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EDITORIALE

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S. Weil.Cento anni ma non li dimostra

G.P. Di Nicola - A. Danese

PROSPETTIVA• P E R S O N A •

A conti fatti, volendo raccogliere tutto ciò che è sta-ta la parte originale e costruttiva del convegno interna-zionale su Simone Weil (Teramo, 10-13, dicembre2004), ci soffermiamo su alcuni aspetti di carattere con-tenutistico e organizzativo.

Quanto ai primi:* La scelta del tema, niente affatto scontata o ripeti-

tiva rispetto agli studi weiliani e tale da incuriosire chisi lascia provocare da domande del tipo: persona o im-personale? Oppure: persona e impersonale? Quandonel rapporto con il cosmo, con gli altri e con Dio deveprevalere l’attitudine personalista e quando invece quel-la neutra dell’impersonale, oltre le parzialità prospetti-che dell’io e del tu?

* È singolare e nello stesso tempo appropriato chequesto tema sia stato scelto da una associazione culturaleche si denomina “Centro Ricerche Personaliste”. Attestala probità di una analisi che non vuole essere influenzatada precognizioni e che si mette sinceramente alla ricerca,quasi contro la propria missione dichiarata.

* Lo spazio dato a voci plurali, come Gaspare Murache ha definito Simone Weil “senz’altro come apparte-nente alla gnosi”, Roberto Esposito ed Enrica Liscianiche hanno accentuato “l’impersonale versus il perso-nale” e anche rappresentanti della Chiesa cattolica co-me il gesuita P. Vanzan e mons. S. Lanza della Univer-sità Cattolica.

* Il suggello definitivo dato alla questione del bat-tesimo grazie alla presenza del professore Eric Sprin-gsted, che ha raccolto la testimonianza di Simone Deitzl’amica che l’ha battezzata nella sua camera d’ospedalequalche giorno prima di morire. Springsted ha raccon-tato le «personali discussioni con Simone Deitz […]Deitz prese l’acqua dal rubinetto e pronunciò la formu-la, “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e del-lo Spirito Santo”». Non è lecito dunque dubitare anco-ra di questo evento come non è lecito dubitare deglieventi della storia di cui abbiamo testimonianze oralidi persone direttamente coinvolte. Springsted ha con-cluso: «Il fatto è che quello che noi non sappiamo, e chenon ci è dato di sapere, è cosa pensasse la Weil stessa.Riguardo al sacramento e a come fu compiuto, comeuna grazia di Dio, è da considerarsi valido, a meno che

lei non mentisse nella sua professione di fede in Cristo.Il che non è pensabile. Noi non abbiamo alcuna ragio-ne di pensare che lei commise successivamente un’apo-stasia. Ma mentre il battesimo è valido, questo non eli-mina le sue precedenti obiezioni, specialmente quellefilosofiche più forti, nelle quali asseriva che la richiestadella Chiesa di un’adesione intellettuale al dogma, co-me criterio per ricevere il battesimo, fosse illegittima.Non c’è nessuna ragione di pensare che lei abbandonòquelle obiezioni. Sono quelle obiezioni e il suo perso-nale concetto di battesimo, in un senso positivo, chetoccano da vicino la questione dell’impersonale e delpersonale». In effetti Simone Weil credeva che si doves-se dire implicitamente o esplicitamente “sì” o “no” alleaffermazioni dottrinali e sapeva che in numerosi puntilei pensava diversamente da ciò che riteneva che laChiesa si aspettasse che si dovesse credere.

A tal proposito è significativa anche la prospettivadi Vanzan, che ricostruisce i primi giudizi critici e nel-lo stesso tempo ammirati de «La Civiltà Cattolica» al-l’uscita dei primi libri tradotti dal francese e conclude:«Simone cerca, benché a tentoni – per speculum in ae-nigamate (1 Cor 13,12) – tutti i significati nelle granditradizioni che esprimono a modo loro il mistero del-l’universo (racconti, miti, favole, grandi gesta degli eroi,arte, poesia, musica)[…] Sceglie di ancorarsi col cuoree la mente all’essenza unitaria delle grandi religioni, la-sciando da parte i dogmi, le istituzioni, i gruppi eccle-siali, le proclamazioni. Sente il bisogno di attingere aldivino per quella via negativa che resta segreta ancheall’anima di chi cerca Dio. Perciò le opere e la vita wei-liane sono un’inquietante provocazione, non solo inquanto critica radicale e vigorosa alla cultura moder-na, ma anche come sfida feconda di possibili sviluppiper la Chiesa. Nei testi weiliani ci sono frasi e paragrafiinteri che “mozzano il fiato”: per la sua umanità lace-rata e appassionata (una tradizionale caratteristica giu-daica) e per la incisività della sua visione filosofica e so-ciale. Ma sopratutto colpisce – e forse è la radice di tut-to – la sua esperienza mistica». Su questa chiave di let-tura attenta e di grande equilibrio valutativo si sonoposti anche il vescovo di Teramo, mons. Michele Sec-cia, e mons. Sergio Lanza, aiutando così gli studiosi a

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liberarsi dalle tentazioni di etichettare o semplicemen-te voler tirare da una parte un pensiero che deve rima-nere aperto a letture e interpretazioni multiple: ciascu-no può legittimamente avere le sue riserve e i suoi ap-prezzamenti, ma tutti possono, accostandosi a lei senzapregiudizi e con attenzione, raccogliere qualche fram-mento di quel deposito di “oro puro” che è un balsamoe una bussola per le intelligenze e le anime distratte del-la cultura post-moderna.

