Sabino Fortunato Conceptual Framework e Principi Di Redazione Def.

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Sabino Fortunato Conceptual Framework e principi di redazione nel bilancio d’esercizio* SOMMARIO: 1. Il progressivo affermarsi dei “Conceptual Framework” nella tradizione anglosassone. – 2. Scopi e contenuto del Conceptual Framework 2010 dello IASB. – 3. Lo “status” normativo delle disposizioni dello IASB CF alla stregua di norme programmatiche piuttosto che precettive. – 4. Il CF nella “gerarchia rovesciata” degli IAS/IFRS adottati dall’Unione Europea. – 5. Il contrasto tra lo IASB CF e il “Quadro concettuale” delle direttive contabili comunitarie. In particolare l’approccio deduttivo che fa prevalere la clausola generale della “true and fair view” nel diritto comunitario e nella legislazione nazionale, nonostante l’omologazione degli IAS/IFRS. – 6. (Segue:) L’emersione del principio di prudenza che valorizza la funzione di rendiconto degli amministratori del bilancio (accountability approach) rispetto alla funzione prospettica, utile per le decisioni degli investitori (usufulness decisions-making o asset-liability approach). – 7. La “prudenza dimidiata” nel recepimento degli IAS/IFRS nel diritto comunitario e nazionale. – 8. Qualche riflessione conclusiva. 1. Giovanni Colombo ha evidenziato, in uno dei suoi ultimi lavori, che, prima dell’attuazione della IV direttiva societaria nel nostro ordinamento, la disciplina del bilancio d’esercizio era organizzata su uno schema che alla clausola generale della “chiarezza e precisione” faceva seguire norme puntuali e specifiche su strutture e valutazioni 1 . Il che aveva consentito per 1 * Il saggio trae origine dalla relazione tenuta al Convegno in memoria di Giovanni Emanuele Colombo dedicato a “Il bilancio di esercizio tra principi 1

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Inscription of IAS/IFRS Conceptual Framework in the EU Accounting Law

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Sabino Fortunato

Conceptual Framework e principi di redazione

nel bilancio d’esercizio*

SOMMARIO: 1. Il progressivo affermarsi dei “Conceptual Framework” nella tradizione anglosassone. – 2. Scopi e contenuto del Conceptual Framework 2010 dello IASB. – 3. Lo “status” normativo delle disposizioni dello IASB CF alla stregua di norme programmatiche piuttosto che precettive. – 4. Il CF nella “gerarchia rovesciata” degli IAS/IFRS adottati dall’Unione Europea. – 5. Il contrasto tra lo IASB CF e il “Quadro concettuale” delle direttive contabili comunitarie. In particolare l’approccio deduttivo che fa prevalere la clausola generale della “true and fair view” nel diritto comunitario e nella legislazione nazionale, nonostante l’omologazione degli IAS/IFRS. – 6. (Segue:) L’emersione del principio di prudenza che valorizza la funzione di rendiconto degli amministratori del bilancio (accountability approach) rispetto alla funzione prospettica, utile per le decisioni degli investitori (usufulness decisions-making o asset-liability approach). – 7. La “prudenza dimidiata” nel recepimento degli IAS/IFRS nel diritto comunitario e nazionale. – 8. Qualche riflessione conclusiva.

1. Giovanni Colombo ha evidenziato, in uno dei suoi ultimi lavori, che, prima dell’attuazione della IV direttiva societaria nel nostro ordinamento, la disciplina del bilancio d’esercizio era organizzata su uno schema che alla clausola generale della “chiarezza e precisione” faceva seguire norme puntuali e specifiche su strutture e valutazioni1. Il che aveva consentito per lungo tempo di giustificare le posizioni

1* Il saggio trae origine dalla relazione tenuta al Convegno in memoria di Giovanni Emanuele Colombo dedicato a “Il bilancio di esercizio tra principi nazionali e internazionali”, svoltosi in Milano il 27 maggio 2011, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore ed organizzato con cortese solerzia dall’amico Giuseppe Rescio. In quella occasione ho inteso rendere un modesto e personale omaggio a Giovanni, al prof. Colombo, che tutti noi “bilancisti” consideriamo il padre del moderno diritto contabile in Italia, dopo l’isolato e pur pregevole lavoro monografico di De Gregorio della prima metà del Novecento. In compagnia della Sua opera pionieristica sul bilancio d’esercizio ho passato una intera estate, quando, studente alle prese con la tesi di laurea sui principi di chiarezza e precisione agli inizi degli anni Settanta, cominciavo a confrontarmi su queste tematiche anche alla luce delle prime sentenze che avevano aperto la stagione di quella che Jaeger ebbe a definire una vera e propria “guerra di religione”. I lavori e le sollecitazioni di Giovanni Colombo mi hanno accompagnato lungo tutti gli anni a venire, con occasioni di incontro che si sono rinnovate nel tempo, al di là dei molteplici Convegni durante i quali il Maestro affrontava argomenti così difficili, coniugando rigore e chiarezza in modo davvero eccezionale: dall’invito che accolse con vero piacere a tenere una relazione a Bari, nella mia Università d’origine, alla comune riflessione che il gruppo di lavoro coordinato dal compianto Gianfranco Campobasso andava svolgendo sulle armonie e disarmonie nel diritto societario in Europa, sino alle recenti giornate romane passate nella Commissione civilistica dell’Organismo Italiano di Contabilità, da lui presieduta con grande equilibrio e naturale competenza. Grazie, Giovanni.

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“riduzioniste” che appiattivano ed esaurivano la portata di quella clausola nel solo rispetto delle specifiche disposizioni legali2. Posizioni che sembrano rinviare a quanto, pur in un diverso clima economico e culturale, si attuava oltre Oceano con il prevalere - in materia di “financial statements” - del cd. rules-based approach che parimenti svaluta la clausola di origine britannica del “true and fair view”, da quando, sin dagli anni Quaranta del secolo scorso, il timore che la SEC potesse elaborare autonomamente proprie regole contabili indusse la professione contabile americana ad abbandonare – perlomeno nell’immediato – l’idea di adottare un sistematico “conceptual framework” e ad orientarsi verso la standardizzazione di “pratiche generalmente accettate”, raccolte spesso in maniera disorganica ed alluvionale3.

