S Il Piano Marshall e miracolo economico 2016 maggio... · Il«miracoloeconomico»Italiano# # ......

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Il Piano Marshall Il Piano Marshall, ufficialmente chiamato piano per la ripresa europea (European Recovery Plan) a seguito della sua attuazione, fu uno dei piani politicoeconomici statunitensi per la ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda Guerra mondiale. Il discorso con cui l'allora segretario di Stato statunitense George Marshall annunciò al mondo, il 5 giugno 1947 dall'Università di Harvard, la decisione degli Stati Uniti di avviare l'elaborazione e l'attuazione di un piano di aiuti economicofinanziari per l'Europa che poi, per convenzione storiografica, sarebbe stato noto come "Piano Marshall", fu senza dubbio uno dei momenti più importanti della storia della politica internazionale nell'immediato secondo dopoguerra. Marshall affermò in quell'occasione che l'Europa avrebbe avuto bisogno, almeno per altri 34 anni, di ingenti aiuti da parte statunitense e che, senza di essi, la gran parte del vecchio continente avrebbe conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche, economiche e sociali. Pur rimanendo sul vago, relativamente a quelli che avrebbero dovuto essere i caratteri del Piano, […] il segretario di Stato si augurò che da esso sarebbe potuta scaturire […] una nuova e più proficua epoca nella collaborazione tra le due sponde dell'Atlantico […]. [Il Piano M. prevedeva] uno stanziamento di poco più di 14 miliardi di dollari per un periodo di quattro anni. Con l'obiettivo di favorire una prima integrazione economica nel Continente, nacque contestualmente al Programma anche l'Organization for European Economic Cooperation (OEEC, in italiano OECE), organismo sostanzialmente tecnico in cui i programmatori inviati da Washington cercarono di spingere gli europei ad utilizzare gli aiuti non per fronteggiare le contingenze del momento, quanto piuttosto per avviare un processo di trasformazione strutturale dell'economia dei loro Paesi. Contrariamente a quanto auspicato, pur non opponendosi alla stabilizzazione delle loro valute ed all'implementazione del commercio internazionale specie con gli Stati Uniti, la quasi totalità dei Paesi beneficiari chiese alla Economic Cooperation Administration (ECA), l'ufficio preposto alla collazione degli aiuti, di poter utilizzare i finanziamenti forniti dall'ERP per l'acquisto di generi di prima necessità, prodotti industriali, combustibile e, solo in minima parte, macchinari e mezzi di produzione. Nello stesso tempo diverse centinaia di consiglieri economici statunitensi furono inviati in Europa, mentre fu consentito a studiosi ed esperti europei di visitare impianti industriali e di frequentare corsi d'istruzione negli Stati Uniti. Il Piano terminò nel 1951, come originariamente previsto […]. Il Piano consentì all'economia europea di superare un momento di indubbia crisi e favorì una ripresa che già nel 1948 era evidente […]. I risultati furono poi senza dubbio positivi, almeno nell'ottica degli Stati Uniti e dei sostenitori dell'economia di mercato, sotto il profilo della diffusione in Europa – favorita da una capillare azione di propaganda – di concetti quali la "libera impresa", lo "spirito imprenditoriale", il "recupero di efficienza", l'"esperienza tecnica" e la "tutela della concorrenza", allora in alcuni Paesi quasi del tutto assenti. Inoltre esso indicò agli europei che l'interdipendenza poteva costituire una soluzione alle tensioni ed ai conflitti, che da sempre avevano caratterizzato la loro storia. Sul piano interno, poi, l'aiuto statunitense consentì alle fragili democrazie occidentali di rilassare le politiche di austerità e di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni. [Testo semplificato tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Marshall] Il «miracolo economico» Italiano Nel periodo che va dal 1953 al 1963 un impetuoso e veloce sviluppo industriale trasformò in Italia il modo di vivere, le abitudini della popolazione, l'aspetto delle città e il paesaggio. Si parlò allora di un «miracolo» perché nessuno aveva previsto uno sviluppo simile, nonostante le indubbie capacità di ripresa mostrate dall'economia italiana negli anni del dopoguerra. Questa fase viene chiamata anche boom, termine inglese che indica appunto, nel linguaggio giornalistico, un momento di rapida espansione economica. Nel 1950 la produzione industriale aveva superato, per la prima volta dopo la guerra, i livelli raggiunti ne11938. La ripresa era quindi confermata dai dati, ma l'Italia era ancora un Paese in cui l'agricoltura assorbiva il 44% degli occupati, l'industria il 29% ed il terziario il 27%. Nel 1958 avvenne il sorpasso da parte dell'industria e già nel 1960 il terziario era il settore che contava la maggior percentuale degli occupati. È evidente, perciò, che nel giro di pochi anni l'Italia assunse la struttura delle società più avanzate. Molteplici fattori furono alla base del «miracolo economico»: Una ampia disponibilità di manodopera: infatti era elevato sia il numero di disoccupati sia il numero di emigrati dal Sud che potevano essere assorbiti dall'industria; I salari relativamente bassi, che perciò incidevano poco sul costo e1prodotto finito; I prezzi bassi delle materie prime di cui l'Italia, basata su un'industria di trasformazione, aveva bisogno; L'adozione di tecniche avanzate «copiate» da altri Paesi che le avevano per primi elaborate e sperimentate, sostenendo quindi il costo della ricerca. Occorre poi aggiungere la spinta data allo sviluppo dal desiderio di tante persone, appartenenti a tutti i livelli sociali, di raggiungere il benessere, lasciando alle spalle gli anni difficili e bui della guerra. http://www.ettorepanella.com/dmdocuments/Tesina%20Manfredi/web2/Storia.htm

