Sade in drogheria - Guaraldi LAB...SADE IN drogherIa Racconti perversi SADE in DR ogh ER i A €...

21
I N A Z I R E I Guaraldi ROBERTO BARBOLINI SADE IN DROGHERIA Racconti perversi Guaraldi

Transcript of Sade in drogheria - Guaraldi LAB...SADE IN drogherIa Racconti perversi SADE in DR ogh ER i A €...

  • I N a z I r e I

    Guaraldi

    Gu

    ara

    ldi

    roberto barbolINI

    ro

    be

    rt

    o b

    ar

    bo

    lIN

    I

    SADEIN drogherIaRacconti perversi

    SAD

    E i

    n D

    Ro

    gh

    ER

    iA

    € 12,90

    il Divino Marchese, paladino di ogni lussuria, vaga per la pianura Padana, annoiato, cercando di realizzare l’estremo vizio; Sherlock holmes risolve “uno dei più singolari” casi della sua “mirabolante carriera d’investigatore” confrontandosi con l’ec-centrico scrittore (e mirabile passseggiatore) Ro-bert Walser; un gruppo di spiantati via Facebook rievoca l’era di Woodstock e di Jimi hendrix e i preti vanno in giro con la pistola, azzannano i pitbull e sembrano sbucare da un violentissimo hard boiled. La vera perversione di Roberto Bar-bolini, in queste cinque rotonde storie perverse, è stilistica: con superba capacità passa dal racconto storico allo sketch frugale, dal gergo telematico al dettato ottocentesco. invitando allo stesso tavolo Sade e Conan Doyle, Raymond Chandler e gio-vannino guareschi, Pier Vittorio Tondelli, Petrar-ca e i Pink Floyd. Più che una raccolta di racconti, questo è un abbecedario per capire la vertiginosa possibilità del narrare.

    Roberto Barbolini è tra gli scrittori italiani più riconosciuti. Tra i suoi libri ricordiamo Piccola città bastardo posto (1998) e L’uovo di Colombo (2014), editi da Mondadori e Ricette di famiglia (garzanti, 2011). ha introdotto i Romanzi e racconti di Dashiell hammett per l’edizione de “i Meridiani” Mondadori. giornalista, ha lavora-to a il giornale di indro Montanelli e a Panorama. Attualmente collabora con Qn - Quotidiano na-zionale.

    ISBN 978-88-6927-103-8

    Guar

    aldi

  • I NazIreI

    Guar

    aldi

  • © 2015 by Guaraldi S.r.l.Sede legale e redazione: via Novella 15, 47922 RiminiTel. 0541.742974/742497 - Fax 0541.742305www.guaraldi.it - [email protected] - [email protected]

    IsbN carta 978-88-6927-103-8IsbN pdf 978-88-6927-120-5IsbN ePub 978-88-6927-121-2

    Guar

    aldi

  • roberto barbolINI

    SADEIN drogherIaRacconti perversi

    Guaraldi

    Guar

    aldi

  • Guar

    aldi

  • sade IN drogherIaUna storia libertina

    Guar

    aldi

  • Guar

    aldi

  • 7

    È francese, viaggia in incognito, si ferma una notte sola. Modena, dove poi mi recai a dormire, è una città grande e bella. La strada principale, nel gusto di quella di Parma, è lunga, larga e ornata di belle costruzioni.

    Domani partirà per Firenze. Neanche il tempo di disfare i baga-gli e già s’è messo in caccia assieme a La Jeunesse.«Voglio provare emozioni, si tratta di scuotere la massa dei no-stri nervi con lo choc più violento che sia possibile…».La Jeunesse, il cui vero nome è Carteron, detto Martin Quiros, annuisce rassegnato. Anche stasera dovrà procurare al suo pa-drone un po’ di divertimento. Fa caldo, il caldo brodoso di fine luglio. Le donne passeggiano scollate sotto i portici. Il francese le guarda voglioso e annoiato allo stesso tempo. Detesta il Medioevo, così si lascia alle spalle il vecchio duomo con le sue inutili giostre di paladini, i mostri faceti sulle gargolle, la facciata romanica dove campeggiano le storie bibliche del peccato originale con la cacciata dal Paradi-so Terrestre e l’uccisione di Abele da parte di Caino. Svolta a sinistra del corso principale e, percorrendo la futura via Farini, arriva quasi davanti al palazzo ducale: un esempio di barocco alla Bernini cacciato a forza in una piazza troppo angusta per contenerlo. Ma tutto sommato lo trova charmant.

