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S O M M A R IO S. AGOSTINO T E S T I S U L L A P A S S I O N E 1. IL CRISTO CROCIFISSO pag. 2 2. LE QUATTRO DIMENSIONI DELLA CROCE 8 3. LA CROCE – CORDA DEL LAVANDAIO 12 4. LA PASSIONE DI GESU’ E LA PASSIONE DEI MARTIRI 13 5. LA CROCE, IL BUON LADRONE E S. PIETRO 17 6. L’APOSTOLO S. PIETRO E LA SOFFERENZA DEL CRISTIANO 21 7. LA CROCE E IL CANDELABRO 22 8. LA CROCE E IL BATTESIMO 25 9. LA CONFESSIONE DI PIETRO 29 10. L’ESEMPIO DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO 34 11. I MARTIRI E L’ESEMPIO DI GESU’ CRISTO 40 12. I MACCABEI TESTIMONI DI G. CRISTO 44 13. GESU’ CRISTO TRADITO DA GIUDA 46 14. LA CROCE SULLA FRONTE 48 15. G. CRISTO SI TURBA PER LA MORTE IMMINENTE 49 16. L’ESEMPIO DI G. CRISTO E S. STEFANO 54 17. IL BUON LADRONE 56 18. G. CRISTO E’ MORTO PER AMORE DEI PECCATORI 58 19. LA PREGHIERA 60 20. IL SANGUE DI G. CRISTO PREZZO DEL NOSTRO RISCATTO 62 21. PREGHIERA A G. CRISTO CROCIFISSO 65

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S O M M A R IO

S. AGOSTINO

T E S T I S U L L A P A S S I O N E

1. IL CRISTO CROCIFISSO pag. 2

2. LE QUATTRO DIMENSIONI DELLA CROCE 8

3. LA CROCE – CORDA DEL LAVANDAIO 12

4. LA PASSIONE DI GESU’ E LA PASSIONE DEI MARTIRI 13

5. LA CROCE, IL BUON LADRONE E S. PIETRO 17

6. L’APOSTOLO S. PIETRO E LA SOFFERENZA DEL CRISTIANO 21

7. LA CROCE E IL CANDELABRO 22

8. LA CROCE E IL BATTESIMO 25

9. LA CONFESSIONE DI PIETRO 29

10. L’ESEMPIO DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO 34

11. I MARTIRI E L’ESEMPIO DI GESU’ CRISTO 40

12. I MACCABEI TESTIMONI DI G. CRISTO 44

13. GESU’ CRISTO TRADITO DA GIUDA 46

14. LA CROCE SULLA FRONTE 48

15. G. CRISTO SI TURBA PER LA MORTE IMMINENTE 49

16. L’ESEMPIO DI G. CRISTO E S. STEFANO 54

17. IL BUON LADRONE 56

18. G. CRISTO E’ MORTO PER AMORE DEI PECCATORI 58

19. LA PREGHIERA 60

20. IL SANGUE DI G. CRISTO PREZZO DEL NOSTRO RISCATTO 62

21. PREGHIERA A G. CRISTO CROCIFISSO 65

IL CRISTO CROCIFISSO.

(S. Agostino, disc. 160, 3-7, NBA, XXX, pagg. 618-26).

3. Ed io, fratelli, dice, quando venni tra voi,

non venni ad annunciarvi il mistero di Dio

con discorsi elevati o sapienti.

Dice ancora: forse che io dissi di saper qualche cosa tra voi,

Se non Gesù Cristo, e questi crocifisso (Cor. 2, 1-2)?

E se sapeva solo questo,

non vi era cosa che non sapesse.

E’ cosa grande sapere Cristo Crocifisso;

ma davanti agli occhi dei piccoli

pose un tesoro come nascosto,

Cristo, dice, Crocifisso.

Quante cose nascoste racchiude dentro di sé questo tesoro.

Quindi in un altro passo,

poiché temeva che alcuni fossero sedotti

per mezzo della inutile e ingannevole filosofia

e allontanati da Cristo,

assicurò che in Cristo erano presenti i tesori

della sapienza e della scienza di Dio.

State attenti, dice, che nessuno vi seduca

per mezzo della filosofia e della vana seduzione,

secondo gli elementi del mondo,

non secondo Cristo,

nel quale sono nascosti i tesori

della sapienza e della scienza (Col. 2, 8.3).

Cristo Crocifisso,

Tesori nascosti della sapienza e della scienza di Dio:

non vogliate pertanto farvi ingannare, dice,

sotto il nome della sapienza.

Richiamatevi a questo involucro,

pregate, perché vi sia aperto.

Ciò che tu cerchi, o filosofo di questo mondo, è nulla.

Colui che non cerchi…

A che serve che tu abbia molta sete

e avanzando lasci indietro la fonte?

Disprezzi l’umiltà, perché non comprendi la maestà.

Infatti se l’avessero conosciuto,

Mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria (I Cor. 2, 8).

Gesù Cristo, dice, Crocifisso.

Non dissi di saper alcunché in mezzo a voi,

se non Gesù Cristo e questi Crocifisso.

La sua umiltà, che i superbi irridono,

perché si compia in essi:

Hai minacciato i superbi;

siano maledetti infatti coloro

che si allontano dai tuoi comandamenti (Ps. 118, 21).

E quale è il suo comandamento,

se non che crediamo in lui

e ci amiamo a vicenda?

Crediamo in chi?

In Cristo Crocifisso.

Ciò che la superbia non vuol udire,

ciò ascolti la sapienza.

E’ suo comandamento che crediamo in lui.

In chi?

In Cristo Crocifisso.

Questo è il suo comandamento,

che crediamo in Cristo Crocifisso.

Assolutamente questo.

Ma questo superbo, a fronte alta,

con il collo tronfio, con lingua arrogante,

con la bocca gonfia irride Cristo Crocifisso!

Maledetti dunque quelli che deviano di tuoi comandamenti.

Perché irridono,

se non perché lo vedono dal di fuori,

rivestito di una spregevole vesticciola,

mentre non vedono il tesoro che è nascosto dentro?

Vede la carne,

vede l’uomo,

vede la croce,

vede la morte:

disprezza queste cose.

Fermati, non passare oltre,

non disprezzare,

non insultare.

Aspetta. Osserva!

Forse dentro c’è qualcosa

che ti potrebbe arrecare grande godimento!

Forse troverai ciò che occhio non vide,

né orecchio udì,

né poté immaginare un cuore umano (I Cor. 2, 9).

L’occhio vede la carne;

al disotto della carne v’è ciò che l’occhio non vede.

Il tuo orecchio ode la voce;

lì vi è ciò che l’orecchio non udì mai.

Pensasti al cuore,

come da pensieri umani,

un uomo crocifisso e morto;

lì vi è ciò che un cuore umano non poté pensare.

Infatti noi pensiamo cose abituali.

Mosè pensò nel suo cuore, dice, di far visita ai suoi fratelli (Ex. 2, 11).

Questo è il modo di fare dell’uomo.

E quando i discepoli dubitavano del Signore stesso,

e dicevano fra sé,

nel trovarselo all’improvviso davanti

dopo che era risorto:

è lui, non è lui,

è un corpo, è uno spirito;

Egli dice così:

Perché salgono dubbi nel vostro cuore? (Lc. 24, 38)

4. Cerchiamo dunque, se possiamo,

non ciò che può salire nel nostro cuore,

ma dove il nostro cuore possa meritare di salire.

Meriterà infatti di regnare con chi è nella gloria,

chi avrà imparato a vantarsi con il crocifisso.

Perciò anche l’Apostolo stava a vedere

non solo dove saliva,

ma anche per quale via salire.

Molti infatti videro dove,

ma non videro per quale via.

Amarono la patria gloriosa,

ma ignorarono la via dell’umiltà.

Perciò l’Apostolo,

conoscendo e pensando

e riflettendo in anticipo non solo “dove”,

ma anche “attraverso cosa”, dice:

Quanto a me lungi il vantarmi,

se non nella croce del Signore Gesù Cristo (Gal. 6, 14).

Avrebbe potuto dire:

nella Sapienza del Signore nostro Gesù Cristo;

e avrebbe detto la verità.

Avrebbe potuto dire: nella Maestà;

e avrebbe detto la verità.

Avrebbe potuto dire: nella Potenza,

e avrebbe detto la verità.

Ma disse: nella Croce.

Dove il filosofo del mondo provò vergogna,

proprio lì l’Apostolo scoprì un tesoro.

Poiché non disprezzò l’involucro spregevole,

raggiunse un contenuto prezioso.

Lungi da me, disse, il vantarmi

se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.

Hai preso su di te un buon fardello;

lì è racchiuso tutto ciò che hai cercato.

Ed hai fatto vedere quale grande cosa vi era nascosta.

Quale aiuto?

Per suo mezzo, dice, il mondo è crocifisso per me

ed io per il mondo (Gal. 6, 149).

Quando per te sarebbe stato crocifisso il mondo,

se non fosse stato crocifisso per te Colui,

per mezzo del quale è stato creato il mondo?

Dunque: chi si vanta, si vanti nel Signore (I Cor. 1, 31) .

In quale Signore?

Nel Cristo Crocifisso.

Dove c’è l’umiltà, lì c’è la maestà;

dove c’è la debolezza, lì c’è la potenza;

dov’è la morte, lì è la vita.

Se vuoi raggiungere quelle cose,

non disprezzare queste.

5. Hai ascoltato nel Vangelo i figli di Zebedeo.

Cercavano l’altezza,

chiedendo che uno di loro sedesse

alla destra di un Padre di famiglia così grande,

e l’altro alla sinistra.

Cercavano un posto veramente grande, importante;

poiché credevano di poco conto il “per dove”,

Cristo li chiama dal posto “dove” volevano andare,

a quello “per dove” dovevano andare.

Infatti che cosa risponde a coloro che chiedevano un posto così elevato?

Potete bere il calice che io sto per bere (Mt. 20, 22)?

Quale calice, se non dell’umiltà,

se non della passione?

Quel calice che Egli stava per bere

e mentre stava trasformando in se stesso la nostra umiltà,

disse al Padre:

Padre, se è possibile, passi da me questo calice (Mt. 26, 39).

Mentre sta trasformando in se stesso proprio costoro,

che ricusavano di bere un tale calice

e cercavano le cose importanti,

e trascuravano la via dell’umiltà:

Potete bere, dice, il calice che io sto per bere?

Cercate il Cristo trionfatore,

tornate al Cristo crocifisso.

Volete regnare ed essere gloriosi sul trono di Cristo,

prima imparate a dire:

Lungi da me il vantarmi,

Se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (Gal, 6, 14).

Questa è la dottrina cristiana,

il comandamento dell’umiltà,

la raccomandazione dell’umiltà,

di non gloriarci

se non della croce del Signore nostro Gesù Cristo.

Infatti non è cosa grande gloriarsi nella sapienza di Cristo:

è cosa grande gloriarsi nella croce di Cristo.

Per quello in cui l’empio ti insulta,

per ciò si glori il credente;

per quello in cui il superbo ti insulta,

per questo si glori il cristiano.

Non vergognarti della croce di Cristo!

Perciò hai ricevuto questo segno proprio sulla fronte,

come nel posto in cui ha sede l’onore.

Ripensa alla tua fronte,

per non aver paura della lingua altrui.

6. La circoncisione,

segno dell’Antico Testamento nella carne nascosta,

la Croce,

segno del Nuovo testamento sulla fonte scoperta.

Lì vi è l’occultamento,

qui la rivelazione.

Quella sotto il velo,

questa nella faccia.

Fin quando infatti viene letto Mosè,

un velo è posto sul loro cuore (2 Cor. 3, 15).

Perché? Perché passarono al Cristo.

Quando, infatti, passerai al Cristo,

sarà tolto il velo ( 2 Cor. 3, 18).

Perché tu, che avevi nascosto il segno della circoncisione,

portassi il segno della croce sulla fronte.

Noi poi riflettendo come in uno specchio,

a viso scoperto la gloria del Signore,

dice, veniamo trasformati in quella stessa immagine,

di gloria in gloria,

come dallo Spirito del Signore (2 Cor. 3, 18).

Non attribuire ciò a te stesso,

non pensare che sia opera tua,

perché non ti succeda che ignorando la giustizia di Dio

e volendo stabilire la tua,

non abbia ad essere sottomesso alla giustizia di Dio.

Passa dunque al Cristo,

tu che ti glori della circoncisione.

Infatti vuoi avere la gloria

da ciò che ti vergogni di mostrare.

E’ un segno, ed è vero,

ed è stato ordinato da Dio;

ma è un segno di nascondimento.

Infatti il Nuovo Testamento era nascosto nel Vecchio;

il Vecchio Testamento è rivelato nel Nuovo.

Perciò il segno passi dal nascondimento alla manifestazione,

e cominci ad essere sulla fronte

ciò che era nascosto sotto la veste.

Infatti chi pone in dubbio che quel segno fosse preannunziato da Cristo?

Da qui il coltello di pietra:

la pietra era il Cristo.

Da qui l’ottavo giorno,

il giorno della risurrezione del Signore.

Perciò l’Apostolo passando di là,

venendo di là,

passando cioè al Cristo,

perché fosse eliminato il velo,

apprese ciò di cui gloriarsi.

Lungi da me il gloriarmi,

Se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.

Infatti, che cosa aveva detto prima?

Neppure coloro che sono circoncisi,

osservano la Legge;

ma vogliono farvi circoncidere,

per gloriarsi della vostra carne (Gal. 6, 14.13).

E tu che (fai), o Apostolo?

Trasferisci il segno sulla fronte.

Lungi da me il gloriarmi,

Se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.

Ho qui, dice, ciò che ignoravo.

Venne il Nuovo Testamento,

è stato rivelato ciò che era nascosto.

Coloro che sedevano nell’ombra di morte,

per essi è sorta la luce.