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Il  Piano  Marshall    Il   Piano   Marshall,   ufficialmente   chiamato   piano   per   la   ripresa   europea   (European   Recovery   Plan)   a   seguito   della   sua  attuazione,   fu   uno   dei   piani   politico-­‐economici   statunitensi   per   la   ricostruzione   dell'Europa   dopo   la   Seconda   Guerra  mondiale.  Il   discorso   con   cui   l'allora   segretario   di   Stato   statunitense   George   Marshall   annunciò   al   mondo,   il   5   giugno   1947  dall'Università   di   Harvard,   la   decisione   degli   Stati   Uniti   di   avviare   l'elaborazione   e   l'attuazione   di   un   piano   di   aiuti  economico-­‐finanziari   per   l'Europa   che  poi,   per   convenzione   storiografica,   sarebbe   stato  noto   come   "Piano  Marshall",   fu  senza   dubbio   uno   dei   momenti   più   importanti   della   storia   della   politica   internazionale   nell'immediato   secondo  dopoguerra.  Marshall  affermò  in  quell'occasione  che  l'Europa  avrebbe  avuto  bisogno,  almeno  per  altri  3-­‐4  anni,  di  ingenti  aiuti  da  parte  statunitense  e  che,  senza  di  essi,   la  gran  parte  del  vecchio  continente  avrebbe  conosciuto  un  gravissimo  deterioramento  delle   condizioni   politiche,   economiche   e   sociali.   Pur   rimanendo   sul   vago,   relativamente   a   quelli   che   avrebbero   dovuto  essere  i  caratteri  del  Piano,  […]  il  segretario  di  Stato  si  augurò  che  da  esso  sarebbe  potuta  scaturire  […]  una  nuova  e  più  proficua  epoca  nella  collaborazione  tra  le  due  sponde  dell'Atlantico  […].  [Il   Piano   M.   prevedeva]   uno   stanziamento   di   poco   più   di   14   miliardi   di   dollari   per   un   periodo   di   quattro   anni.   Con  l'obiettivo   di   favorire   una   prima   integrazione   economica   nel   Continente,   nacque   contestualmente   al   Programma   anche  l'Organization   for  European  Economic  Cooperation   (OEEC,   in   italiano  OECE),   organismo   sostanzialmente   tecnico   in   cui   i  programmatori  inviati  da  Washington  cercarono  di  spingere  gli  europei  ad  utilizzare  gli  aiuti  non  per  fronteggiare  le  contingenze  del  momento,  quanto  piuttosto  per  avviare  un  processo  di  trasformazione  strutturale  dell'economia  dei  loro  Paesi.  Contrariamente  a  quanto  auspicato,  pur  non  opponendosi  alla  stabilizzazione  delle  loro  valute  ed  all'implementazione  del  commercio  internazionale  specie  con  gli  Stati  Uniti,  la  quasi  totalità  dei  Paesi  beneficiari  chiese  alla  Economic  Cooperation  Administration  (ECA),  l'ufficio  preposto  alla  collazione  degli  aiuti,  di  poter  utilizzare  i  finanziamenti  forniti  dall'ERP  per  l'acquisto  di   generi  di  prima  necessità,  prodotti   industriali,   combustibile   e,   solo   in  minima  parte,  macchinari   e  mezzi  di  produzione.  Nello  stesso  tempo  diverse  centinaia  di  consiglieri  economici  statunitensi  furono  inviati  in  Europa,  mentre  fu  consentito  a  studiosi  ed  esperti  europei  di  visitare  impianti  industriali  e  di  frequentare  corsi  d'istruzione  negli  Stati  Uniti.  Il  Piano  terminò  nel  1951,  come  originariamente  previsto  […].  Il  Piano  consentì  all'economia  europea  di  superare  un  momento  di  indubbia  crisi  e  favorì  una  ripresa  che  già  nel  1948  era  evidente  […].  I  risultati  furono  poi  senza  dubbio  positivi,  almeno  nell'ottica  degli  Stati  Uniti  e  dei  sostenitori  dell'economia  di  mercato,  sotto   il   profilo   della   diffusione   in  Europa  –   favorita   da  una   capillare   azione  di   propaganda  –   di   concetti   quali   la   "libera  impresa",   lo   "spirito   imprenditoriale",   il   "recupero   di   efficienza",   l'"esperienza   tecnica"   e   la   "tutela   della   concorrenza",  allora   in  alcuni  Paesi  quasi  del   tutto  assenti.   Inoltre  esso   indicò  agli  europei  che   l'interdipendenza  poteva  costituire  una  soluzione  alle   tensioni   ed  ai   conflitti,   che  da   sempre  avevano   caratterizzato   la   loro   storia.   Sul  piano   interno,  poi,   l'aiuto  statunitense  consentì  alle  fragili  democrazie  occidentali  di  rilassare  le  politiche  di  austerità  e  di  migliorare  le  condizioni  di  vita  delle  popolazioni.      [Testo  semplificato  tratto  da  https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Marshall]  