    Guar

    aldi

  • 8

    roberto barbolini

    È abbastanza spazioso e l’architettura mi sembra bella. Di fronte all’ala destra vi è la statua del principe su un piedistallo di mar-mo: è fatta con una pietra estremamente bianca.

    Sulla sinistra, poco prima che le livide occhiaie del portico in-quadrino il palazzo, c’è la salumeria più antica della città che la famiglia Giusti, stando all’insegna, si tramanda dal 1605. Dal suo metro e sessantotto scarso, ma ben proporzionato, il francesino ammicca a La Jeunesse: «Che ne diresti di un bel maialino vivo?». Già s’immagina il lattonzolo in abito da suora, col soggolo e il velo: un prete spretato gli sta impartendo una benedizione blasfe-ma con tanto di crocefisso mentre lui – Alphonse o Aldonze che dir si voglia – frusta la sgualdrina di turno prima di sodomizzarla con un grosso dildo e poi anche di persona. Ma la fantasia porco-fila dura troppo poco: beati i tempi in cui la blasfemia, l’empietà, la masturbazione nel calice riuscivano ancora ad eccitarlo.

    Se non vi è più alcun Dio, a cosa serve insultarne il nome? A cosa, mai, insozzare e deridere le sacre verità?

    Lo riprende la noia.La Jeunesse osserva preoccupato il viso pallido del suo padro-ne. Ha paura che ripiombi in quel genere di disperazione che va sotto il nome di mal d’amore. Proprio lui: il cinico, l’ateo, il vizioso, neanche due anni fa ha rischiato di andare all’altro mondo per una suorina gattamorta: la bella canonichessa sorel-la di sua moglie. Un fuoco di paglia? Senza dubbio. E tuttavia un fuoco divo-rante, una cotta da perderci la testa. E l’inizio della sua rovina.

    Quand on lira ceci je n’existerai plus, mon cher amour…

    Ha tentato il suicidio come uno sbarbatello qualsiasi, alla faccia della sua filosofia. Qual è mai il giovanotto che non fa qualche sciocchezza?

    Guar

    aldi

  • 9

    sade in drogheria

    Ormai ha trentacinque anni, ma non sembra rendersene conto. Per dieci giorni è rimasto tra la vita e la morte, invocando il nome di Anne-Prospère. Se ne vergogna ancora, mentre l’im-magine del porcellino vestito da suora assume improvvisamente le fattezze di lei. Allora scoppia a ridere ma d’un riso verde che lo agghiaccia dentro. Alle soglie del ghetto, davanti alla chiesa di San Giorgio posta a monito degli ebrei per incitarli alla conversione, gli riesplode la voglia di andare a puttane in quella città sconosciuta. E non poi così charmant, a mano a mano che il crepuscolo estivo allunga le sue ombre. La sera aumenta la sua voglia di giocare. Non gli interessa fare la bella vita, giocare è qualcosa di diverso. Chissà se ha ancora nella tabacchiera qualche pastiglia di Richelieu, quelle com-presse a base di cantaride che tre anni fa, a Marsiglia, l’hanno messo nei guai con quattro puttanelle nel bordello di Mariette. Ricorda ancora i loro nomi: Marianne, Rose, Marianette. E Marguerite, certo. Quella con la voglia di fragola sulla natica si-nistra. È stata lei a incastrarlo deponendo davanti al magistrato; come se i suoi problemi d’intestino, anziché alla scarsa igiene e alle schifezze che mangiava, fossero dovuti ai confetti miracolo-si con i quali il maresciallo di Richelieu suppliva alle défaillances della sua vecchia spada arrugginita. Povera Marguerite, povero oggetto inutile, vali meno della tua voglia di fragola, meno d’uno schiocco della frusta che ti dise-gna sulla pelle il destino del tuo torturatore per gioco. Dovrai pure ammetterlo: Alphonse, o Aldonze che dir si voglia, asso-miglia al bambino che strappa le ali alla farfalla per vedere come funziona il meccanismo. Niente di personale nelle ferite che ti infligge e da cui sgorga il tuo bel sangue color rubino. Per lui, capisci?, sei soltanto un giocattolo. E nessuno si sognerebbe mai di punire un bambino perché maltratta il suo orsacchiotto di peluche. Invece lo condannano a morte come sodomita e avvelenatore. Per le sue droghe di Marsiglia, figurarsi: quattro pasticche di Richelieu; più qualche innocua frustatina e un paio di giulive

