«S'acaba sense pena ni glòria, com solen acabar els segles ... · Bernat Metge, segretario della...

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ANNA MARIA COMPAGNA - VALENTINA RIPA Università "Federico II" di Napoli «S'acabà sense pena ni glòria, com solen acabar els segles» (Josep Pia). Bernat Metge e Santiago Rusiñol e la fine dei loro secoli l 0. Il fine secolo, si sa, è sempre carico di grandi aspettative di cambia- mento che mettono in moto tutto un miscuglio di emozioni (paure, ansie, an- gosce, speranze, desideri, previsioni, predizioni, presagi...) che possono trovare espressione nella scrittura. Per quanto riguarda la letteratura catalana ci è sem- brato che le citazioni riportate per il lemma segle (nel senso di 'espai de cent anys') dal Diccionari Català-Valencià-Balear di Alcover e Moli 2 potessero co- stituire un punto di partenza, o per lo meno una scusa, per offrire una lettura in questa prospettiva di due passaggi centenari che preludono ai due momenti indubbiamente più notevoli di questa cultura: il '400 e il '900. Partiremo quindi da queste due citazioni. La prima è estrapolata dal Somni di Bernat Metge (1399); in essa si coglie quel miscuglio di emozioni di cui si diceva e che sembra acuirsi nei fine secolo e questo appare ancora più vero di fronte al- l'incalzare degli eventi della fine del '300: si tratta della necessità emotiva del- l'uomo, diffìcilmente razionalizzabile, di pensare al futuro e di prevederne gli svolgimenti; la frase dice: «No sé com se acosta a les penses deis hòmens una pronosticado o devinatió deis segles esdevenidors»; la fonte sono leTusculanes di Cicerone. La seconda citazione è presa dallo studio Santiago Rusiñol i el seu temps (1955) 3 , di Josep Pia; essa fa parte del capitolo che tratta più specifica- mente della fine del secolo XIX e, letta nel suo contesto, costituisce un modo 1 I paragrafi 0, 1 e 3 sono di Anna Maria Compagna; il paragrafo 2 è di Valentina Ripa. 2 Antoni M.a Alcover i Francese de B. Moli, Diccionari catata, valencia, balear-, 10 voli., Palma de Mallorca, 1955-1968. 3 Marina Gusta, Josep Pia, in Marti de Riquer, Antoni Comas, Joaquim Molas, Historia de la literatura catalana, voi. X, Barcelona, Ariel, 1987, pp. 129-189, qui p. 170. Al 1942 risale il libro in castigliano Rusiñoly su tiempo {ivi, p. 133).

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ANNA MARIA COMPAGNA - VALENTINA RIPAUniversità "Federico II" di Napoli

«S'acabà sense pena ni glòria, com solen acabar els segles»(Josep Pia). Bernat Metge e Santiago Rusiñol

e la fine dei loro secolil

0. Il fine secolo, si sa, è sempre carico di grandi aspettative di cambia-mento che mettono in moto tutto un miscuglio di emozioni (paure, ansie, an-gosce, speranze, desideri, previsioni, predizioni, presagi...) che possono trovareespressione nella scrittura. Per quanto riguarda la letteratura catalana ci è sem-brato che le citazioni riportate per il lemma segle (nel senso di 'espai de centanys') dal Diccionari Català-Valencià-Balear di Alcover e Moli2 potessero co-stituire un punto di partenza, o per lo meno una scusa, per offrire una letturain questa prospettiva di due passaggi centenari che preludono ai due momentiindubbiamente più notevoli di questa cultura: il '400 e il '900. Partiremoquindi da queste due citazioni. La prima è estrapolata dal Somni di BernatMetge (1399); in essa si coglie quel miscuglio di emozioni di cui si diceva eche sembra acuirsi nei fine secolo e questo appare ancora più vero di fronte al-l'incalzare degli eventi della fine del '300: si tratta della necessità emotiva del-l'uomo, diffìcilmente razionalizzabile, di pensare al futuro e di prevederne glisvolgimenti; la frase dice: «No sé com se acosta a les penses deis hòmens unapronosticado o devinatió deis segles esdevenidors»; la fonte sono le Tusculanesdi Cicerone. La seconda citazione è presa dallo studio Santiago Rusiñol i el seutemps (1955)3, di Josep Pia; essa fa parte del capitolo che tratta più specifica-mente della fine del secolo XIX e, letta nel suo contesto, costituisce un modo

1 I paragrafi 0, 1 e 3 sono di Anna Maria Compagna; il paragrafo 2 è di ValentinaRipa.

2 Antoni M.a Alcover i Francese de B. Moli, Diccionari catata, valencia, balear-, 10 voli.,Palma de Mallorca, 1955-1968.

3 Marina Gusta, Josep Pia, in Marti de Riquer, Antoni Comas, Joaquim Molas, Historiade la literatura catalana, voi. X, Barcelona, Ariel, 1987, pp. 129-189, qui p. 170. Al 1942 risaleil libro in castigliano Rusiñol y su tiempo {ivi, p. 133).