L’approccio comunitario, invece, anche per l’influenza esercitata dal nuovo ingresso della Gran Bretagna nella Comunità Europea, si veniva articolando con la IV direttiva degli anni Settanta su un triplice livello: alla clausola generale del “quadro fedele” - ovvero della “rappresentazione veritiera e corretta” - faceva seguire, ancor prima delle regole specifiche su struttura e valutazione, una “zona intermedia” di principi base, posti a fondamento di quelle regole specifiche. Nascono così, nei termini parzialmente codificati dall’art. 2423-bis c.c., “i principi di redazione” o “postulati” (come preferisce chiamarli la dottrina aziendalistica) del bilancio d’esercizio. In particolare vengono in evidenza: il principio del “going concern” e il principio di prudenza, nelle sue varie declinazioni di realizzazione dell’utile e di dissimmetria nella rilevazione di costi e ricavi; il principio di competenza e quello di continuità, nelle valutazioni (continuità sostanziale) e nelle strutture (continuità formale, sotto la formula che il bilancio di apertura deve corrispondere al bilancio di chiusura dell’esercizio precedente, principio peraltro non espressamente recepito nel nostro ordinamento perché considerato troppo ovvio, analogamente a quello della rilevazione dei deprezzamenti sia che l’esercizio si chiuda con utili sia che si

Cfr. G.E. COLOMBO, Dalla chiarezza e precisione alla rappresentazione veritiera e corretta, in A. PALMA (a cura di), Il bilancio di esercizio, 4a ed., Milano 2008, 72 ss.2 E’ nota al riguardo la posizione a suo tempo assunta da G. ROSSI, Utile di bilancio, riserve, dividendo, Milano, 1957, 18 e 25 ss.3 Per una diffusa analisi sul tema cfr. S.A. ZEFF, The Evolution of the Conceptual Framework for Business Enterprises in the United States, in Accounting Historians Journal, 26.2, Dec. 1999, 89 ss.; per una critica all’approccio positivistico e utilitaristico su cui si fondano i GAAP v. J.S. GANGOLLY-M.E.A. HUSSEIN, Generally Accepted Accounting Principles: Perspectives From Philosophy of Law, in Critical Perspectives on Accounting, 7.4, August 1996, 383 ss.; per la critica all’atteggiamento rinunciatario della SEC in materia di codificazione dei principi contabili (rappresentata come l’ostrica che nasconde la testa nella sabbia a fronte del FASB che mantiene il comportamento furbesco della volpe) A. ACEVEDO, The Fox and the Ostric: is GAAP a Game of Winks and Nods?, in Transactions: The Tennessee Journal of Business Law, 2010, 12, 63 ss.

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chiuda con perdite); il principio di separata valutazione degli elementi disomogenei delle singole voci e il discusso principio – di più recente introduzione - di valutazione secondo la funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo, che per alcuni dovrebbe coincidere con la prevalenza della sostanza sulla forma4.

Ma analoga, anche se più lenta, evoluzione si registrava negli Stati Uniti, ove il mai definitivamente abbandonato proposito di razionalizzazione dei principi contabili di generale accettazione si veniva finalmente a concretizzare con l’adozione, a far data dal 1978 e a tutto il 2000, da parte del FASB (lo standard setter nordamericano) di ben 7 documenti che fissavano gli “Accounting Concepts Statement” posti a fondamento della redazione del bilancio d’esercizio5.

Ai Concepts Statement del Fasb si ispirano, pur con alcune differenze non sempre marginali, il Framework for the Preparation and Presentation of Financial Statements dello IASC del 1989 (adottato poi nel 2001 dallo IASB) ma anche lo Statement of Principles for Financial Reporting, adottato nel 1999 dallo standard setter inglese, l’Accounting Standards Board (ASB)6.

Gli ultimi sviluppi di questo processo di concettualizzazione delle fondamenta del bilancio d’esercizio hanno impegnato, com’è noto, IASB e FASB in un progetto congiunto di convergenza7, nel cui ambito si colloca altresì la rivisitazione per fasi successive dei rispettivi “quadri concettuali”, con l’intento di pervenire alla elaborazione finale di un documento unico e comune, denominato Conceptual 4 Sussistono altresì, anche oltre la lettera dell’art. 2423-bis c.c., ulteriori principi di redazione impliciti o espressi in altre disposizioni sparse: il principio di chiarezza (che in verità si pone a livello di “postulato generale”, cioè come parte essenziale della clausola generale), il principio di periodicità, il principio della omogeneità rappresentativa (implicito nella scelta di una medesima unità di conto), il principio della materialità (o significatività o rilevanza), quello del divieto di compensazione di partite. Secondo Pontani (I principi di redazione del bilancio di esercizio, in A. PALMA (a cura di) (nt. 1), 101 ss.) si possono individuare altresì il principio di comparabilità (più formale che sostanziale), il principio di utilità per i destinatari e quindi di attendibilità e imparzialità, il principio di conformità a corretti principi contabili e il principio di verificabilità. Un discorso a parte meriterebbe il principio del costo storico. Sul principio di prevalenza della sostanza sulla forma mi permetto di rinviare a S. FORTUNATO, Inquadramento sistematico del principio “substance over form”, in Sudi in onore di Umberto Belviso, I, Bari, 2011, 463 ss.5 Vedi i documenti pubblicati nel sito FASB in http://www.fasb.org/jsp/FASB/Page/SectionPage&cid=11761563179896 I documenti sono consultabili presso i siti rispettivamente dello IASB e dell’ASB.7 Va sottolineato che negli Stati Uniti è piuttosto controversa l’opportunità di aderire all’adozione pura e semplice degli IAS/IFRS, per una sorta di superiorità che presenterebbero – secondo gli accademici americani – gli U.S. GAAP elaborati dal FASB rispetto per l’appunto ai principi contabili internazionali. Quella superiorità – si afferma – si tradurrebbe nella maggior tutela informativa garantita agli investitori e si rifletterebbe sul minor costo di raccolta dei capitali sui mercati finanziari statunitensi. Anzi, proprio per contrastare il successo dei mercati finanziari americani, l’Unione Europea avrebbe deciso di adottare gli IAS/IFRS favorendone la rapida espansione presso numerosi Paesi nel mondo (allo stato circa 120). In questo senso v. le critiche di D. ALBRECHT, Dave Albrecht-IFRS Critic, in http://profalbrecht.wordpress.com/2008/11/10/dave-albrecht-ifrs-critic/, secondo cui “IFRS is a language built for a financial market culture where corporate interests dominate those of investors. IFRS permits companies the ability to be as persuasive as possible in attempting to raise new capital. IFRS is all about giving companies flexibility in reporting”.