    Guar

    aldi

  • 10

    roberto barbolini

    siringhe somministrate a sgualdrine consenzienti. Chiaro che si tratta d’una congiura. Dietro c’è il mostro, la furia, la iena, l’ar-pia; in una parola, la Presidentessa sua suocera. A scatenarne l’odio non è certo la perversione di Alphonse (o forse Aldonze), sulla quale è da sempre disposta a chiudere un occhio o più spesso a spalancarli, vogliosa, tutti e due. Ciò che Madame de Montreuil non sopporta, dal punto di vi-sta delle convenzioni sociali, è la relazione semi-incestuosa del genero con Anne-Prospère. Ciò che in cuor suo odia davvero è l’amore.Quando Aldonze (o Alphonse) viene decapitato sulla pubbli-ca piazza di Aix, quando il suo servo e complice Latour viene appeso alla forca finché morte non giunga, entrambi sono già lontani da Parigi. Il boia deve accontentarsi di due manichini.

    Je jure au mon amant de n’être jamais qu’à lui, de ne jamais ni me marier, ni me donner à d’autres…

    Quanto tempo è passato da quando Anne-Prospère ha scritto queste parole appassionate firmando la lettera col sangue, il suo preziosissimo sangue di canonichessa in fiore?Alphonse (o Aldonze) sospira ripensando alla loro fuga in Italia di tre anni prima. A Venezia, sotto falso nome, la spacciava per sua moglie. Visitavano chiese piene di splendidi quadri. Odore d’incenso. D’incesto, anche. Sospira di nuovo. Sente che sta per avere un’erezione e, come spesso gli accade in questi casi, si mette a pensare alla bella Lau-ra dai capei d’oro a l’aura sparsi: un’altra passione incestuo-sa non meno squassante di quella per la canonichessa. Perché Laura de Noves, la Laura amata dal Petrarca, morta di peste ad Avignone nel 1348, apparteneva per nozze alla sua famiglia e la fantasia di possederla fisicamente gli procura la corrobo-rante impressione di invertire il flusso delle generazioni, come un salmone che risalga la corrente non per riprodursi, ma per distruggere e cancellarsi.

    Guar

    aldi

  • 11

    sade in drogheria

    Laura mi fa girare la testa, ne sono preso come un ragazzo. Leggo di lei tutto il giorno e poi, di notte, la sogno.

    Così scriverà alla moglie dalla prigione: segno d’una passione che perdura nel tempo, o almeno di un’assidua fedeltà alle pro-prie manie. Tutto si può dire di lui, tranne che sia uno spirito volubile. L’eccitazione, però, gli dura poco. L’incesto mentale cede subi-to il posto alla malinconia.Per fortuna, La Jeunesse sa bene che cosa occorre fare in questi casi: basta portarlo al bordello più vicino. All’albergo s’è già fatto indicare la strada. Imboccano frettolosi una traversa dalle parti del ghetto, dove c’è la casa di piacere più rinomata della città. «Conte di Mazan! Xe propio elo? Cossa falo chì, in ‘sta zità de merda, con licensa parlando?».No: non è Giacomo Casanova, letterato e puttaniere; è un certo Ongaro che Alphonse (o Aldonze) sotto falso nome ha cono-sciuto a Venezia. Dannato scocciatore. Un amico di quel misterioso Goudar, av-venturiero e agente segreto, che proprio a Casanova ha soffiato la bella Sara, l’ha sposata e adesso s’avvale delle sue grazie per scoprire altarini e ottenere favori. Vado a puttane, vorrebbe rispondere all’intruso; perché non ci vai anche tu e mi lasci in pace?«Che piacere rivederla, M’sieur Ongarò. Qual buon vento?» flauta invece col suo tono più compito, rinfoderando la canta-ride e le fruste. Chiacchierano del più e del meno. In due passi si ritrovano davanti alla futura Accademia militare, il palazzo barocco che rispecchia le smodate ambizioni del duca, decisamente fuori scala rispetto alla città che governa.