E’ stato rivelato ciò che era nascosto:

ciò che era nascosto, è davanti a tutti.

Venne la pietra in persona,

circoncise tutti noi nello Spirito,

e fissò sulla fronte dei redenti

il segno della sua umiliazione.

7. Ormai il vanto nostro sia nella croce di Cristo:

non dobbiamo vergognarci dell’umiliazione dell’Altissimo.

LE QUATTRO DIMENSINI DELLA CROCE

(S. Agostino, disc. 165, 3,3-5.6.7.9; NBA XXXI/2 pagg. 740-44.48-50)

3.3 …Ascolta l’Apostolo in persona che ti dice:

Lungi da me il gloriarmi,

se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (Gal. 6, 14).

Anche noi gloriamoci in essa,

almeno perché siamo stesi su di essa.

Tutti, o buoni fratelli, gloriamoci in essa.

Qui troveremo forse la larghezza, la lunghezza,

l’altezza, la profondità.

Per mezzo di queste parole dell’Apostolo

la croce è collocata in un certo modo davanti a noi.

Vi è la larghezza,

in cui sono inchiodate le mani;

vi è la lunghezza,

poiché da lì il legno si prolunga fino a terra;

vi è l’altezza,

cioè quella parte che sporge un poco dal tronco trasversale,

in cui sono inchiodate le mani,

ed in essa si posa il capo del crocifisso;

vi è la profondità,

cioè quella parte che è conficcata nella terra,

e che è nascosta.

Vedete il grande sacramento!

Da quella profondità, che tu non puoi vedere,

emerge tutto quello che tu puoi vedere!

4.4. Dove è dunque la larghezza?

Confrontati con la vita e il modo di agire dei santi,

che dicono: Lungi da me il gloriarmi,

se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo…

Troviamo nel loro modo di agire la larghezza della carità:

per cui l’Apostolo stesso li ammonisce, dicendo:

Dilatate il vostro cuore,

Per non essere come quelli

Che portano il giogo come gli infedeli (2 Cor. 6, 14).

E poiché egli,

che li esortava a dilatare il loro cuore,

aveva già dilatato il suo cuore,

ascoltate ciò che dice:

La nostra bocca, o corinzi, si è aperta;

il nostro cuore si è dilatato ( 2 Cor. 6, 11).

La larghezza dunque è la carità,

ed essa sola opera il bene.

La larghezza fa in modo che Dio ami

chi dà con gioia.

Infatti se uno si trova alle strette,

darà con tristezza.

Se darà con tristezza,

perde ciò che darà.

Vi è bisogno allora della larghezza della carità,

perché non si perda tutto il bene che si compie.

Ma poiché il Signore ha detto:

Quando il peccato dilagherà,

la carità di molti si raffredderà (Mt. 24, 12),

dammi allora anche la lunghezza.

Quale è la lunghezza?

colui che persevererà fino alla fine,

costui sarà salvo (Mt. 24, 13)

Questa è la lunghezza della croce,

in cui tutto il corpo viene disteso;

in cui si è in qualche modo immobilizzati,

e, restando immobili, si persevera.

Se dunque, tu che ti vanti della croce,

cerchi di avere la larghezza,

cerca di avere la forza di fare il bene.

Se cerchi di avere la lunghezza della croce,

abbi la longanimità nel perseverare.

Se vuoi avere l'altezza della croce,

riconosci ciò che senti e dove lo senti:

"In alto il cuore!".

Che significa: "In alto il cuore!"?

Lì spera, lì ama;

di lì chiedi la forza,

da lì aspetta la ricompensa.

Infatti se agisci bene,

e dai con gioia,

ti renderai conto di avere la larghezza.

Se persevererai fino alla fine in queste opere buone,

ti renderai conto ti avere la lunghezza.

Ma se compi tutto ciò non per la ricompensa di lassù,

non avrai I' altezza;

e quella non sarà più né larghezza,

né lunghezza.

Che cosa significa avere l’altezza,

se non pensare Dio, amare Dio:

ed amare gratuitamente lo stesso Dio che aiuta,

che guarda, che incorona,

che conferisce il premio?

Infine ritenere lui stesso come premio,

non attendersi niente da lui,

se non lui stesso?

Se ami, ama gratuitamente.

se ami veramente,

sia lui stesso la ricompensa che ami.

Oppure ti stanno a cuore tutte le cose,

mentre vale poco colui

che ha creato tutte le cose?

5.5. Perché potessimo ottenere queste cose

l’Apostolo piegò le sue ginocchia per noi,

certamente perché ci fossero date.

Infatti il Vangelo ci atterrisce:

A voi è concesso di conoscere il mistero del regno,

ad essi invece non è concesso.

Infatti, a chi ha, sarà dato.

Ma chi è colui che già ha e gli sarà dato,

se non colui al quale già è stato dato?

A colui che non ha,

sarà tolto anche ciò che ha (Mt. 13,11-12).

Chi è che non ha,

se non colui al quale non è stato dato?

Perché allora ad uno è stato dato,

mentre ad un altro non è stato dato?

In questo consiste la profondità della croce,

non mi dà fastidio il dirlo!

Dalla profondità di non so quale giudizio di Dio,

che non siamo in grado di scrutare e contemplare,

procede tutto ciò che siamo in grado di fare.

Ciò che posso fare lo vedo,

da dove mi venga il potere di farlo, non lo vedo.

Se non che vedo anche fino a questo punto,

che mi rendo conto che viene da Dio!

Perché poi quello e non quell’altro,

è molto distante da me,

è un abisso,

è la profondità della Croce!

Posso gridare per l’ammirazione,

non posso dimostrarlo con un ragionamento.

Che posso gridare riguardo a questa profondità?

Quanto sono grandi le tue opere, Signore (Ps. 91, 6)!

I pagani vengono alla luce,

i Giudei sono accecati.

Alcuni bambini vengono purificati con il battesimo,

altri bambini poi vengono lasciati nella morte del primo uomo.

Quanto sono grandi le tue opere, Signore!

I tuoi pensieri si sono fatti troppo profondi !

E aggiunge: L’uomo insensato non conosce,

e lo stolto non se ne rende conto(Ps. 91, 6-7)!

Di che cosa non si rende conto lo stolto e l’insensato?

Perché si tratta di cosa veramente profonda.

Infatti, se lo stolto non se ne rende conto,

mentre il sapiente se ne rende conto,

allora non si tratta di una cosa troppo profonda.

Ma se il sapiente si rende conto che è una cosa profonda,

lo stolto non si rende conto neppure che è una cosa profonda.

5.6. Perciò molti volendo cercare una ragione di questa profondità,

si persero dietro a favole vuote di senso….

7.9. …Sono un essere umano:

avverto la profondità della croce,

ma non riesco a penetrarla;

mi atterrisco, non cerco di penetrare.

I suoi giudizi non si possono scrutare,

le sue vie sono inaccessibili.

Sono un uomo. Sei un uomo.

Era un uomo colui che diceva:

Chi sei tu uomo, per rispondere a Dio (Rom. 9, 20)?

Un uomo lo diceva: lo diceva ad un uomo.

Ascolti l’uomo, perché non vada in rovina l’uomo,

per amore del quale Dio si è fatto uomo!

In questa profondità della croce, dunque,

in questa oscurità così fitta del mistero,

atteniamoci a quello che abbiamo cantato:

non facciamo affidamento sulle nostre forze,

non fondiamo sulla forza del nostro piccolo intelletto:

ripetiamo il Salmo,

ripetiamo col Salmo:Pietà di me, o Dio, pietà di me (Ps. 56, 2).

Perché? Perché ho il potere di poterlo meritare?

No. E perché?

Perché ho il potere della volontà,

per cui il mio merito precede la grazia?

No. E perché?

Perché la mia anima confida in te (ib.).

Grande scienza, una tale confidenza

LA CROCE, CORDA DEL LAVANDAIO

(S. Agostino, disc. 181, 5.7.; NBA XXXI/2, pagg. 966-68)

5.7. …Chi perdona, pulisce la macchia,

chi usa indulgenza, spiana la piega.

E dove spiana la nostra piega?

Sulla croce di Cristo,

come sulla cordicella tesa di un grande lavatoio.

Infatti sulla stessa croce,

cioè sulla stessa corda tesa, sparse il sangue per noi.

E voi fedeli sapete bene quale testimonianza dovete rendere

al sangue che avete ricevuto.

Certamente rispondete con verità: Amen.

Sapete bene quale sia il sangue

che è stato versato per molti in remissione dei peccati.

Ecco come la Chiesa diventa senza macchia né piega,

come una volta ben lavata

venga stesa sulla corda della croce:

e questo si può fare solo qui.

Il Signore fa comparire davanti a sé la Chiesa gloriosa,

senza macchia né piega.

Questo lo compie anche quaggiù,

ma lo renderà manifesto lassù.

Infatti fa in modo che non abbiamo macchia né piega.

E’ grande chi compie quest’opera,

la fa bene,

è un grandissimo artefice.

Stende sul legno e rende senza piega,

chi aveva reso senza macchia lavandolo.

Egli stesso, che venne senza macchia

e senza piega,

è stato steso sulla corda.

Ma per noi,

non per sé stesso,

per renderci senza macchia e senza ruga.

Preghiamolo dunque di compiere l’opera,

e dopo che l’avrà compiuta,

ci conduca nei granai,

e qui ci custodisca, dove non si sarà chi torchia.

LA PASSIONE DI GESU’ CRISTO

E LA PASSIONE DEI MARTIRI

L’esempio dell’apostolo PIETRO

(S. Agostino, disc. 284, 5-6; NBA. XXXIII, pag. 126-32)

5. Non c’è da meravigliarsi, fratelli miei;

Sapete il motivo per cui si legge la passione dei martiri?

La Chiesa non prega per loro.

Giustamente infatti la Chiesa prega per gli altri

che dormono il sonno della morte;

invece si raccomanda piuttosto alle preghiere dei martiri.

Infatti lottarono contro il peccato fino a spargere il sangue.

Misero in pratica ciò che è scritto.

Combatti per la verità fino alla morte (Eccl. 4, 33).

Disprezzarono gli allettamenti del mondo: ma è poco.

E’ poca cosa infatti disprezzare la morte,

è poca cosa sopportare cose difficili.

Dove si combatte fino al sangue,

lì vi è una vittoria completa e gloriosa.

Infatti al nostro Signore, principe dei martiri,

prima furono fatte proposte lusinghiere:

Ordina che queste pietre diventino pane.

Ti darò tutti questi regni.

Vediamo se gli Angeli ti raccolgano,

perché sta scritto:

il tuo piede non urterà contro un sasso(Mt. 4, 36).

Tutte queste cose lusinghiere sono del mondo:

nel pane v’è la concupiscenza della carne;

nella promessa dei regni, l’ambizione del mondo;

nella curiosità della tentazione la concupiscenza degli occhi.

Queste cose allettano, non provocano dolori.

Guardate il capo dei martiri,

che propone esempi di lotta,

ed aiuta con misericordia coloro che lottano.

Perché permise di essere tentato,

se non per insegnare a resistere al tentatore?

Il mondo promette i piaceri della carne;

rispondi: Dio dà una gioia maggiore.

Il mondo promette onori e grandezze terrene;

rispondi: il Regno di Dio supera ogni cosa.

Il mondo promette curiosità inutili e riprovevoli;

rispondi: solo la verità di Dio non sbaglia.

Il Signore fu tentato con questa triplice tentazione,

perché in tutte le attrattive del mondo

si trovano queste tre cose:

il piacere, la curiosità, la superbia.

L’Evangelista che cosa aggiunge?

Dopo che il diavolo ebbe esaurito ogni genere di tentazione (Lc. 4, 13):

ogni, cioè che riguardavano le attrattive.

restava un’altra tentazione riguardante cose aspre e dure,

crudeli, atroci e inumani;

restava un’altra tentazione.

L’Evangelista sapendo ciò,

ciò che si era compiuto,

ciò che resta, dice:

Dopo che il diavolo ebbe esaurito ogni genere di tentazione,

si allontanò da lui per un certo tempo (ivi).

Si allontanò da lui, cioè,

il serpente insidiatore;

sarebbe tornato il leone ruggente.

Ma lo vincerà colui che calpesterà il leone e il dragone.

Ritornerà:

entrerà in Giuda,

lo renderà traditore del maestro.

Guiderà i Giudei,

non già per applaudirlo,

ma per infierire:

colui che aveva il pieno possesso dei suoi strumenti,

griderà con le lingue di tutti:

Crocifiggi, Crocifiggi (Lc. 23, 21)

Che cosa ammiriamo qui nel Cristo vincitore?

Egli era Dio onnipotente!

6. Cristo ha voluto patire per noi.

Afferma l’apostolo Pietro:

Ha sofferto per voi,

lasciandovi un esempio,

perché ne seguiate le orme (1 Pt. 2, 21).

Ti insegnò a soffrire,

e te lo insegnò con il soffrire.

Sarebbe stata poca cosa la parola,

se non vi avesse aggiunto l’esempio.

E come ce l’insegnò, o fratelli?

Era appeso alla croce,

i Giudei infierivano:

pendeva da duri chiodi,

ma non perdeva la dolcezza.

Essi infierivano,

essi gli latravano attorno,

essi insultavano colui che era appeso;

quei frenetici infierivano da ogni parte

contro il più grande dei medici,

che era stato messo al centro.

Egli era appeso, e guariva.

Padre, dice, perdona loro,

Perché non sanno quel che fanno (Lc. 23, 34).

Chiedeva con insistenza,

eppure restava appeso;

non scendeva,

perché del suo sangue faceva medicina per i furibondi.

Infine, poiché le parole del Signore,

che chiedeva con insistenza,

sono anche le parole di chi accorda misericordia,

perché chiedeva con insistenza al Padre,

e insieme al Padre esaudì.