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Framework for Financial Reporting. Una prima fase è stata completata nel settembre 2010, data in cui il FASB ha provveduto ad approvare il Concepts Statement No. 8 e lo IASB a modificare il proprio Framework, entrambi gli organismi introducendo un Capitolo 1, dedicato all’obiettivo o scopo dell’informazione finanziaria di utilizzo generale (The objective of general purpose financial reporting), e un Capitolo 3, dedicato alle caratteristiche qualitative di un’utile informazione finanziaria (Qualitative characteristics of useful financial information)8.

I “Conceptual Framework” (che si inseriscono nel rinnovato quadro del principles-based approach in opposizione al più tradizionale rules-based approach e particolarmente sponsorizzato dalla SEC dopo gli scandali finanziari dell’ultimo decennio9) dovrebbero avvicinare quantomeno le metodologie e i postulati di elaborazione dei principi contabili della tradizione dell’Europa continentale a quelli del mondo anglosassone. Ma vedremo che questo avvicinamento deve percorrere ancora una lunga strada: le divergenze permangono marcate e la stessa tradizione anglosassone è ben lungi dall’essere omogenea, come a prima vista potrebbe sembrare.

2. Esaminiamo innanzitutto il significato dell’espressione “Conceptual Framework”, lo scopo che viene attribuito al documento così denominato e i relativi contenuti, ma soprattutto lo “status” normativo che gli viene riconosciuto. Ovviamente il punto di riferimento principale in questa analisi è costituito dal “quadro concettuale” IASB, per la portata che negli ordinamenti nazionali dell’Unione Europea hanno acquisito gli IAS/IFRS attraverso il Regolamento comunitario n. 1606/2002.

L’espressione, che ha un suo impiego più generale nell’ambito della ricerca scientifica10, designa nella scienza contabile “i concetti che sottostanno alla

8 Anche questi due documenti (il Concepts Statement No. 8 e il Conceptual Frameworkfor Financial Reporting 2010) sono consultabili nei siti rispettivamente del FASB e dello IASB.9 Cfr. SEC, Study Pursuant to Section 108 (d) of the Sarbanes-Oxley Act of 2002 on the Adoption by the United States Financial Reporting System of a Principles-Based Accounting System, Securities and Exchange Commission, Washington DC, 2003.10 Nella cultura anglosassone il CF o schema concettuale o paradigma indica uno strumento di mediazione fra la teoria e l’insieme dei dati fenomenici osservati, e in questo senso si radica nel pragmatismo filosofico sviluppatosi negli Stati Uniti nella prima metà del Novecento. Cfr. J. DEWEY, Logic: The Theory of Inquiry, New York, 1938; J. A. MAXWELL, Qualitative research design. An interactive approach (2nd Ed.), Thousand Oaks, 2005, 33 ss.; e per una sintesi delle varie nozioni utilizzate v. S. LESHEM-V. TRAFFORD, Overlooking the conceptual framework, in Innovations in Education and Teaching International, 44.1, 2007, 93 ss.; e A. SOLOMON-J. SOLOMON, A Conceptual Framework of Conceptual Frameworks: Positioning Corporate Financial Reporting and Corporate Environmental Reporting on a Continuum ,

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preparazione e alla presentazione del bilancio per utilizzatori esterni”11; insomma – come ebbe ad esprimersi il Fasb già in un documento preparatorio del 1976 – si tratta di una sorta di “costituzione, un sistema coerente di obiettivi interdipendenti e di concetti fondamentali che possono condurre a standard coerenti e che definiscono la natura, la funzione e i limiti della contabilità e del bilancio”12. E i suoi contenuti mirano, allora, a individuare: (i) lo scopo od obiettivo dell’informazione finanziaria, (ii) le caratteristiche qualitative che la rendono “utile”, (iii) la definizione, iscrizione e valutazione degli elementi che compongono il bilancio e (iv) le nozioni di capitale e di conservazione del capitale.

In estrema sintesi i passaggi principali del rivisitato CF possono ricostruirsi come segue: lo scopo dell’informazione finanziaria viene identificato tramite il principio di utilità (usefulness), e cioè nella soddisfazione dei bisogni informativi degli utilizzatori esterni individuati principalmente nei financial providers (attuali e potenziali investitori, finanziatori e altri creditori) cui devono destinarsi informazioni utili ad assumere le decisioni (decision making approach) circa la fornitura delle risorse (finanziarie) all’entità imprenditoriale. Per raggiungere tale finalità, il bilancio deve essere preparato e presentato nel rispetto: di due postulati di base (il principio di competenza e il principio di continuità aziendale o going concern), di due caratteristiche qualitative fondamentali, quali la rilevanza dell’informazione (intesa alla stregua della idoneità predittiva o confermativa dei dati) e la sua fedele rappresentazione, in termini di completezza neutralità e mancanza di errori; nonché di quattro caratteristiche qualitative di rinforzo, e cioè la comparabilità, verificabilità, tempestività e comprensibilità dell’informazione. Il “costo” rapportato al “beneficio” può comunque costituire un vincolo o limite nella preparazione dell’utile informazione finanziaria. Questa parte rinnovata del CF è poi seguita da contenuti che risalgono all’originario framework del 1985 e che saranno oggetto delle prossime fasi di revisione. Si tratta della individuazione e definizione degli elementi costitutivi del bilancio (le nozioni di attività passività ed “equity”, di ricavi e costi), dei criteri di iscrizione delle poste e dei criteri di valutazione (senza che al riguardo venga compiuta una scelta privilegiata), delle nozioni di capitale, utili e perdite e del concetto di conservazione del capitale.

disponibile nel sito business-school.exeter.ac.uk/.../2004/0405.pdf.11 Così lo IASB CF nella Introduzione: “This Conceptual Framework sets out the concepts that underlie the preparation and presentation of financial statements for external users”.12 Scope and Implications of Conceptual Framework Project, FASB, Stamford, Conn., 1976, 2.

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3. Ciò che preme subito evidenziare in questa sede è che il CF non si identifica con una puntuale “teoria contabile”13, avendo pur sempre una funzione pratica; ma non ha neppure lo “status” di uno standard contabile, nel senso che non individua una regola specifica di contabilizzazione di una determinata posta e quindi non ha carattere precettivo nei confronti dei redattori del bilancio, ma semmai è indirizzato allo stesso standard setter con due principali finalità: (i) assisterlo nello sviluppo di futuri principi contabili e nella revisione di quelli esistenti; (ii) assisterlo nel promuovere l’armonizzazione di regole, standard e procedure contabili relative alla presentazione del bilancio, fornendo una guida per ridurre il numero dei trattamenti contabili alternativi consentiti dai principi contabili medesimi. In realtà si riconosce generalmente che anche altri possono essere i possibili utilizzatori del CF, ma sempre in una prospettiva di ausilio piuttosto che in termini strettamente precettivi. E allora il CF può essere d’aiuto: (iii) agli standard setter nazionali per l’elaborazione di principi contabili locali; (iv) ai redattori del bilancio nell’applicazione dei principi contabili internazionali e nel trattare argomenti che questi ultimi non hanno ancora affrontato; (v) ai revisori nel predisporre il giudizio di conformità del bilancio ai principi contabili internazionali; (vi) agli utilizzatori nell’interpretare le informazioni recate dai bilanci redatti in conformità ai principi contabili internazionali; (vii) a tutti coloro che sono interessati all’approccio seguito dallo IASB nella formulazione dei principi contabili internazionali.