    È bene, mia cara contessa, vedere l’arsenale e la sala di storia na-turale del principe. Tutto è in miniatura, ma tenuto con una cura e una proprietà che non ho mai visto da nessun’altra parte.

    Guar

    aldi

  • 12

    roberto barbolini

    Aldonze (Alphonse?) fissa sconsolato la statua bianca in mezzo alla piazza e con tutto il cuore, il suo freddo cuore di libertino, vorrebbe essere già alla pagina successiva.

    Da Modena mi recai a Bologna. Poiché non mi fermai affatto in questa città, non ve la potrei descrivere, signora contessa.

    Ah, se soltanto fosse già domani… Ma la vita, a differenza dei romanzi, odia le ellissi. Per spostarsi da un punto all’altro della propria esistenza si è costretti a percorrere tutti i punti interme-di. Nascono intoppi, inghippi, rallentamenti. Ad Alphonse – o Aldonze: il certificato di battesimo, ormai scolorito dal tempo, non scioglie il dubbio – sembra una congiura.Non più tardi di stamattina, per entrare negli Stati di Mode-na venendo in carrozza da Parma, ha dovuto passare quattro uffici doganali, pagando il dazio ogni volta. E adesso questo noiosissimo attaccabottoni veneziano si frappone tra lui e la notte. Quasi quasi avrebbe preferito Casanova, anche se lo giudica un mediocre seduttore e un libero pensatore da quat-tro soldi. Forse il signor Ongaro, così untuoso e insinuante, è una spia dei suoi nemici, un emissario della Presidentessa: a sua suocera non è certo bastata un’impiccagione in effigie. Quella strega lo vuole morto. Presto i sicari sbucheranno dai quattro lati della piazza, non lasciandogli scampo nella fuga: per Donatien-Aldonze (o Alphonse) François de Sade, incu-lator di femmine e ostinato philosophe, non esiste la promessa di un domani. Point de lendemain.Non se ne andrà mai più da questa città, palude senza scampo, che un inganno dei sensi gli ha fatto considerare a colpo d’oc-chio grande e bella. Improvvisamente la vita gli appare preziosissima. Preziosissimo quell’amore per effetto del quale era stato disposto a gettarla: ci vorrebbe una tecnica non ancora inventata, la fotografia, per rendere l’immagine di Anne-Prospère che gli si staglia nitida davanti agli occhi con tutti i colori e le promesse della vita.

    Guar

    aldi

  • 13

    sade in drogheria

    Filano sempre d’amore e d’accordo. Dopo Venezia visitano qual-che altra città italiana; finché, di punto in bianco, la canonichessa lo abbandona e, senza neanche fare i bagagli, se ne ritorna in Francia.

    L’ha perduta per un capriccio: forse lei gli avrebbe perdonato l’infedeltà commessa (tradimento è una parola troppo grossa), se solo Donatien non si fosse tirato dietro la bella maîtresse ita-liana facendola passare per la cognata, come prima aveva finto che la dolce canonichessa fosse sua moglie, della quale è invece la sorella. Sì, d’accordo, in tutto questo c’è un po’ di perversione, ma in fondo il marchese de Sade vuole soltanto provare emozioni. Fare nuove esperienze, non si dice così? Invece lei non lo perdona.

    Que la mort ne m’a-t-elle enlevée à ce fatal instant!