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spiritoso per indicare che il momento di passaggio fra Otto e Novecento noncomportò nessun evento rilevante sul piano astronomico: «S'acabà sense penani glòria, com solen acabar els segles», anche se il fine secolo in senso lato rap-presentò invece «un moment acusat que els historiadors de la sensibilitat regi-stren» 4. Il fine secolo continua quindi ad essere carico di forza emotiva, nelMedioevo come nell'epoca contemporanea, anche se cambiano i modi in cuitrova espressione nella scrittura.

1. La citazione che Alcover e Moli hanno tratto dal Somni di BernatMetge («Ne sé com s'acosta a les penses deis hòmens una prenosticació o devi-nació deis segles esdevenidors»5) è presa dal libro primo, dove è dibattuta l'es-senza e l'immortalità dell'anima6. La frase si trova all'interno di un «plagi gai-rebé literal de Cicero {Tuse. Disp., I.12-7)»7: il re defunto cerca di convincereMetge che sta veramente dialogando con lui perché l'anima non muore colcorpo8. Fra gli autori citati c'è Cicerone:

«Tul.li, en la primera disputado del seu Tusculà, diu, que aprés que l'hom ésmort, los seus amics no el ploren per tal que es pensen que no sia res, mas per 90com lo veen destituit e privat deis bens temporals; car si aqueixa opinió no era,no el ploraría algú. E acó ens dona a sentir natura sens alguna rao o doctrina.Molt gran argument és natura jutjar tan grans coses de la immortalitat de l'ani-ma, com tothom ha tan gran cura de les coses esdevenidors aprés sa mort.L'hom sovent planta arbres, deis quals no espera haver fruit. Lo savi ordona liéis

4 Josep Pía, Santiago Rusiñol i el seu temps, in Obra completa, XIV, Barcelona, EdicionsDestino, 19812, p. 187.

5 Bernat Metge, Lo somni, a cura di Josep M.a de Casacuberta, Barcelona, Barcino,1925, p. 40, righi 8-11: si tratta di un'edizione diversa da quella citata dal Diccionari.

6 «L'originalitat de la doctrina exposada en aquest primer diàleg és gairebé nulla, peròla seva exposició revela un madur art en la composició i en l'adaptació de conceptes filosòficsdel Uatí a la llengua vulgar, i una curiosa capacitat que permetia a Bernat Metge de trobar ele-ments afins i relacionats entre ells en obres tan diverses i autors tan diferents» (Martí de Ri-quer, Historia de la literatura catalana, voi. Ili, Barcelona, Ariel, 19844, p. 97).

7 Bernat Metge, Lo somni, cit., p. 171.8 «El rei [...] argumenta que l'anima fou creada per Déu, que és substancia espiritual,

que és substancia propia, que és vivificadora del seu eos, que és racional, que és immortal — ai-xó a base de testimoni deis filòsofs gentils, deis jueus, deis cristians i deis mahometans - i queés convertible en bé i en mal» (Riquer, cit., p. 81).

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e estituts. Qué et penses ais que signific procreado d'infants, propagado denom, adopdó de filis, diligènda de fer testaments, edificado de sepultures, sinocogitar encara les coses esdevenidores aprés la mort?No és millor natura en lo Uinatge deis hòmens que d'aquells qui imaginen queson nats per ajudar, defendre e conservar los altres; ne puix creure per res quetan notable hom per la cosa pública se fos donat a mort, si pensàs que el seunom finís ab la vida, ne que james algún, sens gran esperanca d'immortalitat,exposàs a mort lo seu eos per la pàtria. Ne sé com s'acosta a les penses deis hò-mens una prenosticació o devinació deis segles esdevenidors, e majorment en losgrans enginys e alts coratges; la qual cosa tolta, ¿qui seria tan foli que incessant-ment visques en treballs e perills grans, així com fan los princeps terrenals? Equé em dirás deis poetes e deis subtils mecànics? No volen èsser ennobleíts aprésla mort? E los filòsofi, en los Uibres que escriuen, no hi meten llurs noms perhaver-ne glòria? Cert, sí ha fet la major part d'ells»9.