La conferma di questa limitata portata normativa, in senso giuridico, del CF è ribadita soprattutto dall’affermazione secondo cui il suo contenuto non è sovraordinato ad alcuno specifico principio contabile e che in caso di contrasto il requisito richiesto dal singolo principio contabile prevale sul requisito disposto dal CF.

13 La cultura anglosassone definisce una teoria contabile come “logical reasoning in the form of abroad set of principles that (1) provide a general frame of reference by which accounting practice can be evaluated and (2) guide the development of new practices and procedures”. Si possono individuare tre categorie di teorie contabili: le teorie normative o prescrittive, che definiscono il dover essere degli elementi costitutivi della contabilità e del bilancio e i criteri di valutazione e che hanno carattere accentuatamente deduttivo; le teorie induttive, che partono dall’osservazione delle prassi e si traducono in generalizzazioni delle prassi osservate; le teorie predittive o positive, che si limitano a descrivere e spiegare le prassi contabili piuttosto che a imporle e che sostengono ricerche di analisi delle prassi al fine di predire possibili esiti e comportamenti futuri (politiche contabili perseguite, etc.). Il CF è espressione di una “teoria contabile normativa”, ma normalmente non la esaurisce né si identifica integralmente con una specifica teoria. Ovviamente teoria normativa e rilevanza giuridica dei suoi contenuti o portata normativa/precettiva in senso giuridico non esprimono nozioni coincidenti. Cfr. Q. VORSTER, The Conceptual Framework, Accounting Principles and what we believe is true, inAccountancy SA, Jun. 2007, 30 ss.

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Il CF, insomma, contiene norme programmatiche piuttosto che norme precettive (diremmo in linguaggio costituzionale), norme che si indirizzano alle istituzioni piuttosto che agli operatori, ai quali tutt’al più forniscono in sede applicativa le basi interpretative dei singoli standard e, in difetto di specifiche disposizioni, una base integrativa per il trattamento di fattispecie del tutto nuove.

4. Né la conclusione si modifica ove si consideri la questione della rilevanza normativa del CF sul piano comunitario. E’ noto che gli IAS/IFRS trovano diretta o indiretta applicazione negli ordinamenti nazionali dell’UE per effetto del loro recepimento tramite il Regolamento comunitario n. 1606/2002, il procedimento di omologazione dallo stesso previsto e le opzioni estensive definite in sede di legislazione nazionale14. Ma è anche noto che il CF, in quanto non identifica uno specifico standard, non è stato oggetto di omologazione e recepimento. Una sorta di immediata portata precettiva, tuttavia, gli si potrebbe riconoscere per effetto del richiamo ad esso operato all’interno di specifici standard contabili, come accade in particolare con lo IAS 8 (par. 7-12 dedicati alla “Selezione e applicazione dei principi contabili”). Ma ancora una volta il riferimento ai contenuti del CF è concepito come ultima risorsa, poiché la prima e prioritaria fonte di regolazione è e permane, quasi come in un mondo autosufficiente, il singolo Principio contabile con le sue Interpretazioni e le eventuali relative Guide applicative. E solo ove la soluzione del caso concreto non sia così rinvenibile, lo sviluppo (o formulazione) di un pertinente principio contabile è attribuito al “giudizio” responsabile della direzione aziendale, insomma agli amministratori, i quali dovranno tener conto in primo luogo di alcuni postulati qualitativi di base e poi, in una sorta di “gerarchia rovesciata”, delle disposizioni e guide contenute in Principi e Interpretazioni su casi simili o correlati e soltanto in ultima analisi delle “definizioni, i criteri di valutazione e i concetti di misurazione per la contabilizzazione delle attività, delle passività, dei ricavi e dei costi contenuti nel Quadro sistematico”. E’ insomma qui ribadita la portata integrativa di ultima istanza del CF.

14 Al riguardo mi permetto di rinviare a S. FORTUNATO, I principi contabili internazionali e le fonti del diritto, in Giur. comm., 2010, I, 5 ss; nonché a M. CARATOZZOLO, Principi contabili internazionali (dir. comm. e trib.), in Enc. dir., Annali I, Milano, 2007, 909 ss.; e G. SCOGNAMIGLIO, La ricezione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS ed il sistema delle fonti del diritto contabile, in AA.VV., IAS/IFRS. La modernizzazione del diritto contabile in Italia, Milano, 2007, 30 ss.

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D’altro canto anche l’ipotesi del conflitto/incompatibilità tra finalità enunciate nel CF e disposizione dello specifico Principio contabile non potrebbe trovare, nell’ottica IASB, una soluzione che faccia prevalere le prime a discapito della seconda, come reso chiaro dallo stesso CF. Ciò si ricava anche dal pur precettivo IAS 1 (come rivisto nel 2007), secondo cui “in circostanze estremamente rare in cui la direzione aziendale conclude che la conformità con una disposizione contenuta in un Principio o in un’Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, l’entità deve disattendere tale disposizione secondo quanto esposto nel paragrafo 18 se il quadro sistematico di regolamentazione applicabile lo richiede o comunque non vieta tale deroga” (così il par. 17). Ed abbiamo già visto che proprio lo IASB CF vieta che il requisito richiesto dal relativo quadro sistematico prevalga sull’incompatibile requisito richiesto dallo specifico Principio contabile. Al più andranno in tal caso fornite informazioni supplementari nelle note15.15 Il par. 18 precisa gli obblighi dell’entità, in caso di deroga consentita: “Quando un’entità disattende una disposizione di un Principio o un’Interpretazione secondo quanto previsto dal paragrafo 17, questa deve indicare:a) che la direzione aziendale ha ritenuto che il bilancio rappresenta attendibilmente la situazione patrimoniale finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari dell’entità;b) di aver rispettato i Principi e le Interpretazioni applicabili, salvo aver disatteso una particolare disposizione al fine di ottenere una presentazione attendibile;c) il titolo del Principio o Interpretazione che l’entità ha disatteso, la natura della deroga, incluso il trattamento che il Principio o l’Interpretazione richiederebbe, la ragione per cui tale trattamento sarebbe nelle circostanze così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, e il trattamento adottato; ed) per ogni esercizio presentato gli effetti economici-patrimoniali della deroga su ogni voce del bilancio qualora fosse stato redatto conformemente alle disposizioni”.