    Il convento: ecco, signore, la mia scelta definitiva. Non è una decisione improvvisa, dovuta al dolore per il vostro tradimento, ma un progetto meditato, il solo che mi possa far sopportare la vita. Vi prego perciò di non contrastarlo. Là, nella solitudine del chiostro, trascorrerò in pace il resto dei miei giorni, ignorata dal mondo. Lavorerò senza posa per cancellare dal mio cuore chi gli fu troppo caro.

    Le parole dell’addio sono ancora quelle dell’amore, ma in una grafia minuta, regolare, che sembra confutarle, suggerendo al perito calligrafo l’idea d’un cuore freddo da ramarro. O da badessa. Come se Dio in persona, invece dell’amico Inferno, avesse eletto Anne-Prospère a propria emissaria per vendi-carsi dell’odiato philosophe che non ha mai creduto nella sua esistenza. Donatien-Aldonze (o forse Alphonse) immagina di essere Pe-trarca la mattina del 6 aprile, Anno Domini 1327, nella chiesa di Santa Chiara in Avignone: quando ai suoi occhi inebriati di

    Guar

    aldi

  • 14

    roberto barbolini

    poeta appare per la prima volta Laura, al culmine della sua gio-vinezza in fiore. Gli sembra che quello sguardo, quella giovinez-za appartengano a lui. Chi ha mai detto che l’amore non s’impara sui libri?Questo incontro, mille volte risognato, Petrarca l’ha appreso dai suoi stessi versi; Laura de Noves, che a Hugues de Sade il Vecchio, secondo di quel nome, scodellò undici figli prima di morire di peste, vivrà per sempre nelle parole del poeta.Sade sogna la sua opera futura come quella d’un Petrarca del male: un’immensa architettura d’oscenità, vizio, ateismo, per-versione. Una cattedrale di parole per cancellare, non per ce-lebrare, il nome dell’odiosamata Anne-Prospère. Meglio: per impiccarla in effigie, come il boia di Aix ha fatto con lui e il suo servo Latour.Chiamerà in soccorso l’Inferno. Sì: l’Inferno, per trovare nel pa-ese delle chimere quello che si potrebbe sapere senza difficoltà solo frugando nella storia dell’uomo in questa età del ferro. Un giorno – ne è certo – si dirà sadista come oggi si dice petrar-chista.

    Questa nuova fantasia lo eccita oltre misura, ma l’oscena realtà non molla la presa.

    Come mai mi parli di Venezia? Io a Venezia non ci sono mai stato, è l’unica città d’Italia che non conosco affatto.

    Vorrebbe prendere per il collo il lurido spione, strozzarlo con le proprie mani improntate di vizio prima che possa dare l’allarme ai suoi sgherri. Poi, al bordello come niente fosse. E addio si-gnor Ongarò, schiavo vostro. Non sarebbe difficile farlo sparire nel naviglio che, al lato estremo della città, lambisce la facciata posteriore del palazzo principesco con le sue acque moribonde, immemori delle piene del Po e del mare di Chioggia. Invece, da vero masochista, finge distrattamente d’ascoltarlo e continua a pensare alla cognata.

    Guar

    aldi

  • 15

    sade in drogheria

    «El vegna con mi, sior conte: ghe garantisso che no sel pentirà: se magna e se beve, se zoga a zechineta e poi ghe xe du’ o tre putele de tredese o quatordese ani, bele come melagrane in fior, con el morbin soto la vesta».Dietro l’aria distratta del conte di Mazan, il marchese de Sade suo gemello già strepita e lotta per uscire. Fruste, clisteri, sede-ri; sangue, sudore, sperma; lacrime, suppliche, repliche; tremiti, gemiti, vomiti; sodomia, blasfemia, blenorragia…

    Niente da fare: oggi il dérèglement de tous les sens non gli rie-sce proprio, sarà colpa del caldo sciropposo che intorpidisce e snerva. Mentre entra al bordello con lo spione veneziano, Donatien-Alphonse (o Aldonze) François, marchese de Sade e signore di Mazan, sempre scortato dal fido Carteron detto La Jeunesse ma conosciuto anche come Martin Quiros, non am-metterebbe mai di essere ancora innamorato.

