mano. All’inizio le conchiglie, naturali o in metallo e ambra nera, si acquistavano nei dintorni della Cattedrale, come ricordo al ritorno a casa e insegna che certificava il compimento della pellegrinazione.

Tutti questi elementi appaiono indistintamente nelle rappresentazioni di San Giacomo, in minor o maggior numero. Nello specifico, gli indumenti e gli accessori ritratti riflettono, comunemente, la moda di ciascuna epoca e ciascun paese. Il Libro Sacro, ritratto chiuso o aperto, riporta indifferentemente passi inerenti alla missione apostolica. I primi modelli iconografici di San Giacomo pellegrino e viandante sorgono lungo il tragitto del cammino di Santiago intorno al XII sec.

LA TRANSFORMAZIONE DEL VESTIARIO NELL´ICONOGRAFÍA GIAOBEA As transformacións da indumentaria e o seu reflexo na iconografía do Apóstolo Santiago

Attraverso le rappresentazioni dell’Apostolo San Giacomo si possono osservare le costanti trasformazioni del costume nei secoli, non solo per quanto concerne gli accessori propri di viandanti e pellegrini, ma anche per quelli che generalmente costituivano il vestiario d’uso comune. Inoltre, gli abiti si differenziavano a seconda delle condizioni climatiche dei luoghi ai quali erano pertinenti –per esempio, il Santiago Pellegrino di Juan de Flandes indossa vestiti allora tipici del centro Europa -. Sebbene predominino la tunica e il manto come indumenti standard dell’Apostolo, tali elementi evolvono nel tempo,

adattandosi alle innovazioni stilistiche: così progressivamente vanno apparendo polsini, colletti, casacche, cinturoni, bottoni e diversi tipi di calzature, e tutta una serie di accessori provenienti tanto dall’ambito ecclesiastico che da quello popolare. Senza nessun dubbio, è il cappello l’articolo che varia maggiormente, passando dal berretto di tipo medievale a quelli a doppia falda, propri del XVIII sec.

riscontrare una prova singolare dell’evoluzione del vestiario attraverso queste due immagini dell’Apostolo. Entrambe le sculture in legno, datate intorno al XV sec. presentano indumenti simili: una tunica lunga fino ai piedi e una ropilla, una sorta di giubba striminzita, a maniche corte. La combinazione di questi due elementi di vestiario costituisce una moda del XIV sec. nata presso il ceto borghese parigino e presto diffusasi nel centro e Nord d’Europa, investendo indifferentemente le rappresentazioni di San Giacomo, dalla Scandinavia, all’Inghilterra, alla Spagna. Tuttavia, le sculture differiscono per il tipo di cappello: mentre il berretto con unica falda rialzata era di uso più popolare e di largo impiego in tutta Europa, quello a doppia falda laterale e terminazione a punta aveva origine inglese.

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San Giacomo Pellegrino Manifattura castigliana Fine del XV sec. –inizio del XVI sec. Legno intagliato-policromato e dorato Deposito di J. Varala Villamor

San Giacomo Pellegrino Juan de Flandes (1465-1519) 1505-1519 Olio su tela Probabilmente realizzato per la facciata dell’altare della Cappella Universitaria di Salamanca Deposito Museo del Prado

San Giacomo Pellegrino Scuola ispanico-fiamminga Fine XV sec. - Inizio del XVI Legno intagliato e policromo

San Giacomo Pellegrino Manifattura castigliana (?) Seconda metà del XV sec. Legno di pino castellano

San Giacomo Pellegrino Manifattura gallega (probabilmente) Ultimo quarto del XVI sec.- principio del XV Legno di castagno policromo

San Giacomo Pellegrino Manifattura gallega XIV-XV sec. Granito policromato

San Giacomo pellegrino Manifattura di Burgos 1500 circa Legno di rovere policromo, con residui di doratura

San Giacomo Pellegrino Scuola spagnola Stile ispanico-borgognese Secondo terzo del XV sec. Alabastro intagliato, dorato e policromato