Poiché quelle parole non potettero essere pronunziate invano,

dopo la sua risurrezione guarì coloro che,

folli di furore,

aveva sopportato quando pendeva dalla croce.

Ascese al cielo,

inviò lo Spirito Santo.

Né si mostrò ad essi dopo la risurrezione,

ma solo ai suoi fedeli discepoli,

perché non sembrasse voler insultare

chi l’aveva ucciso.

Infatti era molto più importante

insegnare l’umiltà agli amici,

che rinfacciare la verità ai nemici.

Risuscitò:

fece molto di più di quanto essi esigevano,

non credendo,

ma insultando e dicendo:

Se è il Figlio di Dio,

Scenda dalla croce (Mt. 27, 40).

E colui che non volle scendere dal legno,

risuscitò dal sepolcro,

ascese al cielo,

di qui inviò lo Spirito Santo;

riempì i discepoli,

corresse coloro che erano timorosi,

ne fece persone piene di fiducia.

La titubanza di Pietro improvvisamente

si cambiò nella fortezza del predicatore.

Da dove ciò per un uomo?

Cerca Pietro mentre presume di sé,

e trovi Pietro che rinnega;

cerca Dio che offre il suo aiuto,

e trovi Pietro che predica.

Per un pò vacillò la debolezza,

perché fosse sconfitta la presunzione,

non perché l’amore fosse cancellato.

Lo riempie del suo Spirito ,

e ne fa un predicatore invitto,

mentre quando presumeva di sé gli aveva detto:

Mi rinnegherai per tre volte (Mt. 26, 34).

Egli aveva presunto di sé,

non del dono di Dio,

ma del libero arbitrio.

Infatti aveva detto:

Sarò con te fino alla morte (Mt. 26, 35).

Nella sua autosufficienza aveva detto:

Non sarò scosso in eterno (Ps. 29, 7).

Ma colui che aveva voluto dare forza al sua prestigio,

Ritrasse il suo volto,

e quello restò conturbato (Ps. 29, 8).

Ritrasse, dice, il suo volto il Signore;

mostrò Pietro a Pietro;

poi guardò,

e rese stabile Pietro sulla pietra.

Fratelli miei, per quanto ci è possibile,

imitiamo l’esempio

che ci è offerto nella Passione del Signore.

Lo potremo fare, se chiederemo aiuto a lui,

Non con il correre avanti,

come Pietro quando presumeva di sé;

ma seguendo e pregando,

come fa Pietro quando avanza.

Quando Pietro rinnegò tre volte,

osservate cosa dice l’Evangelista:

E il Signore lo guardò,

e Pietro si ricordò (Lc. 22, 61).

Che vuole dire: Lo guardò?

Il Signore infatti non lo guardò in viso fisicamente,

come per richiamarlo.

Non così.

Leggete il Vangelo.

Il Signore veniva giudicato all’interno del palazzo.

Pietro era tentato nel cortile.

Dunque lo guardò il Signore non fisicamente,

ma nella maestà;

non con lo sguardo degli occhi corporali,

ma con grande amore misericordioso.

Quello, perché aveva distolto il suo sguardo,

lo guardò,

e fu liberato.

Sarebbe perito dunque il presuntuoso,

se non lo avesse guardato il Redentore.

Coloro che avevano errato credono.

E’ efficace per quei frenetici

quella medicina che è il Sangue del Signore.

Credendo bevono ciò che nel loro furore

avevano versato.

E’ troppo per me, dice, imitare il Signore.

E’ una grazia del Signore imitare uno,

che come noi è un servo,

imitare Stefano,

imitare Mariano e Giacomo.

Erano uomini;

erano servi come noi;

nati come sei nato tu,

ma incoronati da colui

che non è nato in questo modo.

LA CROCE, IL BUON LADRONE E S. PIETRO

(S. Agostino, disc. 285, 2-3; NBA, XXXIII/2, pag. 134-38)

2. E’ necessario ricordarvi sempre

e sempre dovete aver presente

che il martire di Dio non è tale per la pena che soffre,

ma per la causa.

Dio infatti si compiace della nostra giustizia,

non delle nostre sofferenze;

e nel giudizio verace dell’Onnipotente si cerca

non ciò che uno soffre,

ma il motivo per cui soffre.

Il fatto che noi ci segniamo con la croce del signore

non è dovuto alla pena del Signore,

ma alla causa.

Infatti se ciò fosse dovuto alla pena,

ciò sarebbe valso anche per i ladroni

che sopportavano la stessa pena.

Unico era il luogo per i tre che erano stati crocifissi,

in mezzo c’era il Signore,

che fu annoverato fra i malfattori (Isa. 53, 12).

Posero i ladroni ai due lati;

ma la causa non era la stessa.

Venivano accostati ai lati del crocifisso,

ma erano molto distanti.

Quelli li crocifissero i loro delitti,

questo i nostri.

Tuttavia anche in uno di essi risultò manifesto

quale valore avesse l’amore di chi confessa,

non la sofferenza di chi è crocifisso.

Il ladrone acquistò nel dolore,

ciò che Pietro aveva perduto per timore:

ammise il peccato,

salì la croce;

cambiò la causa,

conquistò il paradiso.

Meritò certamente di cambiare la causa,

colui che non disprezzò nel Cristo la somiglianza della pena.

I Giudei disprezzarono colui che operava miracoli,

egli credette nel crocifisso.

Riconobbe come Signore chi era suo compagno di croce,

e credendo fece violenza al regno dei cieli.

Il ladrone allora ebbe fede nel Cristo,

proprio quando la fede degli apostoli vacillava.

Giustamente meritò di sentire:

Oggi sari con me in paradiso (Lc 23, 43).

Certamente egli non si era ripromesso tale cosa.

si affidava invero alla misericordia senza limiti,

ma pensava anche ai suoi peccati.

Signore, dice, ricordati di me,

quando sarai nel tuo regno (Lc. 23, 42).

Pensava che sarebbe stato nelle pene,

fino a quando il Signore non sarebbe venuto nel suo regno.

E chiedeva che gli fosse usata misericordia

almeno alla sua venuta.

Il ladrone, perciò, pensando alle sue colpe, differiva.

Ma il Signore offriva al ladrone

ciò che questi non sperava.

Come se dicesse:

tu mi chiedi di ricordarmi di te,

quando sarò venuto nel mio regno:

In verità, in verità ti dico:

Oggi sarai con me in paradiso (Lc. 23, 43).

Riconosci colui al quale ti affidi.

Colui che credi che verrà,

prima ancora che venga,

sono in ogni luogo.

Perciò, anche se sto per scendere agli inferi,

oggi ti ho con me in paradiso,

non raccomandato ad un altro,

ma insieme con me.

La mia umiltà, infatti, è scesa fino agli uomini mortali,

e perfino a quelli che sono morti,

ma la mia divinità non si è mai allontanata dal paradiso.

Così vi sono state tre croci,

tre cause.

Un ladrone insultava il Cristo;

un altro, confessati i suoi peccati,

si affidava alla misericordia di Cristo.

In mezzo la croce di Cristo:

non fu un supplizio,

ma un tribunale.

Infatti dalla croce condannò chi insultava,

liberò chi credeva.

Voi, che insultate, temete;

voi, che credete, gioite.

Ciò che farà nella gloria,

lo ha già fatto nell’umiltà.

3. I doni divini derivano dal profondo giudizio di Dio.

Possiamo ammirarli,

non possiamo investigarli.

Chi, infatti, ha conosciuto il pensiero di Dio?

E quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi,

e investigabili le sue vie (Rom. 11, 33) ?

Pietro, mentre segue dovunque le orme di Cristo,

si turba e nega;

è guardato e piange.

Il pianto lava ciò che il timore aveva macchiato.

Quello, per Pietro, non fu un abbandono,

ma un ammaestramento.

Richiesto invero se amava il Signore,

aveva presunto di sé stesso,

fino a pensare di morire per lui.

Lo aveva attribuito alle sue forze.

Se per un pò non fosse stato abbandonato

da chi lo teneva in piedi,

non avrebbe acquistato coscienza di sé.

Osò affermare: darò la mia vita per te (Lc. 22, 33).

Egli, presuntuoso, si vantava

che avrebbe dato la vita per Cristo,

mentre il suo liberatore ancora non l’aveva data.

Infine, quando è preso dalla paura,

come gli aveva predetto il Signore,

rinnega per tre volte colui,

per il quale aveva promesso che sarebbe morto.

Come fu scritto: Il Signore lo guardò.

Ed egli pianse amaramente (Lc. 22, 61-62).

Era amaro il ricordo del rinnegamento,

perché fosse dolce la grazia della redenzione.

Se non fosse stato abbandonato,

non avrebbe rinnegato;

se non fosse stato guardato, non avrebbe pianto.

Dio ha in odio chi presume delle sue forze,

ed egli taglia, come medico, questo tumore

in coloro che ama.

Quando taglia invero provoca dolore,

ma rafforza la salute

Perciò, risorgendo, il Signore affida a Pietro le sue pecore,

a lui che lo aveva rinnegato.

Proprio a lui, che aveva rinnegato,

perché presuntuoso.

Poi lo fa pastore, perché lo ama.

Infatti, perché interroga per tre volte chi lo ama,

se non per far pentire

chi per tre volte lo ha rinnegato?

Pietro adempì, perciò, poi con la grazia di Dio,

ciò che prima non poté,

per la fiducia in sé stesso.

Infatti, dopo che gli ebbe affidato le pecore sue,

non di Pietro,

perché le pascesse,

non per sé, ma per il Signore,

gli annunziò la futura passione,

che in un primo momento gli era sfuggita,

perché aveva avuto troppa fretta.

Quando sarai diventato vecchio, dice,

un altro ti cingerà,

e ti porterà dove tu non vuoi.

Questo disse, poi,

indicando con quale morte

stava per glorificare il Signore (Io. 21, 18-19).

Avvenne così,

Pietro pervenne alla passione,

egli, che aveva lavato con il pianto la negazione.

Ciò che il Signore aveva promesso,

non glielo poté togliere il tentatore.

5.…Come è pastore Cristo,

non è pastore anche Pietro?

Certo, anche Pietro è pastore,

e tutti gli altri sono pastori senza alcun dubbio.

Infatti, se non fosse pastore,

come mai gli sarebbe detto:

pasci le mie pecore (Io, 21, 17)?

Tuttavia vero pastore è chi pasce le proprie pecore.

Infatti, a Pietro è stato detto, non:

Pasci le tue pecore,

ma le mie.

Pietro, perciò, non è pastore da sé stesso,

ma è pastore in quanto è nel corpo del Pastore.

Infatti se pascesse le sue pecore,

coloro che pascerebbe

diventerebbero subito capri.

L’APOSTOLO PIETRO, LA SOFFERENZA DEL CRISTIANO.

(S. Agostino, disc. 286,3.7.8, ib. Pagg, 146-52)

3. Lodo Pietro:

ma mi vergogno al posto di Pietro.

Che anima pronta!

Ma non sa misurare se stessa!

Infatti se non fosse stata pronta,

non avrebbe detto al Salvatore:

Morirò per te!

Anche se dovessi morire con te,

non ti rinnegherò (Mt. 26, 35).

Ma il medico,

che sapeva guardare l’intimo del cuore,

preannunziò il pericolo della caduta.

Tu, dice, dai la vita per me?

Riconosci l’ordine.

Sono io che la do per primo.

Tu dai la tua vita per me?

In verità ti dico,

prima che il gallo canti,

mi rinnegherai per tre volte (Io. 13, 37-38).

Il medico preannunziò

ciò che il malato non conosceva.

Il malato si rese conto

che aveva presunto falsamente di sé,

quando gli fu chiesto:

Tu sei di quelli (Mt. 26, 69)?

La serva, che gli fece la domanda,

fu come la febbre.

Ecco, si avvicina la febbre, si attacca.

Che dico?

Ecco, è nel pericolo.

Ecco, Pietro muore!

Infatti, che altro è morire,

se non negare la vita?

Negò Cristo.

Negò la Vita.

Morì!

Ma colui che risuscitò i morti,

Il Signore, lo guardò,

E pianse amaramente (Lc. 22, 61-62).

Morì negando,

piangendo risorse.

E il Signore morì per primo per lui,

come era necessario:

e, dopo, Pietro morì per il Signore,

come richiedeva il giusto ordine:

e in seguito vennero i martiri.

La via piena di spine venne lastricata,

fu battuta dai piedi degli apostoli,

fatta più accessibile per quelli che sarebbero venuti dopo.

8.7. Io qualche volta rifletto sugli opuscoli dei miracoli dei martiri,

che vengono letti alla vostra presenza.

Giorni or sono è stato letto un certo opuscolo,

in cui si narra di una malata che soffriva dolori atroci.

Avendo detto costei: Non riesco a sopportarli!

Il Martire, che era venuto per guarirla, disse:

Che diresti, se venissi condotta al martirio?

Molti dunque soffrono il martirio nel letto;

molti certamente.

E’ una forma di persecuzione di satana,

molto più occulta ed astuta

di quanto non lo fosse allora.

Un fedele giace nel letto,

è tormentato dai dolori, prega,

non è esaudito.

Anziché essere esaudito,

al contrario è messo alla prova, è tribolato,

ma per essere poi accolto come figlio, viene flagellato.

Dunque, mentre è tormentato dalle sofferenze,

sopraggiunge la tentazione della lingua.

Si avvicina al letto una donnicciola,

o un uomo – se pur uomo deve esser chiamato -,

e dice al malato: mettiti quell’amuleto, e sarai guarito;

usa quell’incantesimo, e guarirai.

Infatti quel tale e quell’altro sono guariti.

Informati.

Non cede, non obbedisce,

non ci pensa: tuttavia è combattuto.

Non ha forze, ma sconfigge il diavolo.