Sono argomenti che alla fine del secolo XIV acquistano una risonanzaparticolare, anche se, come abbiamo detto, sono ripresi dalle Tusculaneslü.Vengono così poste le basi della prosa catalana del secolo successivo. Del resto«Lo somni és la primera manifestado de prosa humanística a Espanya» n ed ènotevole come proprio il guardare al passato, e in particolare la citazione diCicerone, consenta e suggerisca di pensare al futuro, per trovare conforto inun presente carico di incognite, come la fine del '300 per Bemat Metge.

La crisi contemporanea acuisce quel senso di solitudine e di incertezzache contraddittoriamente è a monte della nuova mentalità e che a fine secolosembra farsi più pressante. Si tratta di una sorta di sgomento che finisce colcoinvolgere anche quello spirito critico che portava Metge verso convinzioni

9 Bernat Metge, Lo somni, cit., pp. 39-40.10 Questo testo di Cicerone costituisce «el que en podríem dir la base d'aquest primer

llibre de Lo somni, i això és el que li infon un inconfusible regust clàssic i un éstil de prosa quesolem anomenar ciceronià, ja que l'exceLlent Uatí d'aquesta font principal deixa traslluir, en ès-ser tradui't, una elegantissima prosa catalana, bellament periódica i ornada amb encertats i ex-pressius Uatinismes, tant lèxics com semàntis i sintàctics» (Riquer, cit., p. 97).

11 Ivi, p. 100. Espadaler dice che «mes que no pas per la presencia del món clàssic o perles referències culturáis que Lo Somni implica, la nova mentalitat es fa patent en el carácter ple-nament escèptic amb qué s'aborden els problemes que afecten l'espiritualitat i immortalitat del'anima que omplen tot el primer llibre». (Antón M. Espadaler, Historia de la literatura catala-na, Barcelona, Barcanova, 1993, p. 47).

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epicuree, come la negazione dell'aldilà, mettendole in dubbio, almeno quantole idee contrarie12. Si cercano punti di riferimento che rassicurino. Uno diquesti potrebbe essere quel procedimento espressivo identificato da Lola Badiacome autoencargo13, che vale appunto come autocertificazione. La Badia haindividuato «seis casos catalanes de autoencargo»14 che culminano propriocon Lo Somni di Bernat Metge e che abbracciano un arco cronologico ridotto(1371-1399): giust'appunto l'ultima parte del secolo, con tutto quel miscugliodi emozioni che esso comporta. Del resto, già la fine del secolo precedente erastata dominata dalla figura di Ramon Llull e dalla sua ansia di autocertificazio-ne, ed è proprio a lui che la Badia collega i suoi sei casi di autoencargo.

LA figura di Bernat Metge è dunque emblematica per lo studio della finedel '300: la sua produzione letteraria, e soprattutto Lo somni, non può capirsise non la mettiamo in relazione con i fatti del tempo, fatti storici e politici del-la fine di un secolo. È stato sottolineato come il riferimento al discredito deibanchieri, che troviamo nei versi 568-581 del Libre de Fortuna e Prudencia, ri-flette un problema immediato, il fallimento delle principali banche private diBarcellona15. Un fine secolo che si preannuncia particolarmente negativo eBernat Metge, segretario della cancelleria, copre un posto che gli consente direndersi perfettamente conto della situazione economica del paese. Ma c'è di

12 Xavier Renedo, L'heretge epicuri a Lo Somni de Bernat Metge, in Lola Badia & AlbertSoler, Intel.lectua.Is i escriptors a la baixa Edat Mitjana, Barcelona, Curial & Publicacions del'Abadia de Montserrat, pp. 109-127. «Los contenidos del epicureismo clandestino del sigioXIV, aclaran el sentido global de Lo Somni, cuyas dos mitades discuten sendos postulades bási-cos de la herejía en cuestión: suspender la fe en la inmortalidad del alma e identificar el biencon el placer de los sentidos» (Lola Badia, Fa che tu scrive: variaciones profanas sobre un motivosagrado, de Ramon Llull a Bernat Metge, in Ian Macpherson , Ralph Penny, eds., The MedievalMind. Hispanic Studies in Honour ofAlan Deyermond, Londres, Tamesis, 1997 (Monografías170), pp. 3-20, qui p. 11).

13 «Llamo autoecargo al hecho de que un escritor finja que una alta instancia lo escogepara redactar un mensaje de carácter ético, beneficioso para el lector; el motivo aparece en gé-neros narrativos y dialogados escritos en primera persona» (Badia, cit., p. 3).

14 Ibidem.15 «Aquests versos teñen un especial sentit si recordem que s'han escrit el 1381, que ha

estat considerai "l'any negre de l'economia internacional", i si tenim en compte que entre1381 i 1383 feren fallida les principáis banques privades barcelonines» (Riquer, cit., p. 40; ilriferimento è a J. Vicens i Vives, Els Trastàmares, "Biografíes catalanes", Barcelona, 1956, p.18).