Di contro, ove il Quadro sistematico di riferimento non consenta la deroga, il par. 21 prevede quanto segue:“Nelle circostanze estremamente rare in cui la direzione aziendale conclude che la conformità con una disposizione di un Principio o di una Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, e tuttavia il quadro sistematico di regolamentazione applicabile nella fattispecie non consente la deroga dalla disposizione, l’entità deve, nella massima misura possibile, ridurre i relativi aspetti fuorvianti fornendo informazioni su:a) il titolo del Principio o Interpretazione in questione, la natura della disposizione, e la ragione per cui la direzione aziendale ha concluso che la conformità con tale disposizione è nelle circostanze così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico; eb) per ogni esercizio presentato, le rettifiche a ogni voce del bilancio che la direzione aziendale ha concluso sarebbero necessarie per ottenere una presentazione attendibile”.

E quasi a voler circoscrivere ogni possibilità di deviazione, il par. 22 dispone:“Per le finalità di cui ai paragrafi da 17 a 21, un elemento di informazione sarebbe in conflitto con le finalità del bilancio quando esso non rappresenta fedelmente le operazioni, altri fatti e condizioni che intende rappresentare, o si potrebbe ragionevolmente aspettare che rappresenti, e, di conseguenza, è probabile che avrebbe un effetto sulle decisioni economiche prese dagli utilizzatori del bilancio. Quando si valuta se la conformità a una disposizione specifica di un Principio o di una Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico, la direzione aziendale considera:a) perché le finalità del bilancio non sono state conseguite nelle particolari circostanze; eb) come le circostanze dell’entità differiscono da quelle di altre entità che invece ottemperano alla disposizione. Se altre entità in circostanze simili ottemperano alla disposizione, vi è una presunzione relativa che la conformità dell’entità alla disposizione non sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro sistematico”.

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Benchè il CF si fondi su un teorico approccio deduttivo, esso è limitato allo sviluppo dei futuri principi contabili e alla revisione di quelli esistenti; ma in sede applicativa degli IAS/IFRS esistenti continua a prevalere un approccio di tipo induttivo.

5. Un tale “status normativo” dello IASB CF (ma del tutto analogo sotto questo profilo è il CF del FASB) è in contrasto con il “Quadro concettuale” implicito nel sistema della IV direttiva comunitaria e del nostro ordinamento nazionale che ne fa applicazione. Qui prevale senz’altro l’approccio deduttivo, secondo una gerarchia dalla portata immediatamente precettiva che parte dalla clausola generale, passa quindi per i postulati di base o principi di redazione e giunge alle specifiche disposizioni legali di struttura e valutazione.

Il ruolo sovraordinato della “true and fair view” è fuori discussione e si impone nei casi, pur eccezionali, in cui sussista incompatibilità tra la finalità del bilancio d’esercizio come individuata nel relativo sistema di riferimento e la specifica disposizione che dovrebbe disciplinare il caso concreto. In questo senso il CF dello IASB sembra conservare l’ispirazione pragmatica che presiede all’applicazione degli US GAAP, contrari – com’è noto – al recepimento di una clausola generale assimilabile alla “rappresentazione veritiera e corretta” e favorevoli piuttosto ad una fair presentation che si risolve in realtà nel puntuale rispetto degli specifici standard contabili codificati16.

Ma se ne trae anche una ulteriore conseguenza, che nella misura in cui i principi contabili internazionali trovano ingresso negli ordinamenti nazionali non in via diretta per effetto del Regolamento comunitario, ma in via derivata per effetto dell’opzione legislativa nazionale, come è accaduto in Italia con l’estensione al bilancio d’esercizio (e non al solo consolidato), nasce il problema se il quadro concettuale IASB possa subire una deroga, possano cioè i principi contabili internazionali essere piegati ad assunzioni e postulati di base che non appartengono

16 Cfr. A. SOMOZA LOPEZ, Some considerations about Fair View: a special reference to the Project of Conceptual Framework IASB-FASB, consultabile al sito http://ssrn.com/abstract=1527164; L. EVANS, The true and fair view and the “fair presentation” override of IAS1, in Accounting and Business Research, 33.4, 2003, 311 ss.; B.A. RUTHERFORD, The true and fair view doctrine: a research for explanation, in Journal of Business, Finance and Accounting, 12.4, winter 1985, 234 ss.

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in pieno al CF IASB, ma al diverso Quadro concettuale o sistematico che governa in sede locale o regionale la funzione del bilancio d’esercizio.

E innanzitutto viene in considerazione proprio la clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta, assente in quanto tale dallo IASB CF ove è presente semmai il principio della “faithful representation” alla stregua di una caratteristica qualitativa dell’informazione finanziaria, intesa come rappresentazione ovvero descrizione (depiction) di fenomeni economici in parole e numeri, che sia completa, neutrale e libera da errori (complete, neutral and free from error) (IASB CF QC12). Una caratteristica qualitativa che richiama da vicino semmai il nostro principio della chiarezza, ma cui non è assegnato alcun ruolo sovraordinato rispetto ai singoli standard. E tuttavia il Quadro sistematico delle legislazioni nazionali, tributarie delle direttive comunitarie, conserva inalterata la clausola generale (overriding rule) della “true and fair view”, clausola che si impone anche ai principi contabili internazionali, nonostante il CF dello IASB, in forza dell’art. 3.2 Reg. comunitario n. 1606/2002 che condiziona l’omologazione degli IAS/IFRS in ambito comunitario alla loro non contrarietà a quella clausola presente nelle direttive contabili.

E come se non bastasse il nostro legislatore ha tenuto a ribadire, nel d.lgs. n. 38/2005 contenente l’esercizio delle opzioni consentite dall’art. 5 Reg. comunitario, la portata obbligatoriamente derogatoria della rappresentazione veritiera e corretta a fronte di disposizioni di principi contabili internazionali che, pur “in casi eccezionali”, risultino incompatibili con quella rappresentazione, imponendo anche in tal caso che “nel bilancio d'esercizio gli eventuali utili derivanti dalla deroga sono iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato” (art. 5, co. 1). Disciplina, come si nota, che si pone in netto contrasto con la direttiva ricavabile dallo IAS 1 e dal CF che fanno prevalere invece la singola disposizione sui contenuti concettuali, e dunque di carattere generale, dello stesso Framework. Insomma, gli IAS/IFRS, quando applicati all’ordinamento nazionale con riferimento al bilancio d’esercizio, risultano piegati al rispetto della clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta, clausola che pur tuttavia, in quanto tale, è espunta dal CF dei principi contabili internazionali ma che finisce per integrarlo in sede comunitaria e in sede nazionale.