Diventa un martire nel suo letto.

Gli darà la corona colui,

che per amor suo fu appeso al legno.

LA CROCE E IL CANDELABRO

(S. Agostino, disc. 289, 6, ib. Pagg. 180-82)

4. Fratelli, anche gli apostoli, sono lucerne del giorno.

Non pensate che solo Giovanni sia lucerna,

e gli Apostoli non lo sono.

Disse loro il Signore: Voi siete la luce del mondo (Mt. 5,14).

E perché non pensassero che erano luce,

come è luce, colui del quale è detto: Era la luce vera,

quella che illumina ogni uomo,

che viene in questo mondo (Io. 1, 9),

Immediatamente dopo indicò loro la vera luce.

Avendo detto: Voi siete la luce del mondo,

continuò dicendo: Nessuno accende una lucerna,

e la pone sotto il moggio (Mt. 5, 14).

Poiché dissi che siete luce,

volli indicare che siete lucerna:

non vogliate esultare nella vostra superbia,

perché la fiammella non abbia a spegnersi!

Non vi pongo sotto il moggio,

ma sarete messi sul candelabro,

perché facciate luce.

Quale è il candelabro della lucerna?

Ascoltate quale sia il candelabro.

Siate lucerne, ed avrete il candelabro.

La Croce di Cristo è il grande candelabro.

Chi vuol far luce,

non abbia a vergognarsi del candelabro di legno!

Perché tu comprenda che il candelabro è la croce di Cristo,

ascolta: Nessuno accende una lucerna

e la pone sotto il moggio, ma sopra il candelabro,

perché faccia luce a tutti quelli che sono in casa.

Così la vostra luce splenda davanti agli uomini,

perché vedano le vostre buone opere, e glorifichino;

non come tu cerchi di essere glorificato,

e cerchi di spegnerti:

glorifichino il Padre vostro che è nei cieli (Mt. 5, 14-16).

Attraverso le vostre opere buone glorifichino il Padre vostro.

Per poter essere lucerne,

non avete potuto accendervi da voi,

non vi siete potuto mettere sul candelabro da voi.

Sia glorificato colui che vi ha concesso ciò.

Ascolta, dunque, l’apostolo Paolo,

ascolta la lucerna che esulta per il candelabro.

Quanto a me, dice, (coloro che conoscono il testo acclamano):

Quanto a me poi;

quanto a te poi, che cosa?

Lontano da me il gloriarmi

se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (Gal. 6, 14).

Mi glorio del candelabro.

Se il candelabro si sottrae, io cado.

Lontano da me il gloriarmi

se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo,

per mezzo del quale il mondo è stato crocifisso per me,

ed io per il mondo (ib.).

Avete lodato, avete applaudito.

Sia crocifisso per voi il mondo,

siate crocifissi per il mondo.

Che cosa è questo?

Non cercate dal mondo la felicità:;

astenetevi dalla felicità del mondo.

Il mondo i alletta, state alla larga da chi vi vuol corrompere;

il mondo minaccia, non abbiate paura di chi vi combatte.

Se i beni del mondo non ti avranno corrotto,

se i mali del mondo non ti avranno corrotto,

il mondo per te è crocifisso,

tu sei crocifisso per il mondo.

Riponi la tua gloria nel candelabro.

O lucerna, conserva sempre l’umiltà.

per poter conservare lo splendore.

Stai attento a che non abbia a spegnerti

a causa della superbia.

Conserva ciò che sei diventato,

per poterti gloriare del tuo creatore.

Che cosa, infatti, eri, o uomo?

Qualunque uomo tu sia, fai attenzione a come sei nato:

anche se sei nato nobile, sei nato nudo.

Che cosa è la nobiltà?

Alla nascita del povero e del ricco, identica è la nudità.

O forse, perché sei nato nobile,

vivrai quanto ti pare?

sei entrato, quando non lo sapevi;

quando non vorrai, ne esci.

Infine, si osservino i sepolcri,

e le ossa dei ricchi non si riconosceranno.

LA CROCE E IL BATTESIMO

(s. Agostino, disc. 294, 9.10-11.13; ib. Pagg. 292 ss)

9. 10. Apprenda dunque Nicodemo ciò che a lui,

che poco comprendeva,

sembrava incredibile e quasi impossibile:

Nessuno è salito al cielo,

se non chi è disceso dal cielo (Io. 3, 5).

10. Tutti coloro che rinascono,

certo ascendono al cielo;

nessuno degli altri certamente.

E tutti coloro che rinascono,

ascendono al cielo per la grazia di Dio.

E nessuno ascese al cielo,

se non chi discese dal cielo,

il Figlio dell’uomo che è in cielo (Ivi).

E come avviene ciò?

Perché tutti coloro che rinascono,

diventano sue membra.

E soltanto il Cristo è nato da Maria,

ed uno solo è il Cristo,

e Cristo è una sola cosa con il suo corpo.

Questo dunque volle dire, dicendo:

Nessuno ascese,

se non colui che discese.

Nessuno dunque ascese,se non il Cristo.

Se vuoi ascendere, sii nel corpo di Cristo;

se vuoi ascendere, sii membro di Cristo.

Come, infatti, nel corpo abbiamo molte membra,

e tutte le membra del corpo,

pur essendo molte, sono un corpo solo,

così è il Cristo ( I Cor. 12, 12)

Perché sia il capo che il corpo è Cristo.

Cerchiamo, allora, di approfondire di più,

come avvenga questo.

La questione è complessa,

la profondità (dei pensieri di Dio) viene in evidenza.

11. Cristo non ha peccato,

né ha ereditato il peccato originale,

né ha commesso peccati suoi;

venne in questo mondo senza il piacere della carne,

non vi fu unione coniugale,

dal corpo della Vergine non ha assunto la ferita,

ma la medicina,

non assunse ciò che doveva essere guarito,

ma ciò con cui guarire,

quanto riguarda il peccato, voglio dire.

Egli dunque è l’unico senza peccato.

Come saranno le sue membra,

di cui nessuno è senza peccato? Come?

Ascolta questo paragone:

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto,

così è necessario che sia innalzato il Figlio dell’Uomo,

perché chiunque crede in lui, non perisca,

ma abbia la vita eterna (Io. 3, 14-15).

Per quale motivo ti sembrava che gli uomini peccatori

non potevano diventare membra di Cristo,

cioè, di colui che non ha assolutamente peccato alcuno?

Ti faceva pensare il morso del serpente.

Perciò Cristo è crocifisso,

perciò Cristo sparge il sangue:

per la remissione dei peccati.

Perché a causa del peccato,

cioè del veleno del serpente:

come Mosè innalzò il serpente nel deserto,

per cui sarebbero stati sanati coloro

che venivano morsi dai serpenti in quel deserto,

e veniva loro comandato di guardare

a quello che era stato innalzato,

e chiunque lo guardasse, veniva sanato:

così bisogna innalzare il Figlio dell’uomo,

perché chiunque crede in lui,

cioè guarda colui che è innalzato,

che non si vergogna del crocifisso,

che si gloria della croce di Cristo,

non perisca, ma abbia la vita eterna.

11.12. Mi presenti un bambino,

e comandi che guardi a colui che è stato innalzato,

e affermi che non ha il veleno del serpente.

Anche se gli vuoi bene,

se ti commuove l’innocenza della sua vita,

non negare che abbia contratta una qualche pena

a partire dalla vita prima,

non sua, ma del suo progenitore.

Non negarlo.

Confessa il veleno,

perché possa chiedere la medicina;

altrimenti non potrà guarire.

Altrimenti, perché gli dici di credere?

Infatti, ciò viene risposto da chi porta il bambino.

E’ sanato sulla parola altrui,

Perché è stato ferito per una colpa d’altri.

Viene fatta la domanda:

Crede in Gesù Cristo?

Si risponde: Crede.

Si risponde al posto di chi non parla,

di chi sta zitto,

di chi piange,

e piangendo, in qualche modo prega

che gli si venga in aiuto.

Ed ha valore.

Oppure, anche di questo vuol convincere quel serpente,

che non abbia valore?

Lungi questo dal cuore di qualsiasi cristiano.

Dunque si risponde,

ed ha valore

Lo spirito comunica per mezzo di un certo accordo;

crede per bocca di un altro,

perché ha peccato per opera di un altro.

Oppure, può ottenere la vita di questo mondo

colui che è venuto alla luce per opera della debolezza,

e non ottiene la vita del mondo futuro,

colui che ha dato alla luce la carità.

- 13. Dunque, come Mosè innalzò il serpente nel deserto,

perché chiunque era stato ferito

guardasse a colui che era stato innalzato,

e venisse sanato;

così fu necessario che il Figlio dell’uomo fosse innalzato,

perché ogni avvelenato dal serpente

guardasse a colui che era stato innalzato,

ed avesse la guarigione.

Il primo Adamo ricevette il morso del serpente

insieme al veleno.

Dunque colui che nasce nella carne del peccato,

è salvato in Cristo

per la somiglianza della carne del peccato.

12. Infatti Dio mandò il suo Figlio,

non nella carne del peccato;

ma, come continua chi ha scritto,

nella somiglianza della carne del peccato (Rom. 8, 3);

perché è nato non dall’amplesso coniugale,

ma dal seno della Vergine.

Lo mandò nella somiglianza della carne del peccato.

E questo perché?

Perché a partire dal peccato,

condannasse il peccato nella carne (ivi).

A partire dal peccato (condanna) il peccato;

a partire dal serpente (condanna) il serpente.

Infatti, chi può dubitare che,

con il nome di serpente,

sia indicato il peccato?

Dunque dal peccato il peccato,

dal serpente il serpente.

Ma a partire dalla somiglianza,

perché in Cristo non vi è alcun peccato,

ma soltanto la somiglianza della carne del peccato.

Perciò fu innalzato il serpente,

ma di rame;

fu innalzato la somiglianza della carne del peccato,

perché fosse guarita l’origine del peccato.

Perché Dio mandò suo Figlio

nella somiglianza della carne del peccato.

Non nella somiglianza della carne,

infatti è vera carne la sua,

ma nella somiglianza della carne del peccato;

perché è carne mortale,

assolutamente esente dal peccato.

Affinché, a partire dal peccato,

in forza della somiglianza,

condannasse il peccato nella carne,

a causa dell’iniquità, che era vera.

In Cristo non vi fu vera iniquità;

in lui però vi fu vera condizione mortale.

Non prese il peccato,

ma prese la pena del peccato.

Prendendo la pena senza la colpa,

guarì la pena e insieme la colpa.

Ecco come avvengono queste cose.

Nicodemo, pieno di meraviglia, aveva detto:

Come avvengono tali cose?

Infatti siamo sanati in tal modo,

non perché lo meritiamo.

Ecco come avvengono tali cose.

LA CONFESSIONE DI PIETRO

(s. Agostino, disc. 296, 1-4.13, ib. pagg. 322-26-40)

1. Il beato Pietro, primo degli Apostoli,

amante, ma anche rinnegatore di Gesù Cristo,

come insegna il Vangelo,

ha seguito il Signore, che stava sul punto di patire.

Lo seguì con i piedi,

non ancora idoneo a seguirlo con la vita.

Promise che sarebbe morto per lui,

e neppure poté morire con lui;

Aveva osato infatti più di quanto era nelle sue possibilità.

Aveva promesso più di quanto poteva,

perché non era degno di portare a compimento

quanto aveva promesso.

Darò la mia vita, disse, per te (Io. 13,37).

Questo sta per farlo il Signore per il servo,

non il servo per il Signore.

Poiché quindi aveva osato,

per questo amò alla rovescia;

perciò ebbe timore, e rinnegò.

In seguito poi il Signore,

dopo la sua risurrezione,

insegnò a Pietro come si ama.

Quando volle amare disordinatamente venne meno,

sotto il peso delle passioni,

quando invece costui ama secondo l’ordine, promette la passione.

2. Ricordiamo la debolezza di Pietro,

che si rammarica per il Signore, che stava per morire.

La ricordo. Ecco la ricordo.

Coloro che la ricordano,

la ripensino nel loro cuore insieme con me;

coloro che l’hanno dimenticata,

la ricordino mentre la ripeto.

Il Signore Gesù Cristo in persona

preannunziò ai discepoli la sua imminente passione.

Pietro allora, che lo amava,

ma ancora in modo umano,

temendo che morisse colui,

che è l’uccisore della morte:

Lungi da te, disse, Signore, lungi da te, risparmiati (Mt. 16, 22).

Non direbbe: Risparmiati,

se non lo riconoscesse Dio.

Pietro, dunque, se è riconosciuto da te come Dio,

perché temi che muoia Dio?

Tu sei un uomo, egli è Dio.

E Dio si è fatto uomo per l’uomo,

assumendo ciò che non era,

e non perdendo ciò che era.

Dunque Dio stava per morire in ciò,

in cui stava per risorgere.

Pietro si spaventò davanti alla morte umana,

e non volle che toccasse al Signore.

Voleva chiudere, senza saperlo, quel sacchetto,

da cui stava per essere versato il nostro prezzo.

Allora sentì dal Signore:

Va’ indietro, satana, infatti tu non pensi secondo Dio,

ma secondo gli uomini.

A lui, che poco prima aveva detto:

Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivo,

aveva risposto: Beato sei tu Simone Bar - Iona,

perché non te lo ha rivelato la carne o il sangue,

ma il Padre mio che è nei cieli (Mt. 16, 23.16-17).

Poco prima: beato;

subito dopo: satana.

Beato, ma in forza di che?

Non per sé stesso:

Non te lo ha rivelato la carne o il sangue,

ma il Padre mio che è nei cieli.

Satana, ma in forza di che?

Dall’uomo e nell’uomo: Infatti non pensi secondo Dio,

Ma secondo gli uomini.

Pietro dunque, con queste disposizioni,

amando il Signore,

e volendo morire per il Signore, seguì il Signore.