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più: chi opera all'interno della cancelleria, e soprattutto chi è vicino al futuroJoan I, di cui dal 1375 Bernat Metge è ì'escrivà16, è oggetto di frequenti accu-se, più o meno fondate, sopattutto da parte dei regidors delle grandi città; è unmale che si manifesta negli ultimi anni di regno di Pere el Cerimoniós(+1387) e che va crescendo durante il regno di suo figlio Joan 117. Del resto,Bernat Metge è stato da poco nominato commissario per raccogliere, nei regnidi Aragona e di Valenza, i tributi promessi per il matrimonio del futuro Joan Icon Violant de Bar, celebrato un anno prima18, e l'incarico potrebbe avere at-tirato su di lui quegli attacchi che sembrano trasparire da certe note agri e pes-simiste del Libre, come quelle dei versi 486-50919.

Via via che si avvicina la fine del secolo peggiora anche la situazione diBernat Metge: l'ambiente a lui ostile che traspare dai versi si concretizza, all'i-nizio del regno di Joan I, nelle accuse che nel 1388 motivano un processo con-tro di lui, che però non gli interrompe la carriera20. Neanche la situazione delnuovo monarca è facile: tra i tanti problemi, egli si trova davanti quello dell'o-stilità contro i suoi ufficiali che va crescendo; se ne sarebbe dovuto discuterealle corti di Montsó, ma queste vengono interrotte alla fine del 1389 perchéBernat d'Armanyac ha invaso il nord della Catalogna. Joan I non le avrebbepiù continuate, né vi saranno altri parlamenti generali durante il suo regno21.Intanto nel 1390 Metge è diventato segretario e nel dicembre del 1392 i so-vrani lo fanno amministratore delle decime che Clemente VII, papa di Avi-gnone, ha concesso al re d'Aragona per una spedizione in Sardegna, che perònon viene intrapresa. E anche questo incarico è oggetto di gravi accuse22.

Un fine secolo particolarmente duro incalza: dal giugno del 1395 la pestesi estende per tutta la Catalogna. Per sottrarsi alla peste, che faceva stragi inCatalogna, la corte si trasferisce a Maiorca, dove rimane dalla metà di lugliofino alla metà di novembre del 139523; ma quando torna a Barcellona, la pestenon è ancora finita e allora si trasferisce nel Rosselló e nell'Empordà, da dove

16 Ivi, p. 32.17 Ivi, p. 40.18 Ivi, pp. 32-33.19 Ivi, p. 40.20 Ivi, p. 47.21 Ivi, p . 45.22 Ivi, pp. 52-54.23 Ivi, p. 62.

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Joan I non sarebbe più tornato24. Riquer ricostruisce nel dettaglio le ultimesettimane del suo regno, la cui conclusione è piena di tensione:

«El 18 de maig del 1396 Joan I, per primera vegada, es troba sol: les ciutats encontra d'eli i el consell reial traidor i complicat en una conjura que preteniaprendre-li la corona. L'endemà, el 19 de maig, «en hora de vespres», Joan I morísobtadament. No és aquest el Hoc per a esbrinar com morí Joan I — la caiguda decavali será una mentida oficial i piadosa que hom inventará mes tard —, car ésmolt arriscat fer-hi conjectures: Atac de cor produi't pel daltabaix? Suicidi? Siguíel que sigui, una cosa és certa: hom donará la culpa de la mort del rei Joan aisseus servidore íntims i consellers, i no únicament de la seva mort corporal, anstambé de la damnació de la seva ànima. I per tal d'anular aquesta brama Ramónde Perellós anirà al Purgatori per veure si hi era l'anima del rei [...], i BernatMetge, home mes modern, que no podia creure en la ingènua llegenda de santPatrici, escriurtà Lo somnv»25.

Riquer ricostruisce altrettanto dettagliatamente quel che accade dopo lamorte di Joan I fino al momento in cui il nostro scrittore offrirà il suo libro aMarti l'Humà26: il processo del 1396, le accuse fatte a Bernat Metge, la libera-zione (quando Martí I arriva a Barcellona, per la prima volta come re, il 27maggio del 1397, fa liberare tutti i consiglieri di Joan I che ancora erano agliarresti27), l'assoluzione (il 7 dicembre del 1398 il re Marti, stando a Saragozza,assolve tutti gli imputati di questo clamoroso processo, tra i quali c'è appuntoil nostro Bernat Metge28). A questo punto, durante il primo quadrimestre del1399, Bernat Metge scrive Lo somni29. Sembra che egli abbia concepito l'ope-ra come risposta alle accuse fattegli al processo. Ma la risposta che nel secondolibro Joan I da a Bernat Metge, che gli ha chiesto per quale ragione sia morto

24 Ivi, p. 63.25 Ivi, pp. 72-73. Riquer dice anche che il soggiorno a Maiorca del re e della corte fio. tal-

mente insopportabile per i maiorchini che ci fu chi «arriba a consignar que la propera i sobtosamort del monarca fou una mena de càstig divi degut a les opressions comeses en aquell regne»(p. 62).