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6. L’integrazione dello IASB CF, quando è destinato ad applicarsi in sede comunitaria e nazionale, non sembra peraltro fermarsi a questo livello, poiché in realtà sembra estendersi anche al principio di prudenza.

E in verità l’indicato principio evoca quadri concettuali che alcuni autori ritengono inconciliabili (Ijiri, 1983; Ludwig Erhard Lectures 2004): un quadro concettuale di tipo tradizionale, che valorizza la funzione di rendiconto degli amministratori del bilancio d’esercizio, di strumento idoneo a valutare la loro gestione e dunque fondato su un accountability approach; e un quadro concettuale orientato al processo decisionale degli utilizzatori fondato invece su un usefulness decisions-making o asset-liability approach17.

Questo secondo orientamento corrisponde alla svolta impressa all’elaborazione del CF, dapprima dal Fasb e quindi dallo stesso Iasb, dagli anni Settanta in poi del secolo scorso e ribadito nella prima fase della revisione congiunta definita a settembre 2010, sia pure con qualche soluzione dal sapore compromissorio. L’obiettivo dell’informazione finanziaria di utilizzo generale è identificato nella “utilità” che l’informazione fornita ha per determinati destinatari, primariamente attuali e potenziali investitori, finanziatori e altri creditori, per l’assunzione di decisioni in merito alla fornitura di “risorse” alla “reporting entity”, decisioni che hanno ad oggetto in particolare: “comprare, vendere o detenere strumenti finanziari di capitale di rischio o di debito” e “fornire o regolare prestiti e altre forme di credito” (IASB CF OB2). Tali decisioni sono correlate – si ribadisce nel CF – al “ritorno” atteso dell’investimento (dividendi, pagamenti di capitale e interessi o incrementi del prezzo di mercato) o del prestito o credito fornito (pagamenti di capitale e interessi o altre forme di redditività), ritorno che dipende a sua volta dalla valutazione che questi destinatari sono posti in grado di compiere su “ammontare, tempi e rischi sulle prospettive dei futuri net cash inflows acquisibili dalla entità”. In definitiva l’informazione finanziaria deve essere utile agli indicati

17 Sul contrasto manifestatosi sin dalla elaborazione dello IASB’S Discussion Paper del 2006 (che era accompagnato da una relazione di minoranza contraria a includere la finalità di rendiconto gestionale del bilancio nella finalità di utilizzazione per le decisioni di investimento, cfr. R. LAUGHLIN, A Conceptual Framework for Accounting for Public-Benefit Entities, in Public Money & Management, 28.4, 2008, 247 ss.; G. WHITTINGTON, Harmonisation or discord? The critical role of the IASB conceptual framework review, in J. Account. Public Policy, 27, 2008, 495 ss. Sulla separata indicazione della finalità di rendiconto insistevano soprattutto ambienti europei: v., con l’approvazione dell’EFRAG, il documento PAAinE, Stewardship/Accountability as an Objective of Financial Reporting. A comment on the IASB/FASB Conceptual Framework Project, Brussels, June 2007.

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destinatari per aiutarli a valutare i futuri flussi di cassa (o equivalenti) acquisibili dall’impresa (IASB CF OB3).

Di qui l’approccio asset-lability, inteso come informazione sulla posizione finanziaria dell’impresa, sia in termini di risorse economiche disponibili e di pretese attivabili contro la stessa sia in termini di variazioni su risorse e pretese per effetto di transazioni ed altri eventi (IASB CF OB12); ma tutto ciò pur sempre nell’ottica di valutare liquidità e solvibilità dell’impresa e i suoi bisogni di finanziamenti aggiuntivi e di rendere possibile la previsione della quantità del futuro cash flow che dovrà essere distribuito fra coloro che avanzano pretese verso l’impresa (IASB CF OB13); o ancora nella prospettiva di distinguere la performance di periodo dell’impresa, che riflette le variazioni di risorse e pretese conseguenti alla sua capacità di generare netti flussi di cassa, da eventi e transazioni straordinari che servono ad acquisire risorse aggiuntive direttamente da investitori e creditori (IASB CF OB15). Insomma tutta l’informazione finanziaria è qui progettata sì per un’analisi anche del passato, ma nella prospettiva di offrire elementi di valutazione che servano a predire la capacità dell’impresa di generare autonomamente futuri flussi di cassa in entrata e in uscita.

Questo approccio è contrastato da coloro che si richiamano alla teoria contabile tradizionale che identifica l’obiettivo o finalità del bilancio nel rendiconto che i gestori devono ai “proprietari”, per effetto del rapporto di agenzia che intercorre fra i primi e i secondi. Al ‘making decision-usefulness objective” si contrappone così lo ‘stewardship objective’, considerato da molti, soprattutto in Europa ma anche negli USA, come una separata finalità del bilancio d’esercizio. In verità il Framework IASC del 1989 (non anche i Concepts Statements del Fasb) conteneva la stewardship accountability come separato obiettivo. La scelta finale compiuta nella revisione congiunta IASB-FASB del CF ha portato a considerare la funzione di rendiconto del bilancio nei confronti degli amministratori come “ricompresa” nell’obiettivo fondamentale di fornire informazioni utili ai destinatari per assumere decisioni economiche, poiché tali informazioni dovrebbero essere anche di ausilio per valutare come gli amministratori hanno adempiuto alla loro responsabilità gestoria (IASB CF BC1.24). L’impressione complessiva è che, dal Framework 1989 al Discussion Paper del luglio 2006, dall’ED del maggio 2008 sino alla versione definitiva del settembre 2010, si sia passati dal considerare separati e distinti l’obiettivo dell’informazione utile al processo decisionale dei destinatari e l’obiettivo della rendicontazione e responsabilizzazione degli amministratori al

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ritenere quest’ultimo come un sottobiettivo accanto al sottobiettivo incentrato sulla valutazione dei futuri flussi di cassa generabili dall’impresa nell’ambito di una più generale finalità “making decisions usefulness”, sino a degradare la funzione di rendicontazione ad un possibile utilizzo delle informazioni primariamente utili all’assunzione di decisioni supportate dalla valutazione delle prospettive di futuro cash flow generabili dall’impresa.