Dal punto di vista organizzativo sottolineeremmo:* La grande attenzione riservata alla dimensione ar-

tistica, con eventi significativi e densi di cultura musi-cale e di spiritualità, come i magici momenti nella cat-tedrale (canti gregoriani del “Sine Nomine” e Toccata efuga in Re minore suonata da R. Marini), lo spettacolo(difficile chiamarlo con questo nome solitamente usa-to per divertimenti più superficiali!) “Abissi e vette” unConcerto-teatro particolarmente apprezzato dai wei-liani per la competenza di studi che rivelava, la bravuradegli artisti e l’ottima combinazione testi-musica, ilbenvenuto mozartiano dell’ensamble Mélos e infine ilmomento di felice combinazione tra canti tristi (me-moria di quelli ascoltati dalla Weil in Portogallo) e can-ti allegri, abruzzesi e non, eseguiti dalla maestria del co-ro Verdi diretto da Ennio Vetuschi. Si è partiti dalla con-vinzione che l’ammirazione di Simone per la bellezza,considerata una “trappola”divina per la verità, non deb-ba essere esaminata solo a livello teorico, ma vissuta at-traverso l’ascolto e la partecipazione attenta e quasi stu-pita di fronte alla capacità dell’arte di sedurre e attrar-re verso l’alto.

* L’attenzione posta alla ospitalità, specie per quan-

ti sono venuti da fuori Teramo, non solo i relatori, co-me è normale, ma anche gli iscritti che avevano nel dot-tor Torreggianti, in Lina Roncace e in Claudio Appic-ciafuco gli angeli custodi, dall’arrivo in stazione fino al-la partenza. Tutti i collaboratori della segreteria hannosvolto il loro lavoro in spirito di volontariato e di par-tecipazione umana e culturale.

* La presenza di giovani, scelti dai docenti (referen-ti: Vincenzo Di Marco, Emilia Perri, Donatella Nardi-ni) dall’ultima classe del liceo, sulla base di un interes-se alla filosofia e alla figura di Simone Weil, preceden-temente presentata ad essi col permesso dei presidi nel-le rispettive scuole (Liceo classico di Roseto e di Tera-mo, Liceo scientifico di Teramo). L’attenzione di questistudenti, mai di disturbo allo svolgimento del conve-gno, capaci di p rendere appunti e restare in sala prati-camente due giorni interi, fa ben sperare.

* La presenza costante del Vescovo, presenza nonformale o di prassi, ma attenta e interessata, capace diprendere appunti e intervenire senza accenti retorici,vigile alle necessità e ben disposta all’accoglienza neiconfronti di ciascuno dei partecipanti.

* La presenza del ministro Bondi (non è rara, spe-cialmente per una cittadina come Teramo?). Egli è sta-to professore di francese; forse di qui il suo interesse.Sta di fatto che aveva un testo pronto, ma che risultavamolto lavorato (cancellature, appunti, aggiunte, con-clusioni di suo pugno). Egli inoltre ha espresso il desi-derio di ascoltare, prima di parlare lui stesso, la nostraintroduzione tematica. Non ci resta che ringraziare tut-ti e ciascuno per il prezioso contributo dato e… anda-re avanti

EDITORIALE

N. 67/096 PROSPETTIVA• P E R S O N A •

Per questo numero cambiamo ilcriterio seguito ormai da diversi an-ni e cioè quello di recensire, anchese brevemente, le più importantimostre in Italia: spesso molte diqueste non sono assolutamente ne-cessarie, perché friggere e rifriggerei soliti Caravaggio, gli impressioni-sti, Van Gogh, Gauguin, Picasso,Modigliani, le avanguardie più omeno spericolate (e spesso anchestupide) pur se allettanti da puntodi vista espositivo, nulla aggiungo-

vereto), “Mirò, la terra” e “Garofa-lo” (Ferrara), “Pinturicchio” (Peru-gia e Spello),“Valerio Castello”(Ge-nova). tutte le altre mostre, com-preso il “Salvator Rosa” di Napoli,ve le regalo.

Ripercorreremo insieme quasiduemila anni di arte, all’insegna delClassicismo, riportando in questonumero le immagini di quattro mo-stre: purtroppo all’origine non vi èalcun coordinamento tra di esse, vi-sto che si sono aperte in periodi dif-

no a quanto è stato detto e ripetu-to più volte. Una mostra è impor-tante se propone un percorso nuo-vo, se riscopre artisti o movimentidimenticati o non ancora focalizza-ti: solo allora diventa utile dal pun-to di vista culturale o solo conosci-tivo. Tra le mostre che hanno pro-posto qualcosa di nuovo, possiamocitare “L’ultimo Tiziano” (Belluno,Pieve di Cadore e Venezia),“Renoir,la maturità tra classico e moderno”(Roma), “La Parola nell’arte” (Ro-

Le immagini di questo numero

Giovanni Corrieri - già preside dell’Istituto d’arte “Osvaldo Licini”, Ascoli Piceno

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