S. Weil. Cento anni ma non li dimostra - prospettivapersona.it · mo, Liceo scientifico di Teramo)....

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EDITORIALE N. 67/09 5 S. Weil. Cento anni ma non li dimostra G.P. Di Nicola - A. Danese PROSPETTIV A PERSONA A conti fatti, volendo raccogliere tutto ciò che è sta- ta la parte originale e costruttiva del convegno interna- zionale su Simone Weil (Teramo, 10-13, dicembre 2004), ci soffermiamo su alcuni aspetti di carattere con- tenutistico e organizzativo. Quanto ai primi: * La scelta del tema, niente affatto scontata o ripeti- tiva rispetto agli studi weiliani e tale da incuriosire chi si lascia provocare da domande del tipo: persona o im- personale? Oppure: persona e impersonale? Quando nel rapporto con il cosmo, con gli altri e con Dio deve prevalere l’attitudine personalista e quando invece quel- la neutra dell’impersonale, oltre le parzialità prospetti- che dell’io e del tu? * È singolare e nello stesso tempo appropriato che questo tema sia stato scelto da una associazione culturale che si denomina “Centro Ricerche Personaliste”. Attesta la probità di una analisi che non vuole essere influenzata da precognizioni e che si mette sinceramente alla ricerca, quasi contro la propria missione dichiarata. * Lo spazio dato a voci plurali, come Gaspare Mura che ha definito Simone Weil “senz’altro come apparte- nente alla gnosi”, Roberto Esposito ed Enrica Lisciani che hanno accentuato “l’impersonale versus il perso- nale” e anche rappresentanti della Chiesa cattolica co- me il gesuita P. Vanzan e mons. S. Lanza della Univer- sità Cattolica. * Il suggello definitivo dato alla questione del bat- tesimo grazie alla presenza del professore Eric Sprin- gsted, che ha raccolto la testimonianza di Simone Deitz l’amica che l’ha battezzata nella sua camera d’ospedale qualche giorno prima di morire. Springsted ha raccon- tato le «personali discussioni con Simone Deitz […] Deitz prese l’acqua dal rubinetto e pronunciò la formu- la, “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e del- lo Spirito Santo”». Non è lecito dunque dubitare anco- ra di questo evento come non è lecito dubitare degli eventi della storia di cui abbiamo testimonianze orali di persone direttamente coinvolte. Springsted ha con- cluso: «Il fatto è che quello che noi non sappiamo, e che non ci è dato di sapere, è cosa pensasse la Weil stessa. Riguardo al sacramento e a come fu compiuto, come una grazia di Dio, è da considerarsi valido, a meno che lei non mentisse nella sua professione di fede in Cristo. Il che non è pensabile. Noi non abbiamo alcuna ragio- ne di pensare che lei commise successivamente un’apo- stasia. Ma mentre il battesimo è valido, questo non eli- mina le sue precedenti obiezioni, specialmente quelle filosofiche più forti, nelle quali asseriva che la richiesta della Chiesa di un’adesione intellettuale al dogma, co- me criterio per ricevere il battesimo, fosse illegittima. Non c’è nessuna ragione di pensare che lei abbandonò quelle obiezioni. Sono quelle obiezioni e il suo perso- nale concetto di battesimo, in un senso positivo, che toccano da vicino la questione dell’impersonale e del personale». In effetti Simone Weil credeva che si doves- se dire implicitamente o esplicitamente “sì” o “no” alle affermazioni dottrinali e sapeva che in numerosi punti lei pensava diversamente da ciò che riteneva che la Chiesa si aspettasse che si dovesse credere. A tal proposito è significativa anche la prospettiva di Vanzan, che ricostruisce i primi giudizi critici e nel- lo stesso tempo ammirati de «La Civiltà Cattolica» al- l’uscita dei primi libri tradotti dal francese e conclude: «Simone cerca, benché a tentoni – per speculum in ae- nigamate (1 Cor 13,12) – tutti i significati nelle grandi tradizioni che esprimono a modo loro il mistero del- l’universo (racconti, miti, favole, grandi gesta degli eroi, arte, poesia, musica)[…] Sceglie di ancorarsi col cuore e la mente all’essenza unitaria delle grandi religioni, la- sciando da parte i dogmi, le istituzioni, i gruppi eccle- siali, le proclamazioni. Sente il bisogno di attingere al divino per quella via negativa che resta segreta anche all’anima di chi cerca Dio. Perciò le opere e la vita wei- liane sono un’inquietante provocazione, non solo in quanto critica radicale e vigorosa alla cultura moder- na, ma anche come sfida feconda di possibili sviluppi per la Chiesa. Nei testi weiliani ci sono frasi e paragrafi interi che “mozzano il fiato”: per la sua umanità lace- rata e appassionata (una tradizionale caratteristica giu- daica) e per la incisività della sua visione filosofica e so- ciale. Ma sopratutto colpisce – e forse è la radice di tut- to – la sua esperienza mistica». Su questa chiave di let- tura attenta e di grande equilibrio valutativo si sono posti anche il vescovo di Teramo, mons. Michele Sec- cia, e mons. Sergio Lanza, aiutando così gli studiosi a 01_Prospettiva_pp_1_7 17-03-2009 15:28 Pagina 5