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San Giacomo Pellegrino Juan de Juanes (inizi del XVI sec.-1579) 1560-1570 Olio su tavola Realizzato per la chiesa del Convento della Corona di Gesù dei religiosi di San Francesco di Valenzia

Santiago peregrino 1601-1625 Madera de nogal tallada Taller aragonés

San Giacomo Pellegrino

Manifattura castigliana. Stile romanista Secondo terzo del Xvi sec. Legno dorato e policromato Deposito di J. Varela Villamor

San Giacomo Pellegrino

XVI sec. Legno intagliato

San Giacomo Pellegrino Manifattura probabilmente portoghese Ultimo terzo del XVI sec. Alabastro intagliato

San Giacomo Pellegrino Secondo terzo del XVI sec. Legno con residui di doratura Deposito di J. Varela Villamor

San Giacomo Pellegrino Fine del XVII-inizi del XVIII sec. Legno intagliato, dorato e imbiancato

Altorilievo di San Giacomo Pellegrino Manifattura gallega XVI sec. Granito intagliato e policromo Proveniente della vicinanze di Padron

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San Giacomo Pellegrino Bernardo Lorente German Prima metà del XVIII sec. Olio su tela

Il mezzo busto di questo San Giacomo pellegrino presenta tutte le caratteristiche stilistiche e tecniche della pittura religiosa spagnola, risalente alla fine del XVII- inizi del XVIII sec. L’adesione a tali parametri artistici è individuabile, in primo luogo, nella composizione del quadro, con il soggetto colto di tre quarti, elemento distintivo di un tipo iconografico che si impone progressivamente tra il XVI e XVIII sec. Ma le caratteristiche principali proprie di questa epoca sono il naturalismo della rappresentazione, e la profusione di sfondi e tonalità oscure, che conferiscono all’opera un senso d’intimo raccoglimento religioso, in ottemperanza ai parametri ecclesiastici in tempi di piena Contro-Riforma.

Bernardo Lorente Germán (1680-1759), pittore di Siviglia, fu discepolo del più notevole pittore, suo contemporaneo, Bartolomé Esteban Murillo, sebbene la pittura di Lorente detenga una maggior forza espressiva. Per la qualità della sua opera, risulta particolarmente vicino agli artisti che lavorarono per Felipe V durante la sua permanenza in Siviglia, per il quale il Lorente realizzò un ritratto dell’infante Felipe. Il suo carattere riservato e il forte legame alla sua terra gli fecero rifiutare l’incarico di Pittore Reale, ma non la nomina nel 1756 a Membro dell’Accademia di Bellas Artes di San Fernando in Madrid.

San Giacomo Pellegrino

XVIII sec. Legno intagliato e policromo

San Giacomo Pellegrino Manifattura gallega Secondo terzo del XIX sec. Legno policromo Deposito di j. Varela Villamor

SAN GIACOMO CAVALIERE SANTIAGO CABALEIRO

La prima menzione di San Giacomo cavaliere, guida delle truppe cristiane contro i musulmani, appare in due testi della prima metà del XII sec. La Historia Silense e il Liber Sancti Iacobi del Codex Calixtinus raccontano la conquista miracolosa della città di Coimbra nel 1064 ad opera di Fernando I, grazie all’intercessione dell’Apostolo: si afferma la attitudine guerriera di San Giacomo come Soldato di Cristo, come miles Christi. Stando alla tradizione, San Giacomo già avrebbe collaborato con i cristiani alla conquista della stessa città, nell’anno 895. Nel 1125, venne redatto il Privilegio dei Voti, un falso documento nel quale si raccontava dell’intervento dell’Apostolo a favore di Ramiro I durante la battaglia contro gli infedeli, che ebbe luogo probabilmente presso al località di Clavijo nell’anno 859. L’obiettivo che s’intendeva realizzare era imporre il cosiddetto Voto di San Giacomo, una donazione obbligatoria, in cereali o vino, che i contadini dovevano offrire alla chiesa compostelana, a compensazione dell’aiuto ricevuto.