 Il  «miracolo  economico»  Italiano    Nel  periodo  che  va  dal  1953  al  1963  un   impetuoso  e  veloce  sviluppo   industriale  trasformò  in  Italia   il  modo  di  vivere,   le  abitudini  della  popolazione,  l'aspetto  delle  città  e  il  paesaggio.  Si   parlò   allora  di  un  «miracolo»  perché  nessuno  aveva  previsto  uno   sviluppo   simile,   nonostante   le   indubbie   capacità  di  ripresa  mostrate  dall'economia  italiana  negli  anni  del  dopoguerra.  Questa  fase  viene  chiamata  anche  boom,  termine  inglese  che  indica  appunto,  nel   linguaggio  giornalistico,  un  momento  di  rapida  espansione  economica.  Nel  1950  la  produzione  industriale  aveva  superato,  per  la  prima  volta  dopo  la  guerra,  i  livelli  raggiunti  ne11938.  La   ripresa   era   quindi   confermata   dai   dati,   ma   l'Italia   era   ancora   un   Paese   in   cui   l'agricoltura   assorbiva   il   44%   degli  occupati,  l'industria  il  29%  ed  il  terziario  il  27%.  Nel   1958   avvenne   il   sorpasso   da   parte   dell'industria   e   già   nel   1960   il   terziario   era   il   settore   che   contava   la   maggior  percentuale   degli   occupati.   È   evidente,   perciò,   che   nel   giro   di   pochi   anni   l'Italia   assunse   la   struttura   delle   società   più  avanzate.  Molteplici  fattori  furono  alla  base  del  «miracolo  economico»:  -­‐  Una  ampia  disponibilità  di  manodopera:  infatti  era  elevato  sia  il  numero  di  disoccupati  sia  il  numero  di  emigrati  dal  Sud  che  potevano  essere  assorbiti  dall'industria;  -­‐  I  salari  relativamente  bassi,  che  perciò  incidevano  poco  sul  costo  e1prodotto  finito;    -­‐  I  prezzi  bassi  delle  materie  prime  di  cui  l'Italia,  basata  su  un'industria  di  trasformazione,  aveva  bisogno;  -­‐  L'adozione  di  tecniche  avanzate  «copiate»  da  altri  Paesi  che  le  avevano  per  primi  elaborate  e  sperimentate,  sostenendo  quindi  il  costo  della  ricerca.  Occorre  poi  aggiungere   la  spinta  data  allo  sviluppo  dal  desiderio  di   tante  persone,  appartenenti  a   tutti   i   livelli  sociali,  di  raggiungere  il  benessere,  lasciando  alle  spalle  gli  anni  difficili  e  bui  della  guerra.  http://www.ettorepanella.com/dmdocuments/Tesina%20Manfredi/web2/Storia.htm      

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 La  fase  di  più  elevata  crescita  del  nostro  sistema  economico  inizia  con  il  1958  e  finisce  nel  1963.    Questo  avviene  grazie  a  alcuni  cambiamenti  sociali  ed  economici:    

l lo  spostamento  della  forza  lavoro  dal  settore  agricolo  a  quello  industriale1;    l un’economia  legata  alle  dinamiche  dei  mercati  europei  dove  le  esportazioni  divengono  prevalenti.  l l’edilizia  popolare  (piano  Fanfani)  l l’avvio  di  numerose  opere  pubbliche  l la  riforma  dell’agricoltura  l l’aiuto  alle  regioni  del  Sud  tramite  la  “Cassa  del  Mezzogiorno”  