26 Ivi, p. 73.27 Ivi, p. 78.28 Ibidem.29 Ivi, p. 80.

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così all'improvviso, non è certo chiara e univoca30. Quel che conta è che il resia al purgatorio e quindi sulla via della salvezza.

Ora dunque, nonostante il clima di sospetti e di paure di questo scorciodel '300 (un fine secolo che potremmo definire emblematico), Bernat Metgefu riabilitato e il secolo si poté concludere senza pena né gloria, come soglionofinire i secoli; ma ciò lo possono dire solo quelli che ne scrivono quando ormaiil secolo è finito (e così veniamo alla seconda citazione che ci interessa). A chiscrive in prima persona del fine secolo che sta vivendo non resta che cercarenel tempo passato quella sicurezza che al presente gli manca, sia pure per inter-rogarsi su che cosa lo aspetti, se non altro in una possibile vita ultraterrena, erifarsi a modalità espressive che valgano come certificazione, quali l'autoencar-go o la citazione di autori chiamati a testimone.

2.1. La seconda citazione ci immette nella fine di un secolo vista dallaprospettiva di un uomo che non ne conserva ricordi personali e che può per-mettersi, pertanto, un certo distanziamento critico o, al contrario, un approc-cio carico di consapevole simpatia verso i suoi protagonisti.

In Santiago Rusiñol i el seu temps31 Josep Pia unisce entrambi i tratti esvolge un'interessante operazione di recupero di un periodo storico, politico eculturale di grande importanza per la Catalogna, trascurato nel suo valore du-rante gli anni di egemonia noucentista.

Attraverso la biografia di Santiago Rusiñol, Pia riesce ad evocare e a con-segnare alla memoria collettiva gli ultimi anni dell'Ottocento catalano e i pri-mi del Novecento senza caricare di eccessivi significati il movimento esteticoche vi si identifica, attraverso un lavoro svolto in circostanze in cui era partico-larmente importante tenere ben presenti tutti i momenti della rinascita catala-

30 Se da una parte la morte del re fu dovuta a un disegno provvidenziale per riabilitarelui e i suoi compagni, dall'altra «els pecats de l'anima del rei Joan, deis quals no pogué penedir-se per la seva sobtada mort, es redueixen a tres afeccions que tothom sabia bé que eren moltpròpies d'aquell príncep: la música, i per aixó l'acompanya en el purgatori Orfeu; l'astrologia, ia aixó és deguda la presencia de Tirèsia, endeví famós; i la venatoria, per raó de la qual l'esperitde Joan I va acompanyat sempre de "falcons, astors e cans de diversa natura, qui cridaven eudolaven fort lejament". El que és important és que el rei és al purgatori, i per tant en via desalvació» (ivi, p. 89).

31 Pia, cit., pp. 283-596.

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na e considerarli nella loro continuità e unità, per farsi forti di fronte alle diffi-coltà sorte a partire dalla Guerra Civile32.

Come in altre occasioni, Pia non rinuncia a pubblicare il suo libro a cau-sa degli ostacoli posti agli scritti catalani, ma lo da subito alle stampe in casti-gliano, sebbene all'interno del testo ogni riferimento al país alluda esclusiva-mente alla Catalogna. Così, esistono due versioni della prima edizione: unacastigliana, pubblicata nel 1942 e una catalana, apparsa nel 195533; nel 1961,poi, l'autore arricchì il testo di nuovi dati34.

Il fatto che Pia abbia elaborato Santiago Rusiñol i el seti temps nell'imme-diato dopoguerra non sottintende unicamente che le circostanze incitavano alrecupero di ogni aspetto della cultura catalana, ma anche che l'autore era suffi-cientemente distante, sul piano cronologico oltre che su quello personale edemotivo, tanto dal periodo modernista quanto da quello noucentista e questaprospettiva gli garantiva una certa autonomia di azione. Siamo lontani dalladrammaticità, dalla tensione, dal coivolgimento che pulsa nel Somni di BernatMetge.