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La legittimazione di San Giacomo come cavaliere di Dio si manifesta già nel VIII sec. en un Inno liturgico del Commentario al Apocalipsis scritta dal monaco beato di Liebana, nel quale san Giacomo viene eletto protettore del regno spagnolo dalle calamità e dagli infedeli conquistatori. Dal X sec. i reggenti foraggiano il Patronato di San Giacomo sulla Spagna, sponsorizzandolo come un rapporto di patrocinato provvidenziale, di natura politica e miracolosa, grazie al quale tutta la comunità sarebbe stata protetta. I monarca invocavano San Giacomo non solo a sostegno della lotta contro i musulmani, ma contro ogni classe di avversità, incluse quelle che minacciavano dall’interno il regno spagnolo. L’Ordine di San Giacomo, istituzione emblematica nel confronto con gli eserciti maomettani, fu fondato nel 1170 da Fernando II.

Quella che viene considerata la prima rappresentazione plastica di san Giacomo cavaliere (datata all’incirca 1220) figura nel timpano della cattedrale compostelana. Bisogna tenere in considerazione che il ceto cavalleresco acquista importanza durante il Medioevo, epoca di conflitti territoriali e religiosi. Durante i primi secoli del Cristianesimo, spesso i santi vengono associati alla condizione di cavalieri o di soldati di cristo (San Demetrio, San Giorgio...) così da formare -per dirla con Beato da Liebana- gli Eserciti del Cielo. Sempre in groppa a bianchi destrieri, simbolo di purezza, i cavalieri, rappresentati in Maestà, lottano per liberare il mondo dalla malvagità, funzione che già rimonta all’Età Classica, identico ruolo attribuito a Maometto, nel mondo musulmano.

La disposizione guerriera di san Giacomo si andrà trasformando con il passare del tempo a seconda delle cause da difendere. Al principio, fatta eccezione per pochi documenti, l’accezione di San Giacomo come Soldato di Cristo, è poco frequente. Dal XIV

sec. si sviluppa la specifica immagine di San Giacomo Matamoros, chiaramente identificato dai soldati musulmani che giacciono ai suoi piedi. Sebbene la Reconquista spagnola sia terminata, la pressione dei turchi sui territori europei durante i secoli successivi rimarrà intensa, e tale rappresentazione guadagnerà nuovo significato. Dal regno di Carlo V, l’iconografia di San Giacomo Matamoros è incorporata al programma figurativo ufficiale, mirato all’esaltazione bellica e trionfale della monarchia spagnola durante il suo periodo di massima potenza e adottata dalla Chiesa compostelana come emblema della difesa dei propri privilegi. Il potere politico e quello religioso si consolidano così definitivamente, in momento, inoltre, profondamente seganto dalle controversie con i protestanti. L’immagine di San Giacomo, Patrono di Spagna, sarà l’emblema della legittimazione del potere fino al XX sec.

San Giacomo nella battaglia di Clavijo Anonimo XVII-XVIII sec. Olio su tavola

Reliquario Medaglione centrale con San Giacomo nella battaglia di Clavijo XVIII sec. Legno di pino casigliano, policromo, dorato; rame smaltato

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San Giacomo nella battaglia di Clavijo Anonimo XVII-XVIII sec. Olio su tela

San Giacomo nella battaglia di Clavijo Scuola madrilegna Seconda metà del XVII sec. Olio su tela Inscrizione sullo scudo di Alava, nel rovescio della tela: JUSTICIA CONTRA MALHECHORES”

Apparizione della vergine del Pilar a San Giacomo Andrés de Riola, incisore (+1744) Disegno di Domingo de Andrade, architetto (1639-1712) Dalla lastra originale in rame del 1949 ISCRIZIONE: “L’illustrissimo Signor Joseph de Yermo Arivescovo e Signore di Santiago concede 80 giorni di indulgenza a chi reciti una Ave Maria davanti a questa Santa Immagine della Nostra Signora del Pilar.”