 Questa   trasformazione   non   coinvolse   solo   l’Italia   ma   fu   diffusa   in   tutto   l’Occidente   industrializzato   e   venne   definita  “miracolo  economico”;  anche   la  disoccupazione   scese   in  modo  inaspettato  sotto   la  soglia,  detta  “frizionale”,  del  3%  nel  1962,  segnando  così  in  pratica  il  raggiungimento  della  piena  occupazione.    Grazie  a  questo  sviluppo  l’Italia  riuscì  in  pochi  anni  a  ridurre  il  divario  storico  con  i  paesi  a  più  vecchia  industrializzazione  come  l’Inghilterra  e  la  Francia.    Dal  punto  di  vista  sociale  aumentò  la  fabbricazione  di:    

l autoveicoli  (dal  1959  al  1963  quintuplicò,  salendo  da  148  mila  a  760  mila  unità)  l frigoriferi  (passarono  da  370  mila  a  un  milione  e  mezzo)  l televisori  (nel  1954  non  erano  più  di  88  mila  e  in  breve  salirono  a  643  mila)  l Si  diffusero  le  autostrade,  grazie  alla  campagna  di  opere  pubbliche  avviata  dallo  Stato  indirizzate  ad  ampliare  il  

chilometraggio  autostradale.    l Grazie   al   progredire   del   settore   dell’edilizia   e   delle   cooperative   edili   (che   edificarono   abitazioni   e   vani   a   ritmi  

intensi),  anche  la  costruzione  e  il  mercato  delle  case  di  proprietà  registrarono  un  sensibile  progresso  Questo   boom   economico   rappresenta   una   rottura   con   i   ruoli   e   gli   stili   di   vita  tradizionali.   Dopo   le   privazioni   della   guerra,   finalmente   la   progressiva   crescita   del  benessere  mostra  alla  popolazione  italiana  la  strada  per  l'uscita  dal  tunnel.  Si  assiste  ad  una  progressiva  ma  costante  trasformazione  degli  stili  di  vita  con  il  prevalere  del  modello  di  vita  urbano  e  la  rottura  con  i  comportamenti  e  le  regole  proprie  del  mondo  contadino.    

l Il  mito  americano  che  imperversa  attraverso  il  cinema  e  i  rotocalchi    l Gli  elettrodomestici  sollevano  le  donne  da  una  serie  di  mansioni  permettendole  

di  lavorare  ed  avere  del  tempo  libero  l desiderio   di   una   vita   migliore   per   le   generazioni   future   (l'aumento  

demografico  e  l'innalzamento  della  scolarità.    l la   differenza   tra   vecchia   e   nuova   generazione   (musica,   industrie   di  

abbigliamento  standardizzato  che  sostituiscono  progressivamente   le  sartorie)  e  servizi  (locali  da  ballo,  bar)  

l Con   la   settimana   corta,   la   produzione   di   autovetture   a   costi   accessibili   e   il  miglioramento   economico     nascono   così   le   vacanze   di   massa,   imitazione,   a  basso  costo,  della  villeggiatura  borghese.  

   

 

Non  mancavano  però   autorevoli   critiche   alla   società  dei   consumi   da   parte   di   intellettuali,   filosofi   e  sociologi,   che   godettero   di   un   ampio   seguito   fra   gli  studenti  che  alla  fine  degli  anni  sessanta  diedero  vita  ai   primi   movimenti   di   contestazione   giovanile.   La  pubblicità,  rinnovata  nelle  tecniche,  nelle  professioni  e   nei   mezzi,   sembrò   esercitare   un   potere   enorme   e  un'inedita   capacità   di   condizionare   gusti   e  comportamenti   di   individui   e   famiglie.  L'urbanizzazione,   la   trasformazione   delle   abitazioni  in   senso   borghese,   la   mobilità   regalata  dall'automobile,  la  liberazione  di  una  parte  del  tempo  dalle  necessità  del   lavoro  portarono  ad  una   radicale  trasformazione   degli   stili   di   vita   e   delle   aspettative  per   il   futuro   degli   italiani   e   soprattutto   delle   nuove  generazioni.    (Da  http://www.bibliolab.it/boom_ciosf/index.html)    

 

                                                                                                               1  L’industria   italiana,   in   questo   periodo   di   sviluppo,   divenne   il   settore   trainante,  mentre   l’agricoltura   stava   arretrando  sensibilmente.(nel   1951   l’agricoltura   aveva   contribuito   al   PIL   del   settore   privato   per   il   23,5%  e   nel   1963  per   il   15,7%,  l’industria,  negli  stessi  anni,  era  passata  dal  33,7%  al  43,5%)