E ciò nonostante le “Basis for Conclusion” del Capitolo 1 CF insistano nel sottolineare che i Boards non hanno inteso dare maggior peso all’uno o all’altro sottobiettivo, ritenendo che entrambi i profili sono importanti nel processo decisionale degli utilizzatori al fine di fornire risorse (finanziarie) all’impresa, e che l’informazione sulla gestione è altresì importante per tali destinatari, i quali hanno diritto di voto sulla gestione del management o possono comunque altrimenti influire su di essa.

Sta di fatto che la lettura del CF, nei suoi espliciti contenuti, suscita una differente impressione. La valutazione delle prospettive di generazione di futuro net cash flow sembra costituire l’obiettivo principale, cui contribuiscono semmai anche le informazioni in merito alle modalità con cui, con efficienza ed effettività, management e amministratori hanno assolto alle proprie responsabilità nell’utilizzo delle risorse. E possono, queste informazioni, essere utili anche agli attuali investitori, prestatori e altri creditori che abbiano diritto di votare o incidere diversamente sull’attività del management (IASB CF OB4). Così anche le informazioni sulla performance, sulla profittabilità della gestione (che resta obiettivo primario) forniscono una indicazione su come il management ha assolto i propri compiti facendo uso efficiente ed effettivo delle risorse dell’impresa, valutazione a sua volta funzionale a prevedere i futuri ritorni dell’impresa sulle sue risorse economiche (IASB CF OB16).

Da molti si ritiene che puntare l’attenzione sulla funzione di rendiconto del bilancio d’esercizio o comunque di responsabilizzazione degli amministratori può giustificare orientamenti per un verso più conservativi e per altro verso più orientati al passato e perciò più oggettivi nella elaborazione dell’informazione finanziaria per gli utilizzatori esterni. Di contro focalizzare quell’informazione sulla capacità dell’impresa di generare redditività futura può produrre deresponsabilizzazione nella gestione e incentivi ad alterare i risultati (to misrepresent performance).

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Si osserva sotto il primo profilo che la teoria contabile tradizionale concepisce il reddito contabile come risultato di transazioni ed eventi passati misurati in termini oggettivi e che la prospettiva di conseguire un rendiconto dagli amministratori mira ad influire sul loro comportamento ancor prima che essi rendano il conto. Insomma l’orientamento al passato della contabilità e a valori oggettivi che da quelle transazioni discendono promuove la buona gestione e la responsabilizzazione degli amministratori, prima della pubblicazione del loro rendiconto. Revocare gli amministratori, come conseguenza di una decisione fondata sull’informazione resa ai destinatari, è l’ultima ratio, è espressione del fallimento del processo di preventiva responsabilizzazione degli amministratori. Puntare invece tutto sulla decisione degli investitori, di licenziare gli amministratori o vendere le azioni, significa per l’appunto deresponsabilizzare i gestori. Sotto il secondo profilo, evidenziare il reddito economico in termini di risultati attesi, di futuri flussi di cassa significa incentivare manipolazioni della redditività, far leva su misurazioni soggettive, incorporare congetture su risultati futuri in un bilancio consuntivo, trasformare il rendiconto di un periodo concluso in un modello valutativo.

Indubbiamente i due obiettivi sono espressione di ambienti culturali ed economici che continuano a mantenere differenze significative: nell’economia e nell’ambiente istituzionale nordamericano il peso dei mercati di capitali, compresi quelli per il controllo societario, è di gran lunga superiore al peso che essi hanno nell’economia europea; la disciplina di mercato condiziona la stessa corporate governance. Nei Paesi dell’Europa continentale prevale invece il diritto societario e l’informazione finanziaria è regolata innanzitutto dalla disciplina societaria, a differenza che negli USA ove l’obbligo di pubblicazione si collega alla registrazione delle società quotate presso la SEC. A mezza strada si pone la Gran Bretagna che certo ha uno sviluppato mercato finanziario, ma anche una disciplina di corporate governance e di informazione finanziaria che prescinde dalla disciplina di mercato. Tanto che il CF britannico per un verso conserva una sovraordinata clausola di true and fair view e per altro verso mantiene un separato “stewardship objective”.

Né le conseguenze dei due approcci sono insignificanti.

Secondo molti osservatori privilegiare un obiettivo, piuttosto che un altro, produce i suoi effetti su molteplici piani: in tema di individuazione delle caratteristiche qualitative dell’informazione finanziaria; o ancora in materia di iscrizione valutazione e presentazione delle poste. Si è ritenuto, per esempio, che la

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sostituzione della nota qualitativa della reliability o affidabilità con la faithful representation comporta lo spostamento di attenzione dal ruolo di monitoraggio che il primo termine evoca da parte di un “principal” verso il suo “agent” alla sola neutrale rappresentazione della sostanza del fenomeno economico; la scomparsa della “prudence”, che pure era presente nel Framework del 1989, riflette un minor grado di cautela, la quale tendeva a controbilanciare l’incentivo dell’agent a relazionare in modo ottimistico. Alcune proposte che intendono definire attività e passività, senza più fare riferimento al fatto che si originano da transazioni ed eventi passati (arising from past transactions and events), suggeriscono una preoccupazione intesa a rilevare solo valori previsionali piuttosto che a fornire un rendiconto di come si origini l’attuale stato di cose. Profilo, quest’ultimo, fortemente criticato in un documento prodotto a luglio 2009 da un Comitato di lavoro dell’American Accounting Association (AAA), il Financial Accounting Standards Committee, ove peraltro si afferma che “attuali e passati eventi includono valutazioni prudenti basate sull’esperienza dell’impresa con determinate transazioni (così per la contabilizzazione di crediti a sofferenza, garanzie e ammortamenti). Il principio è coerente con la nozione di contabilità a costo storico come generalmente compresa… Il principio delimita rigorosamente l’utilizzo delle varie tipologie di fair value di mercato come criterio di valutazione…”. “In definitiva – si afferma – il transactions principle concorda con il tradizionale adagio contabile secondo cui ‘la contabilità si basa sui fatti, non sulle congetture’”18. E gli esempi potrebbero continuare, come pure si legge in altro interessante documento elaborato nel giugno 2007 dallo staff dello standard setter britannico e approvato dagli standard setter di Gran Bretagna, Italia, Germania, Danimarca, Polonia e dall’EFRAG nell’ambito del progetto PAAinE (Pro-Active Accounting Activities in Europe)19.