E venne a trovarsi come aveva predetto il medico,

non come aveva presunto il malato.

Interrogato dalla serva, nega una, due, tre volte.

E’ guardato dal Signore, piange amaramente,

purifica con le lacrime dell’amore la sozzura della negazione.

3. Il Signore risorge,

appare ai discepoli;

ormai Pietro vede vivo colui,

per il quale aveva temuto quando moriva.

Vede non il signore ucciso,

ma la morte uccisa dal Signore.

Ormai, dunque, confermato dall’esempio

della carne stessa del Signore,

che la morte non deve essere temuta fino a tal punto,

gli viene insegnato ad amare.

Ora è necessario che ami,

avendo visto vivo ormai il Signore dopo la morte,

ora sa che deve amare, deve ora amare sicuro.

Sicuro, perché lo seguirà.

Il Signore, dunque, dice: Pietro, mi ami?

Ed egli: Amo, Signore (Io. 21, 15-16).

Ed il Signore:

non perché mi ami, voglio che tu muoia per me.

Questo infatti io l’ho già fatto per te.

Ma che significa: Mi ami?

Che cosa mi renderai, perché mi ami?

Mi ami?

Amo.

Pasci le mie pecore.

E questo una seconda, una terza volta,

perché l’amore confessi per tre volte,

poiché il timore aveva negato per tre volte.

Vedete, comprendete, imparate.

Non gli è chiesto se non : mi ami?

Risponde niente altro che: amo.

A colui che risponde è detto: Pasci le mie pecore.

Dopo aver affidato a Pietro le sue pecore,

e dopo aver affidato a sé stesso Pietro

con le sue pecore,

ormai gli preannunzia la passione e dice:

Quando eri più giovane, ti cingevi,

e andavi dove volevi;

quando diventerai vecchio, un altro ti cingerà,

ti condurrà dove tu non vuoi.

E questo diceva, aggiunge l’Evangelista,

per indicare con quale morte stava per glorificare Dio (Io. 21, 18-19).

Vedete come appartenga all’ufficio di pascere le pecore del Signore,

non rifiutare la morte per le pecore del Signore.

4. Pasci le mie pecore:

Affida le pecore ad uno che è capace,

o è poco capace?

Prima di tutto, quali pecore affida?

Non quelle comprate con moneta,

non con oro, o con argento,

ma con il sangue.

Se un padrone umano affidasse ad un servo le sue pecore,

senza dubbio valuterebbe se il salario di quel servo

fosse adeguato al prezzo delle sue pecore,

e direbbe: se le dovesse perdere,

se le dovesse disperdere,

se le dovesse lasciare andare in rovina,

ha cosa rendere in cambio.

Affiderebbe dunque le sue pecore ad un servo capace,

e reclamerebbe le ricchezze del servo

come prezzo delle pecore che ha acquistato con i soldi.

Ora, invece, Cristo Signore,

poiché affida ad un servo

le pecore acquistate con il sangue,

ricerca l’idoneità del servo nella passione del sangue,

come se dicesse: Pasci le mie pecore,

ti affido le mie pecore.

Quali pecore?

Quelle che ho comprato con il mio sangue.

Per loro sono morto.

Mi ami?

Muori per loro!

Ed invero quell’uomo,

servo di un uomo,

restituirebbe i soldi per le pecore mandate in rovina:

Pietro restituì il sangue

per le pecore custodite.

Orsù, fratelli,

voglio dire qualcosa,

secondo la disponibilità del tempo.

Ciò che è stato affidato a Pietro,

ciò che è stato ordinato a Pietro,

non l’udì soltanto Pietro,

lo sentirono anche gli altri Apostoli,

lo tennero,

l’osservarono,

in modo particolare lo stesso compagno di passione e di festa,

l’apostolo Paolo.

Ascoltarono queste cose,

e le trasmisero a noi perché le ascoltassimo.

Vi pasciamo,

siamo pasciuti insieme con voi,

ci dia il Signore la forza di amarvi in modo tale,

da poter morire per voi.

O nei fatti,

o con il desiderio…

13. Così il Signore affidò a noi le sue pecore,

perché le affidò a Pietro.

Se pure in qualche modo,

sia pure come ultimi,

siamo degni di calcare la polvere delle orme di Pietro;

se pure ne siamo capaci,

il Signore ci affidò le sue pecore.

Siete le sue pecore,

insieme a voi siamo pecore,

perché siamo Cristiani.

Ho detto già: siamo pasciuti e pasciamo.

Amate Dio, perché Dio vi ami

e non potete dimostrare quanto amate Dio,

se non quando farete vedere come amate i guadagni di Dio.

Tu, uomo avveduto,

che cosa puoi offrire a Dio?

Quello che Pietro offriva, era tutto questo:

Pasci le mie pecore.

Che cosa offrirai a Dio?

Che sia più grande?

Che sia più buono?

Che sia più ricco?

Che sia più onorato?

Qualsiasi cosa tu sia,

Egli resterà ciò che era.

Dunque, guardati attorno,

che tu non abbia da dare al prossimo,

ciò che arriverà fino a Dio?

Quando lo avete fatto ad uno di questi miei più piccoli,

l’avete fatto a me (Mt. 25, 26).

Se, dunque, ti è stato ordinato di spezzare il pane con l’affamato,

tu devi chiudere la Chiesa a chi bussa?

L’ESEMPIO DEI SANTI APOSTOLI

PIETRO E PAOLO. (S. Agostino, disc. 299, 6-9; ib. Pagg. 374-82)

5. Parola, dunque, degna di essere accolta da tutti,

degna di essere creduta:

cioè: perché Cristo Gesù venne nel mondo

per salvare i peccatori,

di cui io sono il primo (I Tim. 1, 15).

Non perché ho peccato per primo,

ma perché ho peccato più di tutti gli altri.

Come diciamo riguardo alle arti:

il primo dei medici,

anche se inferiore per età a molti,

ma superiore per esperienza;

il primo dei fabbri,

il primo degli architetti:

siamo soliti parlare così.

Allo stesso modo l’apostolo si chiamò

il primo peccatore.

Nessuno infatti ha perseguitato la Chiesa

con maggiore accanimento.

Dunque, se cerchi che cosa sia dovuto ai peccatori,

ai quali Gesù venne,

non troverai che cosa sia dovuto, se non la condanna.

Se cerchi che cosa sarebbe dovuto,

questo è la condanna.

Se cerchi che cosa è stato dato in compenso,

questo è la salvezza;

al posto della condanna la salvezza.

Era dovuta la condanna,

è stata data come compenso la salvezza.

Era dovuta la pena,

è stata data la corona.

Niente era dovuto, prima, a Paolo,

prima Saulo,

al primo dei peccatori,

niente era dovuto a colui

che superava gli altri quanto a crudeltà,

se non la condanna,

una grande condanna!

Invece è chiamato dal cielo:

Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (Act. 9, 4).

E’ frenato, perché sia misericordioso,

perché si possa usare a lui misericordia.

Il lupo viene cambiato in una pecora.

E’ poca cosa, in una pecora;

di più: in un pastore.

Dalla voce del cielo è ucciso e riceve vita,

è percosso e guarito.

Viene abbattuto il persecutore,

viene fatto rialzare il predicatore.

Che grazia è questa, se non grazia?

Qual merito buono infatti l’ha preceduta?

E’ detta grazia,

perché è data gratuitamente…

6. Il Signore Gesù in persona,

mentre si leggeva il Vangelo,

che ora abbiamo udito,

mentre veniva letto,

preannunziò la passione a san Pietro,

il primo degli appostoli,

dicendo: Quando eri più giovane,

ti cingevi, e andavi dove volevi;

quando sarai diventato vecchio,

stenderai le tue mani,

e un altro ti cingerà,

e ti porterà dove non vuoi (Io. 21, 28).

Lo stesso evangelista, di seguito,

ci espose che cosa aveva detto:

Questo poi, dice, il Signore lo diceva,

per indicare con quale morte stava per glorificare Dio (Io. 21,19).

Lo stesso Signore Gesù Cristo preannunziò la passione di lui,

la croce di lui, che ormai lo amava,

e non lo rinnegava.

Infatti il medico osservò a suo riguardo tutti e due i tempi:

il malato rinnegò, il sanato amò.

Il Signore gli mostrò,

a Pietro in persona mostrò Pietro,

con quale temeraria fiducia aveva promesso,

che sarebbe morto per il Cristo,

mentre Cristo era venuto per morire per Pietro.

Darai, dice, la tua vita per me?

In verità ti dico:

prima che il gallo canti,

mi rinnegherai per tre volte (Io. 13, 38).

Ti guarirò:

ma prima è necessario che tu ti riconosca malato.

Dunque in quella negazione annunziata,

il Signore mostra Pietro a Pietro.

Ma in quell’amore il Signore mostra a Pietro Cristo.

Mi ami? dice.

Amo.

Pasci le mie pecore (Io. 21, 15-17).

Questo una prima, una seconda, una terza volta.

L’amore ha confessato per tre volte.

Per tre volte è stato condannato il timore.

E perché amava,

Gli viene indicata la passione sua.

Infatti amare era proprio questo:

giungere fino alla passione per amore di Cristo.

7. Ma, quale è, fratelli, la cosa che ci turba?

Un altro, dice, ti cingerà,

e ti porterà dove tu non vuoi.

Dunque Pietro è giunto ad una grazia così grande,

come la passione, senza averlo voluto?

Ecco Paolo: Ecco infatti, io già vengo immolato,

e il tempo della mia liberazione è imminente (I Tim. 4, 6).

Sembra che in queste parole

quasi si affretti con gioia alla passione.

A questo invece, un altro ti cingerà,

e ti porterà dove tu non vorrai.

Paolo vuole e Pietro vuole;

e Paolo non vuole e Pietro non vuole.

Mentre spiego questo come meglio posso,

mi è necessaria la vostra attenzione.

La morte non si può amare,

la si può sopportare.

Infatti se si ama,

coloro che l’hanno accettata per la fede,

non hanno fatto nulla di straordinario.

Se li vedessimo divertirsi nei banchetti,

forse che diremmo che sono grandi uomini,

che sono uomini forti?

Se li vedessimo dediti ai piaceri,

forse che potremmo lodare la loro fortezza

e la loro pazienza?

Perché?

Forse che hanno compiuta un’azione contraria al dolore,

contraria alla sofferenza?

Sarebbero nella gioia,

nei piaceri, nelle delizie.

Forse che, stando in questa situazione,

potrebbero essere lodati come uomini grandi,

forti e pazienti?

Noi lodiamo i martiri non per questo.

Uomini grandi essi sono,

uomini forti, uomini pazienti.

Vuoi sapere come essa è da sopportare,

e non da amare?

Interroga il nome: si dice: passione.

La natura, dunque,

e non soltanto gli uomini,

e certamente anche tutti gli esseri animati,

rifiutano la morte, la temono.

Perciò sono grandi i martiri,

perché accettarono con fortezza

per il regno dei cieli

ciò che è molto difficile,

e pensando al premio promesso,

sopportarono le sofferenze.

Guardate il Signore mentre dice:

Nessuno ha un amore più grande di questo,

dare la vita per i propri amici (Io. 15, 13).

Se questa non è una cosa difficile,

che cosa di grande fa l’amore?

Perché ama i piaceri al posto mio?

No. Perché sopporta la morte.

Per la voce delle tue labbra;

è la voce dei martiri questa,

per la voce delle tue labbra,

cioè, per i tuoi avvertimenti e le tue promesse,

io ho custodito le tue vie dure (Ps. 13, 14).

Dunque la morte è rifiutata, per legge di natura

e in forza della consuetudine.

Ma quando si ama ciò che verrà dopo la morte,

si accetta ciò che non vogliamo.

Ecco cosa vuol dire, ti porterà dove tu non vuoi (Io. 21, 18).

Ha manifestato la natura, non l’aspirazione.

Il Signore stesso ha fatto vedere in sé stesso

la natura della nostra debolezza, quando,

stando per iniziare la passione,

disse al Padre: Padre, se è possibile,

passi da me questo calice (Mt. 26, 39).

Io ormai sto per essere immolato,

sono le parole di uno che soffre,

non di uno che è nei piaceri.

La nostra morte deriva da una pena,

ci è stata somministrata.

Questa l’abbiamo ricevuta dalla radice,

propagazione dei rami del genere umano.

Adamo per primo, peccando, l’ha meritata…..

Questa è una pena;

attraverso la pena si giunge alla corona.

Paolo disprezzava la pena:

dunque mentre attendeva la corona,

disprezzava la pena,

e diceva: ora io sto per essere immolato,

mi è dovuta la corona di giustizia.

E’ aspra la strada attraverso la quale si passa,

Ma grande il premio verso il quale si cammina.

Anche Pietro conosceva ciò verso cui era diretto;

perciò anche lui accettò la passione con totale devozione.

Ma sopportò, non amò la passione.

Sopportò la passione,

amò ciò che era la conseguenza,

e poiché amò il luogo verso il quale andava,

amò la strada che percorreva.

9. Abbiamo detto che tutti e due non vollero, e vollero.

Tutti e due, se fosse possibile,

non avrebbero voluto la pena;

tutti e due amavano parimenti la corona.

Ma cerchiamo di dimostrare

come anche Paolo non voleva la pena.

Il Signore stesso infatti è diventato testimone di Pietro;

perché manifestò te in sé stesso quando disse:

Padre, se è possibile,passi da me questo calice (Mt. 26, 39).

Il Signore dunque ha testimoniato a favore di Pietro;

Paolo lo ha fatto per sé stesso.

Infatti in un certo passo ha detto,

riguardo a questo corpo mortale: Gemiamo, gravati.

Secondo un altro passo della Scrittura:

Il corpo che si corrompe, appesantisce l’anima,

e l’abitazione terrena deprime la mente dai molti pensieri (Sap. 9, 15).