Il prologo alla prima edizione catalana è particolarmente significativo intal senso, pertanto vale la pena citarne almeno un brano:

«Mai no he cregut que jo fos l'home especialment dotat per a escriure sobre Ru-siñol. No he formar part de la generado que passa per una critica dura l'obrad'aquest artista. No he estat noucentista. La meva generació, posterior al nou-centisme, tractà de fer compatible l'ampia llibertat rusiñolesca, generalment ex-cessiva, amb l'estretor gòtica i provencalista, encara que molt elegant, deis nou-centistes. No sé pas on hauríem pogut arribar treballant sobre aquesta tenden-cia. Potser al no-res. Potser a alguna cosa positiva. En tot cas, ens ha estat im-possible d'arribar a una integrado a causa de circumstàncies de dominadoimpossible. Ara, [...] sempre em sembla que era necessari que algú intentes, ambmés forca i perspectiva, el que jo he fet»35.

Eppure il suo lavoro di integrazione gli riesce, sia grazie alla natura eclet-

32 «Després del cataclisme de 1936-1939, [...] Pia dona a la seva obra un carácter de ser-vei al país amb la voluntat de mantenir viu el passat i garantir, dones, la continui'tat». Gusta,cit., p. 140.

33 Ivi, pp. 133 e 170.34 Pia, cit., p. 289.35 Ivi, pp. 283-284.

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tica del personaggio biografato, sia in virtù della scelta di Pia di fornire una let-tura in chiave aneddotica della Catalogna y?» de sìècle, in una prospettiva chegli permette di rugare le difficoltà generate dal contrasto tra le sue idee esteti-che e il gusto modernista, in auge nel periodo trattato malgrado la disomoge-neità del movimento culturale che lo interpretava.

Se il binomio del titolo, Santiago Rusiñol- i elseu temps, sembrerebbe ri-mandare ad uno studio condotto sul doppio binario: biografia dell'individuoRusiñol - storia della collettività, dopo la lettura del testo si può constatareche l'autore ha invertito il consueto rapporto metonimico dove la biografia èparte della storia e l'ha considerata invece esemplificativa del contesto. Me-diante una sorta di paradosso potremmo dire che, specularmente alla grandeillusione modernista di poter agire sulla collettività mediante la mera azione in-dividuale, Pia ha ritenuto di poter offrire uno spaccato della fine dell'Ottocen-to a Barcellona attraverso la sola narrazione delle esperienze esistenziali di Ru-siñol e, marginalmente, di vicende e attività delle persone che gli erano più vi-cine.

Lo aiutava in questo l'idea che si era fatto del personaggio biografato: puressendo stato egli il corifeo àeW&festes modernistes e sebbene le sue opere pitto-riche e letterarie riflettessero per lo più la sensibilità dell'epoca, secondo PiaRusiñol fu, tra i suoi contemporanei, il meno «contaminat» dal Modernisme,grazie ad una «forca popular fortíssima» 36.

Nato nella Barcellona «menestral» degli anni della Restaurado, il Rusiñoldescritto da Pia possedeva uno straordinario senso dell'umorismo, un'ironiache, riversandosi anche su di sé, lo preservava dagli eccessi di sentimentalismoe di autocompiacimento; inoltre, era provvisto in parte di quello stesso buonsenso che caratterizzava la borghesia tanto beffeggiata nelle sue opere, o forsepiuttosto di uno scetticismo i cui esiti si confondevano con quelli del buonsenso ed era inoltre amante del teatro, della letteratura costumista e soprattuttodella vita in compagnia e delle feste, di cui fu un eccellente animatore37.

Queste caratteristiche, che resero enormemente celebre Rusiñol mentreera in vita e che lo facevano apprezzare tanto da chi professava le sue stesseidee sull'arte quanto da chi ne divergeva e dal grande pubblico, che lo com-

36 Ivi, p. 286.37 Per questi aspetti, cfr. anche Margarida Casacuberta, Santiago Rusiñol: vida, literatura

i mite, Barcelona, Curial-Publicacions de l'Abadia de Montserrat, 1997, p. 19.

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prendeva solo su certi livelli, sono anche alla base della scelta di Pia di occu-parsi di lui e della riuscita, poi, del suo testo: il fatto che il biografato riunissein sé la concezione dell'artpour l'art e le caratteristiche sopracitate ha reso pos-sibile il suo assurgere, per Pia, a paradigma del suo tempo.

2.2. Il tipo di lettura che Josep Pia compie del periodo compreso fra lafine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento è esemplificato dai titoli dei duecapitoli in cui ne parla segnatamente; si tratta di El final de segle: Els quatre gatse El final de segle: el 98.