    CogIto INterruptusDue sadisti reggiani

    Reggio è una città abbastanza simpatica e ariosa. La strada che l’attraversa è lunga, larga e piuttosto ben costruita. In questa città si vedono belle chiese. La principessa ereditaria di Modena, sepa-rata dal marito, vi tiene la sua corte. Corrado Costa, poeta e sadista, faceva l’avvocato a Reggio Emi-lia. Nel suo studio di via Guido da Castello passavano nani, subrettine, brigatisti, avanguardisti. Qualche anno prima di morire gli era venuta una strana malattia del sangue che lo costringeva a grattare via l’intonaco dai muri e a mangiarselo, meglio se colorato. Che c’è di male? Anche i seguaci dei san-ti Cosma e Damiano grattavano i muri dipinti per sbafarsi a scopo terapeutico le sacre immagini dei due martiri cristiani.

    Guar

    aldi

  • 16

    roberto barbolini

    E guarivano dalle scrofole o dal caghetto. Invece a Corrado la cura dell’intonaco non faceva nessun effetto, anzi continuava a deperire, finché una medichessa trovò il rimedio giusto facen-dolo innamorare.Il mio amico era un tipo ospitale. Nel suo feudo di famiglia a Mulino di Bazzano – baluardo degli antichi Stati estensi sulla riva sinistra dell’Enza, all’estremo confine col ducato di Par-ma – complottavano i poeti Adriano Spatola e Giulia Niccolai, che negli anni Settanta del secolo scorso facevano la rivista Tam Tam. Poco lontano, a Vetto d’Enza, il professor Anceschi tra-scorreva l’estate con sua moglie. In quegli anni, grigi più dei Piombi da cui in gioventù era evaso Casanova, il professore era il guru dei poeti d’avanguardia. Una volta Corrado gliene com-binò una grossa. Erano i tempi di Radio Alice e degli indiani metropolitani. A Bologna, dove il professor Anceschi insegnava estetica all’università, scoppiavano azioni di guerriglia urbana. Barricate, molotov, auto incendiate, negozi saccheggiati – e le immancabili cariche della polizia. Ogni tanto ci scappava il morto. Su una rivista underground uscì un disegno di Corrado: raffigurava il professor Anceschi con l’indice alzato, trasforma-to nella canna fumante d’una P 38.Poco prima, Corrado aveva pubblicato dalla Cooperativa scrit-tori La sadisfazione letteraria, dove Madame de Saint-Ange, protagonista della Filosofia nel boudoir, disserta tra un coito e l’altro col Divin Marchese sui supremi oltraggi della letteratura:

    Oh, amico mio, sorvoliamo… sorvoliamo su tutto ciò che concer-ne il piatto meccanismo della riproduzione, per soffermarci prin-cipalmente e unicamente sui piaceri libertini il cui spirito non è assolutamente riproduttivo. Sorella mia, io sono giovane, libertino, empio, capace di ogni de-pravazione, ma ho sempre un cuore!

    Amico mio, fottimi, ma non parlare!

    Guar

    aldi

  • 17

    sade in drogheria

    Il passaggio di Sade a Reggio Emilia, per quanto brevissimo, ha gettato un seme nel tempo: proprio lui, che per bocca di Madame de Saint-Ange asserisce di odiare la riproduzione, ha generato a distanza di due secoli questo figlio bizzarro di nome Corrado: non il solo. Nulla se non l’influsso del Divin Marchese può infatti aver spinto in quegli stessi anni un ragazzo di Cor-reggio, si chiamava Pier Vittorio Tondelli, a discutere con un altro reggiano, il professor Paolo Bagni dell’Alma Mater bolo-gnese, una tesi in estetica sui libertini francesi del Settecento. E a intitolare poi Altri libertini la sua prima raccolta di raccon-ti, cui toccò l’onore d’un processo per oscenità. Mancò solo, a Pier, la gloria corrusca di un’impiccagione in effigie.