Dice, dunque: Gemiamo, gravati.

Cioè sotto il fardello del corpo corruttibile, gemiamo, gravati.

Se gemi, deponi volentieri questo fardello.

Certamente ha detto che geme sotto questo peso,

che è gravato sotto questo fardello di un corpo corruttibile.

Vedi se non voglia spogliarsi di ciò di cui è gravato,

del peso sotto cui geme.

Non continua in questo modo;

ma cosa aggiunge?

Di esso non vogliamo essere spogliati.

O voce della natura,

confessione della pena!

Il corpo è grave,

il fardello è pesante,

il corpo è soggetto alla corruzione;

sotto di esso si geme,

eppure non si lascia volentieri,

non si abbandona volentieri!

Non vogliamo, dice, esserne spogliati (2 Cor. 5, 4).

Cosa dovrai restare a lamentarti?

E se, gravato, gemi,

perché non vuoi esserne spogliato?

No, dice.

Vedi che cosa aggiunge: Non vogliamo esserne spogliati,

ma sopravvestiti (ivi).

Gemo sotto la tunica terrena,

mi affretto verso quella celeste.

Voglio prendere quella,

non voglio deporre questa.

I MARTIRI E L’ESEMPIO DI GESU’ CRISTO (S. Agostino, disc. 299/E,2; ib. pagg. 428-30)

2. Non temere, dunque, l’amaro calice della morte.

La morte invero è amara,

ma attraverso questa grande amarezza,

si giunge alla dolcezza.

Questa amarezza cura le viscere della tua anima;

non se morrai,

ma se vivrai per la verità.

Questa amarezza è una medicina,

non dà la morte:

sana il tuo intimo.

Bevi tranquillamente.

Ciò che il medico non ha esitato a bere,

perché dovrebbe esitare a bere il malato?

Egli non aveva nessun male da curare

con l’amarezza di quella pozione.

Per te l’ha bevuta,

perché non pensassi,

che ti veniva propinato un veleno.

Per te l’ha bevuta.

Perché imparassi a dire:

E’ preziosa davanti al Signore,

la morte dei suoi santi (Ps. 115, 15).

Quelli che hanno confessato Cristo

hanno sopportato vari tormenti.

Alcuni sono stati uccisi di spada,

altri date alle fiamme,

altri esposti alle fiere,

altri neppure fu permesso che fossero seppelliti.

Cose tutte dure,

cose tutte crudeli,

cose tutte orribili.

Ma davanti agli uomini!

Perciò la Scrittura,

quando esalta la morte dei martiri:

E’ preziosa, dice, davanti al Signore,

la morte dei suoi santi.

Davanti a colui che sa giudicare,

e non può sbagliare.

Gli stolti e gli infedeli

vedendo disprezzata dai sapienti e dai fedeli

la felicità presente,

ritennero infelici

coloro che morivano per il nome di Cristo.

Infatti non avevano gli occhi della fede,

perciò non potevano intravedere

ciò che era stato promesso.

Venne colui che promette e da:

ammonendo li confermò,

dando lo spirito li guarì perfettamente.

Disse infatti:

Non vogliate temere coloro che uccidono il corpo,

e poi non possono fare altro (Lc. 12, 4).

Guarda gli stolti che infieriscono;

se ascoltano ciò,

non possono fare nient’altro.

Infatti fanno molto ai cadaveri:

torturano, li danno al fuoco,

li disperdono,

non permettono che siano seppelliti.

E quasi vantandosi dicono:

Dove è ciò che ha detto Cristo:

quando un uomo uccide l’altro uomo,

non può fare nient’altro?

Ecco, ho fatto uno strazio così grande di un cadavere!

Nel suo cuore somiglia a chi

è insensibile nel corpo.

Spietato e stolto,

che cosa hai fatto?

Se ha sensibilità, lo hai fatto.

Se non ha sensibilità,

l’hai fatto inutilmente!

Vi faccio vedere, dice, chi dovete temere:

colui che, quando avrà ucciso,

ha il potere di mandare nella geenna (Lc. 12, 5).

Questo potere non ce l’ha l’uomo che ferisce,

o che uccide,

che riesce a ferire solo la carne,

e non raggiunge lo spirito,

che se ne va.

Perché neppure lo vede.

Chi bisogna temere?

Vedi da chi sei ucciso.

Vedi come vieni a morire.

Ha potere su di te dopo la morte,

colui che ha potere su di te prima della morte.

Infatti neppure un uomo potrebbe farti qualcosa,

se lui non lo permettesse.

Ti meravigli che Egli lo permetta?

Ascolta il primo dei martiri,

che mentre era giudicato da un uomo,

egli Dio nascosto,

egli uomo manifesto,

e per questo veniva disprezzato;

mentre egli dunque era giudicato da un uomo,

l’uomo si inorgoglì.

Non mi rispondi? disse,

Non sai che io ho il potere di ucciderti

e di rimandarti libero? (Io. 19, 10).

Ed Egli, mite,

il Signore di tutti,

il servo di tutti,

che serviva il malato,

non in forza della sua condizione,

ma per amore,

curò anche colui che era arrogante

e gonfio di sé.

Cristo da parte di lui subiva una specie di giudizio,

egli da Cristo veniva curato.

Egli, gonfio di superbia,

cercò di mettere paura;

ma il medico, sicuro,

tagliò l’ascesso.

Ma quando si gonfiò di orgoglio a suo piacere,

ricevette la risposta.

Non perché gli dicesse:

tu non hai potere su me,

ma piuttosto sono io che ho potere su di te.

E se il Signore avesse detto questo,

avrebbe detto la verità.

Ma non ci avrebbe dato l’esempio.

Egli, anche quando pativa,

insegnò.

Perché anche quando fu tentato,

insegnò.

Come ti ha insegnato

che cosa rispondere al tentatore,

quando è stato tentato,

così ti ha insegnato cosa rispondere al persecutore,

quando è stato giudicato.

Quella voce era la nostra,

il capo parlava per il corpo.

Che cosa dunque dice?

Non avresti potere su di me,

se non ti fosse dato dall’alto (Io. 19, 11).

Non dice: non hai,

ma: non avresti avuto,

se non l’avessi ricevuto.

Insegnò che il martire deve essere soggetto,

non ad un uomo, ma a Dio.

Insegnò che il martire,

quando soffre qualche cosa da parte di un uomo,

non teme l’uomo,

ma colui che permette che l’uomo faccia ciò,

che dà il potere all’uomo.

Istruita da questo insegnamento

la donna dice: L’onore a Cesare, in quanto Cesare;

il timore invece a Dio (Passio Sanct. Scil.).

Rese ad ognuno ciò che gli era dovuto,

distribuendolo equamente.

Rispose senza superbia, senza debolezza.

Fece attenzione all’apostolo che dice:

Siate sottomessi ad ogni potere umano

per amore di Dio (I Pt. 2, 13).

L’onore, dice, a Cesare, in quanto Cesare.

Anche se infierisce, sia onorato;

gli sia reso l’onore della sottomissione,

anche se non ha il potere supremo.

Infatti ha il potere supremo

Colui nelle cui mani siamo noi

e i nostri discorsi (Sap. 7, 16).

Dunque il Signore dice:

temete colui che ha il potere,

con cui, anche quando uccide,

non solo può fino a questo punto,

e dopo non può nient’altro;

ma, anche quando avrà ucciso,

ha il potere di mandare nella geenna del fuoco.

I MACCABEI TESTIMONI DI CRISTO

(s. Agostino, disc. 300, 4; ib. Pag. 450-52)

3. Guarda inoltre la passione del Signore,

poni davanti ai tuoi occhi

colui che pende dal legno,

e come un leone,

che a suo piacere si riposa,

e che muore,

non per necessità,

ma di sua volontà,

per uccidere la morte.

Guardalo.

Vedi come sulla croce disse: Ho sete (Io. 19, 28).

E mentre i Giudei non sapevano

che cosa Egli stesse facendo per loro,

che cosa si portava a compimento

ad opera di coloro,

che non lo sapevano,

legarono ad una canna una spugna imbevuta di aceto

e gliela porgevano perché ne bevesse.

Egli, bevuto l’aceto,

disse: E’ compiuto.

E chinato il capo emise lo spirito (Io. 19, 30).

Chi è colui che si mette in cammino

così, come egli è morto?

Con quanta verità,

con quanta potenza,

come quella di lui, che aveva detto:

Ho il potere di deporre la mia vita,

ed ho il potere di riprenderla di nuovo.

Nessuno la toglie a me;

ma io stesso la depongo da me stesso,

e di nuovo la prendo (Io. 10, 17-18).

Riconosce il regno di colui che vive,

colui che pensa correttamente

al potere di colui che muore.

Aveva detto ciò agli stessi Giudei,

per mezzo del profeta:

Io mi sono addormentato (Ps. 3, 6).

Come se avesse detto:

Perché vi andate vantando della mia morte?

Perché inutilmente vi gloriate,

come se aveste vinto?

Io mi sono addormentato.

Io mi sono addormentato,

perché ho voluto,

non perché voi avete infierito.

Io ho portato a compimento ciò che ho voluto;

voi siete restati nei vostri delitti.

Dopo aver preso e bevuto l’aceto,

disse: E’ compiuto (Io. 19, 30).

Che cosa è compiuto?

Ciò che di me è stato scritto.

Che cosa è stato scritto di lui?

Come cibo mi diedero il fiele,

e nella mia sete mi diedero a bere l’aceto (Ps. 68, 22).

Perché si aggiungesse questa piccola cosa,

che ancora era restata, disse: Ho sete.

Dopo aver ricevuto ciò che era di meno,

rispose: E’ compiuto.

Detto ciò: Chinato il capo rese lo spirito (Io. 19, 30).

Allora furono scosse le fondamenta della terra,

allora, spezzatesi le pietre,

si aprirono i segreti degli inferi,

allora i sepolcri restituirono i morti;

e, per dire il motivo per cui abbiamo detto tutto questo,

perché era ormai tempo

che nel mistero della croce

si svelassero tutte le cose,

che erano velate nel Vecchio Testamento,

il velo del tempio di squarciò.

GESU’ TRADITO DA GIUDA

(S. Agostino, disc. 301, 6; ib. Pag. 464)

6. Se nei secoli precedenti

Dio non avesse conservato

con la sua pazienza i peccatori,

da dove oggi nascerebbero tanti fedeli?

Altri cattivi sono conservati,

perché da essi nascano i buoni.

Buoni per grazia di Dio:

infatti tutta la massa del peccato è condannata.

Che cosa vi è di peggiore del diavolo?

E Dio quante cose buone ha fatto

a partire dalla sua malvagità?

Non sarebbe stato sparso

per la nostra salvezza

il sangue del Redentore,

se non per mezzo della malvagità del disertore.

Leggi il Vangelo, e vedi che cosa vi è scritto:

Il diavolo mise nel cuore di Giuda,

di tradire il Cristo (Io. 13, 2).

Malvagio il diavolo,

malvagio Giuda:

quale l’organista,

tale l’organo.

Dunque il diavolo si è servito male del suo strumento;

il Signore si è servito bene di tutti e due.

Si sono dati da fare, dunque, per la nostra rovina:

Dio si è degnato di rivolgerla a nostra salvezza.

- 5. Giuda consegnò Cristo,

e fu condannato.

Giuda consegnò,

ed è condannato.

Il Padre ha consegnato il Figlio,

ed è glorificato.

Giuda, ripeto, consegnò il maestro,

ed è condannato;

il Figlio consegnò sé stesso,

ed è lodato.

Come Giuda abbia consegnato Cristo,

tutti lo sappiamo.

Forse aspettate di sentire

come il Padre ha consegnato il Figlio.

Ed anche questo sapete;

ma lo ripeterò, perché lo ricordiate.

Ascolta l’Apostolo, che dice

riguardo a Dio Padre: Egli,

che non risparmiò il proprio Figlio,

ma lo consegnò per tutti noi (Rom. 8, 23).

Ascolta riguardo al Figlio:

Il quale, dice, mi amò,

e consegnò se stesso per me 8Gal. 2, 20).

Vedi ora che sono due quelli che consegnano:

il Padre consegna il Figlio,

il Figlio che consegna se stesso.

Ma tutti e due salvano,

perché l’uno e l’altro creano.

Giuda dunque che cosa fa?

Che bene ha fatto?

Il bene fu compiuto a partire da lui,

ma non fu lui a compiere il bene.

Infatti Giuda non disse:

Consegnerò il Cristo,

perché sia liberato il genere umano.

In Giuda fu l’avarizia a consegnare.

In Dio fu la misericordia.

A Giuda, quindi, non fu reso

se non ciò che fece,

e non ciò che Dio fece

a partire da lui.

LA CROCE SULLA FRONTE

(S. Agostino, disc. 302, 3; ib. Pagg. 492-94)

4. Siamo diventati cristiani,

non per questa vita temporale.

Infatti quanti cristiani

muoiono prematuramente,

mentre uomini scellerati

vivono fino ad una vecchiaia decrepita?

E d’altra parte anche presso di loro

molti muoiono prematuramente.

Molti sono i danni che subiscono i cristiani,

mentre gli empi prosperano;

e, al contrario, molti i danni degli empi,

mentre i cristiani prosperano.

E molti sono gli onori degli empi,

e le ignominie dei cristiani:

e, al contrario,

molti sono gli onori dei cristiani,

e le ignominie degli empi.

Poiché, dunque, questi beni

e questi mali sono comuni ad ambedue,

forse che, fratelli,

quando siamo diventati cristiani,

abbiamo sottoposto la nostra fronte

a così santo segno,

per evitare questi mali,

o per acquistare questi beni?

Sei cristiano,

porti sulla fronte la croce di Cristo.

Il tuo segno distintivo ti insegna

che cosa devi professare.