Come si vede, entrambi evitano di riferirsi ai tratti più noti ed evidentidel movimento modernista: il primo capitolo si sofferma sull'aspetto fascinosoed aneddotico della Barcellona di quegli anni, il secondo sugli elementi che ac-comunarono lo spirito dei modemistes catalani a quello della coeva Generacióndel 98.

Nell'evocare la taula deis artistes de «Els Quatre Gats», dove sedevanoRusifiol, Casas, Utrillo, Mir e il giovane Picasso, Pia pone l'accento sugliaspetti più leggendari di quegli anni, gli stessi che permisero a Max Aub di for-mulare una straordinaria beffa artistico-letteraria38 e che ispirarono a Montalepagine di grande suggestione39.

In questa parte del libro - che è poi quella da cui Alcover e Moli hannoestrapolato una delle citazioni da cui siamo partite — Pia racconta divertito diquel caffè - birreria dove dominava «l'home vestit d'artista» 40, ma mette in ri-lievo anche la straordinaria vitalità del biografato e dei suoi amici, che «feren

38 Com'è noto, nel 1958 Max Aub scrisse un'accurata biografìa di Jusep Torres Campa-lans, pittore e catalano, inventore del cubismo insieme a Picasso e a Braque; l'opera, che erastata preceduta da una mostra di quadri completa di catalogo, riscosse un certo successo egiunse a suscitare ricordi di Campanals in chi aveva vissuto in prima persona il periodo prece-dente la prima Guerra Mondiale, che coincise con il trasferimento di Campalans in Messico.In realtà, tanto il personaggio quanto i quadri erano frutto della creatività di Aub, come eglistesso ammise prima di dare alle stampe la versione francese del testo. La traduzione italiana,redatta da Giuseppe Cintioli, è recente: Max Aub, Jusep Torres Campalans, Palermo, Sellerio,1992.

39 E u g e n i o M o n t a l e , L'età d'oro dei "Quattro gatti", in Fuori di casa. Con un ritratto del-

l'autore scolpito da Giacomo Manza, Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi, 1969, pp. 266-272.40 Pia, cit., p. 475. A proposito de "Els Quatre Gats", che fu fondato nel 1897, seguen-

do il modello offerto dal celebre cabaret artistique parigino "Le Chat Noir", si può leggere En-ric Jardí, Historia de Els Quatre Gats, Barcelona, Aedos, 1972.

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museus, llibres, drames, col.leccions notabilissimes, organitzaren una granquantitat de manifestacions culturáis desproveides de pedanteria, passaren perles seves mans obres d'art de primer ordre, crearen i llancaren Sitges, cultiva-ren una quantitat incomptable de relacions i d'amistats, intervingueren en lavida del país d'una manera Constant i decisiva» 41.

Con l'altro capitolo sul fine secolo lo scrittore si sofferma poi su alcunielementi di cui va evidentemente fiero in quanto catalano e che dunque glipreme sottolineare. All'interno della disomogeneità modernista, Pia isola gliaspetti più costruttivi: non quelli estetizzanti, tipici di un gusto che evade dalreale, ma quelle attività promosse da Rusiñol e dal suo gruppo che, in sostan-za, aprirono la strada alla vasta opera di «normalizzazione» culturale attuatadai noucentistes e che già sul momento consentirono alla Catalogna di viverepressocché al passo con i movimenti culturali sorti altrove in quegli stessianni.

Pia mostra di ammirare l'uomo che, sebbene fosse già anziano nella vita enelle attività e per quanto avesse abbracciato un'idea dell'arte che non implica-va un interesse reale per questioni di gestione del Paese, seppe precorrere certeattitudini regeneracionistas e seppe appoggiarle, quando si diffusero.

In tal senso, il biografo mette in luce l'importanza delle collezioni di Ru-siñol, soprattutto dell'ampia raccolta di oggetti di ferro battuto, di provenien-za per lo più catalana e medievale, che sono tuttora esposti al Cau Ferrai diSitges. A proposito di quella collezione, messa su con grande passione sin dal-l'adolescenza, Rusiñol aveva affermato che essa costituiva un tentativo di porrerimedio all'incuria che lo Stato Spagnolo riservava al patrimonio culturale delPaese. Ora, se un noucentista DOC avrebbe criticato l'attitudine individualistae quindi infeconda di Rusiñol, Pia considera invece semplicemente pregevolee degna di gratitudine la sua attività di collezionista.