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EDITORIALE

N. 67/09 5

S. Weil.Cento anni ma non li dimostra

G.P. Di Nicola - A. Danese

PROSPETTIVA• P E R S O N A •

A conti fatti, volendo raccogliere tutto ciò che è sta-ta la parte originale e costruttiva del convegno interna-zionale su Simone Weil (Teramo, 10-13, dicembre2004), ci soffermiamo su alcuni aspetti di carattere con-tenutistico e organizzativo.

Quanto ai primi:* La scelta del tema, niente affatto scontata o ripeti-

tiva rispetto agli studi weiliani e tale da incuriosire chisi lascia provocare da domande del tipo: persona o im-personale? Oppure: persona e impersonale? Quandonel rapporto con il cosmo, con gli altri e con Dio deveprevalere l’attitudine personalista e quando invece quel-la neutra dell’impersonale, oltre le parzialità prospetti-che dell’io e del tu?

* È singolare e nello stesso tempo appropriato chequesto tema sia stato scelto da una associazione culturaleche si denomina “Centro Ricerche Personaliste”. Attestala probità di una analisi che non vuole essere influenzatada precognizioni e che si mette sinceramente alla ricerca,quasi contro la propria missione dichiarata.

* Lo spazio dato a voci plurali, come Gaspare Murache ha definito Simone Weil “senz’altro come apparte-nente alla gnosi”, Roberto Esposito ed Enrica Liscianiche hanno accentuato “l’impersonale versus il perso-nale” e anche rappresentanti della Chiesa cattolica co-me il gesuita P. Vanzan e mons. S. Lanza della Univer-sità Cattolica.

* Il suggello definitivo dato alla questione del bat-tesimo grazie alla presenza del professore Eric Sprin-gsted, che ha raccolto la testimonianza di Simone Deitzl’amica che l’ha battezzata nella sua camera d’ospedalequalche giorno prima di morire. Springsted ha raccon-tato le «personali discussioni con Simone Deitz […]Deitz prese l’acqua dal rubinetto e pronunciò la formu-la, “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e del-lo Spirito Santo”». Non è lecito dunque dubitare anco-ra di questo evento come non è lecito dubitare deglieventi della storia di cui abbiamo testimonianze oralidi persone direttamente coinvolte. Springsted ha con-cluso: «Il fatto è che quello che noi non sappiamo, e chenon ci è dato di sapere, è cosa pensasse la Weil stessa.Riguardo al sacramento e a come fu compiuto, comeuna grazia di Dio, è da considerarsi valido, a meno che