Quando egli pendeva dalla croce

–quella croce che porti sulla fronte;

non ti deve piacere il segno di legno,

ma il segno di chi vi era appeso-

quando dunque Egli pendeva dalla croce,

guardava intorno coloro che infierivano,

sopportava coloro che insultavano,

pregava per i nemici.

Il Medico,

anche quando veniva ucciso,

guariva con il suo sangue i malati.

Disse infatti: Padre, perdonali,

perché non sanno quel che fanno (Lc. 23, 34).

Né questa fu una voce inutile

e senza effetto.

Tra essi, in seguito, a migliaia

credettero in colui che avevano ucciso,

per imparare a soffrire per lui,

che per loro

e da parte loro aveva sofferto.

Di qui si comprende, fratelli,

da questo segno,

da questo segno distintivo,

che il cristiano riceve fin da quando diventa catecumeno,

da questo si comprende il motivo

per cui siamo cristiani,

cioè non per i beni

o i mali temporali e transitori,

ma per sfuggire ai mali che non passano,

e per conquistare i beni

che non hanno fine.

CRISTO SI TURBA PER LA MORTE IMMINENTE

(S. Agostino, disc. 305. 2.3; ib. Pagg. 524.528)

2. Ascoltatemi, voi grani santi,

che, ne sono certo, siete presenti qui;

infatti se ne dubitassi,

io stesso non sarei tra quel santo grano.

Ascoltatemi, dico;

ascoltate anzi il primo grano,

piuttosto che me.

Non amate la vostra vita in questo mondo.

Non amatela, se la amate.

Per poterla conservare,

non amandola.

Perché, non amandola l’amate di più.

Chi ama la sua vita in questo mondo,

la perde (Io. 12, 25).

E’ il grano che parla,

parla il grano che cadde per terra,

ed è morto per potersi moltiplicare:

sia ascoltato, perché non mente.

Egli stesso ha messo in pratica ciò che insegnò.

Istruì con l’insegnamento,

andò avanti con l’esempio.

Cristo non amò la sua vita in questo mondo;

perciò venne, per perderla,

per darla per noi,

e riprenderla quando avesse voluto.

E poiché egli era uomo

allo stesso modo che era Dio;

infatti Cristo è Verbo,

anima e corpo, vero Dio e vero uomo:

ma uomo senza peccato,

egli che toglie il peccato del mondo;

aveva certamente un potere superiore,

per poter dire con verità:

Ho il potere di deporre la mia vita,

ed ho il potere di riprenderla di nuovo:

nessuno me la toglie,

ma la depongo io da me stesso,

e di nuovo la riprendo (Io. 12, 27).

Essendo dunque Dio e con tale potere,

perché si turba,

se non perché in lui vi è l’immagine della nostra debolezza?

Ho il potere di deporre la mia vita,

ed ho il potere di riprenderla di nuovo.

Quando senti queste cose da Cristo,

egli è in sé stesso;

ripeto, quando senti queste cose da Cristo,

egli è in sé stesso.

Quando la sua anima,

per l’avvicinarsi della morte, è turbata,

egli è in te.

Infatti la chiesa non sarebbe il suo corpo,

se egli non fosse anche in noi.

3. Guarda Cristo, dunque:

Ho il potere di deporre la mia vita,

ed ho il potere di riprenderla di nuovo:

nessuno me la toglie.

Io mi sono coricato;

dice questo infatti nel Salmo:

Io mi sono coricato.

Come se dicesse:

Perché fremono?

Perché gioiscono?

Perché si riempiono di gioia i Giudei,

come se avessero fatto, essi, qualche cosa?

Io mi sono coricato.

Io, dice,

io che ho il potere di deporre la mia vita,

e deponendola mi sono coricato ,

e ho preso sonno.

E poiché aveva il potere di prenderla di nuovo,

aggiunse: E mi sono svegliato.

Ma, dando gloria al Padre dice:

Perché il Signore mi ha sostenuto (Ps. 3, 6).

Quando dice questa parole:

Perché il Signore mi ha sostenuto,

non dovete comprenderle in modo tale,

come se lo stesso Cristo non abbia risuscitato il suo corpo.

Lo risuscitò il Padre,

ma anche egli stesso risuscitò sé stesso.

Come facciamo a insegnare che egli risuscitò se stesso?

Ricorda ciò che disse ai Giudei:

Distruggete questo tempio,

ed io in tre giorni lo riedificherò (Io. 2, 19).

Così comprendi che Cristo è nato dalla Vergine

in forza del suo potere;

non per esigenza della natura, ma per il suo potere:

è morto per il suo potere,

ed è morto in questo modo per il suo potere.

Si serviva dei cattivi,

che non se ne rendevano conto,

a suo vantaggio,

la rabbia del popolo furente

la volgeva a vantaggio del suo potere

per la nostra felicità,

e in coloro da cui veniva messo a morte,

vedeva coloro che avrebbero vinto insieme con lui.

E vedendo che, in mezzo ad un popolo insensato,

agivano ancora da insensati:

Padre, dice, perdonali,

perché non sanno quel che fanno (Lc. 23, 34).

Io, dice, io che sono il medico,

tasto la vena,

guardo dal legno i malati;

sono appeso, e tasto;

muoio, e do la vita;

verso il sangue,

e da esso ne faccio la medicina di salvezza

per i miei nemici.

Infieriscono e versano sangue;

crederanno e ne berranno.

4. Dunque Cristo in persona,

Signore e Salvatore nostro,

capo della chiesa,

nato dal Padre senza madre;

il Signore stesso, dico,

e Salvatore nostro Gesù Cristo,

per quanto lo riguarda,

depose la sua anima

in forza del suo potere,

e la riprese per lo stesso potere.

Di per sé non appartiene a questo potere:

La mia anima è turbata.

Trasfigurò noi stessi in sé:

noi vide, noi guardò,

noi affaticati accolse e rifocillò;

perché non accadesse che,

giungendo l’ultimo giorno per uno dei suoi membri,

nel quale questa vita doveva aver termine,

si turbasse per la debolezza,

e disperasse della salvezza,

e dovesse dire che lui non apparteneva Cristo,

perché non era così preparato alla morte,

da non subire alcun turbamento,

e nessun senso di tristezza

offuscasse l’anima devota.

Poiché dunque le sue membra

potevano correre il pericolo della disperazione,

quando qualcuno

all’avvicinarsi della morte si sentisse turbato,

perché non voleva che la vita penosa avesse un termine,

riluttante ad iniziare quella

che mai avrà termine;

dunque, perché non fosse travolto dalla disperazione,

guardò proprio queste sue membra deboli,

queste sue membra ultime

e non troppo forti

le raccolse nel suo seno,

come una gallina coprì i suoi pulcini

così egli coloro che non erano molto forti;

e come se parlasse a loro:

Ora la mia anima è turbata (Io. 12, 27).

Riconoscete voi stessi nella mia persona,

per non disperare

quando sarete a vostra volta turbati,

ma volgete gli sguardi al vostro capo,

e ripetete a voi stessi:

Quando il Signore diceva:

Ora la mia anima è turbata,

noi eravamo in lui,

noi eravamo indicati.

Siamo turbati, ma non corriamo pericolo.

Perché sei triste, anima mia,

perché mi rattristi? (Ps. 42, 5).

Non vuoi che abbia termine una vita infelice?

Tanto più è infelice,

quanto più è amata,

pur essendo infelice,

anche se non vuoi che abbia termine.

Sarebbe molto meno infelice,

se non fosse amata.

Quale sarà la vita beata,

se la vita misera è amata a tal punto,

solo perché si chiama vita?

Perché, dunque, sei triste, anima mia?

E perché mi rattristi?

Puoi fare qualche cosa.

Sei venuta meno? Spera nel Signore.

Sei turbata? Spera nel Signore,

che ti elesse prima della creazione del mondo,

che ti ha predestinato,

che ti ha chiamato,

che ha giustificato te, che eri empio,

che ti ha promesso la glorificazione eterna,

che per te accettò una morte non dovuta,

che per te sparse il sangue,

che ti trasfigurò in sé stesso,

quando disse: La mia anima è turbata.

Appartieni a lui, e temi?

E potrà forse nuocere in qualche cosa il mondo a te,

quando per te è morto colui ,

per mezzo del quale il mondo è stato creato?

Gli appartieni, e temi?

Se Dio è per noi, chi contro di noi?

Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio,

ma lo ha dato per tutti noi;

come mai non ci darà ogni cosa,

insieme a lui?

Resisti ai turbamenti,

per non acconsentire all’amore del mondo.

Stimola, lusinga, insidia:

non credergli,

stringiti a Cristo.

L’ESEMPIO DI GESU’ CRISTO E S. STEFANO

(S. Agostino, disc. 315. 1.2. 5-8. 6;pagg.725-277)

5.6. Quanta fu la somiglianza tra la sua (di Stefano) passione

e quella del suo Salvatore!

Falsi testimoni contro di questo,

allo stesso modo che contro di quello:

e riguardo allo stesso argomento.

Infatti sapete e ricordate

che cosa dissero i falsi testimoni contro Cristo Signore:

Noi abbiamo sentito che costui diceva:

Distruggo questo tempio,

e dopo tre giorni ne edifico un altro nuovo (Mt. 14, 58).

Il Signore, però. non aveva detto questo.

Ma la falsità volle essere quanto più vicina alla verità.

In che senso sono falsi testimoni?

Avevano ascoltato che diceva:

Distruggete questo tempio,

e dopo tre giorni ne edificherò un altro nuovo (Io. 2, 19).

L’Evangelista poi aggiunge:

Questo poi diceva del tempio del suo corpo (Io. 2, 21).

I falsi testimoni al posto di : Distruggete,

dissero: Distruggo.

Un piccolo cambiamento nelle sillabe;

ma furono testimoni falsi tanto peggiori,

quanto maggiormente vollero avvicinarsi,

con la calunnia, alla verità.

Ed costui, (Stefano), di che cosa fu accusato?

Noi abbiamo sentito che egli diceva

che Gesù il Nazareno distruggerà questo tempio,

e cambierà gli usi della Legge (Act. 6, 14).

Dicevano una falsa accusa,

e profetavano cose vere.

Come il famoso Caifa,

loro maestro, capo dei sacerdoti,

quando dava il consiglio ai Giudei,

perché il Cristo fosse ucciso, disse:

Torna conto che muoia uno solo,

anziché tuta la nazione perisca (Io. 11, 5°).

L’Evangelista poi aggiunge:

Questo non lo disse di sua iniziativa,

ma essendo pontefice in quell’anno,

profetizzò che era necessario

che il Cristo morisse per la nazione (Io, 11, 51).

Che cosa è questo, o fratelli?

Grande è la forza della verità.

Gli uomini hanno odiato la verità,

e profetizzano, senza saperlo, la verità.

Non sono essi ad agire,

ma si agisce per mezzo di loro.

Si fecero avanti, dunque, questi falsi testimoni,

simili a quei falsi testimoni.

Ma anche per essi fu ucciso il Cristo.

5. 8. Ciò che ha fatto Stefano, l’umile,

l’ha fatto il Cristo, il sublime;

ciò che egli ha fatto,

chino verso la terra,

l’ha fatto il Cristo,

sospeso al legno.

Ricordate infatti che anche Egli disse:

Padre, perdona loro,

perché non sanno quello che fanno (Lc. 23, 34).

Sedeva sulla cattedra della croce,

e insegnava a Stefano la regola dell’amore.

O maestro buono,

hai detto bene,

hai insegnato bene.

Ecco, il tuo discepolo prega per i suoi nemici,

prega per i suoi lapidatori.

Egli, umile, dimostrò

come si deve imitare te, sublime,

la creatura il creatore,

la vittima il mediatore,

l’uomo chi è Dio e uomo;

Dio, ma sulla croce Dio e uomo;

Dio Cristo, ma sulla croce uomo,

quando con voce chiara diceva:

Padre, perdona loro,

perché non sanno quello che fanno.

6. Uno potrebbe dire:

Egli pregò per i suoi nemici,

perché era il Cristo,

perché Dio,

perché l’Unico;

io chi sono, per poter fare questo?

Se c’è molta differenza tra te

e il tuo Signore,

non sai che Stefano è un servo come te?

Dio lo insegnò per mezzo di Stefano

non ancora sfinito.

Fratelli miei,

vedete queste cosa sono state dette in anticipo

nei Vangeli.

Nessuno dica dentro di sé:

chi lo potrà fare?

Ecco, Stefano lo ha fatto;

lo ha fatto per le sue forze?

Se lo ha fatto per un dono di Dio;

forse che lui è entrato

e poi ti ha chiuso la porta in faccia?

Forse che lui è passato,

e poi ha tagliato il ponte?

C’è troppa differenza tra te e lui?

Chiedi anche tu.

La fonte è scaturita,

ma non si è ancora seccata.

IL BUON LADRONE

(S. Agostino, Disc. 328, 8; pag, 810)

7. Non è la pena che rende uno martire,

ma la causa.

Infatti se la pena rendesse uno martire,

anche il ladro, quando viene ucciso, è martire.

Volete sapere come non è la pena che fa uno martire,

ma la causa?

Guardate quelle tre croci

dove il Signore fu appeso in mezzo a due ladroni.

La pena era uguale,

ma la causa separava

coloro che univa la pena,

Uno di quelli stessi ladroni

mentre era appeso

credette nel Signore Gesù Cristo.

Ed il primo disse al suo compagno

- infatti l’altro ladrone suo compagno

insultò il Signore Gesù Cristo e gli disse:

Libera te stesso, se sei figlio di Dio.(Lc. 23, 39),

mentre l’altro ladrone rispose al suo compagno-:

Tu non temi Dio,

noi soffriamo queste cose per i nostri misfatti,

ma costui è il santo di Dio (Lc. 23, 40-41).

O confessione!