    Mais reprenons mon histoire.

    «Aaaaaaaaaaaauh! (uah!)… Aaaaaaaaaaaauh! Ah, finalmente!».Donatien molla per un attimo il cappio che stringe il collo del-la ragazza per permetterle di tirare il fiato. Lei tossisce, il viso cianotico piano piano si tinge di rosso. Lacrime di spavento le irrigano gli occhi. Questo è il momento di sodomizzarla. Prima di stasera Donatien non l’ha mai fatto in una drogheria, fra l’o-dore delle spezie e della tela di sacco, dopo essersi fatto servire il cioccolatte e averlo versato, bollente, sulle carni nude del-la servetta. Ora lecca minuziosamente il brodo indiano via dai seni e dalle chiappe, mentre La Jeunesse applica i suoi magici cataplasmi alle ustioni sul corpo della ragazza. Neppure questo basta però a eccitare il suo padrone.Forse l’hanno drogato col cioccolatte; sì, dev’essere senz’al-tro così. La Presidentessa lo vuole impotente; ha sguinzagliato i suoi nemici per l’Europa con l’unico scopo di infliggergli questa umiliazione suprema, per confutare la sua filosofia li-bertina.

    Farmi condurre in prigione vivo o morto. Tali erano gli ordini della vostra infernale madre.

    Guar

    aldi

  • 18

    roberto barbolini

    Il solo pensiero dell’infame Presidentessa lo riempie di rabbia. Donatien afferra la frusta. Una garrula staffilata si abbatte con uno schiocco sulla schiena inerme di Ongaro, perso tra le co-sce accoglienti della maîtresse. Lo spione veneziano caccia uno strillo da maiale scannato e per reazione morde un capezzolo alla bella maîalessa, che si mette a ululare come lupa in calore. Ecco: la frusta sibila ancora nell’aria; un uragano di staffilate esplode sulle natiche ardenti della servetta, quelle belle nati-che minorenni color del cioccolatte che il cataplasma di Martin Quiros ha lenito solo per prepararle a nuove torture. Allora non stupitevi se anche la ragazzina si mette a gridare all’unisono con tutti gli altri in un’orgia vocale di dolore e d’amore, di gioia e di foja, mentre la frusta croia di Donatien, sibilante diapason di cuoio, continua a dare il “la” a quel sonoro paradiso d’uragani.

    Daignez le branler, je vous prie, pendant que je suce ce cul divin.

    Ah, come gode la bricconcella!

    Qu’elle serait délicieuse à enculer la petite friponne dans cet in-stant!

    Macché partouze: è un tremoto, un temporale, un giudizio uni-versale che, arrivato all’acme, esplode in un orgasmo cosmico in grado di sconvolgere i moti dei pianeti fino a trascinare la Terra fuori dalla sua orbita, infischiandosene dell’intersezione tra la sfera celeste e il piano dell’eclittica.

    Je suis Donatien, je ne regrette riiieeeenn!!!

    Un gigantesco cartello luminoso con questa scritta appare al centro della volta stellata mentre il grido muto di Donatien – un grido tutto cerebrale, da autentico philosophe – si propaga per incommensurabili eoni di tempo attraverso miliardi di galassie popolate di nane nere e giganti rosse per arrivare, incorruttibile ma corruttore, fino a lambire dei traviati come noi.