lei non mentisse nella sua professione di fede in Cristo.Il che non è pensabile. Noi non abbiamo alcuna ragio-ne di pensare che lei commise successivamente un’apo-stasia. Ma mentre il battesimo è valido, questo non eli-mina le sue precedenti obiezioni, specialmente quellefilosofiche più forti, nelle quali asseriva che la richiestadella Chiesa di un’adesione intellettuale al dogma, co-me criterio per ricevere il battesimo, fosse illegittima.Non c’è nessuna ragione di pensare che lei abbandonòquelle obiezioni. Sono quelle obiezioni e il suo perso-nale concetto di battesimo, in un senso positivo, chetoccano da vicino la questione dell’impersonale e delpersonale». In effetti Simone Weil credeva che si doves-se dire implicitamente o esplicitamente “sì” o “no” alleaffermazioni dottrinali e sapeva che in numerosi puntilei pensava diversamente da ciò che riteneva che laChiesa si aspettasse che si dovesse credere.

A tal proposito è significativa anche la prospettivadi Vanzan, che ricostruisce i primi giudizi critici e nel-lo stesso tempo ammirati de «La Civiltà Cattolica» al-l’uscita dei primi libri tradotti dal francese e conclude:«Simone cerca, benché a tentoni – per speculum in ae-nigamate (1 Cor 13,12) – tutti i significati nelle granditradizioni che esprimono a modo loro il mistero del-l’universo (racconti, miti, favole, grandi gesta degli eroi,arte, poesia, musica)[…] Sceglie di ancorarsi col cuoree la mente all’essenza unitaria delle grandi religioni, la-sciando da parte i dogmi, le istituzioni, i gruppi eccle-siali, le proclamazioni. Sente il bisogno di attingere aldivino per quella via negativa che resta segreta ancheall’anima di chi cerca Dio. Perciò le opere e la vita wei-liane sono un’inquietante provocazione, non solo inquanto critica radicale e vigorosa alla cultura moder-na, ma anche come sfida feconda di possibili sviluppiper la Chiesa. Nei testi weiliani ci sono frasi e paragrafiinteri che “mozzano il fiato”: per la sua umanità lace-rata e appassionata (una tradizionale caratteristica giu-daica) e per la incisività della sua visione filosofica e so-ciale. Ma sopratutto colpisce – e forse è la radice di tut-to – la sua esperienza mistica». Su questa chiave di let-tura attenta e di grande equilibrio valutativo si sonoposti anche il vescovo di Teramo, mons. Michele Sec-cia, e mons. Sergio Lanza, aiutando così gli studiosi a

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liberarsi dalle tentazioni di etichettare o semplicemen-te voler tirare da una parte un pensiero che deve rima-nere aperto a letture e interpretazioni multiple: ciascu-no può legittimamente avere le sue riserve e i suoi ap-prezzamenti, ma tutti possono, accostandosi a lei senzapregiudizi e con attenzione, raccogliere qualche fram-mento di quel deposito di “oro puro” che è un balsamoe una bussola per le intelligenze e le anime distratte del-la cultura post-moderna.

Dal punto di vista organizzativo sottolineeremmo:* La grande attenzione riservata alla dimensione ar-

tistica, con eventi significativi e densi di cultura musi-cale e di spiritualità, come i magici momenti nella cat-tedrale (canti gregoriani del “Sine Nomine” e Toccata efuga in Re minore suonata da R. Marini), lo spettacolo(difficile chiamarlo con questo nome solitamente usa-to per divertimenti più superficiali!) “Abissi e vette” unConcerto-teatro particolarmente apprezzato dai wei-liani per la competenza di studi che rivelava, la bravuradegli artisti e l’ottima combinazione testi-musica, ilbenvenuto mozartiano dell’ensamble Mélos e infine ilmomento di felice combinazione tra canti tristi (me-moria di quelli ascoltati dalla Weil in Portogallo) e can-ti allegri, abruzzesi e non, eseguiti dalla maestria del co-ro Verdi diretto da Ennio Vetuschi. Si è partiti dalla con-vinzione che l’ammirazione di Simone per la bellezza,considerata una “trappola”divina per la verità, non deb-ba essere esaminata solo a livello teorico, ma vissuta at-traverso l’ascolto e la partecipazione attenta e quasi stu-pita di fronte alla capacità dell’arte di sedurre e attrar-re verso l’alto.