L’associazione di San Giacomo alla Vergine Maria è intima e remota. Stando alla tradizione, la Vergine apparve all’Apostolo durante l’evangelizzazione della Spagna, incoraggiandolo a portare a termine la sua difficile missione (si vedano l’apparizione a Muxia e quella in Iria Flavia). Queste tradizioni mariane costituiscono un’esclusiva di San Giacomo in Occidente: per nessun altro degli apostoli, infatti,

sussistono tradizioni simili. La tradizione mariana fu sempre strettamente relazionata al mondo giacobeo: figura sia ne Las Cantigas, al capitolo Miracoli di Nostra Signora, redatta da Ponzalo De Berceo (1198?-1264?) per il Re Alfonso X il Savio (1252-1284), sia nel Libro II del Codice. Ugualmente, lungo il cammino di Compostelana si incontrano frequentemente chiese dedicate alle distinte vocazioni di Maria: Vergine del Cammino, Guida delle greggi, Pellegrina etc.

Questa scena si divide in due registri: in quello inferiore di ambientazione terrena appare San Giacomo con i suoi discepoli, indossando vestiario tipico e prostrandosi davanti alla Vergine, sullo sfondo si distingue una città, probabilmente Saragozza. Il registro superiore è ambientato in un luogo celestiale: la Vergine attorniata da angeli sostiene la colonna sulla quale, secondo la tradizione, avrebbe collocato una propria immagine, indicando il luogo esatto nel quale avrebbe dovuto innalzarsi un tempio in suo onore.

La rappresentazione iconografica della vergine del Pilar è frequente in Spagna. Nel XVIII sec. il tema acquista una connotazione ancora più apocalittica, aderendo alla descrizione di Suor Maria de Agreda ne la Mystica Ciudad de Dios del 1701, opera molto popolare. Questa stampa è l’esempio più singolare del nuovo approccio dedicato al tema in ambito compostelano.

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San Giacomo Protettore e intercessore davanti alla Vergine Scuola Spagnola XVII sec. Olio su tela

La composizione di questo quadro isola tre registri sovrapposti orizzontalmente. Quello inferiore contempla il mondo terreno, con il soggetto centrale (un moribondo), assistito da un sacerdote e da un sacrestano. Relazionati alla sfera mondana, riconosciamo i rappresentanti dell’oltretomba: i demoni infernali e i santi protettori del Paradiso, san Michele e San Giacomo, distinti dalla didascalia “Protector”. Nel registro intermedio presenzia la Vergine nella Gloria Celeste, attorniata da angeli e da Santi tra i quali San Pietro, San Paolo, San Geronimo, San Pietro Martire e Santo Stefano.

Il registro superiore è interamente occupato dalla Santissima Trinità: Dio Padre presiede al centro, alla destra Gesù Cristo e alla sinistra lo Spirito Santo.

Si tratta di una scena di antica tradizione funeraria: il “rimettere i propri peccati” davanti Signore nel momento della morte. Per questo, sul letto di morte figurano le virtù cardinali e quelle teologiche, le opere buone, e i peccati.

È una immagine a scopo moralizzante e didattico, realizzata come una sorta di promemoria della vita e del sopraggiungere della morte, commissionata da un devoto di San Giacomo.

La funzione di San Giacomo intercessore presso la Vergine si propone qui in maniera singolare, attenendosi a una tradizione che esiste fin già dagli albori del culto dell’Apostolo, citata altresì in alcuni miracoli del Codex Calixtinus(XII). Rispetto a quella degli altri santi, la sua capacità d’intercessione ebbe sempre accezione particolare, perché piuttosto che accogliere suppliche in merito a mali concreti, San Giacomo era invocato soprattutto per prevenire la morte e la dannazione eterna.