    Guar

    aldi

  • 19

    sade in drogheria

    No: non stupitevi se – scavalcando la barriera dei secoli – il grido libertino di quell’empio impunito s’è trasformato nell’ur-lo lancinante d’una chitarra hendrixiana. Così almeno viene percepito dal distorsore mentale d’un certo Mappo Fender, un punk assassino strafatto di coca che all’altezza della droghe-ria-caffetteria Giusti, proprio a due passi dalla chiesa di San Giorgio, ha appena infilato un punteruolo da ghiaccio nel collo sottile e venato d’azzurro della sua ragazza. Con storie come questa i giornali vanno a nozze. Soprattutto d’estate, quando non si sa come riempire le pagine di cronaca perché la gente è in vacanza e in città non succede mai un cazzo. Già vedo il titolo: Minorenne sgozzata da un drogato. Il diretto-re della gazzetta locale ringrazia il Cielo mentre prepara il suo commento da pubblicare nell’edizione straordinaria. Titolo di lavoro: Un gesto d’incomprensibile SADISMO. Incomprensibile lo è anche per Mappo. Invano s’affanna a spergiurare che non è colpa sua: lui, alla sua Mara, le voleva un bene dell’anima. A ordinargli di sgozzarla è stato quel signore in parrucca e redingote… Come, non l’avete visto? Se ne stava lì in disparte, tranquilla-mente seduto sui gradini della chiesa, continuando a fissare la scena col suo sorrisino glaciale. Un tipo non tanto alto, di fac-cia somigliava un po’ a Johnny Depp nei panni di Coso, come si chiama quel debosciato? Una specie di Sid Vicious dei suoi tempi. Dannazione, Mappo ce l’ha sulla punta della lingua… Quel film lui e Mara l’hanno visto assieme, come potrebbe mai dimenticarlo? No, macché Casanova di Fellini, come stoltamen-te suggerisce l’agente Caccamo rifilandogli un papagno, giusto per aiutarlo a ricordare. In effetti ricorda: il film si chiamava Il Libertino. Ma il pervertito? insiste Caccamo, ammollandogli un altro sgrullone da cinefilo. Niente. Che cazzo importa? È quello là il mostro sanguinario che devono arrestare; è quella specie di frocetto in maschera il vero responsabile della gran macelleria. Sui gradini della chiesa però non c’è nessuno. Evidentemente il gentiluomo ha approfittato della confusione per filarsela all’in-glese: lo fanno anche i francesi, in caso d’emergenza.

    Guar

    aldi

  • 20

    roberto barbolini

    «Dovete credermi, perdìo, l’ho visto coi mei occhi!» si sgola Mappo mentre i pulotti lo stanno ammanettando. Ma quelli continuano a suonarlo come un tamburo pensando che abbia le traveggole e forse hanno ragione. Sarà colpa della coca. O dell’emozione: in fondo è la prima vol-ta che uccide l’oggetto del suo amore. Ed è anche la prima volta che prende tante botte. Finché Mappo molla di colpo e scoppia a piangere. Ma anche nel delirio delle lacrime continua a incol-pare il francesino fantasma. No, non riesce proprio a spiegare come mai ha provato l’impulso irresistibile di obbedirgli. An-che perché, a ripensarci, quel demonio in giustacuore e jabot di pizzo non somigliava affatto a Johnny Depp. Ma cosa importa, ormai? Mara è morta per sempre. Il suo corpo giace sul selciato, coperto da un lenzuolo che si tinge di rosso. «Eppure l’amavo» singhiozza Mappo, mentre un paio di que-sturini lo sbatacchiano un altro po’, tanto per tenersi in alle-namento, e dalle tasche gli esce una giarrettiera appiccicosa di sperma.«E questa, eh, da dove viene?».Lo sbatacchiano ancora, sempre più rudemente, tanto che a fu-ria di sbatacchiarlo qualcosa gli ritorna in mente. Sì, sarebbe pronto a giurarlo: mentre infilava il punteruolo nella carotide di Mara gli è sembrato di sentire un grugnito disperato sprizzarle fuori col primo fiotto di sangue.Come quando si sgozza un maiale.

    HONNI SOIT QUI MAL Y PENSE

    Donatien ha suggellato la porta della drogheria con il pretenzio-so reggicalze della maîtresse: una nuvola di pizzo adorna d’un piccolo gioiello a forma di lucchetto. Nessun fantasma può at-traversare una porta sbarrata da una giarrettiera. Eppure quel grugnito di bestia sgozzata con cui Mara ha esalato l’anima con-tinua a perseguitare Donatien dal futuro, tormentando i suoi sensi inutilmente esasperati dalle droghe e dalle fruste. Anche quest’orgia s’è ormai inutilmente consumata. Nulla distingue,

    Guar

    aldi