* L’attenzione posta alla ospitalità, specie per quan-

ti sono venuti da fuori Teramo, non solo i relatori, co-me è normale, ma anche gli iscritti che avevano nel dot-tor Torreggianti, in Lina Roncace e in Claudio Appic-ciafuco gli angeli custodi, dall’arrivo in stazione fino al-la partenza. Tutti i collaboratori della segreteria hannosvolto il loro lavoro in spirito di volontariato e di par-tecipazione umana e culturale.

* La presenza di giovani, scelti dai docenti (referen-ti: Vincenzo Di Marco, Emilia Perri, Donatella Nardi-ni) dall’ultima classe del liceo, sulla base di un interes-se alla filosofia e alla figura di Simone Weil, preceden-temente presentata ad essi col permesso dei presidi nel-le rispettive scuole (Liceo classico di Roseto e di Tera-mo, Liceo scientifico di Teramo). L’attenzione di questistudenti, mai di disturbo allo svolgimento del conve-gno, capaci di p rendere appunti e restare in sala prati-camente due giorni interi, fa ben sperare.

* La presenza costante del Vescovo, presenza nonformale o di prassi, ma attenta e interessata, capace diprendere appunti e intervenire senza accenti retorici,vigile alle necessità e ben disposta all’accoglienza neiconfronti di ciascuno dei partecipanti.

* La presenza del ministro Bondi (non è rara, spe-cialmente per una cittadina come Teramo?). Egli è sta-to professore di francese; forse di qui il suo interesse.Sta di fatto che aveva un testo pronto, ma che risultavamolto lavorato (cancellature, appunti, aggiunte, con-clusioni di suo pugno). Egli inoltre ha espresso il desi-derio di ascoltare, prima di parlare lui stesso, la nostraintroduzione tematica. Non ci resta che ringraziare tut-ti e ciascuno per il prezioso contributo dato e… anda-re avanti

EDITORIALE

N. 67/096 PROSPETTIVA• P E R S O N A •

Per questo numero cambiamo ilcriterio seguito ormai da diversi an-ni e cioè quello di recensire, anchese brevemente, le più importantimostre in Italia: spesso molte diqueste non sono assolutamente ne-cessarie, perché friggere e rifriggerei soliti Caravaggio, gli impressioni-sti, Van Gogh, Gauguin, Picasso,Modigliani, le avanguardie più omeno spericolate (e spesso anchestupide) pur se allettanti da puntodi vista espositivo, nulla aggiungo-

vereto), “Mirò, la terra” e “Garofa-lo” (Ferrara), “Pinturicchio” (Peru-gia e Spello),“Valerio Castello”(Ge-nova). tutte le altre mostre, com-preso il “Salvator Rosa” di Napoli,ve le regalo.

Ripercorreremo insieme quasiduemila anni di arte, all’insegna delClassicismo, riportando in questonumero le immagini di quattro mo-stre: purtroppo all’origine non vi èalcun coordinamento tra di esse, vi-sto che si sono aperte in periodi dif-

no a quanto è stato detto e ripetu-to più volte. Una mostra è impor-tante se propone un percorso nuo-vo, se riscopre artisti o movimentidimenticati o non ancora focalizza-ti: solo allora diventa utile dal pun-to di vista culturale o solo conosci-tivo. Tra le mostre che hanno pro-posto qualcosa di nuovo, possiamocitare “L’ultimo Tiziano” (Belluno,Pieve di Cadore e Venezia),“Renoir,la maturità tra classico e moderno”(Roma), “La Parola nell’arte” (Ro-

Le immagini di questo numero

Giovanni Corrieri - già preside dell’Istituto d’arte “Osvaldo Licini”, Ascoli Piceno

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