San Giacomo fra cipressi Schienale di Cattedra di Coro Anonimo 1500 all’incirca legno, bassorilievo

La rappresentazione di San Giacomo fiancheggiato da due alberi appare già nella facciata della Porta della Platerias della Cattedrale Compostelana (datata al 1111-1116). Nel Liber Sancti Iacobi, questi alberi sono identificati come cipressi, sebbene ricordino più delle palme. Decontestualizzato dalla sua originaria collocazione, questo bassorilievo formava parte di una più complessa rappresentazione del tema iconografico della Trasfigurazione di Cristo: sul Monte Tabor, alla presenza di San Pietro, San Giovanni e San Giacomo, Gesù riceve nuovamente conferma di essere il Figlio di Dio, il Messia, condannato a morire per mano degli uomini e a risorgere. Spesso, quindi, molte delle rappresentazioni pertinenti la Trasfigurazione di Cristo sono ambientate in paesaggi naturali di palme e cipressi, che alludono alle terre Palestinesi.

A differenza della rappresentazione de las Platerias, questa opera presenta San Giacomo con gli attributi tipici del pellegrino: la borraccia, il bastone, il cappello, la cappa, e la Bibbia. Ad entrambi i lati, degli alberi da frutto, di difficile identificazione.

Nella fantasiose tradizioni medievali, così come nella letteratura della stessa epoca, i cipressi e le palme detenevano significati sacri. In un sermone contenuto nel Codex Calixtinus, si compara San Giacomo ad una palma. Questa pianta ebbe carattere simbolico fin già dall’Età Antica, ricordando le ricche e fertili terre della Mesopotamia. Le palme stigmatizzavano, nel complesso immaginifico pagano, la vita, la fertilità, la immortalità e la vittoria; simbologia successivamente assimilata dalla religione cristiana, per celebrare il trionfo del martire sulla morte, la resurrezione di Cristo, l’immortalità dell’anima, la salvezza e, in primo luogo, il Paradiso. D’altra parte, anche il cipresso, albero sempreverde e dalla fortissima corteccia, fin dall’epoca classica venne associato, nell’ambito dell’iconografia cristiana, all’idea dell’immortalità, della resurrezione e del Paradiso.

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San Giacomo “Mataespagnoli” Manifattura di Cuzco (Perù) Secondo terzo del XIX sec. Argento cesellato e inciso

Nel XVI sec., una volta realizzatasi la Reconquista, ovvero la fine della guerra tra spagnoli cristiani e mussulmani, gli spagnoli iniziarono la scoperta e la conquista del Nuovo Mondo. L’Apostolo San Giacomo, figura altamente simbolica per gli eserciti spagnoli, fu invocato ora anche a sostegno della lotta contro gli indigeni latino americani. Si registrano leggende delle apparizioni di San Giacomo Cavaliere in tali circostanze, soprattutto durante le prime battaglie di conquista e colonizzazione. Ma in America sul modello iconografico di San Giacomo si produsse una complessa trasformazione, come conseguenza del intrecciarsi della religione cristiana alle credenze popolari autoctone.

Per gli spagnoli, il “San Giacomo Matamoroso” si convertì nel San Giacomo “Mataindios”; ma, a laoro volta, nel medesimo tempo, le popolazioni indie, azteche e incas, assoggettate dai grandi imperi, assimilarono San Giacomo Cavaliere con le proprie divinità guerriere. Per esempio, nella reliogione andina, al Dio Illapa –il Rayo- fu sovrapposto San Giacomo, identificato come il Figlio del Tuono, citato nei testisacri. Il diffondersi della figura di Santiago riscosse presso la popolazione indigena un successo ancor maggiore, testimoniato da chiese e villaggi di nuova fondazione intitolati all’Apostolo –Santiago di querétaro, Santiago del Chile, Santiago di Cuba, Santiago de Guayaquil…

Dal XVII sec. una volta assestatosi il dominio straniero sulle terre latino-americane, il “Sant Giacomo Mataindios” tornò ad essere “Matamoro”, intendendo così rifuggere una accezione oltraggiosa per la popolazione locale. Sull’onda delle aspirazioni indipendentiste delle

colonie del XIX sec., il culto dll’Apostolo è talmente radicato che San Giacomo si converte in “San Giacomo Mataspagnoli” o “Illapa Liberatore”, considerandosi ora un autentico protettore degli indios e sviluppandosi in merito tradizioni di leggendarie apparizioni del Santo, mentore e guida spirituale dei conquistati sui conquistatori.