Perché se confessava,

non senza motivo era appeso!

Quindi disse allo stesso Cristo Signore:

Signore abbimi nella mente

quando verrai nel tuo regno (Lc. 23, 42).

Quale fede!

Colui che vedeva crocifisso,

sperava che avrebbe anche regnato.

Il ladrone non disprezzava in Cristo la pena comune.

Vedeva che moriva come lui

e sperava che avrebbe regnato su di lui.

E’ grande questo ladrone.

Usò violenza e rapì il regno dei cieli.

Dove l’apprese?

Rubava nelle gole dei monti,

veniva condotto davanti al giudice,

ricevette la sentenza,

dalle gole dei monti al giudice,

dal giudice alla croce.

Dove apprese ciò che disse,

se non perché era vicino il maestro che insegnò.

Infatti il maestro di tutti il Signore Gesù,

pendeva al suo fianco

e gli insegnava nel cuore.

Perché ho detto queste cose, fratelli?

Perché il martire non lo fa la pena,

ma la causa.

Tre erano le croci.

Uguale la pena,

ma differente è la causa.

Uno doveva essere condannato,

l’altro salvato,

in mezzo il condannatore e il Salvatore.

Punisce uno, salva l’altro.

Quella croce fu un tribunale.

GESU’ CRISTO E’ MORTO PER AMORE DEI PECCATORI

(S. Agostino, disc. 335/I, 2-3.5: ib. pagg. 922-26)

2. Gesù morì per i peccatori,

non perché amava i peccatori.

Se ci domandiamo il motivo con superficialità,

incontreremo più di una difficoltà.

Infatti, come non ha amato coloro per i quali è morto?

Ascolta l’Apostolo:

Mentre eravamo ancora peccatori,

Cristo è morto per noi.

Se dunque ha amato coloro per i quali è morto,

dunque ha amato i peccatori.

Taccia il peccatore,

parli il Salvatore.

So da che cosa deriva ciò che dici, o peccatore:

ami di essere peccatore.

Infatti non avresti detto che il Salvatore ama i peccatori,

se non avessi amato di essere peccatore.

Taccia, dunque, come ho detto, il peccatore;

parli il Salvatore.

Che cosa dice il Salvatore:

Ecco, sei stato guarito ormai,

non voler peccare,

perché non ti capiti qualcosa di peggio (Io. 5, 14).

Con quale tono di minaccia proibisce ciò che amavi!

Ama dunque egli ciò che tu hai voluto essere,

mentre minaccia in tal modo,

se vuoi ritornare ad essere ciò che fosti?

3. Come dunque è morto per i peccatori,

se non ama i peccatori?

Proprio così:

perché non ama i peccatori,

è morto per i peccatori.

Tu mi chiedi come non abbia amato i peccatori,

colui che è morto per i peccatori.

Rispondi prima tu alla mia domanda,

e sarai tu stesso a rispondere alla domanda

che mi hai posto.

Se uno ama una cosa,

desidera che essa esista o no?

Penso che se ami i tuoi figli,

desideri che essi esistano;

se non desideri che essi esistano,

non li ami.

Come pure desideri che esista ogni cosa che ami:

così neppure ami

ciò che non vuoi che esista.

Che cosa dunque ha voluto il Signore,

quando è morto per noi?

Che fossimo peccatori,

o che fossimo liberati dal peccato?

Se pertanto è morto per distruggere i nostri peccati,

forse che per questo ha amato

ciò che ha distrutto?

Chi distrugge una cosa che ama?

Se sei un che ha fede,

se hai creduto in lui,

se hai il cuore in alto,

Egli cancellò ciò che eri,

per scrivere ciò che sei.

5. Dio ama i peccatori, certo!

Per il suo sangue non sono più ciò che furono.

Come sono amati,

se Cristo Signore amò i giusti,

non i peccatori?

Amò ciò che volle che fossero,

non ciò che trovò.

Il medico, se realizza ciò che è chiamato,

ama i sani,

non i malati.

Inoltre giungo al punto di dire,

ed è vero,

che perciò venne dal malato,

perché non ama il malato.

Ti sembra che sia il contrario di quanto ho detto,

ma chiedo:

Perché venne dal malato?

Per renderlo sano.

Dunque non ama il malato.

Ama ciò che vuol fare,

non ama ciò che vuol togliere.

Dunque i Martiri sono stati resi santi,

acquistati a tale prezzo,

riscattati dal loro Creatore.

Servi due volte,

perché creati

e perché riscattati.

E perché servi due volte,

per lo stesso motivo liberi:

proprietà di Cristo,

fratelli del Redentore.

Per capire che sono servi,

leggi il Vangelo,

che ne è la prova:

là vedrai quando sono stati acquistati.

Osserva l’atto stesso dell’acquisto:

il sacchetto del loro prezzo fu appeso al legno,

fu percosso,

fu sparso.

Lo sparse,

ed acquistò:

tu leggi e troverai la prova che erano servi.

Da servi li rese fratelli,

e quella che era la prova della schiavitù,

divenne il testamento dei figli. Amen.

PREGHIERA

(S. Agostino, disc. 333,7; ib. pagg. 846-848).

6. Rendiamo grazie al nostro Dio e Salvatore.

Egli, senza alcun nostro merito precedente,

curò coloro che erano feriti,

riconciliò coloro che erano nemici,

e li riscattò dalla prigionia,

dalle tenebre li ricondusse alla luce,

dalla morte li richiamò alla vita.

E mentre confessiamo umilmente la nostra debolezza,

supplichiamo la sua misericordia ,

perché, come, a dire del Salmista,

ci ha prevenuto con la sua misericordia,

si degni non solo di custodire i suoi doni

e benefici,

che si è degnato di concederci,

ma li accresca anche.

Egli che vive con il Padre

e lo Spirito Santo,

nei secoli dei secoli. Amen.

IL SANGUE DI CRISTO PREZZO DEL NOSTRO RISCATTO

(S. Agostino, Disc. 336, 4- 5; i. pagg. 952-56)

5. Come è che il Cristo dice:

Hai strappato il mio vestito,

e mi hai cinto di gioia (Ps. 29, 12)?

Il suo vestito era la carne del peccato simile (alla nostra).

Non ti sembri cosa vile perché ha detto:

il mio vestito.

Lì era racchiuso il tuo prezzo.

Hai strappato il mio vestito.

Abbiamo trovato rifugio in questo vestito.

Hai strappato il mio vestito.

Il vestito è stato strappato nella passione.

Come, dunque, è detto a Dio Padre:

Hai strappato il mio vestito?

Vuoi sentire come sia detto al Padre:

Hai strappato il mio vestito?

Perché Dio non ha risparmiato il suo proprio figlio,

ma lo ha consegnato per tutti noi (Rom. 8, 32).

Infatti per mezzo dei Giudei,

che lo ignoravano,

mise in atto ciò per cui sarebbero stati redenti,

coloro che lo avrebbero conosciuto,

e sarebbero stati confusi coloro che lo avrebbero rifiutato.

Infatti ignorano quale sia il bene

che essi hanno operato per noi

con la loro malvagità.

Il vestito è stato appeso

e l’empio se ne è rallegrato.

La lancia di chi lo percuoteva strappò il vestito,

ed il nostro Redentore ha versato il nostro prezzo.

Canti il Cristo redentore,

gema Giuda il venditore,

si vergogni il Giudeo compratore.

Ecco Giuda vendette,

il Giudeo comprò;

realizzarono un cattivo affare,

tutti e due hanno subito un danno,

colui che vendette

e colui che comprò perdettero sé stessi..

Voleste essere compratori,

quanto meglio sarebbe stato essere ricomprati!

Quello vendette,

costui comprò;

sciagurato commercio!

Né costui ha il prezzo,

né quello ha il Cristo.

A costui dico: dove è ciò che hai preso?

A quello dico: dove è ciò che hai comprato?

A questo dico: quando hai venduto,

hai ingannato te stesso.

Esulta, o Cristiano, per il commercio dei tuoi nemici:

hai vinto tu.

Ciò che costui ha venduto

e quello ha comprato,

l’hai acquistato tu.

6. Dica dunque in nostro capo

ucciso per il corpo,

consacrato per il corpo;

dica, ascoltiamo:

Hai strappato il mio vestito,

e mi hai rivestito di gioia.

Cioè, hai strappato la mia carne mortale,

e mi hai rivestito di immortalità e di incorruzione:

perché canti a te, mia gloria,

e non sia ferito (Ps. 29, 13).

Che significa: non sia ferito?

Ormai il persecutore non porti contro di me la sua lancia,

per ferirmi:

Cristo infatti, risorgendo dai morti,

non muore più,

la morte non avrà più potere su di lui:

ciò che è morto, infatti,

è morto al peccato una volta per sempre;

ciò che vive invece

vive per Iddio.

Cosi anche noi, aggiunge,

pensiamo di essere morti al peccato,

e di vivere per Dio in Cristo Gesù nostro Signore (Rom. 6, 9-11).

Dunque in lui cantiamo,

in lui siamo stati consacrati.

Dove ci ha preceduto il nostro Capo,

là speriamo che lo seguiranno le sue membra.

Infatti siamo stati salvati nella speranza;

la speranza poi delle cose che si vedono,

non è speranza.

Chi è che spera ciò che uno vede?

Se poi speriamo ciò che non vediamo,

lo attendiamo con pazienza (Rom. 8, 24-25).

Per mezzo della pazienza costruiamo.

Forse lì c’è anche la nostra voce,

se osserviamo bene,

se guardiamo attentamente,

se abbiamo un occhio acuto;

non come sono soliti fare i ciechi amatori delle cose corporali.

Se quindi aguzziamo il nostro occhio spirituale,

ritroveremo noi stessi nelle stesse voci

del Signore nostro Gesù Cristo.

Infatti non senza motivo ha detto l’Apostolo:

Sapendo che il nostro uomo vecchio

è stato crocifisso insieme con lui,

perché venisse distrutto il corpo del peccato,

per non servire più al peccato (Rom. 6, 6).

Riconosci lì la tua voce:

Per cantare a te, gloria mia,

e non sia ferito.

Ora infatti,

mentre portiamo il fardello di questo corpo mortale,

non mancano occasioni per essere feriti.

Infatti se il cuore non è ferito,

perché ci battiamo il petto?

Quando dunque arriverà il momento della consacrazione del nostro corpo,

che si è verificata in anticipo nel caso del Signore,

allora non saremo feriti.

La lancia del percussore infatti,

ha significato la ferita che abbiamo

a causa del peccato.

Infine, poiché è scritto:

Dalla donna ha avuto inizio il peccato,

e attraverso essa tutti muoiono (Eccli. 25, 33),

richiamate alla memoria da quale parte è stata fatta,

e vedete dove il Signore è stato ferito dalla lancia.

Ricordate, dico,

ricordate la nostra prima condizione.

Non infatti, come dissi, inutilmente

il nostro vecchio corpo è stato crocifisso insieme,

perché venisse distrutto il corpo del peccato,

per non servire oltre al peccato.

Eva, cioè, da cui ebbe inizio il peccato,

fu presa, per essere formata,

dal fianco dell’uomo.

Quello giaceva nel sonno,

quando avvenne;

costui pendeva morto,

quando avvenne.

Sonno e morte sono due parenti.

Fianco e fianco,

il Signore fu ferito nel posto dei peccati.

Ma dal lato di quello fu formata Eva,

che, con il suo peccato, ci avrebbe procurato la morte:

dal fianco di questo fu formata la Chiesa,

che, con il partorirci,

ci avrebbe dato la vita.

PREGHIERA A CRISTO CROCIFISSO

(S. Agostino, Enarr. In Psalm: 63, 16, NBA XXVI, 4449)

16….Quelli poi sapevano che cosa comandava Dio,

e disprezzarono le minacce dei sacerdoti.

Poiché dunque ogni uomo temette,

non ogni uomo fece paura,

ed annunziarono le opere di Dio.

Se l’uomo teme,

l’uomo non faccia paura,

l’uomo deve temere colui

dal quale è stato creato l’uomo.

Temi ciò che è al disopra dell’uomo,

e gli uomini non ti metteranno paura.

Temi la morte eterna,

e non ti preoccuperai di quella presente.

Anela a quella gioia incorruttibile,

a quel riposo senza macchia,

e deriderai colui che ti promette questi doni temporali,

insieme a tutto il mondo.

Ama dunque e temi.

Ama ciò che promette Dio;

temi ciò che Dio minaccia,

e non sarai corrotto da ciò che promette l’uomo,

né sarai corrotto da ciò che minaccia.

Ed ogni uomo temette;

ed annunziarono le opere di Dio

e compresero le sue azioni.

Che significa: Compresero le sue azioni?

Questo voleva dire o Signore Gesù Cristo il tuo silenzio,

quando venivi condotto come pecora al macello,

e davanti a chi ti tosava non aprivi la tua bocca,

mentre noi pensavamo che tu eri nella sofferenza e nel dolore,

e che sopportavi la debolezza consapevolmente?

Questo voleva dire il fatto che nascondevi la tua bellezza,

tu il più bello tra i figli dell’uomo?

Questo voleva significare il fatto

che sembrava che non avessi né apparenza e né bellezza ?

Sopportavi dalla croce coloro che insultandoti dicevano:

Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce.

Quale tuo servo,

quale tuo amico,

conoscendo il tuo potere,

non ha pensato e detto nel suo cuore:

O se scendesse ora

e mettesse a tacere tutti coloro che lo insultano!

Ma non doveva essere così:

dovevi morire

per coloro che stavano per morire,

dovevi risorgere

per coloro che avrebbero vissuto in eterno.

Coloro che volevano che lui scendesse dalla croce,

questo non l’avevano capito.

Ma quando risorse,

e, glorificato, ascese al cielo,

capirono le opere del Signore.

Annunziarono le opere di Dio,

e capirono le sue azioni.