7. Questi due obiettivi di certo convivono nel Quadro concettuale che sottostà alle direttive contabili comunitarie e ai bilanci d’esercizio che ne discendono nei singoli Stati membri. Non va dimenticato che le direttive contabili sono parte integrante del disegno di armonizzazione dei diritti societari nell’Unione Europea, il cui fondamento è rinvenibile nella tutela dei soci, dei creditori e dei terzi. La

18 Vedi AAA-FASC, Alternative Conceptual Frameworks for Financial Reporting, luglio 2009 (lettera di commento inviata a IASB e FASB). Ma già in precedenza AAA-FASC, The FASB’s Conceptual Framework for Financial Reporting: A Critical Analysis, in Accounting Horizons, 21.2, 2007, 229 ss.19 PAAinE, Stewardship/Accountability as an Objective of Financial Reporting. A comment on the IASB/FASB Conceptual Framework Project, June 2007.

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tradizione conservativa dei Paesi europei, del resto, ha privilegiato un equilibrato bilanciamento degli interessi di soci e di terzi, in particolare. Ma anche nella fase di recepimento degli IAS/IFRS, il Reg. n. 1606/2002 ha ribadito il duplice e paritario obiettivo della redazione dei bilanci, allorchè nel fissare i criteri che presiedono al controllo di omologazione dei principi contabili internazionali ha preteso che essi rispondano “ai criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità richiesti dall'informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni economiche e valutare l'idoneità della gestione”. Due distinti obiettivi, dunque, che ancora una volta individuano un quadro concettuale parzialmente difforme da quello che emerge dal rivisitato CF dello IASB, in cui la valutazione della gestione degli amministratori è configurato come un di cui della prioritaria finalità indirizzata a fornire informazioni agli investitori, ai finanziatori e ad altri creditori, informazioni utili ad adottare decisioni economiche su investimenti e fornitura di risorse all’impresa.

Un obiettivo che allora può giustificare la previsione di informazioni supplementari nella nota integrativa e ulteriori rispetto alla prospettiva della prevedibile generazione di futuri flussi di cassa, come per esempio l’evidenziazione dei rapporti con parti correlate, la remunerazione degli amministratori, e così via.

Un obiettivo che ripropone nella disciplina del bilancio d’esercizio il ruolo del principio di prudenza come espressione della relazione di agenzia che intercorre fra amministratori e soci ed in alcuni ordinamenti anche con altri stakeholders (vedi i lavoratori dipendenti nei sistemi a cogestione, molto più diffusi nell’Europa continentale di quanto si immagini). Ovviamente quel principio ha nel mondo non IAS compliance tutta la portata che gli riconosce l’art. 2423-bis, dal principio di dissimmetria al principio di realizzazione; laddove nel mondo IAS compliance dovrà trovare una differente declinazione. Se il bilancio è in quest’ultima prospettiva prioritariamente inteso a fornire informazioni utili ai destinatari per le loro decisioni economiche, in un’ottica rivolta più alla previsione del futuro che alla valutazione del passato (ciò che si esprime nel diffuso utilizzo del criterio valutativo del fair value e nel principio di prevalenza della sostanza sulla forma), la prudenza deve collocarsi su un altro piano, come ha fatto il legislatore italiano, sul piano dei vincoli alla distribuzione di quei valori attesi, non riconducibili ad utili realizzati, che la piena esplicazione del precetto di prudenza imporrebbe addirittura di non esplicitare. Si ritiene al riguardo che questa è materia sottratta agli IAS/IFRS, perché la distribuzione degli utili non è tema che essi affrontano. Ma è anche vero che il

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conflitto risulta evidente, che gli obiettivi in qualche modo confliggono e che i principi di redazione del bilancio IAS compliance non sempre consentono di distinguere nettamente iscrizioni e valori che il principio di prudenza, pur in una diversa declinazione, potrebbe essere in grado di neutralizzare. Siamo di fronte, per forza di cose, ad una “prudenza dimidiata”. Ma il contrasto fra i due quadri concettuali (internazionale e comunitario/nazionale) emerge con altrettanta prepotenza.

8. E’ opportuno, a questo punto, svolgere qualche riflessione conclusiva. L’analisi sin qui condotta ha evidenziato che:

a) gli scandali finanziari, che dagli inizi del Millennio hanno reso sempre più instabili i mercati, hanno spinto gli organismi contabili internazionali e dei Paesi leader occidentali ad un approccio meno disorganico nella elaborazione dei principi contabili che modellano l’informazione resa ai mercati medesimi, sollecitando un approccio “principles-based” a fronte del precedente approccio “rules-based”;

b) IASB e FASB, in particolare, hanno deciso di por mano ad una riformulazione dei rispettivi Quadri Concettuali (Conceptual Framework) perseguendo altresì la convergenza dei medesimi, nell’intento di rendere omogenei i principi che sorreggono a livello globale i rendiconti o rapporti finanziari;

c) a questo processo di omologazione sono soggetti anche i Paesi membri dell’Unione Europea tramite il recepimento degli IAS/IFRS;

d) tuttavia, la prima fase di convergenza dei CF definitasi nel settembre 2010 evidenzia il prevalere di soluzioni proprie dello standard setter americano rispetto a quelle più tradizionali dei Paesi dell’Europa continentale ma anche della Gran Bretagna;

e) in particolare si segnala un diverso rilievo della clausola generale della “true and fair view”, assente tanto dai Conceptual Statements del FASB quanto dal CF dello IASB, ma presente nei Paesi comunitari non solo nell’ambito del Quadro Concettuale soggiacente le direttive contabili e i relativi sistemi nazionali, ma anche nel recepimento degli IAS/IFRS da parte dell’Unione Europea;

f) analoga divergenza è dato segnalare in merito agli obiettivi o finalità che orientano l’informazione finanziaria: nei CF IASB e FASB è decisamente prevalente

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l’orientamento teso a piegare i rendiconti o rapporti finanziari ai bisogni degli investitori o più in generale dei fornitori di risorse finanziarie all’entità, mentre nei Quadri concettuali dei Paesi comunitari, anche in sede di recepimento degli IAS/IFRS, permangono due separati obiettivi: quello utile ai processi decisionali degli investitori (attuali o potenziali) e quello di rendicontazione da parte degli amministratori dell’attività compiuta.

Questi contrasti creano problemi interpretativi e di politica legislativa non sempre agevolmente risolvibili e denotano una enorme difficoltà di armonizzazione dei principi contabili a livello internazionale, che in verità molti autori ritengono obiettivo non solo irrealistico ma anche non auspicabile20.

20 Cfr. da ultimo M. WALKER, Accounting for varieties of capitalism: The case against a single set of global accounting standards, in The British Accounting Review, 42, 2010, 137 ss.

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