Nello stesso ambito, egli mette in rilievo la scoperta e la divulgazione del-l'opera di El Greco svolte da Rusiñol con l'aiuto di Zuloaga, Casellas e Utrillo;Pia ricorda che quando, nel 1894, con una clamorosa «processione laica», Ru-siñol trasferì nella sua casa di Sitges i due quadri di El Greco che aveva com-prato a Parigi, non era solo il popolo a non conoscerlo, ma nessuno, né in Spa-gna, né altrove, si occupava ancora del pittore che sarebbe poi stato elevato aidolo della Generación del '98. Quando poi, sempre a Sitges, fu finalmente

41 Pia, cit., p. 487.

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inaugurato il monumento a El Greco per il quale Rusiñol si era tanto adopera-to, avveniva anche il disastro coloniale che rese più moderati i festeggiamenti ecausò una tensione ulteriore verso il regeneracionisme già presente nel magmadel modernismo catalano.

D'altronde, sebbene Rusiñol non abbia mai abbandonato del tutto la suaidea del conflitto, dell'irriducibilità tra artista e società, già in quegli anni alcu-ni suoi quadri e alcuni tratti della sua letteratura poterono essere interpretatiin chiave regeneracionista.

Può essere letto in questo modo il suo atteggiamento nei confronti delflamenquismo di cui era infarcita tanta letteratura teatrale catalana: Rusiñol loparodiava, nel teatro e nella vita e contemporaneamente contribuiva alla di-vulgazione e all'arricchimento della tradizione musicale autoctona. Tutto ciònon ha origine soltanto nella constatazione dell'estraneità alla cultura catalanadegli elementi del folklore andaluso, ma rappresenta anche un rifiuto della de-formazione a cui venivano sottoposti tali elementi folklorici e del loro assurge-re a paradigma della Spagna, che invece Rusiñol aveva conosciuto ben piùprofondamente nel corso dei suoi viaggi.

Nella stessa ottica, i suoi quadri della lunga serie «Jardins d'Espanya»mostrano una visione della Spagna diversa da quella pittoresca che veniva disolito diffusa, un'immagine più malinconica che Pia considera espressione,anche manierata, del languore modernista e del taedium vitae, ma che taluni,come Eduardo Marquina, che vi dedicò dei versi, o come Ephrem Vincent,critico del Mercare de Frunce, interpretarono come una lucida visione dell'ab-bandono e della decadenza in cui versavano le terre ispaniche alla fine dell'Ot-tocento, interpretazione che accolse poi lo stesso Rusiñol42. Del resto, si trattadi una polisemia che non stupisce di fronte ad un fine secolo composito e cru-ciale, come quello del secolo XIX, sul quale la seconda delle citazioni da cuieravamo partiti ci ha permesso di aprire una finestra.

3. È evidente che ci sono analogie e differenze fra i vari cambi di secolo eciò dipende anche da come sono vissuti dai contemporanei e da come sono vi-sti dai successori. Per questo ci è sembrato interessante mettere vicino duespaccati lontani nel tempo e per di più uno vissuto in prima persona da un au-tore medievale con forti implicazioni umanistiche e l'altro visto con gli occhi

Casacuberta, cit., in particolare pp. 285-290.

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di poi da uno dei principali rappresentanti del '900 catalano, quel Josep Piache da qualche parte ha detto «a la gent del meu temps ja no ens queda mesque el recurs de somniar, d'evocar, de retrobar el passat» 43. Del resto «Pia vautilitzar amb destresa la seva circumstància biogràfica per construir un joc,ambigú, entre la privacitat i la proclamado d'opinions a través de la reconstruc-ció del passat, del record personal o la descripció del present»44. L'«escripturatestimonial» si combina «amb ingredients de ficció»45.

Forse, oltre che mettere vicino due passaggi centenari che vicini nonsono e che per di più presentano una prospettiva diversa, quella di un contem-poraneo uno e quella di un successore l'altro, quella di un uomo oscillante fraMedioevo e Umanesimo, fra la ricerca di sicurezza e certo scetticismo criticouna, e quella di un uomo contemporaneo l'altra, distaccato, disincantato, spi-ritoso, ironico, non pienamente scettico, perché sicuro, consapevole della ripe-titività degli eventi, nonostante le incertezze delle attese, forse, dicevamo, cisarebbe piaciuto azzardare anche un confronto fra i due fine millennio dellanostra era, e verificare come le caratteristiche del fine secolo siano moltiplicateall'ennesima potenza quando il fine secolo è anche fine millennio. Ma questolo rimandiamo per ora a un altro momento. Perciò il discorso rimane aperto.

43 Cortes de lluny, p. 13: con data 1945, questo frammento appariva nell'edizione da bi-bliofilo del 1946 (cfr. Gusta, cit., p. 170).

44 Ivi, p. 129.45 Gusta, cit., p. 131.

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